V - FILOSOFIE DEL DOPOGUERRA IN ITALIA 1.- Fine dell’idealismo Nell’immediato dopoguerra l’idealismo, che aveva dominato la cultura italiana per quasi mezzo secolo (nel campo letterario e culturale in genere con Croce, in quello filosofico e universitario in particolare con Gentile) conobbe un rapido declino. L’idealismo, in effetti, aveva rinnovato la cultura italiana dopo la crisi del positivismo, e l’aveva anche collegata alla cultura europea, ma Nella nuova situanell’ambito di una problematica tradizionale, come dimostrazione del Dopova specialmente la sua incomprensione della scienza; ciò finì guerra, l’idealiper chiuderlo in una serie di formule generiche, che si rivelarono smo, pur conservando una presempre più insufficienti a far comprendere la realtà: il mutasenza nella cultumento della situazione civile, che confermò questa insufficienra, ha conosciuto za sia in Gentile che in Croce, segnò il suo declino. il declino. Solo L’influenza di Croce (divenuto presidente del rinnovato alcuni esponenti della “sinistra” Partito liberale) rimase in effetti viva per tutti gli anni (come Spirito e Cinquanta tra i cultori di letteratura e di arte, ma pochi furono Calogero) hanno i continuatori della sua filosofia: tra essi CARLO ANTONI saputo affrontare (1896-1959), che sostenne lo storicismo contro le nuove i problemi dei tempi nuovi; gli “scienze umane”, ADELCHI ATTISANI, interessato alla proesponenti della blematica estetica e morale, ALFREDO PARENTE (fondatore “destra”, si sono nel 1964 della “Rivista di studi crociani”), VINCENZO volti quasi tutti CILENTO e VITTORIO ENZO ALFIERI, studiosi del pensiero allo spiritualimo. antico, e RAFFAELLO FRANCHINI, studioso di logica e di teo335 ria della previsione. Più rapida e definitiva fu l’eclissi dell’attualismo, anche per le sue implicazioni col fascismo. Tra i rappresentanti della “sinistra” continuarono ad essere presenti nella filosofia italiana, dall’università di Roma, Spirito e Calogero. Spirito continuò a sviluppare i temi del “problematicismo”, approfondendo anche l’esame dei “caratteri del nostro tempo”, come l’onnicentrismo, l’accelerazione e la uniformità. Calogero sviluppò una “filosofia del dialogo” (che ha presentato come un “neosocratismo”) come “chiarimento delle condizioni di compossibilità” dei diversi punti di vista; in essa il dialogo risulta principio dello stesso “logo”, ma è finalizzato anzitutto a fondare la convivenza (problema molto sentito negli anni Cinquanta). I seguaci della “destra” gentiliana, come si è accennato, continuarono a sviluppare una serie di ripensamenti dell’idealismo in senso trascendentistico e spiritualistico, e buona parte di essi finì per riaccostarsi al cattolicesimo. Oltre ad Armando Carlini, alla problematica dell’esistenzialismo fu aperto anche LUIGI STEFANINI (1891-1956), che orientò il suo spiritualismo in senso per- sonalistico (ispirato a Mounier). Una forma di spiritualismo fu anche quella elaborata da AUGUSTO GUZZO (1894-1986), che non veniva dall’idealismo, ma lo ebbe sempre come punto di riferimento. Guzzo si era opposto per tempo all’idealismo (Sic vos non vobis, 1936), rifiutando la riduzione dell’individuo all’universale della ragione (L’io e la ragione, 1947); si definì però sempre idealista, considerando l’universale come il riferimento necessario dell’individuo e l’origine della sua tensione al superamento di se stesso, sia nella conoscenza che nella moralità; La moralità è il titolo di un suo volume del 1950, La scienza quello di un vasto studio del 1955, dedicato soprattutto all’esame dei processi mentali della scienza, individuati nella dialettica ipotesi-sperimentazione. Docente a lungo nell’università di Torino (dove fondò anche la rivista “Filosofia”), Guzzo vi formò una scuola, da cui provengono studiosi come FRANCESCO BARONE (1923-2003) e VITTORIO MATHIEU (1923). Tra gli spiritualisti, Guzzo ha illustrato quale caratteristica dell’uomo, sia nella conoscenza sia nell’azione, la tensione verso l’universale. Analogamente Sciacca ha cercato nell’interiorità un rimando oggettivo, ispirandosi a Agostino e a Rosmini. Una importante attività svolse il Centro di studi filosofici cristiani di Gallarate. 2.