6 www.cronachesalerno.it La voce delle scuole SPAZIO AUTOGESTITO Lunedì 27 febbraio 2017 progetto a cura di NICOLA CASTORINO LICEO SCIENTIFICO "A. GENOINO" / Via Ernesto Di Marino, 12 - Cava de' Tirreni (SA) Tel. e Fax 089 46 44 59 / www.agenoinoliceoscientifico.gov.it / E-mail: [email protected] LA NOTA di Nicola Castorino Bentornati ai liceali dello Scientifico “Genoino” di Cava de’ Tirreni. Eccoli, di nuovo tra le nostre pagine a rivolgere il loro interesse al nostro progetto formativo. La loro presenza rappresenta, per noi osservatori, un positivo segnale di crescita e di riconoscimento all’attenzione che rivolgiamo al mondo della scuola, il luogo dove stanno per formarsi le future risorse della nostra società. Oggi registriamo le emozioni dei giovani, quando, preoccupati, ci parlano dei luoghi di “guerra”; ma c’è anche chi continua ad interrogarsi sul valore della “Guerra, pericolo, fuga” di Chiara Spatuzzi - I C “Guerra, pericolo, fuga”. Tre parole che continuo a sentire, ho paura, ma nessuna lo nota; non sono stupido, so cosa sta accadendo. Nel mio paese c’è la guerra, i miei genitori continuano a prendere cose dentro casa per scappare, vogliono salvarmi, dicono che andrà tutto bene, ma so che un viaggio del genere talvolta può finire male. La vita non la controlliamo noi, c'è qualcuno, lassù, che decide quando mettere fine a tutto. Siamo in viaggio per salvarci su una barca colma di persone. Il mare è spaventoso ed è notte, ho davvero timore di quello che può ac- cadere, ma resto qui in silenzio a scrivere. Non sono un bambino come tanti, io amo leggere e scrivere, la povertà non mi permette di acquistare tanti libri e così li scrivo io, scrivo storie da leggere e rileggere perché leggendo sto meglio. Ci sono persone che piangono con la paura negli occhi, paura del destino, paura di morire, ed io sono una di loro. Il mare si sta calmando, tutti dicono che manca poco, mamma mi ha detto “Tra poco continueremo a vivere”, ma lo dice ormai da ore, non le credo più. Sto piangendo anch'io ora, ho visto mio padre annegare, ho cercato di fare il possibile, ma mamma non ha voluto che mi buttassi, ed ora paura e tristezza mi stanno uccidendo. “Il futuro appartiene a coloro che sanno qual è il loro posto”, io so qual è il mio posto, ma ho paura di non arrivarci vivo. Tutti urlano “Terra”, forse ci stiamo davvero avvicinando alla salvezza. Siamo su una spiaggia e anche se piango ancora per il mio papà, sono felice d’esser vivo. Ci hanno fatto salire su un treno e finalmente so che siamo salvi. Ed ora sono qui a scrivere la fine della mia storia, sto studiando per diventare uno scrittore, mamma sta bene, lavora, e anche se siamo senza papà, ci facciamo forza e continuiamo il nostro percorso chiamato “Vita”. Chi è Moana? di Claudia Sessa - VC La collezione dei classici di casa Disney si è arricchita di una nuova storia, quella di Moana di Motunui, eroina dell’omonimo cartone animato. Distribuita negli Stati Uniti a Novembre 2016, è approdata nei cinema italiani il 22 Dicembre: cinquantaseiesimo della serie dei classici, “Oceania”, questo è il titolo italiano, è il primo film Disney ad essere stato completamente animato al computer, ad eccezione di qualche dettaglio, ed il secondo che presenta una protagonista di origine polinesiana dopo Lilo & Stich. Un film che ha incassato 511 milioni di dollari, candidato ai premi Oscar, Golden Globe, Annie Awards e BAFTA... ma cosa lo rende così speciale? Facciamo un passo indietro. Negli anni Novanta, la Disney ha creato il media franchise “Disney Princess” (Principesse Disney) per valorizzare alcune delle protagoniste femminili dei suoi cartoni animati. Dal 2015 le principesse inserite nel franchise sono diventate undici: Biancaneve, Cenerentola, Aurora, Ariel, Belle, Jasmine, Pocahontas, Mulan, Tiana, Rapunzel e Merida, tutte accomunate dal desiderio di inseguire i propri sogni. Oggi è agghiacciante pensare che la maggior parte delle storie si conclude con un matrimonio felice, col trionfo dell’amore e, quasi sempre, con l’appiattimento della figura femminile. La donna