Deus qui diligentibus te bona invisibilia praeparasti; infunde cordibus nostris tui Amoris affectum ut te in omnibus et super omnia diligentes promissiones tuas quae omne desiderium superant consequamur. 1. INTRODUZIONE «Solo un Dio ci può salvare». Con quest’idea il filosofo tedesco Martin Heidegger denunciava una situazione epocale nella quale il pensiero tecnico aveva raggiunto una dimensione fino a quel momento impensabile. È la tecnica a rivelare che quello che chiamiamo oggi post-modernità non può essere compreso solo come un periodo della storia universale, ma piuttosto come una situazione. Guardando alle diverse crisi alle quali l’umanità viene sottoposta, dalla crisi della ragione a quella economica, l’uomo appare come una figura debole. Il superuomo è un debole uomo post-moderno che dinanzi alle prove della vita crede in tutto o non crede in nulla, oppure crede in tutto perché non crede in nulla. Gnostici e agnostici abitano la stessa casa. Si verifica nell’attuale contesto postmoderno, da una parte una certa indifferenza verso ciò che è religioso, dall’altra contemporaneamente il pluralismo religioso. In entrambe le situazioni l’immagine di Dio è stata indebolita. Nel primo caso l’uomo fa finta che Dio non c’è, o al massimo è una figura tra tante altre e per questo non si può considerarlo in modo rivelante; nel secondo caso Dio è Colui che soddisfa le necessità umane, i bisogni a portata di mano. Qui la cristologia, nell’ambito pratico-pastorale diventa una Cristoterapia, Gesù è il «medico e il terapeuta»1. In tale contesto parlare di salvezza sembra necessario. Nonostante ciò, la tematica sembra venga trascurata. Dal punto di vista teologico, di solito la salvezza viene considerata solo come un capitolo della cristologia; dal punto di vista pastorale viene assunta come realtà escatologica alla fine dell’esistenza terrena. Si può affermare che la maggior parte delle prospettive soteriologiche che troviamo in Occidente considerano la salvezza a partire da questi due punti di vista. Tuttavia, ciò che conferisce una forma specifica a tale dottrina è il modo di impostarla, così la soteriologia occidentale viene elaborata maggiormente a partire da una teologia del peccato. Per questo, forse, il tema della divinizzazione è stato poco considerato. Infatti, mentre in Occidente salvezza e divinizzazione sembrano due temi separati, in Oriente la loro unità è molto più visibile. Tale unità in Oriente è data dal fatto che la soteriologia viene impostata a partire da una concezione della grazia che non presuppone necessariamente la concezione del peccato, invece la maggior parte delle impostazioni soteriologiche che troviamo in Occidente sembra che siano elaborate a partire dall’idea del peccato a causa di una determinante influenza del Cur Deus homo? di sant’Anselmo. Alcuni teologi occidentali hanno cercato di sfuggire a una riflessione «amartiocentrica», ma pochi ci sono riusciti. Tra questi c’è H. U. von Balthasar che, a nostro parere, è l’unico ad aver elaborato una riflessione del tutto diversa. Infatti, tutta la soteriologia del teologo svizzero è “drammatica”, perché per lui il dramma non è solo una semplice categoria analogica, ma ciò che meglio rappresenta l’azione di Dio per la salvezza del mondo. L’autore cerca di giustificare quest’idea collegando il dramma della croce con la processione eterna del Figlio, allontanando con questo qualsiasi pretesa di pensare la croce solo come una conseguenza del peccato, comprendendola invece come assoluta manifestazione dell’eterno amore trinitario di Dio. 1 Cfr. O. G. DE CARDEDAL, Cristologia, Cinisselo Balsamo 2004, 549. 2 2. MOTIVO E SCOPO DEL LAVORO Un attento sguardo storico ci permette di comprendere che la maggior parte delle impostazioni attuali hanno all’origine l’influenza diretta di sant’Anselmo con il Cur Deus homo? Tuttavia non possiamo nemmeno negare che alcune riflessioni sono state dei tentativi di voler percorrere un’altra via, allontanandosi dalla teologia della soddisfazione di Anselmo e avvicinandosi piuttosto a quella del beato francescano Duns Scoto. Questi, partendo dall’idea di praedestinatio2, costruisce una soteriologia che non presuppone necessariamente la realtà del peccato, ma l’amore libero di Dio. Con ciò si hanno due modi di pensare la salvezza, ma vi è anche la difficoltà nel cogliere una sintesi. Elaborare un riflessione che fosse una sintesi tra due tradizioni con diverse impostazioni per propore un modo di pensare la salvezza che potesse rispondere in modo più concreto all’uomo bisognoso di salvezza è stato il motivo per cui abbiamo scelto questo argomento a partire della teologia del teologo svizzero Hans Urs von Balthasar. Riteniamo che la soteriologia drammatica di Balthasar, se letta in chiave di divinizzazione, potrebbe costituire una sintesi tra due modi di pensare la salvezza, quello maggiormente presente in Occidente e quello più visibile nella teologia di tradizione greca. In tal modo si può anche considerare il tema della divinizzazione, quasi dimenticato in Occidente, sotto il profilo della salvezza mettendo assieme queste due teorie, che alla fine costituiscono un’unica dottrina per cui l’uomo divinizzato è l’umano salvato. Da qui si può cogliere lo scopo di questa ricerca: pensare la salvezza come divinizzazione e non solamente come atto escatologico riservato alla fine della vita terrena, ossia, considerare la salvezza non solamente come una promessa verso cui siamo orientati, ma come la realizzazione dell’amore di Dio nella vita di coloro che si lasciano salvare. Proporre, cioè, una riflessione sulla salvezza capace di essere una sintesi che fosse in grado di cogliere sia la drammaticità del peccato sia la gratuità della grazia, in cui una non venisse assunta a scapito dell’altra. Con questo vogliamo offrire un contributo sulla questione soteriologica, dal momento che finora gli studi non hanno ritenuto quest’ipotesi come loro scopo fondamentale. 