direzione didattica 1° circolo – brescia corso di aggiornamento di

DIREZIONE DIDATTICA 1° CIRCOLO – BRESCIA
Area 2 – F.O. : PIANO AGGIORNAMENTO
CORSO DI AGGIORNAMENTO DI EDUCAZIONE MUSICALE
FISICA, PSICOLOGIA E PEDAGOGIA DEL SUONO
relatore: Filippo Fornari
MAGGIO 2000
"... E' dopo aver tanto visto che ho compreso come si potessero dire le cose anche in modo
differente da come mi avevano insegnato, che si poteva disegnare con linguaggi differenti dal
mio, che non ero obbligato per esempio a rappresentare un occhio con tutti i dettagli di ciglia,
orbite e pupille, ma che potevano bastare due piccoli fori o magari due tappi di bottiglia."
Pablo Picasso
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corso di aggiornamento di educazione musicale: fisica, psicologia e pedagogia del suono – Scuola E.Rinaldini – Brescia – Maggio
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PREFAZIONE
L’educazione alla musica è anche educazione sociale in quanto oltre a creare un cultura
permanente, consente al bambino di vivere o di simulare situazioni sociali e relazionali diverse: la
musica è sì sonorità, ma è anche differenza, è anche e soprattutto comportamento, è relazione
con le identità e le diversità ed in questo senso è in grado di:
- stimolare la sensibilità individuale sia che venga espressa in forma musicale, sia che venga
espressa con altre forme artistiche, scientifiche o matematiche
- stimolare la creatività in tutti i suoi aspetti
- stimolare la socialità ed il rispetto, l’ascolto reciproci
- stimolare una cultura estremamente affascinante e facile da apprendere in modo ludico
- stimolare la relazione con il territorio e quindi la relazione con le diversità
- consentire all’alunno di svincolarsi dal rapporto geografico con l’aula spaziando mentalmente
in scenari più stimolanti
La disciplina della musica (e già la parola “disciplina” richiama tautologicamente tutto
l’impegno che l’alunno deve profondere nella sua acquisizione) consente di riunire in sé molte
altre discipline attraverso collegamenti logici, matematici e culturali ed in questo senso sarebbe
interessante che essa, bistrattata da un sistema scolastico poco sensibile, divenisse quello che
Frabboni (“Tre-sei anni, l’esperienza musicale”, ed.Ricordi) definisce come un “patto ideologico”
che traccia le linee di intervento in una scuola sui molteplici fronti nei quali è istituzionalmente
impegnata: sociale, culturale, metodologico, laddove da un curricolo fonda i propri presupposti
su di un metodo scientifico, uno stile sperimentale ed una costante interazione tra programma e
programmazione.
La musica, il suono più in generale, attraverso l’approccio ludico, consente, in realtà, di
interagire con l’alunno in aree solo apparentemente molto scollegate tra loro:
- un’area comunicativa e linguistica
- un’area dei linguaggi non verbali (musica, armonia, ritmo, motoria, grafica);
- un’area scientifica ed ambientale
in cui il bambino è esploratore ludico ma assoggettato alle rigidissime regole “sociali” della
musica.
In questo senso a mio avviso l’approccio esclusivamente musicale che è stato dato a
quella che io preferisco definire educazione sonora dalla scuola tradizionale deve lasciare il posto
ad una multidisciplina in cui si prescinda dalle capacità (o abilità) dell’esercizio di uno strumento,
per giungere ad un’educazione più complessiva che prescinda dal contingente per divenire leva
culturale in senso lato, occasione di cultura, curiosità e stimolo con quell’approccio ludico che
solo la musica e l’animazione possono dare. Imparare divertendosi o divertirsi imparando crea
alunni affezionati allo studio e sereni nei rapporti sociali.
Paradossalmente in questo senso il migliore deputato all’insegnamento è proprio
l’insegnante che NON suona uno strumento musicale, quindi prescinde da una sovrastruttura
tecnicistica e rigida (quale è per forza di cose quella della musica così come tradizionalmente
intesa) , ma al contrario partecipa in prima persona alla creazione (nel caso dell’insegnante
ovviamente guidata) della lezione, con il proprio entusiasmo e con la propria sensibilità,
esattamente come accade in orchestra in cui è la sensibilità del singolo a garantire il desiderato
effetto globale, nessuno escluso.
Tuttavia, se non si vuole assistere ad una creatività fine a se stessa e per nulla guidata non
guidata, l’insegnante non può prescindere da alcune nozioni di base che possano consentirgli,
malgrado la non conoscenza della musica di fornire comunque agli alunni strumenti conoscitivi e
dialettici tali da renderli creativi, e sia, ma con una creatività tout court che non si inserisce in
un più ampio contesto di crescita e culturale. Dunque in questo corso analizzeremo determinati
aspetti che ritengo essenziali, relativi a:
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corso di aggiornamento di educazione musicale: fisica, psicologia e pedagogia del suono – Scuola E.Rinaldini – Brescia – Maggio
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-
fisica del suono
storia del suono
psicologia e fisiologia del suono
conoscenza, identificazione e manipolazione del suono.
E tutto ciò verrà fatto nel più semplice dei modi: conoscendo empiricamente ogni aspetto del
suono (e per estensione della musica) ed i suoi elementi di base: ritmo, armonia, melodia e
dinamica al fine di trarne delle più generali regole che saranno, di volta in volte, matematiche,
sociali o anche solo espressione di emotività, intesa nel senso più etimologico del termine.
…il tutto come in un gioco, creando e cercando relazioni a volte insospettabili …
“Educare con il linguaggio sonoro significa concretamente costruire i codici sonori che meglio
rappresentano gli incontri (….) fra le esperienze degli adulti e quelle dei bambini: significa
produrre non come esercizio di stile o retorica grammaticale, ma in una dimensione pragmatica
come opportunità di integrazione fra soggetti interlocutori”. (E.Mammarella op.cit)
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AMBITO PEDAGOGICO
EDUCAZIONE AL SUONO
Michel Imberty rileva nello “Sviluppo del pensiero musicale nel bambino” come sia
importante precisare che sia illusorio credere che si possa studiare il pensiero musicale del
bambino ed il suo sviluppo senza riferirsi ad un sistema musicale preciso, quello con il quale il
soggetto quotidianamente si confronta. Per la nostra cultura occidentale europea –prosegue- si
tratta del sistema tonale, ovvero il sistema basato sulla divisione del suono in ottave composte
da toni e semitono con una precisa regola fisica e matematica.
Senza nulla togliere all’illustre musicologo, lo scrivente ritiene che proprio questo tipo di
approccio così tecnicistico sia quello che ha allontanato gli insegnanti dalla passione per
l’insegnamento della musica ed abbia, di conseguenza, creato generazioni e generazioni studenti
affatto ignoranti in materia. Educazione sonora è ben diversa da “insegnamento di uno
strumento”.
L’alunno particolarmente sensibile ad uno strumento musicale non deve cercare nella
scuola, per altro non attrezzata e non organizzata in questo senso, un luogo ove surrogare la
propria sensibilità: per questo ci sono i conservatori e le accademie di musica! Al contrario la
scuola deve dare una conoscenza di metodologie, cultura necessaria ed una coscienza critica,
tutte cose che prescindono dal sapere o meno (o dal voler o meno) suonare uno strumento
musicale. Questo è il grandissimo equivoco di base che ha messo gli insegnanti nell’impossibilità di
praticare ed insegnare questa disciplina ed ha continuamente insoddisfatto per generazioni le
due tipologie di allievi: i musicisti frustrati da una scuola non in grado di garantire loro una
sufficiente preparazione tecnica ed i non-musicisti costretti a praticare una disciplina a loro
estranea e ad esprimersi in un linguaggio lontano dalla loro sensibilità.
Prosegue l’Imberty: “Ogni sequenza musicale prodotta dal bambino (…) comporta due
elementi di base che danno luogo alla formula: Sm à P + R , dove Sm indica la Sequenza
Musicale, P è il perno e R è un processo dinamico di riempimento”….. sembra di rivivere le scene
del noto film con Robin Williams in cui in università si tagliavano con il tomografo e si pesavano
con la bilancia atomica i versi di una poesia di Shiller, facendone non già una analisi, ma una
vera e propria autopsia.
TAPPE SONORE
Redigere un percorso tipico delle tappe conoscitive di un bambino è la cosa più semplice
del mondo: il bimbo percorre fasi progressive che possono essere riassunte nel seguente
primitive schema di base: lalismo, tatazione, parola, frasi e giochi di parole, canto. In realtà
tutte queste macrofasi sono composte da microfasi in cui l’empiria è la base di ogni nuova
piccola conquista. E’ in questo senso che Stefania Lucchetti (“Quale canto?” Ricordi) parla di
lallazioni musicali per distinguerle dalle lallazioni tout-court del normale processo di
apprendimento del linguaggio.
E’ ben noto il piacere dell’infante nel sentirsi ripetere melodie ripetitive e filastrocche. Con
il tempo esse diventano familiari per il bimbo (Freud esprime il concetto con l’aggettivo Hiemlich
che contiene la radice sassone Hiem-Home, casalingo) che impara a giocare con esse e le
modifica per gioco, spesso adattandole ad altre fasi della sua crescita psicologica: tipici i
riferimenti alla fase anale in cui la filastrocca diviene mezzo per sfogare pulsioni altrimenti
censurate.
Tale esplorazione sonora è rilevabile anche nelle forme di produzione sonora (ad esempio
la ricerca timbrica esercitata con l’utilizzo improprio di oggetti di usi quotidiani): è una innata ed
istintiva tendenza all’imitazione dei suoni della natura come esorcismo di paure, ma anche come
mezzo conoscitivo per l’ambiente circostante.
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E’ facendo leva su questa naturale curiosità (pulsione, secondo Freud) che potremo
indirizzare quello che è un istinto primordiale in una curiosità scientifica finalizzata alla crescita
culturale, prescindendo da quello che è stato fino ad oggi l’approccio musicologico alla
problematica della didattica musicale infantile, quindi prescindendo da problemi di estensione,
tonalità e registro, che saranno la conseguenza (e non il punto di partenza!) di una maturazione
progressiva dell’alunno. Estensione, tonalità e registro saranno dunque appannaggio dei
conservatori e delle accademie, non già di una scuola in cui è fondamentale l’interdisciplinarietà
(intesa come insieme di relazioni e di scenari culturali) per la crescita dell’alunno.
In questo senso ritengo che sia FONDAMENTALE riferirsi a mondi sociologicamente,
psicologicamente ed acusticamente vicini agli alunni. Voglio dire: la pervicacia dell’insegnante a
riferirsi a mondi estranei rispetto all’esperienza degli alunni li allontana vieppiù da una koiné –un
linguaggio- comune. In dettaglio: la sensibilità di un quarantenne abituato ad ascoltare Guccini,
piuttosto che i “Dik Dik” è quanto di più lontano dalla sensibilità di un alunno abituato ad
ascoltare le sigle dei manga giapponesi o, nella migliore delle ipotesi, un indiavolato Rap. Tra i
due non esiste alcuna comunicazione: gli stilemi musicali cui fanno riferimento nascono da
imprimatur affatto diversi ed, in questo senso, l’incomunicabilità è totale ed assoluta.
Per questo motivo l’insegnante deve “recuperare” l’alunno stabilendo con lui una koinè, un
linguaggio comune: quale linguaggio migliore di quello dell’alfabeto musicale, ovvero i suoni nella
loro sostanza?
IN NATURA
Il suono esiste in natura: tutto ciò che l’uomo può, al massimo fare, è scoprirne le
caratteristiche in senso organolettico ed, al massimo, trarre alcune conclusioni (conclusioni: non
regole!) su quelle che sono le esperienze più vicine alla nostra sensibilità.
Ho evidenziato la parola “nostra” in quanto noi occidentali siamo portati ad attrarre verso il
nostro sistema musicale tutta la musicalità espressa nel mondo, dunque ad attrarre la musicalità
verso la scala temperata, mentre esperienza insegna che altri modi musicali, sanno esprimere
forti sensazioni che noi occidentali non siamo semplicemente in grado di percepire. Si pensi (un
esempio valga per tutti) al jazz, genera in cui è privilegiato l’accento sul secondo movimento
della lettura, ovvero l’esatto contrario della tradizione occidentale di accentare i movimenti forti
(primo e terzo) della stessa. Oppure alle “blue notes” del blues, intervalli di nota che non
corrispondono al sistema di semi-tonale della scala temperata.
Il jazz è arte, e questo è evidente: occorre tuttavia – per l’occidentale- spogliarsi della
presunzione del proprio orecchio per cogliere la bellezza di questo genere. Una volta superata la
presunzione della superiorità della propria musica, tutto i resto è arte….
…Chi dice ancora, a questo punto, che la musica, il suono non sono educazione e sociologia?
Scendiamo ancora di un livello, visto che i bianchi sono storicamente portati a
considerare gli “altri” come subumani ed analizziamo il mondo animale e naturale.
E’ noto che gli animali hanno saputo specializzarsi in funzione dell’echos (ambiente)
circostante: questo è valido per l’orbettino cieco (che vive nelle grotte), ma è vero anche per
animali considerati –a nostra sensibilità- di più alto lignaggio. E’ noto che lo squalo basa l’attacco
alle sue vittime su vista, olfatto ed udito. Grazie all’udito lo squalo è in grado di implementare un
sistema di localizzazione di precisione micidiale.
Allo stesso modo gufo e barbagianni cacciano topo nelle notti piò oscure orientando le
orecchie e localizzando la vittima con assoluta precisione. I pipistrelli? Addirittura proverbiali…
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Quanto al gatto, la sua esperienza è fin troppo quotidiana ed evidente per non essere sotto gli
occhi di tutti: il gatto ed il cane, in presenza di rumori “sospetti” orientano le orecchie a 45 gradi
tra di loro riuscendo a stabilire con percezione centimetrica la posizione della potenziale vittima.
Per contro vi sono animali che sfruttano le possibilità offerte dalla natura per comunicare
a grandissima distanza. E questo il caso dei delfini che generano con il loro “becco” un suono
percepibile a chilometri di distanza o le balenottere che sfruttano la stazza del loro stesso corpo
per generare onde sonore percepibili dai loro simili a decine e decine di chilometri di distanza.
Infine: è nota a tutti la capacità dei ciechi di sfruttare il “terzo occhio” nella rilevazione
degli ostacoli sulla strada, il medesimo che utilizzano gli squali con una precisione millimetrica a
decine di metri di distanza.
Strano? Non molto, visto che il meccanismo alla base di tutto ciò è quello del sonar
utilizzato in tutte le navi: dalla portaerei militare al piccolo peschereccio a caccia di un branco
di sardine…
Il sonar è la realizzazione pratica e scientifica del medesimo principio alla base del
sistema di “navigazione” dei citati gufi, pipistrelli, gatti e dei non vedenti: esso si basa sul
principio dell’invio di una forma d’onda (negli esseri umani è la voce o lo stesso rumore dei passi)
ed una rapidissima analisi della sua riflessione nell’ambiente. La risposta ci dà il risultato della
struttura fisica del medesimo: chi non ha mai gridato o lanciato un sassolino in un pozzo o in una
grotta per cercare di determinarne la profondità o verificarne la eventuale presenza di acqua?
Allo stesso modo chi non ha “voce” o chi ha sviluppato altri sensi, per forza o per natura,
manda un messaggio mentale ultrasonico, ma la logica è assolutamente la medesima.
L’AMBIENTE
Molto importante, dunque, per l’uomo, come per l’animale è capire l’ambiente circostante.
In questa senso la percezione sonora è importantissima, eppure spesso la scuola ha bistrattato
l’educazione acustica, intesa come razionalizzazione e conoscenza di un senso che viene
comunque utilizzato da chiunque ma in modo inconsapevole e primordiale.
Un solo esempio basti per tutti.
Ciascuno di noi normodotati, in ogni momento, conosce il proprio aspetto visivo: ogni
momento delle giornata siamo perfettamente consci dei contrasti cromatici dei nostri abiti, della
nostra pettinatura, di certe piccole attenzioni nell’intonazione dei colori addosso a noi. Ma
quando ascoltiamo la nostra voce registrata essa ci appare estranea (Marco Geronimi, Tre-Sei
anni: l’esperienza Musicale, Ricordi Milano).
Dunque noi sappiamo perfettamente come gli altri ci vedono ma non come gli altri ci
sentono!
Eppure sappiamo che con il tono della voce siamo in grado di agire sulla psiche e sulle
emozioni di terzi, calmandoli, eccitandoli, educandoli, terrorizzandoli, insomma interagendo con
questo nostro strumento –che a noi appare estraneo- sui loro sentimenti, molto di più che con il
nostro aspetto visivo che, invece, conosciamo benissimo! In questo senso si parla di doppio
visivo e di doppio acustico.
Il fatto che l’insegnante, come ogni essere umano, sia privato della possibilità di “sentirsi”
se non attraverso le simpatie interne dell’orecchio, può tuttavia educare il bimbo all’ascolto di se
stesso? Credo di sì laddove si educhi l’alunno ad una disciplina in senso astratto e laddove si
possa lavorare in quella che Geronimi definisce un’ecologia sonora, ovvero un ambiente che
consenta di ottenere un panorama acustico ad alta fedeltà, ovvero quello che tecnicamente si
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chiama un ambiente con un buon rapporto S/N (Signal/Noise, ovvero rapporto tra il segnale, la
forma d’onda ed il rumore di fondo).
Quasi utopistico, purtroppo, nelle scuole italiana in cui si è tenuto di conto di tutto, tranne
l’ergonomia delle aule ove si apprende (con fatica) e si insegna (con maggior fatica). Di più: vi
sono a Brescia ed in genere in Italia locali cosiddetti “polivalenti” con un’intrinseca vocazione per
l’utilizzo sonoro (musica, teatro) in cui non vengono per nulla rispettate le regole di una sia pur
minima acustica, le stesse che i nostri avi da duemila anni avevano teorizzato ed attuato. Eh,
già: al tempo non vi erano gli impianti di amplificazione, per cui il silenzio di fondo ed una buona
acustica erano elementi sociali indispensabili. Oggi, invece, grazie alle moderne apparecchiature
di amplificazione è possibile ottenere, spendendo svariati milioni, quello che duemila anni fa i
nostri avi avevano in modo del tutto naturale e senza alcuna spesa.
Il risultato in concreto? Si tende a sentire sempre di più e ad ascoltare sempre di meno,
con il risultato di riempire OGNI spazio di suono: si pensi alla televisione sempre accesa in casa,
magari ad alto volume o a l’orribile rumore di fondo della “musica” accesa nei ristoranti che
costituisce solamente uno “zoccolo ” che eleva il rumore di fondo di una ventina di decibel,
peggiorando sensibilmente il rapporto S/N e trasmettendo a casaccio dei suoni e dei ritmi che
nulla hanno a che fare con il nostro ritmo biologico di un determinato momento (fondamento di
base anche della musicoterapia), nell’esempio specifico: il pranzare.
Il silenzio non andrebbe chiesto, andrebbe reclamato e pretesto come recupero di una
funzione naturale usata in modo distorto negli ultimi anni, da quando esistono i sistemi di
diffusione e di amplificazione sonora, ovvero da quando abbiamo perso il nostro orecchio antico
drogandoci di suoni con dosi sempre maggiori.
Al contrario occorrerebbe dedicare al suono tutta la nostra attenzione che merita, riufiutandosi
di utilizzare impianti stereofonici di qualità mediocre o ascoltare parlato e suono in sale di qualità
acustica mediocre. Il suono, come il colore, la luce, ha un suo design e va, di conseguenza,
progettato. Esso deve essere ergonomico, ovvero a misura di uomo, in questo senso si parla di
ecologia del suono, laddove ecologia è intesa proprio nel suo valore etimologico puro di
interazione ambientale.
Come detto in precedenza la voce è lo strumento con cui si interagisce con una
persona,vieppiù nel rapporto mamma-bimbo, o nei rapporto allievo-insengnante.
L’insegnante accoglie i suoi allievi nel “territorio aula”, ma raramente egli conosce una
grammatica sonora che gli permetta di governare i messaggi prossemici e subliminali nascosti
nella propria emissione sonora. E pensare che il “territorio-aula” è per eccellenza il territorio del
pensiero, quello in cui i bambini debbono essere accompagnati verso nuove esplorazioni.
Esplorazioni di che, visto che già si muovono in questo ambiente con circospezione acustica e lo
giudicano ambiente temibile ed infido non essendo per nulla ergonomico!
Oltre che la qualità del suono occorre verificare anche la quantità dello stesso: se ad un
insegnante capita di vedere una videocassetta delle proprie lezioni potrebbe accorgersi che
spesso si muove troppo rapidamente, parla con troppe parole e ripetendo più volte i medesimi
concetti, anche quelli più elementari che gli alunni hanno già appreso dal primo ascolto (credo
che sia una deformazione professionale, questa), spesso hanno rimi troppo rapidi o comunque
non in sintonia con il bioritmo degli alunni, mettendo questi ultimi di fatto a disagio.
