Notiziario Cinque – aggiornamento Clima Premessa La missione delle aree protette è quella di conservare la biodiversità in tutte le sue manifestazioni. Un’area protetta nasce come strumento di tutela di uno o più ecosistemi naturali e/o per salvaguardare la popolazione di una o più specie rare o a rischio. A livello globale, grazie ad una rete diversificata di parchi e riserve naturali, oggi è sotto tutela In volo – Burano foto F.Cianchi una superficie pari a circa il 12% del Pianeta. Una percentuale a livello quantitativo sicuramente significativa, anche se non sufficiente, ma che ha un valore relativo a livello qualitativo, in termini di rappresentatività di ecosistemi tutelati, di specie a rischio protette, di efficienza di gestione in senso generale. Tra le priorità che le aree protette devono affrontare oggi, vi è quella di aggiornare i modelli di gestione ai cambiamenti in atto, a cominciare da quelli climatici. Devono cioè passare da uno scenario di partenza apparentemente stabile a uno scenario in trasformazione. E’ evidente che le singole aree protette sono soltanto porzioni, anche se prioritarie, di piani di conservazione che si sviluppano in ambiti territoriali più vasti. Di conseguenza, l’ampliamento e la diversificazione delle reti oggi esistenti e anche il loro aggiornamento in termini di spazi e obiettivi, potranno registrare profondi mutamenti, secondo strategie più generali. Sarà per esempio necessario aumentare la superficie protetta con l’istituzione di nuove aree o cambiare la perimetrazione di quelle già esistenti o addirittura sostituirle con altre; allo stesso tempo si renderà sempre più necessario dedicarsi agli ecosistemi maggiormente fragili o vulnerabili ai cambiamenti e quindi ridisegnare le mappe di tutela attuali. Sicuramente, un qualsiasi Sistema di aree protette sarà efficace nella sua Lavori di consolidamento della duna Policoro foto A. Colucci missione di conservazione della biodiversità, se garantirà la connessione tra siti protetti confinanti o vicini o tra questi e aree ancora con una certa naturalità, per favorire la dispersione e la migrazione delle specie. E se sarà in grado di conservare gli habitat e gli ecosistemi più critici e le specie maggiormente a rischio o con scarse capacità di dispersione. Adattare la gestione Quello che le aree protette sono chiamate a fare fin da subito è organizzarsi per far fronte e mitigare le conseguenze dei cambiamenti climatici. Il primo passo è quello di predire l’effetto di quest’ultimi sugli habitat e le specie oggetto di tutela. Occorre cioè sviluppare un piano integrato di studi sul campo e di modelli di previsione, che consenta di valutare l’idoneità ambientale di una determinata area nel futuro e quindi attivare tutte quelle misure di conservazione per gli habitat e le popolazioni maggiormente a rischio che la caratterizzano. E’ necessario intraprendere una serie di monitoraggi a lungo termine sullo stato di popolazioni, comunità, ecosistemi, al fine di poter orientare le scelte gestionali. E’ necessario attivare una raccolta di dati su habitat, flora e fauna con protocolli scientifici standard; creare un database aggiornato applicare georeferenziato sulla modelli e biodiversità; predittivi e svilupparne di nuovi. Prelievo di sangue su cervo sardo femmina Monte Arcosu foto A. Loddo Scenari Con l’innalzamento medio della temperatura sul Pianeta, assisteremo ad una serie di trasformazioni a livello di ecosistemi, di vario genere ed intensità. Sicuramente assisteremo ad un significativo spostamento degli areali verso nord; ad uno spostamento degli stessi a quote più elevate; all’anticipo dei cicli naturali; alla scomparsa di alcuni ambienti di confine, come quelli costieri che andranno sommersi per l’innalzamento del livello del mare; alla riduzione di zone umide; all’incremento di specie esotiche; all’aumento delle criticità per situazioni già in pericolo e, a livello di specie, per quelle che già oggi si trovano in habitat frammentati e che non saranno in grado in futuro di migrare seguendo gli spostamenti degli habitat. In generale, il 25% delle specie mondiali si estinguerà a causa dell’azione