PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA

PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
1. Introduzione
2. Atomi
1. Atomo di idrogeno: numeri quantici
2. Atomo di idrogeno: livelli energetici e regole di selezione
3. Atomo di idrogeno: momento magnetico e spin dell'elettrone
4. Atomo di idrogeno: momento meccanico totale dell'elettrone
ed energia associata
3. Il fenomeno della risonanza
1. Spin e momento magnetico del protone: transizioni
energetiche e frequenza di Larmor
2. Statistica di Boltzmann e Magnetizzazione macroscopica
3. Genesi di un segnale di Risonanza Magnetica e Campo a
radiofrequenza
4. Free Induction Decay - FID
5. Rilassamento T1
6. Rilassamento T2
4. Bibliografia
1. Introduzione.
Tra le tecniche più avanzate per ottenere immagini ad alta qualità dell'interno del
corpo umano spicca la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN), una tecnica
spettroscopica usata per ottenere informazioni microscopiche fisiche e chimiche sulle
molecole. Inizialmente le immagini prodotte con la RMN erano solo bidimensionali,
ed erano ottenute dal segnale di RMN prodotto da una sottile fetta tagliata
idealmente attraverso il corpo umano. L'evoluzione delle tecniche di immagine
consente oggi di ottenere anche immagini di volume. In particolare di mezzi di
contrasto.
La Risonanza Magnetica Nucleare è un fenomeno che può avvenire quando i nuclei
di certuni atomi sono immersi in un campo magnetico statico (B) e vengono esposti
ad un secondo campo magnetico oscillante. Alcuni atomi sperimentano questo
fenomeno, mentre altri non lo sperimentano mai, e ciò dipende dal fatto che essi
possiedano o meno una proprietà chiamata spin sulla quale torneremo.
Un segnale di Risonanza Magnetica è dunque un fenomeno fisico macroscopico, ma
ha la sua origine nel comportamento degli atomi, o come vedremo meglio, dei nuclei
di alcuni elementi presenti nella materia vivente. Così come, ad esempio, la
temperatura è una grandezza macroscopica il cui valore rappresenta in modo
statistico il livello di "agitazione termica", o meglio lo stato cinetico, della materia a
livello molecolare, altrettanto si può dire per altre grandezze fisiche macroscopiche.
Ad esempio la magnetizzazione netta totale, le cui variazioni permettono di spiegare
in maniera rigorosa la genesi di un segnale di RM, è una rappresentazione statistica
di fenomeni fisici che si svolgono su scala microscopica, più precisamente delle
variazioni di livello energetico degli atomi immersi in un campo magnetico statico.
Sembra dunque utile iniziare la descrizione dei principi fisici di base della RM
riassumendo brevemente le caratteristiche fisiche degli atomi. Tra i tanti elementi
dotati di spin≠0 presenti nei tessuti biologici [quali C (carbonio-13), N (azoto-14),
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F (fluoro-19), Na (sodio-23), P (fosforo-31) e K(potassio-39)], l'idrogeno fu scelto
come elemento rispetto al quale produrre l'imaging di RM poiché è l'elemento più
semplice e più approfonditamente studiato da un punto di vista fisico, ma anche
perché è il più abbondante nel corpo umano (è presente con una concentrazione di
10 atomi per ogni mm di tessuto) ed è dotato di un momento dipolare magnetico più
intenso rispetto a quello degli altri elementi.
Data dunque l'importanza dell'idrogeno per capire il fenomeno della RM, le sue
caratteristiche fisiche saranno trattate in modo leggermente più dettagliato.
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2. Atomi.
La materia che viene esaminata con la RMN è composta in prevalenza da
molecole, le quali a loro volta sono composte da atomi la cui massa è
sostanzialmente concentrata nel nucleo. Prendiamo ad esempio una
molecola di acqua: essa è composta da un atomo di ossigeno e da due
atomi di idrogeno. Come mostrato in figura, gli atomi appaiono come
"nuvole elettroniche": l'atomo di ossigeno è raffigurato da una nuvola
lilla, mentre gli atomi di idrogeno da una nuvola blu. Queste "nuvole"
rappresentano la condizione di carica elettrica, propria dello spazio
intorno al nucleo, determinata dal moto degli elettroni intorno ad esso.
Per avere un'idea del rapporto dimensionale tra nucleo e nube elettronica
si pensi che un valore tipico per il raggio di un nucleo è rn ≈ 1 ÷ 10 fm
(femtometri; 1 fm = 10 m), mentre per il raggio della nube elettronica si
ha re ≈ 0,1 nm (nanometri; 1 nm = 10 m). Esiste quindi una differenza di
cinque ordini di grandezza tra i due: se per ipotesi il nucleo avesse un
raggio di 1 metro, allora la nube elettronica avrebbe un raggio di 100.000
metri, ossia di 100 km!
Gli elettroni di fatto non ruotano lungo orbite precise, ma compiono un
movimento di rivoluzione intorno al nucleo rimanendo confinati in una
porzione di spazio intorno ad esso, quasi dei gusci, compatibile con il
loro stato energetico, conservando tuttavia la possibilità di "saltare" da un
guscio all'altro in funzione di determinate variazioni di energia che si
possono realizzare nell'atomo stesso.
Queste sono, in sintesi, le grandi innovazioni della teoria quantistica, che
prende l'avvio con il modello proposto da Bohr, che combina le teorie di
Plank, Einstein e Rutherford, basandosi sul postulato (Primo postulato di
Bohr) che l'elettrone possa muoversi solo su determinate orbite nonradiative dette stati stazionari, a ciascuno dei quali è associato un preciso
valore di energia E0, E1, E2 ecc.. L'emissione, o l'assorbimento, di energia
avviene solo per quantità discrete (fotoni) E = hν (Secondo postulato di
Bohr) tali da portare l'atomo da uno stato stazionario ad un altro. In
questo caso si verifica una transizione, o salto quantico. Viene così
evitata l'incongruenza tra le osservazioni sperimentali e quanto previsto
dalla meccanica classica circa il bilancio radiativo di un elettrone che, se
ruotasse lungo un'orbita definita, dovrebbe perdere energia con continuità
e quindi cadere in breve tempo sul nucleo. Alla quantizzazione
dell'energia si aggiunge per completezza la quantizzazione del momento
della quantità di moto dell'elettrone L (Terzo postulato di Bohr) quando
questo si trova in uno stato stazionario.
Nella teoria quantistica completa la quantizzazione di L non è più un
postulato come nel modello di Bohr, ma è una conseguenza del dualismo
onda-corpuscolo presente sia nella luce (onda luminosa - fotone) che
nella materia (onda materiale - particella): in realtà la descrizione
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ondulatoria e quella corpuscolare sono complementari alla
rappresentazione di uno stesso processo oggettivo, là dove la descrizione
ondulatoria è in genere preferita per rappresentare fenomeni di trasporto,
mentre quella corpuscolare è più adatta per spiegare la quantizzazione
delle interazioni con la materia. Gli stati stazionari, la cui esistenza nel
modello di Bohr veniva giustificata solo attraverso la coerenza
dell'ipotesi con i risultati sperimentali, sono le soluzioni stazionarie
dell'equazione delle onde di Schrödinger, e le energie quantizzate
associate ad essi sono in accordo con quelle ottenute dal modello di
Bohr.
2.1 Atomo di idrogeno: numeri quantici.
Nella descrizione ondulatoria della teoria quantistica l'elettrone è
descritto dalla sua funzione d'onda Ψ, detta anche onda di De Broglie. La
probabilità che l'elettrone si trovi in una certa regione dello spazio
intorno al nucleo, ossia in un certo stato stazionario, è data dal quadrato
del valore assoluto di questa funzione d'onda |Ψ|² . Le condizioni al
contorno sulla funzione d'onda portano alla quantizzazione delle
lunghezze d'onda, quindi delle frequenze e dell'energia dell'elettrone, la
quale, unitamente al momento della quantità di moto, viene
matematicamente espressa attraverso tre numeri, detti numeri quantici,
che risultano tra loro interdipendenti.
