L`interpretazione transpolitica della storia contemporanea

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L'intepretazione transpolitica della storia contemporanea nel pensiero di Augusto Del Noce.
Nel dicembre ‘89 si spegneva nella sua casa di Roma il filosofo Augusto Del Noce. Una vita trascorsa
a pensare -con un'espressione che sembra quasi un ossimoro- "l'attualità storica". La più nobile attività
dell'uomo -il pensiero, unita ad un profondo radicamento al proprio tempo- la storia. Aveva fatto in tempo a
vedere lo sbriciolarsi del sistema comunista di cui ne aveva a più riprese, preconizzato il fallimento. Si era spinto
più oltre affermando che il consumismo, ultimo stadio del capitalismo, serviva per sconfiggere il comunismo,
ma non l'ateismo e il materialismo. L'esito di questo processo, nel pensiero di Del Noce, era perciò la totale
disumanizzazione dell'uomo quale si realizza nella società opulenta. Di qui l'attenzione di Del Noce al
fenomeno della contestazione di cui egli combatteva i presupposti e gli inevitabili esiti nichilistici. La sua
opera, tuttavia, non deve essere letta esclusivamente per la veridicità di certe previsioni o di molte analisi
(di carattere storico o filosofico), peraltro estremamente puntuali, acute e suggestive. Noi crediamo che, oltre
alle grandi tesi di fondo del pensiero di Del Noce, sia importante riconoscere la grande valenza metodologica
di quella che è stata chiamata "interpretazione transpolitica, per non chiudere il suo pensiero in un "sistema"
precostituito. Ci interessa capire e sottolineare quale sia la fecondità di questo metodo, la ricchezza e i punti
per cui si rende aperto agli sviluppi della ricerca storica. Riteniamo, infine, che il suo pensiero costituisca un
supporto e una provocazione per il mestiere dello storico in virtù del primato che spesso sembra attribuire alla
causalità di tipo ideale.
La storia del '900 come storia filosofica: il metodo fenomenologico transpolitico.
La storia del '900 dominata dalla proliferazione dei miti ideologici non può non essere letta
attraverso una chiave di lettura di carattere filosofico. Accostarsi alla filosofia della storia di Augusto Del Noce
ci permette, quindi, di leggere i fatti più significativi del '900 alla luce di una non preconcetta ipotesi
interpretativa unitaria. Facendo proprio l'assunto fondamentale della filosofia hegeliana secondo cui «la
filosofia è il proprio tempo appreso col pensiero»1, senza per questo incorrere nella prospettiva storicistica, Del
Noce ha svolto un lavoro di profonda revisione storica sia delle ordinarie visioni della storia della filosofia,
sia nell'interpretazione di alcuni dei fenomeni politici più rilevanti del nostro secolo.
L'espressione "interpretazione transpolitica" compare nella pubblicistica dei primi anni '60 per
designare quel tipo di ricerche che privilegiano l'aspetto della "causalità ideale" nella considerazione dei
fenomeni storici. Tali ricerche miravano ad esaminare i fenomeni storici alla luce di una compiuta analisi
storica e di una rigorosa problematica filosofica. Negli stessi anni in cui in Germania lo storico tedesco Ernst
Nolte scriveva il celebre libro Der Faschismus in seiner Epoche 2 , per tentare una interpretazione
"sovrastrutturale", in Italia per vie completamente autonome, e con prospettive diverse, Del Noce si
poneva lo stesso problema nell'opera fondamentale Il problema dell'ateismo3. La questione
fondamentale si poneva per entrambi gli autori in questi termini: in che modo il fenomeno storico del
fascismo può essere compreso in rapporto alla sua epoca; che cosa sia quest'epoca e come si sia inserito in essa
il fenomeno specifico . La loro attenzione sul problema del fascismo nasceva dall'insoddisfazione delle
interpretazioni tradizionali che di questo fenomeno erano state date, sotto il condizionamento delle
ideologie politiche da esse sottese. In particolare, il riferimento polemico di Del Noce è contro la concezione
liberale di matrice crociana (detta anche parentetica), quella radico-azionista e infine quella marxista. I limiti
più evidenti dell'interpretazione liberale riguardano il fatto che essa contraddice al principio
fondamentale dello storicismo crociano che vieta di pensare ad una storia con epoche di decadenza e di
regresso; inoltre, l'interpretazione parentetica in quanto considera il fascismo e il nazismo come crisi
morali, finisce per negare loro la componente culturale che li attraversa, riducendoli ad una semplice banda
di avventurieri. Lo stesso vizio si ritrova nell’interpretazione che fu detta "rivelativa". Secondo questa
interpretazione il fascismo sarebbe stato la logica ed inevitabile conseguenza di una serie di tare
caratteristiche dello sviluppo storico di alcuni paesi come la Germania e l'Italia. Del Noce denunciava in
queste interpretazioni la volontà di richiamarsi ad un "mondo di ieri" che, dietro la nobile facciata
dell'antifascismo, nascondeva la volontà di difendere l'innocenza rispetto al fascismo e al nazismo dell'alta
cultura laica5.
