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LA PAROLA AI GRUPPI
Etna: quando l’emergenza
è normalità
distanza di poco più di un
anno viviamo di nuovo l’emergenza eruzione, un’emergenza oggi resa ancor
più drammatica dalla concomitanza con gli eventi sismici che hanno
avuto conseguenze catastrofiche per alcuni
comuni del comprensorio etneo. Migliaia di cittadini rimasti senza casa vivono la condizione
traumatica dello sradicamento, costretti ad
affrontare l’alienante realtà di una vita in roulotte od in tenda. Piano Provenzana, uno dei luoghi mitici della memoria collettiva di noi catanesi, è stato cancellato dalla lava assieme alle annesse strutture
ricettive. La scomparsa della stazione sciistica ha reso impossibile la pratica degli sport invernali sull’Etna ed una parte
della secolare pineta di Linguaglossa è andata in fumo. Poi c’è
la cenere vulcanica che cade con regolarità ormai da molti
giorni, la quale oltre a minare la salute di tutti noi, sta piano
piano seppellendo anche la nostra economia.
Il perdurare di questo fenomeno secondario dell’attività
eruttiva rischia di mettere in ginocchio gran parte delle attività produttive di questo territorio. Basti pensare alle ripetute e
prolungate chiusure dell’aeroporto di Fontanarossa che mettono in sofferenza non solo l’economia catanese, ma quella
dell’intero comprensorio della Sicilia Orientale. Oggi possiamo affermare che non c’è settore economico, dall’agricoltura
al commercio, al turismo che non subisca pesanti perdite a
causa dell’eruzione.
Dinanzi a questo quadro dalle fosche prospettive, quello che più sconforta è l’ineluttabilità degli eventi che, sebbene si siano abbattuti sulla nostra gente come una vera iattura, altro non sono che il manifestarsi del normale evolversi
della natura. Il nocciolo della questione è tutto qui: nulla di
veramente imponderabile sta accadendo in questo momento
e ciò che più dovrebbe meravigliarci è lo stupore di un popolo immemore di abitare città e paesi più volte rasi al suolo dai
terremoti o inghiottiti dalla lava.
Se i comuni cittadini possono permettersi il lusso di
dimenticare, ciò non è consentito ai politici ed agli amministratori, i quali continuano a commettere l’errore di parlare di
emergenza quando l’emergenza è la normalità.
L’unico atteggiamento onesto e razionale da parte di chi
detiene pubbliche responsabilità è quello di accettare questa
realtà e di approntare appropriate leggi che forniscano gli strumenti e le risorse per una corretta prevenzione ed un immediato intervento al verificarsi degli eventi.
Capisco che per muoversi in questa direzione occorre
A
una diversa politica di autonomia degli enti locali nei
confronti dei governi nazionale e regionale: bisognerebbe istituire dei fondi a cui fare ricorso automaticamente sin dal primo sorgere dei problemi legati alle
avversità ambientali.
Non è comprensibile che Comuni e Provincie
debbano mettere a rischio i propri bilanci, prima che
arrivino le autorizzazioni ad erogare risorse per rimuovere le cause del disagio e della crisi del territorio.
Come si può chiedere ai piccoli comuni etnei di
far fronte da soli alla rimozione della cenere vulcanica,
quando essi non sono dotati economicamente ed
organizzativamente a tale scopo?
Il Parlamento e la Regione stanno sottovalutando i danni
provocati dalla cenere, che sono certamente superiori a quelli
del sisma, sia per il perdurare del fenomeno, che per la vastità
del territorio investito. In questo momento di grande confusione il ruolo della Provincia è fondamentale e dovrebbe esserle
naturalmente riconosciuto un ruolo di coordinamento degli
interventi per ottimizzare le risorse, evitando sovrapposizioni e
sprechi. Oggi l’economia catanese e quasi del tutto ferma, con
l’aeroporto chiuso, quello di Palermo impraticabile a causa delle
proteste degli operai della FIAT di Termini Imerese e quelli calabresi difficilmente raggiungibili per la mancanza di regolari collegamenti. E’ giunto il momento di considerare che
Fontanarossa non può essere l’unico aeroporto di un territorio
così grande, ricco di imprese e polo turistico in continua espansione, ma molto vulnerabile a causa delle calamità naturali.
Occorre urgentemente un secondo scalo, sito su un’altra direttrice, con una sua attività autonoma, ma in sinergia con l’altro
in caso di emergenza. Un’altra necessità è quella di poter in
qualche modo supportare la quasi totalità delle imprese locali
che, nonostante la crisi dei consumi, sta sostenendo e dovrà
continuare a sostenere gli ingenti costi della pulitura di macchinari, capannoni, piazzali e merci dalla cenere.
Il momento è veramente critico e non ci potranno essere
facili vie di uscita se non si creeranno le sinergie necessarie tra
le amministrazioni locali ed i governi nazionale e regionale, non
solo per uscire dall’attuale congiuntura ma soprattutto per evitare che tutto ciò si ripeta con le medesime modalità.
