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Vietata la riproduzione anche parziale
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Avviso agli esaminati
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TUTTI I DIRITTI RISERVATI
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Invia alla redazione Esselibri CountDown (Via F. Russo, n. 33/D - Napoli)
oppure via e-mail all’indirizzo [email protected] le domande più originali o complesse del tuo esame, anche corredate della tua risposta.
I migliori suggerimenti saranno pubblicati.
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Ideazione, organizzazione e revisione a cura
del dott. Federico del Giudice (docente universitario)
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Hanno collaborato a questa edizione i dott. Elena De Gregorio,
Gaia Ferro Del Giudice, Gianluca Nunziata, Valeria Parlato,
Katia Russo e Giuliana Santacroce
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Tutti i diritti di sfruttamento economico dell’opera appartengono alla Esselibri S.p.A.
(art. 64, D.Lgs. 10-2-2005, n. 30)
Finito di stampare nel mese di aprile 2009
dalla «Litografia Enzo Celebrano» - Via Campana, 234 - Pozzuoli (NA)
per conto della ESSELIBRI S.p.A. - Via F. Russo, 33/D - 80123 Napoli
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Grafica di copertina a cura di Giuseppe Ragno
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PREMESSA
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Hai letto il manuale?
Lo hai ripassato?
Hai appreso i concetti fondamentali?
Bene … adesso comincia la fase più difficile: quella di attrezzarti al meglio per rispondere alle domande d’esame.
Sappi che il docente, che ha una visione completa della disciplina, in sede
d’esame si aspetta che il candidato, più che esporre il singolo istituto, ne
individui la ratio, i principi di base, i collegamenti con altri istituti, operazione non semplice da compiere da parte dell’esaminando.
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istituzionale e di rielaborarli sotto l’aspetto dinamico del ragionamento,
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diritto privato, per migliorare la preparazione e trasformare una conoscenza istituzionale in un apprendimento più mirato e consapevole.
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CountDown, dunque, non si limita a proporre le domande più «gettonate»,
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Codice civile, offrendo soluzioni e risposte che costituiscono un eccellente
punto di partenza per una preparazione che, oltre che sulla memoria, si
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corredata di un percorso guidato in cui sono indicati i riferimenti normativi
e i passaggi salienti per articolare la risposta, seguono domande di approfondimento e/o collegamento che consentono al candidato di ampliare il
discorso e, soprattutto, con la padronanza acquisita della materia e con un
po’ di machiavellica astuzia, indirizzare l’esame sugli argomenti sui quali
si sente sicuramente preparato.
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Vol. E1 • Codice civile esplicato
In preparazione la nuova edizione
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tiene conto di tutte le modifiche e integrazioni intervenute nella normativa fra
le quali si segnala la L. 25-2-2008, n. 34 (Comunitaria 2007).
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Vol. E1/A • Codice civile esplicato minor
pp. 1344 • € 16,00
I codici esplicati minor costituiscono un ulteriore strumento di studio e/o lavoro
per quanti abbiano la necessità di consultare rapidamente un testo codicistico
corredato di un agile commento esplicativo. In calce agli articoli del codice,
infatti, sono riportate brevi annotazioni esplicative che facilitano la lettura delle
singole norme guidando il lettore verso una immediata comprensione dello spirito e della lettera di ciascuna disposizione. A tal fine, sono riportati in appendice
una serie di Schemi a lettura guidata, sui principali argomenti e istituti. Il volume
risulta particolarmente utile sia in affianco ai tradizionali testi di studio sia per
una rapida consultazione della normativa codicistica che grazie al formato pratico e maneggevole può essere d’ausilio anche nelle aule giudiziarie.
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Vol. IP5 • Ipercompendio diritto civile
pp. 272 • € 13,00
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parole cardine ed evidenziare i percorsi di lettura; una trattazione semplice e
completa per arrivare subito al «cuore» delle nozioni; una sistematica espositiva
che permette di cogliere la corretta conseguenzialità dei concetti; una mirata
scelta qualitativa e quantitativa degli argomenti fondanti potenzialmente oggetto di domanda d’esame. L’ipercompendio presenta, in appendice, un glossario dei principali argomenti, indispensabile per colmare rapidamente le lacune finali prima della prova d’esame.
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Vol. 5/2 • Schemi & schede di diritto privato
pp. 272 • € 14,00
SCHEMI & SCHEDE presenta una serie di mappe di riferimento per preparare esami o concorsi. L’uso di tale supporto consente di orientarsi e «navigare» nella disciplina (ottimizzando le fasi di studio) e indirizzare al meglio le
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La rinnovata struttura di questa collana è corredata anche di nuove rubriche,
quali: osservazioni, si puntualizzano concetti oggetto di dibattito in giurisprudenza e in dottrina; differenze e paralleli, che stimolano al confronto fra diversi istituti; «in sintesi», che offrono, alla fine di ciascun capitolo, un quadro
riepilogativo dell’argomento trattato.
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INTRODUZIONE
ORDINAMENTO GIURIDICO
Pag.
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2. Quali sono le caratteristiche delle norme giuridiche? ......................
2 bis. Qual è la differenza tra le norme giuridiche e le norme morali e
religiose? 2 ter. Quali sono gli altri caratteri delle norme giuridiche?
»
6
3. Quali sono gli elementi costitutivi della norma giuridica? ...............
3 bis. Rispetto alle sanzioni come si possono classificare le norme?
3 ter. Tutte le norme sono cogenti, cioè sono imperative e contengono un comando? 3 quater. Come si distinguono le norme giuridiche
in base al tipo di comando in esse contenuto? 3 quinquies. Qual è
l’efficacia della norma giuridica nel tempo? 3 sexies. Sono ammissibili deroghe al principio di irretroattività delle leggi?
»
8
4. Cosa si intende per teoria generale delle fonti del diritto? ...............
4 bis. In che modo vengono risolti i conflitti fra norme poste da fonti
collocate sullo stesso piano? 4 ter. Le norme consuetudinarie sono fonti del diritto? 4 quater. Quali sono i rapporti fra fonti comunitarie e
fonti interne?
»
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1. Che cosa si intende per ordinamento giuridico? ...............................
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5. Che cosa sono i testi unici e che rango hanno nel sistema delle
fonti? ......................................................................................................
5 bis. Cosa sono i testi unici misti? 5 ter. Qual è la funzione e l’importanza di un Codice?
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6. Cos’è l’interpretazione giuridica? ......................................................
6 bis. Cosa si intende per interpretazione analogica? 6 ter. È possibile individuare altri metodi per colmare eventuali lacune del diritto? 6 quater. Qual è la differenza tra analogia e interpretazione
estensiva?
1. Che cosa si intende per ordinamento giuridico?
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Concetto iniziale: delineare i tratti distintivi dell’ordinamento giuridico quale
espressione tipica del fenomeno sociale organizzato.
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Caratteristiche: precisare gli elementi tipici dei fenomeni sociali organizzati:
• pluralità di persone;
• ordine di norme;
• sovranità o potere di comando;
• effettività del potere.
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Introduzione
Articolazione della risposta
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I gruppi sociali organizzati sono composti da una pluralità di persone e
presentano un sistema di regole che ne disciplinano la vita di relazione
(normazione).
Tali regole devono essere prodotte da un potere sovrano e istituzionalizzato
che assicuri l’effettiva realizzazione degli scopi comuni (organizzazione) e
che abbia capacità di coazione (attraverso l’irrogazione di sanzioni in caso
di trasgressione); inoltre, tale potere deve giovarsi della reale adesione dei
componenti del gruppo ed essere da questi ultimi riconosciuto quale autorità sovraordinata, non derivata, finalizzata al perseguimento dell’interesse
generale (effettività).
Se esistono tutti questi presupposti le suddette regole sono dette «norme
giuridiche» e concorrono alla costituzione del relativo ordinamento. Più
precisamente, si definisce ordinamento giuridico (o diritto oggettivo) il
sistema di norme giuridiche che disciplina la vita di relazione di un gruppo
sociale stabile (altrimenti detto comunità).
Si noti come fenomeno sociale e fenomeno giuridico siano reciprocamente imprescindibili: come quest’ultimo si afferma solo laddove sorge
una aggregazione umana, così lo sviluppo della società, per non cadere
nell’anarchia, deve svolgersi all’interno di regole che disciplinino i rapporti fra i soggetti che la compongono (secondo l’antico brocardo ubi societas
ibi ius).
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2. Quali sono le caratteristiche delle norme giuridiche?
Concetto iniziale: identificare le caratteristiche delle norme giuridiche.
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Caratteristiche: precisare gli elementi caratteristici delle norme giuridiche:
• imperatività; coercibilità; coattività;
• generalità ed astrattezza;
• novità e intersubbiettività.
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Differenze: diversità fra norme giuridiche e altre norme (sociali, morali, religiose).
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Domande consequenziali: differenza tra norme giuridiche e norme morali e
religiose; altri caratteri delle norme giuridiche.
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Ordinamento giuridico
Articolazione della risposta
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Le norme giuridiche sono precetti o divieti imposti dallo Stato o altro
ente dotato del potere coercitivo (1) e accompagnati dalla minaccia dell’irrogazione di una sanzione (pena, ammenda, multa, sanzione amministrativa) in caso di inosservanza. In ciò consiste la coercibilità, imperatività o
coattività, carattere esclusivo della norma giuridica che connota l’ordinamento giuridico differenziandolo da altri ordinamenti (religioso, sportivo
etc. dove le sanzioni sono prevalentemente di tipo ultraterreno o si limitano a comminare la sola espulsione dal gruppo sociale).
Le norme giuridiche sono, inoltre, astratte e generali in quanto si rivolgono ad un numero indeterminato di destinatari e sono suscettibili di regolare un numero indefinito di casi (2). Ciò significa che tali norme disciplinano fattispecie astrattamente previste, e non già situazioni concrete.
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La generalità e astrattezza non sono, tuttavia, caratteri immutabili, ma possono essere
presenti nelle norme con una certa graduazione: le norme transitorie, ad esempio, regolando il passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina, si rivolgono a cerchie ristrette di
situazioni e destinatari, mentre le cd. leggi-provvedimento sono caratterizzate da contenuti
privi della generalità e dell’astrattezza (es.: leggi sulle espropriazioni, leggi sulle nazionalizzazioni, leggi che conferiscono determinati benefici ad alcune categorie sociali: pensionati, disoccupati, piccoli imprenditori etc.).
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Le norme, infine, introducono prescrizioni che antecedentemente alla loro
entrata in vigore non esistevano, oppure modificano o abrogano quelle
preesistenti e, anche quando si limitano a reiterare precetti già presenti
nell’ordinamento, sicuramente rinnovano almeno la fonte che li ha prodotti. La novità è, quindi, un altro carattere essenziale delle norme giuridiche.
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2 bis. Qual è la differenza tra le norme giuridiche e le norme morali e religiose?
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Rispetto alle norme morali e religiose, le norme giuridiche si distinguono perché presentano il carattere della esteriorità, cioè incidono esclusivamente sui comportamenti esteriori dell’uomo, mentre le norme morali
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op
(1) Tale enti possono essere nazionali (es.: Regioni), sovranazionali (es.: Unione europea), internazionali (es.: Nazioni Unite).
(2) Si noti che, in generale, i caratteri dell’astrattezza e della generalità connotano tutte le norme di
carattere legislativo e i provvedimenti amministrativi generali; gli altri atti espressione della sovranità
statale, invece, si caratterizzano per la loro determinatezza (es.: sentenze, licenze, autorizzazioni, che si
indirizzano a soggetti concretamente identificati).
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Introduzione
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e religiose agiscono prima sulla sua coscienza (foro interno) e poi sull’azione.
Solo le norme giuridiche, in quanto espressione della potestà d’imperio
dello Stato (vedi domanda n. 1) sono in grado di comminare sanzioni che
implicano, in caso di inosservanza del precetto, anche la coercizione fisica; tutte le altre organizzazioni sociali, invece, possono al massimo esprimere disapprovazione per i comportamenti dei propri componenti, fino ad
arrivare alla espulsione di questi ultimi o alla minaccia di sanzioni.
2 ter. Quali sono gli altri caratteri delle norme giuridiche?
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Le norme giuridiche presentano ancora i caratteri della:
— positività: esse fanno, cioè, riferimento ad interessi effettivamente vigenti
nella comunità; il carattere della positività risulta, quindi, strettamente connesso a quello della effettività, intesa come concreta efficacia della norma;
— intersubbiettività: esse sono tali, cioè, da creare relazioni ordinate tra i
soggetti.
Istituti collegati: precetto, sanzione, fonti del diritto; norme perfetteimperfette, programmatiche, permissive, suppletive; norme in bianco;
norme corporative; abrogazione.
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3. Quali sono gli elementi costitutivi della norma giuridica?
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Concetto iniziale: identificare i concetti di precetto e di sanzione.
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Domande consequenziali: classificazione delle norme giuridiche rispetto alla
sanzione; norme cogenti; distinzione delle norme giuridiche in base al tipo di
comando in esse contenuto; efficacia della norma giuridica nel tempo; deroghe
al principio di irretroattività delle leggi.
Articolazione della risposta
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La norma giuridica, in quanto regola di comportamento obbligatoria per
tutti i consociati, è composta da due elementi:
— il precetto: cioè il comando in essa contenuto, con cui si impone al
suddito (cittadino, straniero presente sul territorio, persona giuridica
etc.) un certo comportamento che può essere positivo (es.: paga il debito) o negativo (non rubare);
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Ordinamento giuridico
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— la sanzione: cioè la minaccia di una punizione (pena detentiva, sanzione pecuniaria etc.) come reazione da parte dell’ordinamento in caso di
inosservanza del precetto.
Si noti che nell’evoluzione degli ordinamenti giuridici le norme talvolta
non comminano una sanzione, ma prevedono la corresponsione di un premio a determinate condizioni (es.: sconti di pena ai «pentiti», riduzioni
fiscali e/o altre facilitazioni per i soggetti che operino determinate
assunzioni: donne, persone diversamente abili etc.). Pertanto oggi è venuto
meno il binomio tradizionale precetto-sanzione.
3 bis. Rispetto alle sanzioni come si possono classificare le norme?
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In base alla sanzione, le norme si distinguono in norme perfette, ossia
munite di sanzione (come le norme penali) e norme imperfette, che ne
sono, invece, prive (si pensi all’art. 315 c.c., che obbliga i figli a rispettare
i genitori, ma non pone alcuna sanzione a carico di essi in caso di inosservanza).
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3 ter. Tutte le norme sono cogenti, cioè sono imperative e contengono un comando?
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No, esistono norme «permissive» che non impongono ma consentono un
determinato comportamento. Esistono, poi, norme che impongono un comportamento ma che possono essere derogate dai destinatari (norme
derogabili).
Così, ad esempio, se le stesse regolano un rapporto ma le parti possono
disporre diversamente senza incorrere in sanzioni, si parla di norme
dispositive, che sono valide purché i comportamenti in deroga non siano
contrari all’ordine pubblico e al buon costume. Vi sono, inoltre, norme che
regolano un rapporto solo in mancanza di una espressa volontà delle parti,
e sono dette norme suppletive.
3 quater. Come si distinguono le norme giuridiche in base al tipo di
comando in esse contenuto?
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In base al tipo di comando contenuto, le norme si distinguono in:
— norme imperative (o cogenti), la cui applicazione è imposta dall’ordinamento, prescindendo dalla volontà dei singoli (es.: norme penali);
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Introduzione
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— norme derogabili (o relative), la cui applicazione può essere evitata dagli interessati.
In base al contenuto distinguiamo tra:
— norme precettive: contengono un comando rivolto ai destinatari;
— norme proibitive: contengono un divieto;
— norme permissive: concedono e garantiscono ai soggetti determinate
facoltà.
In base alla sanzione, distinguiamo invece tra:
— norme perfette: quelle munite di sanzione;
— norme imperfette: non munite di sanzione;
— norme «minus quam perfectae»: la cui inosservanza viene punita con
sanzioni non adeguate.
In base all’estensione dell’efficacia, abbiamo infine:
— norme comuni: dettate in generale per tutti i rapporti giuridici;
— norme speciali, che per soddisfare particolari esigenze si applicano solo
in alcune materie (es.: caccia) o in alcune circostanze (es.: in tempo di
guerra) o per alcune categorie di soggetti (es.: l’imprenditore commerciale).
3 quinquies. Qual è l’efficacia della norma giuridica nel tempo?
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La norma giuridica entra in vigore, cioè esplica in pieno la sua efficacia
erga omnes, dopo:
— la promulgazione da parte del Presidente della Repubblica;
— la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale;
— il decorso di un certo periodo di tempo (di regola, 15 giorni) dalla pubblicazione (cd. vacatio legis). Trascorso tale periodo, la legge diviene
obbligatoria per tutti e nessuno può invocarne l’ignoranza per sottrarsi
ai suoi comandi (ignorantia legis non excusat).
La cessazione della efficacia della norma giuridica, ossia la sua abrogazione, si realizza per:
— dichiarazione espressa del legislatore;
— dichiarazione tacita del legislatore (per incompatibilità con una nuova
disposizione o per successiva nuova regolamentazione dell’intera materia);
— referendum popolare (art. 75 Cost.);
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Ordinamento giuridico
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— decisione di illegittimità costituzionale pronunziata dalla Corte Costituzionale;
— cause intrinseche (ad es. la legge è emanata per un certo periodo di
tempo).
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3 sexies. Sono ammissibili deroghe al principio di irretroattività
delle leggi?
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L’art. 11 delle disposizioni preliminari al Codice civile sancisce un principio fondamentale: «la legge non dispone che per l’avvenire ....», ossia la
legge non si riferisce a rapporti verificatisi nel tempo precedente la sua
emanazione.
Il principio di irretroattività, rispondente ad un’elementare esigenza di
certezza del diritto, è, tuttavia, derogabile, in via eccezionale, in quanto:
— il legislatore può ritenere opportuno estendere gli effetti di una legge
anche al passato (es. aumenti di stipendio con decorrenza retrodatata);
— sono retroattive le leggi penali più favorevoli al reo;
— sono retroattive le leggi di interpretazione autentica;
— sono retroattive le leggi di ordine pubblico che tutelano i fondamentali
interessi dello Stato.
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4. Cosa si intende per teoria generale delle fonti del diritto?
Concetto iniziale: nozione di teoria generale delle fonti.
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Altri elementi da evidenziare: la classificazione delle fonti in fonti di produzione, fonti sulla produzione, fonti di cognizione.
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Paralleli e differenze: indicare gli elementi di differenziazione tra fonti-atto e
fonti-fatto.
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Domande consequenziali: conflitti fra norme; norme consuetudinarie; rapporti
tra fonti comunitarie e fonti interne.
Articolazione della risposta
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La teoria generale delle fonti è quella parte della scienza giuridica che
studia le relazioni fra le fonti, cioè quegli atti o fatti dai quali l’ordinamento fa discendere la creazione, modificazione ovvero estinzione delle
norme che lo costituiscono.
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Introduzione
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In particolare, le fonti in questione sono dette fonti di produzione del
diritto. Ne sono altrettanti esempi la consuetudine (fonte-fatto) (1), la Costituzione e la legge (fonti-atto). Si noti che le fonti di produzione non sono
equiordinate, ossia poste tutte sullo stesso piano.
Esistono poi fonti che ci consentono di apprendere l’esistenza e il contenuto delle norme giuridiche, e sono dette fonti di cognizione, come alcuni
documenti ufficiali (es: la Gazzetta Ufficiale della Comunità europea
(G.U.C.E.), la Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, il Bollettino
Ufficiale della Regione (B.U.R.), etc.
Le fonti sulla produzione, infine, sono quelle che disciplinano i procedimenti formativi delle fonti di produzione, indicando l’autorità competente
ad emanarle ed i modi della loro adozione.
Tra le fonti sulla produzione si annoverano le Disposizioni sulla legge in
generale, premesse al Codice civile, con le quali si dettano disposizioni generali in materia di fonti, nonché la stessa Costituzione, che, oltre ad essere
la prima fonte di produzione statuale, costituisce anche una fonte sulla produzione, dal momento che disciplina i processi di produzione delle fonti del
diritto (come, ad esempio, le leggi ordinarie e quelle costituzionali).
4 bis. In che modo vengono risolti i conflitti fra norme poste da
fonti collocate sullo stesso piano?
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In un ordinamento giuridico democratico e pluralista come quello italiano,
la eterogeneità delle fonti del diritto e la molteplicità dei relativi livelli di
produzione (sovranazionale, nazionale, regionale etc.) rendono altamente
probabile che una stessa fattispecie sia disciplinata in modo confliggente
da norme poste da fonti diverse, da fonti appartenenti allo stesso tipo ma
emanate in momenti e con modalità diverse.
Tuttavia, l’esigenza di certezza del diritto impone che eventuali antinomie,
cioè contrasti tra le fonti, siano risolte attraverso l’applicazione di una serie di criteri generali che consentano di individuare l’unica ed effettiva
norma da applicare al caso concreto.
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(1) Le fonti-fatto si caratterizzano per la loro legittimazione ex-post: mentre le fonti-atto sono oggetto
di precise statuizioni da parte dello Stato, che ne determina a priori contenuti, limiti e portata, le fontifatto consistono in comportamenti umani o fatti sociali non esplicitamente previsti dalla legge, ma
che, se tenuti dalla generalità dei consociati per un certo lasso di tempo (consuetudini), possono vedersi attribuita valenza normativa dall’ordinamento giuridico.
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Ordinamento giuridico
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Quando due norme confliggenti sono poste da fonti dello stesso tipo, collocate, quindi, sullo stesso piano (ad esempio due leggi ordinarie), il criterio applicato per eliminare le antinomie è quello cronologico, in base al
quale non si applica, perché si ritiene abrogata, la norma precedente, bensì
quella successiva, in base al principio lex posterior derogat priori (2).
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L’abrogazione è il fenomeno giuridico in base al quale l’area di applicabilità di una norma
viene circoscritta nel tempo da una norma successiva, nel senso che se prima essa era riferibile
ad una serie indefinita di fatti futuri, dopo l’abrogazione trova applicazione solo ad una
serie definita di fatti passati.
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L’art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile, che regola l’applicazione del criterio cronologico, individua tre diversi tipi di abrogazione:
— espressa, quando è la stessa fonte a prevederla individuando espressamente le norme ad essa soggette;
— tacita, quando la disciplina successiva è da considerarsi incompatibile
con la precedente;
— innominata, quando la fonte successiva regola l’intera materia già disciplinata da fonte anteriore.
L’abrogazione si distingue dalla illegittimità relativa alle norme poste da fonti di grado
inferiore che siano confliggenti con norme poste da fonti di grado superiore. In questo caso
l’ordinamento utilizza il criterio gerarchico per risolvere le antinomie normative.
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4 ter. Le norme consuetudinarie sono fonti del diritto?
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Gli usi o consuetudini costituiscono fonti (terziarie) non scritte caratterizzate dalla necessaria compresenza di due elementi:
— oggettivo, per cui il comportamento deve essere tenuto dalla generalità
dei soggetti in modo costante ed uniforme nel tempo;
— soggettivo, per cui deve sussistere la convinzione della giuridica
doverosità di quel comportamento (cd. opinio iuris ac necessitatis).
yr
Gli usi possono regolare solo materie non disciplinate dalla legge (cd. consuetudine praeter legem) e quelle già regolamentate dalla legge nei limiti
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(2) Si noti che il criterio cronologico non trova applicazione quando la norma precedente ha carattere
speciale, intervenendo in un settore già regolato da una legge generale e dettando un trattamento diverso rispetto ad un aspetto parziale: in tale circostanza la legge (generale) successiva non ha effetto
abrogatorio sulla norma speciale.
Anche nel caso di legge eccezionale (che pone per determinati valori ed interessi una particolare
derogatoria) vale lo stesso principio.
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Introduzione
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S.
in cui siano da questa espressamente richiamati (cd. consuetudine secundum
legem). Non è ammesso, invece, l’uso contra legem.
Gli usi normativi, fonti del diritto, devono essere distinti da:
— usi contrattuali, cioè usi applicati in un determinato luogo e con riferimento ad un determinato tipo di affari (art. 1340 c.c.);
— usi interpretativi, ossia usi con i quali individui di un certo luogo intendono un’espressione non chiara o ambigua inserita in un contratto ( art.
1368 c.c.).
Riferimento normativo: articolo 11 Cost.
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4 quater. Quali sono i rapporti fra fonti comunitarie e fonti interne?
Articolazione della risposta
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Concetto iniziale: precisare il fondamento dell’efficacia interna delle fonti comunitarie.
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L’Italia nel 1951 aderisce alla CECA, nel 1957 alla CEE e alla CEEA (anche nota come EURATOM) e successivamente all’Unione europea, il cui
ordinamento è costituito sia dai trattati istitutivi, che rappresentato fonti
primarie, che dalle norme prodotte dalle istituzioni comunitarie, qualificabili
come fonti derivate.
Nell’ambito delle fonti derivate si collocano i regolamenti comunitari,
che hanno portata generale e carattere obbligatorio in tutti i loro elementi
(3) e le direttive, che vincolano lo Stato membro quanto ai risultati da
raggiungere, lasciandolo libero quanto alla forma normativa e ai mezzi con
cui realizzarli.
Si ricordino, infine, le decisioni, anch’esse obbligatorie ma di portata individuale, cioè indirizzate a destinatari precisi (singoli Stati membri o persone fisiche o giuridiche) che acquistano efficacia con la semplice notifica ai
destinatari (art. 254 Trattato CE).
Le fonti comunitarie sono in grado di dispiegare i propri effetti anche nell’ordinamento nazionale di ciascuno degli Stati membri, e ciò, per la teoria
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(3) Si parla in questo caso di norme self-executing, che hanno diretta ed immediata applicazione in tutti
gli Stati membri, senza cioè la necessità che lo Stato conferisca al regolamento la veste di una legge
nazionale.
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Ordinamento giuridico
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generale del diritto, è possibile solo in quanto una norma di rango costituzionale lo autorizzi.
Tale norma è rappresentata in Italia dall’art. 11 Cost., che consente limitazioni di sovranità, quale certamente è il riconoscimento dell’efficacia di
fonti esterne nell’ordinamento nazionale, in condizioni di parità con gli
altri Stati qualora le stesse siano necessarie alla creazione e allo sviluppo
di un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni (4).
5. Che cosa sono i testi unici e che rango hanno nel sistema delle
fonti?
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Concetto iniziale: individuare le caratteristiche dei testi unici distinguendo fra
fonti di produzione e fonti di cognizione.
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Caratteristiche: individuare i diversi tipi di testi unici per determinare il loro
rango nel sistema delle fonti:
• testi unici di coordinamento;
• testi unici di mera compilazione.
Es
Altri elementi da evidenziare: individuare le caratteristiche dei testi unici misti;
il codice civile vigente nell’ordinamento giuridico italiano.
Domande consequenziali: testi unici misti; funzione e importanza di un Codice.
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Articolazione della risposta
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I testi unici sono atti che raccolgono, ed eventualmente riformulano, disposizioni evinte da molteplici testi normativi succedutisi nel tempo, che
in diversi momenti storici hanno disciplinato la stessa materia.
La loro natura può variare a seconda che siano o meno in grado di innovare i contenuti delle norme che essi raccolgono.
Sicuramente hanno valore normativo i testi unici di coordinamento, fra i
quali possono essere annoverati i testi unici di leggi ordinarie adottati con
legge del Parlamento, o dal Governo su delega parlamentare; i testi unici di
disposizioni regolamentari adottati con regolamento; i testi unici di norme
C
op
(4) Si noti che il testo dell’art. 11 Cost. fu così redatto dal costituente per sancire, dinnanzi al mondo ed
in maniera equivocabile, il carattere di «Stato amante della pace» del nostro Paese. Tale dichiarazione
unilaterale costituiva il necessario presupposto per l’annessione dell’Italia alle Nazioni Unite, dal
momento che, quando furono gettate le basi della sua istituzione, il nostro Paese era in posizione di
belligerante proprio contro gli Stati fondatori (USA, URSS, Francia e Inghilterra).
.
16
p.
A
Introduzione
Es
se
li
br
i
S.
regionali adottati con legge regionale. In tali ipotesi i testi unici sono dotati
della stessa forza e dello stesso valore delle disposizioni da unificare e
coordinare, per cui sono capaci di modificarle ed abrogarle come qualunque altra fonte equiordinata.
I testi unici di mera compilazione, invece, non hanno carattere innovativo e si limitano semplicemente a raccogliere, ordinare e semplificare il
materiale normativo preesistente senza disporre della forza necessaria
per modificarne i contenuti. Si tratta, pertanto, di fonti di mera cognizione.
In questa categoria rientrano, ad esempio, i testi unici autorizzati ma non
delegati dal legislatore al Governo, o quelli regionali, adottati dalla sola
Giunta e non dal Consiglio regionale.
Recentemente, è stata prevista una particolare categoria di testi unici di
mera compilazione, quella dei decreti legislativi che individuano i principi fondamentali in materia di legislazione regionale concorrente. Secondo la Corte costituzionale, che si è pronunciata sul punto con diverse
sentenze nel 2004, il legislatore delegato è tenuto soltanto a fornire un
mero quadro ricognitivo dei principi già esistenti, utilizzabile dalle Regioni in via transitoria fino a quando il nuovo assetto di competenze legislative delineato dalla riforma del Titolo V della Costituzione andrà completamente a regime.
©
5 bis. Cosa sono i testi unici misti?
C
op
yr
ig
ht
Per alcuni anni il nostro ordinamento ha assistito all’emanazione di testi
unici misti, ossia di testi unici considerati nello stesso tempo esercizio di
potestà legislativa delegata, nella parte in cui coordinavano disposizioni
contenute in fonti primarie, ed esercizio di potestà regolamentare
delegificante, nella parte in cui delegificavano settori prima regolati da
leggi e raccoglievano le conseguenti disposizioni di rango secondario (in
tal senso si era espresso il Consiglio di Stato in sede consultiva nel 2000).
Successivamente, la L. 340/2000, per superare i dubbi della dottrina circa la possibilità di configurare un atto che sia esercizio di due poteri
diversi, legislativo e regolamentare, ha espressamente previsto l’emanazione di un testo unico di cognizione che raccolga insieme le disposizioni di un decreto legislativo e di un regolamento. A partire dalla L. 229/
2003, che ha abrogato l’art. 7 della L. 50/1999 che li aveva introdotti,
tuttavia, l’esperienza dei testi unici misti deve considerarsi conclusa e
.
17
p.
A
Ordinamento giuridico
br
i
S.
sostituita da quella dei codici di settore, finalizzati al riassetto di interi
settori legislativi attraverso un’opera di codificazione realizzata mediante delega legislativa.
In effetti, con la riforma costituzionale del 2001, il testo unico misto caratterizzato da un’ampia delegificazione avrebbe incontrato seri ostacoli ad
affermarsi nelle materie di competenza legislativa regionale concorrente e
residuale, stante il divieto, posto a carico dello Stato dall’art. 117, co. 6
Cost., di esercitare la potestà regolamentare al di fuori delle materie di
competenza esclusiva statale.
5 ter. Qual è la funzione e l’importanza di un Codice?
yr
ig
ht
©
Es
se
li
Il Codice è una legge che disciplina organicamente un’intera materia.
Non è una legge formalmente superiore ad altre leggi. La sua importanza
risiede, tuttavia, nella sistematicità e compiutezza della disciplina ivi contenuta.
Il Codice Civile vigente, approvato con Regio decreto 16 marzo 1942, n.
262 ed entrato in vigore il successivo 21 aprile, si compone di una parte
introduttiva e di sei libri:
— la parte introduttiva, composta di 31 articoli, è dedicata alle disposizioni sulla legge in generale (cd. «preleggi») e tratta delle fonti del diritto,
nonché dell’efficacia soggettiva, spaziale e temporale delle leggi;
— il primo libro (artt. 1-455) è dedicato alle persone ed alla famiglia;
— il secondo libro (artt. 456-809) alle successioni e donazioni;
— il terzo libro (artt. 810-1172) alla proprietà, al possesso ed agli altri
diritti reali (è intitolato genericamente «Della proprietà»);
— il quarto libro (artt. 1173-2059) alle obbligazioni;
— il quinto libro (artt. 2060-2642) al lavoro ed alle società;
— il sesto libro (artt. 2643-2969) alla tutela dei diritti.
Il codice civile si compone di articoli numerati (2969). Ogni articolo ha
una propria intitolazione detta rubrica e può dividersi in più periodi separati da un capo, detti commi.
C
op
Istituti collegati: fonti di produzione e fonti di cognizione; decreti legislativi; regolamenti.
.
18
p.
A
Introduzione
6. Cos’è l’interpretazione giuridica?
Concetto iniziale: definire il concetto di interpretazione.
S.
Riferimento normativo: articolo 12 disp. prel. c.c.
i
Caratteristiche: individuare i diversi tipi di interpretazione delle fonti del diritto:
• interpretazione letterale;
• interpretazione logica;
• interpretazione sistematica.
br
Altri elementi da evidenziare: l’interpretazione autentica come vera e propria
fonte del diritto.
li
Domande consequenziali: interpretazione analogica; metodi per colmare le
lacune del diritto; differenza tra analogia ed interpretazione estensiva.
se
Articolazione della risposta
yr
ig
ht
©
Es
È il processo logico attraverso il quale si individua, chiarisce e determina il
contenuto di una legge, atto amministrativo, atto privato etc. in riferimento
ai «valori supremi» della Costituzione e del Corpo sociale.
