Corte Una parodia, un western, un apologo metafisico, forse solo un gioco da ubriachi sulla condizione umana dei nostri tempi. Citando l’amato Samuel Beckett, Franco Branciaroli parla dell’angoscia di vivere e, a sorpresa, porta i suoi impagabili protagonisti (rigorosamente citati in locandina in ordine anagrafico) verso un possibile happy-end. Dal 26 gennaio al 31 gennaio Dipartita finale Franco Branciaroli regia di Franco Branciaroli Per saperne di più leggere vedere ascoltare Finale di partita di Samuel Beckett (Einaudi) Brutti sporchi e cattivi (1976) di Ettore Scola With a Little Help from My Friends di The Beatles Auto da fè di Elias Canetti (Adelphi) Amici miei (1975) di Mario Monicelli La pazzia senile di Adriano Banchieri La leggenda del santo bevitore di Joseph Roth (Adelphi) Le cinque stagioni (1976) di Gianni Amico L’isola dei morti di Sergej Rakmaninov Lungo il Tevere in un Tempo/Spazio indefinito, resti di umanità atIl testo tendono la Fine. Una fine. Pol dorme sempre, sonnecchia in un letto sfatto e ciò nonostante riesce a farsi obbedire da Pot che non dorme mai e subisce ogni tipo di vessazione perché non ha il coraggio di abbandonarlo. Forse si amano. Il Supino, che crede di essere Eterno, Immortale, parla solo con Pot, bisbigliando. Forse Pot è l’unico che lo capisce. Sono insieme per necessità e per un Destino. Pol e Pot si agitano per cercare una “Fine” desiderata con timore, mentre il Supino immobile pensa e ripensa al senso della sua esistenza. Sono tre personaggi ai margini della vita, cui si aggiunge la “Morte”, la cui ironia piace poco al Supino. Forse la Morte cerca solo un posto per dormire. La fine del mondo si avvicina. Il Supino aspetta il messaggio da un gruppo di “Immortali” che vaga per l’universo alla ricerca di nuovi mondi da soggiogare. Una storia “lunare”, più che assurda, di quattro avanzi di una futura e immaginaria società che mette a nudo la speranza, vera forza dell’umano, facendola emergere dalle necessità che la medesima natura impone, da bisogni primari e con una leggerezza tipica delle cose essenziali. Prendendo le mosse dal Finale di partita becketLo spettacolo tiano, cui rende omaggio già nella scelta stessa del titolo, Franco Branciaroli concepisce lo spettacolo come un circo ragionato, nella cui struttura vengono inserite riflessioni di autori di cui il teatro si è nutrito e corroborato: da Shakespeare a Calderon, ma anche Testori, Pasolini, Nietzsche e Keats. «A questo si aggiunge la bravura degli interpreti, veterani del palcoscenico, il cui talento si dimostra inesauribile e gratificante perché fonte di costante ricchezza» (“Teatroteatro.it”). «Un sogno ironico, sconclusionato e impietoso con cui Branciaroli ci parla del nichilismo dei nostri tempi, dell'azzeramento dei valori, della morte di Dio, della rimozione della morte, delle promesse illusorie della scienza... della nostra condizione esistenziale. Con la superba prova dei quattro interpreti che portano in palcoscenico una straordinaria leggerezza e si divertono a giocare e a burlarsi del peso degli anni» (“Brescia Oggi”). «Branciaroli si presenta con la spavalda versatilità di un autore-attore che indossa la sghignazzante maschera di una Morte medievale. E tutto si consuma in una superba cavalcata degli inferi destinata in apparenza a finire, ma per subito ricominciare. Acchiappando insieme risate e applausi» (“Il Giornale”). «Se il registro è quello del grottesco e dell’assurdo, forieri di non poche risate, lo spettacolo si dipana coma una riflessione sulla condizione umana o, meglio ancora, sulla condizione dell’uomo moderno, per il quale l’eternità è forse a portata di mano, mentre continua a sfuggire il significato vero del nostro esserci, soffrire, morire. Branciaroli rilegge con sensibilità il testo di Beckett, facendo propria la lezione del maestro Testori. Non meno bravo è nei panni della morte morente, dove evoca il Totò della Patente pirandelliana. Strepitoso Tedeschi, che dall’inizio alla fine, si muove sul palco come un giovanotto, a dispetto dell’età (ad aprile saranno 96 anni)» (“Famiglia Cristiana”). L’autore Nel triplice ruolo di autore, regista e interprete, Franco Branciaroli (Milano, 1947) rende omaggio agli autori teatrali della sua vita e con la classe che gli compete coniuga sul palcoscenico la sua convinzione che «l’opera d’arte (sperando che sia arte) deve essere capace, oggi, di suscitare in qualcuno la convinzione che in essa sia presente quel senso ultimo del mondo che è il trovarsi privi di Dio; e naturalmente la disperazione che ne consegue». produzione CTB Teatro Stabile di Brescia Teatro de Gli Incamminati interpreti (in ordine anagrafico) Gianrico Tedeschi Ugo Pagliai Franco Branciaroli Maurizio Donadoni e con Sebastiano Bottari scene Margherita Palli luci Gigi Saccomandi SOCI ISTITUZIONALI COMUNE DI GENOVA si ringrazia Liguria REGIONE LIGURIA