Propriet`a degli spazi di funzioni continue

annuncio pubblicitario
Proprietà degli spazi di funzioni continue
Denis Nardin
February 26, 2009
Questa vuole essere una breve rassegna delle principali proprietà delle funzioni continue tra spazi topologici. Il primo paragrafo sarà dedicato allo studio
della struttura di spazio topologico che viene solitamente data alle funzioni
continue, quella della topologia dei compatti aperti. Il secondo paragrafo caratterizzerà in alcuni casi particolarmente importanti i sottospazi compatti degli
spazi di funzioni continue, in particolare usando il teorema di Ascoli Arzelà. Il
terzo paragrafo infine sarà dedicato alla dimostrazione del celebre teorema di
Stone Weierstrass, teorema di grande uso e che purtroppo è spesso trascurato
dai corsi introduttivi.
1
Una topologia su C 0 (X, Y )
Siano X, Y spazi topologici. Consideriamo i sottoinsiemi di C 0 (X, Y ) definiti
da
V (K, A) = {f ∈ C 0 (X, Y ) | f (K) ⊆ A}
per tutti i sottoinsiemi compatti K di X e i sottoinsiemi A aperti di Y .
Consideriamo ora la famiglia F delle topologie di C 0 (X, Y ) che contengono
tutti i V (K, A) per K compatto e A aperto. F è non vuota, perchè contiene
almeno la topologia discreta. Sia
\
τ=
ν
ν∈F
Questa, come si può facilmente verificare, è una topologia su C 0 (X, Y ). Anzi è
la più piccola topologia (rispetto all’ordine parziale di inclusione) che contiene
tutti i V (K, A) come aperti (topologia generata dai V (K, A)). Viene chiamata
topologia dei compatti aperti sullo spazio di funzioni C 0 (X, Y ) ed è, in un certo
senso, l’estensione naturale delle topologie di X e Y a C 0 (X, Y ).
Osservazioni Una famiglia di aperti {Ai }i∈I tale che la più piccola topologia che la
contiene è la topologia dello spazio è detta sottobase per quella topologia. Questo è un
concetto analogo a quello di base, ma più debole, e per alcuni punti di vista più versatile. È
facile dimostrare che se {Ai }i∈I è una sottobase, la famiglia
B = {Ai1 ∩ · · · ∩ Ain | i1 , . . . , in ∈ I}
delle intersezioni finite degli Ai , è una base.
1
La cosa carina delle sottobasi è che sono sufficienti per verificare la continuità di una
funzione. In particolare, se {Ai }i∈I è una sottobase per uno spazio topologico Y e f : X → Y
è un’applicazione tra spazi topologici, allora f è continua se e solo se f −1 (Ai ) è aperto per
ogni i ∈ I. Questo si può vedere facilmente, in quanto se Ai1 ∩ · · · ∩ Ain è un aperto della
base generata dalla sottobase, vale
f −1 (Ai1 ∩ · · · ∩ Ain ) = f −1 (Ai1 ) ∩ · · · ∩ f −1 (Ain )
e quindi è aperto, perchè intersezione finita di aperti.
Cerchiamo ora di trovare dei casi concreti “facili” della topologia dei compatti aperti, in modo da capire un po’ meglio cosa sia.
Proposizione 1.1 Sia Y uno spazio topologico e X = {0, . . . , n − 1} uno
spazio discreto con n elementi. Allora C 0 (X, Y ) è omeomorfo a Y n .
Dim:
Osserviamo per cominciare che, poichè X è uno spazio discreto, tutte le funzioni
da X a Y sono continue. Consideriamo ora l’ovvia biiezione ϕ : C 0 (X, Y ) → Y n
definita da
ϕ(f ) = (f (0), . . . , f (n))
e facciamo vedere che è un omeomorfismo.
• ϕ è continua Sia Ω = A0 × · · · × An−1 un aperto di base per Y n , dove
A1 , . . . , An sono aperti di Y . Allora la controimmagine ϕ−1 (Ω) è costituita
da quelle f tali che f (i) ∈ Ai per ogni i = 0, . . . , n − 1. Cioè
ϕ−1 (Ω) = V ({0}, A0 ) ∩ · · · ∩ V ({n − 1}, An−1 )
e quindi poichè {0}, . . . , {n − 1} sono compatti, abbiamo che ϕ(Ω) è un
aperto.