È una operazione ermeneutica, cioè interpretativa, che può essere svolta da
diversi soggetti e a diversi livelli.
Se è la stessa legge a chiarire e definire il significato di una legge, per non
ingenerare contrasti interpretativi, si parla di interpretazione autentica che,
come tale, ha efficacia generale (vincola, cioè, tutti i consociati) e retroattiva;
essa si distingue dalla interpretazione giurisprudenziale e dottrinale, che hanno
rango e portata differenti, in relazione ai soggetti che l’hanno posta in essere.
Rispetto al testo normativo, poi, l’interpretazione può essere: letterale (se
si limita all’esame del solo senso grammaticale delle parole); logica (se
l’interprete va oltre il significato letterale-sintattico e, tenendo presente lo
scopo della norma, trova una definizione più completa); sistematica (se si
tiene conto del contesto più ampio delle altre norme e dei principi che
regolano globalmente la materia).
6 bis. Cosa si intende per interpretazione analogica?
op
Articolazione della risposta
C
Ogni ordinamento giuridico deve considerarsi completo, cioè idoneo a regolare tutte le situazioni concrete che si presentano nella vita sociale.
.
19
p.
A
Ordinamento giuridico
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
Esistono, comunque, ipotesi in cui una fattispecie concreta non possa essere definita ricercando e applicando una norma di legge preesistente: si delinea in tal caso una lacuna del diritto.
Per far fronte a tale situazione, inevitabile se si considera che il legislatore
non può essere onniveggente e onniloquente, la dogmatica giuridica pone
a disposizione dell’interprete diverse soluzioni e strumenti ermeneutici.
In particolare, l’interprete può avvalersi del ragionamento analogico, vale
a dire può applicare alla fattispecie sottoposta alla sua attenzione la disciplina prevista per altre fattispecie, laddove ritenga di poter accomunare
entrambe sotto la stessa ratio, dalla quale non può non derivare una stessa
conseguenza giuridica (analogia legis).
Qualora il ragionamento analogico non sia sufficiente a risolvere il caso
concreto, l’interprete deve costruire il suo ragionamento ricorrendo all’applicazione dei principi generali dell’ordinamento (analogia iuris).
Tuttavia il ricorso all’analogia è vietato in alcuni casi particolari: l’art. 14
disp. prel. c.c. vieta il ricorso all’analogia nel diritto penale. Il fondamento di tale divieto deve essere ravvisato nel principio sancito dall’art. 25, co.
2, Cost. ed espresso dall’antico brocardo «nullum crimen, nulla poena sine
lege».
Anche le leggi eccezionali, ossia le leggi che derogano ad altre leggi o a
regole generali, per motivi contingenti non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati: ciò discende evidentemente dal carattere derogatorio
di tali leggi.
Si noti infine che numerosi e corretti ricorsi all’analogia si sono avuti in
materia di navigazione aerea, la cui disciplina è stata mutuata dalle norme
più antiche e sperimentate che regolano la navigazione marittima.
ig
6 ter. È possibile individuare altri metodi per colmare eventuali lacune del diritto?
C
op
yr
Il ricorso all’interpretazione estensiva (lex minus dixit quam voluit): con
essa si fa rientrare la disciplina di una fattispecie «incerta» sotto una precisa norma di legge. Tale principio può essere anche invocato per risolvere il
problema delle lacune: in tal caso si fa leva sugli scopi o le intenzioni del
legislatore sottesi alla lettera della norma stessa, ricorrendo all’interpretazione estensiva della norma esistente.
.
20
p.
A
Introduzione
6 quater. Qual è la differenza tra analogia e interpretazione estensiva?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
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i
S.
L’analogia non va confusa con l’interpretazione estensiva: infatti, con quest’ultima si resta sempre nell’ambito della norma, pur se dilatata fino al
limite della sua massima espansione. Con l’analogia, invece, si va oltre i
confini della norma, giacché il caso da disciplinare non può essere in alcun
modo ricompreso nella medesima.
.
A
p.
S.
PARTE PRIMA
PERSONE E FAMIGLIA
Sezione Prima
Le persone
Pag.
23
2. In quale caso una persona può dirsi scomparsa? ..............................
2 bis. Qual è la differenza tra scomparsa e assenza? 2 ter. Quali sono gli
effetti della dichiarazione di morte presunta?
»
26
3. Quali sono i presupposti dell’interdizione giudiziale? ......................
3 bis. Quando si fa luogo ad interdizione legale? 3 ter. In quali casi si
può avere un provvedimento di inabilitazione? 3 quater. Diversamente dall’interdetto, quali atti può compiere personalmente l’inabilitato?
3 quinquies. Che differenza c’è fra tutela e curatela? 3 sexies. Quando è annullabile l’atto compiuto dall’incapace naturale? 3 septies.
Quali sono i caratteri dell’amministrazione di sostegno?
»
29
4. Cosa si intende per domicilio? ............................................................
4 bis. Che differenza c’è tra domicilio e residenza? 4 ter. La dimora
può assumere rilevanza giuridica? 4 quater. È valida la notificazione
eseguita nella sede effettiva della persona giuridica anziché in quella
legale?
»
33
5. Come si classificano le persone giuridiche? .......................................
5 bis. Le persone giuridiche possono essere titolari di diritti personalissimi? 5 ter. Quali sono gli elementi che differenziano le associazioni dalle fondazioni? 5 quater. Come si costituiscono le associazioni e
le fondazioni? 5 quinquies. In che modo le associazioni acquistano la
personalità giuridica? 5 sexies. Di che tipo di autonomia patrimoniale
gode l’associazione non riconosciuta? 5 septies. Esistono le fondazioni di fatto? 5 octies. Cosa accade se un comitato non riconosciuto
è incorporato in un comitato riconosciuto? 5 nonies. È ammissibile la
costituzione di un’impresa senza scopo di lucro? 5 decies. Cos’è il trust?
»
35
C
op
yr
ig
ht
©
Es
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br
i
1. Qual è la differenza tra capacità giuridica e capacità di agire? ............
1 bis. Quale forma di capacità l’ordinamento riconosce al concepito?
1 ter. Può riconoscersi capacità giuridica al nascituro non concepito?
1 quater. Quali effetti produce l’emancipazione? 1 quinquies. Quali
limiti sono connessi alla capacità in materia di lavoro del minore d’età?
.
22
p.
A
Parte Prima - Sezione Prima
S.
Sezione Seconda
La famiglia
Pag.
41
7. Quali sono i requisiti per contrarre matrimonio? .............................
7 bis. Quali sono i passaggi della celebrazione di un matrimonio di un culto
ammesso? 7 ter. Si può parlare di matrimonio inesistente? 7 quater. È
nullo il matrimonio contratto per effetto di errore? 7 quinquies. Cosa si
intende per matrimonio putativo? 7 sexies. Cosa si intende per «convivenza
more uxorio»?
»
43
8. Qual è il regime patrimoniale legale dei rapporti fra i coniugi? ...........
8 bis. Sotto quali aspetti la comunione legale si differenzia dalla comunione ordinaria? 8 ter. Come vanno stipulate le convenzioni matrimoniali? 8 quater. È possibile l’alienazione dei beni del fondo patrimoniale?
8 quinquies. Le prestazioni lavorative rese nell’ambito dell’impresa
familiare sono gratuite?
»
47
9. A chi spetta l’amministrazione dei beni in comunione legale? ...........
9 bis. Gli atti compiuti senza il necessario consenso dell’altro coniuge sono
sempre invalidi? 9 ter. Gli acquisti compiuti da un solo coniuge durante il
matrimonio ricadono nella comunione? 9 quater. I beni acquistati dal coniuge prima del matrimonio ricadono nella comunione? 9 quinquies. Cosa
si intende per «comunione de residuo»? 9 sexies. Quali sono le cause di
scioglimento della comunione?
»
50
»
53
»
55
©
Es
se
li
br
i
6. Quante forme di matrimonio sono ammesse nel nostro ordinamento? ..
6 bis. Quali conseguenze si verificano in caso di rifiuto di eseguire la
promessa di matrimonio? 6 ter. In cosa consiste la pubblicazione del
matrimonio? 6 quater. È valido il matrimonio celebrato all’estero e
non pubblicato?
yr
ig
ht
10. Cos’è e quali effetti produce la separazione personale dei coniugi? .....................................................................................................
10 bis. Quanti tipi di separazione sono previsti dall’ordinamento?
10 ter. A quale dei coniugi il giudice deve preferibilmente affidare i
figli in caso di separazione? 10 quater. Per aversi riconciliazione è
necessaria una pronuncia del Tribunale? 10 quinquies. La violazione dell’obbligo di fedeltà determina separazione con addebito al
coniuge adultero?
C
op
11. Come si acquista lo status di figlio legittimo?....................................
11 bis. In quali casi è ammessa l’azione di disconoscimento della paternità? 11 ter. Come va effettuato il riconoscimento del figlio naturale?
11 quater. In cosa differisce il trattamento dei figli naturali riconosciuti rispetto a quello dei figli legittimi?
.
23
12. Quali sono i requisiti stabiliti per l’adozione dei minori? ................
12 bis. Cosa si intende per stato di adottabilità? 12 ter. È possibile l’adozione di un maggiorenne?
Pag.
S.
13. Quando è stato introdotto nel nostro ordinamento l’istituto del
divorzio? ................................................................................................
13 bis. Qual è il foro generale competente per la domanda volta ad ottenere la separazione o il divorzio? 13 ter. Quali sono gli effetti personali
del divorzio? 13 quater. In che modo si propone la domanda di separazione personale dei coniugi? 13 quinquies. Qual è il fondamento dell’azione di separazione? 13 sexies. Nel procedimento di separazione personale dei coniugi qual è la ratio dell’udienza dinanzi al Presidente del
Tribunale? 13 septies. In che cosa consiste la bifasicità dell’udienza presidenziale? 13 octies. Nell’udienza presidenziale i coniugi devono comparire personalmente ed essere assistiti da un difensore? 13 novies. Quali
provvedimenti può assumere il presidente? 13 decies. Ai fini della proposizione della domanda di divorzio in caso di separazione dei coniugi
da quando decorre il termine triennale?
p.
A
Le persone
60
se
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br
i
»
58
Es
Sezione Prima
Le persone
1. Qual è la differenza tra capacità giuridica e capacità di agire?
©
Riferimento normativo: articoli 1, 2 c.c.
ht
Definizione: evidenziare che la capacità giuridica è l’attitudine della persona ad
essere titolare di rapporti giuridici, mentre la capacità di agire è l’idoneità del
soggetto ad acquistare ed esercitare da solo, con il proprio volere, diritti soggettivi e ad assumere obblighi.
ig
Altri aspetti: sottolineare che la capacità giuridica si acquista al momento della nascita, mentre la capacità di agire si acquista al raggiungimento della maggiore età.
yr
Domande consequenziali: capacità del concepito; status giuridico del nascituro
non concepito; emancipazione; capacità del minore in materia di lavoro.
Articolazione della risposta
C
op
La capacità giuridica è l’astratta attitudine della persona ad essere titolare di
rapporti giuridici, cioè di situazioni giuridiche attive e passive, e come tale
mette il soggetto in condizione di vivere ed operare nel mondo del diritto.
.
24
p.
A
Parte Prima - Sezione Prima
Es
se
li
br
i
S.
La capacità di agire, risiede nella idoneità del soggetto a porre in essere
i negozi giuridici e nella volontarietà dello stesso ad accettarne gli effetti.
In pratica, con la capacità di agire il soggetto è posto in condizione di compiere un’attività giuridicamente rilevante e di diventare protagonista attivo
sulla scena giuridica.
Ai sensi dell’art. 1 c.c., la capacità giuridica si acquista in modo automatico al momento della nascita, e cessa soltanto con la morte del soggetto,
non potendo per nessun motivo un individuo essere privato della capacità
giuridica.
La capacità d’agire si acquista invece al raggiungimento della maggiore
età (art. 2), ossia quando si presume che l’individuo sia in grado di curare
consapevolmente i propri interessi e di valutare la portata degli atti da porre in essere.
Il minore d’età, dunque, ha capacità giuridica, nel senso che ben può essere
titolare di un diritto di proprietà, ma non ha capacità di agire, non potendo
cioè egli disporre di tale diritto autonomamente per suo conto provvede il
genitore o il tutore.
1 bis. Quale forma di capacità l’ordinamento riconosce al concepito?
C
op
yr
ig
ht
©
Nonostante quanto previsto dall’art. 1 c.c., che ricollega l’acquisto della
capacità giuridica all’evento della nascita, la legge prende eccezionalmente in considerazione la condizione del concepito, riconoscendogli la possibilità di essere titolare di diritti, sia pure subordinatamente all’evento della
nascita (art. 1, comma 2 c.c.).
I casi più importanti previsti dal codice sono:
a) l’art. 462, co.1, c.c., il quale prevede che sono capaci di succedere tutti
coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione; a norma del comma 2 deve presumersi «concepito» al tempo
dell’apertura della successione, colui la cui nascita avvenga entro 300
gg. dalla morte del de cuius;
b) l’art. 784 c.c., il quale stabilisce che il concepito è capace di ricevere
per donazione. Parte della dottrina (BIANCA), nel caso del concepito,
si verificherebbe un’anticipazione della capacità giuridica, in ragione
della quale il nascituro sarebbe da ritenere già un soggetto di diritto; in
particolare, secondo alcuni, sussisterebbe una capacità provvisoria che
diviene definitiva con l’evento della nascita e che, invece, si risolve con
.
25
p.
A
Le persone
br
i
S.
efficacia ex tunc se tale evento non segue; diversamente, altra parte
della dottrina sostiene che il nascituro debba intendersi quale centro
autonomo di imputazione di rapporti giuridici in previsione ed attesa
della persona, in relazione al quale l’evento della nascita si pone quale
condicio iuris che come tale non retroagisce.
Una sorta di capacità è riconosciuta anche a favore dei non concepiti, i
quali possono ricevere per testamento (art. 462, co.3) e per donazione (art.
784). L’unica condizione posta dal legislatore è che si tratti di figli di una
determinata persona vivente al tempo del testamento o della donazione.
1 ter. Può riconoscersi capacità giuridica al nascituro non concepito?
ht
©
Es
se
li
Una sorta di capacità è riconosciuta anche a favore dei non concepiti, i
quali possono ricevere per testamento (art. 462, co. 3) e per donazione (art.
784). L’unica condizione posta dal legislatore è che si tratti di figli di una
determinata persona vivente al tempo del testamento o della donazione.
In particolare, sul piano della disciplina giuridica, la posizione del nascituro
non concepito si differenzia da quella del concepito sotto i seguenti aspetti:
— i concepiti rientrano nelle regole della successione legittima, mentre i
non concepiti possono ricevere solo per testamento;
— per i concepiti l’amministrazione dei beni ereditari spetta ai genitori,
mentre per i non concepiti all’amministratore dell’eredità;
— solo per i concepiti la tutela si estende ai rapporti personali, in quanto
solo il nascituro concepito può essere riconosciuto come figlio naturale.
1 quater. Quali effetti produce l’emancipazione?
C
op
yr
ig
Con il termine emancipazione si indica lo status di limitata capacità di
agire di un soggetto che non abbia ancora compiuto gli anni diciotto, qualora, avendo compiuto i 16 anni, sia stato ammesso per gravi motivi a
contrarre matrimonio.
Gli effetti dell’emancipazione sono:
— la cessazione della potestà genitoriale, in quanto l’emancipato è sottoposto a curatela (cioè all’assistenza, per taluni atti, di un curatore);
— l’acquisto di una limitata capacità di agire, circoscritta dalla legge
agli atti non eccedenti l’ordinaria amministrazione. Tuttavia, qualora
l’emancipato venga autorizzato dal tribunale all’esercizio da solo di
.
26
p.
A
Parte Prima - Sezione Prima
S.
un’impresa commerciale, egli acquista la piena capacità di agire anche
al di fuori delle attività inerenti all’impresa, ad eccezione della capacità
di donare e di fare testamento.
1 quinquies.Quali limiti sono connessi alla capacità in materia di
lavoro del minore d’età?
li
br
i
Il minore infradiciottenne, pur avendo la capacità di esser parte in un rapporto di lavoro, non ha la capacità di agire. Ne deriva che la riscossione
del salario, il rilascio delle quietanze e qualunque altra manifestazione di
volontà o di scienza che importi disposizione di diritti, possono essere effettuate solo dal suo rappresentante legale (Cass. 19-8-1977, n. 3795).
se
Istituti collegati: rappresentanza legale; curatela; capacità di succedere.
2. In quale caso una persona può dirsi scomparsa?
Es
Riferimento normativo: articolo 48 c.c.
Definizione: evidenziare che si ha scomparsa nel caso di allontanamento di
una persona dal suo ultimo domicilio o residenza e della mancanza di notizie
relative alla persona stessa.
©
Aspetti principali: specificare le conseguenze giuridiche della scomparsa:
• lo scomparso non può ricevere eredità;
• il tribunale può nominare un curatore.
ht
Altri aspetti: sottolineare che se vi è un rappresentante legale dello scomparso
non si fa luogo alla nomina del curatore.
ig
Domande consequenziali: differenza tra scomparsa e assenza; dichiarazione
di morte presunta.
Articolazione della risposta
C
op
yr
La scomparsa (art. 48) è una situazione di fatto che si concretizza nell’allontanamento di una persona dal suo ultimo domicilio o residenza e nella mancanza di notizie relative alla persona stessa.
A questo fatto sono collegate due conseguenze giuridiche:
a) lo scomparso non può ricevere eredità (all’eventuale successione aperta
in suo favore dopo la scomparsa saranno chiamati coloro ai quali sareb-
.
27
p.
A
Le persone
li
br
i
S.
be spettata in sua mancanza), né può acquistare altro diritto, in ossequio
al principio che il fatto dell’esistenza deve essere provato in relazione al
momento dell’acquisto del diritto stesso (SANTORO-PASSARELLI);
b) il tribunale dell’ultimo domicilio o dell’ultima residenza dello scomparso può — su istanza di qualunque interessato o del pubblico ministero — nominare un curatore che provveda alla conservazione del patrimonio dello scomparso.
Si ricordi che se vi è un rappresentante legale non si fa luogo alla nomina
del curatore, mentre se vi è un procuratore il tribunale provvede soltanto
per gli atti che il medesimo non può compiere. In queste ipotesi, infatti,
esiste già un soggetto che cura gli interessi dello scomparso.
2 bis. Qual è la differenza tra scomparsa e assenza?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
A differenza della scomparsa, che è una situazione di fatto, l’assenza è
una situazione di diritto, essendo dichiarata con provvedimento giudiziale.
In particolare, trascorsi due anni dal giorno in cui risale l’ultima notizia
dello scomparso, i presunti successori legittimi e chiunque creda ragionevolmente di avere sui beni dello scomparso diritti dipendenti dalla sua morte
possono domandare al tribunale competente didichiararne con sentenza
l’assenza (art. 49).
L’assenza opera solo nel campo dei diritti patrimoniali e non scioglie il
vincolo matrimoniale. Tuttavia, qualora il coniuge dell’assente contragga
un nuovo matrimonio, questo non potrà essere impugnato finché permanga l’assenza (art. 117).
Alla dichiarazione di assenza può far seguito:
— l’apertura del testamento dell’assente, se questi lo ha redatto;
— l’immissione nel possesso temporaneo dei beni, su domanda dell’erede
testamentario o legittimo;
— l’esercizio temporaneo dei diritti che spetterebbero, a seguito della
morte dell’assente, ai suoi successori;
— il temporaneo esonero dall’adempimento delle obbligazioni, se esse
sono destinate ad estinguersi con la morte del creditore.
L’assenza cessa:
— con l’accertamento della morte dell’assente;
— con la dichiarazione di morte presunta;
.
28
p.
A
Parte Prima - Sezione Prima
S.
— con il ritorno dell’assente o con la prova che egli è vivente: in tal caso,
è ripristinato ogni diritto dell’assente e cessano gli effetti della dichiarazione di assenza.
2 ter. Quali sono gli effetti della dichiarazione di morte presunta?
op
yr
ig
ht
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Es
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i
Decorsi dieci anni dal giorno a cui risale l’ultima notizia dell’assente, il
tribunale, su istanza del pubblico ministero o di chiunque creda ragionevolmente di avere sui beni dello scomparso diritti derivanti dalla sua morte, può dichiarare con sentenza (art. 58) la morte presunta dell’assente.
Più precisamente, può aversi la dichiarazione giudiziale di morte presunta quando:
— la scomparsa si protrae da dieci anni;
— la scomparsa è avvenuta in occasione di avvenimenti tali da far ritenere probabile la morte (operazioni belliche, cattura in guerra, internamento o deportazione, etc.), e si protrae da oltre due anni dal trattato
di pace o da oltre tre anni dalla fine delle ostilità;
— la scomparsa è avvenuta in seguito ad infortunio e si protrae da oltre
due anni.
Gli effetti della dichiarazione di morte presunta sono analoghi a quelli
della morte accertata, e pertanto:
a) si estinguono i diritti personali;
b) gli aventi diritto possono liberamente disporre dei beni del presunto
morto;
c) il coniuge può contrarre nuovo matrimonio;
d) si apre la successione ereditaria, ma è obbligatorio procedere all’inventario dei beni.
In caso di ritorno del presunto morto, o di prova della sua esistenza in
vita, gli effetti della dichiarazione di morte presunta cessano ex nunc; infatti:
— i beni sono restituiti al presunto morto nello stato in cui si trovano al
momento del ritorno, e non come li ha lasciati (art. 66);
— il matrimonio eventualmente contratto dal coniuge è nullo, salvi gli effetti civili (art. 68).
C
Istituti collegati: successione mortis causa; effetti del matrimonio.
.
29
3. Quali sono i presupposti dell’interdizione giudiziale?
S.
Riferimento normativo: articolo 414 c.c.
p.
A
Le persone
Definizione: evidenziare che si ha interdizione giudiziale quando colui che è
affetto da abituale infermità di mente è dichiarato, con sentenza, incapace di
provvedere ai propri interessi.
li
br
i
Soggetti legittimati all’azione: specificare che l’interdizione può essere richiesta da:
• coniuge;
• persona stabilmente convivente;
• parenti entro il quarto grado;
• affini entro il secondo grado;
• tutore;
• curatore;
• pubblico ministero.
se
Aspetti principali: precisare che dalla sentenza di interdizione deriva l’incapacità totale di agire dell’interdetto in materia di negozi patrimoniali e familiari.
Es
Altri aspetti: sottolineare che tutti gli atti compiuti dall’interdetto posteriormente
alla sentenza di interdizione sono annullabili.
Domande consequenziali: interdizione legale; inabilitazione; capacità d’agire
dell’inabilitato; differenza fra tutela e curatela; incapace naturale; amministrazione di sostegno.
©
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
ht
Si ha interdizione giudiziale (art. 414) quando colui che si trova affetto da
grave ed abituale infermità di mente è dichiarato, con sentenza, incapace di provvedere ai propri interessi.
Per giungere all’interdizione non basta un’incapacità di provvedere ai propri interessi determinata da difetto di cultura o di esperienza, ma è necessaria una vera e propria alterazione delle facoltà mentali. Inoltre, in seguito all’emanazione della L. 9-1-2004, n. 6, l’interdizione non è più obbligatoria ma deve essere disposta solo quando ciò si riveli necessario ai fini
dell’adeguata protezione dell’incapace. Qualora il giudice, nel corso del
giudizio di interdizione, ritenga opportuno applicare il diverso istituto
dell’amministrazione di sostegno, dispone a tal fine la trasmissione degli
atti al giudice tutelare (art. 418).
L’interdizione può essere richiesta, con ricorso al Tribunale, dal coniuge, dalla
persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini
.
30
p.
A
Parte Prima - Sezione Prima
Es
se
li
br
i
S.
entro il secondo grado, dal tutore o curatore e dal pubblico ministero. Se l’interdicendo è sottoposto a potestà genitoriale o a curatela di un genitore, soltanto il genitore o il pubblico ministero possono promuovere l’interdizione.
Dalla sentenza di interdizione, provvisoriamente esecutiva (i suoi effetti si
producono con la semplice pubblicazione e senza attendere il passaggio in
giudicato), deriva l’incapacità totale di agire dell’interdetto in materia di
negozi patrimoniali e familiari, ma nella stessa sentenza il giudice può stabilire che l’interdetto può compiere taluni atti di ordinaria amministrazione senza l’intervento ovvero con l’assistenza del tutore.
Tutti gli atti compiuti dall’interdetto posteriormente alla sentenza di interdizione sono annullabili su istanza del tutore, dell’interdetto stesso, dei
suoi eredi o aventi causa.
La modificazione o la cessazione dell’interdizione si ha con:
a) la revoca dell’interdizione, pronunciata con sentenza dal tribunale;
b) la trasformazione dell’interdizione in inabilitazione, che si verifica
quando il giudice, pur revocando l’interdizione, pronunzi l’inabilitazione
ritenendo l’interdetto non più gravemente infermo.
3 bis. Quando si fa luogo ad interdizione legale?
C
op
yr
ig
ht
©
Si parla di interdizione legale per indicare l’incapacità prevista quale pena
accessoria dalla legge (art. 32 c.p.) per effetto della condanna all’ergastolo o alla reclusione per un tempo non inferiore ai cinque anni per reato
doloso.
A differenza dell’interdizione giudiziale, che è una forma di protezione dell’incapace, l’interdizione legale ha carattere di misura sanzionatoria ed opera
ipso iure quale effetto della condanna, cioè senza bisogno di un giudizio.
I due istituti si differenziano ulteriormente sotto i seguenti aspetti:
a) l’incapacità legale concerne tutti gli atti di natura patrimoniale, ma
non si estende agli atti aventi carattere personale o familiare (l’interdetto legale può dunque contrarre matrimonio o riconoscere il figlio
naturale);
b) l’interdetto legale può anche fare testamento;
c) l’annullabilità degli atti compiuti dall’interdetto legale non è posta nel
suo esclusivo interesse, ed infatti l’incapacità può essere fatta valere da
chiunque vi abbia interesse (cd. annullabilità assoluta).
.
31
p.
A
Le persone
3 ter. In quali casi si può avere un provvedimento di inabilitazione?
Es
se
li
br
i
S.
L’inabilitazione (art. 415) è una situazione giuridica conseguente a particolari condizioni psico-fisiche del soggetto che lo pongono in condizione di
parziale incapacità.
Si può avere inabilitazione nei casi di:
a) infermità abituale di mente non grave da cui sia affetto il soggetto
maggiore di età, cioè infermità non così grave da giustificare l’interdizione;
b) prodigalità (ossia l’abitudine di spendere in modo disordinato e smisurato in relazione alle proprie condizioni economiche) o abuso di bevande alcoliche o stupefacenti, quando tali pratiche espongano il soggetto o la sua famiglia a grave pregiudizio economico;
c) imperfezioni o menomazioni fisiche, come la sordità o la cecità dalla
nascita o dalla prima infanzia, che non siano state accompagnate da
un’educazione correttiva tale da assicurare al soggetto una sufficiente
autonomia psico-fisica.
3 quater. Diversamente dall’interdetto, quali atti può compiere personalmente l’inabilitato?
C
op
yr
ig
ht
©
A differenza dell’interdetto, l’inabilitato conserva un certo margine di capacità di agire (cd. capacità legale limitata); in particolare l’inabilitato:
a) può compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione;
b) può compiere gli atti di natura personale (matrimonio, riconoscimento di figlio naturale);
c) può compiere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione con l’autorizzazione del giudice tutelare e il consenso del curatore;
d) può compiere gli atti di disposizione (art. 375) con l’autorizzazione
del tribunale e l’assistenza del curatore, se curatore non è il genitore;
e) può essere autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale, purché si tratti di continuazione di attività già intrapresa.
Gli atti compiuti, dopo la sentenza di inabilitazione, senza l’osservanza
delle prescritte formalità sono annullabili su istanza dell’inabilitato o dei
suoi eredi o aventi causa (art. 427).
.
32
p.
A
Parte Prima - Sezione Prima
3 quinquies.Che differenza c’è fra tutela e curatela?
li
br
i
S.
Tutela e curatela sono entrambi istituti di protezione degli incapaci, ma
mentre la prima è una forma di rappresentanza legale, la seconda configura il diverso fenomeno dell’assistenza. Più precisamente, le differenze
tra tutela e curatela possono così riassumersi:
a) il curatore non ha funzioni di rappresentanza ma di assistenza, poiché non sostituisce ma integra la volontà dell’emancipato o dell’inabilitato;
b) l’attività del curatore non viene in rilievo per tutti gli atti, ma solo per
alcuni di essi;
c) il curatore cura solo interessi di natura patrimoniale e provvede pertanto solo alla cura dei beni (tutor datur personae, curator bonis).
se
3 sexies. Quando è annullabile l’atto compiuto dall’incapace naturale?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
L’incapacità naturale o di fatto (art. 428), o incapacità di intendere o di
volere, consiste nell’effettiva e reale inettitudine psichica, dovuta a qualsiasi causa anche transitoria (infermità di mente, sonnambulismo, suggestione ipnotica, ubriachezza, etc.), in cui viene a trovarsi un soggetto normalmente capace nel momento in cui compie un determinato atto. Si pensi all’esempio (PIETROBON) della persona che non riesca a redigere un
testamento per l’incapacità, magari dovuta ad arteriosclerosi, di tenere a
mente ciò che vuole scrivere per il tempo necessario a fissare la propria
idea sulla carta.
L’atto posto in essere in stato di incapacità di intendere e di volere è
annullabile e l’azione di annullamento si prescrive in cinque anni dal
giorno in cui è stato compiuto l’atto.
Essendo però l’incapacità naturale uno stato dell’individuo non
preventivamente accertato mediante sentenza (come nel caso dell’interdizione e dell’inabilitazione), si pone il problema di tutelare il soggetto che
ha contrattato in buona fede con l’incapace naturale. Di conseguenza il
legislatore ha distinto e differentemente disciplinato diverse ipotesi:
a) per gli atti unilaterali l’annullabilità è ammessa in tutti i casi in cui
dall’atto possa derivare un grave pregiudizio per colui che ha contrattato in stato di incapacità naturale;
.
33
p.
A
Le persone
S.
b) per i contratti l’annullabilità è ammessa solo quando sussiste la malafede dell’altro contraente, cioè quando il contraente era a conoscenza
delle condizioni di anormalità in cui si trovava l’altra parte;
c) per alcuni specifici atti (matrimonio, testamento, donazione) l’annullamento è sempre ammesso senza che vi sia necessità di altri requisiti.
i
3 septies. Quali sono i caratteri dell’amministrazione di sostegno?
ht
©
Es
se
li
br
L’amministrazione di sostegno — introdotta dall’art. 3 della legge 9-1-2004,
n. 6 — ha la finalità di offrire a chi si trovi in condizioni di menomazione
fisica o psichica (intesa in senso ampio, cioè comprensiva di patologie quali
l’autismo, la demenza senile, etc.) o nell’impossibilità, anche parziale o
temporanea, di provvedere ai propri interessi uno strumento di assistenza
che ne sacrifichi nella minor misura possibile la capacità di agire. Tale specifica funzione differenzia l’amministrazione di sostegno dagli altri istituti a
tutela degli incapaci, quali l’interdizione e l’inabilitazione, modificati dalla
stessa L. 6/2004 attraverso la modifica degli artt. 414 e 427 del codice civile.
Difatti, il soggetto nei cui confronti è disposta l’amministrazione di sostegno, conserva la capacità di agire in relazione a tutti quegli atti che non richiedano la necessaria rappresentanza o assistenza dell’amministratore di
sostegno. Rispetto ai predetti istituti, l’ambito di applicazione dell’amministrazione di sostegno va individuato con riguardo alla maggiore idoneità di
tale strumento ad adeguarsi alle esigenze del soggetto carente di autonomia,
in relazione alla sua flessibilità ed alla maggiore agilità della relativa procedura applicativa (Cass. 12-6-2006, n. 13584).
ig
Istituti collegati: capacità giuridica; capacità d’agire; annullabilità del
negozio giuridico.
4. Cosa si intende per domicilio?
yr
Riferimento normativo: articolo 43 c.c.
Definizione: specificare che il domicilio è il luogo ove il soggetto stabilisce la
sede principale dei propri affari ed interessi.
C
op
Altri aspetti: precisare che il domicilio ha rilievo per l’apertura della successione a causa di morte e per la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore commerciale.
.
34
p.
A
Parte Prima - Sezione Prima
Domande consequenziali: differenza tra domicilio e residenza; dimora; notificazione nella sede effettiva della persona giuridica.
S.
Articolazione della risposta
se
li
br
i
Il domicilio è il luogo ove il soggetto stabilisce la sede principale dei propri
affari ed interessi. Due, pertanto, sono gli elementi di individuazione:
a) un elemento oggettivo caratterizzato dalla presenza in un luogo dei
prevalenti interessi economici della persona;
b) un elemento soggettivo costituito dall’intenzione di fissare nel luogo
prescelto la sede principale dei propri affari.
Il domicilio ha rilievo, in particolare, per l’apertura della successione a
causa di morte (art. 456) e per la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore commerciale (art. 9 legge fallimentare).
