Il mistero della nascita *
Una riflessione teologica sulla nascita di Gesù *
Nella sala due donne, una levatrice e una bambinaia, volgevano le spalle
alla porta. In mano alla bambinaia si dibatteva un tenero e frignante cucciolo
umano, allungandosi e contorcendosi come un pezzo di gomma rosso cupo.
La levatrice legava il cordone ombelicale per staccare il bambino dalla
placenta. Tonja giaceva in mezzo alla sala, sul lettino chirurgico con lo
schienale mobile, sollevata in alto. A Jurij Andrèevic, che per l’emozione
esagerava tutto, sembrava che ella fosse quasi all’altezza di quegli scrittoi
che si adoperano stando in piedi.
Sollevata verso il soffitto, più in alto di quanto non siano i comuni
mortali, Tonja sprofondava nelle brume di una sofferenza ormai vinta; come
se da lei salisse un’infinita prostrazione. Emergeva in mezzo alla sala allo
stesso modo che in un porto un’imbarcazione appena attraccata e scaricata,
che avesse compiuto la traversata del mare della morte per raggiungere il
continente della vita con nuove anime emigrate qui da chissà dove. Anche
Tonja aveva appena effettuato lo sbarco di un’anima e ora giaceva all’ancora,
riposando con tutta la leggerezza dei Suoi fianchi liberati dal loro peso. Insieme a lei riposavano le sue attrezzature spossate e tese, e il fasciame, e il suo
oblio, la sua spenta memoria di dove fosse stata recentemente, di che cosa
avesse traversato e di come avesse raggiunto la riva.
E poiché nessuno conosceva la geografia del paese sotto la cui bandiera
aveva ormeggiato, non si sapeva neppure in quale lingua rivolgersi a lei.
L’origine di Gesù è avvolta nel mistero. (…) Il vangelo di Giovanni continua
a ribadire che la vera origine di Gesù è il ‘Padre’, dal quale egli discende in
maniera totalmente diversa da quella in cui ne deriva ogni inviato di Dio che
l’ha preceduto.
Questa provenienza di Gesù dal mistero di Dio, «che nessuno conosce», ci
viene descritta da cosiddetti racconti dell’infanzia, riportati nei vangeli di
Matteo e di Luca non allo scopo di svelarne il retroscena, ma precisamente
per confermarne la misteriosità. Ambedue gli evangelisti, ma specialmente
Luca, ci narrano le primissime fasi della storia di Gesù impiegando quasi
integralmente parole desunte dall’Antico Testamento (…).
La figliazione divina di Gesù, com’è intesa dalla fede ecclesiale, non poggia
sul fatto che Gesù non abbia alcun padre terreno; la dottrina affermante la
divinità di Gesù non verrebbe minimamente inficiata, quand’anche Gesù
fosse nato da un normale matrimonio umano. No, perché la figliazione divina
di cui parla la fede, non è un fatto biologico, bensì ontologico; non è un
processo avvenuto nel tempo, bensì in grembo all’eternità di Dio: Dio è
sempre Padre, Figlio e Spirito; il concepimento di Gesù non comporta che
nasca un nuovo Dio-Figlio, ma che Dio in quanto Figlio nell’uomo-Gesù
attragga a sé la creatura umana, così da essere lui stesso uomo. (…)
Qualora si voglia additare un tratto teologico nel quale la mariologia rientri
come esatta concretizzazione, bisognerebbe mettere senz’altro avanti quello
concernente la dottrina della grazia, la quale forma a sua volta tutt’uno con
l’ecclesiologia e l’antropologia. Nella sua qualità di vera «Figlia di Sion»,
Maria è simbolo della chiesa, immagine esemplare dell’uomo credente, il
quale non può pervenire alla salvezza e alla consapevolezza di sé in nessun
altro modo, fuorché tramite il dono dell’amore, ossia mediante la grazia.
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B. PASTERNAK, Il dottor Zivago, Feltrinelli, Milano 1964, pp. 85-86.
J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo, Queriniana, Brescia 1969, pp. 219-227.