- Spiritualismo e neotomismo Nel secondo dopoguerra, tuttavia, l’esponente dello spiritualismo più attivo sia in campo teoretico che in campo storiografico, è stato MICHELE FEDERICO SCIACCA (19081974). Egli approdò presto allo spiritualismo (cui poi diede un coronamento cristiano), ma all’interno dello spirito individuale cercò sempre un principio oggettivo, che sviluppò ispirandosi prima a s. Agostino, poi a Rosmini (oggetto di studi organizzati dal centro di Stresa). Tra i suoi molti scritti i più importanti sono Interiorità oggettiva (1951), Atto ed essere (1956), Filosofia e metafisica, 1959, Morte e immortalità, 1959, La libertà e il tempo. Docente a Genova (dove diresse anche la “Rivista di metafisica”), Sciacca ha avuto una numerosa scuola. Nel 1945 un certo numero di filosofi cristiani organizzò un incontro a Gallarate su “Orientamenti contemporanei della filosofia cristiana e delle filosofie non cristiane”; ne nacque il “Centro di 336 studi filosofici cristiani”, di cui furono promotori F. Battaglia, A. Guzzo, U.A. Padovani, M.F. Sciacca, L. Stefanini e segretario C. Giacon. Oltre a una serie di incontri annuali, risultato dell’attività del Centro fu una Enciclopedia filosofica (1950-58, ampliata in successive edizioni), cui si affiancò (sempre diretta da cattolici) la Grande antologia filosofica. Negli anni Cinquanta, l’orientamento spiritualistico ha finito per annoverare nelle sue fila la maggioranza dei pensatori formatisi nel periodo idealista, fossero essi di matrice idealistica o cattolica, e di inclinazione prevalentemente teoretica o prevalentemente morale. La prima prevalse in VINCENZO LA VIA (1895-1982), fondatore della rivista “Teoresi” (teorico di un “assoluto realismo”) e in CARMELO OTTAVIANO (1906-1980), fondatore della rivista “Sophia” (teorico di una “metafisica dell’essere parziale”, che necessariamente rimanda all’essere assoluto). L’inclinazione morale prevalse in RENATO LAZZARINI (1891-1975), che cercò una risposta, etica e metafisi- ca, al problema del male, in una prospettiva soteriologica. Da parte sua, FELICE BATTAGLIA (1902-1977) approfondì i problemi del senso della storia, di cui considerò punto di riferimento i valori (“La storia... sta nel mezzo, sostenuta dai valori”), e la stessa tematica affrontò NICOLA PETRUZZELLIS (19101988). Una forma di spiritualismo è stata anche la “filosofia dell’ascesi” (di ispirazione schopenhaueriana) svolta da TEODORICO MORETTI COSTANZI (1912-1994). Accanto allo spiritualismo, nel pensiero cattolico è stata vivace la presenza del neotomismo, i cui esponenti hanno fatto riferimento al Centro di Gallarate, ma si sono anche organizzati autonomamente: tra essi, l’ex discepolo di Martinetti UMBERTO A. PADOVANI (1894-1968), fautore di una posizione “non esigenziale, postulatoria, fideistica”, ma razionale, e perciò convinto che della storia non si dà filosofia ma solo teologia (essendo il suo senso fondato sulla rivelazione), e il gesuita CARLO GIACON (1900-1984), studioso di Aristotele. Dalla neoscolastica partì CARLO MAZZANTINI (18951971), poi passato all’esperienza dell’esistenzialismo. Il pensiero cattoliCaratteristica del neotomismo, anche nel secondo dopoco è stato rappreguerra, è stata la ricerca storiografica, in cui si sono distinti sentato anche dal MARIANO CAMPO (Kant), CORNELIO FABRO (Kierkegaard) neotomismo, connotevoli studi stoe SOFIA VANNI ROVIGHI (Kant, Husserl, la Scolastica). rici. Bontadini ha Come nell’anteguerra, i loro studi hanno avuto anche un intencriticato il soggetto critico, volto non più contro l’idealismo, ma contro l’esistenziativismo della filolismo, il neopositivismo e il marxismo, in difesa della metafisica e delsofia moderna e presentato la la teologia. - Nell’ambito della Cattolica si sono formati anche metafisica come pensatori come CARLO ARATA, VIRGILIO MELCHIORRE, esito necessario EVANDRO AGAZZI, ADRIANO BAUSOLA. delle contraddiTra i pensatori legati al neotomismo (o, più in generale, alla zioni dell’esperienza. Tale esito neoscolastica), GUSTAVO BONTADINI (1903-1990), docente è stato sostenuto alla Cattolica, si è distinto per essersi rifatto alla metafisica da M. Gentile sul classica. A suo giudizio, la filosofia moderna, col suo gnoseolomodello della metafisica “classica”. gismo (Studi sulla