E' importante sottolineare le differenti radici filosofiche dei due studiosi che per primi cercarono di
utilizzare il metodo fenomenologico, cioè di un metodo che consentisse l'intelligenza dei fenomeni politici:
Del Noce affonda le sue radici nel terreno della tradizione filosofica cristiana, lungo una direttrice che va da
Malebranche a Gilson e a Maritain, passando attraverso Rosmini e Gioberti; Nolte si muove nel solco della
grande tradizione speculativa tedesca lungo una linea che da Kant perviene ad Heidegger passando per
Hegel e Nietzsche.
Secondo lo storico tedesco il fascismo si configurerebbe come il dispiegarsi di un'essenza comune,
specificantesi in diverse forme nei vari paesi europei a seconda delle loro diverse situazioni economiche,
politiche e culturali -"Action francaise" in Francia, fascismo in Italia, nazismo in Germania – contro un comune
avversario, il bolscevismo. Scrive Nolte: «II fascismo è antimarxismo che tenta di distruggere l'avversario
mediante l'elaborazione di una ideologia radicalmente contrapposta eppure limitrofa, e l'impiego di metodi
quasi identici eppure dalle caratteristiche proprie, sempre però nei limiti insuperabili
dell'autoaffermazione e dell'autonomia nazionali»6.
Questa essenza comune sarebbe costituita per il Nolte dalla paura della trascendenza, non
intesa nel senso religioso, ma come 1'"andar oltre" insito nella natura dell'uomo, che è capace di modificare
gli ordinamenti e i rapporti umani nel loro stesso nucleo. Sotto questo aspetto il fascismo viene sussunto
sotto la categoria di "rivoluzione
conservatrice", come resistenza alla trascendenza pratica e insieme contro la trascendenza teoretica7. Nolte si
riferisce qui alla trascendenza verticale (allacciandosi alla definizione trascendentale della società borghese
desumibile dall'analisi del pensiero di Marx, di Nietzsche e di Weber), ossia alla lotta contro la natura e alla
libertà verso l'infinito che sarebbe innata nell'individuo e congruente con l'evoluzione universale, ma che
spaventa per il suo configurarsi come minaccia di distruzione di ciò che si conosce e si ama. Con l'espressione
"trascendenza pratica egli considerava, invece, la trascendenza orizzontale, cioè l'ordinamento sociale.
L'avvento in Russia del bolscevismo avrebbe rotto l'equilibrio, sia pur precario, fra le due forme di
trascendenza all'interno della società liberale. Il bolscevismo avrebbe caricato la trascendenza pratica di un
entusiasmo prima sconosciuto neh" intuire la necessità della storia. Il fascismo sarebbe allora apparso sulla
scena come una forma di resistenza a questo processo di affermazione della "trascendenza pratica" assumendo
il carattere di controrivoluzione in senso transpolitico.
La tesi di un comune avversario e il primato di una causalità da ascrivere alla rivoluzione bolscevica è
apparentemente simile a quella di Del Noce quando afferma che il fascismo, il nazismo e la società opulenta
sono il fratto "nella forma di subordinazione nell'opposizione, del comunismo". In questa luce, il
fascismo, nel suo tentativo di rappresentare la vera rivoluzione universale del nostro secolo, diventa
un'alternativa rivoluzionaria al comunismo. Per quanto riguarda il fenomeno politico del nazismo, esso
trova spazio all'interno dell'interpretazione transpolitica delnociana come il tentativo di arginare la controespansione della Russia in Europa. A livello di essenze filosofiche - e qui abbiamo una significativa
documentazione in atto del metodo di Del Noce- la contrapposizione fra Russia e Germania viene spiegata
in questi termini: il nazismo sorge in dipendenza dell'impressione della controespansione dell'Oriente
verso l'Occidente come tentativo di liberare la tradizione tedesca da tutto ciò che aveva portato al marxismo.
