La grande ipocrisia - direzione didattica 1° circolo bra

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La grande ipocrisia
Perché parlare ancora di voti? Che cosa è accaduto di nuovo perché sia… il caso di dedicare “il caso” alla
valutazione in voti decimali nella scuola di base?
Probabilmente è opportuno o forse indispensabile parlarne proprio perché sulla questione dei voti non è
più accaduto nulla e, mentre si parla di tutt’altro (di edilizia scolastica, di valorizzazione degli
insegnanti, di recupero di scatti di anzianità, di misure di accompagnamento per implementare le
Indicazioni per il curricolo…) si continuano a dare voti.
Perché, dunque, parlarne ancora? Perché ostinarsi a essere contrari? Perché continuare una battaglia
che appare sempre più minoritaria, destinata alla sconfitta e a tratti persino velleitaria o, secondo
alcuni, addirittura di retroguardia?
Vale la pena parlarne ancora, non solo perché non è scontato che si debbano combattere solo le
battaglie facili e destinate alla vittoria, anzi, in tempi in cui il populismo demagogico ha un certo appeal,
persistere nel difendere le cause perse potrebbe sembrare un titolo di merito.
E neppure perché si tratti di promuovere novità sconvolgente. Anzi, affermare che la valutazione in voti
decimali è diseducativa sul piano etico e valoriale, incoerente sul piano docimologico, deleteria sul
piano didattico e sconfessata ormai da più di un secolo nelle scienze pedagogiche è poco più che
inanellare qualche ovvietà. Scarsamente riconosciute e praticate, certo, ma questo è un altro discorso.
Il vero motivo per cui bisogna continuare a parlarne è che, in fondo, parlar d’altro, fingere che non sia
un problema importante, per esempio non dichiarare esplicitamente la gravità della contraddizione fra
lo spirito e il dettato delle Indicazioni e il persistere della valutazione in decimi sono una forma di
ipocrisia culturale e istituzionale nella quale continuiamo a gradire di non essere coinvolti.
E che dire della legittima pretesa di dotarsi di un sistema efficiente di valutazione di sistema per
valutare una scuola che dà i voti e ne fa la "media" persino con i punteggi delle prove Invalsi in un
contesto di gravità istituzionale qual è (o era) l'Esame di Terza media ridotto a cabala spannometrica?
Quando ri/cominceremo a denunciare la schizofrenia istituzionale e normativa fra indicazioni e
regolamenti che ci chiedono di continuare a fare una scuola (democratica e inclusiva) come quella
delineata - con maggior o minor coerenza ed efficacia - in tutti i documenti programmatici, dalla
riforma della scuola media unica del 1963 e (con colpevole ritardo) dai "Nuovi programmi per la scuola
media" del 1979 alle Indicazioni per il curricolo della scuola di base del 2012 (ma sulla coerenza degli
impianti previsti per le scuole secondarie di II° dell'era gelminiana ci sarebbe da discutere, e invece si
tace..) e i provvedimenti, ora anche le norme come quelle sulla valutazione che prefigurano una scuola
del tutto diversa (meritocratica e selettiva)?
E allora da dove si potrebbe cominciare, per farsi ancora e di nuovo ascoltare su un tema che a molti è
venuto quasi a noia?
Forse dalle norme?
La valutazione precede, accompagna e segue i percorsi curricolari. Attiva le azioni da intraprendere, regola quelle avviate,
promuove il bilancio critico su quelle condotte a termine. Assume una preminente funzione formativa, di
accompagnamento dei processi di apprendimento e di stimolo al miglioramento continuo.
Da MIUR, Indicazioni per il curricolo della scuola di base, 2012.