casalinga, concentrata solo sui propri sogni (“desideri di felicità”, come recita la famosa colonna sonora di Cenerentola), ma incapace di agire, fedele alla legge del “sogna e spera fermamente, dimentica il presente e il sogno realtà diverrà”, è, insomma, l’emblema delle principesse del franchise, un emblema che poteva essere adatto al XX secolo, ma che, certamente, non rappresenta il XXI. Le ultime pellicole, del franchise e non, mostrano, però, segni di svolta: è evidente come l’evoluzione della concezione della figura femminile nella società si sia proiettata anche sugli schermi cinematografici. La donna del 2017 è fragile, come le prime principesse Disney, ma calata in una realtà in cui, per realizzare i propri sogni, c’è bisogno di impegno e determinazione; capace di inserirsi in un mondo che, putroppo, checché se ne dica, è ancora prevalentemente maschile, ma consapevole che l’amore può solo completare una vita in cui non basta più sognare il principe azzurro per essere felici. E Moana di Motunui rappresenta proprio questo: ha e dimostra di avere sedici anni, il suo fisico è invidiabile, ma non perfetto, ha un vestito e un animale per aiutante, ma non per questo vuole essere considerata una principessa. Il suo obiettivo va oltre la ricerca dell’amore, ciò che Moana desidera è ritrovare se stessa, scoprire chi è veramente. La sete di conoscenza e la determinazione sono le caratteristiche principali di questa eroina che, dimostrando di essere autosufficiente e abile nel gestire qualunque tipo di situzione, dovrebbe ispirare la futura generazione di adulti. Si è parlato di eccessivo femminismo da parte della Disney, non riuscendo a comprendere che ancora oggi è necessario spronare le donne all’indipendenza e all’autodeterminazione... e chi meglio di una pseudo-principessa in un film d’animazione può caricarsi di questo nobile compito? Non si tratta di strumentalizzazione, ma semplicemente di necessità. Moana è speciale perchè è l’immagine di tutte le donne moderne che, imparando dal passato, riescono a costruire un futuro nuovo per loro stesse e per chi amano. Donne che indipendentemente riconoscono le barriere e hanno il coraggio di superarle. Donne non esteriormente impeccabili, senza abiti lussuosi e castelli favolosi, ma dotate di un’intraprendenza che permette loro di dimostrare che non è necessario sposare principi per essere principesse. Like o no? di Maria Giovanna Memoli - III C Molto tempo fa, in un’epoca completamente diversa da quella odierna, chiunque avesse avuto la possibilità e il privilegio di saper leggere e scrivere, era considerato una persona colta e, soprattutto, molto fortunata, poiché la maggior parte della gente versava in una condizione di estrema ignoranza, se non nell’analfabetismo totale, purtroppo. E, adesso, che fine ha fatto quella cultura che molte persone hanno sempre desiderato, ma che non hanno mai potuto realmente avere? Se, un tempo, la società era divisa in analfabeti ed intellettuali, adesso si ritrova scissa tra “like” e “non like”; due fazioni apparentemente opposte, ma che, invece, vengono entrambe controllate da un semplice “clic” del cellulare, che controlla, a sua volta, il mondo e cambia costantemente una parte del suo passato, basato sul desiderio di cultura. È impensabile come le cose si siano potute così drasticamente capovolgere, tanto da ridurre il numero di persone che ancora nascondono la passione per la lettura. Mondi fantastici e pieni di magia, amori travolgenti che lasciano senza fiato, personaggi perfetti nella loro imperfezione e tanta voglia di conoscenza: ecco cos’è un libro, il viaggio di una persona che non può prendere il treno o l’aereo. È un viaggio diverso, irreale e al contempo reale, poiché una storia, anche la più triste o la più fantasiosa che si possa immaginare, può cambiare le persone, far vedere il mondo con occhi diversi, dare insegnamenti, perché conoscere il punto di vista di un’altra persona non è altro che l’ennesimo pezzo di un puzzle che compone la propria cultura, e, se è vero che i libri sono il cibo della mente, allora sarà