Opera seria Stemma dell'Accademia dell'Arcadia Durante il Settecento la vita artistica e culturale italiana fu fortemente influenzata dagli ideali estetici e poetici degli appartenenti all'Accademia dell'Arcadia. I poeti arcadici apportarono molte modifiche sul dramma musicale serio italiano, tra cui: la semplificazione della trama la soppressione dei soggetti comici la riduzione del numero delle arie la tendenza all'isometria la predilezione per le trame del teatro tragico antico e per quello francese moderno, in cui si esaltassero i valori della fedeltà, dell'amicizia, della virtù e che celebrassero il potere assoluto del sovrano. Fra i poeti dell'epoca, quello che godette maggiore fortuna come librettista (e che la mantenne per secoli dopo la sua morte) fu Pietro Metastasio, appartenente all'Accademia dell'Arcadia e fermamente in linea con quanto teorizzato da coloro che vi facevano parte. L'influenza delle teorie arcadiche si può notare nella tendenza a comporre arie isometriche (eccetto quelle che vedono l'alternanza di settenario e quinario), di ugual numero di versi, dal linguaggio semplice ed eufonico, accuratamente distribuite anche in base al loro colore affettivo. Durante il Settecento il grande sviluppo dell'aria ne accentua il forte distacco dal recitativo, caratterizzato da: una maggiore limitatezza delle espressioni armoniche del basso continuo l'irrigidimento delle cadenze il ritmo del testo in versi sciolti riprodotto sommariamente la tendenza ad utilizzare, specie in determinate situazioni cariche di retorica, andamenti melodici stereotipati Il recitativo più impiegato è quello 'semplice', chiamato così perché 'semplicemente' accompagnato dal solo basso continuo. Raramente si utilizza quello 'accompagnato' o 'obbligato' o 'strumentato', nato attorno al 1720, dall'usanza di accompagnare gli 'ariosi' con l'orchestra. Nella seconda parte del Settecento si assistette, per volontà di alcuni sovrani e di esimi compositori e librettisti alle loro dipendenze, al tentativo di fondere l'opera italiana con la 'tragedie lirique' francese. Questo tentativo fu incoraggiato dal ducato di Parma, la corte italiana più sensibile alla cultura d'oltralpe. Per lo sposalizio di Isabella (figlia di Filippo di Borbone, sposato con la figlia del re di Francia Luigi XV) con Giuseppe arciduca d'Austria, Tommaso Traetta, compositore chiamato a corte dal direttore degli spettacoli e ministro della Real Casa Guillaume du Tillot, compose uno spettacolo teatrale molto vicino allo stile francese. A Vienna per l'occasione si presentarono due feste teatrali. Mesi dopo l'arciduca commissionò a Traetta la composizione di una festa teatrale per il genetliaco della moglie. Tutte queste spinte assolutamente positive verso l'opera francese vennero accolte e portate alla loro massima espressione dal compositore tedesco Christoph Willibald Gluck in collaborazione con il librettista italiano Ranieri de' Calzabigi, artefici della cosiddetta 'riforma dell'opera'. I caratteri fondamentali dell'opera seria italiana alla fine del Settecento sono: l'importanza conferita al coro, visto sempre più come personaggio attivo nell'azione drammatica il rifiuto dell'aria col da capo e delle obsolete strutture che avevano caratterizzato un'epoca che si può definire 'dei virtuosi', in favore di strutture più semplici e dinamiche, come l'aria bipartita, la cavatina, l'aria in forma di rondò. la tendenza a far sì che l'organico orchestrale si esprima al massimo delle sue potenzialità, con il conseguente aumento degli 'orchestrati d'azione'. L'unità di misura fulcro del melodramma è ora la 'scena'. i libretti sono più legati ai testi della letteratura moderna la metrica è assai varia e aperta a nuove sperimentazioni e combinazioni Opera comica Il San Carlo di Napoli (1737). Il più antico teatro lirico d'Europa ancora attivo L'opera buffa è uno stile sviluppatosi nel Settecento a Napoli e prese successivamente piede prima a Roma e poi in tutta Italia fino all'Europa intera. La corrente si sviluppò in maniera stabile nella città partenopea grazie alla scuola musicale napoletana che portò ancor prima dell'opera buffa, alla nascita dell'opera comica. Napoli, durante il XVIII secolo, fu uno dei centri musicali più rilevanti di tutto il palcoscencio europeo e simbolo di questa cultura ampiamente radicata in città sta nella nascita del Real teatro San Carlo.