L`hotellerie di lusso in Italia attrae gli investitori stranieri

L’hotellerie di lusso in Italia attrae gli investitori stranieri
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IMMOBILI DI LUSSO
L’hotellerie di lusso in Italia attrae gli
investitori stranieri
Fabio Cattaneo, Avvocato, CLG Italia
A CURA DELLA REDAZIONE DI LEX24
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Nonostante il perdurare della crisi, un settore che in Italia negli ultimi tempi ha attratto gli investitori
stranieri è quello degli hotel di lusso.
L’attenzione degli investitori si è focalizzata principalmente sulle più importanti città italiane (Roma,
Venezia, Firenze, Milano) e sulle cosiddette top locations turistiche (Sardegna, Sicilia, costiera amalfitana).
A conferma di quanto sopra è la recente acquisizione da parte del fondo sovrano del Quatar della
Smeralda Holding dell’americano Tom Barrack (proprietaria di Cala di Volpe, Pitrizza, Romazzino, Cervo
Hotel, Marina di Porto Cervo e Pevero Golf Club) per un importo che sarebbe nell’intorno dei 600 milioni di
euro.
L’Italia offre una vasta gamma di cosiddetti “trophy assets”, cioè di palazzi e locations di pregio che
accolgono alberghi in diversi contesti: dalle citta d’arte (Roma, Venezia Firenze) alle località turistiche
marittime più rinomate (Porto Cervo, Taormina, Amalfi, Ravello, Positano, Capri, Portofino solo per citarne
alcune) alcune delle quali caratterizzate da una forte stagionalità, altre con attività costante su tutto l’arco
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dell’anno.
La fascia degli hotel di lusso in Italia presenta delle peculiarità interessanti per gli investitori stranieri.
Innanzitutto l’Italia ha un flusso turistico generale tra i più importanti in Europa: quasi 43 milioni di turisti
all’anno.
Il Paese offre il meglio per tutte le tipologie di turismo di fascia alta, spesso riunite in un unico contesto
(città d’arte, città business/shopping; località al mare, in collina e montane esclusive e famose in tutto il
mondo; resort e turismo wellness).
I brand internazionali non sono presenti in maniera massiccia come in altri Paesi ed hanno quindi meno
concorrenza e possibilità di crescita nelPpaese; questo è anche dovuto al fatto che molti dei “trophy asset”
sono gestiti da brand di nicchia o da famiglie che hanno continuato l’attività iniziata e sviluppata dalle
precedenti generazioni.
A fronte dei suddetti fattori attrattivi, vi sono elementi di debolezza quali la vetustà della maggior parte
degli immobili, molti dei quali hanno più di cento anni e quindi, con l’eccezione di quelli oggetto di recenti
ristrutturazioni, presentano conformazioni che necessitano adeguamenti agli standard attuali (aree
SPA/wellness/fitness; spazi food and beverage e ristorazione, nonchè altre attività funzionalmente
collegate all’attività di hotel).
LE CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEGLI INVESTIMENTI NEGLI ALBERGHI DI LUSSO
Usualmente nel business alberghiero gli operatori distinguono la proprietà dalla gestione: infatti l’acquisto
dei cespiti immobiliari e/o la loro ristrutturazione richiedono l’immobilizzazione di somme importanti che i
gestori tendono a non volere impegnare, salvo qualche eccezione, per concentrarsi solo ed
esclusivamente sul business della gestione. Questo determina che l’acquisto del cespite viene spesso
effettuato da un operatore immobiliare o finanziario il quale poi stipula un contratto di locazione o di
“management” con un primario brand dell’hotel business che si occupa della gestione dell’attività
alberghiera.
In Italia è maggiormente diffuso il contratto di locazione tra proprietario e gestore con diverse variabili
relative al canone: vi sono formule che prevedono un canone base minimo garantito ed una parte variabile
legata al fatturato del gestore con diverse modulazioni. Meno usato, quanto meno nel segmento alberghi
di lusso, è il contratto di affitto di ramo d’azienda.
Negli Stati Uniti e nel Regno Unito oltre che in diversi stati europei è molto usato il cosiddetto contratto di
“management”, con il quale il proprietario viene coinvolto nella gestione, a fronte di un emolumento che
viene pagato al gestore alberghiero parametrato alla performance che quest’ultimo genera. Tale formula è
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indubbiamente più rischiosa per il proprietario perché quest’ultimo oltre ad avere immobilizzato una
somma considerevole nell’acquisto si accolla il rischio imprenditoriale dei risultati dell’attività di gestione,
senza avere alcuna garanzia di ritorno dell’investimento. Tuttavia questa formula può dare anche notevoli
profitti al proprietario poichè il gestore di provata esperienza nel settore è in grado di fare un business plan
attendibile, perché da questo deriva anche il suo profitto che è parametrato ai risultati che lo stesso deve
generare.
Questo spiega come mai soprattutto nel mondo anglosassone tar i gestori primari questa sia la formula più
diffusa, perché un brand di primissimo livello se sceglie di gestire un albergo, lo fa perché sulla base del
suo know-how maturato in anni di esperienza ha la ragionevole sicurezza che quel contratto produca
profitti per il suo business e conseguentemente per il proprietario, in quanto in caso mancata performance
il gestore oltre a non guadagnare avrebbe anche un notevole danno di immagine.
Vi sono naturalmente anche catene che investono nell’acquisto del cespite se lo stesso è di particolare
pregio e può quindi consentire di patrimonializzare l’acquisto con conseguenze sul bilancio del gruppo:
dipende spesso dal modello di business e dalla situazione patrimoniale finanziaria in cui si trova
l’operatore.
--Leggi anche
FABIO CATTANEO, OF COUNSEL DI CLG ITALIA
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