3. ORIGINALITÀ DELLA RICERCA La ricerca per diversi aspetti si mostra originale. Dal punto di vista del suo contenuto possiamo dire che la tesi costituisce il primo lavoro su questo tema, e in questa prospettiva. È vero che la soteriologia di Balthasar è già stata oggetto di alcuni studi, tuttavia non abbiamo trovato nessuna riflessione che l’abbia considerata nella prospettiva della divinizzazione. Forse la difficoltà si trova nel fatto che l’autore non ha mai scritto un’opera sulla divinizzazione, e ne parla relativamente poco; se lo consideriamo come tema dibattuto, infatti appare solamente nel terzo volume della Theologik, quando parla della dottrina «delle due mani del Padre» di Ireneo di Lione3. Nella maggior parte degli studi sul dramma gli autori trattano la drammatica senza considerare come presupposto fondamentale l’Estetica. È l’Estetica ad offrire il vero fondamento della drammatica, almeno riguardo al nostro argomento. Una riflessione soteriologica che non consideri l’Estetica come punto di partenza può essere bella, ma non sarà mai in grado di giustificarsi. Qui la tesi ha un aspetto davvero originale, sia perché si presenta come una riflessione nuova o primigenia, sia perché tale riflessione ci apre un nuovo orizzonte nel pensare la salvezza. È l’Estetica a rendere comprensibile la «kenosi» intratrinitaria, ma soprattutto ci permette di comprendere in modo autentico che tale kenosi è la condizione che rende possibile la kenosi storica, idea espressa da Balthasar quando assume la missio come forma storica della processio del Figlio. 2 3 DUNS SCOTO, Opus Oxoniene 3, d. 7, q. 3, n.3. BALTHASAR, Theologik III. Der Geist der Wahrheit, Einsiedeln 1987, 169-188=153-167. 3 Assumendo l’Estetica teologica come punto di partenza, abbiamo considerato la drammatica dell’incontro tra grazia divina e peccato dell’uomo come evento che trova le sue condizioni di possibilità all’interno della Trinità. La distanza tra il Figlio abbandonato sulla croce e il Padre che lo abbandona viene non solamente fondata nella «kenosi» intratrinitaria, ma rivela anche che l’uomo creato nel Figlio e a sua immagine, da sempre è stato creato per partecipare della vita divina, e neanche il peccato è risucito a cancellare questo disegno originario di Dio. Dunque l’Estetica non solo offre i fondamenti per la drammatica ma ci permette di assumerla come divinizzazione, la quale non è un semplice cammino ascetico proposto dalla teologia e dalla Chiesa, ma costituisce fin dall’inizio la vocazione originaria dell’umano. Considerando la drammatica soteriologica dell’autore, la divinizzazione viene assunta come conformazione alla croce di Cristo. È esattamente qui che estetica e drammatica si rivelano intimamente collegate nell’ambito della vita concreta del cristiano. La salvezza non viene pensata come un evento circoscritto al passato o al futuro, ma come un continuo presente in cui l’uomo, mediante la grazia dello Spirito che introduce nella verità di Dio, si lascia conformare alla croce di Cristo portando al pieno compimento la propria umanità. Qui l’uomo divinizzato è l’umano pienamente compiuto, divenuto segno concreto della verità dell’amore di Dio. Lo spazio che si apre è quello della testimonianza, per cui la vita dei santi diventa autentica teologia. Assumendo l’estetica come punto di partenza, considerando la drammatica come divinizzazione, tenendo conto dell’antropologia dinamica ereditata dai Padri greci a partire dalla cristologia trinitaria, la tesi si propone come una riflessione originale nella quale la salvezza, pensata come divinizzazione, riesce ad accogliere le diverse impostazioni a modo di sintesi, ossia una riflessione che prende sul serio sia l’amore gratuito di Dio che crea l’uomo per farlo partecipe della vita divina, sia il peccato dell’umanità che all’inizio ha detto di no all’amore. 4. METODOLOGIA DELLO STUDIO Abbiamo strutturato la nostra ricerca in tre parti. Nella prima abbiamo presentato lo status quaestionis della soteriologia e della divinizzazione. In merito alla divinizzazione abbiamo dimostrato che si tratta di una dottrina prevalentemente greca che - sebbene presente nei Padri latini e persino nei medioevali latini, come riconosce Balthasar4, sia come trattazione che come impostazione teologica - è qualcosa di molto posteriore. Se oggi la divinizzazione costituisce materia di riflessione in un corso di teologia dogmatica, merito della Pontificia Università Gregoriana, grazie all’instancabile dedizione della teologa Michelina Tenace, questo è frutto di un lungo percorso che ha avuto inizio da due contributi fondamentali sorti nell’area francese: si tratta del movimento della Nouvelle Théologie, che ha avuto la sua figura più autorevole in Henri de Lubac, e la Diaspora russa, con gli autori della neo-ortodossia russa. Tra l’uno e gli altri si colloca Balthasar, più «vicino» a Henri de Lubac, ma in dialogo con gli autori ortodossi. Partendo da qui il teologo svizzero ha tutti gli strumenti per elaborare una soteriologia drammatica che sia in grado di cogliere una sintesi tra Occidente e Oriente. Per proporre la sintesi di Balthasar abbiamo dovuto presentare le diverse impostazioni che vi erano in Occidente, a partire da tre prospettive: storica, pre-storica e meta-storica. Dopo aver presentato la prospettiva predominante in Occidente, quella storica, abbiamo riferito sinteticamente sulle tre visioni attuali della soteriologia, che si presentano come tentativo di superamento della medesima prospettiva. Si tatta della riflessione di Giovanni Moioli, 4 Cfr. BALTHASAR, Theologik III. Der Geist der Wahrheit, Einsiedeln 1987, 170=154. 