• ϕ−1 è continua Per l’osservazione è sufficiente verificarlo sulla sottobase
dei V (K, A). Fissiamo quindi K compatto in X e A aperto in Y . Ma
i compatti di uno spazio discreto sono esattamente gli insiemi finiti di
punti. Infatti sia K un compatto in X. Allora la famiglia {{x} | x ∈ K}
è un ricoprimento aperto che non ammette sottoricoprimenti, e quindi
deve essere finito. Senza perdita di generalità sia K = {0, . . . , k}. Allora
V (K, A) è costituito da tutte le f continue tali che f (0), . . . , f (k) ∈ A.
Ma allora ϕV (K, A) è dato dalle n-uple (x0 , . . . , xn−1 ) tali che xi ∈ A per
ogni i = 0, . . . , k. Cioè
ϕV (K, A) = A0 × · · · × An−1
dove Ai = A per i = 0, . . . , k e Ai = Y per i = k + 1, . . . , n − 1. Ma questo
è un aperto e questo conclude la dimostrazione.
Proposizione 1.2 Sia K uno spazio topologico compatto e Y uno spazio
metrico. Allora la topologia dei compatti aperti è metrizzabile, con metrica
d(f, g) = max d(f (x), g(x))
x∈K
2
(in questo caso la topologia dei compatti aperti viene detta topologia della convergenza uniforme).
Dim:
È chiaro dalla definizione che d è una metrica su C 0 (K, Y ). Sia µ la topologia
dei compatti aperti e τ la topologia indotta da d.
• τ ⊇ µ Osserviamo che, poichè i V (K1 , A1 ) formano una sottobase, è
sufficiente far vedere che V (K1 , A1 ) è aperto per la metrica. Sia quindi
V (K1 , A1 ) e f un punto di esso. Per ogni x ∈ K1 ora, f (x) ∈ A1 e perciò,
poichè A1 è aperto, esiste un rx tale che B(f (x), rx ) ⊆ A1 . Inoltre, poichè
f è continua per ogni x esiste un Ux intorno aperto di x tale che per ogni
y ∈ Ux
d(f (x), f (y)) < rx /2
Allora {Ux }x∈K è un ricoprimento aperto di K. Estraiamone un sottoricoprimento finito Ux1 , . . . , Uxn . e poniamo
r=
1
min(rx1 , . . . , rxn )
2
Allora B(f, r) ⊆ V (K1 , A1 ). Infatti, se g è una funzione tale che per ogni
x ∈ K si ha che d(f (x), g(x)) < r, abbiamo che per ogni x ∈ K1 , esiste un
Uxi che lo contiene. Allora
|g(x) − f (xi )| ≤ |g(x) − f (x)| + |f (x) − f (xi )| ≤ r + rxi /2 ≤ rxi
e perciò per ogni x ∈ K1 abbiamo che g(x) ∈ B(f (xi ), rxi ) ⊆ A1 , cioè
g(K1 ) ⊆ A1 .
• µ ⊇ τ Per far vedere questo, è sufficiente mostrare che per ogni f e per
ogni r > 0, abbiamo che esiste un intorno aperto A di f nella topologia µ contenuto nella palla B(f, r). Ora, per ogni x ∈ K, consideriamo
Ux = f −1 B(f (x), r/3). Come al solito gli Ux formano un ricoprimento
aperto, da cui possiamo estrarne un sottoricoprimento finito Ux1 , . . . , Uxn .
Consideriamo ora per ogni i = 1, . . . n
Ki = f −1 B(f (xi ), r/3)
Osserviamo che per ogni i Ki ⊇ Uxi e di conseguenza formano ancora
un ricoprimento finito di K. Inoltre essendo chiusi e sottospazi di un
compatto sono compatti. Definiamo ora
Ai = B(f (xi ), r/2)
Sia quindi
Ω=
n
\
i=1
3
V (Ki , Ai )
aperto di µ. Vogliamo far vedere che f ∈ Ω e che Ω ⊆ B(f, r). Che f ∈ Ω
è ovvio, infatti per ogni i
∀x ∈ Ki |f (x) − f (xi )| ≤ r/3 < r/2
Cioè f (Ki ) ⊆ Ai , che implica f ∈ V (Ki , Ai ).
