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Capitolo Terzo
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Struttura della norma di diritto
internazionale privato
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Sommario: 1. Generalità. - 2. Le categorie disciplinate: il problema delle
qualificazioni. - 3. Il criterio di collegamento.
1. Generalità
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La struttura della tipica norma di d.i.p. si articola in due elementi distinti:
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Es
— in primo luogo la norma descrive, in maniera astratta, cioè per categorie, i fatti che intende disciplinare. Così, ad es., l’art. 56, L. 218/
1995, individua nelle donazioni le fattispecie che intende regolare;
— in secondo luogo, poiché le norme di d.i.p. hanno lo scopo di disciplinare i rapporti connotati da elementi di estraneità, è indispensabile dare evidenza, nella struttura delle norme, alle circostanze od
aspetti che conferiscono carattere di estraneità ad un determinato
rapporto.
In realtà la norma prende in considerazione, solo gli elementi di estraneità che considera rilevanti e che pertanto valgono a stabilire quale
diritto debba essere applicato alla fattispecie. Si parla, in riferimento
a tale elemento, di criterio di collegamento (v. infra, Cap. IV).
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Così, ad esempio, in riferimento alla categoria dei diritti reali la cittadinanza straniera del proprietario costituisce un elemento di estraneità
della fattispecie. Ciononostante tale elemento non è preso in considerazione nell’art. 51, L. 218/1995 perché non è stato considerato giuridicamente rilevante, ai fini della scelta dell’ordinamento competente alla disciplina della fattispecie.
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Parte Prima: Parte generale
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2. Le categorie disciplinate: il problema delle qualificazioni
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A) I termini del problema
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L’analisi del primo dei due elementi della tipica struttura della norma
di d.i.p. (cioè l’indicazione, per categorie, dei rapporti che si intendono
con quella norma disciplinare) introduce il tema cd. delle qualificazioni
che è una delle più tradizionali problematiche internazionalprivatistiche.
Dal momento che le norme di d.i.p. nel descrivere le fattispecie che
intendono regolare utilizzano categorie tecnico-giuridiche (ad es. obbligazioni, successioni, diritti reali), ci si domanda, visto che la norma di
d.i.p. può richiamare altri ordinamenti, se il significato e la comprensività di tali categorie debbano essere individuati alla luce dell’ordinamento
interno, cui appartengono le norme di d.i.p., o alla stregua degli ordinamenti stranieri cui si fa rinvio.
In concreto
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Es
Così, ad es., nella categoria delle successioni, che rappresenta l’ambito d’operatività dell’art. 46, L. 218/1995, si ricomprende, secondo il nostro ordinamento, anche il diritto della moglie ad ottenere parte dei beni del coniuge defunto,
mentre in altri sistemi giuridici tale questione potrebbe essere ricompresa nella
categoria dei rapporti patrimoniali tra coniugi che, nel nostro sistema di d.i.p. è
disciplinata da una disposizione diversa, e cioè dall’art. 30, L. 218/1995.
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Il problema delle qualificazioni viene risolto, in dottrina, in modo diverso:
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— secondo un primo orientamento, che può essere considerato maggioritario il significato e l’ambito di comprensione delle espressioni
tecnico-giuridiche utilizzate nella struttura delle norme di d.i.p. andrebbe chiarito alla luce delle norme e degli istituti della sola lex fori
ovvero dell’ordinamento cui appartengono le stesse norme di d.i.p.
(MORELLI, VITTA);
— di contrario avviso sono coloro che sostengono che i criteri in base
ai quali stabilire in quale categoria (obbligazioni, contratti, successioni etc.) debbano ricomprendersi i diversi rapporti giuridici andrebbero desunti dalla cd. lex causae cioè dalle norme dell’ordinamento
straniero che la stessa norma di d.i.p. indica come competente a
disciplinare la fattispecie (PACCHIONI);
— si parla, invece, di teoria comparatistica per designare coloro che,
sostenendo la completa autonomia del sistema di d.i.p. dall’ordina-
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Capitolo Terzo: Struttura della norma di diritto internazionale privato
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mento statale cui appartengono, affermano che il senso delle locuzioni adoperate da tali norme andrebbe ricostruito, a conferma del
carattere internazionale della disciplina, attraverso un’analisi comparativa, sino a giungere ad una sorta di minimo comun denominatore, del significato che tali categorie rivestono in tutti gli ordinamenti
dei paesi civili (MERIGGI).