Si potrebbe ripartire dalle norme vigenti per ricordare agli insegnanti di scuola primaria e secondaria di
I grado che, ai sensi della L.169 del 30 ottobre 2008 - conversione in legge del DL 137/08, la
prescrizione di valutare “mediante l'attribuzione di voti espressi in decimi” riguarda “la valutazione
periodica ed annuale degli apprendimenti degli alunni e la certificazione delle competenze da essi
acquisite” e non già la valutazione in itinere, della quale la legge non si occupa in dettaglio metodologico
(né potrebbe) mentre sia il “Regolamento recante coordinamento delle norme vigenti per la valutazione
degli alunni e ulteriori modalità applicative in materia” (D.P.R. 22 giugno 2009, n. 122) sia le ormai
ampiamente note Indicazioni per la scuola di base raccomandano l’esercizio della valutazione
formativa, il ricorso a una pluralità di strumenti in nome della complessità dei processi educativi e della
relativa rendicontazione intermedia e finale.
Sì, si potrebbe ri/partire da qui anche perché, se è giusto attribuire al Parlamento la responsabilità di
aver reintrodotto i voti sulle pagelle, è giusto che gli insegnanti si assumano quella di averli reintrodotti
sui quaderni e sui diari!
Oppure dai raduni internazionali?
Oppure si potrebbe partire dai molti contesti in cui viene ribadita l’inutilità o peggio la nocività dei voti.
Uno, importante, ci è stato recentemente segnalato da Giovanni Fioravanti.
Si tratta dell’ "Equinox Summit: Learning 2030",
organizzato dal WGSI (Waterloo Global Science Initiative) che si è svolto l’autunno scorso in Canada, a
Waterloo, nell’Ontario, e “ha riunito i maggiori leader in materia di istruzione, i migliori professionisti
dell’insegnamento, ricercatori e politici, insieme ai giovani studenti di quelle scuole che nel mondo
hanno innovato i processi di apprendimento”.
Non più voti, non più esami. I risultati dell’apprendimento vengono misurati attraverso una valutazione qualitativa delle
competenze che documentano l’intera esperienza dello studente, piuttosto che misurare singole e isolate performance.
Queste valutazioni sono condotte in modo collaborativo tra alunno, insegnanti, compagni, genitori e talvolta mentori
esterni alla scuola. Si tratta di valutazioni personalizzate che fanno parte del regolare processo di apprendimento degli
studenti, dove una particolare attenzione viene riservata alla capacità dello studente di portare a completamento anche
progetti complessi. Come risultato gli studenti sanno in ogni momento quali sono i loro punti di forza, dove hanno spazio
per migliorare, e come stanno affrontando i loro progressi.
da Giovanni Fioravanti, "Obiettivo 2030, la scuola del futuro nasce ora" da www.ferraraitalia.it
Prosegue Fioravanti: “Un raduno senza precedenti a cui hanno partecipato 33 rappresentanti di tutti i
continenti, espressioni di diverse realtà socioeconomiche, per comporre una prospettiva
sull’apprendimento veramente globale e intergenerazionale. Per disegnare una road map dei
cambiamenti percorribili, convinti che ogni bambino, non importa dove viva nel mondo, possa
sviluppare le competenze necessarie alla propria cittadinanza nel 2030.
Sono gli strumenti del pensare creativo, indipendente, critico, rigoroso, dell’agire in modo collaborativo,
nella piena consapevolezza di sé e del contesto sociale ciò che dovranno saper fornire di norma i sistemi
scolastici del mondo.”
E tra le modalità di lavoro individuate, a proposito di valutazione, quella riportata a lato - “Non più voti,
non più esami” - è l’indicazione che emerge dal summit.
Ma certamente ai molti insegnanti italiani di che cosa fare per preparare la scuola del 2030, interessa
poco: preme di più la certezza che con i voti gestiscono meglio, a loro dire, quella del 2014. Il futuro si
sa… è in altre mani!
Oppure dall'ostinato stupore di alcuni?
Intendo l’ostinato stupore di chi ha tuttora la coerenza di ricordare quanto sia assurdo dare voti e al
contempo reclamare competenze.
“Siamo in molti a non capire quale reale necessità ci fosse di ritornare al voto nelle istituzioni scolastiche del primo ciclo, invece di
passare al suo superamento in quelle del secondo! Superamento atteso, auspicato e preparato in migliaia di corsi sulla valutazione
proprio in questo grado di istruzione. […] Ovviamente, l’ironia serve a poco a fronte degli incompetenti e … guarda caso, proprio
in un momento in cui da più parti ci chiedono di muoverci verso le competenze, e non per una moda del momento!”
