Prova 2
La devianza sociale
A Il candidato svolga la seguente traccia, con riferimenti alle sue conoscenze in
ambito sociologico, antropologico e pedagogico.
La devianza non è una proprietà di certi atti o comportamenti, ma una qualità che deriva dalle
risposte, dalle definizioni e dai significati attribuiti a questi dai membri di una collettività (o dalla
grande maggioranza di questi). Questa idea è stata espressa bene da Émile Durkheim. «Non
bisogna dire – egli osservava nel 1893 – che un atto urta la coscienza comune perché è criminale,
ma che è criminale perché urta la coscienza comune. Non lo biasimiamo perché è un reato, ma è
un reato perché lo biasimiamo» [1893, trad. it. 1962, 103]”.
A. Bagnasco, M. Barbagli, A. Cavalli, Elementi di sociologia, Bologna
2004
In relazione alla definizione di “devianza” data da Durkheim, il candidato illustri
a. il rapporto tra devianza e norme sociali;
b. il carattere relativistico della devianza sociale;
c. le principali teorie della devianza e il modello di essere umano a cui fanno
riferimento;
d. alcuni elementi di un’efficace educazione alla legalità.
B Il candidato risponda in modo chiaro e sintetico a tre dei seguenti quesiti.
a. Il concetto di socializzazione nelle scienze sociali.
b. Come possono essere classificate le norme sociali?
c. L’educazione non-direttiva di Alexander Neill.
d. Definizione di mobilità assoluta e relativa, orizzontale e verticale, a breve e a lungo raggio,
intergenerazionale e intragenerazionale.
e. La nozione di totem in antropologia.
f. La Zona di Sviluppo Prossimale di L. Vygostkij.
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A
Analisi della traccia
Il brano proposto presenta una citazione di Durkheim molto nota, riguardante il carattere
relativistico della devianza. Le tesi di Durkheim è che la devianza non è una proprietà di
particolari azioni, ma è la società che, definendo le norme, stabilisce quali azioni sono
devianti. La consegna successiva appare molto chiara ed è articolata su quattro richieste:
a.
b.
c.
d.
illustrare il rapporto tra devianza e norme sociali;
illustrare il carattere relativistico della devianza sociale;
esporre le principali teorie della devianza;
argomentare alcuni elementi di un’efficace educazione alla legalità
Le parole-chiave del testo sono devianza, relatività della devianza, norme sociali, teorie
della devianza, educazione alla legalità. Lo svolgimento richiesto è di tipo espositivo, con
una coda finale di tipo espositivo-argomentativo. Chiarezza e ordine logico sono i requisiti
principali di questo tipo di tema. Per svolgere bene la traccia, occorre conoscere a fondo le
teorie della devianza e saper definire con precisione i termini specifici delle scienze umane
sull’argomento.
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Brainstorming
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Suggerimenti per lo svolgimento
Per lo svolgimento, si può partire dalla definizione di conformità e di devianza in sociologia
(più rigorosa di quella comune), per poi spiegare che esistono diversi tipi di devianza a
seconda delle norme che vengono violate (folkways, stateways o mores di Sumner); non
tutta la devianza è infatti criminale. Il discorso sulla conformità alle norme permette diversi
agganci teorici (per esempio, al modello AGIL di Parsons) e una riflessione sulla
socializzazione come apprendimento delle norme. Il passaggio dalla norma al controllo
sociale e alla sanzione risulta così immediato; di qui, anche i possibili riferimenti
all’antropologia (per esempio, a Kardiner e Linton e alla Scuola cultura-personalità). Il
concetto di relativismo culturale può essere opportunamente citato, poiché le norme sono
relative alla cultura. Alcune sono però pressoché universali, come la proibizione
dell’incesto o dell’omicidio di membri del proprio gruppo.