Scrive Del Noce: "Poiché il marxismo è il ripensamento in spirito ebraico della filosofia che Hegel aveva
pensato con mentalità greca, all’anticomunismo si unisce l'antisemitismo, e il rifiuto totale del pensiero
biblico porta alla rottura col cristianesimo. Quindi il neopaganesimo razzista, il ritorno esplicito alla
coscienza mitica, l'opposizione della razza - dei signori alla razza dei servi" 8 . Qui si rinvengono
integralmente i tratti della interpretazione transpolitica: la necessità dell'incontro di essenze filosofiche
diverse e la capacità da parte di queste di trasfondere e spiegare i fatti storici in una luce nuova.
Abbiamo parlato di similarità fra la posizione di Nolte e quella di Del Noce. In realtà, il discorso di
Nolte finisce per dare "espressione rigorosa" all'idea che informava i giudizi correnti, quelli cioè "secondo
cui i fenomeni fascisti dovrebbero venire sussunti sotto il concetto generale di controrivoluzione"9. I due
studiosi intrattennero un lungo rapporto epistolare: la loro amicizia intellettuale esercitò senza dubbio
stimoli e suggestioni, inducendoli a precisazioni e rigorizzazioni delle rispettive tesi, ma è certamente
sbagliato parlare di influenze reciproche. Ci troviamo piuttosto davanti ad un caso davvero unico di approccio
metodologico che, maturato per vie autonome, è sostanzialmente lo stesso per quanto riguarda le finalità di
tipo euristico. Cercando di dare una definizione del fascismo in sede trascendentale, Del Noce
preferisce parlare di "momento fascista" dell'epoca della secolarizzazione. L'epoca contemporanea viene
considerata come epoca dell'espansione dell'ateismo. Poiché secolarizzazione e ateismo sono facce della
stessa medaglia, se si riconosce carattere filosofico all'opera di Marx, bisogna prendere alla lettera la sua
frase secondo cui il marxismo è una filosofia che si fa mondo, cioè che si oltrepassa nella realizzazione
pratica10. All'interno di tale epoca vengono distinti due momenti: 1) un periodo sacrale, in riferimento al
fenomeno delle religioni secolari quali possono essere il comunismo, il fascismo e il nazismo 2) un periodo
profano, riconducibile alla diffusione della società opulenta11. Questa periodizzazione storica permette una
distinzione del fascismo dal nazismo e la possibilità di individuare le note caratterizzanti dei due fenomeni
politici alla luce degli specifici orientamenti culturali. Per quanto riguarda l'origine di quella che è stata
definita l’interpretazione transpolitica occorre soffermarsi sul saggio, già citato, pubblicato negli anni
'60 sulla rivista "L'ordine civile" allora diretta da Baget Bozzo. In quell'articolo Del Noce sosteneva
che il fascismo trovava la sua radice prima in un libro che Gentile aveva dedicato alla filosofia di Marx
nel 1899. La sua definizione complessiva è di un movimento che ha accolto i risultati della controversia
italiana sul marxismo teorico 1895-1900. In tale dibattito Del Noce vedeva prefigurate le forme culturali e
politiche che sarebbero prevalse nella storia italiana nella prima metà del Novecento. E' nell'ambito di
questa disputa che compare la tesi dell’inveramento del marxismo, come posizione del tutto distinta da
quella del "revisionismo" ed enunciata per la prima volta in La filosofìa di Marx di Gentile. Il fatto che in
questo scritto vi sia già il germe del futuro attualismo è cosa ampiamente documentata dalla critica, così
come la dipendenza di Granisci dalla cultura idealistica. Per questo motivo il pensiero di Gentile, per la sua
centralità, permette di illuminare alcuni aspetti decisivo dell'intera storia italiana: il perfetto parallelismo fra
la situazione letteraria e filosofica italiana e la situazione politica: «C'è un perfetto parallelismo tra lo
sviluppo della cultura immanentistica italiana che ha preso inizio visibile col fascismo e che continua
con l'antifascismo; che deve continuare perché l'antifascismo dipende da quella stessa cultura da cui il
fascismo è derivato o da un suo ulteriore sviluppo di essa che consegue, del resto, integralmente allo scacco
storico del fascismo e a un diverso giudizio sulla storia contemporanea senza però che venga messo in
discussione il suo presupposto immanentistico, laicistico e, in largo senso, modernista»12. Del Noce dimostra,
attraverso la concessione del pensiero di Gentile e il fascismo, come il periodo fra le due guerre fu
dominato dal tentativo di una rivoluzione ulteriore a quella marx-leninista; il periodo successivo fu segnato
invece dal fallimento dell'altra forma rivoluzionaria, quella proposta da Granisci, maturata nello stesso
orizzonte della filosofia della prassi. L'attenzione posta da Del Noce su Gentile permette di penetrare meglio
l'intero processo culturale e politico della storia italiana nel suo fondamentale significato filosofico e nel
suo carattere paradigmatico per la storia mondiale, perché «la storia italiana può essere vista come il
microcosmo in cui leggere in vitro la forma che il possibile tramonto mondiale della civiltà, come suicidio della
rivoluzione, dovrebbe assumere»13.