meglio iniziare una nuova storia e, chissà, forse la lettura tornerà ad affascinare di nuovo con le sue incredibili sorprese e colpi di scene che “i nativi digitali” sembrano aver dimenticato, perché “il tempo per leggere dilata il tempo per vivere” (Daniel Pennac). “filosofia”, ma non solo. Si spazia dalle tematiche e dagli interessi del quotidiano. La voglia del carnevale e le fantastiche avventure di Disney. Non mancano riflessioni sull’uso del cellulare o critiche a scrittori ed a film che trattano il tema dell’amore, definito “il motore dell’esistenza umana”. Ma c’è anche chi, con lo stesso impegno, esalta le sfide calcistiche o ci racconta della propria disciplina sportiva. Insomma, ce n’è per tutti i gusti ed i nostri lettori sapranno apprezzare ed interessarsi a quanto prodotto. Parlare o messaggiare… questo è il problema… di Annamaria Rossetti - IIIC Le ere della storia dell'umanità potrebbero riconoscere nel cellulare uno spartiacque tra un "prima" ed un "dopo". Un tempo, quando il cellulare non aveva la diffusione che ha oggi, non esercitava il potere e il fascino a cui nessuno ormai sembra sottrarsi. Prima si parlava sempre, ora si comunica tramite SMS, i dialoghi live sono stati sostituiti dalle comunicazioni scritte su uno schermo: un cuore in bacheca, un like descrive, per molti, ciò che si vuole dire o dimostrare, e il bello è che ormai tutti credono che la comunicazione sia migliorata. Sì, forse lo è, almeno in termini quantitativi: i social, tutti, consentono di ritrovare persone che erano scomparse dal nostro orizzonte conoscitivo, permettono di misurare il nostro indice di popolarità (manco fossimo tutti delle star del cinema o della televisione!), illudono quanti praticano assiduamente il "virtuale" che, a meno che non lo si desideri, nessuno è più solo. Ma si può davvero credere che un cuore o una dedica pubblica possa sostituire una semplice ch iacchierata o un semplice abbraccio? Un abbraccio di conforto sostituito da parole o da un’emoticon, un abbrac- cio di affetto, un abbraccio di amore o un abbraccio semplicemente di empatia… eppure è così bello parlare di persona, raccontare e descrivere quello che si ha dentro. Molti, però, non ci riescono, si sentono al sicuro solo dietro uno schermo, solo lì, protetti dall'impossibilità di scrutarsi negli occhi, ci si sente più se stessi. Purtroppo questa è la realtà: le relazioni umane comportano, fatica, dedizione, cura, TEMPO….ma oggi si corre, e il tempo per fermarsi a chiacchierare non c'è più! Volete mettere quanto sia comodo starsene in pigiama, sciatti, spettinati e "incontrare" amici senza doversi preoccupare del proprio aspetto fisico?...forse è comodo, sì, molto più facile…ma il bello delle relazioni umane consiste proprio nel donare ciò che di più prezioso ogni essere umano ha, il proprio tempo, altrimenti come far capire a quella persona a cui ci si sta dedicando che è unica, speciale per noi? regaliamo il nostro tempo alle persone importanti, non sprechiamolo fermi dietro un monitor sempre uguale. Riscopriamo la vena romantica che è in ognuno di noi: siamo più concreti invece di essere finti e piatti. Guardaiamo più occhi invece di uno schermo! Carnevale di Sara Siani Chi non ha mai voluto indossare, almeno una volta nella vita, una bella maschera veneziana, o ballare con stravaganti vestiti e lanciare coriandoli, ridendo e scherzando? Questa è l’essenza del Carnevale, festività che cade ogni anno il prima dell’inizio della Quaresima. Ovviamente, il Carnevale ha origini antiche, con un significato diverso rispetto ad oggi. Si torna indietro ai tempo del Medioevo, quando il vero protagonista del Carnevale era la risata e il solo scopo era passare una giornata durante la quale tutti erano liberi di fare ciò che volevano, mangiare quanto volevano e allontanarsi dalla normale quotidianità. Uomini donne e bambini che vivono un giorno alla rovescia, perché il Carnevale era proprio questo, il giorno in cui si attuava “l’abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle regole e dei tabù” (Bachtin,” L’opera di Rabelais e la cultura