L’ordine delle parole La struttura del linguaggio influenza l’apprendimento 03 ottobre 2013 Ci sono parole che portano un significato, come i verbi, i nomi o gli aggettivi, e altre, come articoli o congiunzioni, che le supportano, dando una struttura alla frase. Alcuni anni fa alcuni scienziati della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste insieme a collaboratori di altre università, hanno dimostrato che l’ordine in cui i due tipi di parole si trovano all’interno di una frase è importante per l’acquisizione del linguaggio nei bambini, già nel primo anno di vita. Ora uno studio, anche questo con la partecipazione degli stessi scienziati della SISSA, mostra che anche gli adulti hanno preferenze simili. Un fenomeno che può aiutare a capire le differenze nell’apprendimento di una lingua tra bambini e adulti. Pensate a un nome o un verbo frequente nella nostra lingua. Provate a contare quante volte lo avete pronunciata nelle ultime due ore. Ora fate lo stesso con l’articolo “il”. La lingua che parliamo non è fatta solo di significati (nomi, verbi, aggettivi, per esempio) ma anche da tantissime parole che fanno da supporto a questi (articoli, preposizioni, ecc.) che sono ben più frequenti dei primi (dette parole funzionali, o funtori). Nonostante l’enorme variabilità delle lingue conosciute, gli studiosi del linguaggio sono riusciti a divederle “con l’accetta” in due principali categorie: quelle in cui generalmente la parola funtore precede quella con significato -­‐ le lingue in cui il verbo precede l’oggetto (VO) – e viceversa (OV). Le osservazioni sperimentali hanno mostrato che la frequenza dei termini è un indizio che aiuta a individuare a quale categoria una lingua appartiene e di conseguenza a “sintonizzarsi” su di essa. La conoscenza della struttura della lingua aiuta l’individuo a segmentare il parlato (dividere il flusso linguistico in singole parole) e influenza la facilità/difficoltà di apprendimento di una lingua. Questo effetto è stato osservato nei bambini anche molto piccoli per alcune lingue come l’Italiano e il Giapponese. Ora un gruppo di neuroscienziati fra cui Jacques Mehler e Marina Nespor della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste ha esteso le osservazioni anche agli adulti, usando una rosa più ampia di lingue. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Frontiers in Psychology. Nello studio sono stati testati soggetti di madrelingua italiana e francese (rappresentanti del gruppo di lingue VO), e giapponese e basca (lingue OV), che eseguivano dei compiti di scelta su frasi in una lingua artificiale (inventata) che poteva avere una delle due strutture d’ordine. “Negli studi precedenti abbiamo osservato che i bambini già a otto mesi ‘preferiscono’ una lingua artificiale che rispecchi la struttura della propria lingua madre”, spiega Nespor. “In questa nuova serie di studi abbiamo visto che questo tipo di preferenza esiste anche negli adulti”. “Questo spiegherebbe anche le difficoltà via via maggiori che si incontrano con l’età nell’imparare una nuova lingua. I bambini infatti pur esibendo precocemente questa preferenza sono molto più malleabili e possono imparare facilmente anche una lingua con ordine delle parole diverso dalla propria, mentre gli adulti sembrano più rigidamente attaccati allo schema della loro madrelingua” continua Nespor. “Naturalmente poi, nell’apprendimento della lingua entrano anche altre variabili, come il lessico e la prosodia” conclude la neuroscienziata. CREDITI IMMAGINE: Lotus Carroll -­‐ http://flic.kr/p/dmLBhZ Contatti: Ufficio comunicazione: [email protected] Tel: (+39) 040 3787557 | (+39) 340-­‐5473118, (+39) 333-­‐5275592 via Bonomea, 265 34136 Trieste Maggiori informazioni sulla SISSA: www.sissa.it