Ingrandimenti pag. 30 del testo Augusto interviene per correggere i soprusi dei Romani a Cirene La presenza di cittadini romani nelle province dell’impero creava inevitabilmente delle difficoltà dal punto di vista dell’amministrazione della giustizia. Come ci si doveva comportare nel caso di un processo fra un abitante del posto e un cittadino romano? In particolare quando l’accusa era grave al punto da rischiare la pena di morte? In molti casi i Romani approfittarono dei privilegi del conquistatore. Fra il 7/6 e il 4 a.C. Augusto intervenne con cinque suoi editti inviati alla città greca di Cirene, sulle coste dell’Africa, per risolvere alcuni di questi problemi e porre fine, almeno in una certa misura, a intollerabili soprusi. I testi sono iscritti in greco su una stele che era posta nella piazza del mercato. Ecco il testo del primo decreto, che riguarda i processi che prevedevano la pena capitale. L’imperatore Cesare Augusto, pontefice massimo, nel suo diciassettesimo anno di tribunicia potestas [siamo quindi nel 7/6 a.C.], acclamato imperator per la quattordicesima volta, dichiara quanto segue. Ho verificato che sono 215 i cittadini romani di tutte le età, che abbiano un censo di 2500 denarii o più, presenti nella provincia di Cirene e all’interno dei quali vengono scelti i giudici. Ho verificato anche che ci sono degli accordi segreti fra questi Romani, in base ai quali le stesse persone muovono accuse o prestano testimonianza a beneficio gli uni degli altri; accordi che hanno duramente danneggiato i Greci nei processi capitali e dei quali si sono lamentati gli ambasciatori provenienti dalle città delle province. Ho scoperto io stesso che in questo modo persone innocenti sono state oppresse e condannate alla pena capitale. Fino a quando il senato deliberi in merito o io stesso trovi una soluzione migliore, mi sembra giusto e conveniente che coloro che governano la provincia di Creta e di Cirene redigano, nella provincia di Cirene, una lista di giudici greci, scelti fra coloro che godono del censo più alto, in numero pari ai giudici romani. Nessuno di loro abbia un’età inferiore ai 25 anni, romano o greco che sia, né un censo, in denaro e proprietà, inferiore a 7500 denarii, se c’è un numero sufficiente di tali individui. Se in questo modo non si riesce a raggiungere il numero previsto di giudici, includeranno nella lista dei giudici destinati a giudicare processi capitali che coinvolgono dei Greci, coloro che possiedono un censo non inferiore alla metà di quella cifra. Se un Greco è sottoposto a processo, un giorno prima che l’accusatore cominci a parlare, abbia la facoltà di decidere se vuole che i suoi giudici siano tutti romani o per metà greci. Se sceglie che siano per metà greci, dopo che sia stato verificato il peso delle sferette [per evitare brogli] e che siano stati iscritti su di esse i nomi, saranno tratti a sorte da un’urna i nomi del Romani e dall’altra quelli dei Greci, fino a quando non siano stati scelti 25 giudici per ciascun gruppo. Fra questi nomi l’accusatore, se vuole, può escluderne uno per ciascun gruppo ma l’accusato ne può rifiutare fino a tre fra tutti, a condizione che egli non escluda né tutti Romani né tutti Greci. Poi tutti gli altri saranno inviati a votare e deporranno i loro voti separatamente, i Romani in un contenitore i Greci in un altro. Terminato il conteggio, separatamente per ciascun gruppo, il governatore dichiarerà pubblicamente il verdetto sulla base della maggioranza totale dei voti. F.Visscher, Les édits d’Auguste découverts à Cyrène, Lovanio 1940 Esercizio • Quali erano gli inconvenienti che derivavano dalla formazione di giurie composte di soli cittadini romani? • Come si articola la proposta di Augusto per superare queste difficoltà? Quali maggiori garanzie di equità offre ai cittadini greci? • Augusto stesso considera la sua proposta risolutiva o no? Trova la risposta nel testo dell’editto. C. Frugoni, A. Magnetto, Tutti i nostri passi, © 2010 Zanichelli editore, Bologna