SCHEDA OPERATIVA
OBIETTIVO: migliorare la comunicazione, economizzare le proprie risorse
L’insegnante si muove troppo rapidamente
Sforzarsi di adottare una gestualità più
vicina ai tempi di reazione degli alunni
In classe si parla troppo
Sforzarsi di capire quando un argomento è
stato già recepito da tutti: in questo caso
è possibile evitare la reiterazione con
parole diverse
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La respirazione è accelerata, quindi le pause Sforzarsi di tenere nella dizione ( e quindi
sono troppo brevi e frequenti
nella respirazione) lo stesso ritmo che si
terrebbe scrivendo
E’ possibile effettuare una semplice verifica videoregistrando con una scusa qualsiasi (ma anche
solo registrando in audio) pochi minuti di una propria lezione e rivederli (riascoltarli).
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L’ESPLORAZIONE SONORA
L’esplorazione è una attività che il bambino intraprende in modo spontaneo: si configura
come una ricerca aperta a soluzioni multiple supportata da un forte istinto naturale. Non esiste
esplorazione se, al contrario, l’itinerario è preordinato ed il compito del bambino è “solo” quello di
compiere esperienze sulla base di specifiche mansioni a lui affidate dall’insegnante (Giovanni
Mocchi, op.cit.). La fortuna della disciplina musicale è che la programmazione nel sistema
scolastico italiano, forse anche solo per incuria e disinteresse per la materia, lascia quasi carta
bianca all’insegnante, il quale potrà organizzare con gli allievi una fase di sperimentazione ex
post, ovvero quella in cui sia la classe stessa, sotto la guida dell’insegnante, a cercare di
determinare le regole dei fenomeni dopo averne raccolto una sufficiente casistica.
A seconda della risposta della classe, l’azione dell’insegnante potrà essere orientata ad un
criterio di gradualità: dalla pura spontaneità all’azione guidata, dall’approccio globale all’ambiente
ad operazioni su elementi particolari, dalla ricerca omnidirezionale a quella su aspetti specifici.
In questo senso l’aspetto ludico della ricerca facilita negli alunni l’entusiasmo per la disciplina.
1.
a)
-
Libera esplorazione nell’ambiente circostante
grandi sonorità:
suoni udibili ad orecchio nudo
suoni evidenti
suoni di sottofondo, ovvero quelli cui bisogna prestare attenzione per sentirli
suoni che vengono mentalmente esclusi (un compagno che chiacchera o che scarta una
caramella)
b)
-
piccole sonorità
suoni percepibili solo nel totale silenzio
suoni percepibili avvicinando l’orecchio alla fonte
suoni percepibili solo appoggiando l’orecchio alla fonte (ad esempio il diapason)
suoni percepibili con il fonendoscopio (in questo senso gli alunni possono costruirsi un proprio
fonendoscopio artigianale utilizzando un tubo di gomma di quelli per impianti elettrici –che poi
servirà anche per un altro esperimento- e due bicchierini di yogurt di cui l’uno da appoggiare
sulla fonte sonora e l’altro da portare all’orecchio.
2. Ricerca dei suoni producibili con ciò che l’ambiente fornisce
- Ogni oggetto nasconde sonorità a volte impensabili: un foglio può essere fatto vibrare e
suonare come l’ancia di un sassofono, ma può anche essere strappato, spiegazzato,
graffiato, scosso, arrotolato per farci un salpingo (ovvero una trombetta…)
- Ambienti da verificare: la cucina, la palestra, il cortile all’aperto.
- Verifica e schedatura delle differenti sonorità prodotte da un medesimo suono generato in
punti diversi della medesima aula
- Verifica del cambio di sonorità dell’aula in relazione ad una maggiore o minore presenza di
compagni o con finestre e porte aperte o chiuse
3. Manipolazione degli oggetti ed estrapolazione delle regole
- In una prima fase, come detto, gli alunni dovranno utilizzare propriamente o impropria-mente
alcuni strumenti di uso quotidiano per ottenerne dei suoni. Questo lavoro è seguito da una
schedatura ed in questo senso dividere gli alunni in gruppi può essere di molto aiuto.
- Gli alunni dovranno concentrarsi sulla loro interazione con gli oggetti, essi dovranno dunque
avere uno stretto rapporto con il significato specifico di alcuni verbi (toccare, sfiorare,
premere, percuotere, strisciare, sfregare, accartocciare, strappare, ecc.) e su alcune
caratteristiche fisiche (duro, rigido, molle, liscio, rugoso, freddo, caldo, pesante, leggero,
ecc.). Chi altri dice ancora che l’educazione sonora è una materia avulsa dalle altre?
- La schedatura consentirà, man mano che le squadre leggeranno ai compagni il risultato delle
proprie sperimentazioni, a cercare quelle semplici e poche regole di base valide per tutti gli
oggetti. Alcune domande tipo: “perché il suono della classe cambia quando entrano o
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-
escono un certo numero di compagni di scuola?” (si veda più avanti il concetto di
risuonatore); “perché il suono di un oggetto di metallo è più lungo di quello di un analogo
oggetto ma di legno?” (si veda più avanti il concetto di driver). “Perché questo non è vero
se l’oggetto in metallo è brandito saldamente in mano?” ( quindi non è lasciato libero di vibrare).
Ottenuta una prima schedatura dei singoli oggetti sarà possibile far interagire gli oggetti tra
di loro e vederne le conseguenze: la scatola di legno che aveva un suono cupo e corto
diventa fonte di sonorità per un elastico che rientrava nel gruppo 1 punto B 2 (suoni
percepibili solo avvicinandosi alla fonte). Che interazione c’è stata tra i due oggetti? La
stessa percussione suonata in giardino non ha suonato così forte come nell’aula vuota: che
interazione c’è stata tra oggetto ed ambiente?
Esempio di scheda con esempio di compilazione
SCHEDA DI CLASSIFICAZIONE
MATERIALE:
LEGNO
SK. NUMERO:
LEGNO 01
SUONO:
Secco, corto, non dura oltre la sua generazione
STRUMENTO:
Due manici di scopa
VARIAZIONI:
Nessun altro suono possibile
Le schede saranno raccolte per gruppi omogenei di materiale o, se ritenuta dall’alunno una
classificazione più ergonomica, per lunghezza del suono o per tipologia del suono.
SCHEDA OPERATIVA: alcune indicazioni di strumenti particolarmente sonori
- un elastico suona poco o nulla da solo ma diviene una “chitarrina” se appoggiato ad una
scatola di legno o ad un armadio della classe che ne fa da cassa armonica. Perché
allungando l’elastico il suono diviene più acuto e più corto?
- un palloncino gonfiabile è un’eccellente trombetta se si fa uscire l’aria poco a poco
strozzando l’uscita
- un tubo di plastica di quelli per impianti elettrici è un eccellente conduttore di suoni. Inoltre
se fatto roteare produce un suono molto melodioso che cresce e diminuisce aumentando la
velocità di rotazione (vedi più avanti il laboratorio musicale);
- un bicchierino da yogurt è un’eccellente percussione ed un ottimo trasmettitore di suoni se
attaccato ad un altro con un tubo da elettricista o anche con semplice spago teso;
- una biglia mette in vibrazione una pentola, allo stesso modo anche un pentolino riempito
d’acqua e fatto girare produce, se percosso, un suono melodioso. Cosa succede
aggiungendo e togliendo acqua?
4. Utilizzo ludico
Al fine di non appesantire troppo la ricerca e la compilazione delle schede, si potrà
procedere ad una prima fase auto-organizzativa in cui ogni gruppo proporrà un pezzo musicale
coerente (ovvero con rispetto del tempo e di alcune semplici pause) in più perfetta libertà. Il
pezzo verrà eseguito davanti ai compagni con questi strumenti impropri ma non nella più radicale
anarchia: i bambini dovranno riprodurre a loro scelta alcuni secondi sonori di un ambiente (la
cucina, l’aula, l’officina, la strada, il mercato) e la squadra con la migliore approssimazione
riceverà l’onore di concedere un bis della propria opera. E’ evidente, a questo punto, che
occorrerà interagire con gli alunni e far capire loro che i suoni non sono quasi mai continui, ma
che essi descrivono una realtà composta da istanti sonori.
SCHEDA OPERATIVA
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Approfittando delle bella stagione è possibile fare un primissimo esercizio di attenzione già in
classe. Aprendo le finestre si invitano gli alunni a cogliere i rumori provenienti dall’ambiente
scrivendoli su di un foglio e commentandoli a posteriori. In un primo momento non sarnno pochi
coloro che sosterranno che “non si sente nulla”, ma è solo che la soglia di sensibilità del nostro
udito si è di molto elevata e desensibilizzata a causa della grandissima presenza di rumori e
suoni.
Se qualcuno ha avuto la fortuna di visitare, sia pure per poche ore un deserto, si sarà accorto
che dopo una primissima sensazione di assoluto silenzio, la nostra soglia di sensibilità si abbassa
e percepiamo i più svariati rumori provenienti da ogni dove: a questo punto anche il belato di un
cammello a chilometri di distanza diviene perfettamente percepibile, così come il fischiare del
vento tra i rami di un cespuglio a grande distanza da noi.
Gli alunni annoteranno i rumori su di un foglio e dovranno, contestualmente o successiva-mente
far seguire una breve descrizione o anche solo un aggettivo che ne definisca le caratteristiche.
Nel contempo i ragazzi possono essere guidati a cominciare ad ascoltare se stessi, il suono del
proprio cuore, il suono del proprio respiro ed il frusciare degli abiti.
Uno scenario descritto con i rumori: la cucina
Avendo imparato ad avere attenzione uditiva per l’ambiente circostante è ora possibile
cominciare a “teorizzare” uno scenario inventato in cui, tuttavia, i rumori siano del tutto
realistici, ovvero siano riconoscibili da parte di chiunque.
Gli alunni devono prima sceneggiare la loro realizzazione, ovvero organizzare con un vero
e proprio copione la loro esecuzione, prendendo nota, teorizzando e sintetizzando in una
scenda della durata di un minuto esatto il susseguirsi degli eventi e sancendo a priori per quanti
secondi ciascun evento dovrà manifestarsi. Questo gioco può essere fatto in tutta semplicità
anche con il solo uso della voce: riprodurre un suono sintetizzandolo con un altro strumento o
farlo con la voce nulla cambia alla sostanza: ovvero la capacità dell’alunno di capire il suono,
memorizzarlo, portarlo su di un asse temporale e riprodurlo in modo verosimile per i compagni
utilizzando, magari anche semplicemente suoni e parole onomatopeici.
Tempo
0”
10”
15”
Evento
La mamma entra in cucina
La mamma versa il latte nel pentolino
La mamma prepara il caffè
Rumore da eseguire
Passi, una porta che si apre
Rumore di liquido versato
Rumore del lavello e di acqua versata nella
caffettiera (il suono è più attutito e più corto del
precedente, in quanto il liquido versato è di meno. Su
questo dettaglio probabilmente tutti gli alunni cascheranno la prima volta e sarà l’insegnante a far notare
l’er-rore…)
20”
25”
35”
40”
45”
La mamma accende il gas
Sfregamento di fiammifero o rumore elettrico
della moderna cucina o, infine rumore
dell’accendigas piezoelettrico
Il caffè ed il latte sono sul gas e nel Rumori di fondo vari: passi, armadietti che si
frattempo la mamma scarta la brioche aprono e si chiudono, rumore di carta
ed i biscotti
scartocciata
Il caffè è pronto
Gorgoglìo della caffettiera
La mamma versa latte e caffè
Attenzione alla durata ed all’intensità dei due
diversi eventi! Il caffè è di meno del latte,
dunque il suono dovrà essere più breve, la
tazzina è più piccola della tazza, dunque il
suono sarà di volume più basso.
La mamma porta il caffè al papà che è Passi, porte, tintinnare della tazzina
ancora a letto
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corso di aggiornamento di educazione musicale: fisica, psicologia e pedagogia del suono – Scuola E.Rinaldini – Brescia – Maggio
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50”
La mamma fa
addosso al papà!
60”
FINE
cadere
la
tazzina Evento comico finale, giusto per dare una
conclusione all’evento. Magari si può simulare
un grammelot con parole inventate per
simulare foneticamente i rimbrotti del papà.
Applauso
Nelle scuole media questa “commedia sonora” potrà essere fatta addirittura utilizzando spezzoni
di nastro registrato o un montaggio dei suoni in formato wav su computer. 1
Nel riprodurre i suoni, gli alunni impareranno che esistono della caratteristiche fisiche che
accomunano gli oggetti. Capito ciò essi potranno predeterminare a priori di quale tipo di
strumento improprio debbano dotarsi per riprodurre la scena della cucina:
materia pesante
materia leggera
materia risonante
materia porosa assorbente
=
=
=
=
suoni gravi
suoni acuti
suoni prolungati con sustain (durata post suono)
suoni senza sustain
Quindi potranno predeterminare a priori che il triangolo farà un suono più acuto e più
lungo di un tamburo, così come potranno predeterminare, senza bisogno di sperimentazione,
che una spugna secca non produce alcun suono percepibile, perché la sua porosità e morbidezza
non la fanno vibrare per nulla.
5. Creazione di un’organizzazione logica
Terminato l’aspetto solo apparentemente ludico è possibile sfruttare le schede redatte
dagli alunni per formare un archivio organizzato, abituandoli alla conservazione e
razionalizzazione delle loro fatiche. Il massimo, ovviamente, sarebbe la possibilità di catalogare
tutti i suoni su di un nastro magnetico facendo precedere ogni breve registrazione dalla lettura
della relativa scheda. Oltre a tutto il registratore può diventare un ulteriore strumento creativo:
si pensi ad esempio di un insegnante (o, perché no, gli alunni stessi…) che “raccolga” dei suoni e
proponga una estemporanea gara di riconoscimento dei suoni stessi. Farsi un archivio sonoro è si
una semplicità inaudita: basta entrare per pochi secondi con un walkman acceso in un ambiente
(ad esempio un bar, una chiesa, ecc) e, riproducendolo, far individuare agli allievi i singoli suoni
(voci, tazzine, registratore di cassa, macchina del caffè, eccetera) e la loro significatività
rispetto alla scena principale (piani sonori).
6. Finalmente musica!
Quando l’alunno sarà in grado di muoversi con cognizione di causa nell’ambiente sonoro,
sarà anche possibile iniziarlo all’ascolto della musica, magari cominciando da esperienze musicali e
sonore vicino a lui evitando di imporgli l’ascolto di musica lontano mille miglia dalla sua sensibilità
e dalla sua musicalità: ascoltare gli Aqua o gli 883, che molto piacciono ai ragazzi di oggi, è
altrettanto dignitoso che far ascoltare loro Dvorak, soprattutto se far ascoltare Dvorak li
allontana definitivamente dal mondo musicale… Si potrebbe allora proporre un percorso a ritroso
dalla attuale musica leggera vicina alla sensibilità dell’alunno, per risalire alla musica leggera degli
anni ’30, quella dei primi del ‘900, l’operetta, l’opera, la musica da camera e via a ritroso fino alla
preistoria, facendo capire all’alunno che Max Pezzali oggi canta un certo tipo di canzoni perché
vi fu chi cantò, al tempo “Parlami d’amore Mariù” e, prima ancora, l’aria di Leporello del Don
Giovanni di Mozart.
1
I Pink Floyd nel loro disco Athom Earth Mother fanno precedere un brano dai rumori di colazione: si sente
distintamente la pancetta friggere nel pentolino per preparare la classica colazione inglese: eggs and bacon
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In questo senso non si capisce perché debba esistere necessariamente una dicotomia tra
l’esperienza musicale quotidiana del bambino e quella musicale: è ovvio che quest’ultima appare
ai suoi occhi come estranea, per lo più decrepita.
L’ascolto della musica è quanto di più difficile se non è guidato ed è massimamente
difficile nella scuola italiana in cui gli insegnanti vengono, loro malgrado, costretti ad
improvvisarsi docenti di una disciplina che anche loro, a loro volta, non praticano con proprietà.
Vediamo allora solo alcune brevi indicazioni sui punti basilari dell’ascolto musicale.
Al termine dell’educazione all’ascolto musicale, l’alunno dovrebbe essere in grado di:
- individuare il significato di un brano (a cosa fa pensare, che cosa la musica ci dice);
- riconoscere le strutture e gli elementi del linguaggio musicale (ritmo, timbri, melodia,
armonia…ahi ahi, qui ci vorrebbe un corso a parte!).
il tutto non in modo disgiunto ma per gradi progressivi. Per fare ciò ci vengono in aiuto alcune
opere classiche che sono estremamente onomatopeiche. Mi riferisco al celeberrimo “Pierino ed il
Lupo” di Prokofiev, favola musicale in cui gli strumenti prendono il posto degli animali, ma anche
può essere utile il IV movimento del concerto La Notte di Vivaldi (in cui i flauti imitano il camto
dei cardellini) ed infine la parte iniziale dell’Ouverture da Musica per i fuochi d’Artificio di Handel
che dura solo un paio di minuti in tutto.
² sul CD: una GAVOTTE di Bach dal medesimo contenuto e significato musicale
Non daremo ai bimbi alcuna indicazione preliminare se non ricordare loro la necessità di
ascoltare con attenzione i due minuti di musica cercando fin da subito di cogliere gli elementi di
primo e secondo piano della musica per poi riferirne alla classe. Gli alunni verranno “interrogati” a
caso o verrà chiesto ai volontari di esprimere le loro impressioni.
Nelle esperienze precedenti le risposte più comuni alla domanda: “a che cosa vi ha fatto pensare
questo brano?” sono state:
- un re ed una regina;
- un matrimonio;
- un castello;
- i cavalieri del castello;
- una festa;
- i soldati con il loro comandante.
Se oggi Handel fosse vivo avrebbe scoperto che anche dopo duecento anni anche dei semplici
bambini con nessuna cognizione
musicale e senza conoscerne neppure il nome hanno
riconosciuto al primo colpo tutti gli elementi che questo brano celebrava, ovvero una festa
nuziale in un castello con dei fuochi d’artificio e, presumibilmente, delle guardie!
Questo perché esiste un preciso rapporto, soprattutto per noi occidentali, tra taluni elementi
musicali ed alcune manifestazioni sociali e sentimentali: la lentezza è associata alla tristezza
(invece nel mondo orientale è associata alla rilassatezza e quindi al pensiero), gli ottoni sono
associati al sentimento eroico, per ragioni storiche che traggono origine dalla vita militare.
In una seconda fase occorrerà stimolare gli alunni con altre domande più rivolte al significante
che al significato:
- ci sono pochi o tanti strumenti?
- qualcuno sa riconoscere qualche strumento?
- la musica è forte o è piano?
- i suoni sono chiari o scuri?
- la musica è lenta o è veloce?
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corso di aggiornamento di educazione musicale: fisica, psicologia e pedagogia del suono – Scuola E.Rinaldini – Brescia – Maggio
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-
ci sono forse dei suoni che si ripetono?
c’è un elemento melodico che si ripete? (tipicamente il tema che viene riproposto alla fine del brano)
Questa fase serve per porre in relazione l’interpretazione data dagli alunni con le strutture
musicali del pezzo: è un momento molto importante perché serve per comprendere che i
significati della musica non sono libere associazioni ma rispondono a ben precisi codici di
comunicazione (M. Disoteo, Ricordi)
Non sarà difficile rendersi conto che le interpretazioni date dagli alunni sono dovute al
riconoscimento, sia pure in nuce, di:
-
un elevato numero di strumenti prevalentemente composti da ottoni e con rilevanza di
timpani;
un esordio a tutto tondo su di un unico piano organico compatto;
ritmo cadenzato e ben scandito dal vago sentore di marcia che richiama imponenza, maestà,
solennità.
Ed ora una provocazione agli alunni:
-
potremo mai riprodurre, con quello che abbiamo a disposizione noi –fosse anche solo la voce
ed il battere delle mani sui banchi- questi due minuti di musica?
almeno anche solo le prime tre o quattro frasi musicali?
vogliamo provare a registrarci e risentire che cosa abbiamo ottenuto?”.
oppure, più semplicemente: “Vogliamo fare un disegno di questa musica?”
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ALCUNI SPUNTI PER UN LABORATORIO MUSICALE2
Nell'ambito dell'educazione al suono e alla musica, ma non meno in quello dell'educazione
alla scienza, il campo della fisica acustica rimane sempre piuttosto inesplorato. Eppure tutti i
fenomeni sonori verso i quali si vogliono educare gli alunni della scuola hanno alla base una
ragione d'essere innanzitutto fisica e scientifica. Per questo l'acustica può diventare uno dei
motivi portanti della nuova educazione musicale: il dilemma tutto da sviscerare del binomio
suono-rumore, il superamento del concetto di tonalità che Schoenberg, ad esempio, fondava sul
fenomeno "naturale" degli armonici, il fenomeno "artistico" del timbro sono legati in modo
evidente alla natura fisica ondulatoria del suono.