filosofia dell’età cartesiana, 1947, Indagini di struttura sullo gnoseologismo moderno, 1952, e Studi di filosofia moderna, 1966) si risolve necessariamente nell’idealismo; secondo Bontadini, invece, 337 l’essere è preesistente all’esperienza, e le contraddizioni dell’esperienza rimandano, in forza del principio di non contraddizione, ad un principio teologico (Saggio di una metafisica dell’esperienza, 1938, Conversazioni di metafisica, 1971). Una ripresa ed essenzializzazione dei temi della metafisica classica (aristotelica) è stata compiuta, tra i pensatori cattolici, anche da MARINO GENTILE (1906-1992), docente a Padova, in opposizione alla concezione matematicistica e meccanicistica della realtà sviluppata dalla filosofia moderna in funzione della realizzazione del “regnum hominis”. Secondo Gentile (Filosofia e umanesimo, 1948, Come si pone il problema metafisico, 1955, Trattato di filosofia, 1974), l’esperienza, con la sua problematicità, si presenta come una potenza che richiede una integrazione nell’atto puro. Alla scuola di Gentile si sono formati studiosi come ENRICO BERTI e FRANCO CHIEREGHIN. 3.- Esistenzialismo e fenomenologia Il tomismo, e soprattutto lo spiritualismo, furono le filosofie dominanti nel dopoguerra fin verso la fine degli anni Cinquanta, anche per la loro corrispondenza alla situazione politica. Ma l’esigenza, anche politica, di un rinnovamento culturale effettivo, suscitò interessi specie per tematiche sin’allora trascurate, cui vennero incontro numerose iniziative culturali (come riviste nuove o rinnovate, di vario orientamento, e dibattiti). Nella diffusione di queste tematiche, specie della filosofia tedesca del Novecento, si era distinto, già prima della guerra, ANTONIO BANFI (18861957), nell’ottica di una concezione della filosofia come “sistematica del sapere”; dopo la guerra, docente a Milano, egli continuò con impegno l’opera di aggiornamento e di ripensamento della filosofia italiana (da un punto di vista marxista, riflesso nei saggi de L’uomo copernicano, 1950), attraverso la rivista, fondata nel 1946, “Studi filosofici”, con la collaborazione dei suoi discepoli. Molti di essi sono poi stati, in varie direzioni, protagonisti del Dalla fine degli dibattito culturale dei decenni successivi (Paci, Preti, Cantoni, anni Cinquanta Anceschi). Una approfondita analisi della cultura della “crisi”, entrano il Italia le una informazione ampia sulle “scienze umane” e una presenfilosofie straniere, a partire da fenotazione critica del marxismo ha elaborato REMO CANTONI menologia ed esi(1914-1978), nella prospettiva di uno storicismo umanistico. stenzialismo. La Vicino alle tematiche “umanistiche” fu FRANCO LOMBARDI fenomenologia è (1906-1989), docente a Roma, che ha sviluppato una ricerca ripresa da Banfi, (poi approdato al su Il mondo degli uomini (titolo della riedizione delle opere commarxismo), che plete, 1967), imperniata su una concezione dell’uomo come con la sua scuola essere finito ma libero (Lombardi parla di “libertà pesante”). opera un aggiorTra le nuove correnti, tra gli anni Quaranta e la metà degli namento della cultura italiana. anni Cinquanta, risonanza particolare ebbe l’esistenzialismo, L’esistenzialismo soprattutto nella versione di NICOLA ABBAGNANO (1901ha un rappresen1990), a lungo docente a Torino. Scolaro di Aliotta, egli aveva tante di rilievo in evidenziato Le sorgenti irrazionali del pensiero (1923), e stabilita la Abbagnano. necessità di un rinnovamento della filosofia (Il principio della metafisica, 1936), che La struttura dell’esistenza (1939) pose nell’incontro tra filo- 338 sofia ed esistenza. Secondo Abbagnano, infatti, proprio dell’esistenza è il rapporto con l’essere, e la riflessione su questo rapporto è la filosofia. Il rapporto con l’essere non è per Abbagnano un dato, ma una possibilità, legata alla “finitudine” dell’uomo. Diversamente da Heidegger e Jaspers, però, per Abbagnano questo rapporto è una possibilità effettiva, purché sia stabilito in modo da non rendere impossibile, ma da mantenere aperta la possibilità di se stesso (“possibilità trascendentale”). Abbagnano ha svolto questa concezione nelle sue opere successive, da Introduzione all’esistenzialismo (1942) ai saggi di Possibilità e