Da Maurizio Tiriticco, "Dei voti e dell'incompetenza", 2008, in www.edscuola.it.
Eh sì, perché in alcuni (molti non direi!) ci si era davvero illusi che l’avvento delle competenze sancisse
finalmente l’abbandono dei voti nella scuola superiore a vantaggio di forme di valutazione descrittiva e
documentale, più in uso nella scuola primaria e invece di ritrovarci quella a imitare questa, ci siamo
ritrovati questa a scimmiottare quella, menando fendenti di voti a man bassa!
E bene fa Maurizio Tiriticco, in un articolo ormai di qualche tempo fa, a rammentarne l’incompetenza ,
se non altro in ossequio dei molti anni trascorsi ad applicare norme che impedivano di considerare
“voti” i giudizi sintetici della scuola di base! Com’era dal 1974! Ma che si sia in molti non direi. Forse
molti lo pensano, ma certamente pochi lo dicono! Soprattutto fra coloro che hanno responsabilità
istituzionali.
Ci si difende affermando che… lo dice la legge. Ma, oltre al fatto che è vero solo in parte, non è requisito
essenziale della democrazia contestare le leggi che si ritengono sbagliate e provare a cambiarle? O
questa è di quelle regole che non valgono più? Oppure si teme l’area di vasto consenso che i voti hanno
nella "pubblica opinione, come del resto ogni retaggio simbolico o reale della scuola trasmissiva
tradizionale?
Oppure dalle medaglie al merito?
Imparare facendo
Un altro elemento base del Metodo Scout è il concetto di educazione attiva, o più semplicemente, imparare facendo, che
è diventato una pietra angolare dell’educazione moderna. Questo concetto appare tra le righe del fondatore che l’ha
sistematicamente sottolineato: “un ragazzo è sempre pronto a fare piuttosto che ad imparare”. L’idea, nello Scautismo,
che si deve imparare con l’osservazione, la sperimentazione e l’attività personale, venne lodata dalla Dr. Maria
Montessori, una delle maggiori autorità nel campo dell’educazione attiva. Quando le venne chiesto in che maniera il suo
sistema avrebbe potuto essere applicato ai ragazzi dopo l’età infantile dei sei, sette anni, la Dr. Montessori replicò ”Voi in
Inghilterra avete i Boy Scout, e le loro attività sono la naturale continuazione di ciò che io do ai bambini”.
Da Da “Regolamento CNGEI. I principi generali dello scautismo”, in www.cngeisezionetaranto.it
Oppure si potrebbe parlare dell’assurdità di decidere di dare medaglie e gagliardetti al merito, come
abbiano ricordato qualche settimana fa, in un editoriale di insegnare, a proposito dell'esecrabile
progetto "Mimerito".
Si potrebbe indagare sulle ragioni che hanno indotto alcuni a farlo, scomodando persino l’etica
educativa degli scout!
Che la vita degli scout sia corredata da gagliardetti e inserita in una struttura gerarchica di tipo
piramidale è noto. Forse non è legittimo dedurne che debba ispirarsi a pratiche valutative di tipo
meritocratico e competivo!
Piuttosto sarebbe interessante indagarne il nesso con alcune delle
opzioni pedagogiche più innovative del secolo scorso. Si possono leggere, al riguardo, le note poste a
lato, tratte da “I principi generali dello scoutismo”
E quanto potesse essere lontano l’insegnamento della Montessori dalla pratica valutativa che si
esprime in misurazioni, lo possiamo far dire ai suoi epigoni moderni.
Le verifiche di noi insegnanti sull’attività dell’alunno vertono principalmente sull’osservazione, con rari e delicati
interventi diretti; da essa scaturisce il quadro di valutazione.