[1] Questa forma iniziò a svilupparsi con l'opera Il trionfo dell'onore di Alessandro Scarlatti nel 1718. Iniziata su libretto in napoletano, venne presto italianizzata con le opere di Domenico Scarlatti, Pergolesi (La serva padrona), Piccinni (La Cecchina), Cimarosa (Il matrimonio segreto), e quindi le grandi opere comiche di Mozart e, più tardi, di Rossini. I primi compositori di opere buffe furono Giovan Battista Pergolesi, Nicola Bonifacio Logroscino, Baldassare Galuppi, Alessandro Scarlatti, Leonardo Vinci e Leonardo Leo. Il lavoro di costoro, tutti operanti a Napoli o Venezia, venne poi ripreso ed ampliato da Domenico Cimarosa. L'opera comica si distingue da quella seria per molteplici caratteristiche: l'importanza affidata all'azione scenica e, di conseguenza, la necessità che la musica seguisse i cambiamenti dell'azione drammatica, enfatizzando l'espressività delle parole la scelta di cantanti che fossero anche ottimi attori per valorizzare l'azione le dotazioni sceniche e organico orchestrale ridotti la presenza di pochi personaggi (per lo meno nell'opera comica breve-intermezzo, diversa dall'opera comica di dimensioni intere, che prenderà piede più tardi) e trame semplici i libretti ispirati alla commedia dell'arte, con soggetti realistici, linguaggio colloquiale, espressioni gergali per quanto riguarda la vocalità: il netto rifiuto del canto virtuosistico; la tendenza alla pronuncia errata delle parole; la frequente presenza di tic melodici e ritmici; l'inserimento di onomatopee e di interiezioni varie. la versificazione spesso caratterizzata da ipermetrie per rendere più realisticamente effetti di sbadiglio, starnuto, risata; la presenza di frasi brevi e scattanti con molte terminazioni tronche e sdrucciole. Domenico Scarlatti Nella seconda parte del Settecento l'opera comica deve la sua fortuna alla collaborazione del drammaturgo Carlo Goldoni con il musicista Baldassarre Galuppi. Grazie a Goldoni l'opera comica acquisisce molta più dignità dell'intermezzo; egli infatti ne fissa l'organizzazione formale in 2-3 atti, creando libretti per opere di ampio respiro, che differiscono significativamente da quelle del primo Settecento per la complessità delle trame e della psicologia dei personaggi tra i quali se ne annoverano alcuni di seri, a discapito di quelli caricaturati in maniera esasperata. Ora vi sono presenti anche intrecci amorosi, trame che vedano al loro centro il conflitto tra le diverse classi sociali e anche spunti autoreferenziali. Dalla collaborazione di Goldoni con un altro famoso compositore, Niccolò Piccinni, nacque il genere semiserio, che vede agire durante lo spettacolo due personaggi buffi, due nobili e due mezzi caratteri. La versificazione Goldoniana è caratterizzata da uno stile più omogeneo rispetto a quello polimetrico dei lavori precedenti. Per lo sviluppo dell'opera comica ebbe una notevole importanza la 'farsa in un atto', un tipo di spettacolo musicale inizialmente pensato come riassunto di un'opera comica di grandi dimensioni, ma che col tempo acquisisce sempre di più la propria dignità, divenendo un genere a sé stante, caratterizzato da: una vocalità nettamente virtuosistica; l'affinamento dell'orchestrazione; la grande importanza affidata alla regia; la presenza di equivoci e sorprese durante l'azione. Ottocento e Novecento Vincenzo Bellini