Sia ora g ∈ Ω. Per ogni x ∈ K esiste un Ki 3 x. Allora
|g(x) − f (x)| ≤ |g(x) − f (xi )| + |f (xi ) − f (x)| ≤ r/2 + r/3 < r
Cioè per ogni x ∈ K |g(x) − f (x)| < r, cioè g ∈ B(f, r), cioè Ω ⊆ B(f, r).
Osservazioni La proposizione precedente non è l’unico caso in cui C 0 (X, Y ) è metrizzabile. Infatti prendiamo Y metrico e supponiamo che in X esista una successione
S esaustiva
di compatti, cioè una successione {Kn } di compatti tali che Kn ⊆ K̊n+1 e che Kn = X.
Allora C 0 (X, Y ) è metrizzabile. Infatti se si pone per ogni n dn (f, g) = maxx∈Kn d(f, g)
possiamo definire la seguente distanza
d(f, g) =
X
2−n
n≥0
dn (f, g)
1 + dn (f, g)
Lasciamo per esercizio al lettore la dimostrazione che tale distanza induce effettivamente la
topologia dei compatti aperti.
2
Criteri di compattezza
Ora che abbiamo una topologia sullo spazio delle funzioni continue, possiamo
cominciare a studiarla da un punto di vista, per cosı̀ dire, “geometrico”. In
particolare è interessante e spesso utile descrivere i sottospazi compatti. Questo
è reso possibile per una vasta classe di spazi, grazie al teorema di Ascoli-Arzelà
di cui qui riporteremo una versione molto generale, sebbene non la più generale
possibile. Per poter enunciare il teorema abbiamo però bisogno delle definizioni
di alcune proprietà di sottospazi di C 0 (X, Y )
♠Definizione 2.1 Sia Y uno spazio metrico. Un sottoinsieme F di C 0 (X, Y )
si dice equicontinuo1 se per ogni x ∈ X e ogni ε > 0, esiste un intorno U di x
tale che
∀f ∈ F d(f (x), f (y)) < ε
♠Definizione 2.2 Un sottoinsieme F di C 0 (X, Y ) si dice puntualmente
relativamente compatto se per ogni x ∈ X l’insieme
F(x) := {f (x) | f ∈ F}
è relativamente compatto in Y .
1 Questa non è la più generale definizione di equicontinuità, che è definibile anche se Y non
è metrizzabile. Poichè però tale definizione è estremamente tecnica e molto poco intuitiva, e
per di più non serve per la versione che dimostreremo di Ascoli-Arzelà, la ometteremo
4
A questo punto possiamo finalmente classificare tutti i sottospazi compatti
di C 0 (X, Y ) se X è compatto e Y è metrizzabile. Questa classificazione è importante, perchè tutte le verifiche da fare sono, per cosı̀ dire, locali. Le condizioni
che imporremo infatti, riguardano il comportamento delle funzioni della famiglia
in un intorno di ogni punto. Questo semplifica enormemente l’applicabilità di
questo criterio.
♣Teorema 2.1 (Ascoli-Arzelà) Sia K uno spazio topologico compatto e sia
Y uno spazio metrico. Consideriamo C 0 (K, Y ) con la topologia dei compatti
aperti. Allora un sottospazio F di C 0 (K, Y ) è compatto se e solo se è chiuso,
equicontinuo e puntualmente relativamente compatto.
Dim:
Osserviamo per cominciare che poichè K è compatto e Y è metrico, C 0 (K, Y ) è
metrizzabile e completo come spazio metrico. (⇒) Poichè F è compatto in uno
spazio metrico, è sicuramente chiuso e totalmente limitato. Inoltre poichè Y è
metrico per ogni x ∈ K è sufficiente mostrare che F(x) è totalmente limitato.
Ma questo è ovvio, perchè lo è F, infatti per ogni ε > 0 esistono g1 , . . . , gn ∈ F
tali che
n
[
F⊆
B(gj , ε)
j=1
Ma allora
F(x) ⊆
n
[
B(gj (x), ε
j=1
Rimane da dimostrare solo che F è equicontinuo. Fissiamo x ∈ K e ε > 0.
