Pianeta scienza MARTEDÌ 29 APRILE 2014 IL PICCOLO De rerum natura, i fotografi si devono iscrivere entro domani I fotografi amatoriali che vogliono partecipare al concorso “De rerum natura” devono affrettarsi. Domani si chiuderanno infatti le iscrizioni al concorso fotografico dedicato alla natura e alla scienza, organizzato dalla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste. Il concorso è aperto a tutti. Sono previsti premi per i primi classificati, che avranno anche la possibilità di esporre le proprie fotografie alla Sissa. Il concorso fotografico “De rerum natura” è una bella oc- casione per tutti i fotografi amatoriali che amano il mondo della ricerca scientifica. Mancano però pochi giorni alla data ultima in cui sarà possibile partecipare: le iscrizioni (online) saranno accettate solo fino alle ore 12 di domani. Il concorso è aperto a tutti i fotografi amatoriali, senza limiti di età o nazionalità. Oltre a un premio simbolico, una targa che verrà assegnata il 13 giugno in occasione dell’evento “Sissa in festa”, per i primi classificati in cia- scuna categoria sono previsti alcuni premi (per i dettagli consultare il bando, alla pagina http://goo.gl/lpT1oI). Le fotografie vincitrici (e le altre selezionate) verranno inoltre esposte alla Sissa a partire dallo stesso giorno. “De rerum natura” è il titolo del concorso fotografico promosso dal Laboratorio Interdisciplinare della Sissa. Un richiamo alla natura, ma anche alla scienza: è infatti anche il titolo del famoso poema di Lucrezio, dove lo stupore e la meraviglia per la natu- ra si intrecciano allo sguardo analitico dello scienziato. Per raccontare la natura e la scienza, le immagini sono uno strumento fondamentale e proprio per questo la Sissa chiede al pubblico dei fotografi amatoriali di proporre una fotografia che rappresenti un fenomeno naturale o un momento della ricerca scientifica. Come spiegano gli organizzatori, “le fotografie che partecipano al concorso devono esprimere, in modo originale e creativo, realistico o simbo- AL MICROSCOPIO lico, la bellezza delle leggi naturali e della Natura stessa, intesa nel senso più ampio del termine”. I temi privilegiati sono la fisica, la matematica e le neuroscienze e le fotografie ricadranno in due categorie: natura (la bellezza dei fenomeni naturali e delle sue leggi) e scienza (il fascino della scienza nella visione dell’uomo, includendo in questo anche immagini di vita quotidiana nei laboratori scientifici). Per maggiori informazioni contattare il Laboratorio Interdisciplinare scrivendo a [email protected] o telefonando al numero 040 3787401. Gli esperti del Twas vanno all’Onu Quattro scienziati dell’accademia con sede a Trieste chiamati a far parte del nuovo organismo di Paola Targa Sono esperti di clima, biodiversità, chimica e salute pubblica. A unirli, il fatto di essere membri della Twas, l’accademia mondiale delle scienze con sede a Trieste, e di essere stati chiamati a far parte del neocostituito panel scientifico delle Nazioni Unite, il Sab (Scientific advisory board), come consulenti esperti, incaricati di fornire pareri su temi di interesse globale. Il climatologo brasiliano Carlos Nobre, il malese Abdul Hamid Zakri, già consulente del primo ministro in fatto di biodiversità, il chimico egiziano Ahmed Zewail, e Abdallah Daar, docente of salute pubblica all’Università di Toronto, siedono, da gennaio, nel comitato scientifico delle Nazioni Unite e sono tra i 26 scienziati selezionati a livello mondiale per fornire pareri qualificati al segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon. Nel panel è presente anche la fisica italiana Fabiola Gianotti, portavoce dell’esperimento Atlas al Cern di Ginevra che ha annunciato la scoperta del Bosone di Hig- PROGETTO UE Realizzato il primo cherosene solare Un progetto di ricerca finanziato dall'Ue, Solar-Jet, ha creato il primo carboturbo “solare” del mondo, a partire da acqua e anidride carbonica. Per la prima volta i ricercatori sono riusciti a realizzare l'intera catena di produzione di cherosene rinnovabile a base di luce