GIOVEDÌ 9 GENNAIO 2014 CULTURA & SPETTACOLI IL GIORNO - Il Resto del Carlino - LA NAZIONE Le parole non servono Familie Flöz superstar A Firenze le maschere più famose del mondo AL METASTASIO DI PRATO Branciaroli denuncia la megalomania In scena il teatro verità · PRATO FRANCO Branciaroli torna al Metastasio Stabile della Toscana e propone da stasera fino al 12 gennaio «Il teatrante» di Thomas Bernhard, uno dei massimi scrittori del Novecento. Un testo raramente rappresentato in Italia, che Branciaroli ha scelto perchè «Bernhard è il più grande drammaturgo europeo. Il testo è bellissimo e divertente. La difficoltà con Bernhard è data dal fatto che non devi sbagliare gli attori, perchè lui scrive sugli attori. Ma non vuole essere un incensamento personale». Lo spettacolo, di cui ne è regista e protagonista nei panni di Bruscon, megalomane attore-capocomico di una compagnia familiare, arriva al Met accompagnato da successo di pubblico e di critica. «Il tema fondamentale è la megalomania del protagonista. L’attore parla di se stesso, della commedia scritta da lui ‘La ruota della storia’ che deve rappresentare in un’osteria austriaca. Bruscon è un uomo come quelli del Rinascimento, uomini che possono fare più cose. La differenza con loro è che a Bruscon non gli viene data la possibilità di attuare la sua idea. Il vero dramma di oggi individuato da Bernhard è che uno non riesce neppure a partire, soccombe per eccessiva grandezza». Non è un vero monologo, perché «insieme a Bruscon ci sono 9 attori, ma si staglia la sua figura sulle altre perché è megalomanesco. L’altro personaggio con cui divide la scena è l’oste (il pratese Daniele Griggio). Siamo di fronte a una situazione pirandelliana: una famiglia di attori nella quale l’autore-capocomico è il padre». Uno spettacolo da non perdere. Specialmente per il pubblico delle scuole che secondo il grande artista non può limitarsi ai classici perché «i ragazzi si adattano meglio e capiscono più velocemente». A maggio Branciaroli debutta allo Stabile di Brescia in «Enrico IV» di Pirandello. Sara Bessi ne li porta verso distese insospettate dello spazio e nei loro abissi più oscuri. Mascheroni teneri che si avventura in maniera sempre più approfondita nel vasto mondo del non-verbale e nell’esplorazione di un nuovo linguaggio teatrale. Le maschere diventano sempre più il sismografo dell’anima, capaci in momento di far ridere il pubblico fino alla lacrime e in quello successivo di dare l’impressione che lo scorrere del tempo si sia fermato. Titti Giuliani Foti · FIRENZE UNA FAMIGLIA eterogenea e bizzarra, è venuta alla luce dal ventre buio della terra attraverso un profondo pozzo. E’ l’immagine scelta dai fantastici Familie Flöz nel 1996 per identificarsi nella scena teatrale internazionale. E’ l’essenza di una formazione in costante mutamento, e del loro particolare metodo di ricerca. Così tornano a Firenze, al Teatro Verdi da stasera a domenica 12 gennaio l’unico spettacolo in Italia dopo Berlino, i mascheroni teneri e fintamente immobili dei Familie Flöz con uno spettacolo dal titolo «Garage d’or» che racconterà noi. Cioè dell’impotenza dei padri, della potenza delle circostanze e del sogno e dei desiderio di libertà. Uno spettacolo che si muove nello stretto Un momento di Garage d’Or DOPO BERLINO Da oggi a domenica il nuovo spettacolo «Garage d’or» della cucina di casa e dove il cielo si restringe sulle teste di Bruno, Lothar e Hermann e si addensa il desiderio di evadere dal mondo terrestre. Una voglia di fuggire da mogli esigenti, da figli disadattati, dalla una