Durante l'Ottocento ebbero molta fortuna le opere di autori quali Gioachino Rossini, Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti e Giuseppe Verdi. In generale i libretti delle opere di questo periodo furono influenzati dalla letteratura nazionale ma anche dal nascente romanticismo europeo e da William Shakespeare di conseguenza le trame sono spesso basate sui moti interiori dei personaggi, non di rado protagonisti di storie d'amore passionali e azioni tragiche. Le figure più presenti sono quelle del tiranno e della donna innamorata. All'opera comique francese si debbono i molteplici effetti spettacolari e i colpi di scena. Il libretto consta di norma di 2-3 atti. Durante l'Ottocento si stabilì un preciso rapporto tra il ruolo del cantante e la sua voce: scomparve la voce del castrato, le parti del quale vennero affidate ad un contralto 'en travesti' a poco a poco al tenore non vennero più affidate le parti da antagonista, anzi, egli incarnò sempre più spesso l'ideale dell'eroe innamorato ed estremamente passionale al basso vennero affidate parti solenni, arie miste di saggezza e moralità si diede grande importanza al baritono, antagonista in amore del tenore (come lo è del soprano il suo corrispondente femminile -il mezzosoprano) la voce del soprano fu ormai inscindibilmente associata a delicatissime quanto idealizzate e angeliche figure femminili, fragili ma al contempo spesso forti dei valori della pudicitia e della castità. Fino a quasi la metà del XIX secolo la metrica dei libretti era caratterizzata dal prevalente utilizzo di versi parisillabi, assai incisivi e adatti al nuovo tipo di situazione scenica. Il testo è generalmente molto essenziale. Molto utilizzata è la quadratura isometrica. Dalla metà del secolo in poi, molti librettisti cominciarono a sperimentare nuove strutture metriche più flessibili: molteplici sono le strofe polimetriche, i versi con sillabe dispari e le forme metriche mescolate tra loro. L'organizzazione formale del melodramma ottocentesco si fonda su quella che Abramo Basevi ha definito solita forma. Giacomo Puccini Sullo scorcio dell'Ottocento e nei primi decenni del Novecento i maggiori compositori che si dedicarono al melodramma furono: Pietro Mascagni, Ruggero Leoncavallo, Umberto Giordano, Francesco Cilea, Antonio Smareglia e soprattutto Giacomo Puccini, Domenico Cortopassi. I critici li hanno accomunati con l'epiteto di Giovane Scuola e, a partire da Cavalleria rusticana di Mascagni, alcuni di loro hanno seguito la via dell'opera verista, che ebbe particolare fortuna nell'ultimo decennio del XIX secolo. I librettisti prendono spunto dal romanticismo d'oltralpe; dalla scapigliatura (alcuni librettisti, tra cui Arrigo Boito erano degli scapigliati); dal naturalismo francese di Émile Zola; dal verismo di Verga. I soggetti e il linguaggio sono quelli della vita quotidiana, nella riproduzione della quale gli spettatori possano identificarsi. L'opera verista è caratterizzata da una passionalità drammatica e straziante, da storie truculente di intrighi familiari e gelosie. Si hanno anche opere con soggetti storici o esotici. Sulla linea (già adottata dal tardo Verdi) di rottura del susseguirsi di versi isosillabici, specie se parisillabi, lo sperimentalismo dei librettisti tra Ottocento e Novecento si fa sempre più forte. La metrica è assolutamente flessibile, e mutante. Dal punto di vista musicale la struttura è estremamente scorrevole, le arie sono concise, i periodi melodici spesso interrotti. La vocalità è stentorea e spinta, le note acute vengono prese di scatto e spesso subito interrotte, per ottenere un effetto più naturalistico, più vicino al parlato. Notevole è l'impiego delle masse orchestrali, spesso dedite a far traspirare melodie esotiche o dal colore locale (in questa tendenza si nota molto l'influsso di opere francesi come la Carmen di Bizet).