La libertà di iniziativa economica

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(L)égalité
Appunti sulla legalità
CUP: J43J14000310008
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La legalità, nel suo significato etimologico, indica la conformità di un dato
comportamento alla legge, ad una norma giuridica predisposta
dall’ordinamento di uno Stato ed il cui ruolo è quello di disciplinare i
contrapposti interessi dei consociati e, dunque, di garantire una vita
sociale pacifica. Nell’ambito di quello italiano, a prescindere dalle norme
di settore, al vertice della scala gerarchica delle fonti, troviamo la
Costituzione che rappresenta la legge fondamentale dello Stato, ovvero,
la legge delle leggi sul rispetto della quale devono ispirarsi tutte le altre
leggi emanate dal Parlamento; ciò significa che nessuna norma può
derogarla ed ispirarsi a principi diversi da quelli in essa contenuti. Il corpo
normativo, risale al 1 gennaio del 1948 dopo il celeberrimo referendum
istituzionale del 2 giugno del 1946 con cui i cittadini furono chiamati a
scegliere la forma repubblicana o monarchica da attribuire al nuovo Stato
a seguito del regime fascista. La stessa si compone di 139 articoli ed è
suddivisa in tre parti: i principi fondamentali artt 1-12 i diritti e doveri dei
cittadini artt.13-54 e l’ordinamento della Repubblica artt. 55-139. Con
riferimento ai più importanti principi costituzionali, non può non rilevare
quello democratico contenuto all’art 1 della Carta secondo il quale la
sovranità è esercitata dal popolo direttamente o indirettamente. La
differenza consiste nel fatto che, in quella partecipativa, il potere
sovrano è esercitato direttamente dal popolo, come avveniva nell'antica
Grecia, dove i cittadini (esclusi schiavi, donne e cittadini stranieri) si
riunivano nell'agorà (oggi la piazza) per discutere attivamente di leggi o
posizioni politiche da prendere mentre nell’ indiretta, o rappresentativa, il
potere sovrano è esercitato da rappresentanti eletti dal popolo
(il Parlamento). Ad esempio, l'Italia è una Repubblica parlamentare a
democrazia indiretta che si traduce nel potere del popolo di scegliere i
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propri rappresentanti. All’art.2, invece, emerge quello personalista:
diversamente dai regimi totalitari che hanno da sempre mostrato il più
profondo disprezzo per la libertà e per la dignità della persona ritenuta
sacrificabile nell’interesse di entità superindividuali, come lo Stato, la
nazione o la collettività, la stessa, nell’ispirazione democratico-liberale
della Costituzione italiana, assume connotati diversi. Difatti, l’ art. 2 della
Costituzione segna un’ autentica e consapevole rivoluzione copernicana
rispetto al modello totalitario: non la persona in funzione dello Stato (o
della nazione, o della collettività), ma lo Stato in funzione della persona,
di cui sono riconosciuti e garantiti i diritti inviolabili tutelati ,tanto nei
confronti del potere pubblico, quanto contro le aggressioni provenienti da
soggetti privati. Gli stessi, tra l’altro, ex art. 2 Cost., vengono riconosci
non solo all’individuo considerato isolatamente, ma anche “nelle
formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”. Di fatti, una società
pluralista, come la nostra, non si compone solo di una sommatoria di
individui isolati, ma si articola in una molteplicità di formazioni intermedie
(così chiamate, perché si frappongono fra l’individuo e lo Stato)
all’interno delle quali gli individui organizzano la propria vita. Le stesse,
sono considerate con favore in molteplici disposizioni particolari della
Costituzione: artt. 8 e 20 (confessioni e associazioni religiose), 18
(associazioni in generale), 29 (famiglia), 39 (associazioni sindacali), e 49
(partiti politici). Con riferimento al principio di uguaglianza, l’art 3
distingue quello di uguaglianza formale di cui al 1 co. e quello sostanziale
di cui al capoverso successivo. Ebbene, secondo il dettato di cui al 1 co., è
fatto divieto alla legge ordinaria di operare discriminazioni tra le persone
in base al sesso , alla razza, alla lingua, religione; ciò che la norma
proibisce, ad ogni modo, è la discriminazione irragionevole ravvisabile per