Il numero quantico principale (n) può essere un numero intero qualsiasi
(n = 1, 2, 3, …), e indica a quale livello, o stato stazionario, l'elettrone
appartiene, fornendo la probabilità di trovare l'elettrone ad una certa
distanza dal nucleo, indicando così il valore dell'energia potenziale
dell'elettrone.
Il numero quantico secondario o orbitale (l) indica a quale sottolivello
appartiene l'elettrone, individuando la forma della nube elettronica. I
valori possibili per l sono numeri interi compresi tra 0 ed n-1. Il numero
quantico orbitale fornisce il valore del momento della quantità di moto L
dell'elettrone, ossia il valore del momento angolare dell'elettrone dovuto
al suo moto orbitale intorno al nucleo. Infatti L è quantizzato come
multiplo di ħ secondo la relazione:
L = √l(l + 1)ħ.
È importante notare che in generale non esistono nello spazio direzioni
preferenziali per L. Questo significa che L, pur potendo variare solo per
quantità finite multiple di ħ, può comunque assumere qualunque
orientamento nello spazio.
Il numero quantico magnetico (m) individua invece quali e quanti sono i
possibili orientamenti di L quando l'atomo viene posto in un campo
magnetico. Scegliendo z come direzione del campo magnetico, la
componente di L parallela al campo magnetico sarà quantizzata secondo
la relazione L z = mħ. I valori possibili per m sono tutti i numeri interi
compresi tra - l ed l, individuando così solo (2l+1) possibili orientamenti
della componente Lz.
Dunque, quando un atomo viene immerso in un campo magnetico, la
quantizzazione non riguarda solo l'energia e il momento della quantità di
moto, ma anche l'orientamento rispetto alla direzione del campo.
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2.2 Atomo di idrogeno: livelli energetici e regole di selezione.
L'atomo di idrogeno può essere trattato come un sistema costituito da un
protone, che da solo forma il nucleo, e da un elettrone orbitante intorno
ad esso e dotato di energia cinetica ed energia potenziale. La
quantizzazione dell'energia dettata dalla teoria quantistica, implica che
solo quantità discrete di energia siano permesse, ed in particolare per
l'atomo di idrogeno le energie permesse sono date dalla relazione:
En = - Z E0 / n
2
2
n
=
1,
2,
3,
…
E0 ≈ 13,6 eV
dove E0 è l'energia dello stato fondamentale.
In generale, per atomi più complessi dell'atomo di idrogeno, l'energia non
dipende soltanto dal numero quantico principale n, ma anche dal numero
quantico orbitale l. Inoltre, nel caso in cui l'atomo sia immerso in un
campo magnetico, l'energia dipende anche dal numero quantico
magnetico m. La scissione dei livelli energetici di un atomo in un campo
magnetico per diversi valori di m fu scoperta da P. Zeeman, ed è nota
come effetto Zeeman.
Una transizione da uno stato energetico ad un altro permesso avviene
solo per emissione o assorbimento di energia sotto forma di fotone, ossia
per quanti di energia. Queste transizioni danno origine alle righe spettrali
caratteristiche dell'atomo e obbediscono alle seguenti regole di selezione
per m e l: Δ m = 0 , ±1
Δ l = ±1
Le frequenze (o lunghezze d'onda) dell'energia emessa seguono la regola
di quantizzazione secondo cui:
hν = Ei - Ef
dove Ei ed Ef sono rispettivamente l'energia dello stato iniziale e dello
stato finale della transizione.
2.3 Atomo di idrogeno: momento magnetico e spin dell'elettrone.
Se si osserva una qualsiasi riga spettrale dell'idrogeno ad alta risoluzione,
si nota che in realtà essa è costituita da due righe molto vicine. Per
spiegare questa struttura fine Pauli ipotizzò nel 1925 che esistesse un
quarto numero quantico il quale potesse assumere solo due valori. Nello
stesso anno S. Goudsmit e G. Uhlenbeck avanzarono l'ipotesi che questo
quarto numero quantico fosse la componente lungo la direzione del
campo magnetico (z) di un momento angolare intrinseco dell'elettrone,
detto spin. Se si raffigura l'atomo di idrogeno con un modello
astronomico (in una rappresentazione corpuscolare dell'elettrone), è
semplice immaginare l'elettrone come un pianetino che ruota intorno al
suo sole (il nucleo) e allo stesso tempo intorno al proprio asse. È
quest'ultimo movimento che genera lo spin elettronico, una cui
conseguenza è che l'elettrone possiede un momento magnetico intrinseco,
come vedremo meglio nel capitolo successivo. Questa proprietà
dell'elettrone può essere capita anche se si considera che l'elettrone, che è
una carica elettrica, ruotando su se stesso si comporta come una
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piccolissima spira percorsa da corrente, alla quale sempre è associato un
momento magnetico.
Il momento meccanico di spin dell'elettrone, o semplicemente spin , deve
seguire anch'esso, come è per L , le regole di quantizzazione delle
possibili direzioni nello spazio rispetto ad una direzione prescelta. Se
dunque il valore dello spin è s , devono essere possibili (2 s +1)
disposizioni. Le componenti di s lungo la direzione prescelta differiranno
per valori interi e verranno indicati come m s . Poiché però questo quarto
numero quantico deve avere solo due possibili valori per rendere ragione
della struttura fine degli spettri, si deve imporre la condizione che (2 s
+1) = 2 , da cui segue che
m s = ±½ .
Un elettrone dunque possiede un momento angolare orbitale l e un
momento angolare di spin s .
Questi devono essere combinati secondo le regole della somma
vettoriale, dando quindi origine ad un momento angolare risultante
(totale) j tale che : j = l + s .
I valori possibili per j sono dati dal numero quantico interno j = l + m s ,
che quindi può avere solo i seguenti valori: j 1 = l + ½ e j 2 = l - ½.
2.4 Atomo di idrogeno: momento meccanico totale dell'elettrone ed
energia associata
Il numero quantico interno j , per atomi con numero dispari di elettroni
(come è il caso dell'idrogeno), potrà dunque essere solo un semintero,
esprimendo così sinteticamente il fatto che per ogni valore di l ci sono
solo due possibili valori per il momento meccanico totale in presenza di
campo magnetico . Il valore di questa separazione è dato dall'energia
necessaria per ruotare gli spin da un orientamento all'altro rispetto a l nel
campo magnetico dell'orbita. Vediamo meglio come si arriva alla
quantizzazione dei momenti magnetico e meccanico dell'atomo di
idrogeno.
Ad ogni carica che si muova nello spazio descrivendo una superficie
chiusa S può essere associato un momento magnetico vettoriale M = I S ,
dove I è l'intensità della corrente generata dalla carica in movimento. Se
poi questo sistema viene immerso in un campo magnetico uniforme di
intensità B si sviluppa un momento meccanico (responsabile dei moti di
rotazione) τ = M × B . Queste relazioni hanno validità generale.
Nel caso di una particella quale l'elettrone, le relazioni scritte sopra si
trasformano come segue:
M = I S = q ν π r = ½ q ω r (1)
2
2
dove: ν = ω/2π è la frequenza di rotazione della carica q;
I = q ν ; S = π r ; r = raggio dell'orbita.
D'altronde, se la particella ha massa m, il modulo del suo momento
angolare orbitale L sarà:
L = m v r = m ω r (2)
2
2
Combinando la (1) e la (2) si ottiene M l = (q/2m) L
Nel caso dell'atomo di idrogeno, essendo e la carica dell'elettrone e μ; la
sua massa, il momento magnetico orbitale dell'elettrone sarà dato da M l
= (e/2μ ) L .
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Poiché l'elettrone è dotato anche di un momento meccanico di spin S ,
dovuto ad esso ci sarà anche un momento magnetico di spin dell'elettrone
M s = (e/2μ ) γ S .
La costante γ è detta rapporto giromagnetico , e rappresenta il rapporto
tra l'intensità del momento angolare e di spin dell'elettrone.