4 Bernard Sesboüé, e Luis Francisco Ladaria. Questi autori rappresentano il tentativo di superare una struttura soteriologia finora predominante in Occidente. Nella seconda parte della tesi abbiamo presentato l’orizzonte ermeneutico e i fondamenti teologici della questione. In merito al primo abbiamo dimostrato che la soteriologia, intesa come partecipazione alla vita divina, non è un aspetto della teologia di Balthasar ma costituisce l’intero suo orizzonte. Insieme al metodo, come presupposto di tale affermazione, abbiamo presentato alcuni strumenti teologici fondamentali come orrizonte ermeneutico della questione soteriologia-divinizzazione che, allo stesso tempo, giustificano l’intimo rapporto tra queste due dottrine e chiariscono la centralità della dottrina della salvezza secondo il teologo svizzero. Lo strumentario teologico drammatico e teologico-contemplativo, considerati come orizzonte ermeneutico della questione, illuminano la ricerca sulla prospettiva dell’autore, la quale, considerata a partire dal suo metodo teologico ci fa comprendere che egli «elabora» una riflessione teologica che si inserisce nell’ambito gnoseologico piuttosto che sacramentale, anche se quest’ultimo non viene negato. Riguardo ai fondamenti abbiamo colto nei Padri di origine greca ogni giustificazione per pensare la salvezza come divinizzazione dell’uomo: basti pensare alla concezione di mistero in Origene, o di “essere in movimento” in Gregorio di Nissa, o alla dottrina delle due volontà di Cristo in Massimo il Confessore. Tenendo conto di quello che Balthasar ha scritto su questi autori, possiamo dire che la centralità soteriologica drammatica, considerata dal punto di vista della patristica greca, può essere letta come divinizzazione. Ma ciò che qui è apparso come possibilità si è potuto verificare nell’ultima parte della ricerca. Se da una parte è la drammatica che rivela tutta la centralità soteriologica, dall’altra è la «via contemplativa» a illuminare il punto di partenza di questo itinerario in cui la divinizzazione viene considerata come criterio ermeneutico. E qui è l’Estetica teologica ad offrire un autentico orizzonte alla dottrina della salvezza come divinizzazione dell’umano creato. Nella terza parte, infine, abbiamo affrontato il cuore della questione, cioè la soteriologia drammatica in chiave di divinizzazione. Abbiamo colto nella Herrlichkeit la forma (Gestalt) della rivelazione quale contenuto fondamentale della teologia della divinizzazione. Con l’Estetica teologica si è visto che il concetto di Gloria (Herrlichkeit) può essere assunto come principio della teologia della divinizzazione, e questo in perfetta coerenza con la patristica greca, per cui «la gloria di Dio è l’uomo vivente, ma la vita dell’uomo è la visione di Dio»5. Oltre a ciò, l’Estetica teologica, in perfetta coerenza con lo strumentario contemplativo, offre un atteggiamento fondamentale proprio dei mistici, ed è imprescindibile dalla teologia della divinizzazione, la quale considera il rapporto dell’uomo con Dio come conformazione dell’uomo a Cristo, ossia dell’umano al divino. Se l’Estetica ci offre un punto di partenza, la drammatica costituisce il cuore della questione. Infatti, al centro di tutte le cose c’è Cristo crocifisso come rivelazione dell’amore trinitario di Dio6. Dall’Estetica teologica alla drammatica c’è una vera coerenza, sia a livello di forma, perché il bello che si rivela compie tale rivelazione drammaticamente, sia a livello di contenuto, perché il crocifisso ha rivelato Colui che Lui stesso aveva da sempre contemplato, ossia Dio. Questo passaggio verrà compreso in maniera molto più chiara con la dottrina balthasariana della missio come forma economica della processio. Qui lo scambio tra il divino e l’umano significa la divinizzazione dell’umano. Considerando la dottrina dell’Admirabile commercium a partire dalla Herrlichkeit, Balthasar non solo allarga la comprensione dello scambio come l’hanno pensato i Padri della Chiesa, ma dà la possibilità di comprendere la salvezza come evento divinizzante. Se da una parte l’Admirabile commercium viene compreso come evento salvifico nel quale l’uomo 5 Adv. Haer 4, 20, 7: SCh 100, 648. Cfr. P. MARTINELLI, La morte di Cristo come rivelazione dell’amore trinitario nella teologia di Hans Urs von Balthasar, Milano 1996. 6 5 viene divinizzato, dall’altra è anche ermeneutica con cui si può leggere la realtà umana prima della caduta e dopo la redenzione, pertanto rivela l’origine e il destino ultimo dell’uomo, creato per diventare come Dio. Solo qui si comprende di fatto che la Gloria di Dio è l’uomo divinizzato. Proprio l’uomo divinizzato è la realizazzione del piano originario di Dio, e quindi della vocazione dell’uomo creato per partecipare della vita divina. L’idea di creazione in forma di patto rivela che c’è tra Dio e l’uomo molto di più che un mero rapporto di origine 7. Tale legame viene rifatto e compiuto fino in fondo in Gesù Cristo, dove natura umana e natura divina si realizzano in modo perfetto, e l’umano viene pienamente realizzato perché viene conformato all’essere di Dio, che nel Figlio crocifisso dimostra la radicalità del suo amore. Conformarsi all’amore crocifisso è la vocazione dell’uomo e il disegno originario di Dio. Il cristaiano è chiamato ad associarsi a tale forma fino a diventare un alter Christus8. Qui la vita dei santi è vera manifestazione della forma divina, perché sono diventati per grazia quello che Dio è per natura, cioè divini. La loro vita diventa esegesi dell’amore di Dio, quindi autentica teologia perché è testimonianza, cioè ci raccontano quello che hanno visto, contemplato e impresso nella loro umanità9. Non si tratta di imitazione (aspetto morale), ma di configurazione (aspetto ontologico), per cui l’uomo divinizzato è l’uomo redento che configura la sua vita in maniera tale che anche nella morte è simile a Cristo 10. Il modello di uomo divinizzato che abbiamo presentato, a partire da un testo chiave di Balthasar 11, è Francesco d’Assisi. Nell’uomo divinizzato il Mistero continua a parlare tramite la carne perché la carne si fa mistero. Se in Gesù Cristo la Parola divina si fa carne, nell’uomo divinizzato è la carne che diventa Parola, ermeneutica del Mistero di Dio. 5. RISULTATO DELLO STUDIO Il nostro obbiettivo fondamentale fin dall’inizio è stato quello di elaborare una riflessione che, considerando la soteriologia drammatica di Balthasar, potesse essere una sintesi tra quella prospettiva «sanante», dominante in Occidente, e quella «elevante», molto più vicina ai Padri greci. Siamo convinti di aver raggiunto tale scopo. Infatti, collegando Estetica, Drammatica e Teologica a partire dalla centralità del Verbum caro, crediamo di aver dimostrato non