Astrofisica Generale Mod.B parte VIII Relazioni di Scala in Galassie Ellittiche Laurea Specialistica in Astronomia AA 2009/10 Alessandro Pizzella Sommario 0) Introduzione 1a) Relazione Colore ­ Magnitudine 1b) Relazione Mg­ 1c) ­enhancement 2) Ie­Re (Kormendy) 3) L­ (Faber­Jackson) 4) Piano Fondamentale (FP) 5) evoluzione in redshift e distanze don il FP Collasso monolitico e aggregazione gerarchica Due sono gli scenari, tradizionalmente considerati contrapposti, che sono utilizzati per spiegare la formazione delle galassie ellittiche: il collasso dissipativo monolitico (CM) e l’accrescimento gerarchico (hierarchical clustering, HC). L’esistenza di gradienti di metallicità nelle galassie fornisce un importante indizio per discriminare tra questi due scenari. Nel CM una galassia si forma per mezzo di un rapido collasso gravitazionale, con una considerevole dissipazione di energia, da una nube di gas primordiale. Nel corso di questo processo in un intervallo di tempo relativamente breve avviene la formazione stellare. Se il potenziale gravitazionale della galassia è sufficiente a trattenere il gas espulso dalle supernove, questo finisce con il concentrarsi verso la regione centrale. Le nuove generazioni di stelle saranno quindi più ricche di metalli delle stelle che si formano nella regione esterna della galassia. Con questo meccanismo viene generato un gradiente negativo, andando dal centro verso l’esterno, nella metallicità delle stelle. Secondo questo scenario le galassie ellittiche si formano ad alto redshift, su tempi scala più brevi delle galassie a spirale, e sono assemblate da gas e non da stelle preesistenti. Vi sono evidenze osservative dell’esistenza di galassie di grande massa già ad alti redshift. L’aspetto positivo di questo modello di formazione delle galassie consiste nel fatto che riesce a spiegare molte osservazioni relative alla popolazione stellare. In particolare è possibile spiegare l’aumento della metallicità all’aumentare della massa. Gradienti di metallicità sono stati osservati da diversi autori in galassie ellittiche. I tipici modelli di CM prevedono un gradiente del tipo d(logZ)/d(logr)~(­0.5) ­ (­1.0) (dove Z (frazione totale di tutti gli elementi oltre He) indica la metallicità ed r il raggio) mentre la relazione misurata dipende dalla proprietà globali della galassia. Ad esempio le galassie più massicce hanno un gradiente più pendente. Lo scenario di aggregazione gerarchica suggerisce che le galassie che vediamo oggi si formano attraverso una sequenza di “fusioni” di oggetti più piccoli. Tale scenario è la naturale conseguenza della teoria dell’universo CDM (cioè con materia oscura fredda e costante cosmologica). Lo scenario HC ha il vantaggio di essere stato concepito all’interno di una teoria cosmologica in grado di predire la struttura a larga scala dell’universo. Una importante previsione fatta dal modello è che la relazione tra metallicità e dispersione di velocità dovrebbe essere cancellata durante processo di aggregazione. In alcuni casi sono effettivamente state osservate anche galassie ellittiche con una metallicità indipendente dal raggio. La relazione tra densità e morfologia è anche ben spiegata in termini di aggregazione gerarchica. Nelle galassie ellittiche sono state trovate relazioni che legano parametri indicatori di metallicità e/o età come il colore (B­V) e la metallicità Mg2 e la massa totale come MB (magnitudine totale assoluta in banda B) e . In pratica vedremo la relazione colore­MB e Mg2 ­ . Relazione colore­MB (fotometrica) È stato visto che le galassie più luminose sono anche le più rosse. Un meccanismo in grado di generare tale effetto è il “collasso monolitico”. Pensiamo ad una nube di gas massiva che forma stelle in un periodo di tempo relativamente breve. Le prime supernove produrranno una