Il momento magnetico totale sarà dunque la somma dei due momenti
orbitale e di spin :
M t = M l + M s = e/2μ ( L + γ S )
Il contributo dello spin al momento magnetico totale è dunque tanto
maggiore quanto maggiore è il valore del rapporto giromagnetico γ
dell'elemento preso in considerazione. Nel caso dell'idrogeno γ = 42.58
MHz/T , ed è il valore più alto tra quelli degli elementi solitamente usati
in RM.
Se ora il sistema viene immerso in un campo magnetico uniforme B
verrà generato un momento meccanico totale dato da τ t = M t × B che
tenderà a far ruotare il sistema in modo tale che M t e B risultino
allineati. Ovviamente anche τ t risulterà composto da un contributo
angolare legato a L , e da un contributo di spin che comporta una
quantizzazione in direzione.
L'effetto di M l sarà quello di indurre una precessione di L intorno a B ,
con conseguente rotazione dell'orbita, mentre l'effetto di M s sarà quello
di individuare due soli orientamenti possibili nello spazio per l'orbita
stessa rispetto all'asse di B.
L'energia potenziale associata al momento magnetico è data da E p = - M
t · B. A parità di energia potenziale orbitale c'è dunque un contributo
dello spin che rende i due livelli energetici per il momento meccanico
totale leggermente diversi.
3. Fenomeno della Risonanza.
Analogamente agli elettroni, anche i protoni e i neutroni possiedono un
momento della quantità di moto orbitale e di spin. Infatti anche il loro
moto, in una descrizione corpuscolare, può essere rappresentato da una
combinazione di una rotazione lungo un'orbita nel loro moto relativo
all'elettrone, e di una rotazione intorno ad un proprio asse. Dunque anche
il nucleo ha un momento magnetico & 0, e quindi anche la sua energia si
sdoppia in presenza di un campo magnetico. Due o più particelle aventi
spin di segno opposto possono accoppiarsi ed annullare quindi ogni
manifestazione osservabile legata allo spin. In RM sono le particelle con
spin spaiati che risultano importanti per il fenomeno.
3.1 Spin e momento magnetico del protone: transizioni energetiche
e frequenza di Larmor
Se prendiamo in considerazione un atomo di idrogeno, il suo nucleo è
composto solo da un protone, il quale ha numero quantico di spin m s =
1/2. Analogamente a quanto appena visto per l'elettrone, anche il
momento magnetico totale del protone ha solo due possibili orientamenti
nello spazio se viene immerso in un campo magnetico esterno costante.
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Se chiamiamo μ il momento magnetico totale del protone, l'energia
potenziale ad esso associata è data, anche in questo caso, da E p = - μ · B.
Essendo il protone positivo, risulta che E p è minima se μ e B sono
paralleli ( spin concorde con B, m s = 1/2), mentre è massima se sono
antiparalleli ( spin discorde da B, m s = -1/2). La differenza di energia tra
queste due direzioni orientate nello spazio è
ΔE p = 2 (μ z ) p B
e corrisponde al passaggio da m s = 1/2 ad m s = -1/2. È evidente che la
differenza di energia tra questi due stati dipende dall'intensità del campo
magnetico esterno: tanto più intenso è B, tanto maggiore è ΔE p. Può
accadere che un nucleo con energia potenziale corrispondente allo stato
più stabile con m s = 1/2 assorba energia esattamente pari a ΔE p,
passando quindi allo stato energetico superiore e più instabile. Può
accadere poi che esso riemetta la stessa energia sotto forma di fotone hν
con una frequenza di risonanza detta frequenza di Larmor e data da : ν
Larmor = γ B dove γ è proprio il rapporto giromagnetico dell'idrogeno. Il
rapporto giromagnetico serve dunque a quantificare l'importanza del
contributo dato dallo spin alla quantità totale dell'energia di transizione
tra i due orientamenti del nucleo: parallelo al campo magnetico (stabile)
e antiparallelo ad esso (instabile). Inoltre γ rappresenta anche la
frequenza di assorbimento (o emissione ) di energia per l'idrogeno
quando esso è immerso in un campo magnetico di intensità pari a 1T.
L'energia
corrispondente ai due stati energetici con m s = 1/2 e con m s = -1/2, può
essere rappresentata in un diagramma come nella figura a lato, in cui lo
stato più stabile ( m s = 1/2) è quello a energia inferiore, mentre lo stato
più instabile ( m s = -1/2) è a energia superiore. L'intensità del campo
magnetico aumenta verso destra lungo l'asse orizzontale. Come
rappresentato in modo chiaro in figura con una doppia freccia blu, la
differenza di energia tra i due stati è l'energia di transizione ΔE p che
varia in funzione del valore di intensità del campo magnetico esterno B:
per valori maggiori di B la differenza di energia tra lo stato stabile e lo
stato instabile aumenta. Attraverso una modulazione dell'intensità di
campo magnetico è quindi possibile aumentare l'energia ΔE p.
Combinando la definizione di fotone E f = hν con la definizione di
frequenza di Larmor
ν Larmor = γ B, si ottiene che E f = h γ B
dove h = 6.626 · 10 J s è la costante di Plank.
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L'energia del fotone necessaria per causare una transizione dallo stato
stabile a quello instabile è dunque proporzionale anche al rapporto
giromagnetico, oltre che all'intensità del campo magnetico esterno.
Questo è uno dei motivi per cui, fra gli elementi dotati di spin ≠ 0, fu
scelto l'idrogeno quale elemento rispetto al quale costruire l' imaging di
RM, avendo esso il più alto valore per γ.
Quando l'energia E f del fotone incidente sul protone è esattamente
uguale alla differenza di energia tra i due stati a spin opposto ΔE p,
avviene un assorbimento di energia, e lo spin passa dal valore m s = 1/2 a
valore m s = -1/2. Questo implica che il momento magnetico totale μ del
nucleo di idrogeno passa dall'orientamento parallelo a B all'orientamento
antiparallelo a B.
3.2 Statistica di Boltzmann e Magnetizzazione macroscopica
Quando un gruppo di protoni viene immerso in un campo magnetico
statico, ciascuno di essi si allinea parallelamente o anti-parallelamente al
campo in funzione del valore del suo numero quantico di spin m s. La
popolazione dei momenti magnetici nucleari passa quindi da una
distribuzione spaziale casuale in cui non poteva distinguersi alcuna
direzione privilegiata, ad una distribuzione con due soli orientamenti,
quello parallelo al campo esterno e quello antiparallelo ad esso.
A temperatura ambiente, il numero di protoni allo stato energetico
minore (orientamento del momento magnetico totale μ parallelo a B ) è
solitamente di poco maggiore del numero di protoni allo stato energetico
maggiore (orientamento del momento magnetico totale μ antiparallelo a
B ).
La statistica di Boltzmann ci permette di rappresentare la distribuzione
dei nuclei di idrogeno tra il livello energetico inferiore e superiore in
funzione della differenza di energia tra questi due stati. Avremo infatti
che:
N / N = exp (ΔE p / k T)
−
+
dove: N
= numero di nuclei allo stato energetico inferiore
N
=numero di nuclei allo stato energetico superiore
ΔE
=
energia
di
transizione
tra
i
due
stati
p
k = costante di Boltzmann = 1.3181 · 10
J K
T = temperatura assoluta espressa in gradi Kelvin
Possiamo dunque dire che, a temperatura ambiente, N ≈ N .
Definiamo ora la Magnetizzazione Netta Totale, o Magnetizzazione
Macroscopica, come la somma vettoriale dei momenti magnetici
associati ai nuclei di idrogeno, ossia:
M=∑iμi=∑μ −∑μ
in cui i singoli momenti magnetici μ i sono dunque sommati
considerando il loro orientamento nello spazio.
È importante notare a questo punto che, per una popolazione di nuclei di
idrogeno quale quella descritta, la componente di M perpendicolare a B
risulta nulla. Ciò è dovuto al fatto che, se da un lato i singoli μ i possono
avere solo due possibili orientamenti rispetto alla direzione parallela a B
+
−
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+
+
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−
−
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( nell'ipotesi di B ≠ 0 ), dall'altro non esiste alcuna restrizione per il loro
orientamento rispetto alla direzione perpendicolare a B.
