VARIABILI DI GENERE di Robert Sapolsky, tratto da Internazionale del 27/05/2016 I biologi conoscono da un pezzo eccezioni all'idea scialba e noiosa secondo cui gli organismi sono, e rimangono, o maschi o femmine. Ora la nostra cultura avanza pian piano verso la consapevolezza che parlare di natura permanente e nettamente binaria del genere non è corretto. Insieme all'ex atleta e personaggio televisivo Caitlyn Jenner e all'attrice Laverne Cox, candidata al premio Emmy, gli Stati Uniti hanno visto persone dichiaratamente transgender nel ruolo di sindaco, parlamentare, giudice, funzionario di polizia, testimonial per un famoso marchio di cosmetici e reginetta del ballo di ex studenti di liceo. Malgrado i frequenti episodi di discriminazione e violenza contro le persone transgender, cresce la consapevolezza che la designazione di genere non deve essere permanente. Molti mettono perfino indubbio che il "genere" esista davvero. Ci sono individui che si considerano di entrambi i generi, di un terzo genere, di nessun genere o che non vedono le persone come dotate di un genere. Questo nuovo continente Ë stato formalizzato da un'istituzione prestigiosa e antica come Facebook, che per la pagina del profilo personale offre 58 opzioni con cui indicare il genere. Ci sono agender, bigender, inter-sex, genderfluid, gender questioning, non binario, pangender e le mie due preferite: "doppio spirito", che ha un fascino vagamente indiano, e "altro". Per molti versi, quelli che si allontanano più radicalmente dal sistema di genere binario sono gli utenti dei giochi online, che si scelgono avatar con ruoli diversi da quelli che hanno nel mondo reale. Puoi essere chi e cosa vuoi: un uomo, una donna, nessuno dei due, un ibrido, un bonobo, un parrocchetto, un centauro, Visnu. E allo stesso tempo puoi avere rapporti con gli avatar di altre persone. Tutto molto facile, perché la realtà fisica, fenotipica del tipo di corpo che hai è irrilevante online. Visto quindi che la designazione permanente e binaria di genere sta diventando sempre più confusa, ci si potrebbe aspettare che sia destinata a scomparire completamente. Purtroppo, la società riesce a spingersi solo fino a un certo punto su questa strada prima di essere fermata da una caratteristica cognitiva del nostro cervello. Ma prima di arrivare a quel posto di blocco, passiamo in rassegna la nostra conoscenza del genere. Cominciamo con le piante, che in molti casi sono monoiche, vale a dire che ogni esemplare ha organi femminili e maschili (stami e pistilli). Le cose diventano più strane con gli animali. Ci sono specie partenogenetiche, in cui le femmine si riproducono senza il contributo maschile-una categoria in cui rientrano molti rettili, compreso lo straordinario drago di Komodo. Ci sono ermafroditi sincroni che, come le piante monoiche, hanno gli organi di entrambi i sessi, per esempio vermi, oloturie (cetrioli di mare), chiocciole e certe specie di serranidi. Poi ci sono le iene maculate, pseudoermafroditi con comportamenti tipici dell'altro sesso. E’ quasi impossibile stabilire il sesso di una iena solo guardandola: le femmine sono grandi e muscolose (a causa dei livelli di alcuni ormoni androgeni superiori a quelli dei maschi), hanno uno pseudo scroto e un clitoride ingrossato che può diventare eretto come il pene. E poi ci sono gli ermafroditi sequenziali, come i labridi e i pesci pagliaccio, che cambiano sesso in base all'opportunità: in un gruppo c'è un singolo individuo dominante (maschio nei labridi, femmina nei pesci pagliaccio), mentre tutti gli altri sono del sesso opposto. Se l'individuo dominante muore, il più alto in grado cambia sesso e assume quel ruolo. C'è addirittura un pesce ermafrodita bidirezionale, che cambia ripetutamente sesso a seconda del potenziale riproduttivo. Non sono affascinanti le bizzarrie della natura? Ora però prendete in considerazione un animale comune come il topo di laboratorio: il loro cervello è dotato dei circuiti per entrambi comportamenti, maschile e femminile. Basta manipolare le cose a livello sperimentale per far emergere uno dei due comportamenti. E ora consideriamo un altro mammifero noioso, l'umano saldamente dicotomizzato. Che si rivela non essere così saldo. La condizione indispensabile della designazione sessuale umana sono i cromosomi: tutte le vostre cellule hanno due cromosomi X se siete femmine, oppure una X e una Y se siete maschi. Fine della storia. Invece no: esistono varie anomalie cromosomiche in cui gli individui possono essere XYY, XXY, XXX, X o