4 bis. Che differenza c’è tra domicilio e residenza?
ig
ht
©
Es
La residenza è una situazione di fatto che implica l’effettiva e abituale
presenza di un soggetto in un dato luogo. Il domicilio, invece, implica una
valutazione di tipo economico-sociale, relativa alla localizzazione degli
affari o interessi, che non postula la necessaria presenza del soggetto nel
luogo di cui trattasi: si parla, a questo proposito, di res iuris.
La distinzione non è senza rilievo: mentre possono aversi più residenze, il
domicilio generale (cioè il centro principale degli affari ed interessi) non
può che essere unico (TRABUCCHI).
La residenza può essere scelta e mutata liberamente, ma il trasferimento va
denunciato nei modi prescritti dalla legge per poter essere opposto ai terzi
di buona fede.
La residenza ha autonomo rilievo giuridico in materia di pubblicazioni,
celebrazione del matrimonio e adozione (artt. 94, 106, 311).
yr
4 ter. La dimora può assumere rilevanza giuridica?
C
op
La dimora è il luogo nel quale il soggetto si trova occasionalmente. Come
tale, essa ha scarso rilievo giuridico e viene presa in considerazione solo
quando non si conosca la residenza per la notifica di alcuni atti giudiziari
(art. 139 c.p.c.).
Il codice civile non fornisce la definizione di dimora, ma la presuppone
laddove stabilisce che la residenza è il luogo in cui la persona ha la dimora
.
35
p.
A
Le persone
S.
abituale (art. 43, co. 2). Da ciò deriva, infatti, che la dimora è il luogo nel
quale la persona attualmente si trova in modo non abituale.
4 quater. È valida la notificazione eseguita nella sede effettiva della persona giuridica anziché in quella legale?
se
li
br
i
In tema di notificazione alle persone giuridiche, deve considerarsi valida la
notificazione eseguita nella sede effettiva di una società avente personalità giuridica, anziché nella sede legale. Opera infatti la disposizione di cui all’art. 46,
secondo comma, cod. civ. secondo il quale, qualora la sede legale della persona
giuridica sia diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede
della stessa anche quest’ultima. Ai fini della configurabilità di una sede effettiva, occorre che nel luogo indicato abbiano concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente ed operino i suoi organi amministrativi o i suoi dipendenti con poteri direttivi (Cass. 24-2-2004, n. 3620).
Es
5. Come si classificano le persone giuridiche?
Riferimento normativo: articoli 14, 39, 2331, 2523 c.c.
ht
©
Tipi di persone giuridiche: specificare che le persone giuridiche si distinguono
tradizionalmente in corporazioni e istituzioni, e cioè in:
• associazioni;
• società;
• fondazioni;
• comitati.
Aspetti principali: precisare la differenza tra associazioni e fondazioni.
ig
Altri aspetti: evidenziare la differenza tra persone giuridiche pubbliche e private, ecclesiastiche e civili, nazionali e straniere.
yr
Domande consequenziali: diritti personalissimi delle persone giuridiche; costituzione di associazioni e fondazioni; acquisto della personalità giuridica; associazioni non riconosciute; fondazioni di fatto; comitati; impresa sociale; trust.
Articolazione della risposta
C
op
Le persone giuridiche si distinguono tradizionalmente in corporazioni e
istituzioni.
La corporazione è il complesso organizzato di persone fisiche, riunite per
il conseguimento di uno scopo, nel quale predomina l’elemento personale.
.
36
p.
A
Parte Prima - Sezione Prima
se
li
br
i
S.
Le corporazioni si distinguono ulteriormente in associazioni, quando lo
scopo principale non è di natura prettamente economica, e società, quando
lo scopo è di tipo lucrativo o mutualistico.
L’istituzione, invece, è il complesso organizzato di beni, destinati ad una
data opera dalla volontà di uno o più fondatori, in cui prevale l’elemento
patrimoniale. Le istituzioni si distinguono in fondazioni, caratterizzate dalla
destinazione di un patrimonio privato ad uno scopo di pubblica utilità (assistenziale, culturale, scientifico), e comitati, generalmente costituiti per
la raccolta di fondi vincolati ad una finalità determinata. Altre distinzioni
riguardano le persone giuridiche pubbliche e private, ecclesiastiche e civili, nazionali e straniere. In particolare, si dicono pubbliche le persone giuridiche che perseguono interessi generali propri dello Stato, ecclesiastiche
quelle che perseguono fini di culto e nazionali quelle riconosciute dallo
Stato italiano.
5 bis. Le persone giuridiche possono essere titolari di diritti personalissimi?
ht
©
Es
La persona giuridica, essendo piva di un organismo fisico, non può far
valere situazioni e diritti ad esso collegati, come ad esempio, quelli derivanti dalla vita familiare (diritti alimentari, diritto di contrarre matrimonio
etc.). Ciò, tuttavia, non esclude che le persone giuridiche possano essere
titolari di rapporti di natura personale. Infatti, è ad esse riconosciuta la
titolarità di taluni diritti personalissimi, come il diritto all’identità personale, all’integrità morale etc.; ne consegue, dunque, che esse sono legittimate ad agire sia in via cautelare sia in via risarcitoria.
ig
5 ter. Quali sono gli elementi che differenziano le associazioni dalle fondazioni?
C
op
yr
La distinzione creata dalla legge comporta conseguenze notevolissime,
soprattutto con riferimento alle associazioni e alle fondazioni. Infatti:
— il patrimonio, che per le fondazioni è elemento costitutivo, per le associazioni costituisce soltanto un mezzo per il raggiungimento dello scopo;
— lo scopo, che nelle fondazioni è esterno, in quanto consiste nella realizzazione di un vantaggio per altri, nelle associazioni è interno, in quanto
consiste nell’arrecare un vantaggio agli associati;
.
37
p.
A
Le persone
S.
— la volontà, che nella fondazione è esterna, in quanto proviene dal fondatore, nelle associazioni è interna, poiché è manifestata dagli stessi
associati attraverso gli organi competenti;
— gli organi direttivi, che nelle fondazioni sono sottoposti alla volontà
del fondatore, nelle associazioni sono dominanti.
i
5 quater. Come si costituiscono le associazioni e le fondazioni?
Es
se
li
br
Le associazioni si costituiscono mediante l’atto costitutivo, con il quale
più persone creano un’organizzazione stabile per il perseguimento di uno
scopo non lucrativo. Se l’associazione mira al riconoscimento, l’atto
costitutivo deve essere stipulato con atto pubblico, cioè redatto da un notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato a darvi pubblica fede (art. 14), e
deve contenere l’indicazione del nome dell’associazione, dello scopo, del
patrimonio e della sede, oltre alla previsione dei diritti e degli obblighi
degli associati e le condizioni della loro ammissione (art. 16).
Le fondazioni, invece, si costituiscono attraverso il negozio di fondazione, che può assumere la forma dell’atto pubblico o del testamento.
5 quinquies.In che modo le associazioni acquistano la personalità
giuridica?
C
op
yr
ig
ht
©
Le associazioni acquistano la personalità giuridica con il riconoscimento,
cioè con il requisito formale che integra il cd. substrato materiale richiesto
per l’esistenza della persona giuridica: una pluralità di persone, un patrimonio e uno scopo determinabile e lecito.
In passato il riconoscimento avveniva per mezzo di un atto amministrativo
costitutivo e di natura discrezionale con il quale l’autorità pubblica — il
Presidente della Repubblica o il prefetto — conferiva personalità giuridica
all’ente.
Oggi, in seguito all’abrogazione dell’art. 12 c.c. ad opera del D.P.R. 361/
2000, il riconoscimento è attribuito dalla Regione, per le persone giuridiche private che operano nelle materie delegate ex D.P.R. 616/1977 e le cui
finalità si esauriscono nell’ambito di una sola Regione, o dal Prefetto in
tutti gli altri casi. Coerentemente con tale previsione, è stato soppresso il
registro delle persone giuridiche tenuto dal Tribunale e sono stati istituiti
un registro regionale ed uno prefettizio.
.
38
p.
A
Parte Prima - Sezione Prima
5 sexies. Di che tipo di autonomia patrimoniale gode l’associazione non riconosciuta?
se
li
br
i
S.
Le associazioni non riconosciute (artt. 36-38) costituiscono un fenomeno
molto diffuso nella vita moderna (vedi partiti politici, sindacati, circoli sportivi, etc.) e godono, per la mancanza di riconoscimento, di una particolare
condizione giuridica.
Anche in tali tipi di enti esiste un’autonomia patrimoniale, perché il patrimonio dell’associazione non riconosciuta si distingue e si differenzia da
quello degli associati. Tuttavia, si tratta di un’autonomia patrimoniale
imperfetta perché, pur esistendo un fondo comune (formato dai contributi
degli associati e i beni acquistati dall’ente) per soddisfare le obbligazioni
dell’associazione verso i terzi creditori, sono responsabili solidalmente e
personalmente coloro che hanno agito in nome e per conto dell’associazione medesima (art. 38).
5 septies. Esistono le fondazioni di fatto?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
In dottrina, secondo la tesi prevalente, mentre l’associazione può costituire
soggetto di diritto anche se priva di personalità giuridica, per la fondazione
l’acquisto della personalità giuridica, attraverso il riconoscimento, coincide con lo stesso essere soggetto di diritto, giacché non sono ammissibili
fondazioni non riconosciute quali autonomi centri di imputazione e di situazioni giuridiche soggettive (BIANCA, MESSINEO).
Altra parte della dottrina (GALGANO), invece, ammette la figura della
fondazione di fatto, affermando che questa troverebbe riscontro nella fondazione fiduciaria (che si ha quando il testatore impone di destinare taluni
beni ad una finalità ideale durevole) e, soprattutto, negli artt. 39-42 c.c.,
relativi ai comitati. In questi ultimi si ravvisa, infatti, la disciplina della
fondazione non riconosciuta (che sarebbe quindi un comitato), con la particolarità che mentre la fondazione si costituisce con un atto unilaterale
del fondatore, il comitato si costituisce per pubblica sottoscrizione. Ne
deriva che, ottenuto il riconoscimento, la fondazione, la cui costituzione è
preceduta dall’attività del comitato, potrà mantenere i diritti acquistati e le
obbligazioni assunte prima di tale momento, con ciò dovendosi necessariamente negare valore costitutivo al riconoscimento.
.
39
p.
A
Le persone
5 octies. Cosa accade se un comitato non riconosciuto è incorporato in un comitato riconosciuto?
li
br
i
S.
I comitati non riconosciuti, al pari delle associazioni non riconosciute, pur
non essendo persone giuridiche sono autonomi centri di imputazione di
situazioni giuridiche soggettive, potendo ad essi attribuirsi la titolarità di
diritti sia obbligatori che reali. Pertanto, l’incorporazione di un comitato
non riconosciuto in un comitato riconosciuto non determina una situazione
di liquidazione del primo, ma una ipotesi di successione a questi del nuovo
comitato, con la conseguenza che nei rapporti giuridici del comitato incorporato subentra il comitato incorporante, mentre il comitato inglobato si estingue (Cass. 8-5-2003, n. 6985).
se
5 nonies. È ammissibile la costituzione di un’impresa senza scopo
di lucro?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
Il D. Lgs. 24-3-2006, n. 155, ha introdotto la figura dell’impresa sociale.
Per la prima volta la nozione di «impresa» viene sganciata dal concetto di
profitto, e viene disciplinata in maniera organica l’impresa senza scopo
di lucro. In sostanza, si ammette la possibilità di prevedere realtà imprenditoriali che perseguono finalità diverse da quelle del profitto: si è, dunque, in presenza di enti imprenditoriali privi del carattere lucrativo tipico
dell’imprenditore commerciale, sostituito dalle finalità di utilità sociale e
di interesse collettivo.
Il D.Lgs. 155/2006 prevede due tipologie di impresa sociale, a seconda
del tipo di attività esercitata e dei soggetti da inserire dal punto di vista
lavorativo. In particolare:
a) possono acquisire la qualifica di «impresa sociale», le organizzazioni
private, comprese le società e gli enti di cui al libro V del codice civile
che esercitano, in via stabile e principale, un’attività economica organizzata per la produzione e lo scambio di beni e servizi di utilità sociale
con finalità di interesse generale, e che sono in possesso dei requisiti
richiesti dal provvedimento in esame;
b) indipendentemente dal settore di attività, possono acquisire la qualifica
di «impresa sociale» le imprese che esercitano attività finalizzate all’inserimento lavorativo di soggetti che siano lavoratori svantaggiati
o disabili (art. 2, comma 2, D.Lgs. 155/2006).
.
40
p.
A
Parte Prima - Sezione Prima
5 decies. Cos’è il trust?
Es
se
li
br
i
S.
L’impresa sociale si costituisce con atto pubblico, che deve espressamente
indicare, oltre a quanto specificamente previsto per ciascun tipo di organizzazione, il carattere sociale dell’impresa, ed in particolare: l’oggetto
sociale e l’assenza dello scopo lucrativo.
L’impresa sociale può assumere la veste giuridica più diversa ( società commerciale, associazione, fondazione etc.), per cui è senza dubbio
configurabile, ad esempio, una società per azioni senza scopo di lucro che
persegue finalità di utilità sociale e di interesse collettivo.
L’assenza di scopo lucrativo costituisce il requisito caratterizzante l’impresa sociale. Infatti, a tal proposito, il D.Lgs. 155/2006 statuisce che:
— gli utili e gli avanzi di gestione devono essere destinati allo svolgimento
delle attività statutarie (art. 3);
— in caso di cessazione dell’impresa, il patrimonio residuo è devoluto ad
enti similari, secondo le norme statutarie (art. 13, comma 3).
Per quanto attiene, poi, al regime della responsabilità patrimoniale, l’art. 6
prevede un sistema di responsabilità limitata per le imprese sociali il cui patrimonio è superiore a 20.000 euro, stabilendo che in tal caso «delle obbligazioni assunte risponde soltanto l’organizzazione con il suo patrimonio», facendo salve,
per il resto, le disposizioni di cui al libro V del codice civile in materia di società.
C
op
yr
ig
ht
©
Il trust è un istituto di origine anglosassone, riconosciuto in Italia con la
Convenzione dell’Aja del 1985, ratificata con legge n. 364 del 1989. Il
trust può costituirsi con atto unilaterale inter vivos o con un atto mortis
causa. Attraverso il trust un soggetto pone dei beni sotto il controllo di un
altro soggetto (cd. trustee) che ne diventa amministratore fiduciario.
Caratteristica principale del trust è che i beni che ne fanno parte non entrano nel patrimonio del trustee ma costituiscono una massa distinta, un patrimonio separato autonomo.
La Convenzione citata aveva come fine il riconoscimento dei trust costituiti nei paesi anglosassoni; tuttavia, ha introdotto una delicata questione, e
cioè quella della possibilità di costituire trust interni, ossia da parte di cittadini italiani e relativi a beni situati in Italia. Al riguardo sembra prevalere
la tesi favorevole (tra gli altri TORRENTE-SCHLESINGER), che si basa
anche sull’introduzione (art. 2645ter c.c., introdotto con L. 51/2006) della
possibilità di trascrivere determinati atti di destinazione di beni.
.
41
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A
La famiglia
S.
Sezione Seconda
La famiglia
6. Quante forme di matrimonio sono ammesse nel nostro ordinamento?
i
Riferimento normativo: articoli 82 ss. c.c.
br
Definizione: evidenziare che nel nostro ordinamento sono previste due forme
di matrimonio: il matrimonio civile e il matrimonio concordatario.
li
Altri aspetti: precisare che il matrimonio celebrato dal ministro del culto acattolico
viene considerato quale matrimonio civile totalmente sottoposto alla legge statale.
Articolazione della risposta
se
Domande consequenziali: promessa di matrimonio; pubblicazione del matrimonio; matrimonio celebrato all’estero.
yr
ig
ht
©
Es
Il matrimonio è l’atto che ha per effetto la costituzione dello stato coniugale e per causa la comunione di vita materiale e spirituale tra i coniugi.
L’art. 29 della Costituzione riconosce il matrimonio come fondamento della famiglia.
Nel nostro ordinamento sono previste due forme di matrimonio, inteso
come atto giuridico: il matrimonio civile, celebrato davanti all’ufficiale di
stato civile e regolato dal codice civile (artt. 84 e ss.), e il matrimonio
concordatario, celebrato davanti a un ministro del culto cattolico secondo
il diritto canonico e regolarmente trascritto nei registri dello stato civile.
Il matrimonio celebrato dal ministro del culto acattolico non costituisce una
terza forma di matrimonio: il ministro del culto agisce, in tal caso, come
persona delegata dall’autorità dello Stato, e il rito celebrato viene considerato quale matrimonio civile totalmente sottoposto alla legge statale.
Il matrimonio come rapporto giuridico, invece, è regolato unicamente dal
diritto civile: una volta scelta liberamente la forma di celebrazione, la disciplina applicabile al rapporto sarà costituita unicamente dalle leggi civili.
op
6 bis. Quali conseguenze si verificano in caso di rifiuto di eseguire
la promessa di matrimonio?
C
L’ordinamento giuridico tutela la libertà di contrarre o meno matrimonio,
sicché la promessa di prendersi reciprocamente come marito e moglie (cd.
.
42
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
se
li
br
i
S.
sponsali), non è giuridicamente vincolante: tale promessa, dunque, non
obbliga a contrarre matrimonio, né ad eseguire ciò che si è eventualmente
convenuto per il caso di non adempimento (art. 79).
Tuttavia, la legge prende in considerazione la situazione di chi ha sostenuto spese e assunto obblighi a causa della promessa, e pone a carico del
promittente delle conseguenze di carattere patrimoniale. In particolare:
— il promittente può chiedere la restituzione dei doni fatti a causa della
promessa di matrimonio, se il matrimonio non è stato contratto (art. 80);
— se la promessa risulta da atto scritto o dalla richiesta delle pubblicazioni, il promittente che si rifiuta di eseguire la promessa senza giusto
motivo, o che con la propria colpa ha dato giusto motivo al rifiuto dell’altro, è obbligato a risarcire il danno cagionato all’altra parte per le
spese fatte e le obbligazioni contratte a causa della promessa (art. 81).
6 ter. In cosa consiste la pubblicazione del matrimonio?
ig
ht
©
Es
La pubblicazione è il primo momento della fattispecie a formazione progressiva che dà luogo al matrimonio. Ad essa fanno seguito, infatti, la celebrazione alla presenza dei due testimoni e la prova, costituita dall’atto di
celebrazione estratto dai registri dello stato civile.
La pubblicazione consiste nell’affissione alla porta della casa comunale di
residenza dei due nubendi, per un periodo di tempo di almeno otto giorni
consecutivi, di un atto in cui siano indicate le complete generalità degli
sposi ed il luogo ove essi intendono contrarre matrimonio.
La funzione della pubblicazione è quella di portare a conoscenza di tutti
(cd. pubblicità notizia) l’intenzione dei nubendi di contrarre matrimonio,
affinché chiunque, che vi abbia interesse possa fare opposizione (artt. 102
e ss.) ove sussistano impedimenti.
yr
6 quater. È valido il matrimonio celebrato all’estero e non pubblicato?
C
op
Il matrimonio celebrato da cittadini italiani all’estero, sempre che sussistano i requisiti sostanziali relativi allo stato ed alla capacità delle persone
previsti nel nostro ordinamento, è immediatamente valido e rilevante nell’ordinamento italiano, indipendentemente dalla osservanza delle norme italiane relative alla pubblicazione, che possono dar luogo solo ad
irregolarità suscettibili di sanzioni amministrative, e dalla trascrizione nei
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43
p.
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La famiglia
S.
registri dello stato civile, la quale ha natura di pubblicità e non costitutiva
(Cass. 17-9-1993, n. 9578).
7. Quali sono i requisiti per contrarre matrimonio?
Riferimento normativo: articoli 84 ss. c.c.
br
i
Requisiti: evidenziare che per contrarre matrimonio occorre innanzitutto:
• il raggiungimento dell’età minima;
• la sanità mentale;
• la mancanza di un precedente vincolo di matrimonio.
li
Altri aspetti: specificare che è necessaria, inoltre, l’assenza di determinate circostanze ostative al matrimonio, chiamate impedimenti.
Es
Articolazione della risposta
se
Domande consequenziali: celebrazione del matrimonio di un culto ammesso;
matrimonio inesistente; matrimonio contratto per effetto di errore; matrimonio
putativo; convivenza more uxorio.
C
op
yr
ig
ht
©
Per contrarre matrimonio occorre innanzitutto la presenza dei seguenti
requisiti:
a) il raggiungimento dell’età minima, fissata in 18 anni sia per l’uomo sia
per la donna; con decreto del Tribunale per i minorenni tale età può
essere abbassata a 16 anni, ma solo per gravi motivi ed a condizione che
il giudice abbia accertato la maturità psichica e fisica del minore;
b) la sanità mentale, da cui discende l’impossibilità per l’interdetto
giudiziale di contrarre matrimonio (art. 85) e l’impugnabilità del matrimonio di colui che si provi essere stato incapace di intendere e di volere
al momento del compimento dell’atto (art. 120);
c) la mancanza di un precedente vincolo di matrimonio, salvo che il
precedente matrimonio sia stato sciolto, sia nullo o sia stato annullato.
È necessaria, inoltre, l’assenza di determinate circostanze ostative al matrimonio, chiamate impedimenti.
Gli impedimenti dirimenti, in presenza dei quali il matrimonio eventualmente contratto è invalido, sono: l’esistenza di vincoli di parentela o affinità tra
gli sposi (ascendenti e discendenti, fratelli e sorelle, etc.: cfr. art. 87) e il cd.
impedimentum criminis, per cui è vietato il matrimonio tra chi è stato condannato per omicidio e il coniuge della persona offesa dal delitto (art. 88).
.
44
p.
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Parte Prima - Sezione Seconda
li
br
i
S.
Gli impedimenti impedienti, i quali rendono soltanto irregolare il matrimonio eventualmente celebrato e comportano soltanto l’irrogazione di una sanzione nei confronti degli sposi, sono: la mancanza del decorso del tempo che
va sotto il nome di lutto vedovile (tempus lugendi), per cui la donna che intende passare a nuove nozze non può farlo se non siano passati almeno trecento
giorni dallo scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del
precedente matrimonio e ciò al fine di evitare la cd. «commixtio sanguinis»,
ossia la possibilità che nascano in costanza del nuovo matrimonio, figli concepiti nel corso del primo; l’omissione di pubblicazione, salvi i casi di esonero
concesso dal Tribunale per motivi gravissimi e di matrimonio celebrato in imminente pericolo di vita; altre violazioni di legge (cfr. artt. 134 ss.).
se
7 bis. Quali sono i passaggi della celebrazione di un matrimonio di
un culto ammesso?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
Le forme comuni obbligatorie secondo le quali ogni matrimonio acattolico
deve essere celebrato perché possa conseguire effetti civili sono disciplinate dagli artt. 7-12 L. 1159/1929 e 25-28 R.D. 289/1930.
In particolare:
— l’ufficiale dello stato civile, a seguito di dichiarazione di chi intenda
celebrare il matrimonio nella forma acattolica, dovrà adempiere tutte
le formalità stabilite dal codice civile, al fine di accertare che nulla si
opponga alla celebrazione del matrimonio secondo le norme civili;
— effettuati detti accertamenti, l’ufficiale dello stato civile rilascerà autorizzazione scritta, con l’indicazione nominativa del ministro di culto
acattolico (che già sia provvisto della debita autorizzazione del Ministro dell’Interno) dinanzi al quale la celebrazione deve aver luogo;
— detto ministro di culto dovrà dare lettura agli sposi degli artt. 143, 144 e
147 c.c. e ricevere, alla presenza di due testimoni, idonei secondo la
legge civile, la dichiarazione espressa di entrambi gli sposi, uno dopo
l’altro, di volersi prendere rispettivamente in marito e moglie;
— immediatamente dopo la celebrazione deve essere redatto, in unico originale e in lingua italiana, l’atto di matrimonio che deve contenere
tutte le indicazioni elencate nell’art. 10 della L. 1159/1929 cit.;
— subito dopo — e, in ogni caso, non oltre cinque giorni dalla celebrazione — tale atto, a cura del ministro di culto autorizzato alla celebrazione del matrimonio, dovrà essere trasmesso all’ufficiale di stato
.
45
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A
La famiglia
br
7 ter. Si può parlare di matrimonio inesistente?
i
S.
civile autorizzante il quale, entro le ventiquattro ore, dovrà curarne la
trascrizione nei registri dello stato civile. Dell’avvenuta trascrizione dovrà essere data notizia al ministro che ha celebrato il matrimonio. Il ministro, a differenza del parroco cattolico, non ha facoltà di
rilasciare copia né certificato dell’atto di matrimonio innanzi a lui
celebrato.
Es
se
li
Il matrimonio si considera inesistente quando nella fattispecie manchi
quel minimo di elementi necessario perché si possa identificare in essa un
matrimonio. Ciò avviene quando:
— manca la celebrazione;
— il matrimonio è celebrato tra persone dello stesso sesso;
— manca il consenso degli sposi.
L’inesistenza del matrimonio, tuttavia, costituisce una categoria controversa sul cui ambito di estensione non vi è concordia di opinioni.
7 quater. È nullo il matrimonio contratto per effetto di errore?
C
op
yr
ig
ht
©
Anche per il matrimonio i vizi inficianti la volontà del soggetto (violenza ed
errore) rilevano quale causa di annullamento — e non di nullità — dell’atto.
Con riferimento all’errore, l’art. 122 c.c. stabilisce che il matrimonio può
essere impugnato dal coniuge il cui consenso sia stato dato per effetto di
errore sull’identità della persona o di errore essenziale sulle qualità personali dell’altro coniuge.
L’errore sulle qualità personali è essenziale quando si accerti che il coniuge non avrebbe prestato il suo consenso se avesse conosciuto una delle
seguenti condizioni dell’altro coniuge:
— l’esistenza di una malattia fisica o psichica o di un’anomalia o deviazione sessuale tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale;
— l’esistenza di una condanna non inferiore a cinque anni per delitti non
colposi, salvo che sia intervenuta riabilitazione prima del matrimonio;
— la dichiarazione di delinquenza abituale o professionale;
— una condanna non inferiore a due anni per delitti concernenti la prostituzione;
— lo stato di gravidanza non cagionato dalla persona caduta in errore.
.
46
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
S.
La sanatoria per tutti questi casi è la coabitazione per un anno dalla scoperta dell’errore.
7 quinquies.Cosa si intende per matrimonio putativo?
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
Di regola l’annullamento del matrimonio produce effetto retroattivo. In
caso di annullamento, pertanto, i coniugi riacquistano ex tunc il loro stato
di libertà. La legge, però, non può ignorare il fatto che il matrimonio ha
creato di fatto una comunità familiare, né può disinteressarsi della posizione giuridica dei figli nati dall’unione invalida. È per questo che essa considera valido il matrimonio a taluni effetti. In tal caso si parla di matrimonio
putativo, cioè di matrimonio che i coniugi reputavano valido.
Gli effetti del matrimonio putativo sono così disciplinati dalla legge, con
riferimento alla buona fede o alla malafede dei coniugi:
a) se i coniugi hanno contratto il matrimonio in buona fede (intesa come
ignoranza da parte dei coniugi, o di uno di essi, della causa di invalidità
del matrimonio), o il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli
sposi, l’annullamento opera soltanto ex nunc, per cui sono fatti salvi
tutti gli effetti nel frattempo prodottisi, anche rispetto ai figli nati o
concepiti durante il matrimonio, nonché a quelli nati prima del matrimonio e riconosciuti anteriormente alla sentenza che ha dichiarato l’invalidità. Se solo un coniuge è in buona fede, gli effetti del matrimonio
putativo si producono soltanto in favore dello stesso;
b) se i coniugi, invece, hanno contratto il matrimonio in malafede, tra di
essi non si producono gli effetti del matrimonio putativo, ma il matrimonio si considera valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo
stesso, salvo che la nullità dipenda da bigamia o incesto. In caso di
bigamia o incesto i figli hanno lo stato di figli naturali riconosciuti (nei
casi in cui il riconoscimento è consentito) e non di figli legittimi.
yr
7 sexies. Cosa si intende per convivenza more uxorio?
C
op
Si parla di convivenza more uxorio con riferimento alla condizione di due
persone, normalmente di sesso diverso, che convivono seguendo modelli
comportamentali simili a quelli tipici del rapporto matrimoniale senza, tuttavia, alcun vincolo coniugale e senza alcuna legalizzazione del loro legame. Laddove la convivenza sia stabile, si crea la cd. «famiglia di fatto».
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La famiglia
li
br
i
S.
Essa, pur essendo priva di una specifica tutela in quanto non fondata sull’istituzione del matrimonio, assume rilievo a taluni effetti: in particolare,
l’orientamento giurisprudenziale prevalente ritiene applicabile ai conviventi more uxorio il dovere morale di assistenza, ed ha qualificato come
obbligazioni naturali, e come tali non ripetibili, le prestazioni alimentari
tra i conviventi.
La Corte Costituzionale ha escluso, da parte sua, che il convivente more
uxorio possa annoverarsi tra i successori legittimi; tuttavia, ha dichiarato
l’illegittimità dell’art. 6 della legge sull’equo canone, sia nella parte in cui
non riconosce al convivente il diritto di succedere al conduttore defunto
nel contratto di locazione, sia nella parte in cui non prevede tale diritto in
seguito alla cessazione del menage per abbandono del conduttore, a favore
del convivente quando vi sia prole naturale.
se
Istituti collegati: forme di matrimonio; pubblicazione del matrimonio.
Es
8. Qual è il regime patrimoniale legale dei rapporti fra i coniugi?
Riferimento normativo: articolo 159 c.c.
Definizione: evidenziare che il regime patrimoniale legale dei rapporti tra i coniugi è costituito, in mancanza di diversa convenzione, dalla comunione legale.
©
Altri aspetti: specificare quali sono i limiti all’autonomia dei coniugi.
ht
Domande consequenziali: differenze tra comunione legale e comunione ordinaria; convenzioni matrimoniali; fondo patrimoniale; alienazione dei beni del fondo
patrimoniale; impresa familiare.
ig
Articolazione della risposta
C
op
yr
In seguito alla riforma del diritto di famiglia, che ha equiparato la posizione dei coniugi anche sul piano patrimoniale, il regime legale dei rapporti
patrimoniali tra i coniugi, in mancanza di diversa convenzione, è costituito
dalla comunione dei beni (detta comunione legale), che importa la contitolarità e la cogestione dei beni acquistati anche separatamente in costanza
di matrimonio.
La legge, tuttavia, ammette che i coniugi possano, mediante una apposita
convenzione, accordarsi per un regime di separazione dei beni, di comunione convenzionale (il cui regolamento sia determinato convenzionalmente
.
48
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A
Parte Prima - Sezione Seconda
se
li
br
i
S.
in maniera, almeno parzialmente, diversa da quello della comunione legale), ovvero per la costituzione di un fondo patrimoniale, costituito da taluni
determinati beni sui quali incombe un vincolo di destinazione.
L’autonomia dei coniugi incontra però i seguenti limiti:
— il divieto di derogare ai diritti e ai doveri previsti dalla legge per effetto
del matrimonio (art. 160): tale divieto si riferisce specificamente ai doveri patrimoniali previsti dagli artt. 143 c.c. (dovere di contribuire ai
bisogni della famiglia), 147 c.c. (dovere di mantenere i figli) e 148 c.c.
(dovere di concorrere al mantenimento dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la propria capacità di lavoro professionale o
casalingo);
— il divieto di costituzione di dote (art. 166bis): è nulla ogni convenzione
che tenda alla costituzione di beni in dote;
— l’inderogabilità, in caso di modifica della comunione legale, delle norme relative all’amministrazione dei beni della comunione e all’uguaglianza delle quote (cfr. art. 210).
Es
8 bis. Sotto quali aspetti la comunione legale si differenzia dalla
comunione ordinaria?
ig
ht
©
La comunione legale dei coniugi differisce dalla comunione ordinaria (art.
1100 ss.) in quanto in quest’ultima, regolata secondo lo schema tecnico
giuridico della comunione di tipo romano, ciascun comunista può liberamente disporre della propria quota senza con ciò pregiudicare l’intero; diversamente, nell’ipotesi della comunione legale dei coniugi, strutturata
secondo lo schema della comunione di tipo germanico, l’interesse individuale di ciascun partecipe viene subordinato all’interesse collettivo del
gruppo «famiglia», per cui è da escludere che il singolo coniuge possa
cedere a terzi la propria quota.
yr
8 ter. Come vanno stipulate le convenzioni matrimoniali?
C
op
Le parti possono derogare al regime legale di comunione mediante un negozio giuridico, la convenzione matrimoniale, che deve essere stipulata
per atto pubblico a pena di nullità (art. 162, 1° comma).
Le convenzioni possono essere stipulate in ogni tempo, anteriormente o successivamente alla celebrazione del matrimonio, e sono in qualsiasi momento
modificabili col consenso di tutte le persone che sono state parti nelle con-
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La famiglia
i
S.
venzioni medesime o dei loro eredi. La scelta del regime di separazione può
anche essere dichiarata nell’atto di celebrazione del matrimonio.
