APPUNTI DI ASTRONOMIA
Prof.ssa Patrizia Moscatelli
Spettroscopia
Liceo Scientifico Statale Vito Volterra
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1.1 La luce
La luce è un insieme di radiazioni elettromagnetiche. Da una sorgente
essa si propaga nello spazio con una velocità costante e finita che nel
vuoto è di circa 300 000 km/s.
Ogni radiazione può essere rappresentata come un’onda,
distinguibile dalle altre per i valori della frequenza e della lunghezza
d’onda.
La frequenza è in numero di
oscillazioni complete che un
punto dell’onda compie
nell’unità di tempo e si
misura in hertz.
La lunghezza d’onda è la
distanza tra due massimi
(creste) o due minimi (gole)
e si misura in multipli e
sottomultipli del metro.
Frequenza e lunghezza d’onda sono inversamente
proporzionali: se la
frequenza aumenta, la
lunghezza d’onda diminuisce
e viceversa.
La luce visibile è costituita da radiazioni elettromagnetiche con lunghezza
d’onda compresa tra 400 e 700 nm. In questo intervallo di valori il nostro
occhio percepisce i cambiamenti di lunghezza d’onda delle radiazioni come
cambiamenti di colore: in ordine lunghezza d’onda decrescente, rosso, arancio,
giallo, verde, azzurro, indaco, violetto.
Il campo delle radiazioni elettromagnetiche si estende oltre l’intervallo di
lunghezze d’onda visibili e comprende raggi ultravioletti, X, γ (radiazioni con
lunghezza d’onda inferiore al violetto), i raggi infrarossi, le microonde, le
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onde radio (radiazioni con lunghezza d’onda superiore al rosso).
2.1 La spettroscopia
Se le radiazioni elettromagnetiche vengono raccolte su di uno schermo nero o
su una lastra fotografica si ottiene uno spettro.
Le radiazioni appaiono come righe e si dispongono sempre in ordine di
lunghezza d’onda.
Lo spettro completo delle radiazioni elettromagnetiche comprende tutte le
radiazioni, dalle onde radio ai raggi γ. Nel campo del visibile le radiazioni si
dispongono dal rosso al violetto, in una successione che è sempre la stessa.
L’esperimento di scindere la luce solare nei suoi colori componenti
(dispersione della luce) fu effettuato da Isaac Newton nel 1666 e ha dato avvio
ad un nuovo campo di studi: la spettroscopia.
Le tecniche spettroscopiche si basano sull’assorbimento o sulla emissione di
una radiazione elettromagnetica da parte di un atomo o di una molecola.
Lo spettro è la figura che si ottiene raccogliendo su di uno schermo nero o su
una lastra fotografica le radiazioni elettromagnetiche provenienti da una
sorgente, dopo che queste hanno subito una rifrazione.
In uno spettro, le radiazioni appaiono come righe e si dispongono sempre in
ordine di lunghezza d’onda, subendo infatti una deviazione tanto maggiore
quanto minore è la loro lunghezza d’onda.
Lo spettro completo delle radiazioni elettromagnetiche comprende tutte le
radiazioni, dalle
onde radio ai raggi
γ.
Nel campo del visibile le radiazioni
si dispongono dal
rosso al violetto,
in una successione
che è sempre la
stessa.
Le analisi spettroscopiche hanno permesso di scoprire che esistono due diversi
tipi di spettri:
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 Spettri continui
 Spettri discontinui
2.2 Spettri continui
Si chiamano continui gli spettri nei
quali sono presenti tutti i colori
dello spettro del visibile, dal rosso
al violetto.
Danno spettri continui tutti i corpi
incandescenti: solidi, liquidi e
gas fortemente compressi.
2.3 Spettri discontinui
In uno spettro discontinuo si osserva la mancanza la mancanza di alcune
radiazioni, i colori non appaiono sfumati in modo continuo ma interrotti. Si
evidenziano bande colorate su fondo nero o scure su fondo colorato.
Distinguiamo quindi due tipi di spettri:
 Spettri di emissione
 Spettri di assorbimento
Gli spettri discontinui sono
tipici di gas rarefatti.
Se un gas viene sottoposto ad
alte temperature, gli viene
fornita energia. Questa energia
viene poi restituita sotto forma
di onde elettromagnetiche
tipiche per ogni tipo di gas.
Ogni lunghezza d’onda emessa
dal gas sarà visualizzata da una riga o da una banda colorata su sfondo nero.
Lo spettro che ne risulta si chiamerà spettro di emissione
Se un gas o un vapore viene colpito da un fascio luminoso, catturerà energia
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sotto forma di lunghezze d’onda. Le altre che attraverseranno il gas andranno a
proiettarsi determinando uno spettro
colorato interrotto da linee o bande
scure. Tali linee rappresentano le
lunghezze d’onda catturate dal gas.
Lo spettro è detto spettro di
assorbimento.
Analizzando spettro di assorbimento
e di emissione relativi ad uno stesso
gas, si noterà che la posizione delle
bande colorate e scure è la stessa,
dato atteso in quanto l’energia trattenuta od emessa da una stessa specie
chimica è sempre la stessa.