esempio nel caso in cui la legge preveda una retribuzione diversa per
l’uomo rispetto alla donna mentre risulta essere conforme al dettato
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normativo, una norma che preveda per la donna e non per l’uomo un
periodo di astensione obbligatoria nel caso di maternità. Il co.2,
diversamente, enuncia quello che viene solitamente indicato come
principio di uguaglianza sostanziale per indicare il fatto che, in base ad
esso, lo Stato si impegna ad emanare leggi a sostegno dei più
svantaggiati. Dall’analisi dell’art 4., invece, emerge il c.d. principio
lavoristico. In realtà, lo stesso concetto di diritto del lavoro ivi contenuto
non è di semplice comprensione ;esso infatti non comporta per lo Stato
l’obbligo di assicurare a tutti i cittadini un lavoro ma indica che le leggi
non devono ostacolare la creazione di posti di lavoro: il loro compito deve
essere quello di agevolare il più possibile le imprese affinchè esse siano
nella condizione di assumere il maggior numero possibile di persone. La
disposizione suindicata, però, lungi dall’affermare il diritto al lavoro, al
co.2, ne sancisce il dovere. In realtà, si dubita che il dovere del lavoro
costituisca un obbligo giuridico coercibile; è certamente da escludere che
l’art. 4, II comma, Cost. renda legittimo il lavoro coatto, che è invece
tristemente conosciuto nei regimi autoritari e che si pone in contrasto
con le disposizioni costituzionali a tutela della libertà personale (art. 13
Cost. Quanto alla seconda parte della struttura della Carta, nel quadro dei
rapporti civili, assume rilevanza la libertà di associazionismo e di riunione,
quella di manifestazione del pensiero ex art 21 ed il diritto di difesa
previsto dall’art. 24 e 25 mentre, nell’ambito dei rapporti economici, non
può che evidenziarsi la libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 e
l’affermazione del diritto di proprietà ricavabile dagli art.24 cost. Con
riferimento alla libertà di riunione, di cui all’art.17, posta alla base del
progresso sociale ed economico, la legge sancisce la facoltà per i cittadini
di darsi convegno, temporaneamente, in un luogo determinato ed in
seguito ad un preventivo accordo, indipendentemente dalle ragioni che
spingono i soggetti ad incontrarsi (politiche, ricreative, religiose, etc.).
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Questa libertà si pone come "libertà del singolo" ma appare evidente che
non è possibile esercitarla se non congiuntamente ad altri soggetti. Tale
libertà, ad ogni modo, giusta previsione normativa, è sottoposta ad una
serie di limiti: il primo, riferibile a tutte le riunioni, consiste nel fatto che
esse devono svolgersi in forma pacifica e senza armi; il secondo , riguarda
riunioni pubbliche per le quali è previsto un obbligo di preavviso alle
autorità
di
polizia
affinché
possano,
preventivamente
o
contemporaneamente, intervenire per tutelare la pubblica incolumità,
eventualmente anche vietando la riunione stessa, anche se tale divieto
deve essere giustificato da comprovati motivi di sicurezza. La libertà di
associazione, ex art.18,invece, si differenzia dalla semplice riunione in
quanto è caratterizzata da una stabile organizzazione, dall’esistenza di un
vincolo permanente tra gli associati nonché di uno scopo da perseguire
sia esso politico, religioso, culturale, etc. Si tratta di una libertà, al pari di
quella prevista dall’art.17, libertà strumentale allo sviluppo della persona
umana (art.2 Costituzione). Il costituente, dopo aver garantito la libertà di
associazione in linea generale nell'art.18, riconosce in particolare la
libertà di associarsi in campo politico (art.49 Cost. ), in quello sindacale
(art.39 Cost. ) e in quello religioso (art.19 Cost. ). Anche per le
associazioni, la Costituzione e le leggi ordinarie pongono ben precisi limiti
a tale diritto per la tutela della generale libertà dei cittadini e della
esistenza e buon funzionamento delle istituzioni democratiche. Difatti,
sono vietate le associazioni che la legge penale vieta espressamente, le
associazioni segrete, le associazioni a carattere militare. Con riferimento
alla seconda, espressione massima del principio democratico, la
Costituzione attribuisce ai singoli la possibilità di esprimere le proprie idee