È prevista una forma di pubblicità dichiarativa per la stipula e la modifica delle
convenzioni attraverso la loro annotazione a margine dell’atto di matrimonio, pena la loro inopponibilità ai terzi. L’annotazione, peraltro, non esaurisce
il regime pubblicitario delle convenzioni che, se aventi ad oggetto beni immobili, vanno trascritte secondo le regole dettate per la pubblicità immobiliare.
br
8 quater. È possibile l’alienazione dei beni del fondo patrimoniale?
yr
ig
ht
©
Es
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li
I coniugi possono conferire dei beni immobili, mobili registrati ovvero dei
titoli di credito in un fondo destinato a far fronte ai bisogni della famiglia.
Il fondo patrimoniale (art. 167) va costituito con atto pubblico e i beni che
ne fanno parte possono essere:
— di proprietà di entrambi i coniugi;
— di proprietà, in tutto o in parte, di uno solo di essi;
— di proprietà di un terzo, nel caso in cui l’atto di costituzione sia stato
compiuto da un terzo che si sia riservata la proprietà dei beni costituenti
il fondo.
I frutti del fondo devono essere impiegati per i bisogni della famiglia e
amministrati secondo le regole della comunione legale (art. 168). Dispone,
inoltre, l’art. 170 c.c. che l’esecuzione forzata sui beni del fondo e sui frutti
di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati
contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.
Per quanto concerne l’alienazione dei beni del fondo l’art. 169 c.c. distingue due ipotesi:
— se vi sono figli minori è necessaria l’autorizzazione del tribunale, da
accordarsi solo in caso di necessità od utilità evidente;
— se non vi sono figli minori l’alienazione è subordinata solo al consenso di entrambi i coniugi, salvo che i beni siano stati già dichiarati
alienabili all’atto della costituzione del fondo patrimoniale.
op
8 quinquies.Le prestazioni lavorative rese nell’ambito dell’impresa familiare sono gratuite?
C
L’art. 230bis cod. civ., riconoscendo al familiare che effettui prestazioni
lavorative nell’impresa familiare il diritto di partecipazione agli utili e la
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Parte Prima - Sezione Seconda
S.
liquidazione in denaro alla loro cessazione (o in caso di alienazione dell’azienda), esclude una presunzione di gratuità delle predette prestazioni lavorative. Di conseguenza, l’asserita gratuità richiede la prova di una
causa affectionis vel benevolentiae, la quale non può desumersi dalla mera
circostanza che il familiare non abbia avanzato, in costanza del rapporto,
pretese retributive (Cass. 1-3-1988, n. 2138).
br
i
Istituti collegati: atto pubblico.
Riferimento normativo: articolo 180 c.c.
li
9. A chi spetta l’amministrazione dei beni in comunione legale?
se
Definizione: evidenziare l’amministrazione del patrimonio in comunione spetta
ad entrambi i coniugi.
Es
Tipologia degli atti: specificare che gli atti di amministrazione possono essere
compiuti disgiuntamente o vanno compiuti congiuntamente a seconda che si
tratti di:
• atti di ordinaria amministrazione;
• rappresentanza in giudizio;
• atti di straordinaria amministrazione.
©
Domande consequenziali: atti compiuti senza il necessario consenso del coniuge; beni oggetto della comunione legale; beni personali del coniuge; comunione de residuo; scioglimento della comunione.
ht
Articolazione della risposta
C
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yr
ig
L’amministrazione del patrimonio in comunione spetta ad entrambi i coniugi, in applicazione del principio di uguaglianza. Occorre però distinguere:
a) gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti da
ciascuno dei coniugi disgiuntamente: si tratta di quegli atti di utilizzazione, conservazione o manutenzione di beni che riguardano i bisogni
ordinari della famiglia;
b) la rappresentanza in giudizio per gli atti di cui sopra è riconosciuta
disgiuntamente a ciascun coniuge: anche uno solo di essi può validamente compiere gli atti processuali;
c) gli atti di straordinaria amministrazione (nonché la stipula dei contratti con i quali si acquistano diritti personali di godimento e la rappre-
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La famiglia
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sentanza in giudizio per le relative azioni) spettano congiuntamente ad
entrambi i coniugi, salva la possibilità, in caso di rifiuto del coniuge a
prestare il consenso, di ottenere dal giudice l’autorizzazione al loro compimento, ove risulti necessario nell’interesse della famiglia o dell’azienda
coniugale, o in caso di impedimento.
br
i
9 bis. Gli atti compiuti senza il necessario consenso dell’altro coniuge sono sempre invalidi?
se
li
Gli atti posti in essere senza il consenso necessario dell’altro coniuge sono
annullabili se aventi ad oggetto beni immobili o mobili registrati; tuttavia, l’azione di annullamento può essere esperita dal coniuge non
consenziente solo entro un anno dalla data dell’avvenuta conoscenza. Gli
atti aventi, invece, ad oggetto beni mobili rimangono validi, ma il coniuge
che ha agito senza il consenso dell’altro è tenuto a reintegrare lo stato
della comunione.
Es
9 ter. Gli acquisti compiuti da un solo coniuge durante il matrimonio ricadono nella comunione?
C
op
yr
ig
ht
©
Costituiscono oggetto della comunione (artt. 177 e 178):
a) gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali;
b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
c) i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non sono stati consumati;
d) le aziende gestite da entrambi i coniugi e costituite dopo il matrimonio.
Qualora si tratti di aziende appartenenti ad uno dei coniugi anteriormente al matrimonio ma gestite da entrambi, la comunione concerne
solo gli utili e gli incrementi;
e) i beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi costituita
dopo il matrimonio, se sussistono al momento dello scioglimento della
comunione (art. 178);
f) gli incrementi derivanti dall’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi
costituita prima del matrimonio, se sussistono al momento dello scioglimento della comunione (art. 178).
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9 quater. I beni acquistati dal coniuge prima del matrimonio ricadono nella comunione?
©
Es
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br
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S.
A norma dell’art. 179 c.c., non cadono in comunione e sono beni personali di ciascun coniuge:
a) i beni acquistati dal coniuge prima del matrimonio;
b) i beni acquistati successivamente al matrimonio per effetto di donazione o successione, quando nell’atto di liberalità o nel testamento non è
specificato che essi siano attribuiti alla comunione;
c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge (gli abiti, l’orologio, etc.) ed i loro accessori;
d) i beni che servono all’esercizio della professione del coniuge (gli strumenti di lavoro, che possono essere anche beni immobili: si pensi infatti ad uno studio professionale), tranne quelli destinati alla conduzione
di un’azienda facente parte della comunione;
e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno, nonché la pensione
attinente alla perdita parziale o totale della capacità lavorativa;
f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali o col
loro scambio.
L’acquisto di beni immobili o mobili registrati effettuato dopo il matrimonio è
escluso dalla comunione ai sensi delle lettere c), d) ed f), quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge.
9 quinquies.Cosa si intende per comunione de residuo?
C
op
yr
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ht
Si definisce comunione de residuo quella costituita da beni che durante il
matrimonio appartengono al coniuge che li ha percepiti e, solo se non consumati, al momento dello scioglimento della comunione sono divisi, per la
parte residua, tra i coniugi in parti uguali.
Precisamente, cadono nella comunione de residuo:
— i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione;
— i proventi dell’attività separata di ciascuno dei coniugi qualora, allo scioglimento della comunione, risultino non essere stati consumati;
— i beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi costituita
dopo il matrimonio e gli incrementi dell’impresa costituita anche precedentemente al matrimonio.
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9 sexies. Quali sono le cause di scioglimento della comunione?
se
li
br
i
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La comunione legale si scioglie in presenza di una delle seguenti cause:
a) morte di uno dei coniugi;
b) sentenza di divorzio;
c) dichiarazione di assenza o di morte presunta di uno dei coniugi;
d) annullamento del matrimonio;
e) separazione personale;
f) mutamento convenzionale del regime patrimoniale;
g) pronuncia di fallimento di uno dei coniugi;
h) separazione giudiziale dei beni (cfr. art. 193).
Verificatasi una delle cause anzidette, lo scioglimento produce i seguenti
effetti:
— fa cessare la comunione legale;
— conduce alla divisione del patrimonio comune.
Es
10. Cos’è e quali effetti produce la separazione personale dei coniugi?
Riferimento normativo: articoli 150 ss. c.c.
©
Definizione: evidenziare che la separazione è la situazione di legale sospensione dei doveri reciproci dei coniugi, salvo quelli di assistenza e di reciproco
rispetto.
ht
Altri aspetti: specificare la differenza tra separazione e divorzio.
Domande consequenziali: tipi di separazione; affido condiviso; riconciliazione;
violazione dell’obbligo di fedeltà.
ig
Articolazione della risposta
C
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yr
La separazione personale dei coniugi è «la situazione di legale sospensione dei doveri reciproci dei coniugi, salvi quelli di assistenza e di reciproco
rispetto» (BIANCA).
In particolare, per effetto della separazione cessano l’obbligo di coabitazione, di fedeltà e di collaborazione, mentre permangono l’obbligo di
assistenza morale e l’obbligo di mantenimento, nonché l’obbligo di corrispondere gli alimenti verso il coniuge cui non è addebitabile la separazione. Parte della dottrina, tuttavia, ritiene sussistente anche l’obbligo di
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Parte Prima - Sezione Seconda
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fedeltà ove l’adulterio, per le modalità con cui viene espletato, rechi pregiudizio all’altro coniuge.
La separazione si differenzia nettamente dal divorzio in quanto non determina lo scioglimento del vincolo matrimoniale (i coniugi non possono
contrarre nuovo matrimonio) e ha carattere transitorio, potendo in qualsiasi momento finire con la riconciliazione dei coniugi.
br
i
10 bis. Quanti tipi di separazione sono previsti dall’ordinamento?
©
Es
se
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La separazione può essere di fatto, consensuale o giudiziale.
La separazione di fatto è l’interruzione della convivenza tra i coniugi attuata
in via di mero fatto, cioè senza l’intervento di alcun provvedimento del tribunale. Essa è priva di per se stessa di effetti giuridici, ma può rilevare a taluni
determinati fini: ad esempio, l’art. 6, L. 184/1983 equipara la separazione di
fatto a quella legale quale causa di impedimento all’adozione speciale.
La separazione consensuale è quella che avviene per accordo delle parti.
L’accordo, per avere efficacia, dovrà essere omologato dal Tribunale, e lo
sarà soltanto qualora non sia in contrasto con l’interesse della prole. A tale
scopo il giudice può indicare ai coniugi le modificazioni alle condizioni
pattuite da adottare nell’interesse dei figli (art. 158).
La separazione giudiziale è quella pronunciata dal Tribunale, ad istanza
di uno o di entrambi i coniugi, a seguito di fatti, anche indipendenti dalla
loro volontà, che rendano intollerabile la prosecuzione della convivenza o
rechino grave pregiudizio alla educazione della prole (art. 151).
ht
10 ter. A quale dei coniugi il giudice deve preferibilmente affidare
i figli in caso di separazione?
C
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ig
Per quanto riguarda i provvedimenti relativi ai figli in caso di separazione
personale, la L. 54/2006, al fine di tutelare il diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori e di
ricevere da entrambi cura, educazione e istruzione, ha introdotto il principio dell’affidamento condiviso della prole ad entrambi i genitori.
In particolare, secondo l’art. 155, co. 2, c.c., il giudice della separazione è
chiamato a valutare prioritariamente la possibilità che i figli minori restino
affidati ad entrambi i genitori, e deve pronunciarsi per l’affidamento esclusivo in favore di un solo coniuge soltanto laddove l’affidamento ad entrambi appaia contrario all’interesse del minore.
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La famiglia
10 quater. Per aversi riconciliazione è necessaria una pronuncia del
Tribunale?
br
i
S.
Gli effetti della separazione cessano con la riconciliazione dei coniugi,
che può essere:
a) espressa, se consacrata in un accordo formale;
b) tacita, se attuata con la ripresa della vita in comune o comunque con un
comportamento non equivoco incompatibile con lo stato di separazione.
Tanto la riconciliazione espressa che quella tacita non richiedono una
pronuncia giudiziale, producendo effetto di per sé (art. 157).
li
10 quinquies. La violazione dell’obbligo di fedeltà determina separazione con addebito al coniuge adultero?
Es
se
In base alle nuove disposizioni dettate dalla legge 19 maggio 1975 n. 151
in tema di separazione personale dei coniugi, la violazione del reciproco
dovere di fedeltà non legittima di per sé, automaticamente, la pronunzia di
separazione con addebito al coniuge adultero, ma solo se abbia reso intollerabile la prosecuzione della convivenza o recato grave pregiudizio all’educazione della prole (Cass. S.U. 23-4-1982, n. 2494).
©
11. Come si acquista lo status di figlio legittimo?
Riferimento normativo: articoli 231, 232 c.c.
ht
Definizione: evidenziare che è legittimo il figlio concepito da genitori uniti in
matrimonio.
ig
Altri aspetti: specificare i caratteri della presunzione di paternità e della presunzione di concepimento durante il matrimonio.
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Domande consequenziali: disconoscimento della paternità; riconoscimento del
figlio naturale; differenza di trattamento tra figli naturali riconosciuti e figli legittimi.
Articolazione della risposta
C
op
È legittimo il figlio concepito da genitori uniti in matrimonio. In base al
principio per cui mater semper certa est, pater nunquam la legge, per accertare che il figlio è stato concepito dal legittimo marito e in costanza di
.
56
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
se
li
br
i
S.
matrimonio, soccorre con due presunzioni: la presunzione di paternità e la
presunzione di concepimento durante il matrimonio.
In base alla presunzione di paternità si presume che il marito sia il padre
del figlio concepito durante il matrimonio (art. 231). Questa presunzione,
però, è soltanto relativa in quanto il marito può fornire la prova contraria e
disconoscere il figlio nei casi previsti dalla legge.
In base alla presunzione di concepimento si ritiene concepito nel matrimonio il figlio nato non prima di 180 giorni dalla sua celebrazione e non
dopo 300 giorni dal suo scioglimento, annullamento o cessazione degli
effetti civili (art. 232). Tale presunzione è assoluta; tuttavia, la nascita prima dei 180 giorni non comporta automaticamente l’illegittimità, che può
aversi solo in seguito ad azione per il disconoscimento, mentre il figlio
nato dopo i 300 giorni è comunque considerato legittimo se ciascuno dei
coniugi o i loro eredi provino che egli è stato concepito durante il matrimonio. In ogni caso, inoltre, il figlio stesso può proporre azione per reclamare
lo status di figlio legittimo.
Es
11 bis. In quali casi è ammessa l’azione di disconoscimento della
paternità?
C
op
yr
ig
ht
©
Con l’azione di disconoscimento della paternità si mira a far cadere la presunzione di paternità del marito.
L’azione è consentita solo nei seguenti casi (art. 235):
a) se i coniugi non hanno coabitato nel periodo compreso fra il trecentesimo e il centottantesimo giorno prima della nascita;
b) se durante il tempo predetto il marito era affetto da impotenza, anche
soltanto di generare;
c) se nel detto periodo la moglie ha commesso adulterio o ha tenuto celata
al marito la sua gravidanza e la nascita del figlio.
La sola dichiarazione della madre non esclude la paternità.
Legittimati ad agire sono:
— il padre, entro un anno dalla nascita, se si trovava nel luogo in cui è
avvenuta, o dal giorno del suo ritorno nel luogo della nascita o della
residenza familiare;
— la madre, entro sei mesi dalla nascita, o nell’ipotesi di impotenza solo
di generare del marito dal momento in cui è venuta a conoscenza dell’impotenza stessa (Corte Cost. n. 170/1999);
.
57
p.
A
La famiglia
i
S.
— il figlio, entro un anno dalla maggiore età o dal momento della conoscenza dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento se è avvenuta dopo il compimento dei 18 anni;
— un curatore speciale nominato dal giudice su istanza del figlio minore
che abbia compiuto i 16 anni.
In caso di accoglimento dell’azione, il figlio risulta figlio naturale riconosciuto dalla madre.
br
11 ter. Come va effettuato il riconoscimento del figlio naturale?
yr
ig
ht
©
Es
se
li
Sono figli naturali quelli nati da genitori non sposati fra loro.
Al riguardo si deve distinguere tra:
— figlio naturale riconoscibile, che è quello nato da persone che non sono
sposate o erano già unite in matrimonio con altra persona all’epoca del
concepimento;
— figlio naturale non riconoscibile, che è quello nato da persone legate
tra loro da vincolo di parentela o affinità (in linea retta), salvo che i
genitori, al tempo del concepimento, ignorassero la parentela e salvo
che sia stato dichiarato nullo il matrimonio da cui deriva l’affinità. Quando uno solo dei genitori sia stato in buona fede, egli può riconoscere il
figlio.
Il riconoscimento, che consiste nella dichiarazione fatta da uno o da entrambi
i genitori che una data persona è proprio figlio naturale, può essere operato:
a) nell’atto di nascita;
b) con apposita dichiarazione posteriore alla nascita o al concepimento
resa davanti all’ufficiale di stato civile;
c) con atto pubblico;
d) con un testamento in qualsiasi forma redatto.
Il riconoscimento può essere effettuato soltanto da chi abbia compiuto i
sedici anni, ed è efficace nei confronti di un f iglio ultrasedicenne soltanto
se vi è l’assenso di questi.
op
11 quater. In cosa differisce il trattamento dei figli naturali riconosciuti rispetto a quello dei figli legittimi?
C
Con la riforma del diritto di famiglia ha trovato piena applicazione l’art.
30, comma 3 della Costituzione, il quale stabilisce che «la legge assicura ai
.
58
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
li
Istituti collegati: matrimonio; famiglia di fatto.
br
i
S.
figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile
con i diritti dei membri della famiglia legittima».
È stata quindi equiparata, ove possibile, la situazione dei figli naturali a
quella dei figli legittimi, e l’art. 261 c.c. esplicitamente afferma che «il
riconoscimento comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi».
L’unica rilevante differenza di trattamento è la facoltà di commutazione
prevista dal terzo comma dell’art. 537 c.c., a norma del quale «i figli legittimi possono soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione
spettante ai figli naturali che non vi si oppongano».
se
12. Quali sono i requisiti stabiliti per l’adozione dei minori?
Riferimento normativo: articoli 6, 7 L. 184/1983
Es
Requisiti: evidenziare che per l’adozione dei minori è necessario che:
• gli adottanti siano uniti in matrimonio da almeno tre anni e non siano separati;
• l’età degli adottanti superi di almeno 18 e non più di 45 l’età dell’adottando;
• gli adottanti siano idonei ad educare, istruire e mantenere il minore;
• il minore sia dichiarato in stato di adattabilità;
• il minore che ha compiuto i quattordici anni abbia prestato consenso all’adozione.
©
Altri aspetti: specificare che a seguito dell’adozione il minore adottato acquista
lo stato di figlio legittimo degli adottanti e ne assume il cognome.
ht
Domande consequenziali: stato di adottabilità; adozione di un maggiorenne.
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
Gli artt. 6 e 7 della L. 184/1983, così come modificati dalla nuova legge
sulle adozioni, richiedono la sussistenza di alcuni requisiti soggettivi degli
adottanti e del minore da adottare (adottando).
Per gli adottanti è previsto che:
— devono essere uniti in matrimonio da almeno tre anni e non deve
aver avuto luogo tra gli stessi una separazione personale neanche di
fatto. Il requisito della stabilità del rapporto può ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo
prima del matrimonio per un periodo di tre anni;
.
59
p.
A
La famiglia
Es
se
li
br
i
S.
— la loro età deve superare di almeno diciotto e non più di quarantacinque anni l’età dell’adottando. Tali limiti possono essere superati se
il Tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi
un danno grave e non evitabile in altro modo per il minore; è inoltre
ammessa l’adozione quando il limite massimo di età sia superato da
uno solo dei coniugi in misura non superiore a dieci anni, quando gli
stessi siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno in
età minore e, infine, quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già adottato dagli stessi;
— devono essere effettivamente idonei e capaci di educare, istruire e
mantenere il minore che intendono adottare.
Quanto all’adottando, è invece previsto che:
— l’adozione è prevista per tutti i minori, non essendo rilevante la loro età;
— il minore deve essere dichiarato in stato di adottabilità;
— il minore che ha compiuto i quattordici anni deve prestare personalmente il proprio consenso all’adozione, mentre il minore che ha compiuto i dodici anni deve essere sentito.
A seguito dell’adozione il minore adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti e ne assume il cognome (effetto legittimante), mentre
cessano i rapporti giuridici tra adottato e famiglia di origine, salvi i divieti
matrimoniali (effetto risolutivo).
©
12 bis. Cosa si intende per stato di adottabilità?
C
op
yr
ig
ht
Lo stato di adottabilità del minore presuppone una situazione di abbandono che si concreta nella mancanza di assistenza morale e materiale da
parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi. Ricorrendone i presupposti, tale situazione di abbandono sussiste anche se il minore si trova
presso istituti di assistenza o comunità di tipo familiare.
Lo stato di adottabilità è dichiarato dal Tribunale per i minorenni con sentenza emessa in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero nonché il
rappresentante dell’istituto di assistenza o della comunità di tipo familiare
presso cui il minore è collocato o la persona cui è affidato; devono essere
sentiti anche il tutore, se esiste, e il minore che ha compiuto i dodici anni o
di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento.
La segnalazione della situazione di abbandono può essere effettuata da parte
di chiunque alla pubblica autorità, affinché faccia rapporto al Tribunale
.
60
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
S.
per i minorenni. Essa è invece obbligatoria per i pubblici ufficiali, gli incaricati di pubblico servizio e gli esercenti un servizio di pubblica necessità,
nonché per chiunque (non essendo parente entro il quarto grado) abbia
accolto un minore stabilmente e per un periodo superiore a sei mesi presso
la propria abitazione.
i
12 ter. È possibile l’adozione di un maggiorenne?
ig
ht
©
Es
se
li
br
L’adozione di maggiorenni, riservata sostanzialmente a tutelare aspettative
successorie, è permessa alle persone, che non hanno discendenti legittimi
o legittimati, che abbiano compiuti i 35 anni e che superino di almeno 18
anni l’età di coloro che intendono adottare (art. 291).
Per essa valgono le seguenti regole:
— i figli nati fuori dal matrimonio non possono essere adottati dai loro
genitori;
— è ammessa l’adozione di più persone anche con atti successivi;
— occorre il consenso dell’adottante e dell’adottato;
— occorre l’assenso dei genitori dell’adottando e del coniuge dell’adottante e dell’adottando, se coniugati e non legalmente separati.
Il tribunale, sulla domanda di adozione, deve compiere una duplice indagine: di legittimità, sulla sussistenza di tutte le condizioni volute dalla legge;
di merito, sulla convenienza dell’adozione per l’adottando.
A seguito del decreto di adozione, l’adottato di regola assume il cognome
dell’adottante e lo antepone al proprio.
L’adozione non attribuisce alcun diritto di successione all’adottante, mentre l’adottato acquista nei confronti dell’adottante i normali diritti successori spettanti ai figli legittimi.
yr
13. Quando è stato introdotto nel nostro ordinamento l’istituto
del divorzio?
Riferimento normativo: L. 898/1970
C
op
Disciplina generale: evidenziare che con la legge istitutiva del divorzio è stata
prevista la possibilità, in presenza di determinate circostanze, dello scioglimento del vincolo qualora sia venuta meno la comunione materiale e spirituale tra i
coniugi
.
61
p.
A
La famiglia
S.
Domande consequenziali: foro competente per la domanda di separazione o
divorzio; effetti personali del divorzio; fondamento dell’azione di separazione;
ratio dell’udienza innanzi al presidente del Tribunale; bifasicità dell’udienza presidenziale; comparizione dei coniugi; provvedimenti del presidente; decorrenza
del termine triennale per la domanda di divorzio.
Articolazione della risposta
©
Es
se
li
br
i
Fino agli anni 70 lo scioglimento del matrimonio era ammesso solo nel
caso di morte di uno dei coniugi, salvo quanto previsto in tema di morte
presunta (art. 65 c.c.) ed in ordine alla possibilità di scioglimento del matrimonio concordatario per mancata consumazione.
Solo con la l. 1 dicembre 1970 n. 898 istitutiva del divorzio, è stata prevista
la possibilità, in presenza di determinate circostanze, dello scioglimento
del vincolo qualora sia venuta meno la comunione materiale e spirituale tra
i coniugi.
La legge indica tassativamente i motivi in presenza dei quali il giudice può
ritenere cessata la comunione materiale e spirituale e prevede un procedimento giurisdizionale inteso a favorire il più possibile la riconciliazione.
Nella legge si parla di scioglimento del matrimonio e di cessazione degli
effetti civili, intendendosi con tale seconda espressione l’estinguersi degli
effetti civili del matrimonio concordatario.
Infatti, come ha avuto modo di chiarire la Corte di Cassazione, la legge
898 si applica a tutti i matrimoni concordatari, in qualunque tempo contratti e, dunque, anche a quelli stipulati dopo la sua entrata in vigore.
ht
13 bis. Qual è il foro generale competente per la domanda volta ad
ottenere la separazione o il divorzio?
C
op
yr
ig
Prima dell’ultima riforma processuale in materia di separazione vigeva la
regola del foro generale del convenuto. Ora, in materia tanto di separazione quanto di divorzio, viene indicato quale foro generale competente quello
del luogo dell’ultima residenza dei coniugi ovvero, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio.
Nel secondo caso, fino a prova contraria la residenza è quella anagrafica,
ma è consentito alle parti di dimostrare la mancata coincidenza della residenza effettiva rispetto a quella anagrafica e quindi radicare la causa nel
circondario del Tribunale ove è situata la residenza effettiva.
.
62
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
13 ter. Quali sono gli effetti personali del divorzio?
se
li
br
i
S.
Quanto agli effetti personali, con lo scioglimento del matrimonio vengono
meno i doveri di cui all’art. 143 c.c., in particolare l’obbligo di fedeltà,
quello di assistenza morale e materiale, quello di coabitazione e collaborazione.
Dopo la sentenza di divorzio i coniugi riacquistano lo stato libero e possono, dunque, contrarre nuove nozze. La moglie perde il cognome del marito
salvo il caso in cui sia autorizzata dal giudice ad usarlo ancora, sussistendo
un interesse proprio o dei figli meritevole di tutela.
Qualora la moglie usi il cognome del marito indebitamente, costui potrà
agire giudizialmente chiedendo la cessazione del comportamento lesivo,
ed anche il risarcimento del danno. Nei rapporti tra genitori e figli si applicano le regole vigenti in materia di separazione, in ordine alle modalità
dell’affidamento, di mantenimento ed all’esercizio della potestà.
Es
13 quater. In che modo si propone la domanda di separazione personale dei coniugi?
ht
©
La domanda di separazione personale dei coniugi si propone con ricorso che
deve contenere l’esposizione dei fatti sui quali la domanda è fondata, i dati
relativi all’atto di matrimonio, l’indicazione della eventuale prole e la volontà alla non prosecuzione della vita coniugale. Il ricorso deve essere sottoscritto personalmente dal ricorrente o da entrambi i coniugi nel caso che,
trattandosi di separazione consensuale, l’istanza sia presentata da entrambi.
La legittimazione ad agire spetta a ciascuno dei coniugi. È dunque dubbia
l’ammissibilità della rappresentanza legale o volontaria.
ig
13 quinquies. Qual è il fondamento dell’azione di separazione?
C
op
yr
Ai sensi dell’art.151 c.c. novellato esso è costituito dal verificarsi di fatti
tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio alla educazione della prole e ciò anche indipendentemente dalla volontà di uno o entrambi i coniugi.
L’eventuale violazione dei doveri derivanti dal matrimonio può costituire,
ma soltanto a richiesta di uno dei coniugi, il fondamento di una pronuncia
accessoria, con la quale viene dichiarato a quale dei coniugi la separazione
sia addebitabile.
.
63
p.
A
La famiglia
i
S.
Tale dichiarazione viene ad incidere sui rapporti patrimoniali, comportando per il coniuge separato con dichiarazione di addebito a proprio carico la
perdita del diritto al mantenimento (non anche di quello agli alimenti) e dei
diritti successori.
Le cause più frequenti di addebito sono costituite dai maltrattamenti e dall’omissione dell’assistenza morale o materiale o dall’abbandono del tetto
coniugale.
br
13 sexies. Nel procedimento di separazione personale dei coniugi qual
è la ratio dell’udienza dinanzi al Presidente del Tribunale?
ig
ht
©
Es
se
li
All’udienza di comparizione il Presidente del tribunale deve sentire i coniugi
prima separatamente e poi congiuntamente, tentandone la conciliazione.
È in questo tentativo di componimento bonario che va ravvisata la funzione di tale fase del procedimento. Se la conciliazione non riesce, il Presidente, anche d’ufficio, sentiti i coniugi ed i rispettivi difensori, fondandosi
solo su quanto risulta dal ricorso, e sulle dichiarazioni rese dai separandi,
autorizza i coniugi a vivere separatamente e determina, anche se provvisoriamente, le modalità del loro regime di vita adottando i provvedimenti che
reputa opportuni nell’interesse della prole e dei coniugi.
L’ordinanza presidenziale è titolo esecutivo; è provvedimento provvisorio,
interinale ed anticipatorio revocabile o modif icabile, anche con la stessa
sentenza che pronuncia la separazione, ove le condizioni personali e
patrimoniali dei coniugi abbiano subito mutamenti nell’arco della trattazione, la quale a causa dei gravi ritardi dell’amministrazione della giustizia
può protrarsi anche per anni. A seguito dell’intervento della legge n. 54/
2006 il provvedimento presidenziale è reclamabile dinanzi alla Corte d’Appello territorialmente competente.
13 septies. In che cosa consiste la bifasicità dell’udienza presidenziale?
C
op
yr
L’udienza presidenziale è contraddistinta da una doppia scansione: una prima fase dedicata al tentativo di conciliazione ed una seconda contraddistinta
dal libero interrogatorio delle parti, finalizzato ad assumere le informazioni necessarie ad emanare i provvedimenti temporanei ed urgenti.
In materia di separazione e divorzio si può parlare di bifasicità con due
accezioni diverse, nel senso che oltre all’udienza presidenziale è bifasico
.
64
p.
A
Parte Prima - Sezione Seconda
S.
lo stesso procedimento, dal momento che si ha un prima fase avanti al
presidente del Tribunale, caratterizzata da regole particolari, e poi una seconda fase, avanti al giudice istruttore, che ha luogo secondo le regole del
processo ordinario di cognizione.
i
13 octies. Nell’udienza presidenziale i coniugi devono comparire
personalmente ed essere assistiti da un difensore?
se
li
br
Nell’udienza presidenziale le parti devono comparire personalmente e
devono essere assistite da un difensore, anche nella fase preliminare del
tentativo di conciliazione. Se l’attore non si presenta il processo si estingue.
Pertanto, il convenuto che vuole procedere deve iniziare un nuovo autonomo
procedimento. Analogamente l’estinzione si verifica se oltre all’attore non si
presenta anche il convenuto. Se è solo il convenuto a non presentarsi, invece,
il giudice potrà scegliere se fissare una nuova udienza per rinnovare il tentativo di conciliazione o considerare lo stesso come non andato a buon fine ed
emettere i provvedimenti temporanei ed urgenti di sua competenza.
Es
13 novies. Quali provvedimenti può assumere il presidente?
ig
ht
©
In linea generale, sul contenuto dei provvedimenti presidenziali (temporanei e
destinati ad essere confermati o modificati nella sentenza definitiva del giudizio) il codice non detta delle indicazioni analitiche, lasciando un margine di
discrezionalità al presidente del tribunale. Tuttavia, l’ambito di estensione dei
provvedimenti è quello stesso che concerne l’oggetto del giudizio. Si tratta,
dunque, per la separazione, dei provvedimenti di cui agli articoli 155 e 156 c.c.
Il presidente deciderà in merito all’affidamento dei figli (attribuendo un
assegno di mantenimento qualora il coniuge economicamente più debole
non abbia adeguati redditi propri), all’autorizzazione dei coniugi a vivere
separati e all’assegnazione della casa coniugale.
yr
13 decies. Ai fini della proposizione della domanda di divorzio in
caso di separazione dei coniugi da quando decorre il termine triennale?
C
op
Ai fini della maturazione del termine triennale della separazione personale
costituente presupposto della domanda di divorzio, il termine triennale
decorre dalla prima comparizione dei coniugi innanzi al presidente.
.
A
p.
S.
PARTE SECONDA
SUCCESSIONI E DONAZIONI
Pag.
66
2. Come si devolve l’eredità? ...................................................................
2 bis. Qual è la funzione del patto di famiglia? 2 ter. Qual è la differenza tra vocazione e delazione? 2 quater. È valida la donazione a causa di
morte? 2 quinquies. Quando può parlarsi di eredità giacente?
»
68
3. Cosa si intende per capacità a succedere e a chi è riservata? .............
3 bis. Esiste un’incapacità relativa a succedere? 3 ter. Può un soggetto
indegno acquistare l’eredità? 3 quater. È ammissibile la riabilitazione
dell’indegno? 3 quinquies. Quando può parlarsi di diseredazione?
»
71
4. Qual è lo scopo della sostituzione ordinaria? ....................................
4 bis. Quando opera l’istituto della rappresentazione? 4 ter. Quali sono
i presupposti dell’accrescimento? 4 quater. Che rapporto c’è fra trasmissione e sostituzione? 4 quinquies. Cos’è la clausola «si sine liberis
decesserit»?