XXYY. La maggior parte causano infertilità. Alcune, come la sindrome di Turner (l'assenza totale o parziale di uno dei due cromosomi X nelle donne), determinano disfunzioni neurologiche, metaboliche, endocrine e cardiovascolari. Molto più interessante di questi rari disturbi è la recente scoperta che gli uomini adulti di regola hanno alcune cellule staminali XX (cioè femminili) sparse in tutto il corpo, che si sono differenziate in cellule mature, neuroni compresi. A loro volta, le donne che hanno partorito un figlio maschio hanno cellule staminali XY. Durante la gravidanza, alcune cellule staminali materne vengono inglobate dal feto, e alcune cellule staminali del feto sono inglobate dalla madre. Molti di noi, quindi, sono un mosaico di cromosomi sessuali (con conseguenze sconosciute). Una volta determinati i cromosomi sessuali, tutto il resto legato alla designazione di genere si adegua: è XX contro XY a decidere se vi ritroverete con le ovaie o con i testicoli. Gli ormoni in cui siete marinati a loro volta stabiliscono che tipo di genitali si formano quando siete ancora dei feti e le caratteristiche sessuali secondarie, che vanno dalla composizione chimica del sudore al funzionamento del cervello. Il sesso genetico, gonadico, endocrino e fenotipico vanno a braccetto. Anche se non è così: esistono parecchie anomalie per cui qualcuno può essere maschio per alcuni di questi aspetti, ma femmina per altri. Tanto per cominciare, il sesso genetico e quello gonadico possono non andare d'accordo. Le persone affette da una sindrome chiamata 46, XYDSD hanno cromosomi sessuali maschili norinali, testicoli - genitali che di solito sono classificati come maschili - più un utero e tube di falloppio. Chi soffre di disturbo della differenziazione sessuale ovo-testicolare ha i cromosomi sessuali di un sesso, ma sia il tessuto ovarico sia quello testicolare, e i genitali risultano ambigui. Poi ci sono casi in cui la dissociazione si verifica a livello ormonale. Un esempio molto studiato riguarda il fatto che il testosterone esercita alcuni dei suoi effetti su cellule bersaglio convertendosi in un ormone correlato, il Dht (diidrotestosterone), a meno che non abbiate una mutazione che disattiva l'enzima incaricato di questa conversione. E’ quello che si verifica nella sindrome da deficit dell'enzima alfa-reduttasi: l'individuo è XY, ha i testicoli e livelli di testosterone normali, ma il suo fenotipo - il suo aspetto esteriore - può variare da maschile ad ambiguo fino a femminile. Per chi ha un fenotipo prevalentemente femminile alla nascita, la mascolinizzazione di solito avviene con la pubertà. Numerosi casi di questo disturbo sono stati individuati in alcune popolazioni isolate e consanguinee (per esempio sulle montagne della Repubblica Dominicana) dove, significativamente, si riscontra un buon grado di adattamento culturale. Gli ormoni agiscono sulle cellule bersaglio interagendo con specifici recettori (i recettori dell'estrogeno legano l'estrogeno, i recettori dell'insulina legano l'insulina). Un altro tipo di dissociazione a livello ormonale avviene nella sindrome da insensibilità agli androgeni, in cui una mutazione disattiva il recettore di androgeni che normalmente lega il testosterone e il Dht. Cromosoma XY normale, testicoli normali, livelli normali dei due ormoni, solo che gli ormoni non hanno effetto e producono un fenotipo che va da ambiguo a femminile. In quest'ultimo caso, il disordine di solito viene scoperto intorno alla pubertà, quando le mestruazioni non arrivano. E non arrivano perché, si scopre che la ragazza non ha né le ovaie né l'utero, e nello stomaco ci sono dei testi coli che producono androgeni in abbondanza. Sesso cromosomico e sesso fenotipico, quindi, possono differire in molti modi, nell'1% delle nascite. Non è un fenomeno raro: se prendete un essere umano a caso, c'è una maggiore probabilità che abbia genitali ambigui che un quoziente intellettivo superiore a 140. La dissociazione forse più interessante si verifica a un gradino ancora più alto. Succede quando una persona ha i cromosomi, le gonadi, gli ormoni, i genitali e i caratteri sessuali secondari-capelli, voce, muscolatura, struttura facciale - di un sesso, ma si è sempre sentita del sesso opposto. E’ il mondo transgender, e alcuni affascinanti dati scientifici suggeriscono le sue basi neuro-biologiche. Nel cervello umano esistono numerosi punti "sessualmente dimorfici" (che hanno cioè dimensioni, struttura, funzione e/o composizione chimica diverse a seconda del sesso). Le