Questa riflessione parte dalle esperienze condotte da alcuni anni nell'ambito del LaViM
Laboratorio Vivo della Musica di Città della Scienza: le esperienze hanno avuto luogo in quattro
tipi di contesti (o "laboratori") differenti:
•
•
•
•
il primo è quello della ricerca interna alla Sezione Didattica di Città della Scienza;
il secondo riguarda attività didattiche rivolte a classi ospiti del LaViM;
il terzo è quello della formazione docenti (svoltasi presso il LaViM o presso le scuole);
l'ultimo quello realizzato dagli insegnanti che durante o dopo i propri cicli formativi hanno
intrapreso percorsi sul suono a scuola con gli alunni.
La linea di ricerca su cui si muove la didattica è legata alla nozione di gioco intesa in senso
ampio: sono gioco l'osservazione di fenomeni, il rilevamento di dati, la manipolazione di oggetti
così come le attività di gruppo più tradizionalmente utilizzate nella pratica educativa odierna.
In quest'ottica l'interrogativo principale è: che giochi fare? Il "gioco" didattico, infatti, deve
avere la caratteristica di portare oltre l'agito stesso e più precisamente verso la comprensione e
la formalizzazione (in misura adeguata ai casi) dei fenomeni riprodotti.
I "giochi" attraverso cui questa didattica si concretizza non hanno una sistemazione
tematica o progressiva molto rigida ma naturalmente si adattano, dinamicamente, alla realtà ed
alla risposta della classe alle sollecitazioni proposte dall’insegnante; da un lato perché i temi, in
uno stesso gioco, si intrecciano (la natura ondulatoria del suono, la differenziazione dei
parametri, ecc.), dall'altro perché se alcuni procedimenti sono effettivamente proponibili solo ad
alunni delle ultime classi elementari, la maggior parte delle esperienze, magari sotto forma di
semplici osservazioni, risulta educativa e coinvolgente per i bambini della scuola materna così
come per i loro genitori.
Si presenteranno ora solo alcuni dei giochi più volte sperimentati, legandoli alle affermazioni
che i bambini solitamente associano ai fenomeni riprodotti.
Le onde sono quelle del mare
Il tema principale attorno a cui si sviluppa tutta la riflessione sulla fisica del suono è
quello relativo alla sua natura ondulatoria, e quando si domanda a un bambino cosa sono le onde
egli solitamente risponde che "le onde sono quelle del mare". Perché allora non partire proprio da
qui?
1) Moto ondulatorio
In una teglia piena per metà d'acqua facciamo cadere, col contagocce, una goccia di liquido.
Come si comporta la superficie dell'acqua? Che strada fanno le onde? Vanno solo in avanti o
tornano anche indietro? Sono tutte alla stessa distanza? I disegni che vediamo sono uguali se la
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Mario Campanino - LaViM - Laboratorio Vivo della Musica Città della Scienza – Napoli. Rielaborazione delle attività
didattiche di Filippo Fornari
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goccia cade al centro oppure verso il bordo della teglia? E se utilizziamo una teglia ovale?
Proviamo a immergere parzialmente in vari punti della teglia alcuni ostacoli pesanti: che cosa
succede? Posando sul pelo dell'acqua un pezzetto di polistirolo espanso si vedrà che le creste
d'onda avanzano ma il polistirolo non si sposta. Perché?
2) “Questo è un Uauu-Uauu”
La molla Slinky (molla a spirale in plastica o metallo del diametro di 8-10 centimetri) è un oggetto
bello e piacevole da manipolare. La si può distribuire agli alunni e domandare loro cos'è e come si
può utilizzare.
Sostenendo la molla per un'estremità e lasciando l'altra libera di muoversi, essa ondeggia
secondo le leggi del moto armonico. Allungando o accorciando la parte libera si vede variare la
frequenza di oscillazione: molla lunga, frequenza bassa; molla corta, frequenza alta.
Tenendo la molla tesa orizzontalmente in aria si può provare a muoverne un'estremità: i
bambini riescono a "sintonizzarsi" senza difficoltà sulla frequenza di oscillazione naturale della
molla (producendo così, senza saperlo, un'onda stazionaria).
Appoggiando la molla su un tavolo e tendendola si possono osservare due tipi di onde,
quella trasversale (pizzicandola) e quella longitudinale (comprimendo alcune spire e liberandole di
colpo) con i relativi fenomeni di riflessione. Con un po' di nastro isolante colorato applicato ad
una spira si noterà meglio che è l'onda a propagarsi e non le spire a spostarsi lungo la molla.
3) “L'onda in mezzo non si muove più”
Con una corda elastica abbastanza lunga (anche 10 metri) si può lavorare in grande gruppo
sull'onda trasversale. Pizzicandola ad un'estremità si osserva l'onda partire, giungere all'estremità
opposta e ritornare, rovesciata, al punto di partenza.
L'onda si estingue lentamente cosicché è anche possibile, con gli alunni delle ultime
classi, eseguire misurazioni sulla frequenza. Quante volte l'onda compie il ciclo di andata e
ritorno in 10 secondi? Cosa succede variando la lunghezza o la tensione della corda?
Pizzicando la corda nel mezzo si ottiene un'onda fissa, stazionaria (come accade pizzicando le
corde della chitarra). In questo caso in che modo si propaga l'onda sulla corda?
4) “La lama suona perché si muove”
Chi ci assicura che il suono sia qualcosa di simile a un'onda? L'esperienza più immediata è
distribuire alla classe oggetti che suonano: diapason, tamburelli, tubi di alluminio, una chitarra,
una radio con altoparlante e quant'altro a disposizione. I bambini osserveranno (anche mediante
la sensazione tattile) che tutti i suoni sono associati a un movimento del corpo che li produce.
Ma tutti i movimenti producono suono?
Prendiamo una lama di seghetto per ferro e, bloccandola per metà sul bordo del banco,
pizzichiamone l'estremità opposta. Si vedrà la parte libera oscillare piuttosto velocemente e si
udirà un suono. Allunghiamo gradualmente la parte libera: la lama vibrerà più lentamente, il suono
diverrà più grave... finché scomparirà! Avremo raggiunto la soglia degli infrasuoni e avremo
scoperto che non basta che un oggetto si muova perché produca suono: deve oscillare e anche
piuttosto velocemente. Ecco perché la molla Slinky e la corda elastica già utilizzate non
suonano, perché non raggiungono frequenze di oscillazione naturale udibili.
5) “La bottiglia si muove perché senta le musica”
Su un tamburello spargiamo alcuni chicchi di riso. Percuotiamo nelle sue vicinanze un
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vassoio di metallo piuttosto violentemente: si osserveranno i granelli saltare, mossi dalle
vibrazioni della membrana. Prendiamo due diapason uguali montati su cassette di risonanza.
Mettendoli sufficientemente vicini basterà percuoterne uno perché anche l'altro entri in
vibrazione (questo sarà evidente se si smorzeranno con le dita le oscillazioni di quello percosso e
si continuerà a udire il suono). Le vibrazioni, in generale, partono dalla sorgente, si trasmettono
all'aria e arrivano agli altri oggetti, tra cui il timpano dell'orecchio.
Diamo ad ogni bambino una piccola bottiglia di plastica vuota e produciamo un suono
corrispondente alla frequenza di risonanza della bottiglia: ogni bambino sentirà la bottiglia vibrare
tra le sue mani. Ma cosa vibra, l'aria o la bottiglia? Facciamo soffiare contro il bordo
dell'imboccatura: ogni bottiglia produrrà un suono di frequenza uguale a quella di risonanza. I
bambini sanno, per averlo già sperimentato, che toccando un corpo oscillante lo si smorza e il
suono cessa. Perché allora tenendo la bottiglia tra le mani il suono continua?
6) “Io mi sento dopo”
Un tubo del diametro di almeno 6-8 centimetri e lungo una cinquantina di metri può
rafforzare l'idea del suono come vibrazioni che viaggiano nell'aria con una velocità definita.
Parlando in un'estremità e avvicinando l'altra all'orecchio i bambini avvertono un ritardo sensibile
nell'ascolto giustificato solo dal fatto che il suono, per raggiungere l'orecchio, deve percorrere il
tubo in tutta la sua lunghezza. Che succede se grido o sussurro? E se produco suoni gravi o
acuti?
7) “I tubi corti suonano piccolo piccolo”
Piastre e tubi metallici di lunghezza diversa, campanelle di varia grandezza, flauti di Pan
(tubi di plastica) lunghi e corti servono a discriminare due fondamentali parametri del suono:
altezza e timbro. Si possono raggruppare gli oggetti, dopo averli ascoltati, secondo l'omogeneità
timbrica o l'altezza del suono prodotto (l'attività sarà più difficile ma più efficace se ripetuta
ascoltando gli strumenti senza vederli). Una volta assimilati i concetti, si potranno cercare le
ragioni delle differenze di timbro e altezza: quale caratteristica accomuna gli oggetti dal suono
acuto?
quale
gli
oggetti
con
timbro
uguale
(o
simile)?
Con gli stessi oggetti si può introdurre il parametro dell'intensità: cosa succede suonando piano o
forte? Cosa cambia e cosa non cambia nel suono?
8) “La velocità suona più alto”
Nelle medesime bottigliette si plastica di può far provare ai bambini a soffiare molto, molto
forte, raddoppiando il flusso di entrata dall’aria nella bottiglia stessa. Al raddoppio del flusso di
aria corrisponde il raddoppio della frequenza, ovvero viene generato un armonico della nota
principale. Tuttavia siccome la colonna d’aria necessaria alla generazione di un armonico è di
notevole entità per i polmoni di un bambino ed inoltre per ottenere quel tipo di suono occorre
una giusta postazione delle labbra, in caso di insuccesso è possibile fare un esperimento
alternativo, evidenziando, tuttavia, con gli alunni che si sta applicando in modo diverso il
medesimo principio fisico.
Non è difficile procurarsi uno spezzone di un paio di metri di quei tubi di plastica grigio
scuro che gli elettricisti usano per fare correre i cavi nel muro: sarà facile farsi regalare uno
spezzone di risulta che solitamente gli elettricisti buttano via. Facendo roteare lentamente il
tubo si ottiene una nota che è il risultato del flusso dell’aria all’interno del tubo. Aumentando
leggermente e gradatamente la velocità, sarà facile ottenere una nota di quinto livello (per
esempio ammettendo per comodità che il tubo generi una nota di DO, la seconda nota ottenuta
sarà un SOL). Raddoppiando la velocità iniziale si otterrà un armonico, ovvero il suono di base
raddoppiato (sempre un DO, ma di un’ottava sopra alla nota di base).
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corso di aggiornamento di educazione musicale: fisica, psicologia e pedagogia del suono – Scuola E.Rinaldini – Brescia – Maggio
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Un ultimo esperimento: facendo roteare il tubo a velocità irregolare (ovvero accelerandolo
quando si fa il primo mezzo giro e decelerando nel secondo mezzogiro) è possibile provare anche
le combinazioni di cui sopra, ma ottenendo il cosiddetto “effetto Doppler”. Si potrà far notare ai
ragazzi come questo effetto sia a loro molto familiare: è il medesimo effetto acustico che si
dente quando passano rapidamente vicino a noi un aereoplano, una grossa motocicletta o,
infine, una ambulanza con le sirene spiegate: il suono sembra crescere con l’avvicinarsi della
fonte sonora per poi calare (anche di un semitono) al suo allontanarsi.
9) “Un comodo telefono”
Con due bicchierini dello jogurt, due fiammiferi ed uno spago è possibile costruirsi un
efficientissimo sistema telefonico.
Occorre bucare con un punteruolo o con la punta delle forbici il fondo del bicchierino,
farvi passare lo spago (quelli cerati suonano meglio perché il suono non viene disperso dalle
inerzie interne generate dai cascami ma viene tutto trasmesso lungo il corpo dello spago stesso)
e fissarlo con un nodino ben stretto al mezzo fiammifero di legno. Il mezzo fiammifero si
appoggerà, dunque, interamente al fondo del bicchierino che farà naturalmente da membrana
sonora, raccogliendo e riproducendo, di volta in volta il suono.
E’ ovvio che lo spago deve essere teso, altrimenti la vibrazione raccolta dal fondo del
bicchierino verrà immediatamente assorbita dalle sue vibrazioni laterali (si è mai visto uno
strumento con le corde mosce? no!). Allo stesso modo, se la trasmissione avviene ad una certa
distanza sarà necessario verificare che lo spago non entri in contatto con mobilio, arredi,
persone o stipiti di porte: anche in questo caso la vibrazione della corda non sarà lasciata libera
di trasmettersi lungo il corpo dello spago stesso (è il cosiddetto effetto “stoppato” che si fa
spesso sulle chitarre elettriche).
Provare per credere: se questo telefono è costruito a regola d’arte e lo spago viene
tenuto alla giusta tensione (occorre naturalmente far seguire ai bambini un po’ di prove in
questo senso) la qualità della trasmissione sonora è pari al primissimo registratore “a filo”
costruito e brevettato verso fine secolo da Thomas Alva Edison, l’inventore del fonografo.
Si pensi ad un “gioco” così fatto: tutti i bambini, a coppie, debbono costruirsi il loro
telefono, poi le varie coppie si dispongono parallelamente tra di loro. A ciascuno dei bambini ad
un capo del telefono viene dato un elenco di dieci parole, in ordine progressivo di difficoltà di
dizione, da leggere in modo lento e ben scandito al proprio apparecchio telefonico; all’altro capo
il compagno dovrà trascrivere, così come percepite, le dieci parole. Vince la coppia che riesce a
trasmettere il maggior numero di parole senza errori.
10) “Il suono va al contrario”
Se si ha la fortuna di saper strimpellare una chitarra (o se in classe vi è un alunno con un
minimo di dimestichezza in questo senso) è possibile incuriosire i bambini con un fenomeno molto
particolare sempre relativo alla generazione degli armonici di una nota.
Appoggiando un dito della mano sinistra al XII capotasto solo sfiorando la corda e non
premendola come quando si suona normalmente, è possibile ottenere l’armonico della corda
libera, ovvero un suono un’ottava sopra. Fin qui l’operazione non suscita grande curiosità, in
quanto premendo la corda come quando si suona normalmente e suonandola si ottiene la
medesima nota. Ma spostandoci indietro sul manico al VII ed al V capotasto (quinto ed ottavo
intervallo, i più facili da ottenere) la nota, invece di abbassarsi, sorprendentemente (per i
ragazzi, naturalmente) ascende su intervalli più alti, raggiungendo la V e la XVII superiore.
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Il fenomeno si spiega con il fatto che, in realtà, quando si producono armonici con questa
tecnica quella che vibra e risuona non è la corda nella sua interessa ma la parte di essa che vi è
tra il nostro dito che la interrompe e la cordiera della chitarra, ovvero quella parte di corda che
sta lungo il manico: ecco perché più ci spostiamo a sinistra più il suono sale, mentre
normalmente (e basta premere a fondo la corda e farla suonare per dimostrare il fenomeno e far
rilevare le evidenti differenze acustiche) sarebbe esattamente il contrario, ovvero spostandoci a
sinistra la corda si allunga ed il suono diviene via via più grave.
IN SINTESI
I risultati della sperimentazione di questi e altri "giochi" hanno portato, in alcuni anni, alla
elaborazione di una didattica abbastanza precisa in alcune sue linee, una didattica che si
definisce "di laboratorio". Essa assume come imprescindibili due aspetti propri dell'attività: da un
lato la trasformazione del rapporto frontale insegnante-alunni e dall'altro lo sviluppo di ambienti e
momenti didattici alternativi alla lezione in classe. L'attività di laboratorio, dunque, non si baserà
su una serie di conoscenze trasmesse dal docente ai discenti ma piuttosto su un'azione di
allargamento dell'esperienza degli alunni fatta al fianco dell'insegnante-operatore (o, meglio
ancora, suggeritore di operazioni).
Il rapporto dovrà essere quindi laterale e cooperativo a partire da un'indagine sulle nozioni
già possedute dagli alunni, attraverso l'esperienza di laboratorio vera e propria, fino al confronto
delle conoscenze iniziali con i risultati delle osservazioni effettuate. Parallelamente anche il luogo
fisico per lo svolgimento delle attività non sarà la classe (ancora intesa nel senso del rapporto
uno a molti). Sarà invece l'aula-laboratorio attrezzata (ma in certi casi basterà spostare un poco
i banchi), l'aula arredata di oggetti, lo spazio aperto. Il "momento" del laboratorio sarà all'interno
o all'esterno dell'orario curricolare, suddiviso in "attività didattiche" caratterizzate da una grande
elasticità di struttura e di durata: dall'incontro di poche decine di minuti al ciclo di esperienze
sviluppato su periodi più o meno lunghi.
In un'azione formativa che tende a diventare compagna di crescita del bambino avranno
particolare peso le strategie di ripetizione e variazione dei giochi. Uno stesso gioco, infatti, può
essere ripetuto in maniera identica per giungere alla padronanza percettiva e sensoriale del
fenomeno, alla constatazione della sua realtà e scientificità (nell'accezione galileiana del termine)
in un obiettivo largo di educazione di base; ma può essere anche ripetuto con opportune
variazioni per mettere alla prova esperienze e osservazioni successive e le leggi desunte da
esse.
Questa didattica di laboratorio coincide, oggi, con le linee programmatiche enunciate nel
documento ufficiale della commissione ministeriale per la musica, documento dedicato alla
"Diffusione della musica come fattore educativo nel sistema scolastico italiano" (29 settembre
1998) in cui si prospettano "la definizione, identificazione e creazione di appositi spazi fisici
strutturati e attrezzati per la didattica della musica" nelle scuole.
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I COMPORTAMENTI MUSICALI
François Delalande ha pubblicato nel corso degli anni compresi tra 1976 ed il 1991
alcuni importanti studi, pubblicati in Italia dall’editrice Clueb di Bologna per la traduzione del
pianista bresciano Luca Marconi: i suoi primi lavori si inseriscono nell’ambito delle indagini che il
Groupe de Recherces Musicales ha sviluppato nell’ambito della musica elettroacustica poste in
relazione alle “condotte musicali”.
Il concetto di “condotta” viene ovviamente mutuato dal Delalande dalla psicologia di
ispirazione funzionalista, in particolare della corrente francese, ed indica una serie di
comportamenti messi in atto e coordinati tra di loro in funzione di una finalità (funzione). Si
parla allora di “comportamento” quando ci si riferisce semplicemente ad
un atto senza
considerare la motivazione che ha prodotto il medesimo; si parla, invece, di “condotta” quando
questo atto sia generato dal bisogno di esprimere una certa motivazione, un determinato
bisogno. Quindi la “condotta”, a differenza del “comportamento” esprime una funzionalità e
spesso anche una volontà specifica.
Lo studio delle “condotte musicali”, dunque significa mettere l’accento sulle finalità, sulle
funzioni che vengono svolte da ciascuna azione musicale, sia essa quella di ascoltare, inventare
o eseguire musica.
Delalande si spinse oltre quando diede vita ad una vera e propria corrente pedagogica,
denominata la pedagogie musicale d’eveil fondata sulla pratica creativa con i suoni in una
continua interazione tra pedagogia e musica, campi –al contrario- spesso pervicacemente
considerati incompatibili tra di loro; per il Delalande il fare musica attraverso l’esplorazione, la
sperimentazione e l’invenzione del suono sta alla base dell’educazione musicale.
L’esplorazione sonora deve evolversi per lasciare l’ambito empirico del rumore per giungere
alla razionalità della invenzione musicale coerente al termine del ciclo, laddove la creatività non è
invenzione casuale fine a se stessa, ma è oggettivazione e coacervo (sensibilizzazione) di tutte
le scoperte teorizzate dall’alunno nel corso dei suoi progressi.
Per il Delalande studiare un fatto musicale significa occuparsi non solo di un atto di
produzione o di ricezione, ma anche dell’oggetto prodotto o recepito da tale atto: per fare ciò è
possibile aiutarsi con testi scritti, ma anche con “oggetti sonori” registrati su supporto
magnetico.
L’utilizzo degli “oggetti sonori”, infatti, consente di “isolare” il suono, il timbro dai suoi
rapporti etnomusicologici: tradizionalmente, infatti, l’etnomusicologia ha sempre considerato il
sono come elemento di un più ampio contesto sociale: è ovvio, allora, che i comportamenti
musicali a questo punto sono estremamente vincolati dalle diverse culture, e questo percorso ci
allontana all’universalità della musica, ovvero il mondo musicale “come viene visto e vissuto dal
bambino”.
Dal senso-motorio al simbolico
Fare musica è prima di tutto un atto motorio, un atto che richiede una particolare
sincronizzazione tra alcune parti del nostro corpo ed una attenta respirazione, sia che si suono
uno strumento a fiato sia che si suoni la più indiavolata chitarra elettrica. Esiste, tuttavia, una
forma di simbolismo semantico (associazione di uno strumento ad una determinata situazione,
chi non conosce Pierino ed il Lupo?) che è il simbolismo del movimento. Tirare un archetto non è
solo un produrre vibrazioni, ma dà al suono un’aura di leggerezza oppure un vigore, ovvero: il
movimento è in grado di assumente un senso estrinseco che va ben al di là della semplice
vibrazione dell’aria.