»
74
5. In che modo si acquista l’eredità? ......................................................
5bis. È possibile rinunziare all’eredità? 5 ter. Quali effetti produce l’accettazione con beneficio d’inventario? 5 quater. Quali sono i termini previsti
dalla legge per l’accettazione con beneficio di inventario? 5 quinquies. In
cosa si differenziano gli istituti della separazione dei beni e l’accettazione
beneficiata? 5 sexies. È possibile per un genitore accettare tacitamente l’eredità devoluta a suo figlio? 5 septies. Sussiste solidarietà passiva tra i coeredi
nei confronti dei creditori del de cuius?
»
77
6. Quali sono le forme in cui il testamento può essere redatto? ...........
6 bis. Il minore e l’interdetto sono capaci di testare? 6 ter. Perché viene
nominato un esecutore testamentario? 6 quater. È possibile la revoca
del testamento? 6 quinquies. È ipotizzabile una rinunzia «a far valere il
testamento»? 6 sexies. Il testamento nullo può essere confermato?
»
82
7. Chi sono i legittimari? ..........................................................................
7 bis. Come si reintegra la quota di legittima in caso di lesione?
7 ter. A cosa serve l’azione di restituzione? 7 quater. Cosa si intende per «cautela sociniana»?
»
86
8. Quali sono i tipi di legato? ...................................................................
8 bis. È ammissibile la rinunzia al legato? 8 ter. È valido il legato di
cosa altrui? 8 quater. Quale rilevanza ha la distinzione tra erede e legatario?
»
89
C
op
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ig
ht
©
Es
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br
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1. Quando si verifica il fenomeno della successione? ............................
1 bis. Esiste una successione mortis causa a titolo particolare?
1 ter. Qual è la differenza tra petitio hereditatis e rei vindicatio?
.
66
p.
A
Parte Seconda
Pag.
10. Quali sono i caratteri della donazione? ..............................................
10 bis. La donazione è un negozio giuridico a titolo esclusivamente gratuito? 10 ter. La donazione va fatta sempre per atto pubblico? 10 quater. In presenza di quali cause il contratto di donazione
deve ritenersi non valido? 10 quinquies. La donazione è revocabile?
10 sexies. Possono configurarsi figure particolari di donazione in
virtù dei motivi sottesi all’animus donandi? 10 septies. Cosa si
intende per donazione indiretta? 10 octies. La promessa di donazione è giuridicamente vincolante?
»
92
94
li
br
i
S.
9. Qual è lo scopo della divisione ereditaria? .........................................
9 bis. Quando interviene la divisione giudiziale? 9 ter. Perché si fa luogo alla collazione? 9quater. Esistono limitazioni al diritto a chiedere la
divisione?
se
1. Quando si verifica il fenomeno della successione?
Riferimento normativo: articolo 456 c.c.
Es
Definizione: evidenziare che la morte costituisce il momento temporale di apertura della successione.
©
Rapporti trasmissibili: specificare che esistono rapporti giuridici non trasmissibili
a causa di morte:
• rapporti intuitu personae;
• rapporti familiari;
• rapporti personalissimi.
Altri aspetti: sottolineare i caratteri della successione mortis causa.
ht
Domande consequenziali: successione a titolo universale e a titolo particolare; differenza tra petitio hereditatis e rei vindicatio.
ig
Articolazione della risposta
C
op
yr
La successione mortis causa è un fenomeno facente parte del più ampio
concetto di successione in un rapporto giuridico, inteso quale subingresso
di un soggetto ad un altro nella titolarità di uno o più rapporti giuridici. La
successione si apre con la morte del de cuius (cioè il soggetto della cui
successione si tratta), evento che scandisce il momento cronologico al quale retroagiscono gli effetti dell’accettazione dell’eredità e in coincidenza
del quale il legatario acquista automaticamente il legato. Alla morte naturale è equiparata la dichiarazione di morte presunta, nel qual caso la
.
67
p.
A
Successioni e donazioni
Es
se
li
br
i
S.
successione si apre, ai sensi degli artt. 58 e 61 c.c., nel momento in cui la
sentenza fa risalire la morte.
Il principio è quello secondo cui, con la morte, i diritti di una persona non
si estinguono ma si trasmettono ad altri soggetti prescelti dal de cuius, in
caso di testamento, o designati dalla legge, principio che trova la propria
giustificazione nell’esigenza economica e sociale di certezza del diritto.
Tuttavia non tutti i diritti del defunto sono trasmissibili a causa di morte,
restando esclusi dal fenomeno successorio i rapporti familiari, i diritti
della personalità e, in considerazione della rilevanza dell’elemento personale, i cd. rapporti intuitu personae quali il mandato, il contratto di lavoro,
etc., nonché i diritti patrimoniali che si estinguono con la morte del titolare, come il diritto di usufrutto.
Da quanto detto, discende che sono caratteri della successione mortis causa: la continuità fra de cuius e successore nella titolarità di tutti i rapporti
giuridici e la natura patrimoniale della successione. L’altro elemento è
quello del carattere derivativo dell’acquisto dei beni, che a sua volta potrà essere a titolo derivativo-traslativo (quando il successore acquista un
diritto già esistente, come il diritto di proprietà) oppure derivativo-costitutivo
(quando il diritto non esisteva nel patrimonio del de cuius ma deriva da un
diritto preesistente dello stesso, come nel caso dell’usufrutto costituito per
testamento).
©
1 bis. Esiste una successione mortis causa a titolo particolare?
C
op
yr
ig
ht
La distinzione tra eredità e legato (art. 588 c.c.) corrisponde a quella tra
successione a titolo universale e successione a titolo particolare. L’erede,
infatti, succede indistintamente, da solo o in concorso con altre persone,
nell’universalità o in una quota dei beni del defunto; il legatario, invece,
succede in uno o più rapporti giuridici determinati che non vengono
considerati come quota dell’intero patrimonio. Sono dunque disposizioni a
titolo particolare quelle aventi ad oggetto uno o più beni determinati (un
immobile, un dipinto, etc.) o l’attribuzione di un diritto del defunto (ad
esempio, un credito).
La differenza fondamentale tra le due forme di successione risiede, in altre
parole, nella circostanza che, con il legato, l’estensione della vicenda
successoria è limitata a quei diritti espressamente indicati dal titolo, mentre al contrario la successione universale può ricomprendere anche diritti
non espressamente indicati dal titolo, purché già spettanti al defunto.
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68
p.
A
Parte Seconda
li
br
i
S.
Ove residuino dubbi sull’assegnazione dei beni come quota del patrimonio
spetterà al giudice, prescindendo dalle espressioni usate dal testatore, stabilire quale sia stata la reale intenzione di quest’ultimo (art. 588). Così,
l’indicazione di beni determinati o di un complesso di beni (cd. institutio
ex re certa) non esclude che la disposizione sia a titolo universale quando
risulta che il testatore ha inteso assegnare quei beni come quota del suo
patrimonio, come avverrebbe nel caso in cui il testatore lasci a tutti i suoi
figli, in quote uguali, un immobile il cui valore è pari all’incirca alla totalità del compendio ereditario. Con questa disposizione il legislatore risolve
il dibattito sulla nozione di quota di beni, precisando che la determinazione
numerica della quota (metà, un quarto, etc.) non va fatta necessariamente
dal testatore, ma può essere fatta anche dopo l’apertura della successione.
se
1 ter. Qual è la differenza tra petitio hereditatis e rei vindicatio?
©
Es
La petitio hereditatis si distingue dalla rei vindicatio in quanto si fonda
sull’allegazione dello stato di erede ed ha per oggetto beni considerati come
elementi costituitivi dell’universum ius o di una quota parte di esso. Da ciò
deriva che mentre l’attore in rei vindicatio deve dimostrare la proprietà
del bene attraverso una serie regolare di passaggi durante tutto il periodo
di tempo necessario all’usucapione, nella petitio hereditatis l’attore può
limitarsi a provare la propria qualità di erede ed il fatto che i beni, al
tempo dell’apertura della successione, fossero compresi nell’asse ereditario (Cass. 22-7-2004, n. 13785; Cass. 15-3-2004, n. 5252).
ht
Istituti collegati: dichiarazione di morte presunta.
ig
2. Come si devolve l’eredità?
Riferimento normativo: articoli 457-458 c.c.
yr
Definizione: evidenziare che la successione per causa di morte può avvenire
per legge o per testamento.
Divieto di delazione pattizia: specificare il fondamento del divieto.
C
op
Altri aspetti: specificare la tipologia dei patti successori vietati:
• patti costitutivi;
• patti dispositivi;
• patti abdicativi.
.
69
p.
A
Successioni e donazioni
Domande consequenziali: patto di famiglia; vocazione e delazione; donazione
a causa di morte; giacenza della eredità.
S.
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
L’eredità si devolve per legge o per testamento (art. 457), che dunque costituiscono le due forme di vocazione previste dal nostro ordinamento.
Nonostante la prevalenza accordata alle disposizioni testamentarie, non è
escluso il concorso tra successione legittima e testamentaria quando il de
cuius, pur avendo fatto testamento, non abbia disposto di tutti i suoi beni.
La successione testamentaria incontra inoltre un limite invalicabile nella
protezione dei diritti dei legittimari, cioè dei soggetti, facenti parte del nucleo familiare del de cuius, aventi diritto alla cd. successione necessaria.
Più precisamente, i legittimari sono il coniuge superstite, i figli legittimi e
naturali, ed, in mancanza di quest’ultimi, gli ascendenti legittimi.
La legge e il testamento rappresentano dunque le due forme di delazione
previste dall’ordinamento. È invece espressamente vietata la delazione
pattizia o contrattuale, avendo il legislatore disposto la nullità dei patti
successori (art. 458) per garantire al testatore la libertà di disporre liberamente dei propri beni fino all’ultimo istante di vita, per evitare che soggetti
eccessivamente incauti o prodighi possano rinunciare ad eventuali futuri
diritti troppo a cuor leggero e, infine, per scongiurare il possibile desiderio
della morte del de cuius (cd. votum captandae mortis).
I patti successori, tutti aventi la forma del negozio giuridico non testamentario, si distinguono in:
a) patti costitutivi o istitutivi: sono i contratti successori con cui il de
cuius dispone della propria successione (ad esempio Tizio conviene con
Caio di lasciargli la sua eredità) o si impegna a disporne in un certo
modo;
b) patti dispositivi: sono quelli con cui un soggetto disponga dei diritti
che gli possono spettare su una successione ereditaria non ancora aperta (ad esempio Tizio vende a Caio i beni che dovrebbero pervenirgli in
eredità da suo zio Sempronio);
c) patti rinunziativi: sono quelli con cui taluno rinunzia anticipatamente
a diritti che prevede saranno a lui devoluti in virtù di una successione
non ancora aperta (es.: Tizio conviene con il fratello Caio di rinunziare
all’eredità di suo padre Mevio, ancora in vita).
.
70
p.
A
Parte Seconda
2 bis. Qual è la funzione del patto di famiglia?
li
br
i
S.
Ferma la nullità dei patti successori, il legislatore ha di recente previsto
un’eccezione a tale divieto con l’istituto del patto di famiglia, un patto
successorio di tipo dispositivo definito come il contratto con cui l’imprenditore o il titolare di partecipazioni societarie trasferiscono, in tutto o in
parte, l’azienda o le proprie quote ad uno o più discendenti.
Tale patto, il cui fondamento risiede nell’esigenza di garantire il passaggio generazionale di azienda, va stipulato nella forma dell’atto pubblico e
richiede la necessaria partecipazione del coniuge e di tutti i discendenti
che sarebbero legittimari se la successione si aprisse nel momento in cui
viene stipulato.
2 ter. Qual è la differenza tra vocazione e delazione?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
La vocazione coincide con la chiamata all’eredità e si identifica con il
titolo — testamento, legge, ovvero entrambi — in base al quale si succede
(art. 457). La delazione, invece, è la concreta offerta al chiamato di succedere sul fondamento della vocazione, e rappresenta perciò l’aspetto dinamico di quest’ultima.
In sintesi si può dire che la vocazione rappresenta l’aspetto soggettivo del
fenomeno successorio, cioè la designazione per legge o per testamento di
coloro che succederanno, mentre la delazione costituisce l’aspetto oggettivo, individuando il momento in cui si trasmette al soggetto il complesso
delle attribuzioni patrimoniali a lui spettanti. Anche la possibilità di acquistare l’eredità mediante accettazione, cioè mediante quella manifestazione
di volontà che costituisce il mezzo tecnico per acquistare la qualità di erede, esplicita chiaramente la distinzione tra chi è solo vocato, ossia designato come successibile, e chi invece è anche delato essendogli stata in concreto offerta l’eredità.
Sotto il profilo temporale, di regola, vocazione e delazione coincidono,
verificandosi entrambe all’apertura della successione, ma possono anche
divergere: si pensi al caso in cui il chiamato alla successione debba ancora
nascere o all’istituito sotto condizione sospensiva. In queste ipotesi la vocazione è attuale, mentre la delazione è differita ad un momento successivo (si parla di «aspettativa di delazione»).
.
71
p.
A
Successioni e donazioni
2 quater. È valida la donazione a causa di morte?
se
li
br
i
S.
Secondo la giurisprudenza, l’elemento che distingue la donazione con la
clausola si praemoriar, valida ed efficace, dalla donazione a causa di morte,
vietata dalla legge al pari del patto successorio, è costituito dalla funzione che assume nella prospettiva delle parti la circostanza della morte
del donante: ove tale evento sia elevato dalle parti a causa dell’attribuzione, nel senso che il negozio diviene perfetto solo con la morte del donante, si configura la donazione mortis causa; ove invece le parti abbiano
inteso soltanto condizionare all’evento della morte la produzione degli
effetti definitivi propri del negozio, già perfetto ab initio e produttivo di
effetti limitati o prodromici (consistenti nell’aspettativa dell’acquisto del
diritto ex art. 1356 c.c.) si delinea la donazione si praemoriar. In tale
ultimo caso, in sostanza, il donante non dispone della propria successione, ma di un proprio bene (Cass. 16-6-1966, n. 1547; Cass. 9-7-1976, n.
2619).
Es
2 quinquies.Quando può parlarsi di eredità giacente?
ig
ht
©
Con la morte del de cuius, il chiamato all’eredità non acquista ipso iure la
qualità di erede, rendendosi necessaria a tal fine una manifestazione di
volontà diretta in tal senso, più propriamente nota come accettazione.
Fintantoché il chiamato non abbia accettato ovvero nei casi in cui sia incerta la sua identità, viene a determinarsi una situazione di grave incertezza.
Al fine di evitare che il patrimonio del defunto rimanga abbandonato a se
stesso e privo di tutela giuridica, è prevista la nomina da parte dell’autorità
giudiziaria di un curatore avente il compito di gestire il patrimonio ereditario fino al momento dell’accettazione o, in mancanza, della devoluzione
allo Stato.
yr
Istituti collegati: testamento; diritti dei legittimari.
3. Cosa si intende per capacità a succedere e a chi è riservata?
op
Riferimento normativo: articolo 462 c.c.
C
Definizione: evidenziare che la capacità di succedere è un aspetto della capacità giuridica, consistendo nell’attitudine a subentrare nella titolarità dei rapporti
giuridici di cui era titolare il de cuius.
.
72
p.
A
Parte Seconda
Altri aspetti: sottolineare che sono capaci di succedere anche le persone giuridiche.
S.
Domande consequenziali: incapacità relativa di succedere; acquisto dell’eredità da parte dell’indegno; riabilitazione dell’indegno; diseredazione.
Articolazione della risposta
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
La capacità di succedere costituisce uno degli aspetti che assume in concreto la capacità giuridica, consistendo nell’attitudine del chiamato a subentrare nella titolarità dei rapporti giuridici di cui era titolare il de cuius.
Diversamente, la capacità di accettare l’eredità è una manifestazione della
capacità d’agire.
La regola generale sancita dall’art. 462 c.c. è che sono capaci di succedere
tutti coloro che siano nati o concepiti nel momento in cui si apre la successione, nonché, a solo titolo testamentario, i figli non ancora concepiti di
una persona vivente al momento della morte del testatore.
Va osservato, dunque, che chiunque è capace di succedere, a meno che
detta capacità non esista come nel caso del premorto o del non nato.
Il disposto della norma non contrasta con l’art. 1 c.c. poiché i nascituri,
concepiti e non, sono soltanto vocati all’eredità e la delazione in loro favore avverrà soltanto con la nascita, momento in cui il rappresentante
legale potrà accettare l’eredità con effetto retroattivo al tempo dell’apertura della successione. Come evidenziato, a differenza dei concepiti, i non
concepiti possono essere istituiti eredi soltanto con testamento e non possono succedere per legge.
La capacità di succedere appartiene anche alle persone giuridiche e agli
enti non riconosciuti. Gli enti possono succedere esclusivamente per testamento, ad eccezione dello Stato cui l’eredità può essere devoluta in mancanza di successibili legittimi o testamentari (art. 586).
3 bis. Esiste un’incapacità relativa a succedere?
C
op
yr
Si parla di incapacità di succedere relativa, o di incapacità di ricevere, per
i seguenti soggetti:
a) il tutore o il protutore del testatore, se le disposizioni testamentarie in loro
favore furono stilate al tempo in cui svolgevano attività di tutela (art. 596);
b) il notaio o altro pubblico ufficiale che ha ricevuto il testamento pubblico e i testimoni e l’interprete intervenuti (art. 597);
.
73
p.
A
Successioni e donazioni
se
li
br
i
S.
c) la persona che ha scritto il testamento segreto, salvo che le disposizioni
fatte in suo favore siano approvate di mano dal testatore, e il notaio che
ha redatto la scheda del testamento segreto o a cui il testamento segreto
è stato consegnato in plico non sigillato (art. 598).
In tutti questi casi è palese l’intenzione del legislatore di tutelare la libera
determinazione del testatore, evitando che la sua volontà possa essere
influenzata da soggetti che rivestono nei suoi confronti una posizione tale
da poterlo condizionare. Ed infatti, per garantire ulteriormente il rispetto
delle prescrizioni in materia di incapacità di ricevere, l’art. 599 sancisce in
ogni caso la nullità delle disposizioni a favore dei soggetti sopra elencati,
anche se fatte per interposta persona. A tale riguardo si considerano
interposte, con presunzione assoluta, i genitori, i discendenti e il coniuge
dell’incapace.
3 ter. Può un soggetto indegno acquistare l’eredità?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
L’indegnità non è una causa di incapacità a succedere ma è una causa di
esclusione dalla successione, da determinarsi con sentenza, che colpisce
colui il quale abbia posto in essere una condotta riprovevole nei confronti
del de cuius. Ne deriva che, a differenza dell’incapace di succedere, l’indegno può anche accettare l’eredità (salvo che l’indegnità sia accertata
già al tempo dell’apertura della successione), ma avrà l’obbligo di restituirla dopo la sentenza di accertamento della causa di indegnità (potest
capere, sed non potest retinere).
A norma dell’art. 463 c.c., si ha indegnità a succedere nel caso in cui si
verifichino:
a) attentati alla persona fisica del de cuius: è indegno chi abbia ucciso o
tentato di uccidere volontariamente il testatore — ovvero il coniuge, un
discendente o un ascendente del medesimo — o abbia commesso in
loro danno un fatto al quale la legge dichiara applicabili le disposizioni
sull’omicidio;
b) attentati all’integrità morale del de cuius: è indegno chi abbia calunniosamente denunziato le persone summenzionate o testimoniato falsamente contro di loro per reati puniti con l’ergastolo o con la reclusione
non inferiore, nel minimo, a tre anni;
c) attentati alla libertà di testare del de cuius: è indegno chi abbia indotto il de cuius, con violenza o dolo, a mutare o revocare il testamento;
.
74
p.
A
Parte Seconda
S.
chi abbia soppresso, alterato o celato il testamento; chi abbia formato
un testamento falso o ne abbia fatto coscientemente uso;
d) decadenza dalla potestà genitoriale: è indegno chi, essendo decaduto
dalla potestà genitoriale nei confronti della persona della cui successione si tratta a norma dell’art. 330, non è stato reintegrato nella potestà
alla data di apertura della successione medesima.
br
i
3 quater. È ammissibile la riabilitazione dell’indegno?
Es
se
li
La persona offesa dal comportamento dell’indegno può decidere di perdonare quest’ultimo con una specifica manifestazione di volontà, definita
riabilitazione, contenuta in un atto pubblico o in un testamento (cd. riabilitazione totale: art. 466, 1° comma).
È inoltre possibile una riabilitazione parziale (art. 466, 2° comma) quando il testatore, pur a conoscenza della causa di indegnità, abbia contemplato l’indegno nel suo testamento. In tal caso l’indegno è ammesso a succedere per le sole disposizioni testamentarie in suo favore e non può, quindi,
ottenere la quota di legittima se il lascito è inferiore, né usufruire del diritto
di accrescimento se succede insieme con altri.
3 quinquies. Quando può parlarsi di diseredazione?
ig
ht
©
La diseredazione è una clausola testamentaria mediante la quale il de cuius
dichiara di non voler fare alcun lascito a favore di un soggetto chiamato
alla successione in forza delle norme della successione legittima. Nel nostro ordinamento tale clausola non è consentita nel caso di successione
necessaria, atteso che i partecipi ad essa hanno sempre diritto ad una quota
del patriminio ereditario.
yr
Istituti collegati: capacità giuridica; capacità d’agire; capacità del concepito.
4. Qual è lo scopo della sostituzione ordinaria?
op
Riferimento normativo: articolo 688 c.c.
C
Definizione: evidenziare che lo scopo della sostituzione è quello di assicurare che
vi sia, al posto del primo istituito, un secondo successibile stabilito per testamento.
.
75
p.
A
Successioni e donazioni
Aspetti particolari: precisare la differenza tra sostituzione ordinaria e sostituzione fedecommissaria.
S.
Altri aspetti: sottolineare che la sostituzione prevale sulla rappresentazione e
sull’accrescimento.
Domande consequenziali: quando opera la rappresentazione; presupposti
dell’accrescimento; trasmissione e sostituzione; clausola si sine liberis decesserit.
i
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
La sostituzione ordinaria si ha quando il testatore, prevedendo il caso che
l’istituito non possa o non voglia accettare l’eredità o il legato, designa al
suo posto, appunto, una o più persone.
Essa risponde alla finalità di assicurare che vi sia, al posto del primo
istituito, un secondo successibile stabilito per testamento, anche al fine di
evitare l’applicazione delle norme sulla successione legittima.
Fino a quando la sua chiamata non è operante, il sostituto può considerarsi
titolare di una mera aspettativa di delazione, trattandosi secondo la dottrina
preferibile di una istituzione sotto condizione sospensiva.
Verificandosi i presupposti per la sua chiamata, il sostituto subentra nella
posizione che avrebbe avuto l’istituito se avesse accettato, con tutti gli obblighi (salvo quelli di carattere personale) ad essa inerenti.
La sostituzione ordinaria non va confusa con la sostituzione fedecommissaria, che si ha quando il testatore impone all’erede o al legatario (cioè all’istituito) l’obbligo di conservare i beni affinché alla sua morte
questi possano passare automaticamente ad altra persona (cd. sostituito)
indicata dal testatore medesimo. Questa forma di sostituzione è di regola
proibita nel nostro ordinamento, in quanto contrasta con il principio della libera circolazione dei beni, ed è ammessa soltanto nel caso del cd.
fedecommesso assistenziale (art. 692), ossia quando istituito è un interdetto che sia discendente o coniuge del testatore e sostituito è la persona
o ente che, sotto la vigilanza del tutore, ha avuto cura dell’interdetto medesimo.
La sostituzione ordinaria, essendo espressione della volontà del testatore,
prevale sulla rappresentazione e sull’accrescimento.
.
76
4 bis. Quando opera l’istituto della rappresentazione?
p.
A
Parte Seconda
©
Es
se
li
br
i
S.
La rappresentazione è l’istituto in forza del quale i discendenti subentrano
nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non può
o non vuole accettare l’eredità o il legato del de cuius. Ad esempio, se Tizio
aveva due figli, Caio e Sempronio, e Sempronio sia premorto al padre lasciando due figli, l’eredità di Tizio si divide in tal modo: metà a Caio e
metà (1/4 ciascuno) ai figli di Sempronio.
Sono presupposti (art. 467) della rappresentazione la chiamata a succedere di un soggetto che non voglia o non possa accettare (per premorienza,
indegnità, assenza o rinunzia alla successione) e la mancanza di disposizioni sostitutive da parte del testatore, in considerazione della prevalenza della sostituzione sulla rappresentazione.
La rappresentazione è prevista, salvo il caso di indegnità nei confronti del
de cuius, soltanto a favore dei discendenti legittimi o naturali, legittimati o
adottivi speciali: 1) dei figli legittimi, legittimati, adottivi anche ordinari, e
naturali del defunto; 2) dei fratelli e sorelle del defunto. Essi subentrano
nel luogo e nel grado del loro ascendente, e devono essere capaci di succedere nei confronti del soggetto della cui successione si tratta.
La rappresentazione ha luogo in infinito: se il figlio o il fratello del de
cuius non può o non vuole succedere, subentrano al suo posto i suoi discendenti, senza limitazione di grado.
La rappresentazione prevale sull’accrescimento.
ht
4 ter. Quali sono i presupposti dell’accrescimento?
C
op
yr
ig
Si ha accrescimento quando sono chiamate alla successione più persone
congiuntamente ed una di esse non possa o non voglia accettare. In tal
caso, se ricorrono determinati presupposti, la quota di ciascun chiamato si
accresce agli altri.
L’art. 674 c.c. indica i presupposti necessari affinché si abbia accrescimento, e cioè:
a) ricorra una chiamata congiuntiva (coniunctio verbis) e in parti uguali o senza determinazione di parti (coniunctio re);
b) dal testamento non risulti una diversa volontà del testatore;
c) non operi l’istituto della rappresentazione.
.
77
p.
A
Successioni e donazioni
S.
I coeredi o legatari a favore dei quali si verifica l’accrescimento subentrano negli obblighi cui era tenuto l’erede o il legatario mancante, salvo che si
tratti di obblighi a carattere personale.
L’accrescimento opera di diritto, e i relativi effetti retroagiscono al tempo
di apertura della successione. Non occorre dunque da parte dell’avente
diritto un apposito atto di accettazione e non è ammessa la rinunzia.
br
i
4 quater. Che rapporto c’è fra trasmissione e sostituzione?
se
li
L’art. 479 c.c., stabilendo il principio in base al quale la delazione non cade
con la morte dell’istituito ma si trasmette da costui ai suoi eredi, determina
la prevalenza della trasmissione sulla sostituzione, sulla rappresentazione e sull’accrescimento.
Infatti, se con la morte del delato la delazione non cade ma si trasmette ai
suoi eredi, manca il presupposto perché tali istituti possano operare, vale a
dire il venir meno della prima delazione.
Es
4 quinquies. Cos’è la clausola si sine liberis decesserit?
ig
ht
©
Nella clausola testamentaria si sine liberis decesserit non si ha una duplice
e successiva istituzione di erede, come nel caso del fedecommesso, ma una
istituzione subordinata alla condizione risolutiva del decesso senza figli,
verificatasi la quale il primo soggetto istituito viene considerato come se
non fosse mai stato chiamato. Tale clausola è valida solo quando possiede
tutti i caratteri di una vera e propria condizione risolutiva rispetto al primo
istituito e sospensiva nei confronti del secondo, mentre è nulla quando viene utilizzata per mascherare una sostituzione fedecommissaria vietata dalla legge (Cass. 19-1-1985, n. 150).
5. In che modo si acquista l’eredità?
yr
Riferimento normativo: articolo 459 c.c.
Definizione: evidenziare che l’eredità si acquista con l’accettazione.
C
op
Forma dell’accettazione: specificare che l’accettazione può essere:
• espressa;
• tacita;
• presunta o legale.
.
78
p.
A
Parte Seconda
Altri aspetti: sottolineare che l’accettazione non può essere subordinata a termine o a condizione, non può essere parziale ed è irrevocabile.
S.
Domande consequenziali: rinunzia all’eredità; effetti dell’accettazione con beneficio d’inventario; termini per l’accettazione beneficiata; separazione dei beni
e accettazione beneficiata; accettazione dell’eredità da parte del legale rappresentante; rapporti tra i coeredi in relazione ai debiti ereditari.
i
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
La delazione ereditaria costituisce il presupposto per l’acquisto dell’eredità
ma non è sufficiente, di per sé, a far acquistare la qualità di erede al chiamato
a succedere. A tal fine è necessaria un’apposita manifestazione di volontà da
parte del successibile, definita accettazione (art. 459), in omaggio alla regola secondo cui nel nostro ordinamento non sono ammessi acquisti coattivi.
La funzione giuridica dell’accettazione è quindi l’adesione alla chiamata a
succedere: trattasi di una facoltà per il chiamato ma anche di un onere,
perché è elemento indispensabile per acquistare l’eredità. Questo diritto si
prescrive nel termine di dieci anni dal giorno dell’apertura della successione (art. 480) e può essere assoggettato a decadenza laddove i soggetti
interessati ad una sollecita accettazione da parte del chiamato (i cd. chiamati ulteriori) abbiano richiesto la fissazione di un termine all’autorità
giudiziaria (art. 481).
Sotto il punto di vista formale si distingue tra:
a) accettazione espressa (art. 475) quando il chiamato, in un atto pubblico
o in una scrittura privata, ha dichiarato di accettare l’eredità ovvero ha
assunto il titolo di erede;
b) accettazione tacita (cd. pro herede gestio: art. 476) quando il chiamato
all’eredità compie uno o più atti che presuppongono necessariamente la
volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella
qualità di erede (es.: l’esercizio dell’azione di riduzione);
c) presunta o legale quando il chiamato pone in essere atti di disposizione che sono considerati dalla legge (artt. 477, 478, 485, 527), con presunzione assoluta, atti di implicita accettazione, come ad esempio la
donazione, la vendita o la cessione di diritti successori e la rinunzia
fatta dietro corrispettivo a favore di uno o più coeredi.
L’effetto dell’accettazione retroagisce al momento dell’apertura della successione, impedendo qualsiasi soluzione di continuità nella titolarità dei
rapporti giuridici del de cuius.
.
79
p.
A
Successioni e donazioni
S.
L’accettazione non può essere subordinata a termine o a condizione, non
può essere parziale ed è irrevocabile (semel heres, semper heres).
5bis. È possibile rinunziare all’eredità?
ht
©
Es
se
li
br
i
Il chiamato all’eredità ha facoltà di rinunciare all’acquisto della medesima.
La rinunzia va fatta per iscritto e in forma solenne, dinanzi ad un notaio o al
cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione (art.
519), e costituisce un negozio unilaterale tra vivi non recettizio.
La rinunzia, che ha effetto retroattivo (il rinunziante si considera come mai
stato chiamato all’eredità), non può essere parziale e non ammette né
l’apposizione di un termine né condizione (art. 520).
La rinunzia è revocabile purché non sia decorso il termine di prescrizione del
diritto di accettazione e non vi sia stata accettazione da parte di altri chiamati.
In caso di revoca, il rinunziante verrà ritenuto quale erede puro e semplice,
non essendo più possibile avvalersi del beneficio d’inventario, e resteranno
impregiudicati i diritti acquistati legittimamente dai terzi sui beni ereditari.
La rinunzia tuttavia non è possibile, e l’eredità si intende accettata puramente e semplicemente, quando il chiamato:
a) abbia sottratto o nascosto beni ereditari (art. 527)
b) sia nel possesso dei beni ereditari, trascorsi tre mesi dall’apertura della
successione, senza aver fatto l’inventario (art. 485);
c) pur avendo fatto inventario nei termini prescritti, non abbia dichiarato nei
successivi 40 giorni l’intenzione di accettare o rinunciare all’eredità (art. 485).
5 ter. Quali effetti produce l’accettazione con beneficio d’inventario?
C
op
yr
ig
L’accettazione dell’eredità può essere pura e semplice, nel qual caso produce la
confusione tra il patrimonio di defunto ed erede e la conseguente responsabilità di quest’ultimo ultra vires per i debiti ereditari (ossia anche al di là del valore
dei beni che gli sono pervenuti), ovvero con beneficio d’inventario, quando
l’erede intende all’opposto circoscrivere le conseguenze negative di una successione economicamente svantaggiosa al solo patrimonio del de cuius.
In altri termini, se l’erede accetta con beneficio d’inventario risponderà
delle obbligazioni trasmessegli dal de cuius soltanto nei limiti del valore
del patrimonio ereditario, che pertanto resterà distinto dal proprio.
L’accettazione con beneficio d’inventario è una facoltà per ogni chiamato, nonostante eventuali divieti del testatore (art. 470), e costituisce un ob-
.
80
p.
A
Parte Seconda
br
i
S.
bligo indefettibile per alcuni soggetti indicati dalla legge: gli incapaci assoluti e relativi (artt. 471 e 472), le persone giuridiche, le associazioni, le
fondazioni e gli enti non riconosciuti (art. 473).
Nei casi previsti dagli articoli 493, 494 e 505 l’erede decade dal beneficio
d’inventario, con la conseguenza di divenire erede puro e semplice. Lo
stesso effetto si produce nel caso in cui non venga rispettata la forma solenne prescritta dalla legge (art. 484), ad eccezione che si tratti di incapaci
o di persone giuridiche, associazioni o fondazioni.