Poichè F è totalmente limitato possiamo ricoprirlo con palle di raggio ε/3, cioè
F⊆
m
[
B(hj , ε/3)
j=1
Inoltre poichè le hj sono continue, per ogni j esiste Uj intorno aperto di x tale
che
∀y ∈ Uj d(gj (x), gj (y)) < ε/3
Poniamo allora
U=
m
\
Uj
j=1
che è ancora un intorno aperto di x. Allora per ogni f ∈ F esiste un k tale che
f ∈ B(hk , ε/3). Perciò
∀y ∈ U d(f (y), f (x)) ≤ d(f (y), gk (y)) + d(gk (y), gk (x)) + d(gk (x), f (x)) <
< ε/3 + ε/3 + ε/3 = ε
che è la tesi.
(⇐) Dato che F ⊆ C 0 (K, Y ) è metrizzabile e per mostrare che è compatto
è sufficiente mostrare che è completo e totalmente limitato. Poichè C 0 (K, Y ) è
5
completo e F è chiuso, anche F è uno spazio completo. Quindi è sufficiente far
vedere che è totalmente limitato. Sia fissato ε > 0. Allora, per l’equicontinuità,
per ogni x ∈ K esiste un Ux intorno aperto di x tale che
∀y ∈ U d(f (x), f (y)) < ε/3
Ma allora {Ux }x∈K è un ricoprimento aperto di K e per la compattezza possiamo
scegliere un sottoricoprimento finito Uz1 , . . . , Uzn . Consideriamo l’insieme
A = {(f (z1 ), . . . , f (zn )) ∈ Y n | f ∈ F}
Questo, per ipotesi, è contenuto in F(z1 ) × · · · × F(zn ) che è prodotto di spazi
relativamente compatti, e quindi è relativamente compatto. Quindi A (contenuto in Y n , che è metrizzabile) è totalmente limitato e possiamo trovare
g1 , . . . , gm ∈ F tali che
A⊆
m
[
B((gj (z1 ), . . . , gj (zn )), ε/3)
j=1
Se riusciamo a dimostrare che
F⊆
m
[
B(gj , ε)
j=1
abbiamo vinto. Ma infatti, per la totale limitatezza di A, per ogni f ∈ F possiamo trovare un k tale che la distanza tra (f (z1 ), . . . , f (zn )) e (gk (z1 ), . . . , gk (zn ))
sia minore di ε/3. Ma questo vuol dire che
∀j = 1 . . . n d(f (zj ), g(zj )) < ε3
Vogliamo ora mostrare che la distanza tra f e gk è minore di ε. Infatti per ogni
x ∈ K esiste un Uzj che lo contiene, perciò
d(f (x), gk (x)) ≤ d(f (x), f (zj )) + d(f (zj ), gk (zj )) + d(g(zj ), g(x))
< ε/3 + ε/3 + ε/3 = ε
per l’equicontinuità.
Osservazioni È possibile generalizzare ancora la versione del teorema di Ascoli Arzelà
qui riportata. Infatti, sia X uno spazio con una successione esaustiva di compatti {Kn } e Y
uno spazio metrico. Se F è un sottospazio di C 0 (X, Y ) equicontinuo, puntualmente relativamente compatto e chiuso, allora è compatto. Infatti, poichè C 0 (X, Y ) è metrizzabile (vedi
l’osservazione finale del paragrafo precedente), basta dimostrare che è sequenzialmente compatto. Sia quindi {fn } ⊆ F una successione. È possibile definire ricorsivamente una famiglia
(0)
numerabile di successioni in questo modo: sia fn la sottosuccessione di fn convergente in
(k)
(k+1)
la sottosuccessione di fn convergente in Kk+1 . Si può far vedere facilmente che
K 0 e fn
(k)
fk è una sottosuccessione di fn convergente in C 0 (X, Y ).
6
3
Il teorema di Stone-Weierstrass
♠Definizione 3.1 Si dice che un sottoinsieme F di C 0 (X, R) separa i punti se
per ogni x, y ∈ X esiste una f ∈ F tale che f (x) 6= f (y).
♠Definizione 3.2 Si dice che un sottoinsieme F di C 0 (X, R) non si annulla
mai se per ogni x ∈ X esiste una f ∈ F tale che f (x) 6= 0.
♣Teorema 3.1 (Stone-Weierstrass) Sia K uno spazio topologico compatto
e sia F una sottoalgebra di C 0 (K, R) che non si annulla mai e che separa i punti.
Allora F è densa in C 0 (K, R).