vita solo in apparenza fallita. Al Verdi il grande palcoscenico riesce a contenere tutti i loro sogni. Alla presentazione Giovanni Vernassa — che con Bertini è il patron del teatro — riconosce la partenza del gruppo. E l’intuito di Savelli e Mordini del Teatro di Rifredi che per primi li vollero sul palcoscenico. I Familie Flöz sono spinti dai sogni proibiti e aprono una porta che non potranno più chiudere. La loro missio- 37 il caffè “ LA FILOSOFIA E’ UNA RISATA In scena l’impotenza dei padri, la potenza delle circostanze, e il desiderio di libertà Michael Vogel. L’ignoto è sempre collegato a momenti drammatici. «I nostri cambiamenti in realtà sono semplici», spiega Hajo Schuler seduto vicino al manger della compagnia, Gianni Bettucci. E’ il trionfo del teatro di maschera: Familie Flöz crea esperienze teatrali poetiche. E ha la capacità unica di raccontare amore, intrighi, di far ridere e sorridere, rimanere incantati ed emozionarsi senza mai dire una parola. GARAGE D’OR è un’opera di Anna Kistel, Björn Leese, Benjamin Reber, Hajo Schüler, Kenneth Spiteri e I mascheroni di Family DA DOMANI AL MUSEO ALINARI DI FIRENZE: PRESENTE BEATRIX LENGYEL E CLAUDIO DE POLO SAIBANTI Lo sbarco degli Alleati: le foto di Capa nel 70˚ anniversario · FIRENZE SETTANTAMILA foto scattate in quarant’anni di vita da Capa, di queste sono 78 le fotografie che arriveranno in mostra a Firenze dopo essere passata da Roma, con il titolo “Robert Capa in Italia 1943 – 1944”, al museo Alinari di Firenze, dal venerdì al 30 marzo. Una mostra che racconta il 70˚ anniversario dello sbarco degli Alleati attrarverso gli scatti di questo grande fotografo, corrispondente di guerra in Italia. Un percorso nel cuore del conflitto, dallo sbarco in Sicilia fino ad Anzio, da luglio 1943 a febbraio 1944, con la resa di Palermo, il funerale delle giovanissime vittime delle Quattro Giornate di Napoli, la fuga sulle montagne, o l’accoglienza dei soldati alleati a Monreale. Molte fotografie di Capa, considerato da molti padre del fotogiornalismo, sono impresse nella memoria collettiva come frammenti del Ungherese, ideatore di questa mostra della memoria assieme a Fratelli Alinari. Nelle immagini i volti di soldati e civili con i quali il corrispondente di guerra in Italia racconta la guerra fotografati da quell’Endre Erno Friedmann, che con il nome di Robert Capa, ha trascorso la sua breve ma intensa vita finita a 40 anni su una mina in Indocina, a documentare in prima linea ogni genere di conflitto. I soldati si concedono una pausa IMMAGINI Vita e morte raccontate dalla grande umanità di un inviato di guerra Un soldato schiva le mine XX secolo. Tessere di un simbolico mosaico degli istanti che separano vita e morte e delle atrocita` delle cinque guerre di cui fu testimone. Grazie alla delicatezza, all’umanità, alla spontaneità e alla sensibilità dei suoi scatti, intere generazioni di fotografi hanno compreso come sia possibile immortalare i dimenticati e gli ulti- mi nell’intimità degli attimi di cui si compone una vita, siano di commozione, sollievo, terrore o felicità. Beatrix Lengyel è la curatrice della mostra, Museo Nazionale SOLO, tra i soldati durante lo sbarco degli Alleati in Normandia, seguendo gli eventi della seconda guerra mondiale, Capa, come aveva già fatto in altri conflitti Il suo obiettivo tratta tutti con la stessa solidarietà, fermando la paura, l’attesa, l’attimo prima dello sparo, il riposo, la speranza. Il catalogo è coedizione del Museo Nazionale Ungherese di Budapest e Fratelli Alinari, Fondazione per la Storia della Fotografia.