5 quater. Quali sono i termini previsti dalla legge per l’accettazione
con beneficio di inventario?
Es
se
li
Quanto ai termini per l’accettazione beneficiata, occorre distinguere:
— se il chiamato è nel possesso dei beni ereditari, è tenuto ad inventariarli
entro tre mesi dall’apertura della successione e deve decidere se accettare o rinunziare nei 40 giorni successivi;
— se il chiamato non è nel possesso dei beni ereditari può accettare con
beneficio d’inventario finché non sia prescritto il diritto di accettazione.
5 quinquies. In cosa si differenziano gli istituti della separazione dei beni
e l’accettazione beneficiata?
C
op
yr
ig
ht
©
Qualora l’erede sia oberato di debiti, la confusione del suo patrimonio con
quello del de cuius può risultare pregiudizievole per i creditori del defunto,
i quali sono costretti a subire la concorrenza sui beni ereditari dei creditori
personali dell’erede. Per tutelare le loro ragioni, nonché quelle dei legatari,
la legge (art. 512 ss.) prevede il rimedio della separazione dei beni del
defunto da quelli dell’erede, che ha per effetto l’attribuzione di una ragione di preferenza nel soddisfacimento sui beni ereditari a favore dei
creditori e legatari separatisti. Il rimedio è esperibile entro tre mesi dall’apertura della successione (art. 516) ed esplica i suoi effetti soltanto con
riguardo ai creditori e legatari che l’hanno esercitato.
Pur presentando caratteri simili all’accettazione beneficiata, la separazione va tenuta nettamente distinta da quest’ultima sotto diversi profili. In
particolare:
— la separazione presuppone un patrimonio personale dell’erede eccessivamente gravato da debiti, mentre l’accettazione beneficiata presup-
.
81
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A
Successioni e donazioni
se
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br
i
S.
pone, di regola e per converso, un patrimonio ereditario eccessivamente
oberato;
— la separazione ha un effetto singolare, creando una preferenza soltanto
sui beni oggetto del relativo procedimento; il beneficio d’inventario investe invece tutto il patrimonio ereditario;
— con la separazione, la massa dei beni separati acquista autonomia, nel
senso che creditori e legatari separatisti sono preferiti ai creditori personali dell’erede quando concorrono sui beni ereditari, ma permane in capo
agli stessi anche la possibilità concorrere anche sui beni personali dell’erede; viceversa, con l’accettazione beneficiata, l’autonomia patrimoniale che si determina esclude completamente la possibilità per i creditori
ereditari e i legatari di soddisfarsi sui beni personali dell’erede;
— sono diversi i soggetti legittimati attivi ed i controinteressati;
— sono diversi i termini e le modalità di esercizio dei rispettivi diritti.
5 sexies. È possibile per un genitore accettare tacitamente l’eredità devoluta a suo figlio?
©
Es
Le eredità devolute ai minori possono essere validamente accettate dai loro
legittimi rappresentanti esclusivamente in forma espressa e con il beneficio d’inventario. Di conseguenza, qualsiasi altra forma di accettazione,
sia espressa sia tacita, è improduttiva di effetti giuridici e inidonea a conferire al minore la qualità di erede (Cass. 24-7-2000, n. 9648; Cass. 13-71999, n. 7417).
ht
5 septies. Sussiste solidarietà passiva tra i coeredi nei confronti
dei creditori del de cuius?
C
op
yr
ig
Nei rapporti interni tra i coeredi vige il principio per cui i debiti ereditari
si dividono fra di loro in proporzione della rispettiva quota ereditaria,
fatta salva, tuttavia, una diversa volontà del testatore di voler addossare il
pagamento dei debiti ad un solo coerede o ripartire l’onere degli stessi in
maniera non proporzionale (ovviamente, però, tutto ciò sempre nel pieno
rispetto della legittima).
Nei rapporti esterni, cioè nei confronti dei creditori del de cuius, opera il
principio della divisibilità: anche nell’ipotesi in cui il testatore abbia previsto una responsabilità non proporzionale tra i coeredi, i creditori possono
agire in giudizio nei confronti di ogni erede solo in proporzione della sua
.
82
p.
A
Parte Seconda
i
S.
quota. Pertanto soltanto nell’ipotesi in cui il de cuius abbia disposto per il
pagamento dei propri debiti la solidarietà passiva tra i coeredi, i creditori
potranno agire per l’intero nei confronti di ciascuno coerede. La solidarità
opera, altresì, nel caso di credito garantito da ipoteca in considerazione
dell’indivisibilità della stessa ipoteca: ne consegue che il coerede
assegnatario di un bene ipotecato può essere costretto a pagare per l’intero,
fatto salvo il suo diritto di rivalsa nei confronti degli altri coeredi.
br
Istituti collegati: prescrizione; decadenza; termine; condizione.
li
6. Quali sono le forme in cui il testamento può essere redatto?
Riferimento normativo: articoli 601 e ss. c.c.
se
Forme del testamento: specificare che i testamenti si distinguono in:
• testamenti ordinari (testamento olografo e testamento per atto di notaio);
• testamenti speciali.
Es
Altri aspetti: sottolineare quali sono gli elementi essenziali del testamento
olografo, pubblico e segreto.
Domande consequenziali: incapacità di testare; esecutore testamentario; revoca
del testamento; rinunzia a far valere il testamento; conferma del testamento nullo.
©
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
ht
Il testamento, ossia l’atto col quale taluno dispone delle proprie sostanze
per il tempo in cui avrà cessato di vivere, è un atto formale e solenne, da
redigersi obbligatoriamente nelle forma prescritte dagli artt. 601 e ss. c.c.
Di conseguenza è nullo il testamento orale (cd. nuncupativo) per difetto
del requisito essenziale della forma scritta.
Questo formalismo viene giustificato in vario modo: a) per garantire gli
eredi legittimi contro decisioni precipitose del testatore (STOLFI); b) per
assicurare una attenta formazione della volontà del testatore (cd. funzione
sostanziale); c) per precostituire una prova della volontà del testatore mediante la creazione di un documento (cd. funzione processuale) (SANTOROPASSARELLI).
È possibile distinguere tra forme ordinarie e forme speciali di testamento.
Le forme ordinarie si identificano nel testamento olografo e quello per
atto di notaio, che a sua volta potrà essere pubblico o segreto.
.
83
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A
Successioni e donazioni
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
Le forme speciali sono quelle corrispondenti al testamento redatto in circostanze eccezionali, e cioè: in caso di malattie contagiose, pubbliche calamità o infortuni (art. 609); a bordo di nave o di aeromobile (artt. 611,
616); da militari o assimilati in corso di operazioni belliche (art. 617). L’efficacia di tali testamenti è limitata nel tempo, perdendo essi efficacia trascorsi tre mesi dal ritorno della situazione normale.
Più in dettaglio, il testamento olografo (art. 602) è quello scritto per intero, datato e sottoscritto dal testatore, e come tale costituisce la forma più
semplice di negozio testamentario. Sono dunque requisiti essenziali: 1)
l’autografia, necessaria per stabilire l’autenticità del documento; 2) la data,
con indicazione del giorno, mese ed anno; 3) la sottoscrizione, il cui duplice fine è quello di individuare il testatore e di attestare che la volontà manifestata nello scritto è divenuta definitiva. Mancando l’autografia o la sottoscrizione il testamento è nullo; mancando la data, invece, il testamento è
annullabile.
Il testamento pubblico (art. 603) è quello ricevuto dal notaio assistito dai
testimoni, e presenta il vantaggio di poter essere fatto anche da coloro che
non sono in grado di redigerlo perché non sanno scrivere o sono impediti
per qualche ragione (es.: cecità) a scriverlo di proprio pugno. La formazione del testamento pubblico prevede: la necessaria presenza di almeno due
testimoni; la dichiarazione di volontà orale effettuata dal testatore; la redazione per iscritto della volontà testamentaria a cura del notaio; la lettura
dell’atto al testatore e ai testimoni, ad opera del notaio; la sottoscrizione
del testatore, dei testimoni e del notaio; l’apposizione della data e dell’ora;
la menzione dell’osservanza delle formalità enunciate.
Il testamento segreto, infine, consiste nella consegna solenne al notaio di
una scheda contenente le disposizioni di ultima volontà. Esso consiste di
due elementi: 1) la scheda testamentaria, che può anche non essere autografa ma dev’essere sempre sottoscritta dal testatore; 2) un atto di ricevimento mediante il quale il notaio dà atto che il testatore, alla presenza dei
testimoni, gli ha consegnato di persona la scheda dichiarandogli che nella
stessa sono contenute le sue volontà testamentarie.
op
6 bis. Il minore e l’interdetto sono capaci di testare?
C
A norma dell’art. 591 c.c., possono disporre per testamento tutti coloro
che non sono dichiarati incapaci dalla legge.
.
84
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A
Parte Seconda
se
li
br
i
S.
Sono incapaci di testare:
a) il minore anche emancipato, ossia chi non abbia ancora raggiunto la
maggiore età;
b) l’interdetto giudiziale per infermità di mente;
c) l’incapace naturale, ossia colui il quale al momento della redazione
del testamento era incapace di intendere e di volere.
In questi casi il testamento è annullabile su richiesta di chiunque vi abbia
interesse (annullabilità assoluta), e l’onere di fornire la prova dell’incapacità grava su chi impugna il testamento per una di tali cause.
Si tenga infine presente che, nell’ipotesi in cui la legge esclude che determinati soggetti possano fare testamento, l’ostacolo non può essere in alcun
modo superato, nemmeno per il tramite della rappresentanza legale
(MINUSSI).
6 ter. Perché viene nominato un esecutore testamentario?
yr
ig
ht
©
Es
Nel caso in cui il de cuius vuole che sia controllata la corretta attuazione
delle proprie volontà, può procedere alla nomina, in sede di redazione di
testamento, di uno o più esecutori testamentari, anche nella persona di un
erede o di un legatario di sua particolare fiducia (art. 700 c.c.).
Se l’esecutore accetta, dovrà amministrare la massa ereditaria e, pertanto,
si pone quale requisito indefettibile a tal fine che egli abbia la «piena capacità di obbligarsi» (art. 701 c.c.), per cui non possono essere nominati esecutori i minori, gli interdetti, gli emancipati e gli inabilitati.
L’esecutore deve curare che siano esattamente eseguite le disposizioni di
ultima volontà del defunto (art. 703, co. 1 c.c.). In particolare, egli amministra i beni ereditari, provvede al pagamento dei debiti, vigila sul rispetto
degli oneri testamentari e, nel compiere dette attività, deve osservare la
diligenza del buon padre di famiglia.
Al pari del curatore dell’eredità giacente, si ritiene che l’esecutore sia titolare di un ufficio di diritto privato, ossia di un potere che viene conferito
per la tutela di un altrui interesse.
op
6 quater. È possibile la revoca del testamento?
C
Il testamento è espressamente definito dall’art. 587 c.c. come atto revocabile.
Questo aspetto è ribadito dall’art. 679 c.c., il quale, da un lato, specifica
l’impossibilità di rinunziare alla facoltà di revoca o di mutamento delle di-
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85
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Successioni e donazioni
Es
se
li
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S.
sposizioni testamentarie, e stabilisce, dall’altro, l’inefficacia di ogni clausola
o condizione contraria. La previsione si conforma al principio del rispetto
della libertà testamentaria, cioè alla possibilità per il testatore di modificare o revocare le disposizioni testamentarie fino all’ultimo istante di vita.
La revoca può essere: 1) espressa, ossia effettuata con apposito atto formale (anche mediante dichiarazione di revoca in un testamento posteriore); 2) tacita, quando in un testamento posteriore siano contenute disposizioni incompatibili con quelle precedenti (art. 682) ovvero quando il testatore
provvede al ritiro del testamento segreto, sempre che questo non possa
valere come testamento olografo (art. 685); 3) presunta, nei casi di distruzione, lacerazione o cancellazione del testamento olografo (art. 684) ovvero di alienazione o trasformazione della cosa legata (art. 686).
La revocabilità attiene sia al contenuto patrimoniale del testamento, sia a
quello non patrimoniale (cd. contenuto atipico). Tuttavia la revoca non incide su disposizioni che la legge dichiara irrevocabili, come il riconoscimento del figlio naturale o la riabilitazione dell’indegno.
Da ultimo occorre sottolineare che è possibile, mediante revoca espressa,
procedere alla revoca della revoca (art. 681), ipotesi nella quale rivivranno le disposizioni precedentemente revocate.
6 quinquies. È ipotizzabile una rinunzia «a far valere il testamento»?
ht
©
I chiamati all’eredità possono convenire di non far valere il testamento del
de cuius e di ripartirsi l’asse ereditario secondo la successione legittima.
Per la rinunzia occorre un accordo fra tutti i coeredi (Cass. 18-10-1988,
n. 5666; Cass. 28-11-1988, n. 6414).
6 sexies. Il testamento nullo può essere confermato?
C
op
yr
ig
Ai sensi dell’art. 590 c.c. la nullità del testamento non può essere fatta
valere da chi, conoscendo la causa di nullità, abbia confermato la disposizione con un atto apposito (cd. conferma espressa) o vi abbia dato volontaria esecuzione (cd. conferma tacita) dopo la morte del testatore.
L’istituto della conferma, che costituisce una deroga all’impossibilità di
convalida del negozio nullo sancita dall’art 1423 c.c., è una delle più notevoli applicazioni del generale principio di conservazione e risponde all’esigenza di permettere ai parenti di onorare la memoria del defunto rispettandone la volontà, atteso che questa non può più essere ripetuta.
.
86
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Parte Seconda
br
i
S.
Devono tuttavia ritenersi insuscettibili di conferma:
a) il testamento revocato, in quanto vi è già stata una positiva manifestazione di volontà del de cuius volta a togliergli qualsiasi rilevanza;
b) il testamento falso, in quanto in tale ipotesi non vi è alcuna dichiarazione di volontà del de cuius;
c) le disposizioni testamentarie contrarie ai principi di ordine pubblico;
d) le disposizioni testamentarie dettate da un motivo o da una condizione
illecita determinante.
li
Istituti collegati: interdizione giudiziale; incapacità naturale; nullità ed
annullabilità del negozio giuridico.
se
7. Chi sono i legittimari?
Riferimento normativo: articolo 536 c.c.
Es
Definizione: evidenziare che i legittimari sono quei soggetti che, per il particolare vincolo che li lega al testatore, non possono mai essere esclusi dalla successione.
©
Categoria dei legittimari: specificare che sono legittimari:
• il coniuge superstite;
• i figli legittimi, legittimati e adottivi e i relativi discendenti;
• i figli naturali e i relativi discendenti;
• gli ascendenti legittimi.
ht
Altri aspetti: precisare la differenza tra successione dei legittimari e successione legittima.
ig
Domande consequenziali: lesione di legittima; azione di restituzione; cautela
sociniana.
Articolazione della risposta
C
op
yr
Si definiscono legittimari o successori necessari quei soggetti che, in ragione dello stretto legame di sangue con il testatore o del vincolo di coniugio
con lo stesso, non possono essere esclusi dalla successione anche in caso di
volontà contraria del testatore.
La categoria dei legittimari è così individuata dall’art. 536 c.c.:
a) il coniuge superstite;
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87
p.
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Successioni e donazioni
Es
se
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S.
b) i figli legittimi (cui sono equiparati i legittimati e gli adottivi) e i loro
discendenti;
c) i figli naturali e i loro discendenti;
d) gli ascendenti legittimi.
Tali soggetti sono titolari di un diritto intangibile ad una determinata
quota del patrimonio ereditario, che pertanto dovrà considerarsi distinto
in una quota liberamente disponibile da parte del testatore e in una quota
di legittima o riserva, stabilita dagli artt. 536 e ss. c.c., destinata per legge
alla successione necessaria.
Malgrado l’affinità terminologica, occorre tenere distinto il concetto di successione dei legittimari da quello di successione legittima o ab intestato,
cioè quella che si apre in favore degli eredi legittimi (art. 565) in caso di
mancanza, revoca, invalidità o inefficacia anche parziale del testamento.
Ciò non vuol dire che vi sia, in contrasto con il disposto dell’art. 457, una
terza forma di successione accanto a quella per legge o per testamento: significa semplicemente che esiste una successione legittima «potenziata» (CICU)
avente la funzione di limitare e correggere la volontà testamentaria.
7 bis. Come si reintegra la quota di legittima in caso di lesione?
C
op
yr
ig
ht
©
L’azione di riduzione è il rimedio che l’ordinamento appresta in caso di
lesione di legittima, ossia quando la quota del patrimonio spettante agli
aventi diritto (gli stretti congiunti del testatore) è stata intaccata per effetto
di atti di disposizione inter vivos ovvero mortis causa. In altri termini, questo tipo di azione è finalizzata alla reintegrazione della legittima mediante la riduzione delle disposizioni testamentarie e delle donazioni eccedenti
la quota disponibile da parte del testatore.
Alla determinazione della porzione disponibile si perviene attraverso le
seguenti operazioni: 1) si calcola il valore dei beni caduti in successione
(relictum); 2) si detraggono da questo valore i debiti ereditari (debitum); 3)
si somma infine il valore dei beni donati in vita dal defunto (donatum).
Quest’ultima operazione viene chiamata «riunione fittizia» per evidenziarne
il carattere meramente contabile (FERRI, CAPOZZI).
Ciò posto, possono esperire l’azione di riduzione, entro dieci anni dalla
data di accettazione dell’eredità da parte del chiamato in base a disposizioni
testamentarie lesive della legittima (Cass. S.U., sent. 25-10-2004, n. 20644):
a) il legittimario leso;
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88
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Parte Seconda
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br
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S.
b) l’erede del legittimario, se quest’ultimo muoia prima di aver accettato
l’eredità o vi abbia rinunziato;
c) l’avente causa dal legittimario;
d) il legittimario pretermesso dal testatore.
Sono condizioni dell’azione: 1) l’imputazione ex se, cioè alla propria porzione di legittima, della quota di eredità, delle donazioni e dei legati già
ricevuti, salvo espressa dispensa da parte del donante o del testatore; 2)
l’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario.
Se la domanda di riduzione è accolta si procede in tal modo:
— innanzitutto si riducono proporzionalmente le disposizioni testamentarie (tranne diversa volontà del testatore);
— successivamente, e in via sussidiaria, si riducono le donazioni, cominciando dall’ultima che ha provocato la lesione e risalendo poi a quelle
precedenti.
7 ter. A cosa serve l’azione di restituzione?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
L’azione di riduzione non ha natura recuperatoria, essendo tale effetto reale
collegato all’azione di restituzione. Lo scopo di tale azione, esperibile sia
contro i beneficiari sia contro gli aventi causa da questi, è quello di far
conseguire il pieno possesso dei beni al legittimario.
Così, il legittimario che mediante l’azione di riduzione abbia fatto dichiarare inefficace la disposizione lesiva può ottenere la restituzione dell’immobile libero da ogni peso o ipoteca (art. 561) nei confronti dei
beneficiari delle disposizioni ridotte. Se però l’azione di riduzione è
proposta dopo che siano decorsi venti anni dalla trascrizione delle donazioni, i pesi e le ipoteche restano efficaci e si determina soltanto l’obbligo per il donatario di compensare in denaro i legittimati in ragione del
minor valore del bene.
Sono tenuti alla restituzione anche gli eventuali terzi che abbiano acquistato dai donatari un immobile a titolo oneroso, qualora non siano trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione, ma l’acquisto dell’avente
causa del donatario può essere reso inefficace soltanto dopo la vana
escussione dei beni del donatario stesso (art. 563).
Infine, se oggetto delle disposizioni lesive sono beni mobili si reputano
salvi gli acquisti fatti in buona fede dal terzo possessore.
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89
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A
Successioni e donazioni
7 quater. Cosa si intende per «cautela sociniana»?
li
br
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S.
Con il termine cautela sociniana si intende la fattispecie oggetto dell’art.
550 c.c., in forza del quale quando il testatore dispone di un usufrutto o di
una rendita vitalizia il cui reddito eccede quello della porzione disponibile,
i legittimari ai quali è stata assegnata la nuda proprietà della disponibile o parte di essa hanno la scelta (diritto potestativo) o di eseguire tale
disposizione o di non eseguirla e tenere la sola porzione legittima, abbandonando la nuda proprietà della porzione disponibile. Nel secondo
caso il legatario dell’usufrutto o della rendita vitalizia, accettando la disponibile abbandonata, non acquista la qualità di erede, bensì resta legatario di
un diverso diritto.
Es
se
Esempio: si supponga che Tizio lasci a sé superstite un solo figlio e che, possedendo un patrimonio di 10 milioni di euro, abbia legato ad un estraneo l’usufrutto
di un fondo del valore di 7 milioni di euro: il figlio acquista, in tal caso, il diritto ad
un reddito inferiore a quello che ricaverebbe da un capitale pari all’intera quota
di legittima (nell’esempio fatto, 5 milioni di euro), ma ottiene, come nuda proprietà, una parte maggiore di quella che gli spetterebbe.
Il medesimo sistema è previsto quando il lascito che eccede la disponibile riguarda la nuda proprietà.
Finalità della norma è la salvaguardia del principio di intangibilità della legittima.
©
Istituti collegati: testamento; donazione.
ht
8. Quali sono i tipi di legato?
Riferimento normativo: articoli 649 e ss. c.c.
yr
ig
Tipi di legato: specificare quali sono le principali tipologie di legato:
• legato testamentario;
• legato ex lege;
• legato di specie;
• legato di genere;
• legato reale;
• legato obbligatorio;
• legato liberatorio.
op
Altri aspetti: precisare la differenza tra sublegato e prelegato.
C
Domande consequenziali: rinunzia al legato; legato di cosa altrui; distinzione
tra erede e legatario.
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Parte Seconda
Articolazione della risposta
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Es
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br
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S.
Il legato è una disposizione mortis causa a titolo particolare in base alla
quale un soggetto, denominato legatario, succede in uno o più determinati
diritti reali o in uno o più rapporti determinati, e non in una quota dell’intero patrimonio ereditario come l’erede.
I soggetti coinvolti nel fenomeno in esame sono: 1) il disponente, cioè
colui che ha confezionato l’atto di ultima volontà (eccetto il caso di legato
ex lege); il legatario o «onorato», cioè il beneficiario della disposizione; 3)
l’ «onerato», ossia la persona gravata dal peso del legato.
In relazione alla fonte si distingue tra legato testamentario, che corrisponde alla figura tipica di legato, e legato ex lege, che trae invece origine
dalla legge (es.: assegno vitalizio spettante al figlio naturale non riconoscibile).
In relazione al contenuto si distinguono invece:
a) il legato di specie, che ha per oggetto il diritto di proprietà su un bene
determinato o altro diritto reale, già appartenente al testatore;
b) il legato di genere o di quantità, che ha per oggetto una cosa che fa
parte di un genere (es.: denaro) ed ha efficacia obbligatoria perché soltanto in seguito alla specificazione il legatario diventa proprietario della cosa;
c) il legato reale, che attribuisce al legatario un diritto di proprietà o un
diritto reale limitato;
d) il legato obbligatorio, che attribuisce al legatario un diritto di credito
che nasce dal testamento e fa sorgere un’obbligazione a carico
dell’onerato;
e) il legato liberatorio, che libera il legatario da un’obbligazione.
Si ricordi infine la distinzione tra sublegato, che si ha quando il soggetto
che è tenuto alla prestazione oggetto del legato non è l’erede ma un altro
legatario, e prelegato, che si ha quando beneficiario del legato sia uno dei
coeredi (che riveste contestualmente il ruolo di erede e legatario).
8 bis. È ammissibile la rinunzia al legato?
C
op
La rinunzia al legato è un atto unilaterale, non recettizio e abdicativo, perché impedisce l’acquisto del diritto. È inoltre un actus legitimus, non tollerando l’apposizione né di termine né di condizione.
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91
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A
Successioni e donazioni
br
i
S.
Sotto il profilo formale non è previsto il formalismo richiesto per la rinunzia all’eredità, ma si ritiene in dottrina che quando il legato ha ad oggetto
diritti reali su beni immobili la rinunzia vada fatta, a pena di nullità, per
iscritto.
Secondo la regola generale, il diritto di rinunziare si prescrive in dieci anni
dall’apertura della successione, mentre si ha decadenza dalla facoltà di
rinunzia quando il legatario non dichiari se intende rinunziare nel termine
fissato dal giudice, a norma dell’art. 650 c.c., su richiesta di chiunque vi
abbia interesse.
8 ter. È valido il legato di cosa altrui?
©
Es
se
li
Si definisce legato di cosa altrui quello di cosa che non rientra nel patrimonio del testatore, ma fa parte del patrimonio dell’onerato o di un terzo estraneo alla successione.
La validità di un siffatto legato è subordinata alla conoscenza da parte del
testatore dell’altruità della cosa, e tale consapevolezza può risultare, oltre che dal testamento, anche da altra dichiarazione scritta del testatore.
Se al momento dell’apertura della successione la cosa legata appartiene
all’onerato, costui è tenuto a trasferirne la proprietà al legatario. Quando
invece la cosa oggetto del legato appartiene a un terzo, l’onerato è obbligato ad acquistarne la proprietà e a trasferirla al legatario, ma può liberarsi
corrispondendo al legatario il giusto prezzo (si tratta dunque di un’obbligazione facoltativa).
ht
8 quater. Quale rilevanza ha la distinzione tra erede e legatario?
C
op
yr
ig
a) Le conseguenze della distinzione tra erede e legatario non sono prive
di effetto; infatti: la successione a titolo universale richiede un atto di
accettazione da parte del successore, mentre il legato opera di diritto, cioè per effetto della semplice delazione e senza bisogno di accettazione;
b) l’erede, fin dall’apertura della successione, subentra al defunto nel
possesso dei beni in regime di continuità rispetto al passato (ossia con
riguardo alla buona o mala fede, ai vizi, etc.; cd. successione nel possesso: art. 1146, 1° comma), mentre il legatario inizia un nuovo possesso cui può «unire quello del suo autore per goderne gli effetti» (cd.
accessione nel possesso: art. 1146, 2° comma);
.
92
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Parte Seconda
br
i
S.
c) l’erede, salvo il caso in cui abbia accettato con beneficio d’inventario
per impedire la confusione fra il proprio patrimonio e quello dell’erede,
risponde con i propri beni dei debiti del de cuius, mentre il legatario
può rispondere soltanto, e nei limiti di quanto ricevuto, se il defunto ha
posto a suo carico il pagamento di qualche debito;
d) non è possibile, per il principio semel heres, semper heres, apporre un
termine all’efficacia di una disposizione a titolo universale, mentre è
possibile apporre un termine al legato sia iniziale, sia finale.
9. Qual è lo scopo della divisione ereditaria?
li
Riferimento normativo: articoli 713 e ss. c.c.
se
Definizione: evidenziare che lo scopo della divisione è quello di porre fine allo
stato di comunione ereditaria.
Es
Tipi di divisione: specificare che la divisione può essere:
• amichevole;
• giudiziaria;
• testamentaria.
Altri aspetti: precisare che ogni coerede ha un diritto potestativo imprescrittibile
alla divisione.
©
Domande consequenziali: divisione giudiziale; collazione; limitazioni al diritto
a chiedere la divisione.
ht
Articolazione della risposta
C
op
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ig
Quando al de cuius succedono più eredi, ognuno di questi diventa comproprietario dei beni che fanno parte dell’eredità. Si determina, cioè, uno stato
di comunione ereditaria cui si applicano i principi stabiliti in tema di comunione ordinaria. In tale ipotesi ogni coerede può cedere la propria quota, ma deve notificare la proposta di alienazione e il prezzo agli altri coeredi,
i quali hanno il diritto di essere preferiti a parità di prezzo (cd. diritto di
prelazione: art. 732), nonché il diritto di riscattare dal terzo acquirente la
quota eventualmente alienata in violazione del diritto di prelazione (cd.
retratto successorio).
Affinché ciascun coerede si veda assegnata una porzione concreta dell’eredità, ossia il diritto esclusivo su beni determinati e non una quota aritmetica del patrimonio ereditario, sarà necessario procedere allo scioglimento
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Successioni e donazioni
br
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S.
della comunione mediante la divisione. La divisione richiede la partecipazione di tutti i coeredi, essendo nulla in caso contrario.
La divisione può essere:
a) amichevole o contrattuale, che ha luogo, nell’esercizio del potere di
autonomia privata, con le modalità stabilite dagli stessi coeredi, sulla
base dell’unanimità dei consensi;
b) giudiziale;
c) testamentaria.
Si ricordi che ogni coerede ha un diritto potestativo imprescrittibile di chiedere la divisione.
li
9 bis. Quando interviene la divisione giudiziale?
yr
ig
ht
©
Es
se
La divisione giudiziale si verifica quando, mancando l’unanimità dei
consensi, uno o più coeredi decidano di ricorrere all’autorità giudiziaria
per ottenere lo scioglimento della comunione.
Il procedimento consta delle seguenti fasi:
a) la formazione della massa ereditaria: in questa fase, se sono chiamati
a succedere più discendenti, ed uno o più di essi abbiano ricevuto in vita
donazioni dal de cuius, si farà luogo alla collazione (conferimento) o
alla imputazione di queste donazioni:
b) la stima dei beni, normalmente attuata a mezzo di un consulente tecnico, che dev’essere effettuata secondo lo stato ed il valore venale di ciascun bene al tempo della divisione, perché solo in quel momento i beni
passano nel patrimonio dei singoli condividenti;
c) la formazione del progetto di divisione, cioè di tante porzioni quanti
sono gli eredi condividenti, in proporzione delle loro quote;
d) l’assegnazione o l’attribuzione delle porzioni concrete, dopo la decisione sugli eventuali reclami proposti contro il progetto di formazione
delle quote.
9 ter. Perché si fa luogo alla collazione?
C
op
La collazione è l’atto con il quale determinati soggetti che hanno accettato l’eredità — e precisamente i figli legittimi e naturali, i loro discendenti legittimi e
naturali ed il coniuge — conferiscono alla massa attiva del patrimonio ereditario le liberalità ricevute, direttamente o indirettamente, in vita dal defunto.
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94
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A
Parte Seconda
br
i
S.
Il fondamento dell’istituto va ravvisato nella presunta volontà del defunto
di attuare, attraverso le donazioni effettuate in vita a favore del legittimario,
una sorta di anticipazione dell’eredità, e non quella di alterare il trattamento spettante ai legittimari a seguito dell’apertura della successione. In tale
ottica la collazione ha appunto il fine di rimuovere le disparità di trattamento che le donazioni determinerebbero e di ristabilire la situazione di
eguaglianza tra i coeredi.
Ciò posto, è fatta salva ogni diversa volontà espressa dal testatore, che può
dispensare dalla collazione un suo erede avendo cura di non intaccare le
quote di legittima.
li
9 quater. Esistono limitazioni al diritto a chiedere la divisione?
ht
©
Es
se
Fermo restando il diritto di ogni coerede a chiedere la divisione, si hanno
limitazioni alla divisione nei seguenti casi:
a) quando le parti si accordino per rimanere nello stato di comunione (cd.
patto di indivisione). Tale accordo non può superare nel massimo la
durata di 10 anni (art. 1111, 2° comma);
b) quando il testatore disponga il rinvio della divisione, nei casi previsti
dall’art. 713 c.c.;
c) quando il giudice, su istanza di uno dei coeredi, sospenda la divisione
(per un periodo non superiore a 5 anni) ritenendo che questa possa recare notevole pregiudizio al patrimonio ereditario (art. 717);
d) per volontà della legge (art. 715), in particolare nel caso di presenza di
nascituri.
In tutte queste ipotesi è tuttavia sempre possibile che il giudice, valutata la
necessità della divisione, la autorizzi su istanza di parte.
ig
Istituti collegati: comunione ordinaria; donazione; diritti dei legittimari.
yr
10. Quali sono i caratteri della donazione?
Riferimento normativo: articolo 769 c.c.
C
op
Definizione: evidenziare che la donazione è il contratto con il quale, per spirito
di liberalità, una parte arricchisce l’altra disponendo a favore di questa di un
proprio diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione.
.
95
p.
A
Successioni e donazioni
S.
Elementi della donazione: specificare che sono caratteri della donazione:
• lo spirito di liberalità del donante (animus donandi);
• l’arricchimento patrimoniale del donatario.
Altri aspetti: precisare che oggetto della donazione può essere qualsiasi bene
presente nel patrimonio del donante.
br
i
Domande consequenziali: gratuità della donazione; forma della donazione;
invalidità della donazione; revoca della donazione; figure particolari di donazione; donazione indiretta; promessa di donazione.
Articolazione della risposta
yr
ig
ht
©
Es
se
li
La donazione (art. 769) è il contratto con il quale una parte (donante), per
spirito di liberalità, arricchisce l’altra (donatario), disponendo in suo favore di un proprio diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione.
Da quanto detto discende che sono elementi del contratto di donazione:
a) lo spirito di liberalità del donante (cd. animus donandi), che consiste
nella coscienza di compiere un atto che arricchisce gratuitamente il
donatario senza esservi in alcun modo tenuto, nemmeno in adempimento di un dovere morale o sociale;
b) l’arricchimento del donatario, ossia l’incremento del suo patrimonio,
che può realizzarsi sia disponendo a suo favore di un diritto (donazione
reale), sia assumendo un’obbligazione verso il medesimo (donazione
obbligatoria).