Nell’attività di verifica e valutazione dell'alunno, consideriamo i seguenti aspetti:
o capacità di scegliere autonomamente una attività;
o tempo di concentrazione;
o ripetizione dell’esercizio;
o capacità di svolgere organicamente l’attività;
o capacità di portare a termine in modo autonomo il lavoro intrapreso;
o livello di autostima;
o rapporto con gli altri;
o rispetto delle regole;
o disponibilità e partecipazione.
Tali osservazioni che non prescindono mai dal rispetto della personalità e dei tempi di sviluppo del bambino, aiutano noi
insegnanti a non assumere il facile ruolo di giudice che emette sentenze, ma ci offre la possibilità di poter valutare con
obiettività se il nostro intervento è stato efficace.
Da "Verifica e valutazione", Opera Nazionale Montessori, www.operanazionalemontessori.it
Oppure dagli allievi di Don Milani ...
Certo si potrebbe ri/partire dagli allievi di Don Milani, ma quelli, si sa, erano estremisti, persino
pacifisti!
A poco a poco abbiamo scoperto che questa è una scuola particolare: non c'è ne voti, né pagelle, né rischio di bocciare o
di ripetere. Con le molte ore e i molti giorni di scuola che facciamo, gli esami ci restano piuttosto facili, per cui possiamo
permetterei di passare quasi tutto l'anno senza pensarci. Però non li trascuriamo del tutto perché vogliamo accontentare
i nostri genitori con quel pezzo di carta che stimano tanto, altrimenti non ci manderebbero più a scuola.
Comunque ci avanza una tale abbondanza di ore che possiamo utilizzarle per approfondire le materie del programma o
per studiarne di nuove più appassionanti.
Questa scuola dunque, senza paure, più profonda e più ricca, dopo pochi giorni ha appassionato ognuno di noi a venirci.
Non solo: dopo pochi mesi ognuno di noi si è affezionato anche al sapere in sé ...
Da Lettera a una professoressa
Oppure dai… grandi maestri
Il riferimento alla Montessori e a Don Milani richiama alla mente la possibilità, per parlare
dell’assurdità dei voti, di far ricorso all'esempio dei grandi maestri del secolo scorso.
In queste settimane abbiamo celebrato i fasti televisivi del maestro Manzi e successivamente abbiano
dato l’addio a uno dei grandi maestri italiani della seconda metà del Novecento, Mario Lodi.
Che cosa pensassero entrambi dei voti è noto ed è stato ricordato anche su queste pagine. Ma anche su
questi "esempi", l’ipocrisia del panegirico approda raramente alla coerenza dell’imitazione. E così
proseguendo potremmo ricordare tutta la pedagogia dalla fine dell’Ottocento a tutto il Novecento…
Ma a che servirebbe contro l’arroganza degli incompetenti? Di coloro che non leggono, che sanno già
tutto, che fondano le loro certezze nel “Si è sempre fatto così” e se si obietta che non è vero, tra le righe ti
dicono o ti fanno capire che loro, in fondo, i voti li hanno sempre dati. Più o meno camuffati da giudizi,
lettere, punteggi…
Ma perché accade?
Ma se le cose stanno almeno in parte così, perché tutto ciò accade? Perché i genitori continuano a
chiederli, gli allievi a fregiarsene (alcuni, o a fregarsene, altri) e gli insegnanti a far finta di essere
costretti a darli in virtù e per mandato dalle norme vigenti…
Le spiegazioni potrebbero essere molte da quelle apparentemente più semplici, a quelle più complesse.