Quando dunque si va a calcolare ∑ i μ i, la componente parallela a B,
essendo soggetta alla quantizzazione, sarà M
||
≠ 0 in funzione del
−
rapporto N / N , mentre la componente perpendicolare a B sarà M ⊥ = 0
per motivi di simmetria: infatti, a causa dello sfasamento dei singoli μ i
durante il moto di precessione dei nuclei intorno all'asse del campo B, la
somma delle loro componenti perpendicolari a B risulta nulla. Con
Magnetizzazione Netta Totale si indica dunque in realtà la componente
M ||.
A temperatura ambiente e in assenza di un campo esterno applicato,
essendo vero che N ≈ N si può dire che anche M || ≈ 0. Vediamo ora in
dettaglio cosa succede quando si applica un campo magnetico esterno.
+
+
−
Abbiamo visto che
la differenza
numerica tra le popolazioni di protoni nei due stati energetici è funzione
del valore dell'energia di transizione. Se dunque ΔE p aumenta, aumenta
anche il numero di nuclei nello stato energetico inferiore rispetto a quelli
nello stato energetico superiore, data la maggiore difficoltà di passaggio
spontaneo verso quest'ultimo. Ricordando che il valore di ΔE p dipende
sia dal rapporto giromagnetico γ che dall'intensità del campo B in cui
sono immersi i nuclei, si deduce che è possibile modulare l'ampiezza ΔE
p agendo sia su γ che su B. Si possono dunque combinare questi due
elementi in modo tale da ottenere una buona separazione tra i due stati
energetici. In pratica, essendo il valore del rapporto giromagnetico quello
dell'idrogeno, ossia γ H = 42.58 MHz/T, si agisce solo sull'intensità del
campo B in modo da ottenere N >> N . Il corrispondente valore della
Magnetizzazione Macroscopica sarà quindi:
M || = ∑ i μ i = ∑ μ − ∑ μ > 0.
+
+
−
−
3.3 Genesi di un segnale di Risonanza Magnetica e Campo a
radiofrequenza
Si parla di Risonanza poiché, analogamente al caso acustico, esiste uno
scambio energetico tra due sistemi ad una specifica frequenza tale da
rendere massima l'ampiezza del segnale.
Il segnale in RM risulta dalla differenza tra l'energia assorbita dai nuclei
di idrogeno per effettuare una transizione dallo stato energetico inferiore
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a quello superiore e l'energia che essi emettono in modo simultaneo nella
transizione di ritorno alla condizione di equilibrio. L'intensità del segnale
è dunque proporzionale alla combinazione di due fattori:
1. la differenza numerica tra le popolazione di nuclei nei due stati
(N − N );
2. l'energia di transizione ΔE p, quindi γ e B, come visto nei capitoli
precedenti.
−
+
Vediamo ora come avviene il trasferimento di energia da una sorgente
esterna al sistema di nuclei di idrogeno in modo da realizzare le
condizioni necessarie per rendere massimo il valore della
Magnetizzazione Netta Totale.
I protoni, per poter emettere energia, devono prima assorbirla in modo da
passare allo stato energetico superiore, cioè quello a spin antiparallelo al
campo B. Successivamente, durante la transizione di ritorno allo stato più
stabile ad energia inferiore, essi emettono energia pari a un multiplo N =
(N − N ) di ΔE p. È importante che la emissione di energia avvenga per
tutti i protoni allo stesso istante o comunque in un intervallo di tempo
molto breve, altrimenti, se dovesse durare per un tempo troppo lungo,
essa potrebbe generare un segnale non misurabile.
La condizione per una emissione simultanea di energia alla stessa
frequenza da parte dei nuclei di idrogeno viene realizzata eccitandoli con
l'invio di pacchetti di energia sotto forma di radiofrequenza (rf) alla
frequenza ν esattamente uguale alla frequenza di Larmor.
Supponiamo di avere il sistema di nuclei di idrogeno immerso in un
campo magnetico esterno statico di induzione B tale per cui sia vero che:
ΔE p = hν Larmor = h γ B.
+
−
All'equilibrio,
essendo
−
vero che N >> N , il vettore Magnetizzazione Macroscopica M è
parallelo alla direzione del campo magnetico applicato B, e viene anche
chiamato Magnetizzazione di equilibrio M 0. In questa configurazione,
illustrata nella figura a fianco, la componente di M lungo l'asse Z, che per
convenzione viene scelto come l'asse parallelo alla direzione del campo
B, è M Z = M 0, dove M Z è detta Magnetizzazione longitudinale. Si noti
che non esiste alcuna componente di M sul piano trasversale, ossia M ⊥ =
0 (o anche M X = 0 ed M Y = 0 ), a causa, come abbiamo già visto, dello
sfasamento del moto di precessione dei nuclei intorno a B.
Se ora applichiamo a questo sistema un campo a radiofrequenza,
forniamo al sistema energia sotto forma di pacchetti a radiofrequenza. Se
moduliamo questo campo in modo che la sua frequenza ν sia esattamente
uguale a ν Larmor, si ha un doppio effetto:
+
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1.
fornendo energia ai nuclei
di idrogeno alla frequenza di Larmor, un certo numero di essi
acquisterà energia sufficiente per effettuare la transizione dallo
stato energetico inferiore a quello superiore; questo fatto
microscopico ha come manifestazione macroscopica una
riduzione netta della Magnetizzazione longitudinale M Z poiché
le popolazioni N ed N tornano ad essere quasi uguali, come si
vede nella figura. Inoltre, se si continua a fornire energia al
sistema, è possibile che il numero di nuclei che effettuano la
transizione dallo stato energetico inferiore a quello superiore sia
tale che M Z = 0: in questo caso si parla di "saturazione del
sistema di spin ".
+
2.
−
fornendo
energia
con
frequenza ν = ν Larmor a tutti i nuclei nello stesso istante, si induce
una coerenza di fase nel loro moto di precessione intorno all'asse
di B ; quindi non solo tutti i nuclei precedono intorno all'asse Z
con frequenza pari a ν Larmor, ma sono anche in fase tra di loro.
Questo fatto microscopico implica che non sia più vera la
condizione di orientamento casuale dei momenti magnetici
nucleari nello spazio rispetto al piano trasversale a B.
Conseguentemente, da un punto di vista macroscopico, si ha la
comparsa di una componente netta maggiore di zero della
Magnetizzazione Macroscopica sul piano trasversale a B.
Compare quindi una Magnetizzazione Trasversale M ⊥ ≠ 0, come
si vede nella figura qui sopra.
È necessario osservare che gli effetti dell'applicazione di un campo a
radiofrequenza, descritti ai punti a) e b), in realtà si realizzano
contestualmente. Ciò significa che, durante l'invio dell'impulso a
radiofrequenza, si assiste ad una graduale riduzione della componente M
|| della Magnetizzazione Macroscopica e contemporaneamente ad un
graduale aumento della sua componente M ⊥.
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
L'entità di questo "scambio" tra M || e M ⊥ è proporzionale alla durata
dell'impulso a radiofrequenza: infatti più esso è lungo, maggiore è
l'energia totale trasferita al sistema di nuclei di idrogeno, e quindi un
numero sempre maggiore di nuclei può effettuare il salto energetico ΔE p
e mettersi in fase di precessione intorno a B.
Quando l'impulso è tale che la Magnetizzazione Netta Totale passa tutta
dal piano longitudinale a quello trasversale, ossia quando si verifica che
M || = 0 e M ⊥ ≠ 0, si parla di impulso a 90°.
Quando invece l'impulso dura sufficientemente a lungo, oppure è
sufficientemente intenso, da portare ad una inversione di polarità della
Magnetizzazione longitudinale rispetto alla direzione del campo
magnetico, cioè quando tutti i nuclei effettuano il salto quantico al livello
energetico superiore, si dice che è avvenuto un ribaltamento della
Magnetizzazione Netta Totale. In questo caso la Magnetizzazione
trasversale rimane nulla e si parla di impulso a 180°.