libertà (1956). Un dialogo storico con le posizioni degli altri filosofi volle essere la sua Storia della filosofia (1946-1950), la più autorevole del dopoguerra. In polemica con Heidegger, Jaspers e Sartre, la cui filosofia termina in una negazione delle possibilità dell’uomo, Abbagnano ha definito il proprio un esistenzialismo positivo (L’esistenzialismo positivo, 1948). In Filosofia, religione, scienza (1947), egli ha indicato la radice ad esse comune in un atteggiamento di “fede” (in senso umano); ma poi, sulla scia di Dewey, ha posto nella ragione il principio di ricostruzione dell’esistenza, allargando i suoi interessi alle “tecniche” con cui la ragione può rapportarsi alla realtà e orientare la vita, e in particolare alle metodologie delle scienze naturali ed umane. Tra i seguaci di Abbagnano, PIETRO CHIODI (1915-1970) ha studiato il concetto di possibilità nell’esistenzialismo e in Kant; ARMANDO VEDALDI (1908-1961) ne ha rilevato le aperture sociali. Ma l’esistenzialismo ha trovato riscontro in molti altri pensatori, tra cui GIUSEPPE CAPOGRASSI (18991966), attento soprattutto ai problemi del diritto, nel suo scolaro PIETRO PIOVANI (1922-1980) e in ENRICO CASTELLI (1900-1977), docente a Roma, conoscitore e diffusore della teologia esistenziale tedesca. Studioso dell’esistenzialismo, ma di ispirazione blondeliana, è stato PIETRO PRINI (19152008), autore fra l’altro di una Storia dell’esistenzialismo. LUIGI PAREYSON (1918-1994, docente a Torino) ha visto nell’esistenzialismo (Studi sull’ esistenzialismo, 1943) la manifestazione di proAbbagnano problematiche che solo il rimando oltre la soggettività può risolvere pugna un esisten(Esistenza e persona, 1950). Questo rimando è stato approfonzialismo positivo, dito da Pareyson in Estetica: teoria della formatività (1954), incenimpegnato a realizzare un rapportrata sulla polarità (schellinghiana) tra “forma formante” e to effettivo con “forma formata”; e lo ha condotto negli anni Sessanta a conl’essere, e perciò cepire la filosofia come ermeneutica, in base al rapporto “rivedà importanza lativo” che, secondo Pareyson, sussiste tra pensiero e realtà alle “tecniche” della ragione. Su (Verità e interpretazione, 1971). Su questa base, Pareyson ha rifiuquesta linea si tato l’ontologia negativa di Heidegger. diffonde nella culVicino all’esistenzialismo di Abbagnano è stato ENZO PACI tura italiana il (1911-1976; docente a Milano), discepolo di Banfi (Pensiero, esi“neoilluminismo”. Anche Pareyson stenza e valore, 1941, Il nulla e il problema dell’uomo, 1950), il quale sostiene la possisi è poi rifatto a Whitehead per sviluppare un “relazionismo” bilità che la realtà (Dall’esistenzialismo al relazionismo, 1957) secondo cui la relaziosi riveli alla ragione è necessaria a costituire gli individui, e ha infine ripreso la prone. spettiva fenomenologica, applicandola all’indagine dei bisogni concreti dell’uomo (il “precategoriale” di Husserl); su questa base ha svilup- 339 pato i temi della Crisi di Husserl in Funzione delle scienze e significato dell’uomo (1963) e approfondito la concezione dell’uomo del giovane Marx (ossia i temi della prassi, dell’alienazione, ecc.). Tra gli adepti della fenomenologia si è distinto GIUSEPPE SEMERARI (1922-1996, formatosi con Carabellese), studioso di Schelling e di Spinoza; l’interesse per Whitehead è stato approfondito dal discepolo di Paci (e, prima, di Barié) CARLO SINI (1928), docente a Milano, poi dedicatosi allo studio di Heidegger e di Nietzsche e al pensiero “postmoderno”. 4.- Neoempirismo e neoilluminismo Dalla metà degli anni Cinquanta, e fino alla metà degli anni Sessanta, entrò nella filosofia italiana anche il neoempirismo, attraverso l’attività divulgativa e critica di studiosi come FRANCESCO BARONE, FERRUCCIO ROSSI LANDI (1921-1985), PAOLO FILIASI CARCANO (1911-1977) e altri. Importanti in particolare è stato lo studio di Barone Il neopositivismo logico (1953, ripetutamente riedito), che poi ha studiato anche l’intreccio dei rapporti tra Logica formale e logica trascendentale (1957-1965). Barone (docente a Pisa) ha ispirato le proprie concezioni particolarmente ad Hartmann. Una posizione particolare all’interno dell’orientamento neopositivistico ha avuto GIULIO PRETI (1911-1972; docente a Firenze), che ha accolto dal neoempirismo il programma di analisi critica delle proposizioni filosofiche (escludendo per tal via la metafisica), ma ha elaborato anche una “filosofia della prassi” derivata da Dewey e dal giovane Marx (Praxis ed empirismo, 1957) carica di risonanze politiche, ma non bene accetta al marxismo “ufficiale”; ha poi movimentato il dibattito culturale col polemico saggio Retorica e logica (1968), sul tema dei rapporti tra le “due culture”. Al neopositivismo ha fatto riferimento non come concezione teorica ma come modello di analisi rigorosa (applicata specialmente agli studi di diritto) anche NORBERTO BOBBIO (1909-2004, docente a Torino, Dalla fine degli direttore, anche con la collaborazione di Abbagnano, della anni Cinquanta, “Rivista di filosofia”), sul presupposto di un forte impegno c’è anche una culturale e politico, che ne ha fatto uno dei politologi più ripresa di motivi neoempiristici, influenti dagli anni Cinquanta (Politica e cultura, 1955, Destra e soprattutto nel sinistra, 1994).- Con impostazione analoga gli studi di diritto e metodo. In questa di politica sono stati proseguiti da UBERTO SCARPELLI, ottica Bobbio NICOLA MATTEUCCI e GIOVANNI SARTORI. affronta i problemi del diritto e della L’attività di questi pensatori (e dei loro discepoli) ha confipolitica; Preti svigurato, tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, un orientaluppa un accostamento detto da Abbagnano (che ne fu in certo senso il capomento tra pragfila), con esplicito richiamo a Dewey, “neoilluminismo”, cioè matismo e marxismo. Cresce l’indi fiducia nei poteri della ragione educata scientificamente. Esso ha teresse per la costituito la punta più avanzata della cultura italiana, anche del scienza, sopratdibattito civile, sino al “boom economico”, quando l’approtutto ad opera di Geymonat. fondirsi di contraddizioni sociali e culturali ha reso necessario un rinnovamento dei temi e dei metodi anche della filosofia, 340 ed un suo più concreto collegamento coi problemi sociali e politici. Tra le organizzazioni che sostennero la diffusione della filosofia della scienza fu il Centro di studi metodologici di Torino (costituito nel 1948 da Abbagnano, Buzano, Frola, Geymonat, Nuvoli, Persico); dalla fine degli anni Cinquanta, gli interessi si estesero anche alle scienze umane (del cui studio era stato pioniere Cantoni), e nel 1961 fu istituita a Roma la prima cattedra di sociologia, affidata a un discepolo di Abbagnano, FRANCO FERRAROTTI (1926). Nel 1962 Abbagnano curava la prima Storia delle scienze, con contributi di vari studiosi, tra cui Geymonat. LUDOVICO GEYMONAT (1908-1991) ha dato il contributo più rilevante alla ricerca, alla divulgazione e all’approfondimento della problematica inerente alla scienza; occupò la prima cattedra di filosofia della scienza a Milano. Dopo Studi per un nuovo razionalismo (1945), Saggi di filosofia neorazionalistica (1953), ha pubblicatoIl pensiero scientifico (1954), Filosofia e filosofia della scienza (1960), Scienza e realismo (1977), e coronato la sua attività di studioso (dopo l’importante Galileo Galilei) con una grande Storia del pensiero filsofico e scientifico. Nei primi saggi, Geymonat aderiva al neoempirismo come metodo di analisi filosofica, funzionale a un “nuovo razionalismo”, nuovo in quanto fondato su un concetto della ragione non metafisico, ma definito dai metodi con cui opera, e perciò (come insegna la nuova scienza) finito e convenzionale; questi assunti erano per Geymonat anche la condizione per un rinnovamento della cultura italiana e della stessa convivenza civile. In questo senso egli presenta il nuovo razionalismo come “ben più agguerrito e penetrante di quelli che caratterizzarono i secoli passati”. Dagli anni Sessanta, Geymonat ha abbandonato il neopositivismo e il convenzionalismo, sottolineando soprattutto la necessità di un’analisi della scienza non astratta ma aderente alle sue effettive manifestazioni storiche (Filosofia e filosofia della scienza, 1960); egli ha quindi inquadrato questa concezione in uno storicismo di tipo marxista (diverso però, come vedremo, da quello di Gramsci), e infine del marxismo ha recuperato il realismo e il concetto della dialettica di Engels (Scienza e realismo, 1977); su questa base ha Partito dal prospettato una visione della storicità della scienza, imperniata (in neoempirismo, polemica con la “nuova epistemologia”) sulla complessa diaGeymonat ha lettica di continuità e rottura, condizioni esterne e dinamica sempre più approfondito la interna, che caratterizza il “patrimonio tecnico-scientifico”. realtà intellettuale Alla scuola di Geymonat si sono formati numerosi studiosi e sociale della di logica e di storia della scienza. Gli interessi epistemologici scienza, in una sono stati coltivati (sul presupposto del realismo) anche nel prospettiva marxista (engelsiana). campo cattolico, soprattutto da EVANDRO AGAZZI, e in L’opera di storico seguito da DARIO ANTISERI (studioso e seguace di Popper). di Geymonat, di Dalla metà degli anni Sessanta, infine, alcuni studiosi (RENZO Garin, di Dal Pra, PIOVESAN, ANTONIO PIERETTI, EUGENIO LECALDANO, di Paolo Rossi e di altri studiosi ecc.) hanno seguito gli orientamenti della filosofia analitica ha contribuito a Al rinnovamento della filosofia tra la fine degli anni Cinrinnovare vecchi quanta e gli anni Sessanta ha contribuito anche una storiograschemi storiografia tesa a ricostruzioni più rigorose e oggettive; in questo fici idealistici. senso un’opera di rilievo hanno svolto numerosi studiosi, tra cui spiccano EUGENIO GARIN (1909-2004), docente a Firenze, preciso 341 conoscitore della filosofia e della cultura del Rinascimento e del Novecento, il quale ha maturato anche una concezione della filosofia come sapere storico, e MARIO DAL PRA (1915-1992, docente a Milano, fondatore e direttore della “Rivista critica di storia della filosofia”), ligio alla ricostruzione filologica del pensiero. All’inizio degli anni Sessanta si sviluppò anche un vivace dibattito sui fondamenti della storiografia filosofica, in parte ancora aperto. Più di recente, negli anni Sessanta e Settanta, PAOLO ROSSI (1923), docente a Firenze, ha esplorato con acume alcune fasi salienti del pensiero scientifico. Ai legami (anche teorici) tra la filosofia e le scienze (in particolare le scienze umane) hanno prestato attenzione gli allievi di Abbagnano PIETRO ROSSI (1930, studioso dello storicismo) e CARLO AUGUSTO VIANO (1929, studioso di Aristotele e di Locke), docenti a Torino, ultimamente inclini a una risoluzione della filosofia nelle scienze umane. 5. Marxismo Nell’Italia del dopoguerra, spiritualismo e neotomismo da un lato, esistenzialismo e neoilluminismo dall’altro hanno rappresentato, anche negli orientamenti politici, le “aree” cattolica e laica; accanto ad essi, però (e anche in essi, come si è visto per alcuni neoilluministi), fin dai primi anni del dopoguerra è stato presente il marxismo. Attraverso la discussione di problemi concreti (sociali, civili, scientifici) ed efficaci iniziative culturali (riviste come il “Politecnico”, “Società”, “Rinascita”) ed editoriali, anzi, esso si è imposto nella cultura italiana fino alla metà degli anni Settanta. Un punto di riferimento hanno costituito, specie per il dibattito politico, i Quaderni del carcere di Gramsci, con le loro originali indicazioni sui nodi fondamentali della civiltà nazionale (la questione meridionale, gli intellettuali, ecc.). Essi furono pubblicati tra il 1948 e il 1951 per iniziativa di P. Togliatti, segretario del P.C.I; e fecero di Gramsci il centro di un’operazione culturale e politica, che mirava a fare del marxismo il rovesciamento, e Oltre alla cultura insieme la continuazione, dell’idealismo, cioè una forza intimacattolica e laica, mente inserita nella tradizione culturale italiana. negli anni ’50 e Il “gramscismo” non è stato tuttavia l’unico orientamento ’60 si è sviluppata la cultura marxidel marxismo italiano, che si è sviluppato in diverse direzioni, sta, su una linea fondate su nuove letture dei classici del marxismo e particolagramsciana, finari riprese delle tematiche tradizionali (a cominciare da quella lizzata a inserirsi dell’incidenza rispettiva delle condizioni oggettive e soggettinella cultura nazionale. ve della storia). Le due direzioni principali del marxismo italiaAvverso a questa no non gramsciano fanno capo rispettivamente a GALVANO linea è stato Della DELLA VOLPE (1895-1968) e a CESARE