solo che la soteriologia drammatica dell’autore può essere letta in chiave di divinizzazione, ma soprattutto che tale prospettiva costituisce un’autentica sintesi. Leggendo la missio del Figlio all’interno dei trascendentali (rovesciati da Balthasar) si comprende che la drammatica soteriologica dell’autore non si riduce a un evento realizzato nel passato, ma neanche a una promessa di vita eterna nel futuro, ma si tratta di un continuo evento in cui coloro che sono stati «sub-abbracciati» dalla morte di Cristo e dalla sua discesa agli inferi devono fissare lo sguardo alla Gestalt divina e con-formarsi ad essa fino alla pienezza. Con questo si comprende la «vita in Cristo» non solo come appartenenza sacramentale, data nel battesimo, ma come divinizzazione, nel senso che colui che è stato incorporato deve con-formare tutta la sua esistenza e il suo essere a Cristo. Allora l’unica via che ogni cristiano ha dinanzi a sé è quella della santità. Crediamo di aver dimostrato con chiarezza che per diversi aspetti la prospettiva di Balthasar è molto vicina a quella dei Padri della Chiesa. Per lui la teologia è autentica gnosi intesa come contemplazione del Mistero crocifisso. L’autore svizzero comprende la 7 BALTHASAR, Herrlichkeit. Eine theologische Ästhetik III/2/1. Alter Bund, Einsiedeln 1980; ID., Herrlichkeit. Eine theologische Ästhetik III/2/2. Neuer Bund, Einsiedeln 1969. 8 BALTHASAR, Solo l’amore è credibile, Milano 2010, 135. 9 Cfr. BALTHASAR, Theologik I. Wahrheit der Welt, Einsiedeln 1985, 306-312=267-271. 10 BALTHASAR, Nuovi punti fermi, Milano 1991, 155-168. 11 BALTHASAR, Herrlichkeit. Eine theologische Ästhetik II/1. Fächer der Stile: Klerikale Stile, Einsiedeln 1962, 267-288=237-257. 6 contemplazione come conformazione a questo stesso mistero, e questo lo abbiamo dimostrato nella seconda parte della tesi. Tale mistero crocifisso si traduce concretamente come amore salvifico che assumendo la condizione umana ha reso possibile all’uomo la salvezza. Se da una parte le condizioni della possibilità di questo evento si trovano all’interno della Trinità, dall’altra la realizzazione di questo evento ha significato la salvezza dell’uomo come compimento della natura umana creata nel Figlio per partecipare della vita divina. Tale partecipazione viene pienamente realizzata nell’incarnazione e passione del Figlio che nella sua drammatica morte di croce riporta tutto il creato al Padre. Tutto questo crediamo di averlo dimostrato in modo chiaro nell’ultima parte della nostra ricerca. 6. LIMITI DELLO STUDIO Dal punto di vista metodologico la prima difficoltà può essere nel cogliere l’unità della tesi. Senza uno sguardo attento il lettore può avere l’impressione che la ricerca sia strutturata in tre blocchi. La seconda difficoltà, sotto questo stesso profilo, può consistere nel pensare che ci sia stato un procedimento troppo lento nelle due prime parti per arrivare solo dopo al dunque della questione. In parte questo è vero, ma è anche giustificato dal fatto che la ricerca ha proceduto più come costruzione – in quanto abbiamo costruito l’argomento – che come verifica, dal momento che non è un tema esplicitamente presente nell’autore. Infatti, non c’è un’opera di Balthasar sulla divinizzazione, e questo è stato assunto da noi come criterio ermeneutico piuttosto che come argomento singolo. Per pensare la soteriologia drammatica in chiave di divinizzazione abbiamo dovuto non solo elaborare uno status quaestionis della soteriologia e della divinizzazione, ma anche offrire l’orizzonte ermeneutico e i fondamenti teologici. Senza la seconda parte tutta l’ultima parte sarebbe stata debole, o addirittura incomprensibile. Oltre ai limiti metodologici ci sono anche quelli che riguardano il contenuto. Un primo limite è dato dal fatto che tale impostazione può rischiare di ridurre l’autentico significato della pasqua, in quanto evento storico accaduto in un tempo determinato della storia. Inoltre, questa impostazione può indurre a una sorta di antropocentrismo dove la dottrina della salvezza verrebbe assunta come dottrina antropologica, quasi una specie di evoluzionismo spirituale teologico, per cui la divinizzazione sarebbe la meta finale di tale processo. Tuttavia, al termine di questo nostro percorso siamo consapevoli e crediamo che questi limiti ci possono aiutare a continuare nella ricerca di ciò che è fondamentale per un’autentica vita cristiana, per cui la conoscenza del mistero di Dio si fa necessaria oggi più che mai. 7. CONCLUSIONE Da tutto ciò che abbiamo detto siamo convinti che la soteriologia drammatica di Balthasar letta in chiave di divinizzazione costituisca un’autentica sintesi tra due modi di pensare la salvezza. Si potrebbe affermare a questo riguardo che Balthasar è stato per la modernità ciò che è stato Massimo il Confessore per l’antichità. In conclusione, una riflessione del genere si rende necessaria per diversi motivi, tra questi: a) non limitare la salvezza a un fatto del passato o a una semplice speranza per un futuro lontano, ma comprenderla come evento in cui l’umano si con-forma al divino divenendo segno di salvezza per il mondo; b) collegare le varie impostazioni soteriologiche a modo di sintesi, cogliendo così l’unità tra teologia, spiritualità, santità, cultura e vita, evidenziando l’aspetto pratico della teologia che assume la dottrina della salvezza come vita in Cristo, e per la quale la conoscenza del mistero divino è una continua crescita nella conformità del mistero; c) risponde in modo più efficace alle domande dell’uomo moderno sul senso della propria esistenza; d) riscattare il senso positivo dell’antropologia, per cui l’uomo è da sempre creato per diventare come Dio; e) infine, elaborare una riflessione che, pur cogliendo la drammaticità 7 del peccato, non viene determinata da esso, ma si presenta come autentica proposta di riflessione soteriologica in un contesto moralmente determinato da una mentalità relativista. Elaborare una riflessione che fosse capace di rendere più interessante il dibattito sulla salvezza, ma anche in grado di rispondere alle domande dell’uomo post-moderno immerso in una cultura del relativismo e del transitorio, è stato fin dall’inizio il nostro obiettivo. Pensiamo di esserci riusciti. Tuttavia siamo consapevoli che si tratta solo di una prima proposta, dinanzi alla quale c’è ancora molto da dire. Così, alla fine dell’indagine il nostro sentimento e la nostra consapevolezza è che solo adesso siamo pronti per iniziare. O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio. Dammi una fede retta, speranza certa, carità perfetta e umiltà profonda. Dammi, Signore, senno e discernimento per compiere la tua vera e santa volontà. Amen. Fr. Silvio de Almeida TRADUÇÃO O Dio che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi nei nostri cuori l’affetto del tuo amore, affinché possiamo amarti in tutte le cose e sopra tutte le cose e così raggiungere le tue promesse, che superano ogni desiderio. 