popolare”), tra giochi e tradizioni, prima di tornare a vivere la loro vita da buoni cittadini. Col passare dei secoli anche altre tradizioni si sono aggiunte, colorando la festa ancora di più e rendendola originale e personale, attraverso le maschere. Da sempre, il pensiero del Carnevale fa nascere un sorriso sulle labbra degli uomini, perché si ha finalmente l’opportunità di essere ciò che veramente si è e come meglio si può.Durante l’ultimo decennio, però, l’idea del Carnevale è cambiata radi- calmente, in positivo e in negativo: se da un lato, oggi, c’è un maggior rispetto delle regole, senza andare oltre ciò che è legale, dall’altro lato, si è persa quella gioia di ridere e ballare e scherzare. L’importante è avere il costume alla moda, partecipare alla festa giusta, quando poi nessun ragazzo si maschera. È come se il Carnevale avesse perso quella caratteristica di spensieratezza e divertimento che lo caratterizzava; è diventato un giorno normale, festeggiato solo dai bambini; per le strada, giusto un selfie per dimostrare di partecipare, ma senza giocare con chi ci sta vicino. A volte, sarebbe semplicemente bello rivivere le tradizioni autentiche delle feste, ricordarne il vero significato, perché, in una società che rincorre il progresso, restare un po’ aggrappati a questi aspetti apparentemente semplici, può salvare dall’oblio. Ma oggi si usano solo maschere con falsi sorrisi, maschere che coprono gli occhi e quello che dicono. Perché il Carnevale, anche se era da pazzi, era sincero ed è chiaro, che con il passare del tempo, sfugga anche l’idea da cui tutto è nato. SPAZIO AUTOGESTITO Lunedì 27 febbraio 2017 La voce delle scuole Incontriamo Valeria Parrella di Vittorio Santoriello V C Continuano gli incontri d’autore al liceo scientifico “A.Genoino” di Cava de Tirreni. “Giornata di scuola autentica”: tale è stata la definizione che la preside del liceo, professoressa Maria Olmina d’Arienzo, ha dato alla presentazione del libro” Storie di amori impossibili (e non solo)”, edito Einaudi, di Valeria Parrella, scrittrice di punta del panorama letterario italiano. Ad accogliere l'autrice, lunedì 13 febbraio nell’auditorium del liceo cavese, numerosi studenti e docenti, i quali hanno animato la giornata. Dopo i saluti di rito del responsabile Einaudi, Claudio Bartiromo, la professoressa Senatore, coordinatrice del progetto “Amico libro Einaudi”, ha definito l'ultima fatica della Parrella come “caratterizzato da pennellate incisive, dove prendono spazio i personaggi, sempre narrati, mai descritti”. A dare il via definitivo alla discussione sono stati alcuni studenti, che hanno espresso profonde riflessioni sul libro, soffermandosi sul tradimento (uno dei temi principali). A seguire, gli alunni delle classi 3C e 4D hanno catturato l’attenzione della platea con la proiezione del book trailer da essi realizzato, colpendo particolarmente la scrittrice che ha manifestato vivo apprezzamento per l’originalità e l’incisività dei lavori rappresentati. Storie di amori declinate nelle più caleidoscopiche sfaccettature: amori verso l’essere umano, la famiglia o un dio, descritti con parole crude e tragiche. Quelle della Parrella sono storie in cui ogni individuo resta coinvolto, come cittadino, coniuge o figlio, senza trovare vie di scampo. Agli otto racconti, ognuno dei quali rivela qualcosa sulla vita, fanno da sfondo le meraviglie paesaggistiche di Napoli, che immortalano aspetti di una realtà mutevole e riscaldano l’animo con le immagini proposte, o anche la sfacciata bellezza della costiera amalfitana che inebria la mente del lettore con il suo profumo di limoni . Il libro si caratterizza per la scrittura carnale, fugace e fluida, fatta di metafore e sinestesie. Le parole feroci, che riflettono esperienze impossibili, divengono il mezzo di denuncia e comunicazione, esprimendo tematiche difficili quali la diversità, la prostituzione e la di Rosaria Santoriello - V C “A cosa serve la filosofia, prof?”