A noi basterebbe che tutti si ponessero questo interrogativo, senza barricarsi dietro l’alibi della legge:
“Perché do i voti?” Perché credo che sia l’unico modo di ridare serietà e credibilità alla scuola… Perché i
genitori e gli stessi allievi me lo chiedono… Perché è giusto sapere ciò che vale e ciò che non vale,
premiare chi fa bene, punire e stimolare chi fa male…
Oppure perché ho bisogno di qualche certezza, in una scuola sempre più debole, di fronte ad allievi
demotivati e distratti, a contenuti che non li attraggono più… dentro spazi e con strumenti ormai
anacronistici… Il voto, almeno, è chiaro, lapidario, trasparente, sicuro… oggettivo. Sappiamo bene che
non è vero, che basta cambiare aula, sezione, scuola, quartiere, città, regione… perché un “compito” che
qui prende un dato voto altrove ne prenda uno anche radicalmente diverso. Ė sempre stato così! Il voto
non è per nulla chiaro, trasparente, sicuro, non è per nulla oggettivo. Lo sappiamo bene, ma
continuiamo a fingere di non saperlo. Perché è lapidario. E poi neppure tanto, con tutti quei quasi e
meno meno che lo sfumano verso dal al, e il mezzo, e il più più, e il più di quello di sotto…
E allora…
Si potrebbe concludere con la sensazione e la speranza che qualche crepa si stia aprendo nel fronte
compatto di chi applica la legge o si è fatto un alibi del doverla applicare. Comincia a serpeggiare il
sospetto che in fondo ai ragazzi e purtroppo anche ai bambini, ormai interessi più soltanto “Quanto ho
preso” e non “Che cosa abbiamo fatto”, “Che cosa ho capito”, “Che cosa vorrei capire domani…”. Che
siano sempe più alieni da quel mitico “…dopo pochi mesi ognuno di noi si è affezionato anche al sapere
in sé ... “ dei ragazzi di Barbiana.
Si potrebbero allora raccogliere testimonianze come quella posta qui sotto che aprano la speranza che si
allarghi la schiera di coloro che dissentono e magari sono pronti a chiedere che anche quella legge e non
solo le sue applicazioni esasperate sia finalmente cambiata…
Chiudere i bambini in un numero
“Non sono stata capace di dire no. No ai voti. Alla separazione dei bambini in base a quello che riescono a fare. A chiudere
i bambini in un numero. Ad insegnare loro una matematica dell’essere, secondo la quale più il voto è alto più un bambino
vale.
Il voto corrompe. Il voto divide. Il voto classifica. Il voto separa. Il voto è il più subdolo disintegratore di una comunità. Il
voto cancella le storie, il cammino, lo sforzo e l’impegno del fare insieme. Il voto è brutale, premia e punisce, esalta ed
umilia. Il voto sbaglia, nel momento che sancisce, inciampa nel variabile umano. Il voto dimentica da dove si viene.
Il voto non è il volto.
I voti fanno star male chi li mette e chi li riceve. Creano ansia, confronti, successi e fallimenti. I voti distruggono il piacere
di scoprire e di imparare, ognuno con i propri tempi facendo quel che può. I voti disturbano la crescita, l’autostima e la
considerazione degli altri. I voti mietono vittime e creano presunzioni.
I voti non si danno ai bambini. In particolare a quelli che non ce la fanno”.
Da "Chiudere i bambini in un numero", in http://comune-info.net
Oppure come questa, che stigmatizza l'iniziativa "Mimerito" con considerazioni che non possiamo che
condividere pienamente.
Com’è vecchia e triste e povera e priva di attrattive la scuola delle medaglie che quella proposta configura.Triste perché
somiglia troppo a una pista grigia e spoglia in cui si corre tutti nella stessa direzione come in un girone infernale.Triste
perché ci sono i primi e gli ultimi che spesso restano tali per sempre, perché l’ allenamento non può modificare
sostanzialmente la muscolatura di cui ciascuno è dotato.Triste perché molti non si appassioneranno mai a gareggiare per
una misera medaglia e altri si sentiranno a disagio pensando che ogni medaglia vinta è una medaglia sottratta al
vicino.Triste perché chi inciampa e cade rimane fuori gioco e chi corre per la medaglia non può fermarsi a soccorrere chi
inciampa e cade.
Da "Non un campo di gare ma un giardino", in http://scuoladelgratuito.wordpress.com
Mondi e pensieri con cui riaprire dialoghi, speranze, prospettive, per salvare ciò che di serio e vero la
scuola davvero può ancora rappresentare ed essere.
Nei prossimi giorni pubblicheremo su questo argomento alcuni articoli usciti sulla versione "cartacea"
di insegnare.
Intanto, attendiamo commenti, opinioni, narrazioni, prese di posizione!
M. Ambel da Insegnare
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