1. INTRODUZIONE «Só um Deus pode nos salvar». Com esta ideia, o filósofo alemão Martin Heidegger denunciava uma situação de época na qual o pensamento técnico havia atingido uma dimensão, até aquele momento, impensável. É a técnica a nos revelar que o que hoje chamamos de pós-modernidade não pode ser compreendido apenas como um período da história universal, mas sobretudo como uma situação. Olhando as diversas crises às quais a humanidade vem sendo submetida, desde a crise da razão à econômica, o homem aparece como uma figura frágil. O super-homem é um fraco homem pós-moderno que, diante das provações da vida, crê em tudo ou não crê em nada, o então crê em tudo porque não crê em nada. Gnósticos e agnósticos habitam a mesma casa. De um lado, verifica-se, no atual contexto pós-moderno, certa indiferença para com o que é religioso, e de outro, contemporaneamente o pluralismo religioso. Em ambas as situações, a imagem de Deus foi enfraquecida. No primeiro caso, o homem finge que Deus não existe, ou, no máximo, é uma figura entre tantas outras e, por isso, não se pode considerá-lo de modo relevante; no segundo caso, Deus é Aquele que satisfaz as necessidades humanas, as necessidades ao alcance da mão. Aqui, a cristologia, no âmbito prático-pastoral, torna-se uma Cristoterapia, Jesus é o «médico e o terapeuta»1. Em tal contexto, falar de salvação parece necessário. Apesar disso, a temática parece ser negligenciada. Do ponto de vista teológico, normalmente a salvação é considerada apenas como um capítulo da cristologia; do ponto de vista pastoral, é assumida como realidade escatológica ao fim da existência terrena. Pode-se afirmar que a maior parte das perspectivas soteriológicas que encontramos no Ocidente consideram a salvação a partir destes dois pontos de vista. Todavia, o que confere uma forma específica a tal doutrina é o modo de configurá-la, assim, a soteriologia ocidental é elaborada, na maioria das vezes, a partir de uma teologia do pecado. Talvez por isso, o tema da divinização foi pouco considerado. De fato, enquanto no Ocidente salvação e divinização parecem dois temas separados, no Oriente a sua unidade é muito mais visível. Tal unidade no Oriente se deu pelo fato de que a soteriologia foi configurada a partir de uma concepção da graça que não pressupõe necessariamente a concepção do pecado, enquanto que a maior parte das configurações soteriológicas que encontramos no Ocidente parecem ser elaboradas a partir da ideia do pecado, por causa causada de uma determinante influenza do Cur Deus homo? de Santo Anselmo. Alguns teólogos ocidentais buscaram fugir de uma reflexão «amartiocêntrica», mas poucos conseguiram. Dentre estes, está H. U. von Balthasar, que, em nosso parecer, é o único a ter elaborado uma reflexão totalmente diversa. De fato, toda a soteriologia do teólogo suíço é “dramática”, porque, para ele, o drama não é apenas uma simples categoria analógica, mas o que melhor representa a ação de Deus para a salvação do mundo. O autor busca justificar esta ideia unindo o drama da cruz com a processão eterna do Filho, afastando com isso qualquer pretensão de pensar a cruz apenas como uma consequência do pecado, compreendendo-a ao invés como absoluta manifestação do eterno amor trinitário de Deus. 2. MOTIVO E OBJETIVO DO TRABALHO 1 Cfr. O. G. DE CARDEDAL, Cristologia, Cinisselo Balsamo 2004, 549. 9 Um atento olhar histórico nos permite de compreender que a maior parte das configurações atuais têm, à origem, a influência direta de Santo Anselmo com o Cur Deus homo? Contudo, não podemos nem mesmo negar algumas reflexões foram tentativas de querer percorrer uma outra via, distanciando-se da teologia da satisfação de Anselmo e aproximando-se mais daquela do beato franciscano Duns Scoto. Este, partindo da ideia de praedestinatio2, constrói uma soteriologia que não pressupõe necessariamente a realidade do pecado, mas o livre amor de Deus. Com isso, há dois modos de pensar a salvação, mas há também a dificuldade em se colher uma síntese. Elaborar uma reflexão que fosse uma síntese entre duas tradições com diversas configurações para propor uma forma de pensar a salvação que pudesse responder de modo mais concreto ao homem necessitado de salvação foi o motivo pelo qual escolhemos este argumento a partir da teologia do teólogo suíço Hans Urs von Balthasar. Consideramos que a soteriologia dramática de Balthasar, se lida em chave de divinização, poderia constituir uma síntese entre dois modos de pensar a salvação, aquele mais presente no Ocidente e aquele mais visível na teologia de tradição grega. Deste modo, pode-se também considerar o tema da divinização, quase esquecido no Ocidente, sob o perfil da salvação colocando juntas estas duas teorias, que, no fim das contas, constituem uma única doutrina pela qual o homem divinizado é o homem salvo. Daqui se pode colher o objetivo desta pesquisa: pensar a salvação como divinização, e não somente como ato escatológico reservado ao fim da vida terrena, ou seja, considerar a salvação não apenas como uma promessa para a qual somos orientados, mas como a realização do amor de Deus na vida daqueles que se deixam salvar. Propor, assim, uma reflexão sobre a salvação capaz de ser uma síntese que estivesse em condições de colher seja a dramaticidade do pecado seja a gratuidade da graça, em que uma não fosse assumida em detrimento da outra. Com isso, queremos oferecer uma contribuição à questão soteriológica, uma vez que até o momento os estudos não tomaram esta hipótese como objetivo fundamental. 