Senza ripercorrere la nutrita antologia di passi tratti dagli scritti gentiliani che documentano le prese di
posizione politica del filosofo idealista in rapporto al fascismo, scritti esaminati al dettaglio da Del Noce nel
suo libro su Gentile14, possiamo sintetizzare la tesi sulla necessità dell'incontro tra Mussolini e Gentile che
sembra obbedire ad una sorta di «armonia prestabilita»15. Era naturale che Gentile pensasse che come
egli, a partire dalla critica teorica di Marx aveva incontrato il pensiero risorgimentale, lo stesso dovesse
avvenire per Mussolini a partire dalla critica politico-pratica del marxismo. Scrive Del Noce: «Gentile
muovendo non già da suggestioni politiche pratiche, ma dalle esigenze rigorose di un pensiero filosofico che si
era compiutamente formato prima della marcia su Roma, giungeva a dare giustificazione alla politica
mussoliniana»16. Né poteva essere altrimenti, in virtù di una filosofia dell'atto che considera la vita dello
spirito come «sviluppo che agisce esso stesso sopra di noi... e ci trascina, spirito superiore, animatore della
storia e di cui siamo a un tempo gli artefici e il risultato», come scrive Gentile in Origini e dottrina del
fascismo.
Nel '22 Gentile aveva bisogno del fascismo perché assumesse parvenza di verità la sua formula sulla
identità di pensiero e azione. Reciprocamente, il fascismo aveva bisogno di una legittimazione culturale e non
poteva cercarla se non nell'attualismo, anche se questo non era entrato per nulla nella sua genesi. Mussolini,
insomma, aveva bisogno dell'attualismo perché venisse costruito il mito del Duce, e reciprocamente, il farsi
politica dell'attualismo doveva condurre al mito del Duce17
Lo storico De Felice, nella sua ormai classica opera sulle interpretazioni del fascismo, riconosce
all’interpretazione transpolitica di Del Noce il merito di collocarsi ad un livello concettualmente rigoroso e
di essere potenzialmente traducibile in concreta ricostruzione storiografica .
A dispetto delle interpretazioni correnti, largamente egemoni e in gran parte sorgenti della vulgata giornalistica,
traducibili nella formula "Dove c'è fascismo non c'è cultura, e dove c'è cultura non c'è fascismo", Del Noce
assegna un valore significativo alla cultura idealistica, egemone nel ventennio fascista. Per Bobbio, invece
l'unico modo di parlare oggi con distacco di Gentile sarebbe quello di vederlo nel contesto della cultura
italiana, di una cultura provinciale che crede di essere alla testa del movimento spirituale di un'epoca e invece
è quasi sempre alla coda. Anche Garin, sia nelle sue Cronache della filosofia italiana, sia in una conferenza
raccolta in AA. VV. Tendenze della filosofia italiana nell'età del fascismo (Livorno, Belforte 1985), tende a
separare la filosofia di Gentile dalle sue scelte politiche, senza perciò mettere in discussione egli stesso la
propria cultura di appartenenza. Basterebbe questo richiamo per rendersi conto di quali potenziali sviluppi in
sede di ricerca e di interpretazione storica e storiografica sia suscettibile la chiave di lettura di Del Noce.