grande quantità di gas caldo ricco di elementi pesanti (in particolare metalli ). Le buche di potenziale gravitazionale più profonde sono in grado di mantenere questo gas che sarà quindi incorporato nella successiva generazione di stelle. Queste stelle saranno più metalliche delle precedenti e quindi più rosse. Nelle galassie meno pesanti, il gas caldo viene trattenuto con più difficoltà ed in quantità minore, le stelle saranno povere di metalli e quindi più blu. Come altre relazioni in cui compare la luminosità assoluta, la relazione C­M viene più facilmente studiata in ammassi dove le galassie possono essere considerate tutte alla stessa distanza. B­ I La stessa relazione è presente in ammassi diversi della stessa epoca. Questa relazione può quindi essere utilizzata confrontando ammassi vicini con ammassi lontani. La differenza di colore dovuta alla più giovane età delle galassie lontane può più efficacemente essere messa in evidenza utilizzando la relazione C­M. La cosa non è in realtà così semplice data la degenerazione che esiste tra età e metallicità. Posso veramente dire che in un ammasso le galassie più blu hanno una popolazione stellare meno metallica oppure sono semplicemente più giovani? In un ammasso lontano la differenza di colore è dovuta ad una età differente oppure ad una differenza di metallicità ? I Relazione Mg­ (spettroscopica) L'esistenza di questa relazione è spiegata nella stessa maniera della relazione C­M. La dispersione di velocità non è altro che una misura della massa di una galassia. Il colore essenzialmente mi dava una idea della metallicità che è proprio quello che mi dice il Mg. È da notare come questa relazione, a differenza della C­M, non dipende dalla distanza degli oggetti. •• • • • •• • •• • • • • Qui viene mostrato come Mg varia all'interno della stessa galassia, per diverse galassie, in relazione al valore locale di . I valori di più alti sono relativi a regioni più centrali. Origine della relazione M­Z • Immaginiamo un semplice modello per la formazione delle galassie in cui il gas continua a formare stelle fin tanto che l’energia delle supernovae causa un vento galattico. L’energia delle supernovae può essere stimata come: ESN ~ η Z c2, i.e. è proporzionale alla metallicità del gas, Z. • Energia di legame gravitazionale per unità di massa : W ~ GM/R • Il gas viene rilasciato quando W = ESN . Questo stabilisce una relazione massa­ metallicità : Z ~ M (vedi Stiavelli & Matteucci 1991 per un modello numerico) Diversa età – Stessa Metallicità E facile separare popolazioni giovani e vecchie della stessa metallicità Stessa età – Diversa Metallicità Facile separare popolazioni coeve di diversa metallicità Degenerazione Età ­ Metallicità Difficile separare popolazioni che hanno una combinazione di età e metallicità Degenerazione: (∂ lnt/∂ lnZ) ~ ­3/2 Sistema di Lick per la misura della intensità delle righe Nel sistema di Lick vengono individuate 11 righe spettrali o bande. Sono righe che si è visto essere legate alla metallicità. La loro intensità viene espressa in Å in quando viene misurata come una larghezza equivalente. Larghezza equivalente • La larghezza equivalente è una misura della intensità di una riga spettrale • È la larghezza del rettangolo di egual area con un assorbimento del 100%. • È misurata in Angstrom • Non dipende dalla risoluzione spettrale. Esistono poi gradienti di colore e metallicità nelle singole galassie ellittiche. Questa è una conferma del fatto che quello che stiamo vedendo è un effetto dovuto alla metallicità. L'origine del gradiente è sempre la solita. In regioni più esterne la velocità di fuga è minore. Solo il gas meno caldo non sfugge alla galassia e le stelle che qui si formano utilizzano gas riprocessato in ragione minore di quanto accade nel centro delle galassie dove “nulla