Dim:
Per dimostrare questo teorema avremo bisogno di numerosi lemmi.
Passo 1: Sia M > 0 un numero reale. Allora esiste una successione di
polinomi pn tali che
pn (y) → |y|
uniformemente su [−M, M ].
Dim:
√
Fissiamo n ∈ N. Per ogni σ > 0 consideriamo la funzione fσ (x) = σ 2 + x2 .
Allora per ogni y ∈ [−M, M ]
|fσ (y) − |y|| =
p
σ2 + y2 − y2
σ2
σ 2 + y 2 − |y| = p
≤ √
2 σ2 + M 2
σ 2 + y 2 + |y|
Perciò è possibile trovare una successione σn tale che |fσn (y) − |y|| ≤ 1/2n per
ogni y in [−M, M ]. Però le fσ sono analitiche per ogni σ e perciò è possibile
trovare per ogni n > 0 un polinomio (un troncamento opportuno della serie di
Taylor) pn per cui
∀y ∈ [−M, M ] |pn (y) − fσn (y)| <
1
2n
Ma allora
∀y ∈ [−M, M ] |pn (y) − |y|| ≤ |pn (y) − fσn (y)| + |fσn (y) − |y|| <
1
1
1
+
<
2n 2n
n
che è la tesi.
Passo 2 Sia F come dalle ipotesi del teorema. Allora per ogni f, g ∈ F
anche max(f, g) e min(f, g) stanno in F
Dim:
Dimostriamo prima che se f ∈ F allora ci sta anche |f |. Infatti sia M =
maxx∈K |f (x)|. Osserviamo che il massimo esiste perchè K è compatto. Allora dal lemma precedente esiste una successione di polinomi pn che converge
uniformemente alla successione valore assoluto su [−M, M ]. Ma allora la successione {pn f } di funzioni di F converge uniformemente su K a |f |, perciò
|f | ∈ F.
Da questo la tesi segue facilmente. Infatti per ogni f, g
max(f, g) =
f + g + |f − g|
2
min(f, g) =
7
f + g − |f − g|
2
Passo 3 Sia F come dalle ipotesi del teorema. Allora per ogni coppia di
punti x1 , x2 ∈ K e per ogni c1 , c2 ∈ R esiste una f ∈ F tale che f (x1 ) = c1 e
f (x2 ) = c2 .
Dim:
Per le ipotesi esiste g ∈ F tale che g(x1 ) 6= g(x2 ) e h1 , h2 tali che h1 (x1 ) 6= 0 e
h2 (x2 ) 6= 0. Allora consideriamo le funzioni di F
u1 (x) = g(x)h1 (x) − g(x1 )h1 (x) u2 (x) = g(x)h2 (x) − g(x2 )h2 (x)
Osserviamo che le funzioni h1 , h2 sono essenziali nella definizione delle funzioni
u1 , u2 perchè non è detto che la funzione g(x) − g(x1 ) stia effettivamente in F
(non sappiamo se la nostra algebra contiene le costanti!!!). Ora, sappiamo che
u1 (x1 ) = u2 (x2 ) = 0 e inoltre u1 (x2 ) 6= 0 e u2 (x1 ) 6= 0. Quindi la funzione
f (x) = c1
u1 (x)
u2 (x)
+ c2
u2 (x1 )
u1 (x2 )
è ben definita e sta in F. Inoltre sostituendo si vede immediatamente che
soddisfa la tesi.
Passo 4 Sia F come dalle ipotesi del teorema e sia f ∈ C 0 (K, R), ε > 0.
Allora esiste g ∈ F tale che
∀x ∈ K |g(x) − f (x)| < ε
Dim:
Fissiamo x ∈ K. Allora per il passo precedente per ogni y ∈ K esiste una hy ∈ F
tale che hy (x) = f (x) e hy (y) = f (y). Poichè le hy sono funzioni continue, per
ogni y ∈ K esiste Uy intorno aperto di y tale che
∀t ∈ Uy hy (t) > f (t) − ε
Allora {Uy }y∈X è un ricoprimento aperto di K. Per la compattezza di K ne
possiamo estrarre un sottoricoprimento finito Uy1 , . . . , Uyn . Prendiamo la funzione
gx (t) = max(hy1 (t), . . . , hyn (t))
Osserviamo che poichè F è chiusa per l’operazione di prendere il massimo, gx ∈
F per tutti gli x ∈ K. Inoltre gx (x) = f (x) e gx (t) > f (t) − ε per costruzione.
