Progetto Gestione Rischio Clinico ASL 3 Bassano del Grappa L’ULSS 3 ha sviluppato, a partire dal 2009, un modello organizzativo finalizzato a migliorare la sicurezza del paziente; il punto di partenza di tale modello è stata l’effettuazione di una mappatura del livello di rischio clinico in tutte le strutture aziendali con lo scopo di definire le priorità di intervento per l’applicazione di strumenti per la riduzione del rischio clinico quali FMEA ed Incident Reporting Per lo sviluppo della mappatura dei rischi è stato creato un metodo basato su principi legati a due modelli: 1. il modello di H.W. Heinrich (Il triangolo di Heinrich) 2. il modello di J.T. Reason (Swiss Cheese) Tali modelli sono stati applicati per la mappatura dei rischi, partendo da due ipotesi di base: La prima ipotesi prevede che possano essere presi in considerazione, al fine della mappatura dei rischi, gli effettivi accadimenti all’interno dell’organizzazione (eventi o eventi avversi); al fine di renderli confrontabili in termini di gravità si è riscorso al modello di Heinrich La seconda ipotesi prevede che sia possibile considerare e analizzare le eventuali barriere che il personale, l’organizzazione ed il sistema possono adottare per ridurre o per contenere il verificarsi di un evento, in linea con quanto previsto dal modello di Reason Secondo il modello di H.W. Heinrich, esiste un rapporto ben definito tra gli eventi che possono avvenire in una organizzazione: la logica dell’1-29-300. Ciò significa che, per ogni evento molto grave, ne esistono 29 di gravità minore e 300 senza danno; nell’analisi dei dati storici è stato applicato il modello di Heinrich per “pesare” e rendere confrontabili gli eventi accaduti e rilevati Secondo il modello J.T. Reason i buchi nelle fette di formaggio rappresentano le insufficienze latenti che sono presenti nei processi; quando si modificano più fattori che normalmente agiscono come barriere protettive, i buchi si possono allineare e permettere il concatenarsi di quelle condizioni che portano al verificarsi dell’evento avverso. La presenza di barriere protettive porta a ridurre il rischio che un evento si verifichi Pag 1 di 10 Sulla base degli esiti della mappatura e del livello di rischio sono stati individuati due tipologie di approccio e le relative tempistiche di applicazione: Rischio alto: Approccio pro-attivo e preventivo (“prima che l’evento accada”) Rischio medio-basso: Approccio reattivo (“a seguito di un accadimento”) Sono stati quindi sviluppati interventi formativi finalizzati a diffondere e applicare strumenti per la gestione del rischio clinico Le Unità operative risultate più critiche sono state coinvolte nello sviluppo e applicazione di una analisi dei rischi prospettica tramite lo strumento della FMEA applicata a specifici processi. Le Unità operative con un livello di rischio attuale medio e basso sono coinvolte nella implementazione dell’Incident reporting, strumento prospettico . L’applicazione dell’Incident reporting è stata poi allargata gradualmente a tutte le Unità Operative aziendali. Applicazione della metodologia FMEA L’acronimo FMEA significa Failure Mode and Effect Analysis, che si potrebbe tradurre con la frase “Analisi dei modi di guasto/errore e dei loro effetti”. La FMECA, Failure Mode and Effect Criticality Pag 2 di 10 Analisys (“Analisi critica dei modi di guasto/errore e dei loro effetti”) aggiunge un percorso di valutazione orientato all’assunzione di decisioni operative coerenti. Il Metodo FMEA/FMECA consiste in una tecnica sistematica per identificare e prevenire problemi sui prodotti o processi prima che essi insorgano. Tale metodologia è utilizzata da oltre 30 anni in settori industriali quali il nucleare, l’aviazione ecc., e recentemente è stata proposta dalla Joint Commission (Standard LD 5.2 – Manuale per l’accreditamento 2001) alle organizzazioni sanitarie quale strumento per la prevenzione dei rischi. Questa tecnica formalizza un processo mentale normalmente adottato dai progettisti. Il gruppo di lavoro deve analizzare il processo, descrivere le fasi e le attività che lo costituiscono e individuare i potenziali rischi per il cliente, ponendosi implicitamente alcune domande • Quali sono i punti deboli del mio processo? Cosa potrebbe andare storto nell’attività esaminata? • In che punto del processo è più probabile che si verifichi un errore? • Perché si potrebbe verificare questo errore? • Quale dei possibili errori del processo potrebbe essere eliminato o la sua probabilità di accadimento ridotta modificando il processo? • Quali danni potrebbero derivare al cliente se si verificasse un errore nel processo? • Quale modifica è la più urgente? • Quale la più conveniente? L’analisi prende in considerazione preventivamente tutti i possibili errori di esecuzione del processo e permette così di inserire prove e controlli, sviluppare procedure, predisporre contromisure quali istruzioni per l’uso Alla fine è necessario verificare se le azioni intraprese hanno prodotto miglioramenti sulla sicurezza La verifica può essere fatta: • rivalutando il processo dopo un periodo adeguato di tempo con la tecnica FMEA/FMECA • con la valutazione di appropriati indicatori di processo e di esito Rilevazione eventi avversi (Incident Reporting) E’ stato predisposto un percorso per la raccolta di segnalazioni spontanee, da parte degli operatori sanitari, relative a dati su eventi che hanno causato un danno nei riguardi di un paziente o avevano la potenzialità di causarlo e su quasi-eventi (near miss) intesti come accadimenti che avrebbero potuto, ma non hanno, per fortuna o per