3.4 Free Induction Decay - FID
Una volta eccitato il sistema con l'applicazione di un campo a
radiofrequenza (o di un campo magnetico oscillante B 1 posto
trasversalmente a B ), si interrompe l'invio dell'impulso; a questo punto il
sistema tende a ritornare nella sua condizione di equilibrio, obbedendo
al principio fisico secondo cui qualunque sistema libero da sollecitazioni
esterne tende al suo stato di equilibrio o di minima energia compatibile
con il suo stato dinamico.
Per il sistema di nuclei di idrogeno immersi in un campo magnetico
statico B, la condizione di equilibrio è, come abbiamo già visto, M Z = M
0, e il sistema tende verso questa condizione cedendo all'ambiente esterno
l'energia precedentemente assorbita sotto forma di onda elettromagnetica.
Nel suo processo di ritorno al valore di equilibrio, la Magnetizzazione
trasversale oscilla con una frequenza pari a quella di Larmor. In questo
modo, secondo la legge di Faraday dell'induzione elettromagnetica, si
induce una corrente elettrica (alternata in quanto il campo che la genera è
oscillante) in una bobina ricevente posta sul piano trasversale a M Z.
Questo fenomeno, illustrato
nella figura a fianco, viene chiamato FID (Free Induction Decay) e dura
per tutto l'intervallo di tempo necessario alla Magnetizzazione trasversale
per ritornare al suo valore di equilibrio. Questa corrente alternata
transitoria è proprio il segnale da cui potranno essere formate le
immagini di RM.
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
3.5 Rilassamento T1
Supponiamo ora di aver fornito energia al sistema di protoni con un
impulso a 90°. Una volta sospeso l'impulso, M Z varierà da 0 a M 0 . La
costante di tempo che descrive come M Z ritorni al suo valore di
equilibrio è chiamata tempo di rilassamento spin-reticolo o tempo di
rilassamento longitudinale, ed è indicata con T1. Il nome spin-reticolo
indica come in questo caso l'energia venga restituita dai protoni eccitati
all'ambiente esterno . L'equazione che regola il comportamento di M Z
come funzione del tempo t dopo il suo spostamento dall'equilibrio è
MZ=M0(1−e
−t/T1
)
Il tempo T1 è dunque il tempo richiesto per cambiare la componente
longitudinale della Magnetizzazione Netta Totale di un fattore pari a e
(base dei numeri naturali e = 2,728…), come illustrato nella figura a lato.
Alternativamente, ed equivalentemente, si può definire il T1 come il
tempo necessario per ripristinare il 63% della Magnetizzazione
longitudinale.
Se invece al sistema è stato fornito un impulso a 180°, la
Magnetizzazione Netta Totale tornerà alla sua condizione di equilibrio
lungo l'asse Z ad un ritmo governato da T1 secondo la seguente
equazione (vedi figura a lato):
MZ=M0(1−2e )
In questo caso il tempo di rilassamento T1 è definito come il tempo
necessario per ridurre la differenza tra M Z e M 0 di un fattore e.
Il valore del tempo T1 varia da tessuto a tessuto a causa della differente
efficienza presentata dai singoli costituenti molecolari nel trasferimento
di energia al reticolo che li circonda. Accade così che le molecole di
acqua, essendo più mobili, siano, da questo punto di vista, meno
efficienti di quanto non sia, ad esempio, il tessuto adiposo, il quale quindi
presenta un segnale ad alta intensità nelle sequenze che esaltano il tempo
T1.
−t/T1
3.6 Rilassamento T2
Dopo un impulso a 90° la Magnetizzazione Netta Totale giace sul piano
trasversale e ruota intorno all'asse Z con una frequenza uguale alla
frequenza di Larmor, che è poi la frequenza di precessione dei momenti
magnetici nucleari intorno a B. Tuttavia, in aggiunta a questa rotazione,
la Magnetizzazione Netta subisce un processo di dispersione di fase a
causa delle disomogeneità magnetiche che si determinano intorno ad
ogni singolo momento magnetico nucleare μ i a causa di due fattori:
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
1. un micro-campo magnetico associato ad ogni protone in
rotazione intorno al proprio asse e in precessione intorno all'asse
di B ; questo campo si somma, per il principio di
sovrapposizione, al campo esterno determinando in tal modo
un'alterazione del valore del campo magnetico totale per le
molecole ad esso adiacenti;
2. minime variazioni intrinseche del campo B, che determinano la
presenza di disomogeneità persistenti nel campo esterno
applicato.
Questi fenomeni implicano che, con il passare del tempo, ogni momento
magnetico nucleare μ i ruoterà intorno a B con una sua propria frequenza
di Larmor, leggermente diversa da quella dei μ i ad esso adiacenti e
rispetto ai quali sarà quindi sfasato. Questo processo, che continua fino
ad uno sfasamento completo dei momenti magnetici nucleari, si traduce
macroscopicamente in una graduale riduzione del valore della
Magnetizzazione trasversale.
La costante di tempo che descrive la graduale riduzione della
Magnetizzazione trasversale fino al valore zero a causa dello sfasamento
dei momenti magnetici nucleari è chiamata tempo di rilassamento spinspin ed è indicata con T2.
L'equazione che regola il comportamento della Magnetizzazione
trasversale come funzione del tempo t dopo il suo spostamento
dall'equilibrio è
M XY = M XY 0 e
−t/T2
Il tempo T2 è, in pratica, il tempo necessario per ridurre la componente
trasversale della Magnetizzazione Netta Totale di un fattore pari a e,
come illustrato nella figura a lato. Alternativamente si può dire che il T2
è il tempo necessario per ridurre del 63% la Magnetizzazione trasversale.
Si noti che T2 è sempre minore o uguale a T1. È necessario precisare che
il T2 così definito si riferisce esclusivamente all'effetto delle interazioni
tra i nuclei di idrogeno. In questo caso si parla di T2 puro.
Quando si tiene conto anche dell'effetto delle disomogeneità del campo
esterno B si parla di T2 disomogeneo, che viene indicato con T2* e che si
rapporta al T2 secondo la relazione seguente:
1/ T2* = 1/ T2 + 1/ T2 disomogeneo
Anche il tempo T2, come il T1, varia notevolmente in funzione del tipo
di molecola prevalente nel tessuto analizzato. I diversi valori di T2
saranno dovuti alla maggiore o minore rapidità con cui si realizza la
dispersione di fase dei momenti magnetici nucleari delle varie molecole.
Ad esempio nei tessuti con prevalenza di macromolecole la dispersione
di fase avverrà molto rapidamente data la rigidità della struttura che
determina una facile creazione di campi magnetici molecolari. Al
contrario nel caso di campioni liquidi la coerenza di fase sarà mantenuta
a lungo.
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
È importante ricordare che i processi di rilassamento T1 e T2, pur
essendo stati illustrati separatamente per chiarezza, avvengono tuttavia in
modo simultaneo: infatti, contemporaneamente alla riduzione di M XY che
tende a zero, M Z cresce per tornare al valore iniziale M 0.
In sintesi, nella genesi di un segnale di RM possono essere distinte tre
fasi:
1. incremento della popolazione di protoni nello stato energetico
inferiore per aumentare la quantità di energia totale da fornire al
sistema (e che verrà successivamente emessa dal sistema stesso)
agendo sull'intensità del campo magnetico statico applicato B ;
2. eccitazione del sistema di protoni tramite bombardamento con
pacchetti di energia sotto forma di radiofrequenza alla specifica ν
Larmor ;
3. registrazione del segnale in uscita a seguito del rilassamento del
sistema che tornando al suo stato di equilibrio emette l'energia
precedentemente assorbita sotto forma di radiazione oscillante.