3. ORIGINALIDADE DA PESQUISA A pesquisa, por diversos aspectos, mostra-se original. Do ponto de vista de seu conteúdo, podemos dizer que a tese constitui o primeiro trabalho sobre este tema e, sob esta perspectiva. É verdade que a soteriologia de Balthasar já foi objeto de alguns estudos, contudo, não encontramos nenhuma reflexão que a tenha considerado sob a perspectiva da divinização. Talvez a dificuldade se encontra no fato de que o autor jamais tenha escrito uma obra sobre a divinização, e dela fale relativamente pouco; se considerarmos como tema debatido, aparecerá, de fato, apenas no terceiro volume da Theologik, quando fala da doutrina «das duas mãos do Pai» de Irineu de Lião3. Na maior parte dos estudos sobre o drama, os autores tratam a dramática sem considerar como pressuposto fundamental a Estética. É a Estética a oferecer o verdadeiro fundamento da dramática, ao menos em relação ao nosso assunto. Uma reflexão soteriológica que não considere a Estética como ponto de partida pode ser bela, mas jamais terá condições de justificar-se. Aqui, a tese tem um aspecto verdadeiramente original, seja porque se apresenta como uma reflexão nova ou primigênia, seja porque tal reflexão nos abre um novo horizonte em pensar a salvação. É a Estética a tornar compreensível a «kênosis» intratrinitária, mas sobretudo nos permite de compreender de modo autêntico que tal kênosis é a condição que torna possível a kênosis histórica, ideia expressa por Balthasar quando assume a missio como forma histórica da processio do Filho. 2 3 DUNS SCOTO, Opus Oxoniene 3, d. 7, q. 3, n.3. BALTHASAR, Theologik III. Der Geist der Wahrheit, Einsiedeln 1987, 169-188=153-167. 10 Assumindo a Estética teológica como ponto de partida, consideramos a dramática do encontro entre graça divina e pecado do homem como evento que encontra suas condições de possibilidade no interior da Trindade. A distância entre o Filho abandonado na cruz e o Pai que o abandona não é apenas fundada na «kênosis» intratrinitária, mas revela também que o homem criado no Filho e à sua imagem, desde sempre foi criado para participar da vida divina, e nem mesmo o pecado conseguiu cancelar este designo originário de Deus. Portanto, a Estética não só oferece os fundamentos para a dramática, mas nos permite de assumi-la como divinização, a qual não é um simples caminho ascético proposto pela teologia e pela Igreja, mas constitui desde o início a vocação originária do ser humano. Considerando a dramática soteriológica do autor, a divinização vem assumida como conformação à cruz de Cristo. É exatamente aqui que estética e dramática se revelam intimamente ligadas no âmbito da vida concreta do cristão. A salvação não é pensada como um evento circunscrito ao passado ou ao futuro, mas como um contínuo presente no qual o homem, mediante a graça do Espírito que introduz na verdade de Deus, deixa-se conformar à cruz de Cristo levando ao pleno cumprimento a própria humanidade. Aqui, o homem divinizado é o ser humano plenamente cumprido, tornado sinal concreto da verdade do amor de Deus. O espaço que se abre é o do testemunho, pelo qual a vida dos santos se torna autêntica teologia. Assumindo a Estética como ponto de partida, considerando a dramática como divinização, levando em conta a antropologia dinâmica herdada dos Padres gregos a partir da cristologia trinitária, a tese se propõe como uma reflexão original na qual a salvação, pensada como divinização, consegue acolher as diversas configurações a modo de síntese, ou seja, uma reflexão que leva sério tanto o amor gratuito de Deus, que cria o homem para fazê-lo partícipe da vida divina, quanto o pecado da humanidade, que inicialmente disse “não” ao amor. 4. METODOLOGIA DO ESTUDO Estruturamos nossa pesquisa em três partes. Na primeira, apresentamos o status quaestionis da soteriologia e da divinização. Em mérito à divinização, demonstramos que se trata de uma doutrina prevalentemente grega que – embora presente nos Padres latinos e mesmo nos medievais latinos, como reconhece Balthasar4, seja como tratado, seja como configuração teológica − é algo de muito posterior. Se hoje a divinização constitui matéria de reflexão em um curso de teologia dogmática, mérito da Pontifícia Universidade, graças à incansável dedicação da teóloga Michelina Tenace, isso é fruto de um longo percurso que teve início de duas contribuições fundamentais surgidas em área francesa: trata-se do movimento da Nouvelle Théologie, que teve sua figura mais influente em Henri de Lubac, e a Diáspora russa, com os autores da neo-ortodoxia russa. Entre uma e outra se coloca Balthasar, mais «próximo» a Henri de Lubac, mas em diálogo com os autores ortodoxos. Partindo daqui, o teólogo suíço tem todos os instrumentos para elaborar uma soteriologia dramática que esteja em condições de colher uma síntese entre Ocidente e Oriente. Para propor a síntese de Balthasar, tivemos que apresentar as diversas configurações existentes no Ocidente, a partir de três perspectivas: histórica, pré-histórica e meta-histórica. Apresentada a perspectiva predominante no Ocidente, a histórica, referimos sinteticamente as três visões atuais da soteriologia, que se apresentam como tentativa de superação da mesma perspectiva. Trata-se da reflexão de Giovanni Moioli, Bernard Sesboüé, e Luis Francisco Ladaria. Estes autores representam a tentativa de superar uma estrutura soteriológica até agora predominante no Ocidente. 4 Cfr. BALTHASAR, Theologik III. Der Geist der Wahrheit, Einsiedeln 1987, 170=154. 