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La cosa è molto semplice se la si analizza nella sua forma elementare: il bambino
organizza degli schemi motori provando, riprovando e correggendo con costanza e pervicacia
alcuni suoi comportamenti. E’ così che il bimbo apprende la differenza di alcuni effetti che si
ottengono grattando, scuotendo, battendo. Più tardi, ovvero attorno agli otto mesi, il bimbo
apprende le differenti tonalità ottenibili con usi diversi del medesimo strumento, ad esempio
battendo un sonaglio su diverse superfici o battendo il tamburello con diversi oggetti, oppure
percuotendolo con il medesimo oggetto ma in punti diversi della superficie sonora: è qui che
nasce, in nuce, il virtuosismo, ovvero la capacità di estrarre del proprio strumento anche la
sfumatura più lieve, la differenza minima in funzione dell’espressione della propria sensibilità.
Dunque la musica è frutto di “gesti produttori”, ovvero quei gesti che tramite
l’applicazione di principi fisici sono è in grado di produrre suoni, ma essa è anche in grado di
generare “gesti evocatori”: una melodia che sale e scende, una dinamica che sale e scende,
l’evocazione nella mente dell’ascoltatore, il forte acustico che si risolve nel forte gestuale (si
pensi all’indemoniato direttore d’orchestra durante un fortissimo). Al tempo stesso, tuttavia, vi è
anche una forte carica simbologica: perché il salire delle note suggerisce un sempre maggiore
senso di leggerezza e viceversa il scendere su registri bassi fa pensare ad un senso di
pesantezza? Probabilmente perché nelle nostre menti resta impressa l’immagine e la concezione
empirica che a strumenti più sottili e piccoli (quindi leggeri) corrisponda un’altrettanta leggera e
squillante sonorità.
Resta dunque il fatto incontrovertibile che un profilo sonoro viene immediatamente inteso
ed interpretato come movimento: e dove vi è evoluzione sonora vi è una corrispondente
evoluzione gestuale; a coordinazione motoria corrisponde, infine, in un rapporto sinallagmatico,
anche la coordinazione psicologica.
La creatività
Da Elements d’analyse de la stratégie de composition, Marsiglia 1988:
“Su consiglio di Benedict Maillard ho lavorato per un’ora e mezza, ho reitrodotto la voce
e d aggiunto altri suoni (…) per arricchire la trama ho introdotto gli scarti dei lavori precedenti
per confondere le tracce: dopo la rottura della tonalità gli scarti sono al culmine, poi tutto
svanisce fino ad una grande chiarezza e subito dopo appare il tema principale. L’effetto è molto
bello, ma questa non era la mia intenzione di partenza.”
Ecco qui la dimensione del piacere: la composizione sembra essere molto divertente ed
improntata alla più sregolata creatività. Ciò è vero solo in parte: la creatività è sempre e
comunque mediata dall’esperienza e dalla conoscenza. Credo che l’unica vera forma di creatività
che sia riuscita a prescindere in qualche modo dalla tecnica –ma non certo dall’imprinting dei
millenni di storia della musica- sia stato il punk. Prima di allora e dopo di allora qualsiasi genere
musicale- anche e soprattutto il free jazz- ha sempre dovuto fare i conti con la mediazione delle
conoscenze tecniche del compositore.
Allo stesso modo la creatività fine a se stessa non solo non è utile, ma alla fine stanca
l’alunno se non è finalizzata al raggiungimento di un obiettivo concreto, visibile, raggiungibile e
verificabile da parte dell’alunno stesso.
E’ in questo senso che si parla di “livelli di precisione”, ovvero dello scostamento tra
programma e risultato finale. Esso non ha valenza valutativa, ma serve comunque all’alunno per
verificare quanto la creatività abbia inciso sull’esito della sua produzione, e di conseguenza se
sia valsa la pena di far prevalere la creatività pura su di un progetto comune.
Lo stesso è riferibile alla lingua italiana: il ragazzo può essere messo in grado se la sua
composizione sia “fuori tema” tout-court o se l’essere andato “fuori tema” abbia comunque dato
vita ad una composizione in ogni caso valida. In questo senso recitava il grandissimo grecista e
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latinista Tonna, docente al liceo Arnaldo di Brescia e mio insegnante: “Quando vi accorgete di
essere fuori tema, cambiate il titolo al vostro lavoro”: sembra goliardia da studenti, ma in realtà
sottintende una incredibile aporìa, difficoltà, quella, appunto, del rendersi conto dell’essere
usciti da un progetto globale inseguendone uno diverso, né migliore, né peggiore: diverso,
appunto.
La vera difficoltà consiste nel far capire all’alunno che le sue creazioni sono frutto di un
troppo limitato bagaglio tecnico e culturale e che quindi il risultato finale è strettamente
vincolato dalla pochezza delle esperienze possedute; allo stesso modo per un alunno che scrive
poesiole, anche se la sua sensibilità può portarlo, casualmente ed inconsapevolmente ad
esprimere anche concetti profondi. La coscienza dei propri limiti sarà dunque applicata anche
nell’esperienza musicale quale “limite entro cui ” l’alunno dovrà contenere il proprio entusiasmo
creativo. Ciò sarà facilmente ottenibile se guideremo l’alunno a verificare di continuo la
prosecuzione del proprio lavoro sul canovaccio del progetto iniziale, magari apportando a
quest’ultimo le necessarie modifiche (“cambiate il titolo al vostro lavoro”) ma sempre
consciamente e con meditazione.
P.Fleury: “Arrivato alla battuta 116 avevo un piano di missaggio ben preciso. L’ho
comunque riorientato, anche se non di tanto (…)” (Actes du colloque: structures musicales et
assistance informatique - convegno del 1-4 Giugno 1988 Marsiglia)
Ora si pone un altro problema didattico molto dibattuto in ogni disciplina: come guidare
senza orientare? E’ in questi termini contraddittori che si esprime da sempre la pedagogia: come
non far emergere le esperienze (e soprattutto i gusti !) personali dell’insegnante? Come creare
un coltura avulsa dal personale e dal contingente? Si tratta certo di guidare (quale è se no il
ruolo dell’educatore?) ma senza orientare il bambino a compiere una ricerca autonoma nei
confronti della quale un insegnante non imporrà le proprie scelte.
La pedagogia musicale si propone di condurre il bambino dalla scoperta e dall’esplorazione
delle fonti sonore all’invenzione ed alla creazione. (cfr gli Atti del Colloque départemental
d’éducation musicale di Seine et Marne, editi da La Villette, Paris, 1989 e pubblicato in Italia per
estratto dalla Clueb di Bologna) Vedremo dunque, in concreto, come il bambino imparerà a
costruirsi una sequenza di suoni ed esprimersi attraverso di essa: UDIRE e FAR UDIRE.
Come detto esiste una attività naturale e spontanea di esplorazione sonora che parte già
dai primi mesi di vita e si prolunga per molti anni, ovvero finché il bagaglio di conoscenze è tale
da non trovare più suoni nuovi, ma solo variazioni dei suoni già conosciuti. E’ il medesimo
atteggiamento di tutti i giovani compositori che sono riusciti a prescindere dalle regole
(conosciute e studiate, però!, come fu per il Futurismo in letteratura) per giungere ad una
ricerca per approssimazione, ovvero del tutto empirica, aiutati dai nuovi generatori di suoni, i
sintetizzatori.
Si tratta di una fase transitoria, un incontro tra bambini e compositori; non è detto che
tra qualche anno non si torni ad una scrittura musicale a tavolino magari modificata dalle
moderne tecnologie disponibili al tempo.
E’ qui che emerge il ruolo dell’insegnante: non è pensabile, come nel paragone
precedente, affidare al bambino tutto il compito della ricerca e della sperimentazione. E’ pur
vero, infatti, che il compositore affida all’empirismo grande parte della propria creatività, ma
questo empirismo è pur sempre mediato da conoscenze e cultura superiori…. Guai se un alunno
inesperto ed ignorante fosse abbandonato a trovare da sé regole e sintassi: saremmo ancora
qui a scolpire pietre a forma di ruota ancora oggi……
L’insegnante è colui che riesce ad indirizzare la spontaneità in tappe progressive che
prendono il nome di conoscenza e di cultura: dall’esplorazione all’idea, dall’idea alla teoria, dalla
teoria alla regola generale. Chi possiede le regole possiede i mezzi cognitivi per applicarle nelle
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più svariate situazioni.
…sbaglia la scuola moderna a prescindere da alcune conoscenze di base: poter
prescindere dalla calcolatrice per calcolare una radice quadrata, non è un’inutile perdita di
tempo in operazioni algebriche: è il simbolo della capacitò di possedere un metodo applicabile
nelle più svariate situazioni. Un bambino che supera la soglia della pura improvvisazione fine a se
stessa e giunge ad una improvvisazione ragionata, guidata, ovvero sa fermarsi su di una idea e
farla evolvere senza perdere ciò che la rende interessante, è un bambino musicalmente (ma non
solo…) maturo, è un bambino che sa dominare la sua attenzione e mediare le proprie esperienze
in esperienza vivibile da altri, quindi concreta e reale.
Di più: fin ora abbiamo presentato il bambino come individuale creatore di una propria
opera sotto la guida dell’insegnante, ma pensiamo a quali incredibili relazioni sviluppa la creazione
di un’opera polifonica, ovvero un’opera in cui debbano per forza di cose interagire tra di loro più
bambini, quindi più esperienze e più sensibilità.
La polifonia è il gioco collettivo delle regole: dai sei anni uno dei maggiori piaceri dei
bambini è organizzarsi, distribuirsi i ruoli e rispettare le regole stabilite a priori nel gioco. La
musica non sfugge a questa organizzazione, organizzare gli eventi musicali è organizzare la
musica stessa, è per questo che i bambini saranno abilissimi censori e sapranno darsi delle
consegne da rispettare scrupolosamente e reciprocamente ascoltarsi, fondersi in un unico
progetto finale. Di ciò beneficerà molto anche la sensibilità all’ascolto: partendo infatti dalla
normale attenzione reciproca dei giovani musicisti impegnati in un’opera polifonica, sarà poi facile
sviluppare una naturale capacità di ascolto in senso lato, prima per le opere dei compagni, poi
per le grandi produzioni musicali del passato.
E’ in proprio in questo senso che si parla di orientamento all’ascolto come didattica di
una vera conoscenza musicale, conoscenza che prescinde dalla tecne e dall’empiria per
addentrarsi nel mondo del reale, del concreto e del sensibile e, soprattutto, di tutto ciò che vi è
di relazionabile alle altre forme di istruzione: la matematica (le pause, il tempo, i rapporti
matematici nello spazio e nel tempo) , la letteratura (i testi, la metrica), la società (la storia
della musica, i generi musicali, l’estetica), insomma, la cultura in senso lato ed a
trecentsessanta gradi.
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AMBITO PSICOLOGICO - STORICO
La percezione
Lasciato l’ambito della ricerca pedagogica cominciamo ad addentrarci in un livello più
vicino al nucleo del corso che presentiamo: ovvero la sonorità come fulcro di una più ampia
coscienza cognitiva e sociale, nota come cultura permanente, ovvero quel complesso di
relazioni che l’alunno instaura con l’ambiente circostante, sotto la guida dell’insegnante,
destinata a diventare un proprio metodo mentale di approccio ai fenomeni della vita.
Che cosa è un suono? Come viene percepito? Quale è la sua funzione psicagocica, intesa
come l’interazione tra l’esterno e l’animo mediata attraverso la fisiologia dell’orecchio e la nostra
psiche (intesa come ego ed es) – ovvero come viene, dunque, vissuto?
Per fare ciò cominceremo dal fondo, ovvero da ciò che è stato teorizzato recentemente,
per risalire a ritroso (è un metodo come un altro….) fino alle origini del suono, ovvero fino alla
presa di coscienza della sua esistenza da parte dell’ominide primitivo….
MUSICOTERAPIA
La musicoterapia è una branca della psicologia che molto seguito ha avuto in questi anni,
grazie ai risultati positivi che questa disciplina ha avuto in campi assolutamente complessi quali
la terapia dell’handicap (sindrome di down ed autismo), ma anche in branche meno patologiche
(terapia della solitudine e dello stress). La campana tibetana è lo strumento della musicoterapia
per eccellenza: si tratta di una ciotola di lega di bronzo in grado di generare onde sonore che si
accordano al nostro sistema linfatico e simpatico procurando benessere senza l’intrusività
dell’agopuntura o il necessario ricorso all’opera di terzi del massaggio shiaitsu. Essa imita toutcourt il suono “Ohm” fatto dai monaci buddisti nei monasteri hymalayani: ciascuno trova in una
particolare tonalità di campana la frequenza che, per simpatia, rimette in movimento determinati
meccanismi bloccati dallo stress nel nostro organismo.
Col termine “musicoterapia” si intende, dunque, quella disciplina che dalle riflessioni
sull’esperienza sonora, e, considerando e studiando la realtà del rapporto fra l’uomo e il suono,
ha elaborato delle metodologie di intervento allo scopo di rispondere a problemi inerenti la salute
e la malattia sia in campo fisico che mentale. Appartenente alla famiglia delle “antiterapie”, si
basa fra l’altro sulla psicologia della musica, sulla fisioacustica e sulla psicoacustica. La
musicoterapia nasce da uno studio condotto in Europa negli anni 60, ma in realtà nel mondo
buddista e taoista essa era conosciuta da millenni.
Per i taoisti, l’universo, caratterizzato da un perenne stato di movimento e
trasformazione, si autoproduce costantemente. L’universo quindi non può che essere
espressione di energia che non ha né inizio né fine, che non è né materia né spirito. L’universo è
abitato dal Soffio e tutte le cose sono il risultato della maggiore o minore condensazione di
energia. Il Soffio più leggero (Yang) salì a formare il cielo mentre il Soffio più pesante (Yin)
scese a formare la terra. Il Soffio essendo energia e movimento non può che essere suono il
quale pervade il mondo e l’uomo, così l’uomo, che custodisce in sé una porzione della sostanza
sonora del Soffio universale, per essere in armonia con il mondo e risuonare in simpatia con
l’universo usa la musica, i suoni e la voce. Per i cinesi la musica è suono che va oltre il suono, è
potenza trascendente, è suono non udibile che si ricongiunge con il suono dell’universo.
Risale al III secolo a. C. l’inizio della sistematizzazione delle cognizioni così i suoni furono
messi in relazione con l’ordine dell’universo che comprende tutti i tipi di ordine: cardinali,
stagionali, materiali, energetici, fisiologici……
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Considerando i principi del Tao che in Cina permeano la vita in tutti i suoi aspetti, la
musica sembra essere l’arte che meglio li incarna: ritmo, flusso, movimento, mutamento,
equilibrio e armonia di segni in stretta relazione sembrano riflettere i principi su cui si basa la vita
così come la pratica medica cinese.
Dalle fonti storiografiche emerge l’importanza assegnata alla musica per la sua capacità di
armonizzarsi con la natura e di influenzare l’uomo. Molti imperatori richiedevano, ai propri
amministratori di controllare il tipo di musica che veniva prodotto e fruito sulle proprie terre, in
quanto indice dello stato e dell’umore del popolo. A questo scopo furono istituiti degli organi
ufficiali speciali con il compito di porre il veto su certe musiche accogliendo o tollerando delle
altre. Secondo una antica leggenda il suono base venne preso dal canto di un uccello mitico,
una fenice, che l’imperatore fece appositamente cercare da un suo ministro. Sappiamo come in
verità esistesse un Ministro dei Pesi e delle Misure che aveva anche il mandato imperiale di
sorvegliare il diapason (l’altezza dei suoni e la loro intonazione) e tutto il complesso delle attività
musicali. A questa tradizione si rifà il racconto dell’imperatore Huang-ti (2697-2597 a.C.) il quale
volendo indurre la felicità nei suoi sudditi ordinò al suo fedele ministro Ling-Louen si cogliere
l’armonia della natura attraverso la musica. Il ministro si recò in una regione del nord dove
cresceva il bambù più pregiato tagliò una canna dalla quale ottenne il suono base (fa) la riempì
di semi di miglio nero esprimenti la congiunzione Yin-Yang per la loro disposizione, ottenuta così
la misura della prima canna creò proporzionalmente gli altri suoni (do),(sol),(re),(la). Questi
erano i suoni della natura nei quali si riflettevano e si riflettono ancora oggi i suoni dell’universo e
le vibrazioni del corpo il quale rispecchia il macrocosmo risuonando con esso per simpatia
incarnando il principio secondo il quale la parte appartiene al tutto e il tutto si esprime in ogni
sua parte. Nel pensiero cinese i suoni non corrispondono solo ai principi Yin e Yang ma anche a
precisi numeri, chiave interpretativa della realtà oltre che della musica, e ancora a elementi,
direzioni, stagioni, materiali e quindi strumenti musicali e tutto ciò che obbedisce alle leggi dello
Yin e dello Yang.
Ne deriva la costituzione di un’orchestra terapeutica composta da un certo numero di
strumenti che sono espressione dell’equilibrio energetico e quindi si rendono disponibili ad indurlo
con la musica da loro prodotta. Si tratta di uno strumento a corda, un’ocarina di terra, una
campana di metallo, delle lastre di pietra (litofono), un tamburo, un organo a bocca, un flauto di
bambù e un tamburo di legno. Secondo la concezione terapeutica cinese la musica che viene
dall’uomo deve essere in armonia con il contesto (rituale) in cui essa viene prodotta solo così si
potrà instaurare l’armonica relazione fra cielo e terra, ogni squilibrio per eccesso o difetto sarà
causa di danno e malessere poiché gli strumenti il loro timbro, il ritmo e la melodia sono in grado
di influenzare e di agire sull’umore, sulla psiche e sul corpo dell’individuo. La musica, la cui
massima manifestazione è la voce umana, riflettendo sulla terra l’armonia dell’universo è
controllata da rigide regole che ne stabiliscono la funzione e le caratteristiche, una buona
musica che susciti sentimenti di virtù dovrà iniziare con il suono del tamburo (suono di pelle,
nord, acqua) per finire con il suono dell’ocarina (suono di terra, centro).
Dato il complesso sistema di corrispondenze del pensiero cinese, la musica non può certo
essere più semplice, frutto della combinazione di un sistema su base dieci (note fondamentali,
terra) e su base dodici (porzioni di note, cielo) quindi ogni nota/suono avrà precise
caratteristiche ma allo stesso tempo cangianti rispetto al contesto, quadro di armonia o
disarmonia, in cui si trova collocata. Ne seguirà che esisteranno infinite musiche, proprie di
regioni diverse, da suonarsi solo in certe circostanze e in certi momenti del giorno e/o dell’anno
capaci di suscitare le più diverse reazioni negli uomini e nella natura. Fra i diversi racconti sul
potere della musica riportiamo quello di Symaa Chian (163-85 a.C.) il quale descrive l’esistenza di
due melodie per salterio dallo straordinario potere. Suonando la prima si attiravano due stormi di
otto gru nere che appena percepite le note della seconda melodia iniziavano una misteriosa
danza aprendo le ali, allungando il collo ed emettendo suoni indescrivibili.
Dalla fiducia nel potere magico (fisico-acustico) dei suoni non poteva essere esclusa la
terapia. Gli antichi testi di medicina fra i quali citiamo il Nei-Jing, riportano la corrispondenza fra
organi e suoni alla quale si sovrappone l’emozione corrispondente, segno da non trascurare nella
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compilazione del quadro diagnostico. Se ai testi medici aggiungiamo quelli filosofici otterremo una
complicanza delle corrispondenze che vede le note legate agli elementi nonché alle virtù, ai
visceri e alla voce.
La musica per la sua capacità di essere la parte e il tutto incarna la totalità di Yin e Yang
riconcilia l’interno con l’esterno e l’uomo con il mondo ristabilendo l’armonia delle relazioni fra
cielo e terra. Come i Greci, i Cinesi credono nell’ethos della musica nella capacità di penetrare, di
influenzare i sentimenti e i costumi degli uomini ma per i cinesi se la musica influenza il cuore, un
cuore in stato di perfetto equilibrio non può che produrre una musica armonica. Se l’uomo
produce musica, in quanto strumento musicale in vibrazione simpatica con il cosmo, ogni suo
organo può produrre un suono (la, do, fa, sol, re) e riflettersi nelle caratteristiche timbricoespressive della voce (richiamo, risata, canto, lamento, sospiro). A questo punto solo la grande
arte d’ascolto del medico cinese potrà cogliere fra i segni del quadro di disarmonia i suoni vocali
degli organi e le corrispondenti note cogliendo la disarmonia ad ogni suono dissonante e per ogni
voce falsata dalla disarmonia. Ovviamente si tratta di indagare le predilezioni e le avversioni del
paziente nei confronti delle cinque note della scala pentatonica cinese e dei relativi accordi cui
dalla tradizione medica si sa corrispondere un certo viscere il cui disequilibrio si renderà
manifesto. A questo scopo si possono scegliere e/o creare delle composizioni musicali ad hoc
nella piena consapevolezza che sebbene la tradizione medica cinese, come molte altre, abbia
usato la musica per agire sull’uomo, non esiste nessuna raccolta autentica compilata
espressamente con fini terapeutici in quanto troppe sono le variabili che intervengono a rendere
il quadro diagnostico mutevole. In questo caso, come raramente accade, l’uso terapeutico della
musica non può che essere immanente.