combinata del riscaldamento globale e del degrado degli habitat. In Italia, gli ambienti naturali che subiranno maggiori trasformazioni sono: - gli ecosistemi forestali - le aree costiere - le zone umide - gli ambienti alpini Nei prossimi attendersi una anni c’è da progressiva disgregazione degli ecosistemi Paesaggio alpino Valtrigona foto W. Tomio forestali, dei quali solo alcune componenti potranno migrare in aree più adatte ai mutati scenari climatici, mentre la maggior parte di esse saranno destinate all’estinzione, almeno a livello locale Le aree costiere saranno a rischio di inondazioni e arretreranno spiagge e paludi. Per quest’ultime sarà difficile una migrazione verso l’interno, visto che i litorali italiani sono ovunque già urbanizzati o comunque trasformati. L’aumento delle ondate di siccità o il prolungamento di periodi caldi e le scarse precipitazioni renderanno sempre più fragili gli ecosistemi umidi interni, già oggetto di criticità storiche. Si correrà il rischio di prosciugamenti più o meno temporanei e una diminuzione delle portate di acqua: fenomeni che nell’insieme cambieranno il volto e le stesse dinamiche di questi ambienti. Gli ecosistemi di montagna sono tra i più sensibili ai cambiamenti climatici, in quanto sono caratterizzati da forti stress ecologici. L’elevata biodiversità e la concentrazione di endemismi, nonché la loro scarsa capacità di migrazione, rendono la maggior parte delle specie alpine altamente vulnerabili. Le Oasi del WWF Il WWF Italia fin dalla sua fondazione si è dedicato alla gestione di territori naturali. Nel tempo ha creato un Sistema di Oasi che nell’insieme è oggi rappresentativo dei principali ambienti e paesaggi naturali del Paese. Al suo interno, sono rappresentati gli ambienti a maggiore presenza di biodiversità e allo stesso tempo più a rischio, quali quelli costieri, rupestri, umidi, d’alta quota, le foreste naturali e in particolare quelle planiziali. Oggi il Sistema delle Oasi del WWF è costituito da un centinaio di aree, localizzate in tutto il territorio nazionale. Anche nelle Oasi, si sta assistendo a fenomeni e ad eventi riconducibili ai cambiamenti climatici. E in particolare: - effetti sulla fenologia, con anticipo dei cicli vitali - spostamenti verso nord e verso l’interno di specie - moria di alberi - criticità nelle aree umide e in particolare in quelle costiere - aumento di specie opportunistiche - arrivo di nuove specie Alberi caduti a causa delle siccità foto F. Canonico Programma Clima Per verificare l’entità del fenomeno e attivare un piano di mitigazione e gestione adattativa, oltre a dare un contributo alle conoscenze sull’argomento, WWF Oasi ha attivato dal 2007 un Programma Clima in collaborazione con l’Università della Tuscia e il sostegno tecnico-scientifico del Corpo Forestale dello Stato, dell’Università di Roma 3, del Museo di Zoologia di Roma e di Microsoft. Il Programma è anche un ottimo strumento di misurazione della biodiversità all’interno del sistema Oasi. Questi gli obiettivi: • Lo sviluppo di un programma di monitoraggio di indicatori ecologici per la determinazione degli impatti dei cambiamenti climatici sui nostri ecosistemi naturali (Osservatorio Clima); • la determinazione del contributo di assorbimento di carbonio da parte degli ecosistemi naturali protetti • la realizzazione di un Centro dimostrativo e didattico per il monitoraggio dei gas serra. Osservatorio Clima Le azioni attivate sono diversificate e coinvolgono un ampio numero di oasi Azione 1 Stazioni Meteo Prosegue il monitoraggio dei parametri climatici con le 7 stazioni meteo installate. Le informazioni servono a monitorare il territorio dell’area e a verificare gli andamenti climatici. I parametri misurati temperatura, cumulato sono pressione, e intensità di precipitazione, umidità, velocità e direzione del vento e radiazione solare. Oasi coinvolte: Valle Averto, Vanzago, Orti-Bottagone, centralina meteo a Monte Arcosu – A. Loddo Burano, Astroni, Le Cesine, Monte Arcosu Nuove stazioni previste: Valmanera, Guardiaregia, Valpredina, le Saline di Trapani, Valtrigona, Macchiagrande Azione 2 Monitoraggio Forestale Il