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B) Valutazione critica
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A sostegno della prima teoria, che appare senz’altro preferibile, militano diversi argomenti.
In primo luogo, posto che le norme di d.i.p. nonostante la peculiarità
del loro oggetto, sono e restano, quanto alle fonti di produzione e cognizione, norme interne dello Stato (v. sopra, Cap. I), sembra naturale concludere che tali disposizioni debbano essere interpretate in base ai criteri ermeneutici propri dell’ordinamento cui appartengono.
La teoria della lex fori è sostanzialmente condivisa anche dalla giurisprudenza che in passato ha avuto modo di osservare, con riferimento
all’art. 26 disp. prel. c.c. in tema di legge regolatrice della forma degli
atti, che la nozione di forma va desunta dalla legge italiana (Cass. 690/
1961; Cass. 3966/1965).
Nei confronti della teoria della lex fori vengono, peraltro, sollevate
obiezioni fondamentali, in particolare si evidenzia che la qualificazione
del rapporto con elementi di estraneità alla stregua dei canoni della lex
fori potrebbe condurre a risultati pratici poco accettabili in considerazione della possibile eterogeneità o addirittura incompatibilità tra la sistematica dell’ordinamento nazionale e quella dell’ordinamento straniero richiamato.
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In concreto
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Si pensi, ad es., al caso in cui il giudice italiano sia chiamato a regolare le
conseguenze patrimoniali di una filiazione naturale di un cittadino tedesco.
Orbene, mentre nella sistematica del nostro ordinamento giuridico tale situazione socio-economica deve senz’altro inquadrarsi nell’ambito dei rapporti familiari, rispetto ai quali vale il criterio della nazionalità, (ex artt. 3637, L. 218/1995), nell’ambito dell’ordinamento tedesco il rapporto è stato
per lungo tempo inquadrato nell’ambito dei rapporti obbligatori con la conseguenza che l’interprete, una volta, chiamato il diritto di famiglia tedesco
ricercherebbe invano la disciplina della problematica patrimoniale di una
filiazione naturale.
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Parte Prima: Parte generale
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C) Qualificazione degli istituti sconosciuti
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Vi è poi il problema della qualificazione di istituti giuridici del tutto sconosciuti in alcuni ordinamenti come, ad esempio, il trust, la bigamia o il
ripudio del diritto ebraico ed islamico.
D) La teoria della doppia qualificazione
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Per superare tali incovenienti sono stati suggeriti due correttivi alla
teoria della lex fori:
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a) in primo luogo è stato chiarito che, allorquando le norme di d.i.p.
utilizzano parole come «obbligazioni», «fatti illeciti» etc, non intendono fare riferimento (specificamente) agli istituti dell’ordinamento interno così come disciplinati e regolati dalla lex fori, ma a concetti e
categorie giuridiche patrimonio comune degli ordinamenti;
b) in secondo luogo è stato osservato (cd. teoria della doppia qualificazione) che l’ordinamento straniero, richiamato dalla norma di d.i.p., non
può che essere considerato globalmente. Ne consegue che una volta
individuata la norma di d.i.p. cui fare riferimento e, quindi, il sistema
giuridico estero al quale questa fa rinvio, si individueranno nell’ambito
dell’ordinamento straniero (cd. seconda qualificazione), le norme giuridiche nel cui ambito di applicazione il rapporto in esame si colloca.
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Alla luce della disposizione dell’art. 15 della legge 218/1995 può
senz’altro affermarsi che la teoria cd. della doppia qualificazione ha finito per trovare riconoscimento normativo. La norma in questione stabilisce, infatti, che, dopo il richiamo, il diritto straniero deve essere interpretato secondo i criteri interpretativi e di successione nel tempo che
sono a lui propri esattamente come farebbe il giudice estero.
In caso contrario quello applicato sarebbe non già il diritto straniero
effettivamente vigente e vitale ma una sua pallida imitazione, resa statica ed avulsa da un contesto più ampio ed organico.