e di divulgarle ad un indeterminato numero di destinatari. In ciò si
distingue dalla libertà di comunicazione che consiste nella trasmissione
del pensiero ad una o più persone. La libertà di manifestazione del
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pensiero, ex art.21, è uno dei pilastri di ogni ordinamento democratico e
non si estende solo al pensiero politico, ma anche alla fede religiosa,
all’arte e alla scienza. Tuttavia, anche nelle democrazie in cui è
pienamente riconosciuta, la libertà di espressione presenta dei limiti
giuridici di fronte ai quali anche un diritto basilare, come la libertà di
espressione, può essere circoscritto. Questi, sostanzialmente, sono : il
buon costume o morale pubblica, la dignità e la riservatezza della
persona, l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato. Per es. la violazione
della dignità umana, può dar luogo al reato di diffamazione che si
manifesta allorquando, in assenza della persona offesa, si offende l’altrui
reputazione o, a seguito della depenalizzazione del reato di ingiuria, ad un
illecito civile nel caso di offesa a persona presente. Quanto al diritto
difesa di cui all’art.24, ci si riferisce alla necessità che le parti, tra le quali
è sorta la controversia e che si sono rivolte al giudice per ottenere la
decisione sulla medesima, possano esercitare pienamente le proprie
ragioni in modo da influire direttamente su quella che sarà poi la
decisione assunta dal giudice. È evidente quindi che, essendo questa la
funzione del diritto di difesa, è necessario che fin dall'inizio dell'attività
processuale le parti partecipino pienamente alle varie attività che
vengono svolte nel corso del giudizio. Diversi sono gli aspetti che
rientrano nella definizione complessiva di diritto di difesa: in particolare,
da un lato, va evidenziata come componente fondamentale del diritto di
difesa l'esigenza che le parti, nel contraddire fra di loro davanti al giudice,
possano allegare in giudizio i fatti che ritengono rilevanti a sostegno delle
proprie ragioni; ma parimenti rilevante, quale componente fondamentale
del diritto di difesa, è la possibilità che sia assicurato alle parti il diritto di
difendersi provando. E cioè, una volta che abbiano effettuato
l'allegazione in giudizio dei fatti che ritengano rilevanti a sostegno delle
proprie ragioni, abbiano anche la possibilità di utilizzare gli strumenti
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probatori che ritengono più adeguati, per dimostrare la veridicità delle
allegazioni effettuate. Merita peraltro di essere sottolineata, e lo fa lo
stesso art. 24 della Costituzione, la stretta correlazione che sussiste tra
esercizio del diritto di difesa e cosiddetta assistenza tecnica, nell'esercizio
di questo diritto di difesa, e cioè la necessità che nell'esercitare le proprie
ragioni in giudizio la parte sia sempre assistita da un professionista, che
nel caso di specie è, evidentemente, l'avvocato. Ed è talmente sensibile la
nostra Carta costituzionale circa l'esigenza di assicurare una difesa tecnica
in giudizio alle parti che lo stesso art. 24 impone allo Stato di prevedere
per l'assistenza giudiziaria dei non abbienti, cioè delle persone
economicamente svantaggiate, istituti che assicurino il patrocinio in
giudizio a spese dello Stato. In stretta correlazione, sancisce la
precostituzione del giudice naturale ,ovvero, consente di garantire
l’affidamento del cittadino sul sistema giustizia attraverso la
predisposizione di un giudice terzo ed imparziale ; ciò, tra l’altro, in
coerenza a quanto previsto dall’art.51 che prevede il dovere di astensione
del giudice in presenza di interessi nella causa. La libertà di iniziativa
economica, rientrante nell’ambito dei rapporti economici, proclamata
dall’art.41 cost., invece, attribuisce il diritto ai privati di disporre delle
risorse, materiali e umane; è , in secondo luogo, libertà dei privati di
organizzare l’attività produttiva e, quindi, è libertà per gli stessi di
decidere che cosa produrre, quanto produrre, come produrre, dove
produrre e presuppone il riconoscimento di altri diritti dei privati, alcuni
dei quali costituzionalmente garantiti, come la proprietà di cui all’art. art.