. Questa è la domanda che milioni di studenti pongono, o vorrebbero porre, ai loro professori quando si avvicinano allo studio di questa disciplina “astratta”. All’ inizio può sembrare una materia facile, ma, dopo un paio di mesi, quando si inizia a studiare Socrate e poi Platone, diventa sempre più difficile, e i pensieri sempre più articolati. Quando arriva il nefasto momento dell’interrogazione, i concetti diventano confusi e le ore di studio sembrano essere state vane. Per molti studenti, la filosofia si riduce ad un puro esercizio della memoria; imparare concetti e idee senza capirne il vero senso, trascorrere pomeriggi interi a fissare i libri nella vana speranza di ricordare qualcosa il giorno successivo. Studiare diventa un incubo e, se, all’inizio del terzo anno, questa materia incuriosisce, dopo un morte. Non tutti i libri sono portatori di messaggi e temi importanti: in tal senso, Valeria Parella con “Storie di amori impossibili (e non solo)” è riuscita ad attirare e a coinvolgere una platea di studenti, in un’era in cui sempre minore è il numero dei cittadini che si dedica alla lettura. vero compito della filosofia, soprattutto in una società di massa nella quale gli uomini tendono ad omologarsi e a nascondersi. Pensare significa opporsi alle regole e rivoluzionare se stessi. Saper riflettere è un’attività che viene molto spesso sottovalutata, nonostante sia indispensabile per potersi relazionare con gli altri. La filosofia insegna il valore delle parole, ma è importante che queste ultime non siano “vuote” come quelle dei sofisti, ma che siano arricchite di un valore morale che nasce da una riflessione attenta e non dall’ adesione ad una morale artefatta o preesistente. Per creare tale morale, è necessario analizzare diversi punti di vista, oltre quello che viene imposto dal nucleo familiare. Ogni filosofo ha una personale idea in merito che può essere presa in considerazione da giovani e adulti. Nel caso in cui si consideri, ancora, la filosofia come una materia inutile, occorre ricordare che le frasi dei filosofi possono essere utilizzate come stato di Facebook o di qualsiasi altro social network; quindi, almeno per questo, varrebbe la pena studiarla. Quando ho iniziato a giocare a pallavolo non mi hanno detto molte cose. Per esempio, sette anni fa, nessuno mi ha detto che non ne sarei più uscita, che è come una droga, crea dipendenza. Quando ho cominciato, nessuno mi ha detto che ci vuole fatica, impegno e costanza. Nessuno mi ha detto che in questo sport si può trovare una casa, una famiglia, perché ci sono occasioni in cui le persone che incontriamo sul nostro cammino diventano parte di noi, non solo in campo, ma anche fuori. Nessuno mi ha detto che giocando mi sarei trovata faccia a faccia con i miei limiti e che, con duro allenamento e con impegno, forse, li avrei superati. Che avrei avuto le lacrime agli occhi dopo una partita vinta, una partita persa, o alla fine di un campionato, dopo aver guadagnato la tanto agognata medaglia. Nessuno mi ha detto che avrei provato così tante emozioni grazie a questo sport, che la pallavolo entra nella pelle delle persone e che è difficile smettere. Nessuno mi ha detto che è molto rischiosa, perché anche per un salto sbagliato o per una caduta di troppo sarei dovuta stare ferma per mesi, sentendomi inutile per la squadra, perché non è importante il dolore fisico, in questi momenti vorresti solo entrare in campo e giocare, fare punto, esultare, piangere o ridere. Nessuno mi ha detto che non basta avere talento o essere più alti del normale per giocare. Che, a volte, entrare in palestra quando fuori è buio è pesante. Che le braccia, le gambe e la schiena fanno male un po’ a caso, quando vogliono loro, ma non importa, nessun dolore sarà talmente insopportabile per farti rinunciare ad una partita. Nessuno mi ha spiegato che ci vuole forza e grinta per rialzarsi, dopo una caduta, dopo Non sempre la verità viene a galla ed è quasi impossibile trovare i mezzi affinché ciò avvenga. Pino Aprile, giornalista e scrittore , è riuscito, con caparbietà ed impegno, a far emergere pagine occulte del processo di unificzione d’Italia. Giovedì 29 gennaio, nell’Auditorium del liceo scientifico “A.Genoino” di Cava de’ Tirreni, è stato presentato “Carnefici”, l’ultimo capolavoro di Pino Aprile. A moderare l’evento, oltre l’autore, sono state la preside del liceo, professoressa Maria Olmina d’Arienzo, e la professoressa Erminia d’Auria, docente di Lettere e Latino, che hanno evidenziato la potenza e l’importanza storica del libro, frutto di una certosina e paziente ricerca, difficile e spesso ostacolata, durata ben cinque anni. L’incontro, presentato dai giornalisti Imma della Corte e Davide Speranza, ha assunto un tono accademico ma piacevole, grazie ai numerosi interventi di una platea attenta come mai ad ascoltare una ricostru- zione storica inedita, taciuta per più di centocinquant’anni. Successivamente agli interventi dei relatori, è stato proiettato il booktrailer di “Carnefici”, che ha suscitato la commozione di tutti i presenti, in primis dell’autore stesso, realizzato dalla classe VC del liceo. Pino Aprile, nel corso dei numerosi interventi, ha incantato il pubblico, con un tono di voce pacato, ma fermo e suadente al tempo stesso. Pochi, ma forse sempre troppi, non sono a conoscenza delle torture, del “genocidio” perpetrato al sud, il prezzo, altissimo, pagato pur di creare un paese unito. I meridionali furono sfoltiti con epidemie, deportazioni, saccheggi, e sottoposti ad interventi vessatori che ancora oggi si riflettono nel tessuto sociale ed economico del meridione. Per le popolazioni del sud “la vita smise di essere un diritto”: numerose frasi struggenti come questa affollano le pagine di “Carnefici”, libro unico nel suo genere. Non è vendetta o giustizia che si cerca, ma riconoscimento dei danni subiti: questo è l’intento di Carnefici, con il quale l’autore Pino Aprile, ha squarciato le tenebre dell’ignoranza e della non - curanza. “Perché quando una cosa nessuno te la vuole dire, prima o poi, terra si crepa, si apre. E parla”. Oscar e la sua “ora d’aria” di Giovanni Emanuele Siani III C La mattina di sabato 28 gennaio 2017 dal circo itinerante “Svezia”,che dal 19 stazionava a Palermo, una tigre bianca del Bengala fugge, probabilmente liberata da ragazzi annoiati in vena di scherzi. Così per Oscar, questo il nome del meraviglioso felino che forse nel corso di tutta la sua vita non aveva mai potuto assaporare la libertà, comincia un curioso viaggio che, anche se di breve durata, deve far riflettere sull’importanza e la validità delle battaglie intraprese dagli attivisti, al fine di rendere i circhi solo tendoni per uomini abili. Oscar, con la sua possente zampa, ha spalancato la fredda porta della gabbia e finalmente la sua vista si è allargata. Il mondo non era più a strisce e così è cominciato un viaggio che gli ha fatto riconoscere i suoi potenti muscoli, quanto potessero farlo correre senza dover saltare sgabelli e senza l’acre odore dei cerchi infuocati. La libertà gli ha mostrato quanto gli alberi fossero alti e che la puzza di letame , di pop-corn rancidi e dell’umido terriccio non erano gli unici profumi al mondo . Ogni falcata è stata una conquista, Oscar non cercava carne e sangue, ma solo una boccata d’aria, pochi secondi di sovranità in una vita sprecata a cercare di divertire spettatori annoiati in cerca di sensazioni forti. Due ore non sono tante, ma sono abbastanza per dare una speranza a chi passa la propria vita dentro una gabbia ad intrattenere chi la sta sprecando fuori da quella cella, forse rinchiuso in una prigione non fisica, bensì mentale. Ma appena la libertà si stava concretizzando sotto i suoi occhi, l’uomo lo ha circondato, rimesso in gabbia, addormentato. Oscar, dopo poco, si sarà svegliato nella sua vecchia prigione e, tranne un leggero profumo nelle sue narici ed un nuovo grosso lucchetto a quel cancello, avrà avuto solo la sensazione di aver fatto un sogno bellissimo. L’episodio di Oscar non è il primo e sicuramente non sarà l’ultimo, ma ci deve far comprendere come l’agognata libertà sia solo un miraggio e come tale sia tanto fugace quanto effimera. Chiunque deve conquistarsi le sue due ore di aria per poter far calare il desiderio di provare quella