sfugge” e le stelle si formano con una frazione di gas riprocessato maggiore (e quindi i loro spettri mostreranno una intensità delle righe metalliche maggiore). Modelli di galassie, degenerazione età metallicità e ­enhancement Le Galassie sono composte da stelle. Sono ormai presenti librerie di spettri stellari in grado di rappresentare qualsiasi tipo di stella. Per creare il modello di una galassia basta allora avere una storia di formazione stellare e quindi una IMF (funzione iniziale di massa) e una SFR (tasso di formazione stellare). Con questi ingredienti è possibile costruire il modello di una galassia sintetica da confrontare con le osservazioni. Le osservazioni ci indicheranno dei flussi, dei colori o degli spettri a seconda del gradi di precisione dei modelli. O A F G K Giant Massa (Solare) O 20 B 10 A 5 F 2 G 1 0.7 K 0.4 M 0.1 L 0.05 T Temperatura 50000 K 20000 K 10000 K 7500 K 5500 K 3500 K 2000 K 1200 K 900 K u g r i z O La Sequenza Stellare B Brighter M Giant A BHB K Giant F G Ma K (dwarf) in Se qu en M (dwarf) ce White Dwarf Hotter Stellar Color Cooler Per “single stellar populations” (SSP) L’evoluzione è ben capita e.g. base dello studio degli ammassi globulari Le proprietà delle galassie Early­type È dominata dalla luce di stelle RGB Come si distingue? Indici di Lick e modelli di popolazioni stellari. Alcune righe spettrali come H sono relativamente sensibili all'età, altri (Fe, Mg) alla metallicità. Per poter interpretare le misure di abbondanza dei metalli sono necessari dei modelli di evoluzione stellare. Il risultato che si ottiene indica che età e metallicità sono date da una combinazione linare di righe (ad esempio H, Fe o H Mg). Si costruiscono quindi delle griglie. metallicità I modelli dipendono però da un ulteriore parametro: l’ enhancement età Ma non basta: [α /Fe] enhancement Il problema dell’ [α /Fe] enhancement (che più che un problema è un ulteriore osservabile) SN, che producono la maggior parte dei metalli, Sono di due tipi: Gli elementi Sono detti elementi quegli elementi che sono prodotti unendo più particelle (ovvero nuclei di elio 4He) a 16O. Sono quindi elementi Ne, Mg, Si, S, A, Ca. Gli elementi sono prodotti da supernove di tipo II in quantità assai maggiore che non nelle supernove di tipo I. Nei modelli evolutivi delle galassie appare quindi necessario distinguere tra i vari tipi di metalli ( e non­) ovvero considerare il rapporto /non­. Un tipico elemento non che viene spesso utilizzato è il Fe. Ad esempio, il rapporto Fe/Mg è un indicatore dell’abbondanza di elementi (detta anche enhancement). Come si può vedere nelle griglie dei modelli, i modelli sono sensibili all’ enhancement. E cioè lo stesso valore del rapporto tra H e Fe indica età e metallicità diverse a seconda del valore del rapporto /non­. Questo fatto da un lato rappresenta una complicazione dato che aumenta il numero di osservabili che è necessario avere. Dall’altro abbiamo una importante indicazione sul quanto a lungo si è protratta la formazione stellare nell'ultimo episodio. Le SN II sono prodotte dall'evoluzione rapida di stelle molto massicce. Arricchiscono il mezzo interstellare (ISM) di metalli con un rapporto /non­ alto. Le stelle, che si stanno ancora formando, saranno allora composte con una percentuale di metalli alta e tale composizione appare evidente dal loro spettro. Se la formazione stellare si esaurisce in tempi brevi (0.5­1Gyr) la popolazione stellare appare mediamente avere un rapporto /non­ alto. Più avanti nella vita della galassia iniziano a scoppiare anche le SN I. Queste arricchiscono l’ISM di metalli ma con una bassa abbondanza di elementi . L’ISM cioè si impoverisce, relativamente parlando, di elementi che vengono diluiti da elementi non­ che pian piano vengono immessi dalle SN I. Se la formazione stellare è ancora