monitoraggio ha visto la partecipazione di 9 oasi alla rete nazionale del progetto CONECOFOR del Corpo Forestale dello Stato per monitorare lo stato di salute degli alberi delle oasi attraverso una valutazione annuale della chioma. Nel periodo estivo sono stati controllati lo stato delle chiome, la presenza o meno di patologie, l’entità delle fioriture insieme ad altri dati. Lo stesso si ripeterà nei prossimi anni. Oasi coinvolte: Macchiagrande, Bosco di Palo, Laguna di Ponente di Orbetello, Lago di Burano, Bosco Rocconi, Bosco di Vanzago, Le Cesine, Cratere degli Astroni, Monte Arcosu. Azione 3 Anfibi Gli anfibi sono i vertebrati a maggior rischio di estinzione nelle aree interessate dalle trasformazioni antropiche. Tutte le specie di anfibi sono più o meno strettamente legate agli ambienti acquatici, soprattutto nel periodo riproduzione, e tali ambienti sono spesso quelli della Monitoraggio chiome M Ruocco maggiormente soggetti all’inquinamento, alla trasformazione ed alla riduzione per le eccessive captazioni e le bonifiche. Recentemente due ulteriori fenomeni si sono rivelati essere le principali cause di estinzione degli anfibi a scala mondiale: i repentini cambiamenti climatici dovuti al riscaldamento globale e l’attacco da parte di funghi patogeni (chitridiomicosi). L’insieme di questi fattori, che agiscono sinergicamente, determina l’estinzione locale delle popolazioni, cui consegue in alcuni casi l’estinzione delle specie. Per questi motivi gli anfibi rappresentano dei buoni indicatori biologici dei cambiamenti ambientali in atto sia a scala locale sia a scala mondiale. Lo studio di dettaglio, a scala locale, sulla distribuzione e lo status delle popolazioni di anfibi può fornire così un prezioso strumento per l’individuazione delle priorità di conservazione delle specie e degli habitat, delle problematiche di gestione delle singole specie nelle diverse aree protette, e quindi degli interventi da adottare in termini di pianificazione e gestione. Uno studio preliminare del 2008 sulle presenze degli anfibi con l’ausilio nazionale del Ckmap distribuzione database (dati nazionale di delle specie di anfibi) ha mostrato una potenziale presenza di 22 specie di anfibi. su 40 Oasi WWF (in gestione a WWF Oasi) Tra le specie identificate vi sono alcune specie prioritarie: Ululone dal ventre giallo (Bombina variegata), Discoglosso dipinto (Discoglossus pictus*), Raganella Italiana R. Isotto A. Camboni Homo Ambiens Discoglosso sardo (Discoglossus sardus*), Raganella Italiana (Hyla intermedia*), Raganella sarda (Hyla sarda*), Rana italiana (Rana italica*), Rana di Lataste (Rana latastei*), Geotritone dell’ Iglesiente (Speleomantes genei*), Geotritone italiano (Speleomantes italicus*), Tritone crestato (Triturus carnifex*), Tritone italiano (Triturus italicus*). Nel febbraio 2009 è stato avviato Il progetto “Ricerche sulla diversità specifica, ecologia e stato di conservazione degli anfibi in 15 aree protette italiane del WWF”, condotto dal Dipartimento di Biologia dell’Università Roma Tre, su incarico di WWF Oasi; il progetto consentirà di approfondire le conoscenze sullo status di conservazione di singole specie e di poter predisporre i piani di intervento finalizzati alla salvaguardia di siti, di comunità o di singole popolazioni, con particolare attenzione alle specie incluse nelle normative comunitarie. Oasi coinvolte: Macchiagrande, Lago di Burano, Laguna di Ponente di Orbetello, Bosco di Vanzago, Padule Orti di Bottagone, Vasche di Maccarese, Bosco di Palo, Le Cesine, Bosco di Policoro, Monte Arcosu, Valtrigona, Alviano, Guardiaregia , Lago di Penne. Azione 4 Lepidotteri Notturni Avviato il monitoraggio delle popolazioni di lepidotteri notturni in 7 oasi con la collaborazione del Museo di Zoologia di Roma. Questi animali rappresentano uno degli indicatori più sensibili ai cambiamenti. Obiettivi:caratterizzazio ne ecologica e stima del valore naturalistico dei siti di campionamento (oasi), l’identificazione tassonomica specie presenti, valutazione delle la Farfalla notturna dell’area alpina R. Caliari dell’incidenza di specie termofile favorite dal riscaldamento climatico, la