E' certo che l'implicazione metodologica contenuta nell'approccio di tipo transpolitico, anche
se sviluppata a partire dalle problematiche sul fascismo e il comunismo, ha avuto in Del Noce
un'estensione rilevante per la considerazione dell'intera storia contemporanea. Essa permette di penetrare
meglio l'intero processo culturale e politico della storia italiana del nostro secolo nel suo fondamentale
significato filosofico e nel suo carattere paradigmatico, come già detto. Il metodo usato nella storiografia
speculativa di Del Noce può essere identificato nello sforzo di penetrazione concettuale della storia
contemporanea attraverso la percezione della sua logica intrinseca, ovvero attraverso il riconoscimento del
fatto che vi è una necessità delle essenze filosofiche che rende ragione dello svolgimento dei fatti politici.
I conti con il marxismo
Da dove nasce questo metodo? Dal rovesciamento della dialettica del materialismo storico? Si tratta di
un recupero della dialettica idealistica, magari di stampo gentiliano? Niente di tutto questo: Del Noce
riconosce certamente una potenza filosofica al marxismo19 e una potenza pratica. Ed è partire da questo che
Del Noce svolge la sua metodologia: prendendo sul serio il marxismo e sottoponendolo ad un duro esame
iuxta propria principia. Esso finisce per essere nei suoi momenti costitutivi quasi un principio euristico per
mostrare quali siano i punti più elevati (data la radicalità), della filosofia moderna, e quale ne sia l'inevitabile
scacco. Viene riconosciuta da un lato, l'attitudine ad oltrepassare le forme di pensiero che erano sorte in
opposizione ad esso: l'esistenzialismo ateo (la cui prima forma si ritrova in Feuerbach), il positivismo, il
pragmatismo, il neocriticismo. Dall'altro gli riconosce una potenza pratica perché il marxismo ha realmente
cambiato il mondo a partire dalla rivoluzione bolscevica del 1917. In questo senso esso è una filosofia che si
fa mondo. Essa non si realizza, tuttavia, nell'instaurazione della libertà e dell'uguaglianza, ma nell'esplicazione
più completa della volontà di potenza. La rivalutazione teoretica del marxismo non significa, quindi, che
questo sia da considerare necessariamente vincente. Se analizziamo storicamente la rivoluzione russa è indubbio
che Lenin possa essere realmente considerato il miglior interprete della dottrina marxista, anche se la
rivoluzione russa è riuscita solo alla condizione di incontrarsi con la tradizione populistica russa. Al marxismo
come punto d'arrivo della filosofia classica tedesca, succede, nella concezione leninista il partito come erede
della filosofia classica tedesca. E' avvenuto così che la classe che aveva avuto dalla storia il compito di
attuare la "redenzione universale" non ha potuto attuarla che attraverso la direzione di una cultura che non
solo le veniva dall'esterno, ma addirittura da intellettuali che appartenevano alla classe che doveva essere
rovesciata. Questi intellettuali capaci di intendere il senso della storia sono gli uomini del Partito (assurto a
nuova realtà filosofica), così quello che doveva essere il primo esempio storico di una dittatura della
maggioranza sulla minoranza, si è realizzato nel suo opposto, ovvero come dittatura del partito sul
proletariato. Questo capovolgimento delle intenzioni e delle previsioni non è imputabile unicamente alle
responsabilità degli uomini - posizione questa che mira a salvare la veridicità del marxismo come "depositum
doctrinarum", qualcosa di sacro e inviolabile, una teoria in sé giusta in grado di essere riaffermata quando nella
pratica si hanno delle deviazioni. D marxismo ha il suo criterio di verità nella sua realizzazione pratica,
come viene espressamente riconosciuto da Marx nella seconda delle Tesi su Feuerbach. Il tradimento
della rivoluzione è implicito nelle premesse del marxismo. Si potrebbe ricordare, quasi di passaggio ciò
che nella Tempesta di Shakesperare ad un certo punto viene detto: "Nell'errore l'ultimo fine scorda le
premesse". Infatti, se lo scopo del pensiero rivoluzionario marxista è quello di rendere possibile il
passaggio dal regno della necessità a quello della libertà, tale passaggio non può avvenire che attraverso la