concentrata come fonte di energia ad alta temperatura. Il progetto è ancora in fase sperimentale: finora si è prodotto un bicchiere di carboturbo in condizioni di laboratorio avvalendosi di luce solare simulata, ma i risultati fanno ben sperare. Il palazzo delle Nazioni Unite a New York gs. La creazione del Sab risponde al desiderio di integrare scienza e politica, per offrire a governi e decisori politici elementi precisi di conoscenza su cui basare le proprie scelte gestionali. I suoi ambiti di inter- vento, infatti, riguardano temi caldi, spesso urgenti, che interessano il pianeta terra e l’umanità: accesso all’acqua potabile, energia, salute, agricoltura e tutela della biodiversità (temi che in inglese sono raccolti nell’acronimo wehab). «Ciò che rende questo comitato diverso da altri è il contatto diretto che gli scienziati potranno stabilire con il segretario generale delle Nazioni Unite, una possibilità senza precedenti che non dovremo sprecare», spiega Zakri, professore emerito all’Università nazionale della Malesia. «Parlando da climatologo», aggiunge Carlos Nobre, direttore dell’istituto nazionale per le ricerche sui cambiamenti climatici del Brasile «mi preme sottolineare che lo stallo nell’affrontare i cambiamenti climatici dipende dall’inerzia istituzionale, non dalla mancanza di una scienza del clima. Dunque mi auguro che riusciremo a stimolare chi di dovere su questi temi di interesse comune». Durante l’analisi dei problemi e l’identificazione di possibili approcci, il panel dovrà misurarsi con differenze di cultura, abitudini sociali e sistemi sanitari, e operare nel rispetto delle diverse sensibilità. Dovrà mettere a disposizione solidi elementi scientifici che consentano di gestire temi complessi, gravati anche da dinamiche geopolitiche. I membri del Sab prevedono di riunirsi due volte l’anno, ma contano di lavorare in continuo, tramite sottogruppi incaricati di redigere documenti specifici a beneficio del segretario delle Nazioni unite. Se lo spaziotempo fosse trattato come un fluido Una ricerca svoltasi fra Trieste e Monaco dimostra che avrebbe una viscosità molto bassa Se lo spaziotempo fosse un liquido, avrebbe una viscosità bassissima, come i “superfluidi”. Un lavoro che ha visto collaborare la Sissa di Trieste con l’Università Ludwig Maximilian di Monaco ha mostrato come dovrebbero comportarsi gli “atomi” che compongono il fluido dello spaziotempo, secondo alcuni modelli di gravità quantistica. Le considerazioni proposte in questo lavoro impongono vincoli molto stretti al verificarsi di effetti legati a questa eventuale natura “fluida” dello spaziotempo, mostrando che è possibile discriminare tra i modelli di gravità quantistica fino- ra sviluppati al fine di superare la Relatività generale einsteiniana. I fisici teorici che lavorano alla quantum gravity creano modelli che cercano di coniugare la gravità con la meccanica quantistica. Alcuni modelli di questo tipo prevedono che lo spaziotempo alla scala di Planck (10-33cm) non sia più continuo, come prevede la fisica classica, ma abbia invece una natura discreta. Proprio come i solidi o i fluidi con cui abbiamo a che fare quotidianamente, che appaiono composti da atomi e molecole quando li si osserva con sufficiente risoluzione. Una strut- tura di questo tipo implica in generale, ad altissime energie, violazioni della Relatività speciale di Einstein (che è parte integrante della Relatività generale). In questo quadro di riferimento teorico è stata avanzata l’idea di trattare lo spaziotempo come un fluido. In questo senso la Relatività generale sarebbe l’analogo dell’idrodinamica per i liquidi: questa infatti descrive il comportamento del fluido a livello macroscopico ma non dice nulla sugli atomi/molecole che lo compongono. Nello stesso modo, secondo alcuni modelli, la Relatività generale non direbbe nul- Galileo. Koch. Jenner. Pasteur. Marconi. Fleming... Precursori dell’odierna schiera di ricercatori che con impegno strenuo e generoso (e spesso oscuro) profondono ogni giorno scienza, intelletto e fatica imprimendo svolte decisive al vivere