Va sottolineato che il donatario ha l’obbligo di fornire gli alimenti al donante che in seguito venga ad averne bisogno, ma tale obbligo sussiste soltanto
nei limiti del valore della donazione tuttora esistente nel patrimonio del
donatario, e sempre che non si tratti di donazione rimuneratoria (ossia quella
fatta in segno di riconoscenza o per meriti del donatario) oppure di donazione obnuziale (cioè quella fatta in vista di un futuro matrimonio).
Oggetto della donazione può essere qualsiasi bene presente nel patrimonio del donante; ne deriva l’esclusione di beni futuri o di beni altrui, nel
qual caso la donazione sarà nulla.
op
10 bis. La donazione è un negozio giuridico a titolo esclusivamente
gratuito?
C
La donazione può aversi soltanto a titolo gratuito dal momento che il
donante non riceve alcun corrispettivo e, soprattutto, atteso che lo stesso
.
96
p.
A
Parte Seconda
S.
pone in essere tale negozio giuridico in virtù del mero spiritò di liberalità,
il cd. animus donandi.
10 ter. La donazione va fatta sempre per atto pubblico?
li
br
i
La donazione, in quanto atto solenne, dev’essere fatta (art. 782) per atto
pubblico a pena di nullità, qualunque sia l’oggetto (bene mobile o immobile) della liberalità.
Tuttavia, se la donazione ha per oggetto cose di modico valore (art. 783),
l’atto pubblico non è necessario ma occorre l’effettiva consegna della cosa.
In sostanza, in tal caso la donazione (detta anche donazione manuale) è un
contratto reale.
se
10 quater. In presenza di quali cause il contratto di donazione deve
ritenersi non valido?
ig
ht
©
Es
La donazione è da ritenere invalida e più precisamente nulla:
— se manca uno dei suoi elementi essenziali;
— se ha causa illecita o oggetto illecito, impossibile o indeterminabile;
— se contrasta con una norma imperativa.
In dette ipotesi la donazione è impugnabile da chiunque ne abbia interesse
ed in qualsiasi momento.
La donazione è, invece, annullabile quando qualche suo elemento essenziale risulti viziato; in tal caso gli effetti della donazione possono venir
meno a seguito dell’azione di annullamento, che può compiersi entro 5
anni, secondo quanto previsto ex art. 1442 c.c.
La donazione nulla è convalidabile mediante conferma espressa o esecuzione volontaria, dopo la morte del donante, e nella conoscenza delle cause
di invalidità.
10 quinquies. La donazione è revocabile?
C
op
yr
La legge prevede che la donazione possa revocarsi in presenza di due gravi ragioni:
a) l’ingratitudine del donatario (art. 801), nel qual caso va richiesta entro un
anno dal fatto che ha determinato l’ingratitudine o dalla notizia di esso;
b) la sopravvenienza di figli (art. 803), nel qual caso va chiesta entro
cinque anni dalla nascita dell’ultimo figlio.
.
97
p.
A
Successioni e donazioni
i
S.
Come si vede la revocazione, il cui fondamento risiede in motivi di ordine
etico-sociale, va richiesta con apposita domanda giudiziale che, se accolta,
determina l’obbligo per il donatario di restituire i beni a lui pervenuti.
Se il donatario ha alienato i beni, è tenuto a versare una somma equivalente
al valore che questo aveva al tempo della domanda. La sentenza, tuttavia,
non pregiudica i terzi che abbiano acquistato diritti anteriormente alla domanda di revocazione, salvi gli effetti della trascrizione.
br
10 sexies. Possono configurarsi figure particolari di donazione in
virtù dei motivi sottesi all’animus donandi?
ht
©
Es
se
li
In considerazione dei motivi che inducono il donante ad effettuarla, la donazione si definisce rimuneratoria quando è fatta in segno di riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario, o per speciale rimunerazione, alla quale il donante non è tenuto nè per legge, nè per uso, nè per costume sociale. In quanto tale, la donazione rimuneratoria non è soggetta a
revoca per ingratitudine o per sopravvenienza di figli; il donatario non è
tenuto agli alimenti a favore del donante, il quale, invece, è tenuto alla
garanzia per evizione, fino alla concorrenza dell’entità delle prestazioni
ricevute dal donatario.
Si parla, invece, di donazione obnuziale quando la liberalità è fatta in vista
di un futuro matrimonio, dagli sposi tra loro o da altri a favore degli sposi
o dei figli nascituri di questi. Essa si perfeziona senza bisogno di accettazione; non ha efficacia se non si verifica la condicio della successiva celebrazione ed è resa nulla dall’eventuale annullamento del matrimonio. Quanto
agli effetti, non obbliga agli alimenti e non è revocabile.
10 septies.Cosa si intende per donazione indiretta?
C
op
yr
ig
Si ha donazione «indiretta» quando il donante raggiunge lo scopo di arricchire un’altra persona servendosi di atti che hanno una causa in senso
tecnico-giuridico differente dalla donazione. Si pensi al pagamento di
un debito altrui, la cui causa consiste nell’estinzione del debito, ma che
avvantaggia il debitore come se gli si donasse la somma dovuta per il pagamento.
La donazione indiretta non può dunque ritenersi, tecnicamente, una
donazione vera e propria, ed infatti a differenza di quest’ultima non richiede la forma dell’atto pubblico. Tuttavia ad essa si applicano alcune
.
98
p.
A
Parte Seconda
S.
regole tipiche della donazione, quali la collazione e la revoca per ingratitudine o per sopravvenienza di figli.
10 octies. La promessa di donazione è giuridicamente vincolante?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
Istituti collegati: atto pubblico; contratti reali.
br
i
Come ha chiarito la giurisprudenza, una promessa di donazione non è giuridicamente produttiva dell’obbligo a contrarre, perché la coazione all’adempimento contrasta con il requisito della spontaneità della donazione, il quale deve sussistere al momento del contratto (Cass. S.U. 18-121975, n. 4153).
.
A
p.
S.
PARTE TERZA
LA PROPRIETÀ
Pag.
100
2. Quali sono i modi di acquisto della proprietà? ..................................
2 bis. Può aversi accessione nella comunione legale tra coniugi? 2 ter.
Che cosa accade se qualcuno costruisce su suolo altrui?
»
104
3. Quali sono le azioni a difesa della proprietà? ....................................
3 bis. Che differenza c’è tra azione di rivendica e azione di accertamento
della proprietà? 3 ter. Qual è la differenza tra azione di rivendica e azione di
restituzione? 3 quater. L’azione di rivendicazione e l’azione negatoria sono
soggette a prescrizione? 3 quinquies. Com’è ripartito l’onere della prova
nell’azione di rivendicazione? Cosa s’intende per probatio diabolica?
»
108
4. Cosa s’intende per diritto reale parziario o su cosa altrui? .............
4 bis. Come possono essere classificate le servitù? 4 ter. Quali presupposti
devono sussistere affinché un bene possa essere usucapito? 4 quater. Quali
sono i termini per l’usucapione ordinaria? 4 quinquies. Quali sono i requisiti dell’usucapione abbreviata? 4 sexies. Quando si verifica la
«consolidazione»? 4 septies. Cosa s’intende per onere reale? E per obbligazione reale? 4 octies. Cos’è la «destinazione del padre di famiglia»?
»
111
ht
©
Es
se
li
br
i
1. Quali sono le facoltà in cui si sostanzia il diritto di proprietà? ........
1 bis. Quali sono le caratteristiche principali del diritto di proprietà? 1 ter. Esistono limiti al diritto di proprietà? 1 quater. Qual è il
fondamento e cosa s’intende per «funzione sociale» della proprietà?
1 quinquies. È ipotizzabile una proprietà temporanea? 1 sexies. Che
cosa sono gli atti emulativi? 1 septies. Quali beni possono essere
considerati beni pubblici? 1 octies. Quali sono i criteri per la valutazione della liceità delle immissioni?
»
117
»
118
7. Cosa s’intende per possesso? ...............................................................
7 bis. In che termini si conf igurano i rapporti tra detenzione e
possesso? 7 ter. Quando si manifesta l’«interversione del possesso»? 7 quater. Quali sono gli effetti della successione e
dell’accessione del possesso? 7 quinquies. Quali sono le azioni a
»
121
C
op
yr
ig
5. Qual è l’azione esperibile a tutela di un diritto reale parziario? .....
6. Qual è la nozione giuridica di comunione? ........................................
6 bis. Com’è disciplinato l’uso delle parti comuni dell’edificio da parte
dei condomini? 6 ter. Qual è la natura giuridica dell’obbligazione assunta dal condominio nei confronti dei terzi? 6 quater. Che cos’è il
supercondominio? 6 quinquies. È ipotizzabile un condominio composto da due sole persone? 6 sexies. Quali sono i caratteri della
multiproprietà?
.
100
S.
difesa del possesso? 7 sexies. Quali sono le azioni di nunciazione?
7 septies. Quali sono gli effetti della buona e della mala fede nel
possesso? 7 octies. È possibile trasferire, mediante contratto, il
solo possesso di un bene disgiunto dalla proprietà?
p.
A
Parte Terza
i
1. Quali sono le facoltà in cui si sostanzia il diritto di proprietà?
br
Riferimento normativo: articolo 832 c.c.
Definizione: rilevare che il diritto di proprietà è il diritto di godere e di disporre
delle cose in modo pieno ed esclusivo.
se
li
Elenco caratteri: precisare quali sono i caratteri della proprietà:
• pienezza;
• elasticità;
• autonomia e indipendenza;
• esclusività;
• perpetuità;
• imprescrittibilità.
Es
Altri elementi essenziali: evidenziare che il diritto di proprietà è sottoposto a
dei limiti legali, nell’interesse pubblico o privato.
©
Domande consequenziali: caratteristiche del diritto di proprietà; limiti al diritto
di proprietà; funzione sociale del diritto di proprietà; possibilità di configurare
una proprietà temporanea; atti emulativi; beni pubblici; immissioni.
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
ht
A norma dell’art. 832 c.c. «il proprietario ha il diritto di godere e disporre
delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza
degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico».
Ne consegue che al proprietario spettano:
a) il diritto di godere, ossia di decidere se e quando utilizzare la cosa
nell’ambito della destinazione assegnata dal legislatore: cd. «utilità
diretta»;
b) il potere di disporre della cosa, che si sostanzia nel potere del proprietario di compiere atti di disposizione sulla cosa, come ad esempio alienare la cosa o costituire sulla stessa diritti limitati a favore di altri (cd.
utilità di scambio).
.
101
p.
A
La proprietà
1 bis. Quali sono le caratteristiche principali del diritto di proprietà?
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
I caratteri del diritto di proprietà sono:
a) pienezza: la proprietà costituisce un diritto che consente al proprietario
ogni lecita utilizzazione del bene, ad eccezione degli atti emulativi (i
quali fanno venir meno il fondamento sociale della proprietà);
b) elasticità: le facoltà del proprietario possono essere limitate dalla concorrenza di altrui diritti di minor portata sulla medesima cosa (ad es.
una servitù), ma essi, pur comprimendola, non possono intaccare l’integrità della proprietà; appena i limiti vengono meno la proprietà riprende automaticamente la sua ampiezza originale (ad es. viene meno
la servitù di passaggio se il fondo dominante è acquistato dal proprietario del fondo servente);
c) autonomia e indipendenza: il diritto di proprietà non presuppone mai
(a differenza dei diritti reali limitati) la coesistenza sulla cosa di più
diritti di proprietà, mentre, invece, sullo stesso oggetto possono coesistere più diritti ma di diverso contenuto (es. proprietà e usufrutto);
d) esclusività: carattere che assume il duplice significato di poter escludere chiunque altro dal godimento del bene e impossibilità di coesistenza
sulla stessa cosa di più diritti di proprietà;
e) imprescrittibilità: la proprietà non si può perdere per non uso;
f) perpetuità: non possono essere imposti limiti temporali alla proprietà,
in virtù del suo carattere di «assolutezza» tutelabile erga omnes, ciò al
contrario di quanto avviene per i diritti relativi (es. obbligazioni) che
possono esperirsi nei confronti di soggetti determinati.
1 ter. Esistono limiti al diritto di proprietà?
C
op
yr
ig
I limiti posti dall’ordinamento giuridico alla proprietà si distinguono in
due grandi categorie:
— limiti posti nell’interesse pubblico (es. espropriazione per pubblica utilità, requisizione);
— limiti posti nell’interesse privato (es. distanze nelle costruzioni, luci e
vedute, stillicidio).
Tali limiti hanno il carattere della reciprocità, poiché valgono a delimitare
il confine dei poteri dell’un proprietario rispetto all’altro; dell’essenzialità, poiché sono indispensabili per il concetto stesso di proprietà, lo deline-
.
102
p.
A
Parte Terza
S.
ano e ne definiscono il contenuto; dell’intrinsecità, poiché sono limiti che
nascono insieme al diritto, e quindi non sono autonomi rispetto ad esso.
1 quater. Qual è il fondamento e cosa s’intende per «funzione sociale» della proprietà?
Es
se
li
br
i
L’art. 42 della Costituzione, al secondo comma, stabilisce che la legge determina, con riguardo alla proprietà privata, «i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla
accessibile a tutti».
La norma esprime, dunque, l’esigenza di una destinazione sociale, ossia
per il vantaggio di tutti, delle risorse e, in generale, della ricchezza, anche
se questa si trova in mani private. Ciò rende necessario l’intervento della
legge che, ponendo limiti al diritto del proprietario, attribuisce allo Stato o
ad altri enti pubblici il potere di assicurare la destinazione sociale della
ricchezza. La legislazione urbanistica costituisce un esempio significativo
di come i suoli possano, allo stesso tempo, essere oggetto di (limitata) proprietà privata e di governo dei pubblici poteri, diretto ad assicurarne la
funzione sociale.
1 quinquies.È ipotizzabile una proprietà temporanea?
yr
ig
ht
©
Tale argomento è particolarmente discusso in dottrina. Da un lato vi è chi
(DE MARTINO) nega una tale possibilità, in quanto la stessa essenza giuridica della proprietà verrebbe a essere snaturata nei suoi elementi caratteriali, quali ad es. la pienezza. La dottrina prevalente ammette, però, la proprietà temporanea: si afferma (MESSINEO) che la perpetuità non è carattere essenziale, ma solo normale. I casi di diritto reale ad tempus, esclusa
la perpetuità, hanno tutti i rimanenti caratteri del diritto di proprietà. Sono
casi di proprietà temporanea: la vendita con patto di riscatto (art. 500); il
legato a tempo finale (art. 637); la proprietà superf iciaria a tempo determinato (art. 953).
1 sexies. Che cosa sono gli atti emulativi?
C
op
Gli atti emulativi sono quegli atti che non hanno altro scopo che quello
di nuocere o arrecare molestie ad altri (art. 833) (es. piantare alberi solo
al fine di togliere la veduta panoramica al vicino).
.
103
p.
A
La proprietà
li
br
i
S.
Sono atti vietati dal codice quando concorrono due elementi:
— un elemento oggettivo: la mancanza di utilità per il proprietario;
— un elemento soggettivo: l’intenzione di nuocere o arrecare molestie.
L’accertamento dell’atto emulativo consente al danneggiato di richiedere
la restituito in integrum e il risarcimento del danno.
Il fondamento dell’istituto è da ricercarsi nell’art. 42 Cost. e nell’art. 832
c.c., nei quali si mette in evidenza il concetto di funzione sociale della
proprietà.
L’atto di emulazione è caratterizzato dallo scopo esclusivo di nuocere o di
recare molestia ad altri, e quindi si è al di fuori di tale ipotesi quando concorra un apprezzabile vantaggio del proprietario da cui l’atto è stato compiuto (Cass. 1995 n. 3558).
se
1 septies.Quali beni possono essere considerati beni pubblici?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
Non tutti i beni si trovano nella condizione di potere, indifferentemente,
essere oggetto di proprietà privata o pubblica. Il codice civile indica due
serie di beni che devono, necessariamente, appartenere allo Stato o ad altri
enti pubblici. Sono:
a) i beni demaniali dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni
(artt. 822, 824), che a loro volta si distinguono in demanio naturale
(come il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti, i fiumi, i torrenti, i
laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia) e demanio artificiale (come le strade, gli aerodromi, gli acquedotti, gli immobili riconosciuti d’interesse storico, archeologico e artistico a norma
delle leggi in materia, le pinacoteche, gli archivi, le biblioteche, etc.);
b) i beni patrimoniali indisponibili dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni (art. 826 commi 2° e 3°): le foreste, le miniere, le
cose mobili di valore storico, archeologico o artistico ritrovate nel
sottosuolo, le caserme, gli aerei militari, etc.
Beni demaniali e beni indisponibili dello Stato sono beni dei quali la
necessaria proprietà pubblica si giustifica o per garantire il loro uso da
parte di tutti, o perché si tratta di fondamentali risorse produttive, da sfruttare per il vantaggio dell’intera collettività, o perché sono beni culturali o
naturali da salvaguardare, o, infine, perché sono beni che servono allo
Stato o agli altri enti pubblici per l’assolvimento delle loro funzioni istituzionali.
.
104
p.
A
Parte Terza
S.
I beni demaniali sono alienabili; i beni patrimoniali indisponibili non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle
leggi che li riguardano. Sia gli uni, sia gli altri, se la loro natura lo consente, possono formare oggetto di diritti da parte dei privati, i quali non ne
possono, però, acquistare la proprietà neppure mediante il possesso.
br
i
1 octies. Quali sono i criteri per la valutazione della liceità delle
immissioni?
ig
ht
©
Es
se
li
Ai fini della valutazione della liceità dell’immissione, l’art. 844 c.c. enuncia tre diversi criteri, di cui due obbligatori e il terzo facoltativo e sussidiario. I criteri obbligatori sono quelli della normale tollerabilità e del
contemperamento delle ragioni della proprietà con le esigenze della
produzione, mentre il criterio facoltativo è quello della priorità dell’uso.
Non esiste nel codice una misura in base alla quale aritmeticamente stabilire il limite di tollerabilità delle immissioni, giacché in questa materia
domina il criterio di relatività e del caso per caso, essendo affidato al
giudice di merito un compito moderatore ed equilibratore, da esercitarsi
di volta in volta in relazione alle singole situazioni particolari e all’entità
degli interessi in conflitto, e tenuto altresì conto delle esigenze della convivenza sociale e della funzione sociale della proprietà (Cass. 2005 n.
17281; 2005 n. 9865). Deve in ogni caso escludersi la tollerabilità delle
immissioni quando esse siano nocive alla salute (Cass. 1968 n. 3675;
1987 n. 780).
È importante sottolineare che la norma giuridica riguarda le immissioni
indirette, cioè quelle che raggiungono il fondo perché trasportate da elementi naturali (ad es. il vento). È invece un atto illecito compiere direttamente immissioni nel fondo altrui.
yr
Istituti collegati: modi di acquisto della proprietà; azioni a difesa della
proprietà; comunione e condominio; multiproprietà immobiliare.
2. Quali sono i modi di acquisto della proprietà?
op
Riferimento normativo: articolo 922 c.c.
C
Definizione: sottolineare che i modi di acquisto della proprietà sono i fatti giuridici che hanno per effetto l’acquisto della proprietà di una cosa.
.
105
p.
A
La proprietà
br
i
S.
Elenco modi di acquisto: evidenziare che si distingue tra modi di acquisto a
titolo originario che sono:
• l’occupazione;
• l’invenzione;
• l’accessione;
• la specificazione;
• l’unione;
• la commistione;
• l’usucapione.
e modi di acquisto a titolo derivativo che consistono nei:
• contratti;
• successioni mortis causa.
li
Altri elementi essenziali: precisare che si tratta di un’enumerazione non tassativa (l’art. 922 fa anche generico riferimento a tutti i modi previsti dall’ordinamento giuridico).
Es
Articolazione della risposta
se
Domande consequenziali: configurabilità dell’accessione nella comunione legale; costruzioni su suolo altrui.
ig
ht
©
La proprietà si può acquistare a titolo originario, nel qual caso l’acquisto
del diritto non deriva dal trasferimento da parte del precedente titolare, o a
titolo derivativo, per cui l’acquisto dipende dall’esistenza di un diritto di
proprietà di un precedente titolare.
Modi di acquisto a titolo originario sono:
• l’occupazione (artt. 923 e ss.), che è la presa di possesso delle cose
mobili che non sono di proprietà di alcuno. Tali sono:
— le cose mobili che non sono mai state di proprietà di alcuno (res
nullius);
— le cose abbandonate (res derelictae).
yr
L’art. 923 enumerava tra le res nullius anche gli animali che formano oggetto di caccia
o di pesca, ma la L. 157/92 ha disposto che la fauna selvatica costituisce patrimonio
indisponibile dello Stato;
C
op
• l’invenzione (artt. 923 e ss.), che opera a favore di chi trova un bene
mobile smarrito quando il medesimo non sia rivendicato entro un anno
dall’originario proprietario. Il ritrovamento di cose smarrite comporta,
infatti, l’obbligo di restituirle al proprietario o, se questo è ignoto, al
sindaco del luogo del ritrovamento; se, dopo un anno dalla consegna
.
106
p.
A
Parte Terza
S.
della cosa, il proprietario non si presenta a ritirarla, il diritto di proprietà
su di essa spetta al ritrovatore; se, invece, il proprietario si presenta, è
dovuto al ritrovatore un premio (premium inventionis), pari al 10 % del
valore del bene stesso.
br
i
Una forma particolare d’invenzione riguarda il tesoro. È tale, per l’art. 932, ogni cosa
mobile di pregio, nascosta o sotterrata, di cui nessuno può provare di essere proprietario.
Se il ritrovamento è fatto dal proprietario del fondo, il tesoro è suo; se è fatto da altri,
spetta per metà al proprietario del fondo e per metà al ritrovatore. La regola non vale
però per le cose d’interesse storico o archeologico che per legge appartengono allo
Stato;
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
• l’accessione (artt. 934 e ss.), in base alla quale il proprietario di una
cosa principale (ad es. un fondo) acquista la proprietà delle cose accessorie che si uniscono a questa (es.: alberi). L’acquisto si verifica automaticamente e senza la necessità di una manifestazione di volontà del
soggetto acquirente, sempre a favore del proprietario della cosa principale. L’accessione può assumere tre forme:
— di mobile a immobile (il suolo attrae alberi e costruzioni);
— di immobile a immobile (nei casi di alluvione, avulsione, alveo abbandonato e isola nata nel fiume);
— di mobile a mobile: nei casi in cui cose mobili appartenenti a diversi proprietari sono unite (unione) o mescolate (commistione) in modo
da formare un tutt’uno inseparabile, il proprietario della cosa principale diventa proprietario del tutto, pagando all’altro il valore della
sua cosa;
• la specificazione (art. 940), che è il modo di acquisto della proprietà
della materia altrui da parte di chi la adopera per formare una nuova
cosa (ad es. con legno altrui ci si costruisce una barca). La cosa ottenuta
spetta, però, al proprietario della materia se il suo valore è di molto
superiore al valore della mano d’opera;
• l’usucapione (artt. 1158 e ss.), in virtù della quale il possesso, continuo
e non violento né clandestino, protratto per venti anni (per beni immobili e universalità di mobili), o in alcuni casi per dieci anni (per i beni
mobili registrati), produce l’acquisto della proprietà a favore del possessore.
La proprietà si può acquistare, inoltre, a titolo derivativo: in questo caso
l’acquisto dipende dall’esistenza di un diritto di proprietà di un precedente
titolare.
.
107
p.
A
La proprietà
S.
Modi di acquisto a titolo derivativo sono:
• i contratti traslativi della proprietà;
• i trasferimenti coattivi;
• le successioni mortis causa.
2 bis. Può aversi accessione nella comunione legale tra coniugi?
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
Sulla questione in esame, la giurisprudenza risulta alquanto divisa. Secondo l’orientamento prevalente, nel regime di comunione legale, la costruzione realizzata da entrambi i coniugi in costanza di matrimonio sul suolo
di proprietà esclusiva e personale di uno di essi, appartiene esclusivamente
a questi in virtù del principio dell’accessione e, pertanto, non costituisce
oggetto della comunione legale, ai sensi dell’art. 177, comma 1, lett. b) c.c.
In tal senso, la tutela del coniuge non proprietario del suolo opererebbe
non sul piano del diritto reale, nel senso che in mancanza di un titolo o di
una norma non può vantare alcun diritto di comproprietà, anche superficiaria
sulla costruzione, bensì sul piano obbligatorio, nel senso che a costui compete un diritto di credito pari alla metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione (Cass. S.U. 27-1-1996 n.651).
Di segno contrario, l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’art. 177
lett. a) c.c., in ossequio al quale gli acquisti compiuti dai coniugi, congiuntamente o separatamente durante il matrimonio, costituiscono oggetto di
comunione, è una norma che si pone in un rapporto di specialità con l’art.
934 c.c., e, pertanto prevale su quest’ultima, atteso che rispetto a questa ha,
come elemento specializzante, il rapporto di coniugio esistente tra il proprietario del suolo e chi, unitamente a quest’ultimo, concorre alla realizzazione su tale fondo di una costruzione. Ne consegue, dunque, che la suddetta costruzione deve considerarsi oggetto di comunione legale tra i coniugi (Trib. Massa 3-3-1994)
yr
2 ter. Che cosa accade se qualcuno costruisce su suolo altrui?
C
op
Può accadere che qualcuno costruisca su suolo altrui con materiali propri e
senza l’autorizzazione del proprietario. In questi casi, il proprietario del
suolo ha diritto ad acquisire la costruzione pagando a sua scelta una somma pari al costo dell’opera o al maggior valore conseguito dal suolo. Potrà,
invece, obbligare l’altro a demolire la costruzione solo se questi ha costruito in mala fede, ossia essendo consapevole dell’altruità del suolo.
.
108
p.
A
Parte Terza
S.
Può inoltre accadere che, nel costruire sul proprio fondo, il proprietario
sconfini in buona fede, occupando parte di un fondo contiguo. In tal caso il
giudice può, su richiesta del costruttore, attribuirgli la proprietà della parte
del fondo altrui occupata (cd. accessione invertita) obbligandolo però a
pagare il doppio del suo valore (art. 938).
i
Istituti collegati: diritto di superficie.
Riferimento normativo: articoli 948 e ss. c.c.
br
3. Quali sono le azioni a difesa della proprietà?
se
li
Definizione: rilevare che le azioni a difesa della proprietà si dicono petitorie
poiché mirano ad accertare e affermare la titolarità del diritto di proprietà contro
chi la contesti direttamente (cioè negandola) o indirettamente (cioè vantando
diritti reali limitati sul bene).
Es
Elenco azioni petitorie: precisare che sono azioni a difesa della proprietà:
• l’azione di rivendicazione;
• l’azione negatoria;
• l’azione di regolamento dei confini;
• l’azione per l’apposizione di termini.
©
Altri elementi essenziali: evidenziare che oltre alle azioni petitorie, la legge
riconosce al proprietario altri rimedi giuridici a difesa del suo diritto (azioni
possessorie, azioni di enunciazione, sequestro giudiziario, azione di consegna
di beni mobili o di rilascio di beni immobili, azione di restituzione).
ht
Domande consequenziali: differenza tra rivendica e figure affini (azione di accertamento della proprietà e azione di restituzione); imprescrittibilità del diritto,
imprescrittibilità dell’azione; probatio diabolica.
ig
Articolazione della risposta
C
op
yr
Le azioni a difesa della proprietà si definiscono petitorie in quanto mirano
ad accertare ed affermare la titolarità del diritto di proprietà contro chi la
contesti in modo diretto, ossia negandola, ovvero indirettamente, cioè vantando i diritti reali limitati sul bene.
Le azioni a difesa della proprietà sono quattro:
1. l’azione di rivendicazione è l’azione con cui il proprietario rivendica la
cosa propria da chiunque la possiede o la detiene senza titolo (art. 948);
essa mira ad accertare la titolarità del diritto di proprietà, ma anche a far
.
109
p.
A
La proprietà
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
recuperare al proprietario il bene. Legittimato attivamente è chi sostiene
di essere il proprietario, su cui incombe l’onere della prova. Legittimato
passivamente è, invece, chi possiede o detiene la cosa senza titolo;
2. l’azione negatoria (art. 949) è l’azione con cui il proprietario tende a
far dichiarare l’inesistenza dei diritti affermati da altri sulla cosa, quando ha motivo di temerne pregiudizio, o a far cessare le turbative o le
molestie che altri arrechi al suo diritto. In questo caso l’attore si limiterà a fornire la prova del proprio diritto di proprietà, mentre incombe sul
convenuto l’onere di provare l’esistenza del suo preteso diritto sulla
cosa, contestato dall’attore;
3. l’azione di regolamento di confini (art. 950) può definirsi come l’azione
mediante la quale ciascuno dei proprietari di un fondo confinante può
chiedere che sia stabilito giudizialmente il confine tra i due fondi, quando
tale confine sia obiettivamente incerto. Legittimati attivamente e passivamente sono i due proprietari confinanti, tra cui si divide ugualmente
l’onere della prova. In mancanza di prova fornita dalle parti, il giudice
provvederà attenendosi al confine tracciato dalle mappe catastali;
4. l’azione per l’apposizione di termini (art. 951) è l’azione con cui ciascuno dei proprietari limitrofi può chiedere, quando sia certo il confine
dei fondi, che siano posti o ripristinati, a spese comunali, i segni materiali e tangibili di tale confine, che in precedenza mancavano o erano
divenuti irriconoscibili. Legittimati, attivamente e passivamente, sono i
due proprietari dei fondi confinanti, sui quali incombe l’onere della
prova della certezza dei confini tra i fondi.
3 bis. Che differenza c’è tra azione di rivendica e azione di accertamento della proprietà?
C
op
yr
ig
L’azione di rivendica va distinta dall’azione di accertamento della proprietà
(che pur non essendo espressamente prevista, generalmente si ritiene ammissibile), con la quale il soggetto mira solo a far accertare il suo diritto. Infatti:
— l’azione di rivendica è un’azione di condanna; l’altra è un’azione di
mero accertamento;
— l’azione di rivendica presuppone che il proprietario sia stato spogliato
del bene; l’azione di accertamento no;
— nella rivendica l’attore deve provare il suo diritto; nell’azione di mero
accertamento l’attore deve solo provare l’inesistenza del diritto vantato
dal convenuto e non anche l’esistenza del proprio diritto;
.
110
p.
A
Parte Terza
S.
— la rivendica mira al recupero del bene; l’azione di mero accertamento
no dal momento che il soggetto resta, comunque, in possesso del bene.
3 ter. Qual è la differenza tra azione di rivendica e azione di restituzione?
se
li
br
i
L’azione di rivendica presuppone l’assoluta inesistenza di un titolo nel possessore o detentore del bene; l’azione di restituzione, invece, presuppone
l’esistenza di un titolo al possesso o alla detenzione che sia venuto meno
(es. scadenza del termine di durata del comodato).
Nell’azione di restituzione, pertanto, l’attore non deve provare il suo diritto
di proprietà, ma solo il cessare di efficacia del titolo che legittimava il
possesso del convenuto; proprio perciò l’azione di restituzione non è reale
ma personale.
3 quater. L’azione di rivendicazione e l’azione negatoria sono soggette a prescrizione?
©
Es
In virtù del principio che la proprietà non si perde per non uso, l’azione di
rivendica non si prescrive, salvi gli effetti dell’acquisto della proprietà da
parte di altri per usucapione (art. 948 ult. comma).
Al pari, l’azione negatoria è imprescrittibile e può essere esperita in ogni
tempo dal proprietario dell’immobile nei confronti di chi pretende di avere
diritti reali minori sulla cosa.
ht
3 quinquies.Com’è ripartito l’onere della prova nell’azione di rivendicazione? Cosa s’intende per probatio diabolica?
op
yr
ig
L’utile esperimento dell’azione di rivendicazione esige che l’attore provi il
proprio diritto di proprietà, risalendo, attraverso i propri danti causa, fino
ad un acquisto a titolo originario (cd. probatio diabolica), oppure dimostrando essersi compiuta in suo favore l’usucapione, eventualmente anche
per effetto dell’accessio possessionis. Il convenuto, invece, non ha l’onere
di fornire alcuna prova, potendo limitarsi ad assumere la posizione del
possideo quia possideo.
C
Istituti collegati: azioni a difesa del possesso e dei diritti reali su cosa
altrui; detenzione; onere della prova.
.
111
p.
A
La proprietà
4. Cosa s’intende per diritto reale parziario o su cosa altrui?
S.
Riferimento normativo: articoli 952 e ss. c.c.
Definizione: sottolineare che i diritti reali parziari sono diritti che assicurano ai
titolari delle facoltà inerenti a cose di proprietà altrui e si caratterizzano per un
contenuto più limitato rispetto al diritto di proprietà.
li
br
i
Elenco diritti reali su cosa altrui: precisare che il codice ne prevede sei:
• il diritto di superficie;
• l’enfiteusi;
• l’usufrutto;
• l’uso;
• l’abitazione;
• le servitù;
• usucapione.
se
Altri elementi essenziali: evidenziare che i diritti reali su cosa altrui hanno
diritto di sequela, sono suscettibili di possesso e sono sottoposti a prescrizione
ventennale.
