Cimarosa clavicembalista nelle testimonianze iconografiche del Museo di San Martino Se è vero che Cimarosa si dedicò prevalentemente all'opera buffa fino a meritarsi il titolo di maggiore compositore della scuola napoletana, è pur vero che egli scrisse anche alcune Messe ed Oratori, un noto Concerto per due flauti ed orchestra (1793), nonché un’ottantina circa di Sonate per clavicembalo, di cui 32 pubblicate tra il 1925 e il 1926. La sua attività di clavicembalista è documentata peraltro da alcuni dipinti, il più noto dei quali è quello che lo vede impegnato alla spinetta nella tela realizzata nel 1785 dal pittore leccese Francesco Saverio Candido conservata nel Museo di San Martino. Si tratta di una tra le più note immagini del musicista aversano, che a quell’epoca aveva già raggiunto una buona popolarità in Italia, e che di lì a poco sarebbe diventato famoso anche nel resto d’Europa. Il musicista sorregge nella mano sinistra lo spartito de Il Matrimonio segreto. Sottostante, arrotolato, è invece lo spartito dell’Artemisia. Cimarosa fu particolarmente attaccato a questo cembalo, la cui storia è illustrata con una lunga iscrizione, dettata dal canonico Giovanni Scherillo e riportata dal Florimo, posta sulla parete immediatamente sopra lo strumento nel Museo del Conservatorio di San Pietro a Majella. Lo strumento fu donato dal pittore calabrese Andrea Cefaly che l’aveva ereditata dal padre Domenico, andato in sposo a F. S. Candido, Cimarosa alla spinetta Carolina Pigonati, figlia della signora Giuseppa Bethezè che lo aveva acquistato a sua volta dalla figlia suora del musicista L'immagine di Cimarosa alla spinetta ispirò tra l’altro il sonetto di G. D’Acunzo, La Gavotta, reso noto dal Rosano, dove «con finissimo sentimento d'arte» è messa in evidenza «l'antitesi fra la musica di Cimarosa dolce e suggestiva e quella greve anche nei ballabili e compassata, dell’altro insigne maestro aversano Nicolò Jommelli». Artista prevalentemente documentato per soggetti sacri, Francesco Saverio Candido, attivo a Napoli e in Puglia tra il 1771 e il 1806, realizzò nel 1771 i quattro dipinti che si osservano sui pilastri che sostengono la cupola della chiesa napoletana di San Pietro ad Aram (Mosè sul Sinai, Mosè e il roveto, San Paolo caduto da cavallo, San Pietro liberato dall'Angelo). Nello stesso anno realizzò il San Filippo Benizi nell’altra chiesa napoletana di Santa Maria del Parto. Di lui si conosce anche un’altra opera, firmata e datata 1806, il San Giuseppe da Copertino nella chiesa di San Francesco a Gemini, una frazione di Ugento, nel Leccese. Nello stesso museo si custodisce un analogo dipinto a olio su tela che risulta realizzato dal pittore siciliano Gaspare Vizzini, sulla cui identità artistica abbiamo purtroppo scarsissime notizie, tra le quali quella di aver dipinto, nel 1766, quattro sovrapporte nella Villa Butera a Bagheria, vicino a G. Vizzini, Concerto di Cimarosa Palermo. Nel dipinto Cimarosa non è più solo ma è raffigurato mentre tiene un concerto accompagnato da un violino, un violoncello e due canterine. La manifestazione si svolge nell’affollato salotto di un appartamento aristocratico come sembra suggerire la foggia dei personaggi che ascoltano e soprattutto quella del personaggio ritto in piedi al centro della composizione, forse il committente del dipinto, che volle così immortalare qualche concerto dato dal Cimarosa nella sua dimora. Il dipinto è firmato e datato 1782 sul retro. Franco Pezzella