11 Na segunda parte da tese, apresentamos o horizonte hermenêutico e os fundamentos teológicos da questão. Em relação ao primeiro, demonstramos que a soteriologia, compreendida como participação na vida divina, não é um aspecto da teologia de Balthasar, mas constitui seu inteiro horizonte. Junto com o método, como pressuposto de tal afirmação, apresentamos alguns instrumentos teológicos fundamentais como horizonte hermenêutico da questão soteriologia-divinização, que, ao mesmo tempo, justificam a íntima relação entre estas duas doutrinas e esclarecem a centralidade da doutrina da salvação segundo o teólogo suíço. Os instrumentais teológico-dramático e teológico-contemplativo, considerados como horizonte hermenêutico da questão, iluminam a pesquisa sob a perspectiva do autor, a qual, considerada a partir de seu método teológico, nos faz compreender que ele «elabora» uma reflexão teológica que se insere no âmbito gnosiológico mais do que sacramental, mesmo se este último não vem negado. Em relação aos fundamentos, colhemos nos Padres de origem grega toda justificação para pensar a salvação como divinização do homem: basta pensar na concepção de mistério em Orígenes, ou de “ser em movimento” em Gregório de Nissa, ou na doutrina das duas naturezas de Cristo em Máximo, o Confessor. Levando em conta o que Balthasar escreveu sobre estes autores, podemos dizer que a centralidade soteriológica dramática, considerada do ponto de vista da patrística grega, pode ser lida como divinização. Mas o que apareceu aqui como possibilidade, pôde se verificar na última parte da pesquisa. Se, por um lado, é a dramática que revela toda a centralidade soteriológica, por outro é a «via contemplativa» a iluminar o ponto de partida deste itinerário no qual a divinização vem considerada como critério hermenêutico. E, aqui, é a Estética teológica a oferecer um autêntico horizonte à doutrina da salvação como divinização do ser humano criado. Na terceira parte, enfim, abordamos o coração da questão, isto é, a soteriologia dramática em chave de divinização. Colhemos na Herrlichkeit a forma (Gestalt) da revelação qual conteúdo fundamental da teologia da divinização. Com a Estética teológica, viu-se que o conceito de Glória (Herrlichkeit) pode ser assumido como princípio da teologia da divinização, e isso em perfeita coerência com a patrística grega, para a qual «a glória de Deus é o homem vivente, mas a vida do homem é a visão de Deus»5. Além disso, a Estética teológica, em perfeita coerência com o instrumental contemplativo, oferece uma postura fundamental própria dos místicos, e é imprescindível à teologia da divinização, a qual considera a relação do homem com Deus como conformação do homem a Cristo, ou seja, do humano ao divino. Se a Estética nos oferece um ponto de partida, a dramática constitui o coração da questão. De fato, ao centro de todas as coisas, está o Cristo crucificado como revelação do amor trinitário de Deus6. Da Estética teológica à dramática, há uma verdadeira coerência, tanto a nível de forma, porque o belo que se revela cumpre tal revelação dramaticamente, quanto a nível de conteúdo, porque o Crucifixo revelou Aquele que Ele tinha desde sempre contemplado, ou seja, Deus. Esta passagem virá compreendida em maneira muito mais clara com a doutrina balthasariana da missio como forma econômica da processio. Aqui, o intercâmbio entre o divino e o humano significa la divinização do humano. Considerando a doutrina do Admirabile commercium a partir da Herrlichkeit, Balthasar não só alarga a compreensão do intercâmbio como pensaram os Padres da Igreja, mas dá a possibilidade de compreender a salvação como evento divinizante. Se, de um lado, o Admirabile commercium é compreendido como evento salvífico no qual o homem vem divinizado, de outro, é também hermenêutica com a qual se ler a realidade humana antes da queda e após a redenção, portanto, revela a origem e o destino último do homem, criado para 5 Adv. Haer 4, 20, 7: SCh 100, 648. Cfr. P. MARTINELLI, La morte di Cristo come rivelazione dell’amore trinitario nella teologia di Hans Urs von Balthasar, Milano 1996. 6 12 se tornar como Deus. Só aqui se compreende de fato que a Glória de Deus é o homem divinizado. Justamente o homem divinizado é a realização do plano originário de Deus e, portanto, da vocação do homem criado para participar da vida divina. A ideia de criação em forma de pacto revela que entre Deus e o homem há muito mais do que uma mera relação de origem 7. Tal vínculo é refeito e realizado até o fundo em Jesus Cristo, onde natureza humana e natureza divina se realizam em modo perfeito, e o humano vem plenamente realizado porque vem conformado ao ser de Deus, que no Filho crucificado demonstra a radicalidade do seu amor. Conformar-se ao amor crucificado é a vocação do homem e o designo originário de Deus. O cristão é chamado a se associar de tal forma até se tornar um alter Christus8. Aqui, a vida dos santos é verdadeira manifestação da forma divina, porque se tornaram, pela graça, o que Deus é por natureza, isto é, divinos. A sua vida se torna exegese do amor de Deus, portanto, autêntica teologia, porque é testemunho, ou seja, contam-nos aquilo que viram, contemplaram e impresso em sua humanidade9. Não se trata de imitação (aspecto moral), mas de configuração (aspecto ontológico), pela qual o homem divinizado é o homem redimido que configura a sua vida de tal maneira que, mesmo na morte, é semelhante a Cristo10. O modelo de homem divinizado que apresentamos, a partir de um texto-chave de Balthasar11, é Francisco de Assis. No homem divinizado, o Mistério continua a falar por meio da carne porque a carne se faz mistério. Se em Jesus Cristo a Palavra divina se faz carne, no homem divinizado é a carne que se torna Palavra, hermenêutica do Mistério de Deus. 5. RESULTADO DO ESTUDO O nosso objetivo fundamental desde o início foi o de elaborar uma reflexão que, considerando a soteriologia dramática de Balthasar, pudesse ser uma síntese entre a perspectiva «sanante», dominante no Ocidente, e a «elevante», muito mais próxima aos Padres gregos. Estamos convictos de ter atingido tal escopo. De fato, ligando Estética, Dramática e Teológica a partir da centralidade do Verbum caro, pensamos de ter demonstrado não apenas que a soteriologia dramática do autor pode ser lida em chave de divinização, mas sobretudo que tal perspectiva constitui uma autêntica síntese. Lendo a missio