Fra le tante definizioni possibili della musicoterapia ne cito una che considero
particolarmente interessante, sempre tratta dal testo di Lorenzetti: “E’ sempre stato abbastanza
complesso definire che cosa sia la musicoterapia. Rimane più semplice e chiarificante accertare
che cosa essa non sia. In questo caso - e nel contesto di questo materiale - mi pare che
l’espressione: ’sentire sé stessi e gli altri musicalmente e dialogare attraverso i suoni in un
incontro senza parole, tessuto di ritmi di ascolti di silenzi significanti’, sia un modo di parlare di
musicoterapia in termini semplici ma anche molto immediati.”
Un dato certo è che attraverso questa disciplina si tenta di dare una risposta soprattutto
ai problemi attinenti la comunicazione.
I campi di intervento della musicoterapia sono gli ambiti preventivo, riabilitativo e
terapeutico (rispetto a problematiche sia mentali che fisiche), ove essa opera in stretta
correlazione con la psichiatria, la neuropsichiatria infantile, la geriatria, la psicopedagogia. Nei
fatti, essa è attualmente applicata soprattutto alla riabilitazione ed alla terapia degli handicaps.
Le finalità principali dell’intervento musicoterapeutico sono:
1) Aprire canali di comunicazione
2) Favorire il raggiungimento di un maggiore equilibrio psicofisico (in armonia col soggetto).
3) Rendere possibile l’estrinsecarsi delle capacità espressive e creative del soggetto.
Le modalità di intervento sono molteplici e variano secondo le metodologie di riferimento.
L’attività si basa su un “setting” musicoterapeutico nel quale si svolge un’attività con regole
stabilite in precedenza, con caratteristiche ben precise come l’uso di determinati strumenti
musicali e non, con la stesura di un protocollo di osservazione, ed infine con la supervisione
periodica da parte di un tutor. Tutto questo viene solitamente discusso e valutato, in un
secondo momento, all’interno dell’équipe di lavoro, dove questa sia presente.
L’intervento musicoterapeutico deve tenere conto della “storia sonora” del soggetto a cui
si rivolge la terapia. Questo sarà possibile raccogliendo dati o dal paziente stesso o dai famigliari
sul vissuto sonoro della persona e dell’ambiente in cui è cresciuta.
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Vi sono due modalità generali di applicazione dell’intervento musicoterapeutico, quella
recettiva e quella attiva:
•
•
nella musicoterapia recettiva il terapeuta cerca di raggiungere la sfera emotiva del paziente
attraverso l’ascolto di brani scelti intenzionalmente: il paziente riceve la musica.
nella musicoterapia attiva il paziente fa la musica: ogni rumore, ogni suono può essere
considerato come mezzo d’espressione. Il paziente è invitato ad esprimersi con degli
strumenti semplici e facili da usare. La finalità di questa espressione non è di tipo estetico ma
ha lo scopo di fare emergere emozioni, pensieri, per liberare le tensioni, per aprirsi ad un
eventuale cambiamento, per raggiungere una presa di coscienza delle dinamiche che
causano i problemi stessi.
H.Searles: “Poiché i modi d’espressione del sentimento umano meglio si adattano ai modi
musicali che a quelli del linguaggio, la musica può rivelare la natura dei sentimenti con una
precisione ed una veridicità che il linguaggio non può raggiungere”.
PSICOFONIA
Un altro sistema terapeutico che affonda le proprie radici nella tradizione cinese è la
psicofonia altrimenti detta metodo dei suoni o dell’uomo sonoro depositato all’Accademia delle
Scienze di Parigi nel 1960 ad opera di Marie Louise Aucher. L’autrice, cantante lirica, parte dalla
considerazione che l’uomo è una cassa di risonanza, uno strumento musicale capace di vibrare
per simpatia dalla testa ai piedi qualora sollecitato dai suoni che si estendono per quattro intere
ottave lungo tutto il suo corpo. Durate gli anni di insegnamento, incontrando allievi con difficoltà
di emissione di particolari note e conoscendo le corrispondenze fra i suoni e gli organi della
pratica medica cinese, l’autrice del metodo ha rilevato la persistente concomitanza della
difficoltà di emissione o ricezione di certi suoni con disfunzioni in nascere o in atto dei
corrispondenti organi. Così come la voce manifesta la disarmonia, la voce ha il potere di
ricondurre l’armonia, di guarire. La voce guida di un insegnante può indurre l’attivazione
energetica, attraverso la ricettività del corpo per i suoni riflessi, alla stessa stregua degli
agopuntori data la corrispondenza dei punti di agopuntura con i punti di vibrazione.
"La nota Kon (fa) agisce sulla milza e mette l’uomo in armonia con la perfetta santità. La nota
Chang (sol) agisce sul polmone e emette l’uomo in armonia con la giustizia. La nota Kiao (la) agisce sul
fegato e mette l’uomo in armonia con la perfetta bontà. La nota Tche (do) agisce sul cuore e armonizza
l’uomo con i riti perfetti. La nota Yu (re) agisce sui reni e mette l’uomo in armonia con la saggezza."
Se Ma Tsienn
L’AMBIENTE
Che l’ambiente (e l’ambientazione) abbia un peso determinante nell’ascolto della musica è
fuori discussione: si pensi ad esempio alla diversa attenzione con cui il pubblico ascolta una
banda eseguire un concerto in teatro o all’aperto, magari in una giornata di festa. Nel primo caso
il pubblico è attento, compunto, vestito secondo i canoni che il cerimoniale del teatro impone;
nel sondo caso il pubblico è vestito in abbigliamento per lo più causal e le distrazioni
dell’ambiente giocano un ruolo decisivo, malgrado i musicisti suonino con il medesimo impegno e
vestiti comunque in divisa o con il frack da concerto.
E’ chiaro che nel rapporto didattico questo aspetto ha una importanza fondamentale: il
fatto che gli alunni vengano accompagnati nell’aula della musica risponde ad esigenze di tipo
strettamente tecnico (allontanarsi dalle aule dove altri alunni fanno lezione al fine di ridurre il
disturbo e l’inevitabile distrazione), ma può assumere per il ragazzo anche una notevole
implicazione psicologica: il quel momento l’alunno sta entrando, nella simulazione che
l’insegnante si preoccuperà di suggerire ai ragazzi, nel suo teatro virtuale, con tanto di pubblico
e di scena.
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SUONO E MOVIMENTO
Il suono è per ogni essere umano una realtà presente prima ancora della nascita: alcune
tra le più recenti ricerche sulla percezione del suono hanno rivolto i loro interessi all’evoluzione
del fenomeno percettivo partendo dal periodo prenatale. La condizione del feto è una condizione
particolare perché riceve i suoni sia dal corpo materno che dall’esterno. I suoni materni sono il
battito cardiaco, il flusso sanguigno, la respirazione, i movimenti degli organi addominali e del
liquido amniotico, a cui si aggiungono i suoni prodotti dalla voce della madre (parole, canti, grida,
risate, pianto, tosse, eccetera): questi suoni devono passare attraverso le varie parti del corpo,
per poi arrivare all’utero ed infine, attraversando il liquido amniotico, giungere finalmente al feto.
Sembra che in questa situazione la relazione suono-movimento sia fondamentale: il feto
percepisce taluni suoni costanti, come il battito cardiaco della madre, e talaltri irregolari o
episodici; a seconda che la madre sia attiva o stia dormendo arriveranno al feto più o meno
suoni. In questo modo il feto sperimenta alcuni ritmi vitali (come l’alternanza sonno-veglia): è
come se vi fosse una pre-conoscenza del mondo attraverso il suono e il movimento.
Il movimento, dal canto suo, è uno dei primi modi di comunicare fra madre e feto.
Generalmente la madre quando sente che il feto si muove gli parla: così il movimento fa nascere
la comunicazione fra i due. “È stato dimostrato, in base alle risposte motorie del feto, che già al
quarto-quinto mese di gravidanza il futuro neonato reagisce alla musica e sa riconoscere le voci
del padre e della madre.”
Il feto non conosce il silenzio: è questa un’esperienza possibile solo dopo la nascita. Il
suono, nell’esperienza fetale, è un segnale di vita, di vitalità: “... la prima forma di comunicazione
quando veniamo al mondo sono i vagiti, quindi i suoni. In questo senso la musicoterapia è una
chiave di accesso alla dimensione affettiva ed emotiva del paziente. Permette di stabilire con lui
una relazione, perché va a sollecitare, ad attivare un linguaggio primario.3”
Per completare il discorso sul suono nel periodo fetale, cito ancora da Lorenzetti: “A me
sembra che si possa congetturare la triade Movimento-Suono-Ritmo come triade originaria della
vita (e dello sviluppo del suo sviluppo), in quanto: ogni movimento genera suono; insiemi
organizzati di movimenti-suoni creano ritmi; nel canto, nella danza (e nel linguaggio) sono
presenti il movimento-suono e il movimento-ritmo. Il ritmo è ottenuto attraverso un susseguirsi
di eventi sonori differenziati per durata o altezza oppure distanziati da pause; anche il ritmo
contiene l’idea del movimento, come assenza che attende un ritorno del suono.
Il feto danza la vita nello spazio intrauterino, in una situazione abarica e volumetricamente avvolgente, contenente, piena di liquido mobile a ogni movimento fetale. Il feto sintonizza
le proprie pulsazioni del cuore sulla frequenza dei battiti cardiaci della madre, in un musicale
ritmare a eco (scambievolmente influenzantesi) la vita. In questo ovattato universo in
sospensione - costellato di ritmie e di aritmie sonore - la bussola orientante è la madre e le
sensazioni che il feto esperisce nel suo interagire con essa.
Dopo la nascita, il bambino inizia a incontrare il mondo, gli oggetti e le loro qualità “buone”
o “cattive” attraverso l’espressività della voce della madre. Pare, dunque, che l’esperienza
motoria-sonora-ritmica (e quella della voce e dei suoi aspetti fonosimbolici) sia una esperienza
da considerare, sotto certe prospettive, come qualche cosa da privilegiare, che gioca un ruolo
determinante nella vicenda umana.”
3
L.M.Lorenzetti, “Dall’educazione musicale alla musicoterapia” Zanibon, Padova - 1989 da cui sono tratte anche le
altre citazioni
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LA PERCEZIONE SONORA
La complessità del fenomeno sonoro non permette, il più delle volte, di “fissare”
l’esperienza percettiva: l’elemento temporale del fenomeno sonoro, ovvero l’aspetto di dinamicità
globale che lo caratterizza, non permette la catalogazione e una definizione degli aspetti
distintivi di questa esperienza.
Un altro problema riguarda la soggettività dell’esperienza percettiva: anche quando si sia
riusciti nel tentativo di individuare gli effetti e i contenuti di questa esperienza, non si è affatto
esaurito il compito. Infatti gli stessi contenuti sonori possono suscitare reazioni diverse a
seconda dei soggetti. L’ascolto musicale mette in funzione l’emisfero destro, quello cioè
deputato alle funzioni creative (immagini, suoni, elaborazioni ideative).
La percezione dei suoni avviene a più livelli, attraverso processi fisiologico/anatomici,
emozionale/affettivi e cognitivi.
L’ascolto di determinati suoni produce in ciascun individuo delle reazioni di tipo neurofisiologico: modificazioni del ritmo respiratorio e cardio-circolatorio, dell’attività cerebrale, del
riflesso psico-galvanico, dei flussi ormonali (endorfine).
Ma attraverso quali canali sensoriali avviene la percezione del suono? Questo è uno dei punti
forse più interessanti dello studio e della ricerca in campo musicoterapeutico.
Qualcuno si sarà domandato, sentendo parlare della applicazione della musicoterapia con
soggetti audiolesi, come fosse possibile l’utilizzo dei suoni nei casi in cui l’apparato uditivo sia
leso. Dicevamo sopra come il fenomeno sonoro sia un fenomeno complesso. Le vibrazioni che
accompagnano la produzione sonora, sono di tipo pressorio: le onde sonore si propagano sotto
forma di onde di pressione. Quando vi sia un orecchio predisposto all’ascolto, queste onde lo
raggiungono, rendendo così possibile la percezione acustica. Essendo però onde di pressione,
queste investono tutto il nostro corpo, ovvero possono essere percepite anche tattilmente dalla
superficie corporea. Così è possibile ad una persona affetta da sordità, percepire le vibrazioni
tramite il tatto. L’esperienza sonora trascende quindi il puro fatto auricolare.
² sul CD: Guardian Angel
Il brano che viene proposto a titolo di esempio di come l’ambientazione sia fondamentale
nell’immaginario psicologico dell’ascoltatore si possono portare tantissimi esempi: Tutti sanno che
la stereofonia è una finzione acustica, ovvero un artificio tecnico grazie al quale è possibile
simulare in qualche modo la binauralità dell’ascolto naturale, sia pure solo a livello orizzontale e
non – se non limitatamente- in profondità, ponendosi ad ascoltare le casse dell’impianto
stereofonico in un ipotetico triangolo i cui vertici sono equidistanti e sono costituiti, appunto,
dalle due casse e dall’orecchio dell’ascoltatore posto all’altezza dei tweeters, ovvero dei coni
che riproducono le frequenze alte.
Negli anni ’70 sono state fatte sperimentazioni in campo quadrifonico per tentare di dare
una tridimensionalità a questo suono, ma il costo dei materiali costruttivi e la tecnica disponibile
al tempo non consentirono risultati apprezzabili ed apprezzati dal grande pubblico. Oggi, al
contrario, l’abbattimento dei costi del materiale audio consente di installare in casa un piccolo
impianto di “home theatre” che riprende il concetto di quadrifonia resa più efficiente dalla
moderna tecnologia digitale, e consente di immergere l’ascoltatore al centro di un paesaggio
sonoro tridimensionale.
Naturalmente si tratta di una “finzione sonora” esattamente come la stereofonia….
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Ma per capire come la mente umana sia facilmente influenzabile, si ascolti il brano
“Guardian Angel” del cd. Apparentemente il brano sembra essere stato apparentemente suonato
in occasione del famosissimo concerto “Friday Night in San Francisco” dai tre chitarristi Paco De
Lucia, John McLaughlin ed Al di Meola.
Nella realtà nulla di questo pezzo è reale! Le chitarre accordate prima dell’inizio del
pezzo, gli applausi, i fischi, lo strisciare delle dita della mano sinistra sulle corde delle chitarre
acustiche, il compressore sulla chitarra elettrica che “rilascia” il segnale in modo sempre più
rapido al crescere della frequenza delle note, il diverso riverbero e la “lontananza” del suono
della chitarra elettrica (lo stesso, infatti, viene virtualmente prelevato da un amplificatore posto
sul palco a qualche distanza dall’esecutore) sono state interamente simulate con una
normalissima tastiera elettronica in commercio e neppure una tra le più costose, anzi, direi
assolutamente di classe media. Tutto è creato artificialmente, eppure la nostra mente ambienta
senza alcun indugio il concerto in uno stadio: addirittura aggiungendo in sottofondo lo
scricchiolio tipico dei vecchi dischi, si potrebbe far tranquillamente credere a chiunque che si
tratti di una registrazione dal disco originale in vinile, il buon, vecchio, 33 giri.
NELLA STORIA
Finché si tratta di parlare di un futuro bimbo in utero il discorso è complesso (tutto ciò
che si sa lo si scopre solo a posteriori, non essendo possibile agire in corpore vili), ma ancor più
complesso è avere a che fare con la macropsicologia, ovvero con il comportamento non più del
singolo individuo ma della collettività, ove interagiscono, sì, fattori psicologici ( e questo è vero
per la mente primitiva), ma anche e soprattutto fenomeni sociali ed economici.
In questa sede non si ritiene opportuno riportare alcunché di storia della musica:
occorrerebbe uno spazio ben maggiore e, del resto, il materiale didattico relativo alla storia della
musica è tutt’altro che raro o introvabile. Analizziamo quindi solo molto brevemente, e per
sommi capi l’evolversi del rapporto tra l’uomo ed i suoni nel corso dei millenni:
PREISTORIA
Il suono, non ancora perfettamente articolato è sicuramente strumento di comunicazione. L’uso
di tronchi cavi e conchiglie buche consente di trasmettere comunicazioni a grande distanza.
La musica è anche danza quale imitazione dei suoni della natura per esorcizzarne la paura.
EVO ANTICO
Il suono ormai è un linguaggio (anzi, più linguaggi) perfettamente coordinato e coerente,
tuttavia rimangono alcuni elementi legati all’utilizzo psicologico: nella antica Grecia si descrive
con il verbo αλαλαζυσιν (alalazusin) l’assalire i nemici in battaglia con grida scomposte (del
resto ancora oggi la nazionale di rugby della Nuova Zelanda accoglie i rivali con una inquietante
danza Maori….)
PERIODO MEDIOEVALE
Il suono è ormai gestito come armonia e melodia ed ha perso tutti i suoi connotati tribali: è il
suono dell’uomo gentile di corte che accompagna il più delle volte le relazioni sociali nella loro
complessità. E’ il suono della formalità ecclesiastica.
PERIODO BAROCCO
Il suono è adulto: Bach è in grado di creare dissonanze e sonorità estremamente complesse e di
esplorare rapporti squisitamente matematici.
PERIODO ROMANTICO
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Il suono è anima: Chopin e Beethoven descrivono in musica il tormento dell’anima, Schiller in
poesia, Goethe in letteratura, Goya in pittura, Hegel in filosofia
EVO MODERNO
L’uomo torna al suono tribale, alla ricerca di nuove sonorità: la nascita dell’elettronica consente
di creare suoni innaturali e manipolare quelli naturali plasmandoli a piacere.
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FISICA DEL SUONO
Che cosa è il suono?
Fino ad ora abbiamo analizzato come vada affrontato un corretto approccio con il mondo
del suono in generale e della musica in particolare, ma abbiamo sempre dato per scontato i
concetti di suono, timbro, tempo, dinamica, volume: è ora tempo di entrare nel dettaglio di
questo affascinante mondo che è quello del suono.
Definiamo fin da subito il suono come quella forma d’onda (vibrazione) che viene recepita,
decodificata e trasmessa al nostro cervello attraverso il sistema uditivo (per la maggior parte)
ed attraverso la percezione della pelle (per una minima parte). La forma d’onda, a sua volta è
frutto di una vibrazione prodotta da un oggetto in simpatia con un altro oggetto. Il suono,
tuttavia, è un elemento estremamente complesso: dalla sua generazione alla nostra percezionedecodifica esso subisce innumerevoli modificazioni ed interagisce con l’ambiente circostante, a
sua volta agisce in simpatia con altri oggetti ai quali applica a sua volta vibrazioni e si
arricchisce, nel suo percorso, del suono di questi ultimi (elemento armonico).
La propagazione del suono è strettamente correlata all’ambiente in cui esso viene
generato: è evidente a tutti che un clackson suonato in garage ha un volume più forte del
medesimo clacskon suonato all’aperto; allo stesso modo è evidente che la voce dell’insegnante,
più che sufficiente in un’aula, si perde, poi, tra le mura ed i rimbombi di una palestra…..
Il concetto di suono
Partire dal silenzio per dare una definizione del suono può sembrare un paradosso. Eppure
ogni fenomeno sonoro, che sia appena percettibile o che superi il frastuono più assordante, non
è niente altro che l’interruzione di uno stato di quiete dell’aria: l’immobilità (almeno apparente)
dell’atmosfera, quel senso di pace, o di vuoto, o di attesa che noi chiamiamo silenzio ad un
tratto vengono scossi, messi in agitazione, disturbati o ravvivati da un impulso dinamico, un
movimento, una forza (il vento, il passaggio di un’auto, la sollecitazione di una corda) che si
trasmette nell’aria (ad una velocità di 340 metri al secondo), modifica la pressione atmosferica e
giunge – attenuata dalla distanza, amplificata dal nostro stupore, mascherata da altre forze
presenti, filtrata da innumerevoli diaframmi – alla membrana del nostro orecchio, facendola
vibrare. Queste vibrazioni, trasmesse a loro volta attraverso i centri nervosi del cervello, sono
ciò che chiamiamo suono.
Il suono è dunque quell’evento compreso tra due silenzi potenzialmente infiniti.