Poichè gx (x) = f (x) e la funzione gx − f è continua, esiste per ogni x ∈ K
un intorno Vx di x tale che
∀t ∈ Vx gx (t) < f (t) + ε
Ma allora {Vx }x∈K è un ricoprimento aperto di K. Ne estraiamo un sottoricoprimento finito Vx1 , . . . , Vxm . Finalmente definiamo
g(t) = min(gx1 (t), . . . , gxm )
8
Osserviamo ancora una volta che g ∈ F. Inoltre
∀t ∈ K f (t) − ε < g(t) < f (t) + ε
per costruzione. Quindi la nostra g soddisfa la tesi.
È facile osservare ora che il passo 4 implica immediatamente la tesi del
teorema.
♠Definizione 3.3 Un sottoinsieme F di C 0 (X, C) si dice autoaggiunto se
f ∈ F implica f¯ ∈ F.
♣Teorema 3.2 (Stone-Weierstrass, versione complessa) Sia K uno spazio
topologico compatto e sia F una sottoalgebra di C 0 (K, C) che separa i punti,
che non si annulla mai e autoaggiunta. Allora F è densa in C 0 (K, C).
Dim:
Osserviamo che, poichè F è autoaggiunta, f sta in F se e solo se ci stanno Ref
e Imf . Infatti
f − f¯
f + f¯
Imf =
Ref =
2
2i
perciò prendiamo l’algebra costituita dalle parti reali e dalle parti immaginarie
delle funzioni di F. Questa è una sottoalgebra di C 0 (K, R) che non si annulla
mai e che separa i punti (perchè cosı̀ era F). Quindi è densa in C 0 (K, R).
Ma allora C 0 (K, R) sta in F. Quindi, poichè F è un algebra e una funzione a
valori complessi è continua se e solo se lo sono la sua parte reale e la sua parte
immaginaria abbiamo la tesi.
4
Applicazioni
♣Teorema 4.1 (Weierstrass) Sia D un dominio del piano, C 0 (D, C) lo spazio
delle funzioni continue da D a C e O il sottospazio delle funzioni olomorfe da
D a C. Allora O(D) è chiuso in C 0 (D, C)
Dim:
Poichè C(D) è metrizzabile (ogni dominio del piano ha una successione esaustiva
di compatti), è sufficiente dimostrare che il limite di una successione convergente
{fn } di funzioni olomorfe è olomorfo. Sia f tale limite. Per ogni γ curva chiusa
in D vale che
Z
fn (ζ)dζ = 0
γ
per tutti gli n ∈ N. Ma poichè f converge uniformemente su ogni compatto,
e quindi in particolare uniformemente sull’immagine di γ, possiamo passare al
limite sotto il segno di integrale e ottenere
Z
f (ζ)dζ = 0
γ
Poichè questo vale per ogni curva chiusa γ in D, per il teorema di Morera la
funzione f è olomorfa.
9
♣Teorema 4.2 (Montel) Un sottoinsieme F di O(D) dove D è un dominio
del piano complesso è compatto se e solo se è chiuso e limitato.
Dim:
È sufficiente far vedere che F è compatto in C 0 (D, C). Poichè O(D) è chiuso, F
è chiuso in C 0 (D, C). Inoltre è puntualmente relativamente compatto, perchè è
limitato, e perciò per ogni x ∈ D l’insieme
{f (x) | f ∈ F}
è limitato in C e perciò relativamente compatto. Per applicare il teorema di
Ascoli-Arzelà è sufficiente far vedere che è equicontinuo. Sia quindi
M = sup{f (x)|f ∈ F, x ∈ D}
che per ipotesi è un numero reale. Allora, per ogni f ∈ F
sup |f 0 (x)| ≤
x∈D
M
diam(D)
per le stime di Cauchy, dove diam(D) è il diametro di D, maggiore di 0 perchè D
contiene almeno due punti. Ma allora le derivate delle funzioni in F sono equilimitate, e perciò le funzioni di F sono equilipschitziane e quindi equicontinue.
Quindi, applicando il teorema di Ascoli-Arzelà, concludiamo.
♣Teorema 4.3 (Convergenza delle serie di Fourier)
10
Scarica