abilità di gestione, originato un evento. Pag 3 di 10 L’incident reporting è la modalità di raccolta delle segnalazioni di eventi indesiderati in modo strutturato. Esso fornisce una base di analisi per la predisposizione di strategie e azioni di miglioramento per prevenire il riaccadimento di tali episodi in futuro. Le situazioni segnalate costituiscono il riferimento per l’individuazione di rischi reali (descrivono situazioni accadute) che possono essere analizzati nello svolgimento temporale degli eventi in modo da evidenziare tutte le cause (anche quelle co-presenti e fortuite). La possibilità di esaminare l’evento nel suo pratico svolgimento rende possibile anche una ricerca più efficace sulle cosiddette “condizioni abilitanti”, cioè il contesto organizzativo in cui si svolgono gli eventi stessi, secondo quanto contenuto nel modello di Reason. Su questa base è poi possibile pensare e disegnare azioni migliorative e correttive delle problematiche individuate. Il progetto formativo ha avuto una durata di tre anni ed ha ottenuto i seguenti risultati; FMEA: PARTECIPANTI (Coordinatori, Capigruppo e Partecipanti) GIORNI E ORE DI FORMAZIONE (Coordinatori, Capigruppo e Partecipanti) 451 persone: 63 persone coinvolte negli incontri plenari (aula) 388 persone coinvolte nella formazione sul campo 41.022 ore di formazione complessive (aula e sul campo): 91 ore di formazione medie pro-capite (aula e sul campo) pari a 11 gg 405 gg di formazione d’aula e 5.029 gg di formazione sul campo CREDITI ECM (Coordinatori, Capigruppo e Partecipanti) 12.366 crediti ECM erogati 27,5 ECM medi pro-capite Unità operative coinvolte e piani di miglioramento implementati: Pag 4 di 10 Incident Reporting PARTECIPANTI (Coordinatori, Capigruppo e Partecipanti) GIORNI E ORE DI FORMAZIONE (Coordinatori, Capigruppo e Partecipanti) 677 persone: 64 persone coinvolte negli incontri plenari (aula) 613 persone coinvolte nella formazione sul campo 50.536 ore di formazione complessive (aula e sul campo): 74 ore di formazione medie pro-capite (aula e sul campo), pari a 9 gg 800 giorni di formazione d’aula e 5.517 giorni di formazione sul campo CREDITI ECM (Coordinatori, Capigruppo e Partecipanti) 15.155 crediti ECM erogati 22 ECM medi pro-capite Unità operative coinvolte e piani di miglioramento implementati; Pag 5 di 10 Dopo 3 anni di implementazione del modello organizzativo e degli strumenti del rischio clinico è stata effettuata una ri-mappatura del livello di rischio a livello aziendale per valutare la ricaduta delle azioni intraprese negli anni pregressi. Come nel 2009, anche in questo caso la mappatura ha previsto una valutazione puntuale a livello aziendale del livello di rischio rilevato attraverso raccolta e analisi dei dati provenienti dai flussi informativi attivi in azienda e riconducibili alla sicurezza del paziente. La mappatura, ha previsto anche la verifica del livello di sviluppo delle “barriere” in atto che concorrono a garantire la sicurezza del paziente, questo ha consentito la valutazione dell’efficacia degli strumenti per la gestione del rischio clinico applicati dal 2009 ad oggi in termini di miglioramento raggiunto ed eventuali aree di attenzione. Il progetto si è così articolato: Fase 1: Raccolta e analisi dati 2008-2011 riconducibili al rischio clinico Per ogni Unità Operativa sono stati raccolti ed elaborati i dati relativi a sinistri denunciati, segnalazioni da farmacovigilanza, segnalazioni da emosorveglianza, numero di segnalazioni di Incident reporting, numero di reclami attinenti la sicurezza del paziente. I dati sono stati poi normalizzati (eventi pesati sulla base della gravità) tramite fattori moltiplicativi, ricavati dal modello di Heinrich. Tali dati hanno consentito di individuare un primo punteggio sul livello di rischio («Mappatura iniziale»). I dati sono stati ricavati dai flussi informativi già attivi in azienda, integrati con dati riguardanti i costi assicurativi che hanno consentito di completare il quadro del rischio clinico con i costi supportati dall’azienda nel periodo temporale 2008-2011. Di seguito è riportato un riepilogo globale dei dati raccolti. Pag 6 di 10 Pag 7 di 10 Pag 8 di 10 Gli importi liquidati (alla data di giugno 2012) per denunce di sinistro pervenute negli anni 2008 – 2011 risultano variare da € 40,00 a € 295.000; il 2011 registra un unico risarcimento di € 3.500. E’ da tenere conto che le attività istruttorie di alcune richieste di risarcimento sono ancora in fase di sviluppo. Si evidenzia comunque l’assenza di danni catastrofali (> € 500.000,00) Fase 2: Valutazione delle barriere I risultati ottenuti sono stati successivamente pesati con i punteggi medi ottenuti dall’autovalutazione effettuata da tutte le Unità Operative coinvolte relativamente al grado di maturità di alcune barriere, ovvero prassi operative finalizzate a migliorare e garantire la sicurezza Pag 9 di 10 dei pazienti (es. modalità di prevenzione di errori nella terapia farmacologica, modalità di identificazione del sito chirurgico, etc.). 2. Pesatura con barriere Fase 3 : Evoluzione delle Unità Operative Per valutare l’evoluzione delle Unità Operative dal 2009 al 2012 si è ricorsi ad una matrice che correla la posizione della Unità operativa (elevata-media-bassa priorità) del 2009 con la posizione attuale, consentendo quindi di valutare se e come è evoluto il livello di rischio delle Unità operative, partendo dalla loro situazione iniziale (Mappatura 2009) Fase 4: identificazione priorità di intervento Il progetto si è concluso con l’identificazione delle priorità di intervento nel prossimo triennio. Pag 10 di 10