mediazione della necessità storica a cui ultimamente l'azione umana deve adeguarsi. Come scrive Vittorio
Strada, concordando in maniera speculare su questo punto con Del Noce: «Lenin era consapevole del fatto
che la rivoluzione non aveva un'assicurazione provvidenziale in un corso oggettivo pregarantito e che la presa
del potere in Russia era avvenuta grazie a una congiuntura nazionale e internazionale di estrema novità e
precarietà. Per Trotzki invece erano le stesse leggi dello sviluppo storico a soffiare sulla fiamma
rivoluzionaria. La convinzione di Trotzki era l’imminenza anche della rivoluzione tedesca»20, Sintetizzando, una
volta impiantato, il comunismo doveva essere "tradito" per poter continuare a sussistere, doveva rinnegare
la purezza dei suoi principi per potersi tradurre nella prassi che poteva assicurare il successo traducendosi in
volontà di potenza. Dal momento che per il rivoluzionario la rivoluzione è il valore unico e il successo è l'unico
criterio di verifica, la causa del tradimento non è imputabile agli uomini, ma è intrinseca. Si è perciò
nell'assoluta impossibilità di decidere chi, fra Trotzki e Stalin, abbia ragione dal punto di vista della fedeltà al
marxismo. Scrive Del Noce: "Nell'atto della sua realizzazione pratica il marxismo è costretto a scindersi,
abbandonando il momento utopistico e portando alle estreme conseguenze il momento realistico21.
All'origine del marxismo: una hybris
II marxismo, nella misura in cui si presenta alle masse come visione del mondo destinata al
compimento di una realtà totalmente rinnovata, si situa al livello in cui nell'uomo affiorano quelle esigenze
ed evidenze originarie che si esprimono nell'anelito di liberazione. Se presupposto dell'alienazione, secondo
Marx, è il fatto che "l'uomo fa la religione, non la religione fa l'uomo", la sua liberazione avverrà attraverso
la rimozione della radice ultima dell'alienazione religiosa. Ma proprio qui si svela, secondo Del Noce la
debolezza del marxismo: la negazione postulatoria del peccato originale. Non è il rifiuto del peccato che
consegue al rifiuto di Dio, ma è vero l'inverso. E' il rifiuto del peccato, dello status naturae lapsae, della
caduta iniziale, l'inizio di un processo che porta all'ateismo. In altri termini, l'ateismo e più in generale le
filosofie dell'immanenza scaturiscono da un'opzione originaria, gratuita., cioè senza prove che si gioca per
un'affermazione dell'autosufficienza dell'uomo, vale a dire, nel mancato riconoscimento della dipendenza
creaturale. L'ateismo si può quindi definire come la volontà di vivere con coerenza l'attitudine originaria del
razionalismo, ossia come la volontà di vivere con coerenza l'opzione originaria22.
Ritornando alla potenza filosofica riconosciuta da Del Noce al marxismo, occorre aggiungere un
passaggio estremamente importante. Se il momento materialistico è indisgiungibile da quello dialettico,
proprio qui viene ad annidarsi l'aspetto di maggior contraddizione del marxismo: infatti, se il materialismo è
necessario per dissacrare le forme preesistenti in nome di un assoluto (quale può essere l'ideale di una
società senza classi), altrettanto necessaria deve essere la dialettica, che mostra la necessità storica del
rovesciamento: tra il momento della negazione di ogni principio eterno e la ricerca pratica dell'assoluto c'è
un'evidente contraddizione. Si ha quindi «il passaggio dal marxismo a un radicale positivismo che in
riferimento alle discipline concernenti l'uomo si manifesta come sociologismo o come relativismo
assoluto»23. Il momento materialistico portato all'estremo si esprime come affermazione di totale relatività. In
questa veste esso ha invaso la cultura occidentale, portando alla hybris delle scienze dell'uomo, cioè al
tentativo della sociologia, della psicanalisi, dello strutturalismo di sostituirsi alla filosofia. Il marxismo è quindi
suscettibile di dirompersi nel sociologismo, quale estensione del momento materialistico e nell’inveramento
del marxismo operata in modo paradigmatico da Gentile nella Filosofia di Marx., per quanto riguarda il
momento dialettico.