L’immagine del sasso lanciato nello stagno può essere un esempio: il sasso affonda, ma i
cerchi d’acqua sempre più ampi portano a riva il suono della sua caduta: allo stesso modo una
piccola sollecitazione sulla corda di una chitarra, una minima quantità di energia si affida all’aria e
giunge fino a noi; non potrebbe accadere senza questo mezzo di trasmissione così
opportunamente elastico e comprimibile: infatti nel vuoto non c’è trasmissione di suono.
All’origine del suono, quindi, c’è un processo dinamico, una serie di variazioni di
pressione senza le quali il nostro organo percettivo non verrebbe sensibilizzato. Ma vediamo più
da vicino la natura di queste variazioni: se è vero che noi siamo sempre in grado di distinguere il
suono del vento dal suono di una chitarra o suoni diversi tra loro in uno stesso strumento, o
ancor più sottilmente, di percepire molteplici connotazioni dinamiche in un medesimo suono, è
anche vero che le variazioni di pressione trasmesse al nostro orecchio contengono una notevole
complessità di informazioni necessarie alla nostra percezione: non ci spiegheremo altrimenti la
nostra "bravura" nel distinguere un suono di una foglia che cade da quello di un foglio di carta, o
dal suono di una chitarra classica da quello di una chitarra elettrica.
Praticamente un suono è un’onda continua, costituita da diversi livelli di pressione, che
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attraversa l’aria. Come tutte le onde, l’onda sonora ha caratteristiche di rifrazione, riflessione,
rarefazione etc..
La rappresentazione più intuitiva della generazione del suono ci può essere offerta da una
corda tesa tra due vincoli. Un colpo di plettro (la classica penna per suonare la chitarra) la
spinge ad oscillare intorno ad una posizione di equilibrio, costringendo l’aria intorno a seguirla in
questo continuo fluttuare; le molecole intorno continuano questa altalena: compressioneequilibrio-rarefazione. Sono le onde sonore strati d’aria alternativamente compressi e
rarefatti, che si propagano intorno alla corda e giungono al nostro orecchio. Questo
processo invisibile ha una sua rappresentazione grafica che possiamo intuitivamente visualizzare
in questo modo: fissiamo al centro della lunghezza della corda una punta incisiva e mettiamola a
contatto con una lastra che facciamo scorrere a velocità costante; le oscillazioni della corda
disegnano sulla superficie l’impronta fondamentale del suono nel tempo, la sinusoide.
Ogni variazione delle sollecitazioni sulla corda viene a rappresentarsi fedelmente sulla
lastra: se la corda suona più forte, le curve si disegnano più alte; e non solo: se suoniamo una
nota più acuta (raccorciando la lunghezza della corda), esse si infittiscono e in una stessa
porzione di tempo se ne disegna una quantità maggiore. Abbiamo visualizzato praticamente i due
parametri fondamentali del suono: l’intensità e l’altezza; questi non bastano a identificare
univocamente ogni evento sonoro, ma senza dubbio ne rappresentano l’ ineliminabile fisicità
oggettiva.
Analizziamo la figura qui sopra riportata che riproduce l’onda sinusoidale (un’onda per
altro teorica ed ipotetica, e poi vedremo perché…..): il parametro a esprime l’ampiezza dell’onda
ed è la distanza tra i punti di massima compressione e di massima rarefazione dell’onda; è il suo
valore a determinare l’intensità oggettiva del suono. Il tempo che l’onda impiega per compiere un
ciclo completo (compressione, equilibrio, rarefazione) è chiamato periodo (T): ad ogni periodo
l’onda si ripete uguale a se stessa. La frequenza esprime il numero di oscillazioni compiute
nell’unità di tempo, cioè il numero di cicli che l’onda compie in un secondo. Il suo valore calcolato
in Hertz, risulta dalla relazione f=1/T.
Una frequenza di 880 Hz, per esempio, compie in un secondo 880 oscillazioni, e il tempo
impiegato per una sola oscillazione è uguale a 0,00113636 secondi dato che 880 Hz =
1/0,00113636. Ovviamente se T fosse uguale ad 1, avremmo una nota di frequenza 1 Hz. La
nota La, universalmente considerata come riferimento dell’intonazione nella musica classica (nel
jazz è 442, ovvero ha un maggior pitch, come si dice in gergo tecnico) ha una frequenza 440
Hz. Il parametro l indica la lunghezza d’onda: è la distanza più breve tra due punti che nello
stesso istante del ciclo hanno uguale ampiezza di vibrazione e uguale fase.
Solo per completezza affermiamo che l è direttamente proporzionale alla velocità con cui
si propaga l’energia dell’onda nell’aria ed al periodo di oscillazione:
l =vT=v/f. Il valore di v nell’aria a temperatura di 20°C è di 340 m/ sec. 4
4
Proprio grazie a questa semplice formula è possibile calcolare la approssimativa distanza di fulmine:
basta contare quanti secondi dividono il lampo dal suo tuono e moltiplicare questo tempo per 340/m
sec. per conoscere con buona approssimazione questo valore.
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Abbiamo già visto che l’ampiezza dell’onda sonora è una misura della pressione, cioè
definisce la quantità di particelle d’aria messe in vibrazione dal corpo oscillante. Il nostro
orecchio percepisce una parte di questa energia, ricevendo appunto una sensazione di intensità:
suoni più deboli, altri più forti. Ciò che chiamiamo volume è la percezione soggettiva delle
caratteristiche complessive del suono (frequenza, intensità, durata, timbro).
In pratica il valore in decibel (l’unità di misura empirica della quantità di volume),
rappresenta il cosiddetto rapporto signal to noise (segnale/rumore) cioè il rapporto che c’è tra il
suono prodotto ed il rumore di fondo. Tale rapporto viene chiamato dinamica: essa è il rapporto
matematico tra il minore ed il maggiore volume di un suono.
Un esempio pratico e concreto: dire che un brano di musica rock o da discoteca ha
dinamica è errato: magari questo pezzo musicale avrà un volume alto, ma solitamente questi
generi musicali hanno una dinamica molto limitata. Al contrario Le Sacrè du Printemps di
Stravinsky o la Nona di Beethoven, pur se eseguite a basso volume, hanno una notevole
dinamica: ovvero il divario tra i pianissimo (quando non addirittura veri e propri momenti di
silenzio…) ed i fortissimo ha una grande escursione in Decibel (d’ora in poi semplicemente db),
ovvero un elevato rapporto matematico.
ELEMENTI SONORI
All’inizio del paragrafo precedente descrivevo più che altro teorica la forma d’onda
sinusoidale: essa infatti non esiste in natura e può essere creata artificialmente solo per il
tramite di un generatore di suoni elettronico, detto oscillatore che è la “corda vocale” del
moderno sintetizzatore. In realtà il suono già nel suo formarsi si arricchisce di elementi spuri che
ne determinano la ricchezza timbrica. Essi possono essere generati dallo stesso strumento che
ha generato il suono, ma anche da elementi esterni.
Gli elementi INTERNI di un suono sono le onde armoniche, ovvero forme d’onda multiple
della forma d’onda principale che ne arricchiscono il suono e che hanno con la principale un
rapporto matematico piuttosto preciso: esse sono generate da una pletora di fattori, ma per lo
più dalla simpatia e dalla risonanza generata dallo strumento stesso: si provi ad esempio a
tenere premuto il pedale del pianoforte –lasciando, dunque, tutte le corde libere di vibrare-,
suonando un accordo ci accorgeremo che sono entrate in vibrazione anche le ottave delle note
da noi percosse e le quinte seppure con un volume inferiore. Vi sono strumenti che basano la
loro stessa voce sulle risonanze interne: si pensi al sitar, strumento in cui un certo numero di
corde vengono di proposito lasciate libere di risuonare per simpatia al fine di generare un effetto
“flanger”, ovvero di leggerissimo sfasamento dalla forma d’onda principale di cui ne arricchiscono
il contenuto armonico.
Gli elementi esterni sono molteplici e dipendono essenzialmente da:
-
-
condizioni atmosferiche, climatiche e geografiche. Chi si è mai domandato perché più ci si
avvicina all’equatore, più gli strumenti sono afoni? Chi si è domandato che rapporto ci sia tra
la rarefazione dell’aria in montagna e l’uso di strumenti ad ancia o comunque strumenti dalla
voce possente?
condizioni contingenti legate all’ambiente: l’ambiente SUONA, basta parlare ad una classe
semideserta in periodo influenzale per accorgersi di come l’aula risponda diversamente
rispetto a quando in essa si riuniscono due classi di alunni.
L’uomo ha saputo studiare questi fenomeni ha saputo adattare nei secoli i propri strumenti
ed il proprio modo di suonare: tirata d’archi e viella (antenato del violino) nella Germania barocca
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e leziosa, potente suono di sax nell’affollato e rumoroso pub di Chicago degli anni ‘20; suono di
tamburi nelle primitive forme di comunicazioni a distanza, raffinato suono di percussioni, batteria
e campanellini nelle moderne registrazioni digitali di jazz.
Il suono è, dunque, fortemente condizionato da elementi sociali, ma anche fisici,
meteorologici e geografici. Ma che cosa è esattamente il suono dal punto di vista fisico?
Tutti sanno che il suono é una entitá fisica che si basa sul concetto di onda, che all'atto
pratico é una specie di vibrazione. Ora, ogni suono induce vibrazioni diverse sul mezzo che ne é
preposto alla ricezione, come per esempio un microfono o l'orecchio. Quindi, per registrare il
suono, vorremmo saper descrivere la vibrazione che esso induce. Per far questo utilizziamo il
concetto matematico di funzione. Un'onda sonora é in pratica una funzione del tempo, perché
essa descrive la vibrazione al variare del tempo (in realtá essa é anche funzione dello spazio, ma
noi assumeremo di descrivere la vibrazione in un determinato punto dello spazio, eliminando
questa scomoda variabile).
L'onda sonora più semplice che possiamo immaginare é l'onda armonica sinusoidale, che ha
questa forma:
Si tratta di una serie ininterrotta di onde che salgono e scendono. Il suo suono è un tono
continuo, che riproduce sempre la stessa nota. Ora, un'onda armonica possiede alcune
caratteristiche la rendono unica. Esse sono la frequenza e l'ampiezza.
Nella prima vediamo che le onde sono piú diradate rispetto alla seconda: questo significa che la
prima onda possiede una frequenza piú bassa rispetto alla seconda, con una conseguente
variazione della nota riprodotta : la prima sarà più grave rispetto alla seconda.
La frequenza si misura in Hertz (Hz) e, come abbiamo visto, tanto é più grande questo
valore, tanto più la nota riprodotta sarà acuta. La seconda caratteristica, l' ampiezza,
rappresenta l'altezza che le onde possiedono: più questa altezza é grande, più il suono avrà un
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volume elevato.
Supponete adesso di avere due onde armoniche di diversa frequenza, che quindi
riproducono due note diverse, e supponete di volerle suonare contemporaneamente. Per fare
questo non dovete fare altro che sommare, istante per istante, le due forme d'onda, che si
combineranno quindi in una nuova onda. Vediamo come avviene questo processo nel disegno di
destra riportato alla pagina precedente.
L'onda risultate ha una forma molto strana, dovuta alla somma delle due onde originali. In
effetti le onde sonore assumono di solito forma ben piú strana ed imprevedibile. Tuttavia esse
possono essere sempre ricondotte alla somma di forme d'onda piú semplici. Ed é da questa
considerazione che Fourier inventò l'analisi armonica, di fondamentale importanza nella moderna
teoria dei segnali.
LA GENERAZIONE DEL SUONO
Credo che siamo giunti, finalmente, nella parte centrale di questo lavoro: la generazione
del suono è un argomento affascinante che può divenire materia di studio per gli alunni: in
modo simpatico, forse anche ludico possono entrare in contatto con un affascinante mondo
che è, in definitiva, quello della fisica.
Anche noi, a nostra volta, cercheremo di rendere il tutto il più piacevole possibile,
semplificando –anzi, spesso banalizzando- laddove sarebbero necessarie approfondite
conoscenze di fisica e cercheremo, nei limiti del possibile, di rendere quanto più possibile pratica
e tecnica una relazione che rischia di perdersi in un mondo solo teorico.
A proposito di semplicità: per capire che cosa, come e perché uno strumento suona,
ridurremo la generazione del suono a DUE soli elementi determinanti: il DRIVER (ECCITATORE) ed
il RESONATOR (RISUONATORE), rimandando a dopo la disamina degli elementi esterni che
contribuiscono alla generazione di un suono.
IL DRIVER
Il driver è la CAUSA del suono, ovvero quella parte dello strumento che mette in movimento l’aria.
Esso può assumere le più svariate forme ed essere costituito dai più svariati elementi,
vediamone solamente alcuni presi tra i più comuni strumenti musicali:
Violino/Viola/Violoncello/Contrabb.
Chitarra / Mandolino /Plettri
Tromba/trombone/corno inglese
Sax/fagotto/oboe
Tamburo/percussioni
Flauto/Organo
Pianoforte
Archetto che, per attrito, mette in vibrazione le corde
Le corde pizzicate dalle dita o dal plettro
La vibrazione dell’aria attraverso le labbra
La vibrazione dell’aria nell’ancia
La percussione della membrana sonora
La vibrazione dell’aria nel corpo cavo dello strumento
La percussione dei martelletti sulle corde
Il DRIVER è dunque ciò che GENERA il SUONO: la sua forma fisica ed il materiale con cui
esso è costruito influenzano naturalmente la generazione del timbro dello strumento: ne sanno
qualcosa i pianisti dei saloon americani che applicavano puntine da disegno in metallo sui
martelletti dei loro pianoforti per sovrastare il chiasso degli avventori…. Sarebbe dunque
importante far eseguire una ricerca agli alunni su quali siano i drivers nei più comuni strumenti
musicali: oltre a tutto la divisione per drivers è alla base della divisione delle sezioni degli
strumenti musicali nell’orchestra classica: sarà per noi utile, ad esempio, stimolare gli alunni a
capire per quale motivo il flauto si trova tra i “legni” anziché tra gli “ottoni” ed i “fiati” in
generale come una prima, approssimativa analisi, farebbe supporre.
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Il RESONATOR è costituito dal CORPO dello strumento che risponde per simpatia alla
vibrazione dell’aria generata dal driver. Nella chitarra è la doppia pancia della cassa armonica, nel
tamburo è il fusto, nel flauto è il corpo dello strumento, nell’organo è il “flauto” di ciascuna
canna, nel pianoforte è il grande mobile di legno e l’arpa metallica interna.
E’ interessante notare come sia sempre possibile per uno strumento alzarsi di tonalità,
ma mai abbassarsi: questo perché l’alzarsi della tonalità è possibile modificando la struttura fisica
della risonanza dell’aria nello strumento (ad esempio “accorciando” la colonna d’aria del flauto
aprendo via via le chiavi), mentre la discesa sotto l’estensione dello strumento presuppone una
modifica fisica dello stesso: si pensi ad esempio alla gamma degli archi: il violino è in grado di
suonare note elevatissime in frequenza, fino a far esplodere un bicchiere di cristallo utilizzando le
armoniche, non è in grado di suonare note più basse di un re: sotto tale nota occorre utilizzare
la viola da gamba, poi il violoncello ed infine il contrabbasso. Allo stesso modo il multiplo inferiore
del fagotto è il controfagotto.
Quindi possiamo ben pensare che vi sono delle aree di estensione comune tra gli
strumenti, ma solo per quello che concerne la gamma alta dei suoni di ogni singolo strumento e
mai per quanto concerne la gamma bassa, il cui limite fisiologico è evidente per motivi fisici: una
cassa armonica grande una spanna per una spanna non può fisicamente produrre una forma
d’onda di 100 Hertz in quanto il diametro sonoro dello strumento e la lunghezza della corda
fisicamente non lo consentono.
CONTRABBASSO
VIOLONCELLO
VIOLA
VIOLINO
***********************************
*
***********************************
*
***********************************
*
Allo stesso modo nell’area condivisa tra gli strumenti il suono non sarà comunque uguale:
è evidente che l’ottava condivisa tra contrabbasso e violoncello sarà eseguita con un contenuto
armonico più ricco di frequenze basse da parte del primo rispetto al secondo e ciò in virtù del
maggior volume dello strumento in generale e del piano armonico (la tavola di legno superiore
dello strumento) in particolare.
INTERAZIONE TRA DRIVER E RESONATOR
E’ ovvio che tra driver e resonator vi è una costante interazione: in questo senso è, anzi,
stimolante per gli alunni compiere alcuni esperimenti provando tra di loro diverse combinazioni
driver-resonator. Sé è vero, infatti, che non è possibile suonare un flauto con l’archetto, è vero,
tuttavia, che è possibile suonare una chitarra con una bacchetta di batteria o provare a mettere
in vibrazione la prima o la sesta corda con l’archetto del violino. Allo stesso modo di può tentare,
aiutandosi con del nastro isolante, ad applicare un’ancia ad una tromba, oppure suonare un
clarino provo del suo bocchino, come fosse una tromba.
Allo stesso modo è possibile costruirs i strumenti completamente inventati con materiale
reperito in casa: un imbuto con un tubo di gomma può essere suonato come una trombetta, il
classico pettine con carta velina è un eccellente sax, una scatola di cartone con elastici tesi
diviene subito un dulcimer o una chitarrina.
Alla fine dell’esercitazione l’alunno dovrebbe essere in grado di saper descrivere a priori e
con certezza l’esito di una ibridizzazione di uno strumento musicale o la modifica della sua
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struttura fisica.
Queste le domande possibili, cui l’alunno dovrebbe saper rispondere a priori, una volta effettuati
alcuni esperimenti empirici.
SCHEDA OPERATIVA – Che cosa succede se…..
- se soffiamo in una bottiglia ed aggiungiamo o togliamo acqua al suo interno?
- una volta gonfiato un palloncino è possibile farlo suonare facendo uscire l’aria in esso
contenuto poco alla volta: che cosa succede allargando e stringendo con le mani il foro di
uscita?
- che cosa succede premendo sul corpo del palloncino e quindi aumentando la pressione di
uscita?
- che suono otterrò da un flauto dolce privato del driver (la parte superiore) e suonato come
fosse una trombetta?
- che suono otterrò da una chitarra percossa sulle corde con una bacchetta della batteria? Se
le bacchette sono di legno? E cosa succede se le bacchette sono di metallo?
- perché allungando ed accorciando un elastico il suono cambia? Perché appoggiandone una
estremità ad un armadio il volume diviene sensibilmente più alto? Perché l’armadio suona
meglio della scrivania ed un armadio in metallo rende il suono più lungo di uno in legno?
- facendo girare dell’acqua in un pentolino, posso percuoterlo ed ottenere un gradevole suono:
che risultato otterrò aggiungendo o togliendo acqua ed aumentando la velocità di rotazione?
E se suonassi il pentolino direttamente in una vaschetta d’acqua?
- Eccetera
Sembra solo un gioco… eppure la Yamaha ha prodotto una
tastiera elettronica dal costo di svariati milioni di lire –la VL1in grado, tramite un algoritmo matematico che ricalcola i
modelli fisici, di combinare assieme tra di loro qualsiasi driver
con qualsiasi resonator: l’idea di poter suonare un flauto con
l’archetto non sembra allora essere tanto balzana… L’ immagine
rappresenta un sax con due soli tasti con addirittura il
bocchino impiantato nella campana di risonanza.
Nella parte di sinistra del phisical modeller si possono scegliere i
drivers, nella parte destra i resonators e nella parte inferiore è
possibile definire il body dello strumento, ovvero la sua
ampiezza fisica.
Una volta definito lo strumento è possibile entrare in una
stanza virtuale in cui si definiscono tutti i parametri
dell’ambiente simulato…. Sarà così possibile emulare il suono di
un contrabbasso dotato di tasti ed alto 5 piedi o oltre, suonato
con il fiato - magari attraverso un’ancia- all’interno di una
scatola di cerini e ripreso con un microfono interno allo
strumento ed un altro posizionato –sempre all’interno della
scatola di cerini- a due metri di distanza……
Infine il colpo del maestro: tramite i controllers (comandi
espressivi) “tongue” e “Throath formant” sarà possibile definire
la posizione della lingua e la conformazione del cavo orale,
parametri fondamentali per uno strumento a fiato.
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L’EDUCAZIONE MUSICALE IN PRATICA
Come detto in precedenza, l’obiettivo principale dell’educazione musicale scolastica non è
quello mistificante e mistificatorio di creare musicisti in erba, spesso poco o per nulla motivati,
ma quello di dotare i ragazzi di una capacità di:
-
ascolto attento
ascolto critico
ascolto ragionato
funzioni per lo più sopite nella maggioranza delle persone in occidente, spesso a causa della
grande inflazione della presenza della musica in ogni dove, spesso anche in luoghi in cui sarebbe
preferibile di gran lunga il silenzio.
Oltre a tutto le energie spese dall’insegnante a trasmettere all’alunno il concetto relativo
alla capacità di concentrazione ed all’attenzione, finisce con il giovare (attraverso esperienze
ludiche gradite all’alunno) sul profitto e sulla condotta in generale.
