8 luglio 2015
La Budapest Strings Chamber
Orchestra al Rasi
Il percorso dedicato a Béla Bartók, a 70 anni dalla morte, si
conclude con un concerto tutto ungherese
AGGIORNAMENTO:
La Direzione di Ravenna Festival informa che, a seguito delle incerte
previsioni meteorologiche, il concerto della Budapest Strings Chamber
Orchestra si svolgerà al Teatro Rasi (anziché al Chiostro della Biblioteca
Classense come annunciato)
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Il percorso di Ravenna Festival dedicato al grande Béla Bartók, a 70 anni dalla
morte, si conclude con il concerto tutto ungherese, proposto dalla Budapest
Strings Chamber Orchestra di giovedì 9 luglio ore 21.30 ancora al Chiostro
della Biblioteca Classense. Cinque composizioni nelle quali le influenze
popolari sono evidenti e significative. Ai due estremi opere di due musicisti
ungheresi di nascita, Ferenc Erkel e il suo “Palotás”; e Franz Liszt e la
“Rapsodia ungherese n.2”. Al centro un musicista fatalmente attratto dal
mondo magiaro come Johannes Brahms, del quale si eseguiranno due
“Ungarische Tänze”, la 5 e la 6, rapsodie acrobatiche che, nella trascrizione
per orchestra (gli originali sono pianistici) restituiscono agli archi lo stile dei
leggendari violinisti zigani dei caffè mitteleuropei. Ma, in simmetria (appunto il
secondo e il penultimo brano in programma) ecco due meraviglie appunto di
Bartók, il “Divertimento per archi” e le “Danze popolari rumene” .
La musica popolare è sempre stata la linfa che ha permesso al musicista di
piantare saldamente le proprie radici nel suolo della comunicazione, e di
affermare la funzione al tempo stesso sociale e universale della propria arte.
Ovvero il mezzo attraverso il quale la musica colta è sfuggita al pericolo di
diventare un puro gioco intellettuale. Del resto, molti fra i più importanti
cambiamenti stilistici della storia musicale sono partiti da una rinnovata
considerazione verso le tradizioni popolari; come ha appunto ampiamente
dimostrato Béla Bartók. Il programma presentato dalla Budapest Strings
Chamber Orchestra declina significativamente questa realtà.
Così l’inizio è significativamente affidato a quella che per gli ungheresi è un
vero e proprio simbolo nazionale, la “Palotás” di Ferenc Erkel, compositore
legato al sentimento nazionale ungherese come Verdi lo è per quello italiano,
che in questa pagina innalza una danza popolare (sostanzialmente una
czarda) al rango aristocratico, trasformandola nella danza d’apertura dei balli
della nobiltà ungherese.
D’altra parte il fascino esercitato dalla musica popolare ungherese su
Johannes Brahms è indiscutibile; complice l’amicizia con il violinista magiaro
Eduard Remény, che il giovane compositore accompagnava al pianoforte. Non
tutte le sue 21 Danze ungheresi (le prime 10 pubblicate nel 1869, le altre nel
1880), originariamente per pianoforte a quattro mani, sono ispirate a temi
folkloristici, ma anche quando scaturiscono dalla fantasia dell’autore hanno un
inconfondibile sapore “ungherese”. La quinta e la sesta sono le più celebri,
capolavori di straordinaria vivacità che hanno sopportato indenni decenni di
trascrizioni e adattamenti.
Certamente più complesso e articolato è il rapporto di Béla Bartók con la
musica folklorica, che da pioniere si occupò per molti anni di registrare e
raccogliere sistematicamente con vere e proprie ricerche sul campo, per poi
rielaborarla e “ricrearla” nella propria opera compositiva. Con un intento che
superava i confini nazionali, tendendo verso un’ideale fratellanza dei popoli.
Ne sono un esempio le “Danze popolari rumene”, originariamente concepite
per pianoforte, nel 1915, e due anni dopo rivisitate per orchestra. In una
versione che oltre ad appropriarsi delle intrinseche strutture melodiche
popolari ricostruisce i suoni e i colori dell’espressione originale, conferendo
evidenza plastica ai ritmi di danza contadina in un contesto armonico del tutto
moderno. L’irregolarità ritmica derivata dallo studio della musica folklorica
viene ad insinuarsi anche nel “Divertimento per archi” che Bartók compone nel
1939, pochi mesi prima dello scoppio della guerra e quindi del suo esilio
volontario negli Stati Uniti. In molte occasioni si è cercato di stabilire una
correlazione fra questo brano e le vicende biografiche di Bartók, individuando
nella partitura una specie di fuga ideale rispetto alla prospettiva dell’esilio, o
invece un presentimento angoscioso di questo, soprattutto nel movimento
centrale. In realtà il contenuto del “Divertimento” è segnato da quella tendenza
purificatrice e in qualche modo neoclassica che ha progressivamente
innervato la poetica di Bartók nel corso degli anni Trenta. Il termine
neoclassicismo ha, in questo caso, un significato piuttosto specifico, per il
richiamo palese a tecniche di scrittura barocche e classiche. Il fascino di
questa partitura risiede nelle modalità secondo le quali Bartók riesce a
coniugare questi criteri di scrittura con un materiale tematico costruito secondo
i principi del canto popolare, ungherese e non; ma anche nella trasparenza del
tessuto degli archi e nei procedimenti di inversione e combinazione delle idee
musicali.
Al patrimonio zigano si rifà invece Franz Liszt nelle sue 19 Rapsodie
ungheresi (composte tra il 1846 e il 1854) che egli stesso definisce "una
specie di epopea nazionale della musica zigana" identificando in essa l’origine
del gergo musicale ungherese, convinzione che gli valse la riprovazione della
patria. La “Seconda Rapsodia, in do diesis minore”, decisamente la più
celebre (utilizzata più volte sia al cinema, compreso il cartoon “Jerry pianista”
della serie “Tom & Jerry”, Oscar nel 1946; che in spot pubblicitari), si ispira alle
sezioni della czarda.
Collegamento sorgente: http://www.ravenna24ore.it/news/ravenna/0059996-budapest-stringschamber-orchestra-ai-chiostri-della-classense