Bibliografia
1. Max Born Fisica Atomica Boringhieri , Torino 1976
2. L.D. Landau - E.M. Lifsits Meccanica Quantistica Editori
Riuniti , Roma 1976
3. R.R. Edelman - J.R. Hesselink Clinical Magnetic Resonance
Imaging W.B. Saunders Company , Philadelphia (USA) 1990
4. D.D. Stark - W.G. Bradley Magnetic Resonance Imaging Mosby
Year Book , St. Louis (USA) 1992
5. J.P. Hornak The Basics of NMR Center for Imaging Science Rochester Institute of Technology Publ. (USA) 1997
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
SEQUENZE D'IMPULSI IN RISONANZA MAGNETICA
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
Sequenze d'impulsi in Risonanza Magnetica
SPIN ECHO
Inversion Recovery
Field Echo (Gradient Echo)
Concetto di K space
Turbo Field Echo (TFE)
Turbo Spin Echo
EPI (Echo Planar Imaging)
Lista degli acronimi in RM
SEQUENZE D'IMPULSI IN RISONANZA MAGNETICA
Una considerevole energia è stata spesa dai costruttori e ricercatori di
Risonanza Magnetica per sviluppare sequenza d'impulsi per incrementare
la qualità dell'imaging. Per alcuni versi, questa energia è stata guidata dai
proprietari, venditori e interessi di marketing che ha avuto come risultato
una pletora di acronimi, dei quali è difficile tenere traccia. Per quanto
riguarda gli acronimi verrà mostrato uno schema suddiviso per le
principali ditte costruttrici che rappresenta le varie sequenze oggi
adottate.
In principio saranno trattate le sequenze che oggi sono, sicuramente,
presenti in ogni sistema (Spin Echo, Inversion Recovery e Gradient echo)
, per poi passare a quelle che hanno rivoluzionato l'imaging e cioè le
sequenze veloci (Turbo Spin Echo), fino ad arrivare a quelle ultrafast
(Ecoplanari).
La terminologia che sarà adottata prevede delle abbreviazioni:
SE (Spin Echo)
IR (Inversion Recovery)
FFE (Gradient Echo)
TFE (Turbo Gradient Echo)
TSE (Turbo Spin Echo)
EPI (Ecoplanari)
SPIN ECHO
In questa sequenza, viene applicato un impulso di Radiofrequenza di 90°
che ruota la magnetizzazione longitudinale (lungo il campo B0) sul piano
trasversale (x, y). La precessione avviene sotto l'influenza di gradienti di
campo, Gx, dove x è il gradiente di lettura o gradiente di codifica di
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
frequenza e Gy, dove y è direzione del gradiente di codifica di fase
(chiamata talvolta, direzione di preparazione).
Fig. 1: Il grafico mostra la rotazione della magnetizzazione lomgitudinale sula
piano trasversale dopo l'applicazione di un impulso di 90°.
Un impulso di 180°, successivamente, ruota la magnetizzazione intorno
agl'assi x,y, dopo il quale il gradiente di codifica di frequenza viene di
nuovo acceso. La precessione continua nella stessa direzione, fino a
quando gli spins si incontrano per formare il massimo segnale "Echo
top", dopo un tempo uguale alla differenza di tempo tra gli impulsi a 90°
e 180°.
Fig. 2: Schema della sequenza Spin Echo, dove sono rappresentati i gradienti di
selezione, codifica e frequenza, rispettivamente Gz, Gy, Gx.
L'intervallo tra l'impulso a 90° e il picco del primo echo viene chiamato
TE (tempo di echo) . Ripetendo l'impulso a 180° ad intervalli uguali al
TE si generano degli echi ad intervalli simili, ma con ampiezza
decrescente (Multiecho).
L'intervallo tra gli impulsi di eccitazione di 90°, quando vengono ripetute
successive misurazioni, viene chiamato TR (Tempo di Ripetizione). Fig2
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
Fig. 3: Sequenza Spin Echo. La magnetizzazione dopo essere stata messa sul
piano trasversale dall'impulso a 90°, decade, dovuta alla perdita di coerenza
degli spins. L'impulso di 180° permette il rifasamento e la rigenerazione del
segnale sotto forma di echo.
Applicando una trasformata di Fourier a entrambe le informazioni del
gradiente di frequenza e quello di fase, permette a ogni voxel (elemento
di volume) di essere unicamente localizzato spazialmente e assegnato ad
una scala di grigi basata sulle caratteristiche T1 o T2 e densità protonica
o di flusso.
Parametri usati in SPIN ECHO:
TE CORTO
TE LUNGO
TR CORTO
T1 W
Mixed
TR LUNGO
PDW (Densità protonica)
T2W
Inversion Recovery
Per produrre un segnale MR influenzato dal T1, viene applicato un
impulso di RF perpendicolarmente alla direzione del campo principale,
con sufficiente ampiezza e durata per invertire la magnetizzazione.
Fig. 1: Sequenza Inversion Recovery
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
Alla cessazione dell'impulso RF, gli spins cominciano a ri-orientarsi
verso la direzione del campo magnetico statico. Questo processo di
rilassamento, se non disturbato, continua fino a che l'equilibrio non viene
ricreato. La magnetizzazione resta orientata lungo l'asse z e non precessa.
Quindi il T1 non può essere misurato direttamente. La magnetizzazione
deve essere prima ruotata sul piano x,y.
Questo si ottiene dall'applicazione di un impulso di 90° che permette la
misurazione del segnale.
Fig. 2: Comportamento dei tessuti con T1 breve e lungo tra l'impulso a 180° di
inversione e l'impulso a 90°.
Il tempo tra l'impulso di inversione di 180° e l'impulso a 90° viene
chiamato tempo di inversione (TI). Tessuti con T1 corto recuperano il
loro equilibrio prima che l'impulso a 90° venga applicato e quindi
contribuiscono ad un alto segnale nel'immagine, mentre tessuti con T1
lungo contribuscono pochissimo al segnale nell'immagine. Il tempo di
ripetizione (TR), in questa sequenza deve essere relativamente lungo per
permettere a tutti i tessuti di riguadagnare la loro magnetizzazione
originaria.
Il valore del TI è uno dei fattori che determinano il contrasto
nell'immagine. Un particolare tipo di contrasto può essere ottenuto
usando diversi tempi di inversione.
Alcune di queste sequenze, quali STIR (Short Time Inversion Recovery)
e FLAIR (Fluid Attenuated Inversion Recovery), impiegano diversi
tempi di inversione.
Nel caso della sequenza STIR, la scelta di un tempo di Inversione breve
(120-150ms, dipendente anche dal campo magnetico), viene usato per
sopprimere il segnale del grasso. Nella sequenza FLAIR, oggi
notevolmente usata nell'imaging con RM, il tempo di inversione è
particolarmente lungo per sopprimere fluidi o tessuti con T1 lungo.
Field Echo (Gradient Echo)
Questo tipo di sequenza differisce principalmente dalla SE, per la
sostituzione dell'impulso a 180° di rifasamento degli spins, con un
impulso generato da un gradiente.
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
Fig.1
Questo importante metodo di imaging, viene chiamato Field Echo. Le
caratteristiche principali di questo metodo sono, prima di tutto la
riduzione del tempo necessario per generare un echo, di conseguenza si
possono utilizzare tempi di eco più corti. Questo, però, ha degli
svantaggi: gli effetti della inomogeneità del campo magnetico e meno
evidente nella SE per la presenza dell impulso a 180°, mentre nella FE, i
problemi di imaging causati dallo sfasamento degli spins sono molto più
frequenti. A prescindere, comunque dalla inomogeneità del campo
magnetico in se stesso, ci può essere anche inomogeneità provocata dalla
variazione della suscettibilità del paziente dovuta all'aria; l'interfaccia
tissutale, vicino a cavita aeree (seni paranasali), può provocare
localmente degli incrementi nello sfasamento degli spins in un voxel.
Questi effetti, chiamati off-resonance, sono aggiunti al decadimento T2, e
la risultante della combinazione è descritta come T2*(star). In pratica per
evitare deterioramento del segnale nella sequenza FE si dovrebbe
lavorare con tempi di eco corti (Fig. 1).