differenze non sono abbastanza grandi da poter identificare il sesso di una persona conoscendo solo le dimensioni di una di queste regioni. Però ci sono differenze statistiche tra la popolazione maschile e quella femminile, differenze che probabilmente hanno conseguenze funzionali. Cosa succede nelle regioni del cervello sessualmente dimorfiche? Secondo vari studi, il cervello ha una forte somiglianza con il sesso B, piuttosto che A. E questo non dovrebbe sorprenderci: noi siamo determinati dal nostro cervello, noi siamo il nostro cervello, indipendentemente dal tipo di peluria facciale, dallo spessore della laringe o dal paesaggio che abbiamo tra le gambe. In altri termini, non è che le persone transgender pensino di appartenere un genere diverso da quello che sono realmente. E’ che hanno avuto la grandissima sfortuna di essere intrappolati in un corpo che è di un genere diverso da quello reale. Pian piano un termine diventa sempre più pertinente: continuum. Negli esseri umani il genere è un continuum che si presenta con molte varianti, dove geni, organi, ormoni, aspetto esteriore e identificazione psicosessuale sono variabili indipendenti e in cui molte persone hanno nella testa (e nel cervello) categorie di identificazione di genere che non somigliano a quelle degli altri. E il tutto con una frequenza che, per quanto rara, non è più rara dei vari tratti umani che definiamo "normali". Date le attuali conoscenze sul continuum dei generi, con le nuove scoperte scientifiche (e le rivelazioni di personaggi famosi) che sicuramente arriveranno, potremmo aspettarci che nel prossimo futuro le persone penseranno spontaneamente al genere come a qualcosa di fluido e non rigorosamente maschile o femminile. Detto brutalmente, neanche per idea. Le nostre menti sono molto resistenti al concetto di continuum. Tendiamo piuttosto a spezzarlo in segmenti separati, in categorie. Succede, per esempio, nella percezione sensoriale. Gli antropologi del linguaggio hanno esplorato la questione soffermandosi sulla percezione dei colori. Lo spettro visivo produce un continuum dicobn. Eppure noi percepiamo il colore come se arrivasse in categorie, e in ogni lingua inventiamo parole che spezzano arbitrariamente questo continuum e rafforzano la categorizzazione. Nella lingua inglese, per esempio, in cui esistono due termini diversi per "azzurro" e "verde", due sfumature di azzurro sono considerate più simili di una sfumatura di azzurro e una di verde, anche se sono tutte equidistanti nello spettro visivo. La nostra tendenza a spezzare i continuum in categorie già a livello neurologico è stata dimostrata da un magnifico studio in cui alcune scimmie guardavano immagini di cani o gatti mentre veniva registrata l'attività elettrica dei neuroni nella loro corteccia frontale. C'erano neuroni che rispondevano esclusivamente ai cani, altri ai gatti. Poi gli scienziati hanno fuso le immagini di cane e gatto, producendo figure che erano 80% cane e 20% gatto, 60% cane e 40% gatto, e 20% cane e 80% gatto. Significativamente, i neuroni delle scimmie rispondevano per categorie. Il neurone del "cane", per esempio, rispondeva in modo ugualmente forte all'immagine che era il 100% cane e a quella per il 60% cane, mentre quasi non reagiva alla figura per il 40% cane. In altri termini, la spinta a categorizzare era così forte che in quella circostanza i neuroni ritenevano 60 più vicino a 100 o a 40. Dunque pensiamo per categorie. E il genere dicotomizzato è una delle categorie naturali più forti del cervello. La categorizzazione automatica è incredibilmente veloce: alcuni studi mostrano che il cervello elabora i volti secondo il genere in meno di 150 millesimi di secondo. Ed è profondamente radicata, come è stato dimostrato con estrema sottigliezza da un altro studio. Nella prima parte della ricerca, ai partecipanti venivano mostrate diverse foto di uomini in maglietta da basket, ciascuno accoppiato a una frase del tipo "Sei stato tu a cominciare lo scontro". Metà dei giocatori erano bianchi e metà neri, ma erano vestiti tutti uguali. Poi ai partecipanti era chiesto di accoppiare il giocatore alla sua frase. Quando sceglievano il giocatore sbagliato, c'era più del 50% di probabilità che il giocatore identificato erroneamente avesse lo stesso colore di pelle della persona che aveva effettivamente pronunciato la frase. Questo ci dice che la nostra mente compie categorizzazioni automatiche. Mentre i partecipanti cercavano di ricordare chi aveva detto una certa frase, pensavano: "Non sono sicuro, ma