Se questa interpretazione è corretta, il giudizio sulla genesi della società tecnologica muta
radicalmente, non nel senso che il marxismo divenga responsabile di un mondo che non è stato lui a creare,
ma per lo spirito che lo permea, per il tipo di intelligenza che lo governa: «la concezione espressivistica e
strumentalistica del pensiero marxiano è la stessa che vige nella civiltà tecnologica»24. Essa afferma il primato
dell'azione nel senso che la conoscenza umana assume il suo valore soltanto nella misura in cui può servire a
dei fini pratici. Da un punto di vista morale ciò che consegue alla priorità della prassi è anche un modo
diverso di intendere i valori: alla tesi per cui la conoscenza è limitata al mondo sensibile consegue
l'affermazione che l'unica realtà che conta per l'uomo è la realtà materiale. La formula sintetica di Del Noce,
particolarmente icastica, è che la società tecnologica assume caratteri simmetrici a quelli di un marxismo
ripensato in senso empirista25.
Gramsci e l'idea di egemonia culturale
Come si è potuto rilevare, Del Noce fa coincidere la critica dell'idea di modernità con la critica del
marxismo (in quanto pensiero che si fa azione nel vivere coerentemente l'opzione originaria) e della sua forma
di inveramento: l'attualismo. In Gentile il principio d'immanenza è sospinto alla costruzione dello Stato in
ulteriore nomine. L'attualismo è una posizione filosofica ulteriore al marxismo e il termine ultimo a cui può
giungere la filosofia della prassi dopo Hegel. Gentile l'ha pensata e vissuta nella forma romantica di continuità
con la tradizione. Gramsci, invece, può essere considerato il propugnatore di quell'antifascismo destinato a
proseguire l'opera di secolarizzazione della cultura. Scrive a tale proposto Del Noce: «l'antifascismo azionista
e comunista si è formato a quella stessa cultura che non accidentalmente si era collegata al fascismo»26.
Curiosamente, la filosofia dell'hegeliano Gentile si prestava a due interpretazioni: una lo portava ad essere il
teorico del fascismo, l'altra portava al neomarxismo di Granisci e al comunismo italiano. In una lettera al
Nolte (novembre 1984) Del Noce afferma addirittura che «il legame tra il fascismo e il comunismo
italiano è più profondo di quello tra il fascismo e il nazismo; almeno dal punto di vista culturale»27 Questa
visione della storia appare una dura smentita alle consuete sistemazioni storiografiche sulla problematica
fascismo-antifascismo e alla mitizzazione della Resistenza che, facendo dell'antifascismo un blocco
monolitico, hanno finito per lunghi anni per risolvere la democrazia nell'idea dell'unità anti-fascista. Per
spiegare queste tesi occorrerebbe entrare sul terreno dell'analisi teoretica svolta nel poderoso volume Il
suicidio della rivoluzione, dove Del Noce dimostra che «quel che Gramsci chiama marxismo sia il risultato
coerente della ritraduzione di Croce, così coerente da ricostruire, dopo il crocianesimo, l'attualismo»28. In
questo si ravviserebbe una doppia contraddizione: 1) la dissoluzione della filosofia in ideologia; 2) la
ricomprensione illuministica del marxismo. In particolare, per ciò che riguarda questo secondo punto, la
preminenza del carattere culturale porta il gramscismo alla sostituzione della lotta di classe con quella tra due
concezioni di vita: l'immanentistica e la trascendentistica, ovvero la lotta della modernità contro la tradizione. Ci
limiteremo a notare come il rigore con cui il gramscismo trascrive i temi dell'attualismo induca alla
completa laicizzazione della coscienza religiosa, dando luogo alla forma più oppressiva di totalitarismo che
la storia abbia conosciuto. Il momento rivoluzionario è costituito dalla promozione di una concezione del
mondo radicalmente immanentistica, tale da permeare tutta la società. La totale laicizzazione della vita deve
assumere una forma adeguata ai semplici. Si tratta di un "totalitarismo morbido", secondo una nota
definizione, ma molto più grave nei suoi risultati, del totalitarismo duro, in quanto si realizza attraverso la
discriminazione delle domande metafisiche tradizionali, attraverso la creazione di un nuovo "senso comune"
a cui si provvede col dominio della cultura e della scuola, sino alla totale eliminazione di queste domande. Il
comunismo gramsciano, nella misura in cui risolve la rivoluzione nella modernizzazione, costringe lo spirito
borghese a manifestarsi allo stato puro, perché corrode a livello della società civile quanto in essa vi
permane di spirito religioso II comunismo gramsciano rinuncia alla tensione messianica, ma si dimostra
incapace di superare l'ordine dato e, nella fattispecie, il capitalismo. Anzi, si ritrova alleato di una concezione
borghese che ha perso il legame con la tradizione, e perciò sostanzialmente omologo al Potere della
borghesia. Se si considera il successo e la fortuna di Granisci a metà degli anni '70, anni in cui si afferma
prima il divorzio, e poi l'aborto, abbiamo lo specchio esatto di quello che è stato definito il suicidio della
rivoluzione.