attiva, le stelle che si formano hanno un minor quantità di elementi . La popolazione, mediamente, presenterà un rapporto elementi /non­ basso. In questo modo la conoscenza dell’abbondanza relativa /non­ permette di ricostruire la storia di formazione stellare delle galassie. Cosa ci si aspetta dai modelli di formazione delle galassie? Secondo il clustering gerarchico: Le galassie ellittiche di campo (luoghi a bassa densità di galassie) dovrebbero essere più giovani di quelle in ammasso (luoghi ad alta densità) dato che hanno avuto meno possibilità di fare merging Le stelle di galassie più massicce devono essere più giovani o al massimo coeve delle stelle di galassie meno massicce. Relazione tra Ie ed Re (Kormendy) È facile immaginare che esista una relazione tra Re e la luminosità totale, una galassia luminosa sarà probabilmente grande. Ma quanto più grande? Oppure, una galassia più grande sarà più brillante, ma quanto più brillante? La risposta la abbiamo dalla relazione di Kormendy tra Re ed Ie. Quello che si trova è che Re ∝ <Ie>­0.83∓0.08 (Djorgovsky & Davis 1987) dove <Ie> è la brillanza superficiale media entro 1Re (che è soggetta ad errori di misura minori rispetto al valore di Ie inteso come I(Re)). Cosa significa questa relazione? Se chiamo Le la luminosità entro Re allora Le=<Ie>Re2 dato che Re ∝ <Ie>­0.83 trovo che <Ie>~L­3/2. Le galassie ellittiche più luminose hanno una brillanza superficiale più bassa. Relazione tra L ed 0 (Faber­Jackson) <Ie>~L­3/2 Le galassie più luminose hanno anche una dispersione di velocità più grande. Questa è la cosiddetta relazione Faber­Jackson che vale Le~04 dove con 0 si intende il valore centrale della dispersione di velocità. Misura di 0 Abbiamo detto come il valore di non dipende dalla distanza. E però necessario considerare alcuni effetti sistematici che ne possono alterare la misura. Si tratta di effetti legati all'apertura entro cui è misurato il valore di . La misura in pratica viene effettuata utilizzando una apertura finita. Se si utilizza uno spettroscopio a fenditura lunga, ad esempio, la fenditura ha una larghezza ben precisa (da terra sarà tipicamente 1”­­>3”, con HST può essere anche 0.2”). Lungo la direzione parallela alla fenditura, il pixel del CCD ha anche lui una dimensione finita (0.2” da terra o dell'ordine di 0.05” per HST). Gli spettri che misuriamo sono quindi relativi a queste regioni di spazio. Anche le misure cinematiche sono quindi ottenute con il campionamento dato dallo strumento. Esempio: fenditura larga 1”, pixel 0.2”x0.2”. Per aumentare il rapporto S/N sommo i pixel 5 a 5 lungo la fenditura. In questo modo ogni spettro del mio spettro a fenditura lunga è misurato in un area di 1”x1”. Questa superficie nel piano del cielo corrisponde a zone più o meno grandi sulla galassie a seconda della distanza di questa. In pratica è impossibile adattare la risoluzione alla galassia. L'unica cosa che si può fare è il riportare in qualche modo la misura di ottenuta con una certa apertura a quella di una apertura standard. Cambiare apertura può cambiare il valore di per 2 motivi: diminuisce in genere con il raggio. Utilizzare aperture grandi significa mediare su aree grandi e quindi abbassarne il valore. Se la galassia ha invece una forte rotazione, questa può tendere ad allargare le righe spettrali (e quindi aumentare ) quando, con una apertura grande, non è risolta. In genere si utilizza come apertura standard una apertura di raggio re/8. Esiste una formula empirica (della cui validità dubito un po’) che tutti usano e che lega obs osservata, re8 corretta, apertura utilizzata rap g ed raggio re/8=re8. r ap re8 = r e8 obs [ ] 0.04 Queste relazioni mostrano però uno scarto sistematico, che va al di là degli errori di misura. Gli scarti sono poi spesso correlati. Ci si rende quindi conto che la