Azione organizzativa e scenica Libere associazioni per la gestione

Luigi Maria Sicca
Azione organizzativa e scenica
Libere associazioni per la gestione
delle risorse umane
Questo breve scritto propone alcuni spunti
per la costruzione di un metodo di analisi
organizzativa. Alla ricerca di un approfondimento sulle fonti dei saperi manageriali, ampliando lo sguardo che gli studi di
economia e management gettano su alcune
organizzazioni di matrice precapitalistica.
Quelle che hanno origine nella tradizione
classica del teatro e della musica. Perché
queste organizzazioni sono in grado di
restituire stimoli per una più qualificata
comprensione delle odierne forme di aggregazione produttiva: quelle che alcuni
chiamano aziende, altri imprese, per sottolinearne forse il connotato epico.
Che si tratti di un teatro, di un’aula o di
un’azienda stricto sensu, qualunque organizzazione è un testo, con una trama da
narrare ed ascoltare. Nel caso proposto
in questo scritto vi è una partitura e un
libretto da interpretare. Socialmente, oltre
che artisticamente. Ne emerge l’esigenza di
ripensare, in linea con certa tradizione di
studi organizzativi, il crinale tra formale e
informale nei processi decisionali: qualunque azione, anche la più strutturata, può
sviluppare le risorse umane con una logica
(ben visibile della produzione teatrale) che
si realizza attraverso “prototipi” sempre
aperti rispetto alla chiusura dei prodotti in-
dustriali. In tal senso, occorre considerare
sempre, in modo sincronico, sia le strutture
da progettare, sia le dinamiche di comportamento organizzativo: gli organigrammi
senza le persone non dicono molto e viceversa. Insieme, invece, design e behaviour,
consentono di porre domande, aprire piste
di ricerca e soluzioni organizzative: come
la gente di teatro ed altre organizzazioni
dalla tradizione millenaria insegnano a
noi, gente di management. Specie in una
interminabile fase in cui l’accelerazione
dei ritmi con cui le crisi si affermano e si
prolungano rende quanto mai urgente ripensare consolidate certezze.
L’Autore
• Luigi Maria Sicca, Professore di Organizzazione Aziendale e di Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane, Università degli
Studi di Napoli Federico II – [email protected]
1 - Premessa
S
taccato il biglietto, ma non i pensieri. Non del
tutto. Non è facile dopo una settimana (e un
venerdì) di duro lavoro: riunioni con clienti,
le pressioni del capo, le lentezze dei fornitori, qualche
collaboratore piuttosto efficiente, altri davvero lavativi.
Una scadenza a breve. Acquistato il programma, lasciato al guardaroba soprabito ed ombrello, Samuele Segre
entra finalmente in sala. È il giorno della Prima: Nozze
di Figaro.
Musica, canto, recitazione, costumi, luci e tutto il resto
confluiscono nel linguaggio unico e plurale del teatro
musicale. Un’esperienza estetica che scatena una raffica
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di idee. Evoca domande, dubbi che riportano al lavoro d’ogni giorno. Proprio difficile staccare! Come sarà
andata la divisione del lavoro? E il coordinamento tra
estroversi lavoratori, così diversi l’uno dall’altro? Come
omologarli a sistemi di regole condivise? Quale processo
avrà guidato la messa in scena di quel testo? Quali competenze, quali sensibilità e quali i conflitti? Cosa sarà
accaduto tra quei professionisti della musica, del canto
e delle scene nei giorni addietro e, ora, al cospetto di un
pubblico elegante, stanco, alla moda, annoiato, colto, divertito, occasionale o costante (Sicca, 1997)?
Esiste un filo robusto e poco appariscente che lega le orga-
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Antefatto e fatto
Il conte di Almaviva intende ripristinare lo ius primae noctis: l’antico diritto del signore feudale di trascorrere
la prima notte di nozze con la sposa di un servo della gleba. Don Basilio, maestro di musica della contessa,
appoggia questa intenzione. Parallelamente, anche Marcellina (governante a palazzo) vuole mandare all’aria il
matrimonio: non è più giovane e spera di poter esser lei a sposare (‘il rivoluzionario’) Figaro. Contro quest’ultimo c’è anche Don Bartolo (medico) che si vuol vendicare dell’ex Barbiere di Siviglia per una vecchia ruggine: in
passato, infatti, Figaro aveva aiutato il Conte a sottrargli la ‘sua’ Rosina, ora Contessa.