Una significativa conferma delle visioni di Del Noce sulla continuità fascismo-postfascismo la
troviamo nel Pasolini degli Scritti Corsari : «II fascismo non è stato sostanzialmente in grado di
scalfire l'anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di
informazione (...), non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre»29. E ancora: «Il
nuovo fascismo è "americanamente pragmatico: il suo fine è la riorganizzazione e l'omologazione
brutalmente totalitaria del mondo»30.
La lezione di Del Noce e di Pasolini attende su questi punti di essere sviluppata. Trova in questi
punti la forza e il necessario giudizio storico per una ricostruzione.
Note:
1
G. W. F. Hegel, Lineamenti di filosofia del diritto. Prefazione, Laterza, Bari 1974, p. 18.
E. Nolte, Der Faschimus in seiner Epoche, Monaco, 1963 ; trad. it. II fascismo nella sua epoca. I tre volti
del fascismo,SugarCo, Varese 1993.
3
A. Del Noce, II problema dell'ateismo, II mulino, Bologna 1964.
4
E. Nolte, I tre volti... cit, p.15.
5
A. Del Noce, Idee per l'interpretazione del fascismo, "L'Ordine civile", II, 8 (15 aprile 1960), pp. 15-18.
Successivamente
raccolto nell'Appendice di Il suicidio della rivoluzione.
6
Ivi,p.55.
7
lvi, pp. 697-705.
8
Del Noce, Il problema dell'ateismo, p. CLVII.
9
A. Del Noce, L'epoca della secolarizzazione, Giuffrè, Milano 1970, p. 113.
10
Nella seconda Tesi su Feuerbach Marx asserisce: "La questione se al pensiero umano spetti una verità
oggettiva, non è questione teoretica, bensì una questione pratica. Nella prassi l'uomo deve provare la verità,
cioè la realtà e il potere, il carattere immanente del suo pensiero. La questione sulla realtà o non-realtà del
pensiero -isolato dalla prassi- è una questione meramente scolastica". Occorre ricordare anche la
Dissertazione di Marx su Democrito ed Epicuro, laddove considera la filosofìa hegeliana come una filosofia
post-factum, mentre per lui si tratta di realizzare una nuova totalità (filosofia ante-factum).
11
Del Noce, L'epoca ...op. cìt., Giuffirè, Milano 1970, pp. 116-117.
12
Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, Rusconi, Milano 1978, p. 33.
13
Ivi, p. 7.
14
A. Del Noce, Giovanni Gentile. Per una interpretazione transpolitica della storia contemporanea, II
Mulino, Bologna 1990
2
15
Ivi, p. 306 .
16
Ivi, p. 10.
Su questo punto vedi anche G. L. Mosse, La cultura dell'Europa occidentale, Mondadori, Milano 1986, pp.
407-423.
18
De Felice, Le interpretazioni del fascismo, Editori Laterza, 1989.
19
Del Noce, La potenza ideologica del marxismo e la possibilità del successo del comunismo in Italia per via democratica, in
"Atti del Convegno di S. Pellegrino", Roma 1963.
20
V. Strada, Storia del marxismo, vol. 3, Einaudi Torino. 1980, p.125.
21
Del Noce, II problema dell'ateismo, cit, p. CLX.
22
ivi, p. 146.
23
Del Noce, L'epoca.., cit, p.92.
24
Ibidem, p.86.
25
Ibidem, p.93.
26
Del Noce, II suicidio della rivoluzione, Milano 1978, pp. 117-118
27
La concezione transpolitica della storia nel carteggio Nolte-Del Noce, di Francesco Perfetti, in "Storia contemporanea"
/a.
XXIV, n. 5, ottobre 1993.
28
Del
Noce,Il suicidio...op.cit. p. 156.
29
P. P. Pasolini, Scritti corsari, Garzanti Milano 1990, p. 25 Ivi, p.50.
17
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