Es
Domande consequenziali: servitù; usucapione ordinaria; usucapione abbreviata; consolidazione; oneri reali e obbligazioni propter rem; destinazione del
padre di famiglia.
Articolazione della risposta
C
op
yr
ig
ht
©
Sulla medesima cosa possono coesistere, con il diritto di proprietà, altri diritti
appartenenti a soggetti diversi dal proprietario; essi sono: il diritto di superficie, l’usufrutto, l’uso e l’abitazione, l’enfiteusi e le servitù. Questi diritti hanno, come la proprietà, il carattere di diritti reali, ossia di diritti sulla cosa; assumono il nome di diritti reali su cosa altrui perché presuppongono, necessariamente, che altri sia il proprietario della cosa sulla quale essi si esercitano. Tali
diritti permangono sulla cosa nonostante il mutamento della persona del proprietario (cd. diritto di seguito o di sequela) e possono essere suscettibili di
possesso. Formano un numero chiuso (cd. tipicità dei diritti reali) e si estinguono per non uso: il termine di prescrizione, a tal riguardo, è di venti anni.
Il diritto di superficie, a norma dell’art. 952 c.c., è il diritto di costruire e
di mantenere sul suolo o nel sottosuolo altrui una propria costruzione. La
costituzione di questo diritto (per contratto tra proprietario del suolo e
superficiario o per testamento del proprietario del suolo) vale a sospendere
l’operatività del principio di accessione, in base al quale tutto ciò che è
costruito sul suolo appartiene al proprietario del suolo.
.
112
p.
A
Parte Terza
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
Si determina così la situazione per la quale il proprietario della costruzione
e il proprietario del suolo sono soggetti tra loro diversi: il primo ha la
proprietà superficiaria e il diritto di superficie sul suolo, il secondo è proprietario del suolo. Una situazione analoga può presentarsi anche quando il
proprietario di un suolo, sul quale già esiste una costruzione, alieni la costruzione ma non il suolo (art. 952 comma 2): in tale ipotesi, l’alienazione
della proprietà della costruzione comporta la costituzione, a favore dell’acquirente, del diritto di superficie sul suolo.
Il diritto di superficie può essere costituito in perpetuo o a tempo determinato (art. 953); in questo secondo caso, con lo scadere del termine il
diritto si estingue e, per il principio di accessione, il proprietario del suolo
diventa proprietario anche della costruzione.
Il diritto di costruire si prescrive per non uso ventennale.
L’enfiteusi (artt. 957 e ss.) è il diritto reale di godimento su cose altrui che
attribuisce al titolare (enfiteuta) lo stesso potere di godimento del fondo
che spetta al proprietario, salvo l’obbligo di migliorarlo e di corrispondere
al proprietario (concedente o direttario) un canone periodico. Generalmente l’enfiteusi ha ad oggetto fondi rustici, ma può essere costituita anche su
fondi urbani. Essa è un diritto perpetuo o, se è previsto un termine, di durata non inferiore a venti anni.
L’enfiteuta ha il diritto di affrancazione, cioè la facoltà di acquistare (dopo
venti anni dalla costituzione dell’enfiteusi) la proprietà del fondo pagando
al concedente una somma pari a quindici volte il canone annuo. In caso di
mancata adesione del proprietario, l’enfiteuta può adire l’autorità giudiziaria
e ottenere una sentenza costitutiva che pronunzi l’affrancazione.
Al proprietario concedente spetta, per contro, il diritto di domandare al
giudice la devoluzione del fondo, ossia l’estinzione del diritto di enfiteusi,
se l’enfiteuta deteriora il fondo o non adempie l’obbligo di migliorarlo
ovvero se egli è in mora nel pagamento di due annualità del canone (art.
972).
L’usufrutto (artt. 978 e ss.) è il diritto di godere della cosa altrui nel rispetto della sua destinazione economica e di fare propri i frutti naturali e civili
di essa. Si tratta di un diritto reale temporaneo: non può durare oltre la
vita stessa dell’usufruttuario, se questi è persona fisica, ovvero oltre trent’anni se usufruttuario è una persona giuridica. L’usufruttuario può cedere ad
altri, per atto fra vivi, il proprio diritto, ma questo si estinguerà immancabilmente alla morte del suo primo titolare.
.
113
p.
A
La proprietà
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
L’usufrutto può acquistarsi:
— per legge, ossia indipendentemente dalla volontà degli interessati (cd.
usufrutto legale) (es. l’usufrutto spettante ai genitori sui beni dei figli
minori);
— per contratto a titolo oneroso o gratuito, che deve avere la forma scritta ed è soggetto a trascrizione;
— per testamento;
— per usucapione.
Al termine dell’usufrutto l’usufruttuario dovrà restituire la cosa al proprietario nello stato in cui si trovava quando l’ha ricevuta. Il criterio con cui si
giudica il modo con il quale l’usufruttuario ha custodito la cosa è la diligenza del buon padre di famiglia.
L’usufrutto può anche avere a oggetto cose consumabili o cose fungibili,
come somme di denaro. In questo caso, definito come «quasi -usufrutto»,
l’usufruttuario non dovrà, com’è ovvio, restituire al termine del rapporto le stesse cose a suo tempo ricevute dal proprietario, ma il loro equivalente.
L’uso, a norma dell’art. 1021 c.c., è il diritto di servirsi di una cosa e di
percepirne i frutti per quanto occorre ai bisogni del titolare e della sua
famiglia, mentre al proprietario spettano i frutti che eccedono questa misura.
Il diritto di abitazione (art. 1022) è il diritto di abitare una casa limitatamente ai bisogni del titolare e della sua famiglia.
I diritti di uso e di abitazione hanno carattere personalissimo e, quindi,
non possono essere ceduti o locati: la regola dell’inalienabilità è, però,
ritenuta dalla dottrina e giurisprudenza prevalenti derogabile con il consenso del nudo proprietario.
Per il resto trovano applicazione le norme che disciplinano l’usufrutto, in
quanto compatibili.
La servitù consiste nel peso imposto su di un fondo (cd. servente) per
l’utilità di un altro fondo (cd. dominante), appartenente a diverso proprietario (art. 1027). Il peso, nel quale consiste la servitù, è una limitazione
della facoltà di godimento di un immobile (fondo servente), alla quale,
dunque, corrisponde un diritto del proprietario di un altro immobile (fondo
dominante).
.
114
p.
A
Parte Terza
4 bis. Come possono essere classificate le servitù?
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
Le servitù si distinguono in:
a. Apparenti e non apparenti
— apparenti sono le servitù che si manifestano con opere visibili e
permanenti destinate al loro esercizio (es. la servitù di stillicidio, di
acquedotto);
— non apparenti sono, invece, quelle per le quali non sono richieste
tali opere (es. la servitù di pascolo, di non edificare, etc.).
b. Affermative e negative
— affermative sono le servitù per il cui esercizio è richiesto un comportamento attivo del proprietario del fondo dominante, che il proprietario del fondo servente deve sopportare (es. passaggio);
— negative sono quelle, invece, che comportano soltanto un non facere
a carico del proprietario del fondo servente (es. servitù di non costruire oltre una certa altezza).
A loro volta le servitù affermative si distinguono in:
1) continue, che sono quelle servitù affermative per il cui esercizio
non occorre un facere che, invece, è necessario nella fase anteriore
all’esercizio stesso ossia in quella costitutiva della servitù prediale
(es. si pensi alla servitù di acquedotto, nella quale, una volta costruite le condotte, l’acqua profluisce senza necessità di ulteriore attività
umana);
2) discontinue, che sono, invece, quelle per il cui esercizio è richiesta
l’attività dell’uomo (es. servitù di passaggio).
ig
c. Volontarie e coattive, a seconda che si costituiscano per contratto o testamento, o per legge (es. acquedotto coattivo, passaggio coattivo, etc.).
d. Temporanee o perpetue, con riferimento alla durata.
yr
4 ter. Quali presupposti devono sussistere affinché un bene possa
essere usucapito?
C
op
L’usucapione è un modo di acquisto di diritti a titolo originario, in virtù del
quale il possesso di un bene protratto per un certo lasso di tempo e la
correlata inerzia del precedente proprietario comportano l’acquisto da parte del possessore medesimo del diritto di proprietà sulla cosa.
.
115
p.
A
La proprietà
Es
se
li
br
i
S.
I requisiti essenziali dell’usucapione sono, pertanto, il possesso ed il tempo.
Riguardo al possesso, esso deve essere continuo e non interrotto, nonché
non violento nè clandestino.
In particolare, la continuità del possesso consiste nella permanente manifestazione della signoria sulla res, ragion per cui, per essere ad usucapionem,
esso non deve aver subito interruzioni naturali o civili e non deve essere
frutto di mera tolleranza; l’art. 1163 c.c. sancisce, altresì, che il possesso
acquistato in modo violento, ossia contro la volontà espressa o presunta
del precedente possessore e con la forza fisica, ovvero in modo clandestino, cioè mediante artifizi idonei a renderlo occulto allo spogliato, non giova per l’usucapione se non dal momento in cui la violenza o la clandestinità risulti cessata.
Quanto al fattore tempo, esso inizia a decorrere con l’acquisto del possesso che si manifesta attraverso atti concreti che permettano di individuare,
dal punto di vista temporale, il termine iniziale, nonché la volontà della
persona. In relazione al tempo per cui il possesso deve protrarsi di distingue tra usucapione ordinaria ed usucapione abbreviata.
4 quater. Quali sono i termini per l’usucapione ordinaria?
ht
©
Il termine per l’usucapione ordinaria si distingue in relazione all’oggetto in:
— venti anni: per l’acquisto della proprietà di beni immobili, delle universalità di mobili e degli altri diritti reali di godimento su tali beni; a tal
fine, è indifferente che il possessore sia in buona ovvero in mala fede;
— dieci anni: per l’acquisto della proprietà di beni mobili registrati e degli
altri diritti reali di godimento sui beni medesimi.
ig
4 quinquies.Quali sono i requisiti dell’usucapione abbreviata?
C
op
yr
L’usucapione abbreviata si presenta strutturalmente affine allo schema delineato dall’art. 1153 c.c., ossia alla regola del possesso vale titolo.
Oltre ai requisiti del possesso e della durata (dieci anni per i beni immobili
e le universalità di mobili, cinque anni per i fondi rustici e tre anni per i
beni mobili registrati), per l’usucapione abbreviata occorrono:
a) la buona fede, ossia l’ignoranza di ledere, col proprio possesso, l’altrui
diritto. Tale buona fede, per regola generale, è sufficiente che sussista
nel soggetto soltanto al momento dell’acquisto del possesso (mala fides
superveniens non nocet);
.
116
p.
A
Parte Terza
S.
b) un titolo valido ed astrattamente idoneo a trasferire il diritto, ma inefficace in pratica per non essere il dante causa proprietario o titolare del
diritto reale (cd. acquisto a non domino);
c) la trascrizione del titolo, qualora si tratti di beni immobili o mobili
registrati.
i
4 sexies. Quando si verifica la «consolidazione»?
li
br
La consolidazione è una causa di estinzione dei diritti reali di godimento,
determinata dalla riunione nella stessa persona della titolarità sia del
diritto di proprietà sia di quello parziario sullo stesso bene (ad es. cessato l’usufrutto, il proprietario riacquista il godimento della cosa).
4 septies.Cosa s’intende per onere reale? E per obbligazione reale?
C
op
yr
ig
ht
©
Es
se
Gli oneri reali sono prestazioni positive a carattere periodico dovute da
un soggetto in quanto è nel godimento di un determinato bene, e consistono nel dare o nel fare qualche cosa (ad es. il canone enfiteutico).
Le caratteristiche dell’onere reale sono: l’inerenza ad un fondo e la sua
insorgenza automatica (per effetto della previsione legale, una volta acquisita la titolarità del diritto reale).
Gli oneri reali si costituiscono solo nei casi previsti dalla legge (numerus
clausus).
Le obbligazioni reali o propter rem, consistono in prestazioni accessorie
a un diritto reale e ad esso strumentalmente collegate (ad es. il proprietario del fondo servente può essere tenuto alla manutenzione di una strada
adibita a servitù di passaggio). Si tratta di vere e proprie obbligazioni perché il rapporto con una cosa, che le caratterizza, rileva soltanto come modo
d’individuazione del debitore, che muta con l’avvicendarsi dei titolari della proprietà o del diritto (cd. obbligazioni ambulatorie).
Le due figure si distinguono poiché:
a) nell’onere reale la proprietà è gravata da un peso; nell’obbligazione
reale la proprietà è il mezzo per individuare il soggetto obbligato;
b) l’onere reale ha sempre per contenuto una prestazione positiva; l’obbligazione reale può consistere anche in un non facere;
c) l’onere reale è tutelato con azione reale; l’obbligazione reale con azione personale in re scripta;
.
117
p.
A
La proprietà
S.
d) l’onere reale, secondo parte della dottrina, si può acquistare per
usucapione, l’obbligazione reale no;
e) l’onere reale non obbliga più chi abbandona il bene onerato; l’obbligazione reale continua a gravare a carico dello stesso soggetto, anche
in caso di abbandono.
i
4 octies. Cos’è la «destinazione del padre di famiglia»?
©
Es
se
li
br
La destinazione del padre di famiglia (art. 1062 c.c.) è un modo d’acquisto a titolo originario peculiare delle servitù apparenti, che si realizza
automaticamente quando consta, mediante qualunque genere di prova, che
due fondi, attualmente divisi, sono stati posseduti dallo stesso proprietario
e che questi ha posto o lasciato le cose nello stato dal quale risulta la servitù. In tal caso, se i due fondi cessano di appartenere allo stesso proprietario
per una qualsiasi causa, si costituisce ipso iure una servitù corrispondente
allo stato di fatto preesistente sui fondi ormai appartenenti a proprietari
diversi.
Essenziale per la costituzione della servitù per destinazione del padre di
famiglia è che, all’atto della cessazione dell’appartenenza dei due fondi
all’unico proprietario, le opere destinate al servizio di uno all’altro siano
stabili, sì da escludere la precarietà, e apparenti, in modo da render certi e
manifesti a chiunque — e perciò anche all’acquirente del fondo gravato —
il contenuto e le modalità di esercizio del corrispondente diritto (Cass. 2001
n. 10425).
ht
Istituti collegati: principio del possesso vale titolo; buona fede; trascrizione.
ig
5. Qual è l’azione esperibile a tutela di un diritto reale parziario?
Riferimento normativo: articolo 1079 c.c.
yr
Definizione: precisare che l’azione confessoria è l’azione a difesa dei diritti reali
su cosa altrui.
C
op
Caratteristiche: rilevare che l’azione confessoria mira a ottenere l’accertamento in giudizio dell’esistenza di un diritto reale su cosa altrui contro chi ne contesti
l’esistenza.
.
118
p.
A
Parte Terza
Articolazione della risposta
se
li
br
i
S.
L’azione in giudizio a tutela dei diritti reali su cosa altrui assume, tradizionalmente, il nome di azione confessoria. Con tale azione si mira a ottenere
il riconoscimento in giudizio del proprio diritto sulla cosa altrui, contro
chiunque, proprietario o terzo, ne contesti l’esercizio, nonché la cessazione di eventuali turbative o molestie e se, necessario, la riduzione in pristino
(es. l’abbattimento di una costruzione edificata in violazione di una servitù
di non edificare).
Le turbative che legittimano all’esercizio dell’azione confessoria non devono consistere necessariamente in alterazioni fisiche attuali dello stato di
fatto, essendo sufficiente un comportamento che ponga in dubbio o in pericolo l’esercizio del diritto reale parziario (Cass. 1999 n. 1214, 1991 n.
2255).
6. Qual è la nozione giuridica di comunione?
Es
Riferimento normativo: articoli 1100 e ss. c.c.
Definizione: precisare che si ha comunione quando la medesima cosa forma
oggetto del diritto di proprietà o di altro diritto reale di più persone (cd. comunisti), le quali sono tutte contitolari del diritto stesso.
©
Elenco tipologie: sottolineare che la comunione può essere volontaria, legale
o incidentale.
ht
Regime giuridico: evidenziare che i singoli comunisti hanno il diritto all’uso e
alla gestione della cosa comune, il diritto di disposizione della propria quota, il
diritto al godimento degli utili, nonché il diritto a chiedere la divisione della cosa
comune.
ig
Domande consequenziali: il condominio e il supercondominio; la multiproprietà.
Articolazione della risposta
C
op
yr
A norma degli artt. 1100 e ss. si ha comunione quando il diritto di proprietà
o altro diritto reale su uno stesso bene appartiene a più persone (cd. comunisti), le quali sono tutte contitolari del diritto stesso. Ciascuno dei comunisti gode di un diritto che investe la cosa nella sua totalità e incontra un
limite nell’uguale diritto degli altri. La misura in cui ciascuno è ammesso
al godimento del bene è data dalla quota.
.
119
p.
A
La proprietà
ht
©
Es
se
li
br
i
S.
La comunione può essere:
— volontaria, dipendente cioè dall’accordo dei partecipanti: ad es. più
persone comprano insieme uno stesso bene e ne diventano, perciò, comproprietari;
— incidentale, cioè indipendente dalla volontà dei partecipanti, come nel
caso della comunione ereditaria;
— legale o forzosa, ossia costituita per legge, come nel condominio degli
edifici.
Ciascun comunista gode del diritto all’uso della cosa comune (può cioè
servirsene senza alterarne la destinazione e senza impedire agli altri comunisti di farne parimenti uso), del diritto di disposizione della quota, del
diritto al godimento degli utili, in proporzione della sua quota, e del diritto
di chiedere la divisione (salvo patto contrario o divieto legislativo).
La gestione della cosa comune è affidata all’insieme dei comunisti. Per le
decisioni si applica il principio maggioritario (in base al valore economico
delle quote) ed è richiesta la maggioranza semplice per gli atti di ordinaria
amministrazione e la maggioranza qualificata per le innovazioni e per gli
atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Si applica, invece, il principio
dell’unanimità dei consensi per gli atti di alienazione o costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni ultranovennali.
Le spese necessarie per la conservazione e il godimento della cosa comune
gravano sui partecipanti alla comunione in proporzione alle rispettive quote.
La cessazione della comunione si attua con la divisione, che può verificarsi: per contratto, se i comunisti concordano sul modo di procedere; con
sentenza del Tribunale, se l’accordo non viene raggiunto.
ig
6 bis. Com’è disciplinato l’uso delle parti comuni dell’edificio da
parte dei condomini?
C
op
yr
Il condominio (artt. 1117-1139 c.c.) è una particolare forma di comunione
forzosa, che nasce dal fatto che necessariamente, nel caso di più proprietà
divise per piani, vi sono delle parti dell’intero edificio che non possono
non essere in comune (il suolo su cui poggia l’edificio, le fondazioni, le
scale, i tetti, gli ascensori, etc.).
Il singolo condomino, oltre ad essere esclusivo proprietario del suo appartamento, è quindi, nel contempo, comproprietario dei beni in comune.
.
120
p.
A
Parte Terza
li
br
i
S.
L’uso delle parti comuni, salvo diversa previsione nel regolamento condominiale, è libero, con il solo limite del rispetto della destinazione funzionale delle cose e del pari godimento degli altri condomini. Gli organi
del condominio sono l’assemblea dei condomini (organo deliberativo) e
l’amministratore di condominio, che viene nominato dall’assemblea quando i condomini sono più di quattro (organo esecutivo). Ogni condominio
può avere un proprio regolamento, in cui sono fissate le norme di uso dei
vari beni, le norme di funzionamento dell’assemblea, etc.; tale regolamento è obbligatorio se i condomini sono più di dieci.
Il condominio ha, tendenzialmente, durata perpetua; esso, tuttavia, si estingue quando viene a mancare la divisione per piani della proprietà, e cioè
quando tutto l’edificio diventa proprietà della stessa persona.
se
6 ter. Qual è la natura giuridica dell’obbligazione assunta dal condominio nei confronti dei terzi?
ht
©
Es
Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, in riferimento alle
obbligazioni assunte dall’amministratore nell’interesse del condominio
nei confronti dei terzi — in difetto di un’espressa previsione normativa
che stabilisca il principio della solidarietà — la responsabilità dei condomini è retta dal principio della parziarietà per il quale le obbligazioni
assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti esclusivamente in proporzione alle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. per le obbligazioni
ereditarie.
6 quater. Che cos’è il supercondominio?
C
op
yr
ig
Il supercondominio (artt. 61 e 62 disp. att. c.c.) è una struttura condominiale costituita da un complesso di edifici autonomi o di case unifamiliari che fruiscono di beni, opere e impianti comuni, tutti funzionali
all’utilizzazione e al godimento, da parte dei singoli condomini, delle
parti di loro esclusiva proprietà (ad es. viali, giardini, piscine, impianti
sportivi, etc.).
Al supercondominio si applicano le stesse norme dettate per il condominio
e gli organi in esso operanti sono gli stessi.
.
121
p.
A
La proprietà
6 quinquies.È ipotizzabile un condominio composto da due sole
persone?
br
i
S.
L’esistenza del condominio e l’applicabilità delle norme in materia non
dipende dal numero delle persone che ad esso partecipano, ben potendo
sussistere un condominio composto da due soli proprietari: si tratta del cd.
condominio minimo, cui si applicano le disposizioni dettate per il condominio negli edifici in quanto nessuna norma dettata in materia di condominio contempla il numero minimo dei condomini.
6 sexies. Quali sono i caratteri della multiproprietà?
ht
©
Es
se
li
Nella prassi contrattuale italiana si è recentemente diffusa la multiproprietà
immobiliare in zone turistiche, che ricorre quando lo stesso immobile viene
separatamente alienato a più soggetti. A ciascuno è attribuito il diritto di
godere, in modo esclusivo, ma per un periodo di tempo limitato, a turno con
gli altri proprietari, della medesima frazione immobiliare, sulla quale viene
impresso un duplice vincolo: di destinazione (turistica); di indivisibilità.
Si tratta di una figura di discussa collocazione sistematica che ha dato origine a diverse posizioni dottrinali; in particolare si è ritenuto che la
multiproprietà sia:
— una comunione speciale;
— una forma speciale di proprietà, i cui limiti sono temporali invece che
spaziali;
— un diritto reale atipico.
Attualmente la multiproprietà è disciplinata dal Codice del consumo (D.Lgs.
206/2005).
ig
Istituti collegati: comunione ordinaria; comunione ereditaria; divisione.
yr
7. Cosa s’intende per possesso?
Riferimento normativo: articolo 1140 c.c.
op
Definizione: precisare che il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in
un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o altro diritto reale.
C
Elementi del possesso: precisare che gli elementi del possesso sono due: il
corpus possessionis e l’animus possidendi.
.
122
p.
A
Parte Terza
S.
Domande consequenziali: concetto di detenzione e rapporti col possesso;
interversione del possesso; successione e accessione del possesso; azioni a
difesa del possesso; azioni di nunciazione; possesso di buona e mala fede; trasferimento del possesso disgiunto dalla proprietà.
Articolazione della risposta
ig
ht
©
Es
se
li
br
i
A norma dell’art. 1140 c.c., il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si concreta in una relazione di fatto intercorrente tra un
soggetto e un bene, a prescindere dalla sussistenza nel soggetto stesso della
titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale.
Gli elementi del possesso sono:
— il corpus possessionis, ossia la materiale disponibilità della cosa (elemento oggettivo);
— l’animus possidendi, cioè l’intendimento di esercitare sul bene i poteri
del proprietario o del titolare di altro diritto reale (elemento soggettivo).
Sono suscettibili di possesso i beni materiali, le energie naturali, le universalità di cose, i mobili registrati e i titoli di credito; non sono, invece, suscettibili di possesso le universalità giuridiche (es.: l’eredità, l’azienda), le
parti non separabili di cose composte, le pertinenze, lo spazio aereo, i beni
demaniali.
Il possesso può acquistarsi a titolo originario, con l’apprensione fisica della
cosa, accompagnata dall’animus possidendi (sempre che ciò non si verifichi
per tolleranza altrui); o può acquistarsi a titolo derivativo, con la consegna
della cosa effettiva o simbolica (es. la consegna delle chiavi dell’immobile) o
per successione (alla morte del successore, infatti, il possesso continua con il
suo erede con gli stessi caratteri che aveva rispetto al defunto).
7 bis. In che termini si configurano i rapporti tra detenzione e possesso?
C
op
yr
La detenzione può definirsi come un mero potere di fatto sulla cosa non
accompagnato dall’intenzione di esercitare un’attività corrispondente ad
un diritto reale. Il detentore è dunque colui che si trova nella materiale
disponibilità di un bene, ma è consapevole dell’altruità dello stesso.
L’elemento proprio del possesso noto come animus possidendi non è, quindi, presente nella detenzione.
.
123
p.
A
La proprietà
se
li
br
i
S.
Quanto ai rapporti tra detenzione e possesso, gli artt. 1140 a 1143 c.c.
conferiscono a vantaggio del possessore:
a) una presunzione generale di possesso: essendo difficile accertare in
concreto se il soggetto esercita il suo potere con animus possidendi o
animus detinendi, la legge pone il principio generale della presunzione
del possesso, in virtù del quale chi esercita il potere di fatto si presume
possessore, salvo che si provi che ha cominciato ad esercitarlo semplicemente come detentore (art. 1141);
b) una presunzione di possesso intermedio: se il possessore fornisce la
prova di possedere ora e di aver posseduto in passato, si presume che
abbia posseduto anche nel periodo intermedio; l’onere di provare l’interruzione spetta a chi lo nega (art. 1142);
c) una presunzione di possesso anteriore: se il possessore esercita il suo
potere sulla base di un titolo, si presume che abbia cominciato a possedere dalla data del titolo stesso. In mancanza di titolo, invece, il possesso attuale non fa presumere il possesso anteriore (art. 1143).
Es
7 ter. Quando si manifesta l’«interversione del possesso»?
C
op
yr
ig
ht
©
Ai sensi dell’art. 1141, co. 2 c.c. «se alcuno ha cominciato ad avere la
detenzione, non può acquistare il possesso finché il titolo non venga ad
essere mutato per causa proveniente da un terzo o in forza di opposizione
da lui fatta contro il possessore». Nell’ipotesi in cui si realizzi tale modificazione, si discorre di interversione del possesso.
Non è consentito, dunque, al detentore di trasformarsi in possessore mediante una sua interna determinazione di volontà, ma si richiede, per il
mutamento del titolo, l’intervento di una «causa proveniente da un terzo», per tale dovendosi intendere qualsiasi atto di trasferimento del diritto
idoneo a legittimare il possesso, indipendentemente dalla perfezione, validità, efficacia dell’atto medesimo, compresa l’ipotesi di acquisto da titolare solo apparente, ovvero l’opposizione, giudiziale o extragiudiziale, del
detentore contro il possessore (è ad es. il caso di chi detiene a titolo di
locazione, quando un terzo, arrogandosi i diritti del proprietario, gli vende
la cosa o gliela lascia in eredità).
.
124
p.
A
Parte Terza
7 quater. Quali sono gli effetti della successione e dell’accessione
del possesso?
Es
se
li
br
i
S.
Sia agli effetti della durata del possesso sia a quelli della qualificazione del
possesso (se di buona o di mala fede) vale il principio secondo il quale il
possesso dell’erede continua quello del defunto (e i due periodi si sommano), conservandone l’originaria qualificazione (successione nel possesso): se il possesso del de cuius era di buona fede, resta tale quello dell’erede, anche se questi sia in mala fede; allo stesso modo, se era di mala fede
nel defunto, continua ad esserlo nell’erede (art. 1146 co. 1).
Non c’è, invece, automatica continuazione del possesso nella successione
a titolo particolare (sia mortis causa che per atto tra vivi), ma solo una
facoltà in tal senso (cd. accessione del possesso) attribuita al successore:
l’acquirente può sommare o meno al proprio il possesso dell’alienante (art.
1146 co. 2), ma evidentemente non lo farà se l’alienante era possessore di
mala fede.
Pertanto, in tema di azioni possessorie, il successore a titolo particolare
non può limitarsi a dare la prova del suo diritto a possedere (ciò che basterà
al successore a titolo universale), ma occorre che dimostri il suo rapporto
di fatto con il bene (Cass. 1978, n. 4055).
7 quinquies.Quali sono le azioni a difesa del possesso?
C
op
yr
ig
ht
©
Le azioni possessorie sono rimedi giudiziari aventi come fine immediato
(anche se provvisorio) la tutela del possesso contro qualsiasi turbativa da
parte di terzi. Esse sono:
a) l’azione di reintegrazione o di spoglio (art. 1168), cioè l’azione con
cui il possessore, privato del bene, chiede, entro un anno dal sofferto
spoglio, di essere reintegrato nel possesso dello stesso. Lo spoglio,
cioè l’arbitraria privazione materiale o compressione parziale del possesso, compiuta consapevolmente da un soggetto, di cui il possessore
è stato vittima, deve avere i requisiti della violenza e della clandestinità.
Si tratta, dunque, di un’azione diretta al ripristino della preesistente situazione di fatto che ha funzione recuperatoria qualora oggetto del potere
di fatto sia una cosa nella sua integrale consistenza, con la conseguenza
che non può essere proposta e dà luogo al risarcimento dei danni nell’ipotesi di totale distruzione della cosa stessa (Cass. 21-6-1985, n. 3731);
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125
p.
A
La proprietà
br
7 sexies. Quali sono le azioni di nunciazione?
i
S.
b) l’azione di manutenzione (art.1170), che spetta al possessore molestato
nel godimento della cosa o che abbia subito turbative del possesso (ad es.
a causa di scarico di altrui rifiuti sul proprio fondo) nonché al possessore
che abbia subito uno spoglio non violento o non clandestino.
Tale azione riguarda soltanto i beni immobili e le universalità di mobili. Può
essere esperita soltanto contro un possesso ultrannuale, continuo e non interrotto.
ht
©
Es
se
li
Le azioni di nunciazione, previste e disciplinate dagli artt. 1171 e 1172,
sono azioni che tendono alla conservazione di uno stato di fatto, mirando a prevenire un danno o un pregiudizio che può derivare da una nuova
opera o da una cosa altrui. Sono, dunque, azioni cautelari, esperibili sia dal
proprietario sia dal possessore.
Esse sono:
— la denunzia di nuova opera: è l’azione con cui si denunzia un’opera da
altri intrapresa e non ancora terminata (se non è trascorso un anno dal
suo inizio) quando si abbia ragione di temere che da essa possa derivare
danno alla cosa che forma oggetto del proprio diritto;
— la denunzia di danno temuto: è l’azione con cui il proprietario, il titolare di altro diritto reale di godimento o il possessore, si rivolge all’autorità giudiziaria quando tema che da un albero, una costruzione, etc.
(cose, comunque, già esistenti) stia per derivare un danno grave e prossimo alla cosa che forma oggetto del suo diritto. Il giudice dispone idonea garanzia per i danni eventuali.
ig
7 septies.Quali sono gli effetti della buona e della mala fede nel
possesso?
C
op
yr
Il possesso di buona fede (art. 1147) è quello di chi possiede ignorando di
ledere l’altrui diritto (non, però, per colpa grave). La buona fede si presume ed è sufficiente che sussista al tempo dell’acquisto. Questo possesso,
se esiste un titolo astrattamente idoneo al trasferimento, porta all’usucapione decennale dei beni immobili, all’usucapione triennale dei beni mobili registrati e all’acquisto immediato dei beni mobili.
Per contro, è possessore in mala fede il ladro, il ricettatore, ecc., poiché
essi sanno di possedere un bene altrui.
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126
p.
A
Parte Terza
S.
A seguito dell’accoglimento della domanda di rivendica del proprietario
(per cui il possessore è tenuto a restituire la cosa con i relativi frutti), il
possessore in buona fede acquista i frutti maturati in data anteriore alla
domanda di rivendica e già separati; il possessore in mala fede, invece,
deve restituire tutti i frutti maturati sin dal momento in cui ha avuto
inizio il possesso.
br
i
7 octies. È possibile trasferire, mediante contratto, il solo possesso
di un bene disgiunto dalla proprietà?
ht
©
Es
se
li
La questione è dibattuta in dottrina e strettamente connessa alla tematica
della natura giuridica della traditio. Una parte degli autori configura l’ipotesi in esame come fenomeno in cui si realizza la trasmissione di una situazione giuridica soggettiva: si attribuisce alla traditio natura di rapporto giuridico (DALMARTELLO); altra parte della dottrina nega che il possesso
configuri un diritto soggettivo e individua nella consegna un mero atto
bilaterale e volontario a carattere non negoziale (FUNAIOLI). Tale contrapposizione è alla base delle differenti opinioni manifestate quanto al
problema della capacità occorrente per l’acquisto del possesso: chi esclude
la natura di negozio giuridico dell’atto, conseguentemente afferma la sufficienza della capacità di intendere e di volere dell’acquirente.
La giurisprudenza di legittimità risponde negativamente al quesito su esposto
(Cass. 8502/2005, 12034/2000, 9884/1996), affermando la nullità per impossibilità dell’oggetto ex art. 1418 c.c. del contratto mirante a trasferire
da una parte all’altra il solo possesso di un bene, disgiunto dalla proprietà.
C
op
yr
ig
Istituti collegati: modi di acquisto della proprietà.
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