42, comma 2 che, ad ogni modo, deve garantire una funzione
sociale.L’art. 18 cost, così come già spiegato, attribuisce ai consociati il
diritto di associarsi al fine di raggiungere uno scopo meritevole di tutela
per l’ordinamento( associazione di volontariato, dei consumatori).
Ebbene, la stessa norma, vieta la costituzione di organizzazioni che
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perseguono scopi illeciti, contrari alla legge; ci si riferisce, in particolare a
quella per delinquere e mafiosa di cui agli artt. 416 e 416 bis del c.p.
Quest’ultima, in particolare, è espressione del c.d. fenomeno mafioso. In
Italia, in base alla provenienza regionale, è presente Cosa Nostra, per la
Sicilia, la ndrangheta, per la Calabria, la camorra, per la Campania e la
Sacra Corona Unita per la Puglia. La ‘ndrangheta muove i primi passi e si
afferma nella seconda metà dell’Ottocento in una regione, la Calabria, la
cui economia è incardinata a quell’epoca sul latifondo; gli affiliati
controllano la gestione delle terre per conto dei grandi proprietari e
fanno da intermediari nei rapporti fra questi e i contadini. Ma, qual è
l'etimologia
della
parola
‘ndrangheta?
L’ipotesi più convincente fa riferimento al vocabolo greco «andragatia», il
cui significato allude alla virilità, al coraggio, alla rettitudine. Di cosa si
avvale? La stessa opera per mezzo dell’uso della violenza e intimidazione,
attraverso cui producono tra la popolazione una condizione generale di
sottomissione e di omertà e ciò al fine di operare un controllo sul
territorio, influenzare gli organi amministrativi locali, estorcere denaro a
danno delle imprese ed organizzare il traffico di droga, armi
,prostituzione e immigrati. L’estorsione a danno del sistema economico ,
in particolare ,è una delle principali attività illecite delle organizzazioni
mafiose, e più che una fonte di sostentamento per il mantenimento della
mafia, ha prevalentemente lo scopo di mantenere alto il livello di paura e
rispetto dei cittadini di quel determinato quartiere o centro abitato in
mano a una famiglia mafiosa, la sua diffusione è talmente capillare da
essere paragonata a una vera e propria tassa, pizzo, un tributo illegale
pagato dagli imprenditori come contropartita per poter continuare a
lavorare. Le caratteristiche attraverso cui avviene l’avvicinamento
dell’imprenditore da parte degli emissari dell’organizzazione mafiosa
seguono un rituale noto e documentato: chi si rifiuta di pagare la tassa,
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perde la sua attività attraverso incendi dolosi e sabotaggi di vario tipo e,
quando l’imprenditore cerca aiuto nelle forze dell’ordine, può essere
addirittura ucciso. Il capitale accumulato con l’attività estorsiva, viene
gestito e utilizzato per vari scopi: per dare assistenza ai detenuti mafiosi e
ai loro famigliari, per supportare finanziariamente anche i latitanti, per
garantire un minimo provento ai consociati, per il pagamento di spese
legali e processuali e inoltre vengono investiti in altre attività illecite.
Quanto ai rapporti, Stato-enti locali-Mafia, gli stessi nascono attraverso il
c.d. patto di scambio politico mafioso, punito e regolato dall’art.416 ter
del c.p, che garantisce al sodalizio, a fronte del procacciamento di voti, la
concessione di appalti di opere e servizi. Ebbene, concretamente, la
mafia, come può essere contrastata? Intanto bisogna precisare che una
moderna ed efficace lotta alla criminalità organizzata va condotta da più
soggetti e su più fronti:la lotta alla mafia non è un’esclusiva, nè può
essere demandata in toto alla magistratura e alle forze dell’ordine.