Sarà dunque ora di abbandonare l’antiquato concetto pragmatico per il quale la musica è
l’arte dei suoni in senso elevato e nobile, ovvero come un privilegio di pochi e fortunati adepti in
possesso delle chiavi di questo esoterico sistema. La musica classica è solo uno dei tenti generi
musicali, per lo più la più lontana dalla sensibilità del giovane d’oggi che, in contatto con essa,
finisce con il chiudersi a riccio rifiutando qualsiasi ulteriore esperienza.
La musica, al contrario, è solo uno dei tanti punti di vista sui suoni e tutti i punt i di vista
hanno una loro validità: nessuno è più legittimato di altri. Bach vale tanto quanto i Sex Pistols
dal punto di vista estrinseco, esattamente come l’incensato Andy Warhol, designer delle lattine
di pomodoro Campbell vale quanto un Michelangelo. Il ché significa concentrarsi tanto sull’uno
quanto sull’altro, rilevandone gli specifici significati e valori storico musicologici; non
dimentichiamoci che il suono celestiale e geniale del violino di un Paganini sarà pur passato prima
per lo stridio del principiante…..
Dunque il primo compito pedagogico consisterà nell’insegnamento della capacità di
analizzare i suoni e creare collegamenti logici; poi si passerà, in una seconda fase parallela alla
precedente ma con un minor grado di ripidità, all’astrazione, e ciò mediante:
-
fabbricazione della musica come analizzato in precedenza;
espressione musicale, ovvero estrinsecazione del soggetto ed autorealizzazione istintiva;
comunicazione, quindi razionalizzazione ed organizzazione delle idee musicali al fine di
stabilire con gli altri un linguaggio comune con cui intendersi;
ricerca come esplorazione della natura, ma anche esplorazione storica e sociale;
stimolo di comportamenti interni ed esterni grazie al potente potere psicagogico della
musica e del suono in generale.
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SCHEDA OPERATIVA
L’alunno deve ricreare l’ambiente della cucina (vedi pag. 9) o un altro ambiente a sua scelta: il
supermercato, la stazione, una via affollata, la stessa classe, facendo attenzione ai rumori
presenti nell’ambiente studiato, ai piani sonori, ai dettagli di profondità ed al tempo. Strumento
utilizzato: il registratore o la voce che imita i suoni presenti nell’ambiente: l’ alunno potrà
utilizzare uno storyboard (asse del tempo, copione) nel quale segnare la successione
dell’evento ed i colori per disegnare l’evento indicandone il volume sonoro: a colore più scuro
corrisponde volume più alto.
Di ogni singolo evento è possibile definire:
-
durata ed eventuale concomitanza con altri suoni;
volume;
classificazione secondo la qualità (suono acuto o basso, cupo o chiaro, secco o morbido?);
classificazione secondo la tipologia della fonte che l’ha generato (riconoscimento di diversi
motori di autoveicoli e motociclette, riconoscimento dei vari tipi di clacson, ecc.);
eventuale analogia con altri suoni prodotti dalla stessa fonte;
eventuale analogia con suoni prodotti da fonti diverse, imitabilità del suono.
Altezza del suono: fare una scala grafica dei suoni ascoltati dal più basso al più acuto;
Dinamica del suono: fare un scala grafica dei suoni ascoltati in base al volume.
In un gioco di squadra ciascun alunno eseguirà il suono a lui assegnato mentre l’insegnante o un
altro alunno fa scorrere il dito sullo storyboard che descrive la sceneggiatura sonora
dell’ambiente registrato.
Per fare tutto ciò occorre, tuttavia, scomporre la musica nei suoi elementi minimi per far
capire all’alunno la struttura, l’ossatura. Una volta padroneggiata la materia sarà ben più che
probabile che si ottengano risultati sonori che vanno bene al di là della sola didattica.
Gli elementi di cui è composto un brano musicale: ritmo, armonia, melodia, capendo e
padroneggiando questi tre elementi sarà facile per l’alunno comporre brani di pregevole risultato
finale.
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IL RITMO
Ogni suono ha una su durata determinata, oppure potremmo anche dire che il tempo è
scandito da eventi sonori che ne occupano una determinata porzione: il suono è, dunque,
delimitato da silenzi o dal cambio degli aspetti dei suoni (altezza, colore, attacco, volume, ecc.).
A livello psicologico gli elementi sonori di una determinata frase (rumore, parlato, musica)
in realtà non vengono percepiti come singoli elementi, ma vengono contestualizzati: tanto è vero
che facendo sentire ad una persona qualunque il suono di una lunga e potente frenata, viene
spontaneo pensare, in conseguenza, al rumore metallico delle lamiere delle due automobili
coinvolte nell’incidente. Oppure, sentendo un lungo fischio calante, viene naturale pensare, poi,
allo scoppio di un petardo. Questo perché l’esperienza ci ha insegnato a concatenare
logicamente determinate sequenze sonore.
Tale raggruppamento logico è possibile grazie al “presente psicologico”, ovvero quella
capacità di avere a priori una percezione globale di eventi che, nella realtà, sono successivi.
Ecco, allora, che quando si parla di RITMO abbiamo, da un lato, una serie di eventi sonori
scanditi nel tempo e dall’altro la nostra capacità percettiva che ci consente di creare dei
raggruppamenti logici.
Questa attività è talmente importante nella psicologia umana che anche quando gli stimoli
sono identici dal punto di vista fisico (per esempio: una goccia d’acqua che cade ad intervalli
regolari) siamo portati a percepirli per raggruppamenti, attribuendo al fenomeno un ritmo che in
realtà esso non ha affatto ( P.Fraisse in Psycologie du ritme, Parigi 1974). E questo perché vi è
una strettissima correlazione nella mentalità umana tra ritmo e movimento: chi non ha mai
battuto il piede al ritmo della musica?
Naturalmente il ritmo è anche un fenomeno sociale laddove diviene guida per più persone
contemporaneamente: è questo, ad esempio, il caso del ballo in cui l’elemento socialità assume
uno dei valori più elevati.
Se, dunque, il movimento ha in comune con il ritmo il decorso del tempo ed il nostro
corpo è il più naturale mezzo espressivo, lo sviluppo del senso ritmico diviene la capacità di
percepire, capire, riprodurre, memorizzare ed elaborare strutture ritmiche di ogni genere.
Il metodo Orff privilegia, appunto, l’educazione ritmica attraverso la percezione, la
memorizzazione e l’elaborazione attraverso l’improvvisazione e la composizione di tutti i ritmi
possibili ed immaginabili dalla fervida mente di un allievo, e poiché per i bimbi il mezzo privilegiato
di comunicazione è il corpo, propone di utilizzarlo appieno per proporre eventi ritmici di ogni
genere, in modo individuale e collettivo, partendo, ovviamente, da frasi ritiche elementari, per
poi addentrarsi nella poliritmì a5, nei movimenti deboli della battuta (il levare, alla base di tutta la
musica jazz), fino a giungere a ritmi “liberi” ovvero quelli non vincolati da alcuna ciclicità (i suoni
in natura)
Per far e ciò si può fare quel gioco-esercizio che gli attori conoscono bene e che consiste
nel pronunciare frasi o parole scandendo tempi sillabici diversi. Stefani in Educazione musicale di
base (Ed.La Scuola, 1979) prende ad esempio la parola:
TULIPANO
che viene normalmente pronunciata come tuli-pano e questo in quanto si rende necessaria una
infinitesima pausa alle labbra per formare la labiale “p”. Ma la stessa parola potrebbe anche
5
Naturalmente l’esplorazione della poliritmia richiede una maturità superiore: è ovvio che solo bambini di età superiore ai
10 anni hanno maturato sufficienti conoscenze ed esperienze musicali e capacità di analisi e motorie per addentrarsi in
questo genere che richiede grande tecnica ed una grossa capacità di concentrazione.
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essere pronunciata come:
tu-lipa-no
tu-lipano
utilizzando piccolissime pause espressive
Non dimentichiamo mai che il silenzio è un elemento essenziale del ritmo e che è il nonsuono che dà senso al suono; pause e suoni sono legati in un rapporto sinallagmatico
inscindibile: gli uni non esisterebbero senza le altre.
Dalla parola alla frase: gli attori imparano con l’esercizio a ripetere decine di volte la
medesima frase dando ad essa un significato diverso semplicemente spostandone gli accenti e la
velocità di dizione ( p=pausa)
“Hai preso tu (p) il latte?”
“Hai preso (p) tu il latte? ”
“Hai preso tu il (p) latte?”
è la medesima frase che assume toni minacciosi, affettuosi, preoccupati, semplicemente con lo
spostamento di un accento e della velocità di dizione.
SCHEDA OPERATIVA
- Far proporre agli allievi un ritmo che sappiano riprodurre senza difficoltà anche a distanza di
tempo (quindi non un ritmo scomposto ed improvvisato al momento); mentre il “compositore”
(colui che ha proposto il ritmo) tiene il tempo, vedere se qualche “arrangiatore” riesce a
proporre delle rielaborazioni sovrapposte di buon interesse musicale. Si tratta molto
semplicemente di organizzare un RAP, ovvero del parlato su di un ritmo musicale, un genere
musicale che ai bambini di oggi piace moltissimo ed è assolutamente familiare.
- Far suonare un brano magari un valzer viennese, data la semplice struttura ritmica di questo
genere di brani, oppure con l’utilizzo semplicemente del metronomo: ciascun allievo dovrà
imitare un diverso mestiere o una diversa azione al tempo della musica. Con il tempo
consigliare ai musicisti di sincronizzare il loro respiro al ritmo del metronomo. Se, infatti, ciò
non è molto importante quando il ritmo è lento, diviene fondamentale quando la velocità del
metronomo viene aumentata e vi è la necessità di fare fronte ad una maggiore richiesta di
ossigeno da parte dell’organismo e la sincronizzazione diviene essenziale.
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ARMONIA
Come si è visto in precedenza il primo strumento da padroneggiare sono la voce ed i
rumori che è possibile ottenere con mani e piedi, ovvero i rumori che siamo in grado di produrre
con il nostro corpo. Ma più in generale in fondo tutti gli strumenti musicali sono il prolungamento
del nostro corpo: come un qualsiasi utensile, lo strumento musicale è un modo di potenziale le
nostre innate e naturali capacità, di fare ciò in cui la natura ci ha, in qualche modo, limitati.
Ogni strumento musicale ci parla dell’uomo e della sua cultura o, meglio, di particolari
uomini e particolari culture: in questo senso i più interessanti sono gli strumenti colti, quelli della
musica classica. Essi sono indice di particolari gusti, ambienti, esigenze sociali, ma anche il
simbolo dello sforzo dell’uomo di raggiungere elevati livelli di perfezione, tecnica e progresso. Essi
sono l’evoluzione scientifica degli strumenti popolari che hanno la loro importanza nel primato
dell’essere apparsi. In questo senso vi è materiale a sufficienza per far studiare ai ragazzi la
FAMIGLIE degli strumenti musicali e la loro provenienza:
SCHEDA OPERATIVA
- Ricerca sugli strumenti musicali, divisi per famiglie omogenee: i cordofoni, gli ariofoni, le
percussioni eccetera. Ogni gruppo dovrà studiare una classe di questi strumenti e poi
suddividersi in sottogruppi per sottoclassi omogenee.
- La ricerca può essere guidata: che cosa accomuna arpa, clavicembalo e pianoforte? Perché
il fortepiano ed il clavicembalo non sono stati più usati dopo un certo periodo?
- Che cosa accomuna chitarra, mandolino, mandola, banjo? Quali sono le estensioni di violino,
viola, violoncello e contrabbasso? E quali quelle di mandolino, mandola, mandoloncello,
mandolo basso? C’è forse un corrispettivo con le voci umane?
Altre domande possono essere di livello molto più complesso (a seconda della risposta della
classe ai quesiti posti): che similitudini estensive e tecniche ci sono tra violoncello e
chitarra? Perché le Suites Inglesi di Bach possono essere suonate indifferentemente con
l’uno e con l’altra? Tutti gli strumenti (concetto di trascrizione) sono sostituibili?
- Le origini degli strumenti: qualcuno riesca a scoprire strumenti strani? Il serpentone? L’
organo ad acqua?
- La classificazione degli strumenti musicali può essere fatta in tantissimi modi: in questo
modo potremo disporre l’orchestra con svariati criteri.
- Una classificazione può essere fatta per modo di generazione del suono: ance, fiati,
archi, pizzico, percussioni, eccetera;
- Un’altra classificazione può essere fatta per materiali costruttivi: farete allora notare,
come i flauti dalla sezione “legni” vengano spostati nella sezione “strumenti di metallo”
assieme agli ottoni;
- Un’ulteriore divisione può essere fatta per ESTENSIONE degli strumenti: ecco allora violini
con mandolini, chitarre con violoncelli, basso tuba e controfagotto con i contrabbassi, e
cosi’ via. Su di tutti l’organo, il sintentizzatore ed il pianoforte che hanno un’estensione
che abbraccia tutti gli strumenti, ma anche l’arpa ne ricomprende gran parte;
- Infine un’ultima classificazione (molto complessa, tuttavia per un bambino) può essere
fatta per classi di una certa difficoltà; ad esempio: distinguere gli strumenti ad ancia
doppia (oboe, fagotto, ecc.) da quelli ad ancia singola (clarinetti e sax); oppure
distinguere gli strumenti ad intonazione fissa (ovvero quelli con tasti e meccaniche) da
quelli non ad intonazione fissa (ovvero quelli senza tastiera e senza meccanica, come ad
esempio il violino e la tromba). Sempre in campo di difficoltà notevoli, è possibile far
ascoltare il primo movimento del VI concerto bradeburghese di Bach e cercare di far
esprimere i ragazzi sull’assenza in questo concerto di una sezione orchestrale
importantissima: niente meno che quella di violini.
Che differenza c’è tra gli strumenti di un’orchestra e quelli della banda? Perché vengono scelti i
fiati al posto degli archi? Che ruolo hanno le percussioni nella banda rispetto all’orchestra? Solo
colore o hanno una funzione più importante?
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E’ naturale che a questa scoperta di tipo logico, segua un’esperienza empirica: sarà
dunque possibile utilizzare gli strumenti a disposizione (quelli dell’aula di musica e quelli costruiti
dai ragazzi stessi) per fare alcune esecuzioni di musica di insieme:
il gruppo sceglierà uno strumento dal suono chiaro (triangolo) ed uno dal suono scuro (tamburo),
il “pierino la peste” di turno sarà il direttore e farà suonare alternativamente i due gruppi, poi
contemporaneamente, infine farà iniziare a suonare o fermerà un gruppo mentre l’altro sta ancora
suonando. Piano piano, poi sempre più veloce finché i musicisti non decidano che la direzione ha
superato i propri limiti fisici.
Lo stesso “concerto” sarà eseguito alternando strumenti cupi con strumenti chiari, poi
con note basse e note alte, poi con un gruppo che suona piano ed uno che suona forte (magari
invertendo, di tanto in tanto i ruoli), poi con suoni lunghi e corti.
Una volta acquisita sufficiente dimestichezza con questa musica si potrà affrontare con i
ragazzi il tema della dinamica, invitandoli ad eseguire le parti prima piano, poi forte ed infine a
mezzavoce al comando del solito direttore dell’ “Orchestra Rumore”.
Non far mai dimenticare ai ragazzi che si trovano in un “teatro virtuale” e che come tale
dovranno comportarsi, con cipiglio serio da veri musicisti, ed attendendo che il direttore abbia
abbassato le mani al termine dell’esecuzione prima di partire con l’applauso e la richiesta di bis: il
direttore, da canto suo, dovrà girarsi verso il pubblico (destra e sinistra) e ringraziare con un
elegantissimo e naturale inchino (naturalmente la riverenza per le fanciulle…..)
Per le ricerche sugli strumenti musicali si consiglia di utilizzare Internet o il cd-rom della
Microsoft “Musical Instruments” che, pur essendo solamente in inglese, tuttavia si utilizza solo
con un paio di icone (tasti virtuali) e rende possibile vedere ed ascoltare gli strumenti di tutto il
mondo, compresi quelli etnici. Sarà così possibile vedere che esistono centinaia di “chitarre”
diverse, ciascuna sviluppata in modo diverso dalle varie etnì e (ad esempio si pensi al charango,
piccola chitarra sudamericana la cui cassa armonica è costituita dalla corazza di un armadillo.…):
evidentemente la conoscenza dovrà portare a chiedersi perché un popolo costruisca ed usi un
determinato strumento, per quali circostanza (geografia), individuando, così gli usi ed i costumi
di ogni paese, ma anche flora e fauna (scienze), la materia prima da cui ricavare i propri
strumenti musicali.
Come detto nella prima parte di questo senso sarà interessante far sbizzarrire i ragazzi
alla costruzione di improbabili strumenti musicali: essi dovranno costruirli, descriverli e mostrarli
alla classe con un breve saggio musicale di ciò che è possibile ottenere dal proprio strumentofrankenstein. Quale è la voce di questo strumento? Dolce, dura, nasale, squillante, limpida,
velata, sottile, spessa, allegra, cupa? (Sarà un bell’esercizio di lingua andare alla ricerca di
aggettivi!) E quale è la sua dinamica? Quali sono i limiti espressivi ed estensivi dello strumento?
Quale è la velocità massima che l’esecutore riesce a tenere sullo strumento?
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SCHEDA OPERATIVA
Ecco solo alcuni degli aggettivi che possono essere utilizzati per descrivere i fenomeni musicali:
- LINGUAGGIO VERBALE:
- per altezza: alto o basso;
- per timbro: ruvido o liscio;
- per dinamica: piano o forte;
- per durata: corto o lungo.
- LINGUAGGIO SENTIMENTALE:
- Allegro, felice, sereno, quietante
- Triste, cupo, lugubre, inquietante
- LINGUAGGIO GRAFICO:
- PER SEGNI: lungo o corto; tremante o retto; grosso o fine;
- PER COLORI: chiaro, scuro, bianco, nero, colorato, stinto
- PER IMMAGINI: il suono può essere associato ad un’immagine
- LINGUAGIO GESTUALE:
- Pesante o leggero, brusco o delicato, lungo o corto;
- Ogni suono può essere drammatizzato
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Sarà dunque possibile svolgere azioni espressive con la musica, “spiegando” così al bambino i
meccanismi e le varie tecniche interpretative ed invitando l’alunno ad eseguire le seguenti
azioni:
-
fare dei segni ed azioni che assomiglino ad un tipo di suono;
esprimere aggettivi che descrivano il suono;
descrivere situazioni e sentimenti che possano abbinarsi al suono;
produrre gesti che drammatizzano il suono.
Dopo questa prima fase sarà possibile creare delle situazioni concatenate di vari suoni. Per
memorizzare la sequenza sarà possibile scrivere una partitura sui generis realizzata con quei
simboli che i ragazzi riescono più facilmente ad associare ai suoni, alla loro dinamica ed alla loro
espressività.
Ecco un esempio di partitura realizzata da tre bambini per una loro esecuzione in
contemporanea: si noti che mentre il primo bimbo esegue un evento sonoro molto importante
(una rullata di timpano prima del gran finale all’unisono) gli altri due simboleggiano la loro pausa
con uno spazio bianco della durata di tutta la rullata:
Si tenga conto anche del fatto che la scrittura sul pentagramma è solo uno dei tanti modi di
scrivere la musica, non il solo: anzi esso risponde ad esigenze di un tempo che sta ormai
passando; l’utilizzo intensivo delle moderne tecnologie di generazione del suono ha infatti reso
questo sistema di registrazione ormai insufficiente. Si tratta, come per qualsiasi sistema di
scrittura e di comunicazione, semplicemente di convenzioni. Ciò che noi scriviamo Atene, gli
autoctoni scrivono Αθηνη e pronunciano, ormai, “Afì ni”, ma indichiamo entrambi la medesima
città. Oppure si pensi ai sistemi di scrittura africani in cui è necessario rappresentare le ben 72
vocali presenti in quelle forma di linguaggio e di cui ovviamente noi occidentali non siamo in
grado di cogliere tutte le sfumature.
OGGETTIVAZIONE DELLE VOCALI
Le note della scala pentatonica sono: LA DO RE MI SOL, tale estensione ascendente è la
più facile da far intonare ad un bambino di cinque, sei anni. 6
Il fatto che questa scala non abbia intervalli di semitono consente di ottenere in tutta
semplicità delle melodie facilmente memorizzabili.: è per questo motivo che il più delle volte gli
strumenti didattici (glockenspiel, campane tubolari, campanellini) utilizzano, appunto, la scala
pentatonica.
Ad ogni nota si associa una vocale:
6
Un “trucco” per ottenere facilmente una pentatonica è quella di spostare il tutto di un semitono, ovvero suonare su di
una tastiera utilizzando solo i tasti neri. Ciò consente di ottenere facilmente e senza sforzo molte facili melodie.