I luoghi dove si svolgono i fatti
Castello di Aguas-Frescas, nei pressi di Siviglia, residenza del conte di Almaviva. L’azione prende il via nella
stanza che il Conte ha destinato a Figaro (suo cameriere) e Susanna (prima cameriera della Contessa). I due si
preparano per le loro nozze e Susanna racconta a Figaro delle intenzioni del Conte. Figaro si infuria e va via per
progettare un rimedio. Nella stanza arriva un paggio (Cherubino) sempre innamorato di tutte le donne. Chiede
a Susanna di aiutarlo a conquistare la Contessa. All’improvviso arriva nella stessa stanza anche il Conte. A quel
punto il paggio si nasconde dietro una sedia. E dalla sua postazione assiste al corteggiamento del Conte nei
confronti di Susanna. Giunge nella stanza anche Don Basilio. A questo punto è il Conte a nascondersi dietro
la sedia (mentre il paggio scivola altrove). Basilio – credendo di esser solo – rivela a Susanna le attenzioni del
paggio alla Contessa. Il Conte sente tutto, si infuria, esce allo scoperto e furibondo scopre anche il paggio nascosto – nel frattempo – altrove nella stanza. Si interrompe l’azione scenica e la narrazione di questi corteggiamenti
incrociati: entrano i contadini che (provocatoriamente) ringraziano il Conte perché – proprio lui – in passato
aveva abolito il famigerato ius primae noctis. Il Conte rimanda le nozze e, intanto, non perde tempo a spedire
Cherubino a Siviglia, come ufficiale nel suo reggimento. Lontano da sua moglie e da Susanna.
I personaggi su cui Samuele riflette sono ‘attori’: organizzativi e di palcoscenico. Con caratteristiche differenti2,
in un intreccio (un testo) tutto da interpretare.
nizzazioni delle performing art e le organizzazioni aziendali stricto sensu. Samuele Segre se ne rendeva conto. Non
si trattava – banalmente – di estendere al mondo del teatro musicale le categorie logiche che aveva in testa come
manager. Né di rincorrere la metafora – logora, abusata
eppure sempre verde – che accosta il manager al direttore
d’orchestra, emblema della leadership. No. Samuele tesseva un altro filo: vi sono organizzazioni – pensava – che
esistono da alcuni millenni e altre da poche centinaia di
anni. Le prime (pre-capitalistiche) hanno dimostrato di
resistere ai cicli economici, ai cambi di paradigma, alle
svolte epocali. Di avere assetto e meccanismi di relazione
solidi. E se quell’azione scenica, che si stava consumando sotto gli occhi di un pubblico eterogeneo, avesse qualcosa da insegnare alle nostre più recenti organizzazioni?
Quelle, cioè, in cui passiamo la maggior parte della vita
per produrre valore economico strico sensu? Quello misurabile, che caratterizza la recente storia del capitalismo
industriale. Quelle che alcuni chiamiamo ‘aziende’ o,
per sottolinearne forse una portata epica, altri chiamano
‘imprese’ (Sicca, 2012) ?
2. L’azione: scenica e organizzativa
Le libere associazioni di Samuele Segre prendono il via
dall’azione scenica1, per comprendere la quale occorre
richiamare sia l’antefatto ed il fatto, sia la natura dei luoghi dove si consuma l’azione organizzativa (vedi box).
2.1 Qualche associazio ne: più o meno libera
Sempre preso, com’era, tra studio prima e lavoro poi, Samuele Segre non aveva mai ascoltato Mozart. Mai aveva
letto il libretto di Da Ponte. Né la commedia di Beaumarchais3. Eppure si rendeva conto, pian pianino, che
capire quel testo e capirne di organizzazioni era un po’ la
stessa cosa. Affioravano, così, alcune immagini. Qualche
associazione, più o meno libera.
In senso lato intendiamo una versione debole del processo in base al quale si assiste ad una successione di pensieri che affiorano alla coscienza spontaneamente,
o a partire da un determinato stimolo e che il soggetto esprime senza porre in atto alcun controllo o censura. In senso stretto si tratta di un metodo psicoanalitico
elaborato in modo differente da Freud e da Jung.
2
Due baritoni, il Conte e Figaro, un soprano, Susanna; Cherubino è un mezzosoprano.
3
“La folle giornata” o “Il matrimonio di Figaro” è parte della trilogia del drammaturgo Pierre-Augustin Caron de Beaumarchais. Altre opere che la compongono
sono “Il barbiere di Siviglia” e “La madre colpevole”. Ma di ciò il nostro manager non sapeva nulla.
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2.1.1. Sapere ascoltare, sapere comunicare, sapere
gestire lo spazio organizzativo
2.1.2 Organizzazione del lavoro e diversity management
Chi di noi – pensava Samuele – potrebbe negare che ‘saper ascoltare’ è una competenza chiave per il coordinamento? Cosa non facile, per un neofita, specie quando
in più di due o tre cantano insieme4. Certo, se gli attori
che compongono il tessuto sociale sono musicisti, cantanti etc., ben si capisce che per loro la capacità di ascolto
è indispensabile (Sicca, 2000). In tutte le organizzazioni, l’ascolto di un messaggio da un soggetto emittente
a uno ricevente aumenta il patrimonio quantitativo del
secondo. Ma la comunicazione di un messaggio è sempre un po’ anche una comunicazione a se stessi (Broms
- Gahmberg, 1983): un ascolto ‘qualitativo’, che incide
sulle strutture cognitive dei singoli che si relazionano
nello scambio informativo.