LUPORINI (1909-1993). Volpe (studioso Formatosi all’idealismo, avverso all’esistenzialismo, Della anche di estetica), che ha cerVolpe approdò al marxismo attraverso la discussione della cato di collegare “libertà marxista” (come libertà “sostanziale” in opposizione il marxismo piutalla libertà “formale” borghese soprattutto in La libertà comutosto alle scienze nista, 1946); quindi ha precisato la sua intepretazione del marsperimentali. xismo in Logica come scienza positiva (1950) nel quadro di una visione della storia del pensiero come contrapposizione tra concezioni reali- 342 stico-empiristiche e concezioni idealistico-mistiche. Della Volpe ha ricondotto il marxismo alle prime, giudicandole le sole capaci di aderire alla realtà; ha perciò espunto dal marxismo la dialettica, ed ha presentato la “logica storica” come una ripresa del metodo galileiano, inteso come “circolo concreto-astratto-concreto o circolo di materia e ragione o di induzione e deduzione, che si dica”, cioè continuo rimando tra pensiero e realtà. Della Volpe, che ha svolto anche particolari indagini sul “gusto” estetico, ha avuto una scuola, in cui si sono formati alcuni dei più noti marxisti italiani (Lucio Colletti, Mario Rossi, Nicolao Merker, Umberto Cerroni). Luporini, dopo un’esperienza più coinvolgente dell’esistenzialismo (Situazione e libertà nell’esistenza umana, 1942), ha elaborato una concezione del marxismo essenzialmente come conoscenza scientifica della società e della storia in funzione della progettazione rivoluzionaria; perciò ne ha respinto le versioni storicistiche (che lo riducono a ideologia in funzione della politica) e strut- turalistiche (che ne annullano il rapporto con la storia), ed ha giudicato fondamentale in Marx non l’antropologia giovanile, ma le analisi di economia politica (Dialettica e materialismo, 1974). Luporini è noto anche per un saggio su Leopardi progressivo (1933) che ha dato un nuovo orientamento alla critica leopardiana. Il tema è stato studiato anche da SEBASTIANO TIMPANARO (1923-2000), un pensatore isolato, che ha insistito sull’ispirazione materialistica del marxismo. Altri orientamenti alimentarono il dibattito sul marxismo (e nel marxismo) tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta: Mario Dal Pra, ad esempio, formulò (con Andrea Vasa), un “trascendentalismo della prassi”; Giulio Preti propose una fusione tra marxismo e pragmatismo nel concetto di “prassi” trasformatrice; Geymonat contrappose a quello di Gramsci uno storicismo non “umanistico” ma attento ai problemi della scienza, fondamentali per la società moderna (provocando la reazione di Colletti), ecc. Vicine al marxismo, più che marxiste, furono altre posizioni, ad es. il “marxismo umanistico” di CLETO CARBONARA (1904-1979), scoAnche Luporini laro di Aliotta (Materialismo storico e idealismo critico, 1947), ha privilegiato, preoccupato di salvare Persona e libertà (1959), o il “marxismo rispetto al Marx cattolico” di FELICE BALBO (1913-1964), ripreso da FRANCO “umanista”, il Marx scienziato RODANO (1920-1983) negli anni Settanta. Questo fu avversadell’economia e to particolarmente da AUGUSTO DEL NOCE (1910-1989), della società. che vedeva nel marxismo la “realizzazione pratica” dell’ateiTra gli anni ’60 e smo potenziale della filosofia moderna. ’70 si sono diffuse in Italia anche All’inizio degli anni Sessanta, poi, fu effettuato un “recupealtre versioni del ro” del marxismo “occidentale”, in particolare di Lukács, per marxismo. opera di CESARE CASES (1920-2005), della scuola di FrancoIl marxismo in forte e in particolare di Marcuse (punto di riferimento del genere è stato combattuto da Sessantotto), in parte anche dello strutturalismo (isolato il Del Noce, come recupero della dialettica di Engels da parte di Geymonat), che l’esito del razioaccompagnarono la discussione sulla società in trasformazionalismo moderno ne fino a metà degli anni Settanta. A questi orientamenti, tal(ateistico). volta confusi, si rifaceva, nel linguaggio se non nei concetti, 343 buona parte della cultura anche non marxista. 6.