relazione diventa più stretta se si considera uno spazio a 3 parametri anziché 2: Re, Ie, 0 . In particolare, utilizzando la tecnica dell'analisi delle componenti principali, è possibile individuare la presenza di un piano lungo cui i punti sono disposti. Se considerano come parametri i logaritmi delle grandezze misurate log(Re), log(<Ie>), log(0) (con Re in kpc, <Ie> in B e 0 in km/s) si trova che il piano è definito dalla combinazione ­0.65log(Re)+0.22 log(<Ie>)+0.86 log(0)=1 Tenendo Re da solo e combinando gli altri 2 parametri si può visualizzare il piano fondamentale visto di taglio In altre parole, si può vedere che lo scarto dei punti plottati secondo 2 parametri non sono casuali ma correlano con il terzo parametri Faber­Jackson relation big radii Luminosity­size relation big σ small σ small radii Kormendy Relation big σ small σ Se allora si include un terzo parametro… … si riduce I I I lo scarto … L’analisi delle CP può essere usata proprio per trovare la combinazione che minimizza la dispersione dei punti Il piano fondamentale in 4 bande Il teorema del viriale: 2KE = ­ PE Abbiamo 3 osservabili+M/L Il Piano fondamentale é la combinazione con il minimo scarto: Il Piano Fondamentale (FP) Il concetto di FP è stato introdotto nel 1987 (Djorgovsky & Davis) per le galassie ellittiche. Dal teorema del Viriale scalare in condizioni stazionarie vale la relazione 2T=­ con T=energia cinetica ed =energia potenziale. Ne consegue che: GM/<R> = <V2> (1) dove M è la massa dei una galassia, <V2> è la velocità quadratica media pesata sulla massa, <R> un raggio gravitazionale caratteristico. Posso scrivere <re>= kR<R> dove nel parametro kR sono contenute le informazioni sul profilo di densità all’interno della galassia. Analogamente, posso scrivere 2o= kv<V2> dove il parametro kV riflette la struttura cinematica della galassia. L’equazione iniziale può essere allora riscritta come M=c12ore con c1=(kvkR)­1 Dato che per un profilo r1/4 LB = 22.665 re2Ie posso scrivere re=(c1//22.665)(M/L)­12oIe­1 (2) e quindi re∝AoIeB con A=2 e B=­1 (3) Tilt (non allinamento) del FP Il teorema del viriale prevede quindi che esista una relazione che lega tra loro la massa, la luminosità e la dimensione delle galassie. È chiaro infatti che re è una misura delle dimensioni Ie è una misura della luminosità o è una misura della massa Se si graficano i valori misurati le cose vanno come previsto, anzi no. Le galassie si dispongono si lungo una retta che però non è quella attesa re∝2oIe­1 ma su di una retta leggermente ruotata. Questo è il cosiddetto “Tilt” del piano fondamentale. Cosa ci insegna questo tilt? Evidentemente qualcuna delle ipotesi che avevamo fatto non è completamente valida. Ad esempio, sarà proprio vero che M/L è uguale per tutte le galassie? Quello che si trova (dipende dalla banda e dagli autori) è A=1.39±0.15 e B=­0.9±0.1 Luminosita’ = L = c1 I R2 ­­­­­­­­ Massa = M = c2 σ 2 R κ 1 ≡ (Log σ 2 + Log R)/√2 κ 2 ≡ (Log σ 2 + 2 Log I ­ Log R)/√6 κ 3 ≡ (Log σ 2 – Log I – Log R)/√3 Il FP: R = (c2c1­1)(M/L)­1 σ 2 I­1 κ 1 ~ Log M κ 2 ~ Log I3 M/L κ 3 ~ Log M/L κ ­space ■ GE Giant ellipticals (M < ­20.5 mag) ▲ IE Ellipticals of intermediate L (­20.5 < M < ­18.5 mag) ● CE Compact galaxies♦ BDW Bright dwarf galaxies (M > ­18.5 mag)▪ • FDW Faint dwarf galaxies B Bulges of S0/Sa κ ­space ■▲● • galaxies con cinematica anisotropa □∆◊○ galassie schiacciate dalla rotazione NOTA: Cinematica Anisotropa (v/σ )* < 0.7 (v/σ )* e’ il rapporto tra (v/σ ) osservata e quella aspettata per un rotatore isotropo di quella ellitticità: v=velocità di rotazione σ = dispersione di velocità ■▲♦●▪ galaxies with anisotropic kinematics □∆◊○ galaxies rotationally flattened Le proprietà strutturali (M, L, M/L ...) sono descritte nel k­space tramite i parametri globali R, I, σ . Con il k­space si può 1) definire