E’indispensabile l’impegno dei cittadini e della società civile organizzata al
fine di coltivare una cultura antimafiosa basata sull’impegno civile e su di
una cittadinanza attiva. Considerando che la stessa approfitta delle
situazioni di debolezza e si diffonde dove c’è povertà ed ignoranza , per
attecchirla, serve la piena conoscenza del fenomeno culturale che può
avvenire ,p.e. attraverso l’opera dei mass media, nonché la
consapevolezza relativa all’esistenza di diritti e libertà che, con la mafia,
vengono totalmente compromessi. E’ chiaro che, in tal senso, sono le
istituzioni scolastiche a rivestire un ruolo essenziale: è lo studio della
disciplina relativa all’educazione civica che indirizza i giovani alla legalità
e, più in generale, è la cultura ad allontanare la criminalità organizzata; ed
ancora, sono le famiglie stesse che, trasmettendo principi morali
attraverso un processo educativo complesso, riescono a formare giovani
con valori, rispettosi e solidali verso gli altri e, come tali, lontani anni luce
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da una prospettiva illegale. Orbene, anche a prescindere dalla diffusione
di compagini criminose, vi è l’esistenza di atteggiamenti comportamentali
che, benchè leciti, rappresentano terreno di cultura della mafia; ci si
riferisce, in particolar modo, alla c.d. raccomandazione richiesta, p.e., ad
un familiare o ad un amico, quale componente di una commissione
esaminatrice di un concorso; quella richiesta ad un medico, operante
nelle strutture sanitarie pubbliche, amico o parente, affinchè possa
anticipare la visita alla quale ci si dovrà sottoporre; a quella avanzata ad
un conoscente che ha particolari rapporti con il titolare di un’azienda che
è alla ricerca del personale da inserire nella propria organizzazione
o,ancora al c.d. clientelismo politico, inteso quale modello di relazione
animato dallo scambio di favori, tra politico ed elettore in cui il primo
promette ed elargisce benefici, p.e., un posto di lavoro, in cambio di voti.
Tali pratiche, non comportano necessariamente la violazione di norme di
legge o di regolamenti, ma determinano sempre la violazione dei principi
di
equità
,giustizia
e
di
norme
etiche.
Il clientelismo, difatti, generalmente, danneggia i soggetti che sono
scavalcati dai beneficiari delle pratiche clientelari, cioè i soggetti a cui
sarebbe spettato il beneficio in assenza di tali comportamenti nonché
l'intera collettività poiché la diffusione di questi comportamenti è
incompatibile con la meritocrazia e con forme di competizione virtuosa.
Gli effetti più negativi a livello sociale si manifestano quando la
percezione della diffusione di comportamenti clientelari diventa talmente
forte che, buona parte della società, si convince della necessità di coltivare
pratiche clientelari per non essere scavalcata da coloro che le attuano con
la convinzione che, il merito, e dunque, la cultura, non favorisca il
successo e che, per contro, lo stesso sia raggiungibile per mezzo
dell’inganno. Come reagire? La via al merito non può che passare per la
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testa degli italiani che, consapevoli del fatto che lo stesso include e non
esclude, investono nella cultura consci che, quest’ultima, costituisce la
garanzia di avere un’opportunità, una chiave capace di aprire la porta
giusta, quella che si adatta al proprio talento. In sostanza, è necessario
che ciascuno di noi acquisisca la sicurezza di sé e si affidi, p.e. nelle
procedure concorsuali, ai metodi di selezione delle commissioni
esaminatrici partendo dal presupposto che, un buon elaborato, di certo,
non può che essere apprezzato . Pertanto, considerando che la
raccomandazione è un furto di vita, posto che specie i giovani che si
vedono superare sono costretti a rimandare di anni la costruzione del loro
futuro, la soluzione è di perseguire la meritocrazia in maniera rigorosa , in
tal modo sarà sempre di più il mercato a respingere e penalizzare le
aziende che non basano il loro sviluppo sulle capacità e sulle competenze.
In realtà, atteggiamenti contrari al buon costume ed alle regole morali,
sono ravvisabili, altresì, anche nell’ambito dei rapporti quotidiani si
pensi, p.e., al mancato rispetto delle regole relative ad una partita di
calcio nonché alla prepotenza assunta in un ufficio postale al fine di non
fare la fila. Ebbene , se non si rispettano queste semplici regole di vita
quotidiana, come si può richiedere il l’osservanza delle norme giuridiche?
E’necessario, dunque, prima ancora di ottemperare agli obblighi previsti
dalla legge, di assumere un atteggiamento solidale ed umile nei confronti
del prossimo con la convinzione che, se si ama il prossimo, la vita, si deve
amare la giustizia.
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