civile. Incoraggiare la ricerca significa optare in concreto per il progresso del benessere sociale. La Fondazione lo crede da sempre. la sugli “atomi” che compongono lo spaziotempo ma descriverebbe la dinamica di quest’ultimo come un oggetto inerentemente “classico”. Lo spaziotempo sarebbe dunque un fenomeno “emergente” da entità più fondamentali, proprio come l’acqua è ciò che noi percepiamo dell’insieme di molecole di H2O che la costituiscono. Stefano Liberati, professore della Sissa di Trieste, e Luca Maccione, ricercatore dell’Università Ludwig Maximilian di Monaco, usando in maniera innovativa strumenti della fisica delle particelle elementari e dell’astrofisica delle 29 alte energie, hanno descritto gli effetti che si dovrebbero osservare se lo spaziotempo avesse una natura fluida. I due hanno anche proposto le prime verifiche osservative di questi fenomeni. Il loro lavoro è stato appena pubblicato sulla Physical Review Letters. La meccanica quantistica è in grado di spiegare efficacemente tre delle quattro forze fondamentali dell’Universo (elettromagnetismo, interazione debole e interazione forte) ma non la gravità, che attualmente è descritta solo dalla Relatività generale, una teoria che si sviluppa nell’ambito della fisica classica. QUESTA PAGINA È REALIZZATA IN COLLABORAZIONE CON Quando i peccati dei padri ricadono sui figli di MAURO GIACCA J ean-Baptiste Lamarck sarebbe felice della piccola rivoluzione che sta avvenendo in questi anni. Il biologo francese del diciannovesimo secolo propugnava l’idea che un organismo è in grado di trasferire l’informazione acquisita alle generazioni successive (ricordate? La giraffa allunga il collo per nutrirsi delle foglie alte, e questa caratteristica, secondo Lamarck, viene ereditata). Screditato dalla teoria della selezione naturale di Darwin, e oscurato dalla scoperta dei geni e del Dna, Lamarck comincia oggi a prendersi una piccola rivincita grazie a una serie di sorprendenti studi che mostrano come parte dei caratteri di un individuo vengono passati ai figli non solo tramite il Dna di oociti e spermatozoi, ma anche grazie a una serie di meccanismi che dettano come questo Dna debba essere utilizzato. Hanno iniziato questo affascinante capitolo della cosiddetta “epigenetica” una serie di studi che mostravano come diversi fattori ambientali (che spaziavano dall’inquinamento dell’aria all’abuso infantile) potevano modificare l’espressione dei geni e anche influenzare alcune caratteristiche nei figli. Ad esempio, una ricerca in Svezia mostrò come gli uomini che avevano sperimentato la fame prima della pubertà avevano meno probabilità di avere nipoti con malattie cardiache di quelli cresciuti in condizioni di benessere. Oppure, in Gran Bretagna, i padri che avevano iniziato a fumare prima degli 11 anni avevano figli con peso superiore alla norma. E ancora, gli individui che erano stati traumatizzati durante il genocidio dei Khmer Rossi in Cambogia avevano figli con depressione e ansia, o i figli dei veterani Australiani della guerra del Vietnam diventavano frequentemente suicidi. Da queste ricerche epidemiologiche al laboratorio il passo è stato breve. Uno studio pubblicato questo mese sulla rivista Nature Neuroscience mostra come gli spermatozoi dei topi sottoposti a stress trasmettono la propensione allo stress fino ad almeno la terza generazione. Altre ricerche indicano che gli spermatozoi di topi nutriti con una dieta ricca di grassi generano figli con tendenza al diabete, o ratti nati da madri trattate con pesticidi producono spermatozoi con alterazioni che si mantengono sino alla quarta generazione. Come facciano gli spermatozoi a “sentire” l’ambiente metabolico e psichico dell’individuo che li produce è ancora oscuro, ma sembra siano implicati una serie di piccoli Rna, i microRna, che hanno appunto la funzione di regolare l’espressione dei geni. Qualunque sia il meccanismo coinvolto, la conclusione di questi studi rinforza il vecchio adagio biblico secondo cui i peccati dei padri ricadono sui figli. Stavolta, anche sui nipoti. ©RIPRODUZIONE RISERVATA