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In concreto
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Così, in particolare, per ritornare al già citato esempio, delle conseguenze
patrimoniali della filiazione naturale del cittadino tedesco, una volta individuata, sulla base della prima qualificazione (operata secondo la lex fori e,
quindi, in termini di istituto familiare) il diritto straniero applicabile in quello
tedesco, le successive interpretazioni e valutazioni (seconda qualificazione)
dovranno tener conto della natura meramente obbligatoria che tale rapporto
riveste nell’ordinamento nel quale, per effetto del richiamo, ci si muove.
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Capitolo Terzo: Struttura della norma di diritto internazionale privato
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E) La qualificazione nel diritto internazionale privato comunitario
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Allorquando la norma di diritto internazionale privato è prodotta dagli organi legislativi dell’Unione Europea, le nozioni,locuzioni ed istituti
giuridici da essa utilizzati devono essere ricostruiti e definiti, non già alla
luce delle categorie del singolo ordinamento nazionale, ma, piuttosto,
alla stregua dei canoni e criteri interpretativi e semantici quali risultano
adottati nei trattati CE ovvero nelle applicazioni giurisprudenzali della
Corte di Giustizia.
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Se, dunque, un regolamento comunitario contenente disposizioni di diritto
internazionale privato parla, ad esempio, di proprietà, possesso, residenza, citazione etc. non dovrà farsi riferimento al significato che tali espressioni rivestono nell’ordinamento richiamato ma, invece, all’accezione che ad esse si dà nel
sistema del diritto comunitario quale applicato ed interpretato dai giudici della
Comunità Europea stessa.
E non vi è dubbio che tale accezione possa differire anche profondamente
da quello in uso negli ordinamenti di alcuni degli Stati membri.
3. Il criterio di collegamento
A) Nozione
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Tutte le fattispecie di rapporti regolate dalle norme di d.i.p. si caratterizzano per la presenza di un elemento di estraneità cioè una qualche
circostanza (nazionalità delle parti, luogo dove si sono svolti i fatti etc.)
che pone in collegamento la vicenda, con l’ordinamento nazionale e con
uno o più stati esteri.
Tale circostanza, se evidenziata all’interno della norma di d.i.p., si
identifica con il cd. criterio di collegamento.
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Così, ad esempio, quando l’art. 43, L. 218/1995 stabilisce che la tutela è
regolata secondo la legge dello Stato cui appartiene l’incapace individua nella
nazionalità dell’incapace il criterio di collegamento valido in tema di tutela ed
altri istituti di protezione degli incapaci.
Non si può escludere che, nell’ambito della fattispecie concreta, vi siano altri
aspetti, elementi o circostanze che collegano la fattispecie stessa ad un determinato ordinamento (ad es. nazionalità straniera del tutore con residenza estera
dell’incapace), tuttavia l’unica circostanza che il legislatore ha ritenuto giuridicamente rilevante, tanto da richiamarla nella struttura della norma di d.i.p., è
quella relativa alla nazionalità dell’incapace.
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Parte Prima: Parte generale
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Il criterio di collegamento, dunque, indica quell’aspetto del rapporto
che il legislatore ritiene determinante ai fini dell’individuazione dell’ordinamento straniero da richiamare, pertanto esso è uno degli elementi
caratteristici della struttura della tipica norma di d.i.p.
B) Diversi criteri di collegamento
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Nel nostro sistema, come nella maggior parte dei sistemi di d.i.p.
moderni, il criterio di collegamento fondamentale è quello della cittadinanza.
Vengono, infatti, regolate in base a tale criterio: le questioni relative allo
stato ed alla capacità delle persone (art. 23, L. 218/1995), i rapporti di filiazione (art. 33, L. 218/1995), le successioni mortis causa e le donazioni (artt.
46 e 56, L. 218/1995) e quelle inerenti la tutela e gli altri istituti di protezione
degli incapaci (artt. 43, L. 218/1995).
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se
In alcune materie al criterio della cittadinanza sono stati preferiti criteri di
collegamento diversi. Così, per la regolamentazione delle questioni relative alle
obbligazioni non contrattuali (ad es. risarcimento per fatti illeciti), l’art. 62, L.