La capacità di ascolto va sempre ricondotta ai luoghi
entro cui si svolge l’azione. Gli spazi rispondono sia ad
esigenze logistiche e funzionali sia ai simboli insiti in
una storia da narrare5. Perché le relazioni (professionali e
non) si costruiscono intorno a narrazioni.
Queste riflessioni distraevano Samuele. La mente andava altrove. Ascoltava sempre meno (proprio mentre
pensava alla capacità di ascolto) e osservava invece lo
splendore di quel teatro. Quella struttura semicircolare
rispondeva non solo ad esigenze funzionali, acustiche
e tecnico-formali. Quel modo di star seduto sulla sua
poltrona, la disposizione degli ‘attori’ là davanti e il loro
modo di osservarsi nello sviluppo dell’azione (artistica
e organizzativa) aveva origini lontane. Samuele Segre se
ne rendeva conto. Quel lay out raccontava di un’antica
tradizione che orienta, nella contemporaneità, il modo
di organizzare gli spazi: quella del teatro classico, che
affonda le radici nella Grecia del V secolo, dove si svolgevano manifestazioni politiche e religiose. Cuore della
vita democratica. Ed anche il phisical setting dei luoghi
di lavoro (Sicca, 2010), che abitiamo tutti giorni, dove si
consuma gran parte delle nostre vite professionali, deriva
da là. E da questa riflessione sugli spazi come “contenitori” di narrazioni e di azione (scenica ed organizzativa)
derivano una serie di considerazioni che interessano la
microstruttura del lavoro, quale base per comprendere la
diversità (e il tema del diversity management) e i processi
di formazione delle risorse umane.
La specializzazione orizzontale definisce come i compiti
di ciascun “attore” vanno a comporre le mansioni per la
progettazione della microstruttura. Il Maestro, il regista, l’orchestra, lo scenografo. Ma anche le maestranze,
operai ed artigiani. Sono professionisti caratterizzati –
tutti – da molto studio e/o molti anni di pratica quotidiana. Insieme, sullo stesso set, con un comune obiettivo. Esprimono tutti – ciascuno nei confronti dell’altro
– una competenza distintiva che può essere fonte di
vantaggio competitivo nell’elaborazione delle strategie
di comportamento organizzativo (Pfeffer, 1998). Ciò significa considerare la diversità come un fenomeno ampio, non circoscritto a variabili quantitative come età,
sesso, origini geografiche. Occorre ‘ri-conoscersi’.
Sotto gli occhi di Samuele c’è un direttore italiano alla
guida di un’ orchestra inglese; un baritono italiano di
fama mondiale (Figaro), da coordinare con un soprano
tedesco naturalizzata inglese, nel ruolo della Contessa.
E, ancora, un baritono austriaco (il Conte) e un soprano
statunitense, nel ruolo di Susanna.
Situazione molto più intricata, rispetto a quella (tipica, da
lui stesso sperimentata qualche anno prima in azienda)
in cui due compagni di master, un inglese e un coreano si
ritrovano a condividere processi e decisioni, per es. nella
medesima area funzionale. Oppure quando due connazionali, laureati nella stessa università, vivono il tipico conflitto
interfunzionale, come quello ad esempio che interessa gli
ingegneri della produzione ed i manager del marketing.
La diversità, insomma, è prima di tutto un fatto di competenze, affettività, competizione interna, storie scolari,
istruzione. “Ri-conoscersi” è un atto non scontato. Il testo rappresentato su quel palco rendeva evidente che ‘riconoscere’ – nella duplice accezione del termine – significa ascoltare altrui competenze. Assumendo che l’altro è
per definizione ‘diverso’. In ufficio, come in fabbrica, in
una biblioteca o in un dipartimento di ricerca.
2.1.3. Quali impatti sulla formazione dei manager?
Samuele si domandava come mai non si fosse mai accorto, prima di allora, di questa ‘vicinanza’ tra mondi
così lontani. Come mai tutto ciò che stava pensando non
fosse stato quasi mai analizzato – con metodo e rigore
4
IQuando per esempio Susanna, Basilio ed il Conte cantano insieme (terzetto), per venire a capo di interdipendenze reciproche. Ancor più faticoso sarà sul finale
dell’opera, dopo una serie interminabile di colpi di scena, ed il Conte implorerà perdono e le nozze si potranno celebrare, a chiusura della “folle giornata”: sul
palco si ascolteranno Susanna, la Contessa, Barbarina, Cherubino, Marcellina, Basilio, il Conte, Antonio, Figaro. Finale che nasce da ciò che il Conte inopinatamente ascolta (“Hai già vinto la causa”) in un privatissimo scambio tra Figaro e Susanna.