- Ultimi sviluppi Dalla metà degli anni Settanta, col mutare della situazione politica e sociale, la rigidità delle diverse posizioni filosofiche si è andata smussando; l’“egemonia” del marxismo è andata declinando; e lo stesso mutamento generazionale ha stimolato la ricerca di nuovi modelli di pensiero, più duttili, aperti alle influenze dell’ermeneutica, di Heidegger e di Nietzsche, che sono penetrate sia tra i cattolici che tra i marxisti. Di formazione cattolica (scolaro di Bontadini) EMANUELE SEVERINO (1929), si è allontanato dal cattolicesimo (e dalla Cattolica, da cui è passato a Venezia) con il discusso articolo Tornare a Parmenide (1964), in cui nega la realtà del divenire; nelle numerose opere successive (Essenza del nichilismo, 1972, Gli abitatori del tempo, 1978, Techne. Le radici della violenza, 1979, Destino della necessi- tà 1989) ha sviluppato su questo tema complesse applicazioni, recuperando spunti di Heidegger e di Nietzsche. Secondo Severino, l’ammissione del divenire comporta quella del nulla e quindi il “nichilismo”; per questo il pensiero occidentale le ha sempre opposto degli “immutabili” (dalla filosofia alla scienza), che però non hanno potuto nascondere le sue necessarie conclusioni; queste sono alla radice della civiltà contemporanea, fondata sulla scienza e sulla tecnica, per le quali la realtà è costitutivamente trasformabile; e rendono uguali, nella sostanza, concezioni metafisiche e religiose, capitalismo e socialismo. Dalla metà degli anni Settanta, infine, si è diffuso il tema della “crisi della ragione”, da Krisis. Saggio sulla crisi del pensiero negativo da Nietzsche a Wittgenstein (1976) di MASSIMO CACCIARI (1943), a La crisi della ragione (1979), raccolta di saggi curata da ALDO GARGANI (1933-2009, discepolo di Paci), sulla “fine” della “ragione classica” e scientifica, a Il pensiero debole (1983), altra raccolta di saggi di pensatori dell’ultima generazione, curata di GIANNI VATTIMO (1936) e PIER ALDO ROVATTI (1942, altro disceNegli anni ’70, polo di Paci), che definisce appunto la razionalità “postmoderSeverino ha prena” ed “ermeneutica”. sentato il pensieTra i pensatori che hanno aderito a questo orientamento, il ro occidentale come votato al più noto è Gianni (Gianteresio) Vattimo, allievo di Pareyson, nulla, e molti docente a Torino, studioso di Nietzsche, Heidegger, Schleierhanno cercato macher, Gadamer, al cui pensiero si è ispirato, presentando i nelle filosofie temi del “postmoderno” nella prospettiva di un avanzante recenti modelli di un “pensiero nichilismo, nel senso heideggeriano di un affievolirsi della debole” in opposi“voce” dell’essere nella cultura contemporanea; su queste basi, zione al “pensiero egli auspica, sostanzialmente, l’avvento di una filosofia non forte” della cultura “violenta”, ma, come quella di Rorty, “conversativa” (Le avvenmoderna. Posizioni ture della dialettica. Che cosa significa pensare dopo Nietzsche e “epigonali” Heidegger, 1980, La fine della modernità. Nichilismo ed ermeneutica rispetto alla tradinella cultura postmoderna, 1986, ecc.). zione filosofia Questa tendenza ha provocato vivaci reazioni polemiche da occidentale. parti di pensatori “moderni” come, fra l’altro, Carlo A. Viano, Paolo Rossi e Lucio Colletti, mossi da un ideale “scientifico” del pensare. 344 Altri, come REMO BODEI (1938, autore fra l’altro di Scomposizioni. Forme dell’individuo moderno, 1987, e Geometria delle passioni, 1989), registra le trasformazioni della società “postindustriale” e lo stato “epigonale” della filosofia contemporanea, ma come stimolo a ritrovare “schemi di senso articolati e persistenti”, per cui costituiscono sempre riferimenti irrinunciabili i classici del pensiero filosofico. Riferimenti bibliografici Studi: V. i riferimenti del capitolo VII della Parte XIII; inoltre: AA. VV., La cultura filosofica italiana dal 1945 al 1980, Guida, Napoli 1982; AA. VV., La filosofia italiana dal dopoguerra a oggi, Laterza, Roma-Bari 1985; AA. VV., Filosofia italiana e filosofie straniere nel dopoguerra, a cura di P. Rossi e C. A. Viano, Il Mulino, Bologna 1991; M. Ciliberto, Filosofia e politica nel Novecento italiano, De Donato, Bari 1982; AA. VV., Il neoilluminismo italiano. Cronache di filosofia (1953-1962), a cura di M. Pasini e D. Rolando, Il Saggiatore, Milano 1991; AA.VV., La filosofia della scienza in Italia nel ’900, a cura di E. Agazzi, Angeli, Milano 1986.