218/1995 individua come criterio di collegamento quello del luogo in cui è avvenuto il fatto dal quale esse derivano.
Analogamente, in materia di possesso, di proprietà e di diritti reali in genere,
si fa riferimento alla legge del luogo in cui le cose si trovano (art. 51, L. 218/
1995).
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Altri criteri di collegamento alternativi a quello della cittadinanza sono:
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— quello del luogo in cui deve essere eseguita l’obbligazione. Tale criterio era già stato adottato, in materia di titoli di credito, da talune
convenzioni internazionali recepite anche dall’Italia ed è stato poi
accolto dall’art. 59 della legge 218/1995 come criterio generale di
diritto comune per la disciplina della cambiale, del vaglia cambiario e
dell’assegno.
Per gli altri titoli di credito la medesima disposizione fa riferimento al
luogo di emissione;
— quello della volontà manifestata dalle parti. L’art. 57, L. 218/1995 stabilisce, infatti, che tutte le obbligazioni contrattuali sono disciplinate
esclusivamente dalle regole adottate dalla Convenzione di Roma del
19 giugno 1980.
Ed è proprio tale Convenzione che fissa nella volontà comune delle
parti il criterio principale e dominante per la regolamentazione giuridica dei contratti.
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Capitolo Terzo: Struttura della norma di diritto internazionale privato
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C) Concorso di criteri di collegamento
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Non è infrequente che nell’ambito di una stessa norma di d.i.p. siano indicati più criteri di collegamento (ad es. artt. 25, 35, 46, 62 della L.
218/1995).
Il significato di questa compresenza o concorso di più criteri di
collegamento può essere diverso potendosi avere:
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— concorso successivo, quando il rapporto tra i diversi criteri indicati
nella norma è di sussidiarietà di guisa che soltanto quando quello indicato per primo non è, per un qualsiasi motivo, in grado di funzionare,
ci si rivolge al secondo e così via.
Questo tipo di concorso si realizza nell’ambito dell’art. 26, L. 218/
1995 secondo cui la promessa di matrimonio e le conseguenze della
sua violazione sono regolate dalla legge nazionale comune dei nubendi o in mancanza dalla legge italiana;
— concorso alternativo, nell’ipotesi in cui non viene stabilito tra i diversi
criteri di collegamento indicati dalla norma di d.i.p. un rigoroso ordine di preferenza, avvenendo la scelta tra di essi in funzione dei risultati pratici cui essa conduce.
Così, ad esempio, l’art. 48, in relazione alla forma del testamento,
individua tre criteri di collegamento alternativi nell’ambito dei quali,
in omaggio ad un più generale principio di conservazione dell’efficacia dell’atto, la scelta cadrà su quello che richiama la legge rispetto
alla quale l’atto può considerarsi formalmente valido;
— concorso cumulativo, allorquando pur essendo il criterio di collegamento formalmente unico (ad es. criterio della cittadinanza), esso
finisce di fatto per funzionare richiamando due o più ordinamenti
diversi.
È il caso, ad esempio, della disciplina relativa al riconoscimento del
figlio naturale (art. 35) allorquando avviene tra persone di nazionalità
diversa.
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Nei casi in cui il problema non sia espressamente risolto dal legislatore con l’indicazione dell’unica legge applicabile, la giurisprudenza tende
a ritenere la legittimità di una qualche forma di richiamo coordinato alle
diverse leggi cui il criterio fa rinvio.
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Parte Prima: Parte generale
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Glossario
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Cittadinanza: è, nel nostro sistema il criterio di collegamento fondamentale per individuare
la legge applicabile. Nel caso di doppia cittadinanza se una di queste cittadinanze è italiana, trova applicazione la legge italiana; in caso contrario si applica la legge dello Stato con
il quale la persona ha il collegamento più stretto.
Agli apolidi si applica la legge dello Stato di residenza.
Trust: istituto giuridico inglese attraverso il quale la persona che costituisce il trust decide
di affidarne l’amministrazione ad una o più persone nell’interesse di soggetti beneficiari,
frequentemente utilizzato per la protezione degli incapaci, per la successione e per la costituzione di fondazioni ed istituti di pubblica utilità.
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