do Filho no interior dos transcendentais (invertidos por Balthasar), compreende-se que a dramática soteriológica do autor não se reduz a um evento realizado no passado, mas nem mesmo a uma promessa de vida eterna no futuro, mas se trata de um contínuo evento no qual aqueles que foram «sub-abraçados» pela morte de Cristo e pela sua descida às profundezas devem fixar o olhar à Gestalt divina e se con-formar a ela até a plenitude. Com isso, compreende-se a «vida em Cristo» não só como pertença sacramental, dada no batismo, mas como divinização, no sentido de que aquele que foi incorporado deve con-formar toda a sua existência e o seu ser a Cristo. Assim, a única via que todo cristão tem diante de si é a da santidade. Acreditamos ter demonstrado com clareza que, por vários aspectos, a perspectiva de Balthasar é muito mais próxima àquela dos Padres da Igreja. Para ele, a teologia é autêntica gnose, compreendida como contemplação do Mistério crucificado. O autor suíço compreende a contemplação como conformação a este mesmo mistério, e isso o demonstramos na segunda parte da tese. Tal mistério crucificado se traduz concretamente como amor salvífico que, 7 BALTHASAR, Herrlichkeit. Eine theologische Ästhetik III/2/1. Alter Bund, Einsiedeln 1980; ID., Herrlichkeit. Eine theologische Ästhetik III/2/2. Neuer Bund, Einsiedeln 1969. 8 BALTHASAR, Solo l’amore è credibile, Milano 2010, 135. 9 Cfr. BALTHASAR, Theologik I. Wahrheit der Welt, Einsiedeln 1985, 306-312=267-271. 10 BALTHASAR, Nuovi punti fermi, Milano 1991, 155-168. 11 BALTHASAR, Herrlichkeit. Eine theologische Ästhetik II/1. Fächer der Stile: Klerikale Stile, Einsiedeln 1962, 267-288=237-257. 13 assumindo a condição humana, tornou possível ao homem a salvação. Se, por uma parte, as condições da possibilidade deste evento se encontram no interior da Trindade, por outra a realização deste evento significou a salvação do homem como cumprimento da natureza humana criada no Filho para participar da vida divina. Tal participação vem plenamente realizada na encarnação e paixão do Filho, que, na sua dramática morte de cruz, remete toda a criação ao Pai. Tudo isso, pensamos de tê-lo demonstrado em modo claro na última parte de nossa pesquisa. 6. LIMITES DO ESTUDO Do ponto de vista metodológico, a primeira dificuldade pode estar em colher a unidade da tese. Sem um olhar atento, o leitor pode ter a impressão de que a pesquisa esteja estruturada em três blocos. A segunda dificuldade, sob este mesmo perfil, pode consistir em pensa que tenha sido um procedimento bastante lento nas duas primeiras partes para se chegar só depois ao portanto da questão. Em parte isto é verdadeiro, mas é também justificado pelo fato de que a pesquisa procedeu mais como construção – enquanto construímos o argumento – que, como se verifica, a partir do momento que não é um tema explicitamente presente no autor. De fato, não há uma obra de Balthasar sobre a divinização, e isso foi por nós assumido como critério hermenêutico mais do que como único argumento. Para pensar a soteriologia dramática em chave de divinização, tivemos elaborar não só um status quaestionis desta e da divinização, mas também oferecer o horizonte hermenêutico e os fundamentos teológicos. Sem a segunda, toda última parte estaria fragilizada, ou mesmo incompreensível. Além dos limites metodológicos, há também os que se referem ao conteúdo. Um primeiro limite deve-se ao fato de que tal configuração pode correr o risco de reduzir o autêntico significado da Páscoa, enquanto evento histórico ocorrido em um tempo determinado da história. Além disso, esta configuração pode induzir a uma espécie de antropocentrismo, onde a doutrina da salvação fosse assumida como doutrina antropológica, quase uma espécie de evolucionismo espiritual teológico, pelo qual a divinização seria a meta final de tal processo. Todavia, ao término deste nosso percurso, somos conscientes e acreditamos que estes limites podem ajudar-nos a continuar na busca daquilo que é fundamental para uma autêntica vida cristã, pelo que o conhecimento do mistério de Deus se faz necessário hoje mais do que nunca. 7. CONCLUSÃO De tudo o que dissemos, estamos convictos de que a soteriologia dramática de Balthasar, lida em chave de divinização, constitua uma autêntica síntese entre dois modos de pensar a salvação. Poder-se-ia afirmar, a esse respeito, que Balthasar foi, para a modernidade, o que foi Máximo, o Confessor, para a antiguidade. Em conclusão, uma reflexão do gênero se torna necessária por diversos motivos, dentre os quais: a) não limitar a salvação a um fato do passado ou a uma simples esperança para um futuro distante, mas compreendê-la como evento no qual o humano se con-forma ao divino, tornando-se sinal de salvação para o mundo; b) ligar as várias configurações soteriológicas a modo de síntese, colhendo assim a unidade entre teologia, espiritualidade, santidade, cultura e vida, evidenciando o aspecto prático da teologia que assume a doutrina da salvação como vida em Cristo, e pela qual o conhecimento do mistério divino é um contínuo crescimento na conformidade do mistério; c) responde de modo mais eficaz às perguntas do homem moderno sobre o sentido da própria existência; d) resgatar o sentido positivo da antropologia, pela qual o homem foi desde sempre criado para se tornar como Deus; e) enfim, elaborar uma reflexão que, mesmo colhendo a dramaticidade do pecado, não é determinada por ele, mas se apresenta como autêntica proposta de reflexão soteriológica em um contexto moralmente determinado por uma mentalidade relativista. 14 Elaborar uma reflexão que fosse capaz de tornar mais interessante o debate sobre a salvação, mas também em condições de responder às perguntas do homem pós-moderno imerso numa cultura do relativismo e do transitório, foi, desde o início, o nosso objetivo. Pensamos de ter conseguido. Todavia, somos conscientes de que se trata apenas de uma primeira proposta, diante da qual ainda há muito o que dizer. Assim, ao fim da pesquisa, nosso sentimento e a nossa consciência é de que só agora estamos prontos para iniciar. Fr. Silvio de Almeida