era senz'altro uno dei bianchi (o dei neri)". Nella seconda parte, le foto mostravano metà dei giocatori di ciascun gruppo con una maglietta gialla e l'altra metà con una maglietta grigia. Ancora una volta, ai partecipanti veniva chiesto di abbinare il giocatore alla sua frase. Stavolta gli errori tendevano a essere legati più al colore della maglia che a quello della pelle. Questo dimostra che forse la distinzione attraverso il colore della pelle non è così radicata come potremmo aspettarci, dato che può essere superata da un dettaglio apparentemente banale come il colore di una maglietta. Poi è stato ripetuto l'esperimento coni giocatori diversi per genere. Nella prima parte, quando tutti i giocatori indossavano magliette dello stesso colore, i partecipanti commettevano errori in base al genere. Ma anche nella seconda parte, quando i giocatori indossavano magliette di colori diversi, i partecipanti continuavano a commettere errori in base al genere. Cosa ci dice tutto questo? Che nella nostra mente il genere è una categoria più forte e più profondamente automatica di quella del colore della pelle e degli indizi visivi. Pensare per categorie ha molti vantaggi. E’ più facile ricordare le cose che sono state etichettate per categorie. E manovrare, organizzare e prendere decisioni pratiche sulla base di informazioni classificate secondo categorie digitali è più facile che farlo secondo un continuum analogico. Per un cacciatore-raccoglitore tradizionale, una categorizzazione automatica utile poteva essere "animali da cui devo/non devo scappare di corsa". Oppure, un esempio così radicato che difficilmente ce ne rendiamo conto: "Rosso significa stop e verde significa avanti". Se fossimo in un paese straniero in cui le luci rosse hanno una sfumatura diversa dalla nostra, questo sicuramente non ci farebbe dubitare della necessità di fermarci a un incrocio trafficato. Ci sono svantaggi, ovviamente. Sottovalutiamo le differenze tra elementi che vengono arbitrariamente infilati nella stessa categoria e sopravvalutiamo le differenze quando gli elementi si trovano in categorie diverse. Questo è il cuore del campanilismo e della xenofobia, degli stereotipi e dei pregiudizi. Tuttavia i vantaggi offerti dal pensare per categorie, a quanto sembra, sono bastati a farne una forte tendenza cognitiva. Perché il nostro cervello si evoluto in modo da pensare in termini così categorici rispetto al genere, anche se la realtà biologica dimostra che non è affatto così? La risposta immediata è che noi non siamo piante monoiche, spigole o iene. Le eccezioni umane a un genere nettamente dicotomizzato sono ancora poco frequenti e in molti casi non sono facili da distinguere, a livello fenotipico. Dopotutto, prima di certi progressi scientifici compiuti intorno alla metà del novecento - vale a dire per il 99,9% della storia degli ominidi - un maschio con la sindrome da insensibilità agli androgeni era solo una donna che non poteva restare incinta. La cultura e i suoi artefatti possono influire sulla distribuzione dei tratti biologici così come sui nostri atteggiamenti verso quei tratti. Oggi è normale avere un tratto che ai tempi dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori tutti avrebbero considerato fatale: essere miopi, e quindi non così rapidi nell'individuare un predatore. Grazie agli occhiali c'è stata una riduzione della pressione selettiva sulla miopia. Oggi le persone con una pessima vista trasmettono lo stesso numero di copie dei loro geni delle persone con una vista da aquila, e i geni legati alla miopia non vengono più eliminati dalla selezione naturale. Ma è difficile immaginare una forte pressione selettiva sulla categorizzazione automatica in base al genere: può esserci utile quando è in gioco l'obiettivo evolutivo di trovare un compagno. Accettare la fragilità di questa categorizzazione richiede un grosso adattamento della neorteccia, la parte del nostro cervello che si è evoluta più recentemente e che è incaricata di assimilare le informazioni in un campo come questo. Forse le cose saranno diverse fra 350 o 3.500 anni. E’ possibile. Ovviamente, allora, forse quello che tutti si chiederanno è con quale sistema operativo avete aggiornato la vostra coscienza. L'AUTORE Robert Sapolsky è un neuroendocrinologo statunitense che insegna biologia, neuroscienze e neurochirurgia all'università di Stanford. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è L'uomo bestiale. Come l'ambiente e i geni costruiscono la nostra identità (Castelvecchi, 2014).