5
DIn questo caso, si tratta di situazioni farsesche, con un linguaggio che filtra un mondo borghese in ascesa, il ribaltarsi della sopraffazione - di sempre - del
potente sul povero. Grazie al coraggio di un servo “ambizioso per vanità, laborioso per necessità”.
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Azione organizzativa e scenica. Libere associazioni per la gestione delle risorse umane
scientifico – durante i tanti anni di studio e di formazione, prima all’università, poi durante il master in business
administration in una delle principali business school frequentata a spese dell’azienda dopo alcuni dalla prima
assunzione. E, di recente, nei programmi di formazione
interni voluti dalla sua direzione del personale. Si rendeva conto, insomma, che la sua formazione da manager sarebbe potuta (e forse dovuta) essere più attenta a
valorizzare quelle competenze trasversali, in grado di
‘funzionare’ in organizzazioni anche (apparentemente)
molto diverse l’una dall’altra (Sicca, 2008; Butzbach et
alii, 2011). Se così fosse stato – pensava Samuele – probabilmente la sua stessa efficacia, ma anche l’efficienza,
sarebbero state migliori. E lui stesso, nella sua posizione
di capo intermedio, avrebbe potuto interpretare il ruolo
con maggiore competitività. Con un ritorno sugli investimenti sostenuti per la sua formazione.
trale, che si realizza attraverso ‘prototipi’ sempre aperti
rispetto alla ‘chiusura’ dei prodotti industriali.
Un metodo flessibile che pone da anni in primo piano
come la memoria organizzativa risieda nelle soft skill di
professionisti e manager. Spesso le aziende chiudono,
vengono vendute, assorbite, ristrutturate. Ma sono i saperi di donne ed uomini d’azienda e le loro esperienze la
base per ripartire. Occorre quindi considerare sempre,
in modo sincronico, sia le strutture da progettare, sia le
dinamiche di comportamento organizzativo: gli organigrammi senza le persone non dicono molto e viceversa.
Insieme, invece, design e behaviour, consentono di porre
domande, aprire piste di ricerca e soluzioni organizzative. Come la gente di teatro ed altre organizzazioni dalla
S&O
tradizione millenaria insegnano.
3. Conclusioni
Questo breve scritto ha proposto alcuni spunti per la costruzione di un metodo di analisi organizzativa. Un ‘metodo del dubbio’, di stampo critical, lontano da ingenui
ottimismi, alla ricerca di un approfondimento sulle fonti
dei saperi manageriali (Sicca, 2012): ampliando lo sguardo che gli studi di economia e management gettano su alcune organizzazioni di matrice precapitalistica. Quelle
che hanno origine nella tradizione classica del teatro e
della musica. Perché queste organizzazioni sono in grado di restituire stimoli per una più qualificata comprensione delle odierne forme di aggregazione produttiva. E
l’accelerazione dei ritmi con cui le crisi si affermano e si
prolungano rende quanto mai urgente tale pensamento.
Samuele Segre su quel palcoscenico osserva fenomeni
che lo riguardano ogni giorno. Che si tratti di un teatro,
di un’aula o di un’azienda stricto sensu, qualunque organizzazione è un testo, con una trama da narrare ed ascoltare. Nel caso proposto vi è una partitura e un libretto
da interpretare. Socialmente, oltre che artisticamente
attraverso la specializzazione orizzontale e verticale delle
mansioni. Ma nessun mansionario o altro testo insegna a
‘leggere’ o insegna la capacità di ascolto. Non esiste il libro delle ricette su come gestire un gruppo di pari, come
interpretare un ruolo rispetto alle posizioni assegnate nei
documenti ufficiali (Tosi, Pilati, 2008).
Occorre invece valorizzare altri linguaggi. Senza ricorrere, con fretta, a nuove formule, basti pensare agli studi
oramai ampiamente consolidati da cui emerge l’esigenza di ripensare la distinzione tra formale e informale nei
processi decisionali (Mintzberg, 1976): qualunque organizzazione, anche la più strutturata, può sviluppare le risorse umane con una logica, tipica della produzione tea-
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Umanesimo, estetica e conoscenze manageriali, Napoli,
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Sicca, L.M. (2012), Alla fonte dei saperi manageriali. Il ruolo della musica nella ricerca per l’innovazione e per la formazione delle risorse umane, Napoli: Editoriale Scientifica.
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Bibliografia
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