stima dei flussi migratori ed l’individuazione di eventuali elementi alloctoni. Oasi coinvolte: Macchiagrande, Padule di Orti-Bottagone, Bosco di Vanzago, Valtrigona, Le Cesine, Monte Arcosu, Saline di Trapani e a breve anche la Riserva naturale di Capo Rama. Azione 5 Specie Aliene Negli ultimi mesi è stato effettuato il primo censimento di specie aliene e/o invasive presenti nelle 40 oasi gestite dalla WWF Oasi. Basato su osservazioni e conoscenze il censimento ha rilevato i seguenti (parziali) risultati: → Flora: 37 specie → Fauna: 13 specie Il progetto prevede un approfondimento delle conoscenze e l’attivazione di attività di controllo (come già avviene per esempio per il gambero della Louisiana) Azione 6 Stazioni ornitologiche Anche gli uccelli rappresentano Migliarino di Palude Foto: T. Menegozzo importanti indicatori a livello ecologico. Inoltre gli uccelli, più di altri animali, suscitano da sempre interesse e attrazione a livello di conoscenza e osservazione. Proprio per questo sugli uccelli esistono serie di studi che vanno molto indietro nel tempo e che sono utilizzabili per trarne indicazioni di carattere ecologico e sugli effetti da cambiamenti climatici. E’ in corso di definizione la collaborazione con ISPRA per l’organizzazione di stazioni di inanellamento in alcune oasi, tra cui: Persano, Ripa Bianca, Valmanera, Orbetello, Pignola, Orti Bottagone. Le prime stazioni saranno operative nelle prossime settimane. L’assorbimento di carbonio nelle Oasi Da gennaio è stato avviato in collaborazione con esperti dell’Università della Tuscia il progetto per la determinazione della capacità di assorbimento di carbonio da parte della biomassa forestale delle Oasi. Anche se a livello globale i principali serbatoi di carbonio sono rappresentati dagli oceani, i suoli costituiscono la importante più riserva temporanea di carbonio degli ecosistemi terrestri (Lal et al., 1995). Per quanto riguarda la biomassa vegetale è stato recentemente Bosco di Valtrigona, Foto: F. Marcone dimostrato che le superfici forestali sono quelle con il più alto potenziale di mitigazione delle CO2 atmosferica data la loro elevata capacità di sequestrare anidride carbonica dall’atmosfera attraverso il processo fotosintetico (Smith et al., 2000). Pertanto, suoli (seminativi e pascoli) e foreste presentano interessanti opportunità per conservare e sequestrare il carbonio negli ecosistemi terrestri. L’obiettivo generale del progetto è quello di realizzare il bilancio del carbonio (emissioni meno assorbimenti) del sistema Oasi tenendo conto del suo Land use. A tal fine per le categoria dei carbon sinks forestali e delle grassland saranno applicate le metodologie elaborate dall’IPCC (2003, 2006), ufficialmente riconosciute in ambito internazionale per la redazione annuale degli inventari nazionali dei Paesi che hanno ratificato il Protocollo di Kyoto. I risultati attesi sono: - messa a sistema delle conoscenze acquisite sulla problematica al fine di quantificare la capacità della biomassa e dei suoli di accumulare carbonio e contribuire alla riduzione delle emissioni dei gas serra - definizione di un modello che favorisca il trasferimento delle conoscenze acquisite a livello del caso studio anche ad altre aree protette. Il modello sarà validato prevedendo la stesura di linee guida operative per il caso di studio individuato. La sua valenza è da intendersi non soltanto in termini di carbon sink, ma anche in termini di benefici economici a questo connessi. Il progetto è già operativo. Centro Dimostrativo sui gas serra E’ in fase di allestimento la stazione di rilevamento del “respiro del bosco”, presso l’Oasi di Alviano, una struttura dedicata alla misurazione dei gas serra. Il funzionamento della stazione e il flusso dei dati ha anche una valenza didattica: questi infatti vengono trasmessi e proiettati in una struttura adibita al passaggio e alla sosta dei visitatori. E’ in corso l’allestimento della torre. L’inaugurazione è prevista entro maggio. Il Centro è curato dall’Università della Tuscia con la collaborazione di WWF Oasi. (a cura di Carlotta Maggio, Francesco Marcone, Barbara Mariotti, Antonio Canu)