i piani, consistenti con l’equilibrio viriale ed una stretta relazione tra M e M/L 2) le galassie GE, IE, CE e B formano una sequenza gas/stelle (GS) dove gli oggetti più brillanti hanno bassa brillanza superficiale e sono anisotropi mentre gli oggetti meno brillanti sono rotatori isotropi con alta brillanza superficiale Questo andamento è consistente con lo scenario di merging dove i merging che formano galassie più massicce hanno una minore frazione di gas e sono meno dissipativi (anisotropia), 3) DW definiscono un piano che è quasi perpendicolare al piano GS. Gli oggetti più brillanti hanno brillanza superficiale più alta, sono tutti rotatori isotropi. 4) GE e DW sono sistemi anisotropi ma hanno probabilmente una origine diversa (GE merging non dissipativo mentre DW hanno una perdita di massa significativa. = log(σ 2/IR) /√3 = log(σ 2I2/R) /√6 •Dissipazione non cambia la massa, luminosità ma diminuisce le dimensioni e quindi aumenta la brillanza sup. •Merging Aumenta la massa ma non cambia M/L o brillanza sup. (il prodotto del merger è ancora sulla relazione di Kormendy … •Winds/ram pressure stripping diminuisce la massa ma non M/ L •Tidal stripping diminuisce le dimensioni più che L o σ , quindi aumenta la brillanza sup. Effecto dell’errore sulla distanza = log(Rσ 2) /√2 Studiando il PF a diversi z è possibile mettere in evidenza una eventuale evoluzione e capire cosa é che evolve maggiormente Evoluzione del PF Scrivendo il FP nella forma log re ≡ log0+Ie+ con ≡log re ­ log0­ I (5) e definendo la massa dinamica M della galassia come M≡502re/G una variazione del parametro può essere vista come una variazione del rapporto M/L log(M/L)= ­/2.5 (6) In questo modo è possibile mettere in evidenza ed interpretare una eventuale evoluzione. La relazione Dn­ Alcune variabili che definiscono il FP dipendono dalla distanza (luminosità assoluta, raggio) ed altre no (). Questo significa che il FP può essere utilizzato per determinare la distanza delle galassie. In pratica, dato che singole misure sono poco affidabili anche per lo scarto intrinseco the il FP ha, si utilizza per determinare la distanza di ammassi di galassie. Il concetto è del tutto simile a quello visto per la relazione di Tully­Fisher per le galassie a spirale. Dato che la Dn­ si utilizza per le galassie ellittiche, le due relazioni sono in qualche modo complementari. Nella TF la relazione lega la velocità di rotazione, che non dipende dalla distanza, con la magnitudine assoluta. Non si usa il FP così com'è ma si riducono a 2 le variabili, una dipendente dalla distanza ed un all’altra no, in modo da vederlo di taglio. Si può notare che la grandezza L/ (dove è la brillanza superficiale) ha le dimensioni di una superficie e che quindi (L/)1/2 ha le dimensioni di un raggio che chiamiamo Dn. È stata trovata una relazione che lega Dn a e che vale Dn∝1.2 Di fatto si tratta di una proiezione del FP per cui il piano L­ è visto di taglio. Una tipica scelta è quella di definire Dn come il raggio entro cui la brillanza superficiale media vale 20.75 mag/acrsec2 ma in teoria qualsiasi altro valore è ugualmente valido. È importante notare che il valore del raggio Dn va espresso in unità fisiche (kpc) se si conosce la distanza. Altrimenti va misurato come angolo salvo derivare la distanza in modo the il punto cada sulla relazione calibrata con oggetti di distanza nota. Esempio di Dn­ ottenuta con 28 ammassi di galassie In realtà prima di determinare bene le distanze era così. Esempio di Dn­ ottenuta con 28 ammassi di galassie. Il termine cz×dn indica il valore di Dn nel caso di assenza di moti peculiari. Il valore esatto di Dn è dn(cz­Vpec). Vpec viene determinata in base al valore che permette alla relazione trovata in un ammasso di coincidere con la Dn­ media. Ad esempio, Cen45 ha una Vpec molto alta.