Perché ciò avvenga l’unica strada percorribile è quella di
dotare le amministrazioni locali dei territori esposti a forti rischi
ambientali delle risorse necessarie a garantir loro di muoversi
con larga autonomia per fronteggiare i costi della prevenzione
e dell’intervento nei momenti di crisi.
Agata Consoli
Alleanza nazionale
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La Costituzione Repubblicana
ualche settimana fa, su un
quotidiano a grande diffusione nazionale, opportunamente veniva evidenziato come non tutto sia consentito a chi governa, nemmeno nell’Italia berlusconiana di oggi. In democrazia la maggioranza
si confronta: con l’opposizione in Parlamento,
con le Istituzioni di garanzia per la tutela di regole certe, e con la pubblica opinione, per un consenso da riconquistare e mantenere ogni giorno.
I numeri non bastano per forzare le regole.
La democrazia ha alla base un “contesto”,
un “riquadro”, un insieme di solide fondamenta
che sono chiaramente codificati nella
Costituzione Repubblicana. Nessun governo,
nessuna maggioranza può lacerare quel patto istituzionale che si è avuto fra i cittadini e lo Stato
dopo la sconfitta della dittatura fascista.
Una Costituzione che è fondata sulla suddivisione dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario), ciascuno autonomo nel suo campo, dove
sono definiti non solo i diritti inviolabili dell’uomo
(sia come singolo sia nelle formazioni sociali
dove si svolge la sua personalità), ma anche i
doveri inderogabili (solidarietà politica, economica e sociale).
Una Costituzione dove è garantita l’uguaglianza formale (tutti i cittadini sono uguali
davanti alla legge…), ma anche quella sostanziale (rimozione degli ostacoli economici e sociali
che impediscono il pieno sviluppo della persona
umana); una Costituzione che garantisce le autonomie locali, però in un quadro di unità e indivisibilità dello Stato; una Carta che tuteli lo straniero, il diritto d’asilo e ripudi la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e
come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali.
Una Costituzione che, nella tutela dell’autonomia della magistratura, garantisce il giusto
processo per tutti i cittadini, e ne assicura la ragionevole durata del medesimo.
A fronte di tali principi, purtroppo, negli
ultimi tempi, le leggi che riguardano la giustizia,
sia quelle già varate (falso in bilancio, legittimo
sospetto, rogatorie internazionali) che quelle in
cantiere (abolizione dell’immunità parlamentare,
separazione delle carriere dei magistrati, riforma
del C.S.M.) vanno in direzione opposta, con la
conseguenza che risulta vanificato il principio di
uguaglianza. E ancora di fronte al rischio di una
Q
E’
garanzia,
sempre
attuale,
di libertà e
democrazia
guerra in Iraq, l’Italia dovrà dire no ad una azione
militare, in quanto la nostra Costituzione non
consente né la partecipazione ad una guerra preventiva né per rovesciare dittature.
Nel Kossovo infatti l’Italia non intervenne
per rovesciare il regime di Milosevic, che poi fu
cacciato dal suo popolo con libere elezioni, ma
per fronteggiare una aggressione ed una emergenza umanitaria.
Gli Stati Uniti dovrebbero fare tesoro della
solidarietà che hanno acquisito dopo l’attentato
alle Torri Gemelle, e dimostrare con l’uniformità
alle decisioni dell’Onu, anziché “mostrando i
muscoli”, di essere una grande democrazia.
È strano anzi come gli Stati Uniti e il mondo
occidentale non abbiano deciso di intervenire in
medio Oriente, dove lì c’è sì una vera emergenza
umanitaria, fra azioni terroristiche e feroci rappresaglie, dove a farne le spese sono in massima
parte persone inermi e dove tuttavia viene lasciata mano libera alla politica di Sharon che, nei fatti
fino ad ora, non ha dimostrato di volere la pacifica convivenza di due Stati sovrani (Israeliano e
Palestinese)
Per quanto riguarda la suddivisione dei
poteri, oltre al rischio di avere una magistratura
asservita, c’è anche quello di un presidenzialismo
esasperato, con immenso accentramento di poteri nelle mani di una sola persona.
A riguardo è sintomatico quanto recentemente ha affermato il premier allorché ha ipotizzato una riforma presidenziale alla francese, però
senza possibilità di coabitazione, avendo egli sperimentato “la difficoltà di essere un premier con
pochi poteri” e guardando al “rapporto fra la
Presidenza del Consiglio e il Parlamento e tra
Presidenza del Consiglio e Presidenza della
Repubblica“.
E che dire poi dei tentativi di dividere il
Paese con la devolution della Lega, e con il rischio
di accrescere il divario fra regioni povere e quelle
ricche?
Davanti a questi pericoli diventa quanto mai
opportuno l’intervento di autorevoli rappresentanti delle Istituzioni che ci ricordano i principi
basilari dello Stato democratico. Ecco perché condividiamo i recenti interventi del Capo dello Stato
in difesa della Costituzione Repubblicana.
Giuseppe Bellomo
Democratici di sinistra