Altra caratteristica distinta della FE, è l'effetto provocato quando l'acqua
e il grasso, che hanno una precessione giromagnetica che differisce di
3.5ppm (parti per milione), sono contenuti nello stesso voxel. Questo può
causare linee nere che circondano i tessuti, con decremento del segnale
dal voxel che contiene entrambi.
Questo effetto varia a determinati tempi di eco e campi magnetici.
A 0.5T(Tesla), l'acqua e il grasso sono in opposizione di fase quando il
TE è un multiplo dispari di 6.9ms (3.45ms a 1.0T e 2,3ms a 1.5T).
Parametri in Field Echo
Flip Angle (α)
TE (ms)
T1W
Large (45-90)
Short (8-15)
T2W
Small (5-20)
Long (30-60)
PDW
Small (5-15)
Short (8-15)
Concetto di K space
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
Il concetto di K-space è spesso impiegato nella discussione di come si
realizzano i dati di acquisizione. Il K-space è la rappresentazione dei dati
grezzi di un immagine acquisita come matrice bidimensionale di punti.
Le coordinate di ogni punto rappresentano un'unica combinazione di
frequenze (Kx) e fase (Ky) che corrisponde all'integrale di tempo dei
gradienti di frequenza e codifica rispettivamente.
Le strutture che hanno i contorni ben netti sono descritte come alte
freqeunze spaziali, quelle con meno dettagli, invece, sono descritte come
basse frequenze spaziali. La porzione centrale del k-space contiene le più
basse frequenze spaziali, che principalmente contribuiscono al contrasto
nell'immagine. La porzione esterna del k-space contiene le frequenze più
alte, che determinano la risoluzione dell'immagine.
Ogni punto del k-space non corrisponde direttamente ad un singolo punto
nell'immagine risultante, ma ogni punto contribuisce all'aspetto totale
dell'immagine risultante.
Fig.1: Rappresentazione grafica del K-space.
Il metodo con il quale le frequenze spaziali sono collezionate determina
la traiettoria del k-space. La traiettoria del k-space in una sequenza
d'impulsi deve coprire tutti i punti lungo la frequenza (Kx) e la fase (Ky),
per generare un immagine completa.
Con una sequenza standard SE o FE, dopo ogni impulso di eccitazione
RF, che corrisponde ad un profilo di codifica di fase, i dati collezionati
contengono tutte le informazioni di frequenza lungo ogni singola linea
del Ky. Questo processo deve essere ripetuto per tutte le linee della
codifica di fase (Ky), fino a quando tutti i dati sono acquisiti, dopo di che
comincia la ricostruzione.
Il tempo di acquisizione è così uguale a:
(Np) x TR x NSA x pacchetti
dove Np rappresenta il numero delle linee e NSA il numero di quante
volte i profili vengono eccitati.
L'acquisizione delle traiettorie del k-space per il fast imaging, sono
differenti dall'imaging tradizionale. Invece di acquisire delle linee singole
di fase (Np) sono generate delle linee multiple da ogni singola
eccitazione. Per fare ciò, però, sono necessarie particolari forme d'onda
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
generate da gradienti ad alto campo. Questi gradienti sono
particolarmente utilizzati nell'imaging ecoplanare, di cui verrà discusso
più avanti.
Turbo Field Echo (TFE)
La tecnica turbo field echo (TFE) permette all'imaging gradient echo di
utilizzare tempi di ripetizone (TR) e tempi di eco (TE) molto brevi.
Questa tecnica è ottimizzata per ottenere una elevata qualità d'immagine
con tempi di scansione molto brevi. Le maggiori applicazioni
diagnostiche di queste sequenze, sono per la riduzione degli artefatti
respiratori e il movimento peristaltico addominale.
La principale differenza con la tecnica standard gradient eco (FE), sta
nell'acquisizione dell'immage che avviene metntre si approccia al
cosiddetto steady state, vale a dire, lo stato di equilibrio costante degli
spins. Questo steady state, si ottiene quando la magnetizzazione lungo
l'asse B0, dovuta all'impulso di eccitazione di RF, eguaglia il
rilassamento, dovuto al T1, durante ogni Tempo di ripetizione.
Fig.1: Flip Angle Sweep. La sequenza TFE utilizza un approccio meno drastico
allo steady state. La scansione comincia con un flip angle basso. Durante la
scansione il flip angle incrementa fino all'angolo specificato nei parametri di
sequenza. Il flip angle sweep permette l'uso di flip angle più larghi senza
l'introduzione di artefatti nell'immagine, con, tuttavia, un aumento del rapporto
segnale rumore e del contrasto.
Il contrasto nelle sequenze TFE viene manipolato con l'utilizzo di
prepimpulsi, oltre che con i normali parametri di TR, TE e Flip Angle.
Questi preimpulsi contribuiscono ad un miglioramento del contrasto in
T1 e T2, mediante l'aggiunta di impulso aggiuntivo, chiamato spoiled,
particolarmente rilevante nelle sequenze T1.
L'effetto migliore dei preimpulsi si ottiene quando il tempo per il profilo
K0 del k-space, che corrisponde al contrasto, è corto.
Il tempo dal preimpulso al profilo K0 viene definito tempo di ritardo o
delay time.
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
Fig.2: Tipi di preimpulsi utilizzati nelle sequenze TFE.
I preimpulsi utilizzati nelle sequenze TFE possono essere di due tipi per
la pesatura in T1.
Impulso di Inversione a 180°.
Impulso di Saturazione a 120°.
Un impulso di inversione, in TFE, lavora come nelle sequnze Inversion
Recovery. Il segnale è invertito e ritorna all'equilibrio per effetto del
campo magnetico statico. I tessuti con differenti T1 presenteranno
diverse curve di recupero; per esempio il tessuto che al momento del
profilo K0 attraversa lo 0 nonp resenterà segnale.
L'impulso di saturazione, invece, riduce la pesatura in T1.
Turbo Spin Echo
L'imaging con il metodo di acquisizione Turbo Spin Echo (TSE),
permette di ottenere immagini Spin Echo, mediante l'acquisizione di più
profili per ogni eccitazione, portando quindi ad un notevole calo del
tempo di scansione, rispetto alla tecnica convenzionale SE. Oggi le TSE
sono diventate parte dell'imaging di routine grazie all'elevata possibilità
di ottenere immagini anche con alta risoluzione.
Il metodo classico Spin Echo è basato sull'acquisizione di un singolo
profilo per eccitazione (TR). Con una matrice 256*256, questo richiede
256 eccitazioni per poter acquisire tutti i 256 profili necessari per
produrre l'immagine.
La TSE, quindi adotta l'acquisizione di multipli profili del K-space per
eccitazione combinando il tutto con la tecnica multislice (vedi fig.1)
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
Fig.1: Tecnica Multislice, in un TR vengono misurate più fette.
Nella TSE sono impiegati un numero di impulsi consecutivi a 180° per
eccitazione, e viene misurato un echo dopo ognuno di questi impulsi, che
corrispondo anche ad un numero di profili. Ogni gruppo di profili viene
chiamato shot o segmento. Il numero dei profili misurati per ogni
eccitazione viene chiamato TURBO FACTOR.
I segmenti sono acquisiti ad intervalli regolari (TR) fino a completare
l'immagine.
Fig. 2: Il metodo Turbo Spin-Echo
Il Turbo Factor regola, quindi, il numero dei profili acquisiti per TR e
tuttavia è possibile acquisirli tutti in una singola eccitazione dando vita a
quella che viene chiamata sequenza single-shot.
Il contrasto nell'immagine viene determinato dai profili vicini allo K0 nel
K-space. Il punto nel quale questi vengono misurati viene chiamato
Tempo di Eco effettivo ed è quello che viene generalmente immesso nei
parametri di sequenza per ottenere il contrasto desiderato.
Per ottenere immagini in T2 il tempo di eco effettivo deve essere lungo,
es:150ms o più lungo per immagini estremamente pesate in T2. Un
immagine in densità protonica richiede un tempo di eco effetivo più
corto, es.: 20-30ms; mentre un tempo ancora più corto, es.:12ms si
utilizza per immagini pesate in T1.