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LA
U
DO
O
RE
A
MI
E
SOL
I
Si può notare come l’assegnazione delle coppie fonema/nota vengano eseguita in base ad
un criterio di ordine fonetico articolatorio a seconda del grado di apertura del cavo orale.
Oggettivare con il gesto e con gli oggetti sonori (cinque campane, cinque tamburelli, cinque
piastre di metallo armonico, ma anche cinque bicchieri o cinque bottiglie riempite di acqua a
diverse altezze, ecc.) le vocali, significa dare al bambino la possibilità di sensorializzare (vedere,
toccare, sentire) i suoni e di farne poi una astrazione.
SCHEDA OPERATIVA
Discriminazione ritmico-vocalica di nomi di animali, fiori, mediante l’esecuzione di cellule ritmiche
sulle campane e sulla lavagna. Il bambino dovrà individuare, accompagnandosi con un tamburello
o sottolineandolo alla lavagna o sul quaderno il giusto accento (o i giusti accenti, se presenti in
misura maggiore ad uno) per alcune comuni parole:
GAT-to
ca-VAL-lo
lu-MA-ca
to-po-LI-no
PE-co-ra
cam-MEL-lo
bi-CI-CLET-ta
FRI-go-RI-fe-ro
ga-RO-fa-no
lu-CER-to-la
LUC-cio-la
auto-MO-bi-le
² sul CD SCHEDA OPERATIVA – Pierino ed il lupo
TO-po
au-TO-ma
7
Per un lavoro di ascolto, riconoscimento, analisi e degli strumenti l’opera di S. Prokofiev “Pierino
e il lupo” risulta particolarmente adatta ed i percorsi possono essere diversi.
L’opera è un classico ed è reperibile in qualsiasi negozio di dischi: in particolare dopo che alla
principale edizione recitata da Tofano è seguita una recente edizione di Abbado per la
recitazione di Roberto Benigni.
1) Se i bambini conoscono già gli strumenti usati possono:
- ascoltare una volta tutta la composizione, poi ripartire dall’inizio, ascoltare e riconoscere ogni
strumento (le risposte riportate sono state date da bambini di 10 anni):
- dopo le prime parole della storia «... un ragazzo che si chiama Pierino » che strumento si
sente? il violino;
- poi si parla del nonno, che strumento lo impersona? il fagotto;
- c’è poi un uccello, da quale strumento è rappresentato? il flauto;
- ecc.
2) analizzare le caratteristiche e i significati del primo strumento: com’è il suono del violino?
(evidentemente le risposte potranno essere condizionate dalla melodia, dal modo di suonare
e dal registro usato): dolce, allegro, melodioso, agile, chiaro, delicato, acuto, sonoro,
armonioso, sottile, fresco, ecc.
- quali sono i significati del violino? A che cosa vi fa pensare? dolcezza, eleganza, principessa,
gioia e tristezza, corte del re, storia allegra, zingari, ballerina, ecc.
- analizzare le caratteristiche e i significati del personaggio ad esso associato:
- com’è un ragazzo? agile, allegro, leggero, vivace, debole, ha pochi anni, ha una statura
piccola, ha una voce acuta e sottile, ecc.
- che cosa significa “ragazzo” ? a che cosa vi fa pensare? freschezza, vita nuova, allegria,
creatura indifesa, birichinate, scolaro, amico, germoglio, bontà, corse infinite, ecc.
- collegare lo strumento con il personaggio: perché l’autore ha scelto il violino per indicare
Pierino? perché il suo suono è allegro e armonioso come la vita di un ragazzo perché il
7
Rielaborazione della scheda presente su AA.VV. “Educazione musicale di base”, Editrice La Scuola - 1979
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ragazzo ha l’animo puro e quel suono è dolce e armonioso perché tutti e due sono liberi e
felici; perché il ragazzo è agile e dolce come il violino perché il violino ha il suono lungo e il
ragazzo ha ancora da vivere a lungo perché il violino ha un suono sottile, acuto, chiaro ed è
uno strumento piccolo, così il ragazzo ha una vocina chiara, sottile e non è molto alto
perché il suono del violino è allegro e vivace come il carattere di un ragazzo che ama saltare
e correre ecc.
3) si può anche confrontare ogni significato e caratteristica dello strumento con quelli del
personaggio per mettere in evidenza come alcuni sono comuni ma altri no:
- trarre delle conclusioni: la musica non può e non vuole riprodurre
esattamente un
personaggio in tutti i suoi aspetti come può fare per es. un filmato con sonoro che ci dà la
statura, la voce, le parole pronunciate, il modo di camminare, i passi, l’espressione del viso,
ecc. ma VUOI dare solo alcuni significati. L’accostamento Pierino/violino, in questo caso, non
esaurisce evidentemente tutti i significati del violino o del ragazzo: il violino infatti non è
l’unico strumento da poter associare a un ragazzo né ha solo le possibilità usate in
quest’opera, d’altra parte un ragazzo non è l’unico personaggio da poter associare a un
violino.
- Verifica: immaginare altri strumenti da accostare a Pierino: un contrabbasso, una tromba, un
flauto, un basso tuba... Quali funzionano e quali no? Perché? Immaginare che il violino
esegue una melodia lenta e triste sul: la 4” corda o dei pizzicati o degli accordi pieni e lenti...
Funzionano o no per indicare un ragazzo? Perché? immaginare altri personaggi: un
vagabondo, dei nani, una fata, un elefante, un uccello, uno sputnik, un vecchio, un
saltimbanco, ecc. Per quali è possibile un’associazione con il violino (pensando anche alle
varie possibilità dello strumento) e per quali no? Perché?
4) Procedere con lo stesso lavoro per le altre coppie: nonno-fagotto, uccello-flauto, anatraoboe, gatto-clarinetto, ecc.
5) Se i bambini non conoscono gli strumenti qui usati da Prokofiev. l’opera può diventare
occasione per conoscerli. Per es. si arriva al 2” personaggio, il nonno, e si ascolta la musica;
che strumento è questo? Nessuno lo sa. Ecco allora l’occasione per presentare il fagotto:
quindi proseguire con l’analisi e l’interpretazione. Questo lavoro può offrire lo spunto per un
percorso inverso:
- Scegliere tre/quattro strumenti tra quelli già conosciuti, analizzati e interpretati
- Abbinarli ad altrettanti personaggi
- elaborare una storia
- realizzare la parte strumentale e farne eventualmente la partitura
- eseguire
6) Disegnare un quadro a scelta della storia di Pierino ed il Lupo;
7) Riassumere il racconto per iscritto;
8) Descrivere i sentimenti provati dai personaggi: spensieratezza di Pierino, preoccupazione del
nonno, terrore dell’oca, tranquillità del gatto; poi: temerarietà ed eroismo di Pierino, rabbia
del lupo, gioia del corto che sia avvia al giardino zoologico.
9) Ipotizzare una serie di finali diversi: che strumenti avrebbe usato, allora il compositore?
10) Difficile, molto difficile: che strumenti avrebbe usato Prokofiev se fosse nato in un paese
orientale o fosse stato un compositore africano?
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² sul CD - SCHEDA OPERATIVA – Frére Jacques
Il canone francese “Frère Jaques” è noto in Italia come “Fra Martino campanaro” ed in Inghilterra
come “Hallo Teddy, how are you?”. Si tratta di uno dei canoni più famosi in tutto il mondo: la
prerogativa di questo brano è quella di avere una melodia molto breve, di essere in do+ (e quindi
non vi sono alterazioni, ovvero diesis e bemolle, cosa che facilita tantissimo l’esecuzione sugli
strumenti musicali), di essere un brano molto noto, ma al tempo stesso è un CANONE, ovvero
consente un primissimo approccio di una certa difficoltà con l’esecuzione-ascolto.
Il canone è una forma cantata strutturata in modo circolare: una sezione inizia a cantare la
propria parte e via via le altre sezioni entrano, a distanza di poche battute, ripetendo la
medesima parte: la melodia per intervalli di terza ed il ritmo che varia nella terza frase rendono
gradevolissimo l’ascolto. Nella musica classica (soprattutto quella medievale) il canone era molto
diffuso, esso affonda le sue radici nel Rondò che era una forma di canto conviviale in cui il
padrone di casa cantava una melodia che veniva ripresa e modificata di commensali, sia in forma
musicale sia in forma poetica. Bach scrisse molti Rondò e portò questa forma musicale
matematica alle sua più alte vette nelle sue Fughe, che sono, per certi versi, dei canoni, per lo
meno nella esposizione iniziale del tema musicale.
Il valore propedeutico del canone consiste nel fatto che le sezioni sono costituite da gruppetti di
alunni e sono costrette alla massima attenzione all’ascolto dell’esecuzione delle altre sezioni in
quanto l’errore di una di esse pregiudica l’incastrarsi delle parti ed il risultato finale. Anche il
volume di emissione sonora, di conseguenza, sarà adeguato dalle sezioni una volta che si sia
indicato loro la necessità di poter sentire tutte le altre sezioni che nel caso di Fra Martino
possono essere 2,3,4,5,6 per assurdo (naturalmente l’esecuzione a sei voci è praticamente
improponibile per dei bambini).
Gli alunni stessi si renderanno conto che il canone eseguito a due sezioni (due parti) è
relativamente semplice e si apprende in meno di una mattinata, ma quando le parti diventano tre
anche l’esecuzione si complica, e ciò in quanto ciascuna delle sezioni deve rapportarsi al tempo,
al volume ed alla velocità esecutiva delle altre due. Per nulla facile per dei bambini.
Il brano è composto da una melodia che dura 10 battute e l’entrata del canone avviene sulla
terza battuta, per cui tra una parte ed un’altra sono 12 le battute che intercorrono. Allo stesso
modo la sfasatura di 2 battute del canone farà in modo che alla fine le tre sezioni finiranno di
cantare a 2 battute di distanza una dall’altra. Quindi la prima sezione avrà cantato due volte in
più il brano rispetto alla terza sezione ed una volta in più rispetto alla seconda, la seconda
sezione una volta in più rispetto alla terza.
La partitura fornita in questa dispensa è in do+ al fine di non avere alterazioni in chiave (diesis #
e bemolle b), ma è chiaro che se l’estensione rende troppo difficile l’esecuzione in do maggiore si
possono lasciare liberi i ragazzi di scegliere una diversa tonalità.
Anche in questo caso si può coinvolgere il bambino difficile della classe (il “Pierino la peste di
turno”) nominandolo incondizionatamente direttore: sarà lui a contare le battute ed a dare
l’attacco alle varie sezioni a distanza di 10+due misure una dall’altra. Anche in questo caso,
finché le sezioni sono due la difficoltà è medio-bassa, ma quando le sezioni diventano già solo tre
la questione si complica di molto, in quanto ogni 10+2 misure il maestro dovrà indicare l’attacco
della frase. Questo gioco ha un ulteriore senso profondo: le sezioni saranno preventivamente
istruite a seguire pedissequamente le indicazioni del direttore, proprio come una vera orchestra,
quindi un suo errore farà inevitabilmente naufragare il brano musicale. Una volta, due volte, tre
volte, cento volte, finché il direttore avrà imparato a fare dei gesti chiari, univoci, precisi e
comprensibili a tutti.
Al termine il direttore/direttrice ringrazierà come si conviene il pubblico per ricevere gli applausi.
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Termina qui l’esposizione della materia: sono rammaricato di quante cose ho dovuto
tralasciare, tutte “irrinunciabili” ed “importantissime”, ma che mi avrebbero portato a scrivere
non una dispensa ma un’enciclopedia….
Resti solo una considerazione per tutte: la musica è la disciplina 8 in cui è possibile
affrontare argomenti complessi (e spaziare in tutte le discipline…) senza far minimamente sentire
il peso dell’apprendimento. Affrontare una lezione in modo ludico non significa né giocare né
perdere tempo: significa riscoprire un rapporto ermeneutico prima che didattico in cui
l’imprevedibile fantasia degli allievi, se guidata ed indirizzata, sorprenderà il più delle volte
l’insegnante stesso dandogli la possibilità di ottenere materiale su materiale, situazioni su
situazioni in un variegato abecedario musicale, sì , ma soprattutto umano.
Ma non dimentichiamoci di una cosa importantissima: la musica è divertimento, ma anche
comunicazione: se non si adottano le medesime regole ed il medesimo linguaggio non si riuscirà
mai a stabilire una comunicazione con l’alunno e, di conseguenza, a cogliere risultati concreti ed
apprezzabili. E’ inutile, dunque, costringere i bambini ad adattarsi alla bell’e meglio ad una
sensibilità che non è la nostra costringendolo ad avvicinarsi alla musica con Dvorak o
Mussorgsky: è evidente che noi li apprezziamo tantissimo ora che siamo adulti, ovvero dopo aver
effettuato una lenta e continua maturazione, ma questi autori sono quanto di più lontano possa
esserci dalla sensibilità di un ragazzo. Per spiegare la musica occorre scegliere autori vicini alla
sensibilità del ragazzo, magari scegliendo tra i moderni musicisti (le Spice Girls piuttosto che i
Take That o gli 883) quelli che comunque producono musica di buon livello tecnico e,
possibilmente, interessante dal punto di vista musicale, ed in questo senso anche tra le giovani
leve i talenti non mancano, basta saper ascoltare, perché musica è soprattutto ascolto.
8
Sottolineo la parola “disciplina”, ovvero il “luogo delle regole come principio di convivenza, cultura e rispetto
reciproco”, valori che sembrano aver necessità di essere riscoperti. La musica di insieme è la palestra di vita per
eccellenza in cui si apprendono le tecniche che consentono l’ascolto, ma soprattutto, il rispetto reciproco: nulla come il
silenzio rende interessante e viva la musica….
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ESERCITAZIONI DIDATTICHE - LABORATORI
Anche un insegnante non musicista può insegnare musica, intesa come educazione all’ascolto
musicale e, più in genere, all’ascolto dei suoni.
SUONO
1
Percezione
-
Educazione all’attenzione nell’ascolto di un suono
Saper percepire un suono: durata, provenienza, probabile causa
Cercare di capire la fonte e l’elemento che hanno generato il suono
Saper descrivere a parole un suono anche quando questo esce dall’esperienza quotidiana
(per esempio: descrivere il suono di un contrabbasso, di un oboe o di un fagotto)
Saper collocare un suono nel suo ambiente, ovvero capirne le caratteristiche timbriche
-
2 – Analisi
-
raccolta di suoni (suonoteca) con un registratore portatile o anche semplicemente con un
quadernetto
capacità di riconoscimento del suono scambiandosi i nastri tra o i quadernetti i bambini
3 – Sintesi
-
produzione o riproduzione di suoni con strumenti impropri o innaturali dopo averne analizzato
la struttura (componenti armoniche della forma d’onda)
4 – Creatività
-
-
creazione di suoni nuovi mediante un percorso logico che descriva driver (eccitatore) e coro
(risuonatore). Far effettuare delle prove con diversi recipienti con acqua d’acqua, il pettine
con carta velina) cercando di spingere l’allievo ad una pre-descrizione dell’effetto che
otterrà e delle variazioni al suono in funzione delle variazioni apportate allo strumento (acqua + acqua, pettine più grande, ecc.)
sintesi di un suono con sintetizzatori o modificando strumenti tradizionali. Ad esempio:
suonare il flautino in plastica nell’acqua o mettere un risuonatore di carta o di altro materiale
ad una chitarra, ecc. e calcolarne a priori l’effetto che si otterrà con la modifica.
MUSICA
-
classi di strumenti musicali: capacità di riconoscimento delle classi da parte del bambino
mediante la creazione di famiglie omogenee per sistema (inteso come combinazione
driver+corpo). Ance, legni, percussioni, archi, fiati, ecc.
loro posto nell’orchestra classica
loro posto nell’orchestra jazz
loro posto nell’orchestra rock
il ritmo
generi musicali: capacità di riconoscimento e giusta ambientazione storica e culturale:
parallelismo con un’altra disciplina artistica per ogni genere musicale.
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BIBLIOGRAFIA
Parte generale
Gregory R.L. , Occhio e cervello, Milano, Cortina, 1991.
Maffei L., Fiorentini A. Arte e cervello, Bologna, Zanichelli, 1995.
Gerbino W. La percezione., Bologna, Il Mulino, 1995.
Psicologia della musica
Sloboda , J.A., La mente musicale, Bologna, Il Mulino, 1988.
Dogana F., Suono e senso, Milano, Angeli, 1988.
Albertazzi L., la percezione musicale, Milano, Guerini, 1993.
Benezon R., Manuale di musicoterapia, Roma, Borla, 1983.
Percezione visiva e rappresentazione artistica
Massironi M., Comunicare per immagini, Bologna, Il Mulino, 198.
Arnheim R., Il pensiero visivo, Torino, Einaudi, 1974.
Arnheim R., Intuizione ed intelletto, Milano, Feltrinelli, 1987
Pirenne M. H. Percezione visiva, Padova, Muzzio, 1991.
Pedagogia della musica
Stefani – Tafuri - Spaccazzocchi, Educazione musicale di base, Ed. La Scuola, 1979
AA.VV., Tre-Sei Anni: l’esperienza musicale, Ricordi 1990
Francois Delalande, Le condotte musicali, edito in Italia da Ed. Clueb Bologna, 1993
Siti Internet
http://www.edumus.com è un buon punto di partenza in quanto racchiude al suo interno un “ring” di
siti tutti dedicati alla didattica della musica.
http://www.musicoterapiaonline.net fornisce informazioni sulla musicoterapia
Filippo Fornari, commercialista nella vita, è anche e soprattutto un appassionato musicista e giornalista
musicale. Pur non avendo effettuato studi ufficiali al conservatorio collabora con alcune tra le maggiori testate
locali e nazionali del mondo musicale: tra di esse possiamo citare il mensile nazionale Strumenti Musicali della
Jackson editori, il trimestrale specializzato in musica elettronica X-News, il bimestrale locale Brescia Musica
ed il Bollettino Aif, organo della Associazione Nazionale Fonoamatori di cui ha fatto parte per diversi anni del
consiglio direttivo, così come ora e da diversi anni è nel consiglio direttivo dell’X-Club, la più affermata
associazione di musica ed informatica a livello nazionale con collaborazioni all’Università di Sonologia di
Stanford. Sia come musicista che come tecnico del suono ha pubblicato molti cd di ensambles classiche e di
corali.
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CONTENUTO DEL CD ALLEGATO
1 – GUARDIAN ANGEL
Questo brano tratto dal concerto Friday Night in San Francisco sembra effettivamente essere
stato suonato dai tre famosi chitarristi, ma in realtà è totalmente una finzione acustica realizzata
interamente con una tastiera elettronica sapientemente programmata per simulare la realtà del
concerto in tutti i suoi aspetti sonori, anche quelli apparentemente più insignificanti.
2
– BACH: GAVOTTE
Questo brano si presta bene ad uno sforzo di ricostruzione mentale della situazione in cui esso
potrebbe essere stato suonato al tempo: il brano ha un incedere molto regale e lo squillo delle
trombe può anche far pensare ad una ambientazione in cui vi siano presenti dei corpi militari o
comunque una funzione ufficiale
3
– Vivaldi: V e VI movimento del concerto in Sol minore “La Notte”
Il brano è onomatopeico per eccellenza. Nel V movimento si intravedono le prime luci dell’alba e
la lentezza del suono fa pensare alla natura che si risveglia, ma può anche far pensare alla
difficoltà del pigrone ad alzarsi, poi la vita esplode in tutta la sua forze: la parte del flauto dritto
non può non far pensare al canto degli uccelli.
4
– PROKOVIEV: Pierino ed il Lupo
La favola musicale per eccellenza, scritta da Prokoviev con evidenti fini didattici, consente di
affascinare i bambini di tutte le età, prestandosi a diversi livelli di interpretazione, da quella solo
favolistica a quella più propriamente musicale. Gli strumenti –presentati sezione per sezione
all’inizio del brano- rappresentano l’azione dei personaggi sulla scena. Qui nell’interpretazione di
Claudio Abbado e con la recitazione di Roberto Benigni.
5
– FRA MARTINO CAMPANARO
Brano spesso sottovalutato in quanto molto popolare, in realtà è un eccellente strumento
didattico in virtù della facilità di apprendimento di aria e parole, ma della difficoltà esecutiva. Si
consiglia una esecuzione a due sole parti per i bambini di prima e seconda, mentre dalla terza in
avanti è possibile tentare una esecuzione a tre parti. L’entrata del canone avviene alla 12°
misura (l’aria è composta da 10 misure ed il canone entra dalla terza, quindi 10+2=12). Il
risultato sonoro a tre voci è sorprendente, pur nella semplicità della melodia. Tra l’altro
l’esecuzione richiede una notevole autodisciplina nell’ascolto della esecuzione degli altri cantori al
fine di non trovarsi in anticipo o in ritardo sulla parte: questo vuol dire che ogni bambino dovrà
nel contempo cantare la propria parte ed ascoltare le altre due parti spostate, rispettivamente
di 2 e di 4 battute: uno sforzo di concentrazione non indifferente.
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