Per l’esposizione delle teorie della devianza, è opportuno partire dalla socializzazione:
alcune teorie, come quella biologica di Lombroso o quella della scelta razionale di
Tsutomi, ma anche di Beccaria e Bentham, hanno un’impostazione individualistica;
secondo tali teorie, è il soggetto a essere deviante, o per la sua costituzione biologica o
per la sua scelta individuale. Appare individualista anche la teoria del controllo sociale di
Hirschi: l’uomo è spontaneamente deviante; se si conforma, è solo perché la devianza
viene sanzionata. Altre teorie, invece, mettono in rapporto la devianza con la
socializzazione: la teoria funzionalista di Durkheim e di Merton, ma anche lo studio di
Thomas e Znaniecki sui contadini polacchi a Chicago, vede come causa della devianza
una forma di fallimento della socializzazione, una patologia sociale (anomia, tensione
mete-mezzi, sradicamento degli immigrati). Altre ancora vedono, invece, la devianza come
il risultato della socializzazione: riconoscono che esistono norme diverse nella società e
che i gruppi sociali seguono norme non sempre condivise da altri gruppi (teoria della
subcultura, teoria dell’etichettamento). Si parla così di socializzazione alternativa. Queste
ultime teorie mostrano appieno il carattere relativistico della devianza, descrivendo le
norme come frutto di una costruzione sociale.
Volendo, si può introdurre una classificazione dei reati e spiegare come alcuni hanno un
impatto sociale maggiore di altri, anche se non vengono percepiti con allarme. Questo
aspetto non è espressamente richiesto dalla consegna, ma è pertinente rispetto
all’argomento. Un riferimento alle mafie e alla corruzione sarebbe opportuno e
introdurrebbe il tema dell’educazione alla legalità. Una riflessione sugli ambiti di intervento
della pedagogia della devianza e sul ruolo dell’imitazione dei modelli (Bandura) potrebbe
concludere il discorso. Non è naturalmente necessario introdurre tutti questi riferimenti nel
tema; però almeno 4 o 5 dovrebbero essere presenti. Meglio riferire solo quello che si sa
con sicurezza.
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Scaletta
1 Definizione di conformità e devianza in
sociologia
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2 Controllo sociale e sanzione
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3 Le teorie della devianza
a. teorie individualiste (teorie biologiche,
della scelta razionale, del controllo
sociale)
b. teorie della devianza come fallimento
della socializzazione (funzionalismo,
Thomas e Znaniecki)
c. teorie della devianza come prodotto
della socializzazione (teoria della
subcultura, teoria dell’etichettamento)
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
4 Classificazione dei reati e diversa percezione
sociale della loro pericolosità
5 L’educazione alla legalità
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Rapporto fra norme e cultura (variabilità
nel tempo e nello spazio, ma anche
norme universali); etnocentrismo e
relativismo culturale
Parsons: conformità come
interiorizzazione delle norme attraverso
l’educazione
Diversi tipi di devianza a seconda delle
norme violate (Sumner)
Funzione della devianza (Durkheim:
funzione latente di mantenere la
coesione sociale e rafforzare le norme)
Controlli interni/esterni
Socializzazione primaria e secondaria
come apprendimento delle norme
(Kardiner e Linton, Park ecc.)
Devianza come predisposizione
biologica (Lombroso) o come scelta
razionale (Tsutomi, Beccaria, Bentham)
o come inefficacia del controllo sociale
(Hirschi)
Devianza come effetto dell’anomia
(Durkheim) o come effetto dello
sradicamento (Thomas e Znaniecki) o
come effetto della tensione fra mete
culturali e mezzi per conseguirle
(Merton)
Devianza come effetto della reazione
sociale alla violazione, che etichetta un
individuo come deviante (Lemert,
Becker) o come effetto della
socializzazione alle norme di una
subcultura (Shaw e McKay, Sutherland)
Attività predatoria comune
Omicidi
Reati dei colletti bianchi
Violenza familiare
Mafia e criminalità organizzata
Insegnamento pluridisciplinare a scuola
Scuola come luogo di legalità (rispetto,
senso di responsabilità, solidarietà,
cooperazione, empatia, non-violenza
[Danilo Dolci], correttezza, senso critico
e autonomia); cittadinanza democratica
La pedagogia della devianza nei
contesti non scolastici (criminalità
minorile, tossicodipendenze, mafie)
Il ruolo dei modelli nell’apprendimento
per imitazione (Bandura): i mass-media
e il gruppo dei pari, i modelli adulti
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