Gli spettri discontinui sono come una carta d’identità della specie chimica, in
quanto essendo diversi da elemento ad elemento, ne permettono il
riconoscimento.
3.1
Luminosità delle stelle
Una delle cose più importanti in
astrofisica è conoscere quanta luce ci
arriva da un oggetto.
Storicamente questa “misura” è stata fatta
a occhio nudo in maniera relativa e, per
quanto riguarda la lunghezza d’onda,
qualitativa. Tutti notiamo, osservando il
cielo notturno, che le stelle brillano con
intensità diversa e che non hanno tutte lo
stesso colore. Questo lo avevano
osservato ovviamente anche gli antichi.
Il primo a classificare le stelle in
funzione della loro brillantezza fu Ipparco di Nicea (II secolo a.C.).
Ipparco realizzò un catalogo stellare in cui inserì circa 1080 stelle, di cui
registrò la posizione sulla sfera celeste. Ipparco classificò la luminosità delle
stelle in sei classi.
Alla prima appartenevano le stelle di prima grandezza, al secondo gruppo
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quelle un po' più deboli, e così via fino al sesto gruppo, al quale appartenevano
le stelle più deboli visibili in una notte serena senza Luna da un uomo dalla
vista perfetta. Questo criterio è stato utilizzato per secoli fino a tempi recenti.
Si tratta di un criterio parzialmente soggettivo che tuttavia rimane alla base
della classificazione moderna.
La luminosità di una stella dipende da due
fattori: l'energia irradiata nell'unità di
tempo e la distanza dall'osservatore.
Quanto più una fonte luminosa è vicina
all'osservatore e tanto più sembra
splendere, quindi in realtà Ipparco non fece
altro che classificare le stelle in base alla
loro luminosità apparente ovvero la
misura della radiazione di una stella così
come arrivava ai suoi occhi senza tenere
conto della distanza.
La luminosità viene espressa in genere
mediante la magnitudine, un parametro
che permette di confrontare la luminosità di
una stella con quella della altre, stabilendo
una scala di grandezze relative. Per ogni
astro, si può stabilire una magnitudine
apparente e una magnitudine assoluta.
La magnitudine apparente di un astro si ottiene confrontando la sua luminosità
apparente con la luminosità della Stella Polare, scelta come stella campione.
Più una stella è luminosa e più ha valori di magnitudine apparente bassi. Le
stelle più luminose hanno magnitudine apparente 0 oppure addirittura valori
negativi.
Il Sole, la stella più luminosa del cielo, ha magnitudine apparente -26,8.
La magnitudine assoluta è definita come la luminosità che avrebbero le stelle
se si trovassero tutte alla distanza di 10 parsec (cioè 32,6 al) dalla Terra.
Per i valori di magnitudine assoluta si mantiene lo stesso criterio adottato per la
magnitudine apparente: ad un valore di magnitudine minore corrisponde un
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maggiore splendore, e viceversa.
3.2
Variabili
Catalogando le stelle in base alla magnitudine assoluta si può notare un dato
interessante: molte stelle hanno luminosità variabile.
Queste stelle sono dette variabili.
Si distinguono variabili regolari e variabili
irregolari.
Le variabili regolari sono stelle che hanno
variazione di splendore regolare. Un esempio è
rappresentato dai sistemi di stelle doppie ad
eclisse nelle quali una stella più piccola gravita
intorno ad un’altra molto più grande e luminosa:
a ogni rivoluzione le due stelle si eclissano
vicendevolmente, causando massimi e minimi di
luminosità. La luminosità massima del sistema
si ha quando le due stelle sono affiancate; quando la stella più luminosa viene
eclissata, la luminosità del sistema si riduce al minimo; quando la stella più
piccola viene eclissata, si ha
una debole riduzione dello
splendore del sistema.
Le
variabili
irregolari
comprendono stelle che non
mostrano alcuna regolarità
nelle loro variazioni di
luminosità. A causa di un
evento catastrofico, in un
particolare momento della
loro esistenza, esse esplodono
o perdono parte della loro massa. L’evento provoca un aumento improvviso
della luminosità dell’astro e può ripetersi, ma in modo irregolare ed
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imprevedibile.
Appartengono alle variabili irregolari le novaee le supernovae.
4.1
Indagine spettrale e studio delle stelle
Lo spettro che ci arriva da una stella sempre uno spettro di assorbimento.
Dall’interno della stella viene emessa una quantità di energia che si propaga
sotto forma di onde elettromagnetiche di cui una parte viene assorbita dai gas
contenuti nella stella. Ogni gas trattiene una quantità di energia specifica e
produrrà uno spettro con bande diverse per ogni singolo gas. E’ possibile
quindi risalire alla composizione chimica di una stella dallo studio degli
spettri emessi dalla stella e
conoscere la temperatura
superficiale di una stella.
Le stelle ci appaiono con
colorazioni diverse che sono in stretto rapporto con la loro temperatura
superficiale. Sono proprio queste caratteristiche fisiche che ci permettono di
classificare le stelle in sette classi spettrali, distinte con delle lettere, che
partono da quelle
azzurre a
temperatura
maggiore fino ad
arrivare a quelle
rosse meno calde.
azzurre
bianche-azzurre
bianche
giallognole
gialle
arancioni
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rosse
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