Come abbiamo già avuto modo di ribadire più volte, in precedenza,
l'ordien dei profili più bassi sono responsabili del contrasto
nell'immagine, quindi l'ordine con cui vengono misurati è molto
importante.
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
Fig. 3: Rappresentazione di un ordini di profili lineare.
Come rappresentato nella fig.3 l'ordine di acquisizione lineare comincia
vicino al valore Ky minimo e i profili sono misurati verso il valore Ky
massimo.
Nella figura successiva (fig.4) l'ordine dei profili comincia intorno al K0
e la misurazione avviene in modo alternato. In questo caso un tempo di
eco effettivo corto sarebbe l'ideale perchè i profili intorno al K0 sono
acqisiti all'inizio della sequenza.
Fig. 4: Rappresentazione dell'ordine di acquisizione low-high
L'ordine di profili lineare generalmente viene utilizzato per sequenze T2
pesate. Le sequenze T1 e PD (densità protonica) fanno uso dell'ordine di
profili low-high.
Nell'applicazione diagnostica le TSE possono essere usate in tutte le parti
del corpo, e là,dove sono necessari tempi di scansione più brevi abbinati
ad un'elevata qualità d'immagine.
Le sequenze TSE sono anche utilizzate in combinazione ad altri metodi
di acquisizione come le Inversion Recovery generando così, le Turbo
Inversion Recovery (IR-TSE). Come nelle standard IR, la sequenza
comincia con un impulso a 180°, che inverte la magnetizzazione. Dopo il
tempo di inversione definito (TI), viene generato l'impulso di eccitazione
TSE con il treno di echi relativo.
Un esempio di queste applicazioni IR-TSE viene fatto con le sequenze di
soppressione del grasso STIR e soppressione dei fluidi,come il fluido
cerebro-spinale (FLAIR).
Un aspetto tipico delle TSE pesate in T2, è la presenza del grasso
iperintenso; a questo scopo le sequenze di soppressione del grasso
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
(FATsat) o SPIR sono impiegate nella routine. Queste sequenze sono da
non confondere con le STIR, perchè nelle SPIR l'impulso di soppressione
è ottimizzato sulla frequenza individuale del grasso.
Lo svantaggio di queste sequenze e la non omogenea soppressione in
presenza di parti metalliche, come nelle protesi dentarie o mascara, e in
quando si uilizzano campi di vista molto ampi (FOV's).
EPI (Echo Planar Imaging)
L'imaging Ecoplanare, è conosciuto, come un metodo rapidissimo di
acquisizione, che colleziona tutti i profili, in una eccitazione o shot.
Nell'imaging ecoplanare, viene prodotto un treno di echi dal rapido
cambio di polarità del gradiente di lettura. Le EPI oggi rappresentano le
più veloci tecniche di acquisizione disponibili in Risonanza Magnetica.
Come descritto nel capitolo riguardante il K-space, le traiettorie di
acquisizione dei profili devono coprire tutti i punti lungo le linee Kx e
Ky (frequenza e fase), per generare un immagine completa. Nelle
ecoplanari le traiettorie sono collezionate in modo diverso rispetto alle
tecniche convenzionali. Linee di codifiche di fase multiple, vengono
misurate da una singola eccitazione RF,invece che una singola. Per poter
ottenere questo, sono necessari gradienti, con forme d'onda particolari.
Fig.1: Traiettoria del K-Space nella sequenza EPI
Come si può vedere dalla fig.1 in questo metodo di attraversamento del
K-space, chiamato blipped, viene impiegato un impulso positivo del
gradiente di lettura Gx, che attraversa lo spazio da sinistra a destra, poi il
primo blip positivo del gradiente di fase Gy, insieme ad un'inversione del
Gx, provoca il movimento da destra a sinistra nel K-space. Questo viene
ripetuto fino al completo campionamento dello spazio.
Se il segnale ottenuto, deriva solamente dal gradiente di rifocalizzazione
la tecnica viene chiamata gradient-EPI (FE-EPI). Quest'ultima risulta,
però molto sensibile agli effetti di suscettibilità, ed è un vantaggio
nell'imaging funzionale (Perfusion). Un modo per poter ridurre questi
effetti di suscettibilità, sta nell'aggiunta di un'impulso di 180° dopo
quello di 90°, e in questo caso si parla di SE-EPI.
Tuttavia le EPI sono considerate come un metodo di fast imaging per le
tecniche di scansione esistenti.
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
I metodi di acquisizione in EPI sono principalmente due: Single Shot o
Multi Shot.
Nelle Single Shot le informazioni necessarie per ricostruire un'immagine
sono ottenute da una sigola eccitazione.
Ogni linea trasversale del K-space è misurata da un impulso positivo e
negativo del gradiente di lettura. Questo numero di linee viene chiamato
EPI factor.
Nelle single shot, il tempo di acquisizione è limitato dal tempo di
rilassamento T2 del tessuto e dalle inomogeneità (errori di fase) causate
dai gradienti, che limitano la risoluzione d'immagine. Per questa ragione
la velocità di campionamento deve essere la più veloce possibile. I tessuti
con tempi di rilassamento T2 più corto del tempo di acquisizione
conduce ad una situazione dove il segnale è gia scomparso prima del
campionamento dei valori di Ky, provocando immagini offuscate. Un
altro problema è provocato dai ghosting (immagini fantasma), derivanti
dalle discontinuità di fase provocate dall'attraversamento rapido da
sinistra a destra e viceversa del K-space.
Praticamente, le single shot, possono essere acquisite con gradienti ad
alto campo e con bassa rsioluzione d'immagine.
Con l'avvento di quest'ultimi, le EPI single shot sono diventate molto
utili nelle applicazioni funzionali cadiache e cerebrali.
Nelle EPI multi shot, invece il numero di profili campionati e quindi
l'EPI factor è limitato. Di conseguenza gli errori di fase e gli
offuscamenti (blurring) nel'immagine sono ridotti. Lo svantaggio sta nel
tempo di scansione più lungo; anche se di contro c'è la possibiltà di
eseguire questa tecnica anche su normali scanner privi di gradienti ad
alto campo.
Fig. 2: Sequenza EPI
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PRINCIPI FISICI DI RISONANZA MAGNETICA
Lista degli acronimi in RM
Spin Echo
PHILIPS
GE
SIEMENS
PICKER
SE
SE
SE
SE
MSE
MEMP&
CSMEMP
RASE
VEMP&
CSVEMP
TSE
HASTE
FAME
TSE
ME
FSE
LASE
POMP
Inversion Recovery
IR
IR
IR
IR
IR in MS
mode
MPIR
IR in MS
mode
IR in MS
mode
STIR
STIR
STIR
IR-TSE
IR-FSE
IR-TSE
FLAIR
FFE
GRASS,GRE
FISP,GRE
FAST-II
CE-FFE T1
SPGR
FLASH
T1-FAST
CE-FFE T2
SSFP
PSIF, True
FISP
CE-FAST
TFE
Rapid SPGR
Turbo Flash
3D-TFE
FGRE
MP Rage
STIR
Gradient Echo
Fast Scan Tecniques
Phase Imaging
Reduced Imaging
Keyhole
GRASE
TGSE
EPI
EPI
EPI
EPI
TSE
FSE
TSE
FAME
Phase
Imaging
Phase Imaging
Phase
Imaging
Phase
Imaging
Halfscan
HalfNEX
Half Fourier
Phase
Conjugate
RFOV
RFOV
RFOV
Sym
REST
SAT
PreSAT
PreSAT
FLAG,FC
GMC,FC
GMR
MAST
PEAR
EXORCIST,RSPE ROPE
RAM
Saturation Band
Motion Compensation
SMART
RC,RT
Fat and Background
Suppr.
MR Angio
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SPIR
CHEMSAT
FATSAT
FATSAT
Inflow
TOF
TOF
TOF
PCA
PC
PC
PC
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Multi-chunk
MOTSA
MOTSA
TONE
Ramped RF
TONE
MTC
MTC
MTS
Slab Stacking
MTC
CVP
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