[email protected] Consulta di Bioetica Onlus Sezione di Pisa Lì 26.10.2008 COMUNICATO STAMPA La vicenda della mancata prescrizione a Pisa della “pillola del giorno dopo” ad alcune coppie ha avuto una prima conclusione col pronunciamento del Collegio arbitrale di medicina generale della Regione Toscana. Il Collegio ha riconosciuto e sanzionato la responsabilità del medico che affisse un cartello non autorizzato in cui si invitavano le donne che facevano richiesta del farmaco a rivolgersi altrove. La sanzione riconosce la illegittimità di esimersi dal prescrivere il farmaco senza valutare i casi e senza informare accuratamente i diretti interessati circa i modi di soddisfare le loro esigenze. Sorprende come certa stampa legga il provvedimento come una assoluzione in toto dei sanitari (“i medici obiettori la spuntano”, titolava Avvenire del 23.10 u.s.) e come una consacrazione del presunto diritto del medico a prescrivere o non prescrivere il farmaco a propria totale discrezione, considerando del tutto irrilevanti la volontà e i diritti del paziente. Ben diversa, più ragionevole e molto più rappresentativa, fortunatamente, la posizione assunta non da qualche “lobby laicista” ma dalla stessa Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici venerdì scorso in un importante convegno a Ferrara. Il documento riconosce da una parte il diritto del medico alla “clausola di coscienza” – una ‘sottospecie’ dell’obiezione di coscienza, introdotta dal “Comitato Nazionale di Bioetica” in un documento peraltro subito contestato, considerata la funzione non abortiva ma solo contraccettiva della “pillola del giorno dopo”. D’altra parte la Federazione ribadisce però che “l’equilibrio tra il diritto del medico alla clausola di coscienza e quello della donna alla fruizione della prestazione non fa venir meno l’obbligo anche deontologico dei medici di adoperarsi per tutelare… l’accesso alla prescrizione nei tempi appropriati”. Poiché oltre all’obbligo deontologico a cui il medico è tenuto in quanto medico esistono gli obblighi morali generali che riguardano i medici in quanto cittadini, se ne deve concludere che se non viene meno l’obbligo “anche” deontologico, a maggior ragione sussiste quello morale generale dei medici di soddisfare il diritto alla salute riproduttiva delle donne che fanno richiesta del farmaco. Chi ha parlato col solito vittimismo di “gogne” da riparare e di “notti insonni” da restituire ai medici indagati sa cosa dovrà fare in futuro per dormire tra due guanciali: riflettere sulle indicazioni degli ‘estremisti’ della Federazione dell’Ordine dei medici rinunciando a impancarsi a giudice insindacabile dell’esercizio da parte delle donne di un diritto costituzionale. Sergio Bartolommei Coordinatore Consulta di Bioetica (sez. di Pisa)