forte, sciocca sensazione di superiorità che si avverte stando al di là delle sbarre, ma che non ne assicura la veridicità. Oscar potrebbe essere più affrancato di tanti ignari umani che reputano la loro vita un baluardo di libertà, quando è solo un’esistenza consumata in una gabbia senza sbarre. Ciak… si ama! La mia storia... sottorete di Lucia Di Lieto E(ra) ora? di Vittorio Santoriello V C Apologia della filosofia paio di mesi di studio “matto e disperatissimo” iniziano i primi dubbi sulla sua utilità futura. Dopotutto, non è indispensabile conoscere cosa pensassero Kant o Leibniz e a nessun datore di lavoro importerà se i suoi dipendenti ignorino o meno il pensiero di alcuni filosofi. Quindi, a meno che non si abbia intenzione di studiarla all’università, la filosofia non serve a nulla. Ma, che senso avrebbe annoverarla tra le discipline del curricolo liceale se fosse del tutto inutile? In realtà, la filosofia prova a dare una risposta ai grandi interrogativi dell’uomo su Dio, sul mondo, sull’ anima e su tutto ciò che è reale. I pareri sono ovviamente molteplici e gli studenti possono confrontarsi con i grandi autori del passato, approvando o respingendo le loro idee e tentando di rispondere loro stessi a tali domande, riflettendo autonomamente, in maniera da sviluppare e migliorare il proprio spirito critico. Nel momento in cui le idee, scaturite dallo studio di questa materia, vengono applicate alla realtà, la filosofia smette di essere “astratta” per diventare “concreta” e insegna a pensare. Quest’ ultimo è il www.cronachesalerno.it 7 di Martina D’Amico IIIC una sconfitta. Ma, soprattutto, nessuno mi ha avvisata del fatto che prima o poi tutto questo finirà. Sarò troppo stanca, avrò troppi impegni, sarò troppo vecchia e non mi resterà altro che guardare gli altri giocare. Mi mancherà il sapore di una vittoria, l’amaro in gola dopo una sconfitta, il rumore delle scarpe quando salti, le docce, la rete, la palla, mi mancherà lei, mia amata, dolce e unica, pallavolo. Dalla trilogia di “Cinquanta Sfumature” a “La bella e la bestia” passando per “Io prima di te”, il binomio amorecinema è da sempre stato infallibile, sia dal punto di vista del coinvolgimento emotivo dello spettatore, che da quello economico. Riuscire, tramite immagini, copioni scritti e provati tantissime volte, a trasmettere amore, inteso nella sua forma ed essenza più alta, è difficilissimo e al tempo stesso spettacolare, è intenso e magico. Il mondo del cinema, oggi, offre una panoramica di quella che è la società in cui viviamo: il passaggio, molto sottile, da un amore travolgente, peccaminoso, possessivo, a tratti malinconico e totalmente avvolto dal mistero come quello tra Christian Grey e Anastasia Steele (protagonisti di “50 sfumature di grigio”) ad una storia indimenticabile, la favola della devozione assoluta, il coronamento del sentimento che viene dalla profondità delle membra (“La bella e la bestia”) è la lampante dimostrazione di quanto l’amore sia onnipresente nelle pellicole cinematografiche mondiali e di quanto, nonostante le diverse “declinazioni”, esso sia sempre il cardine, il punto primo intorno al quale si snodano tutte le trame. Quell’amore che parte dall’anima ed è in grado di manovrare i corpi come un burattinaio con le sue marionette, che guarda con il cuore, perché sente che, oltre le apparenze, oltre la corazza, al di là della forma fisica, c’è qualcosa di forte che brucia come fuoco vivo e rende la vita degna di essere vissuta, è anche il protagonista del campione d’incassi “Io prima di te”. E’ l’amore che cerca disperatamente di salvare la vita, che escogita strategie e inganni pur di evitare o allontanare il più possibile la fine, e che, proprio nella disperazione totale, trova la forza per accompagnare chi soffre fino alla fine del percorso, proprio perché tutto sia compiuto. L’amore muove il mondo, i gesti delle persone, i pensieri gentili: è il motore dell’esistenza umana, che è succube di una forza tale da poter accompagnare una vita dalla nascita alla morte, tale da poter essere principio e fine di ogni cosa.