Premio Dialogare 2014
“Domani? Non so…”
Racconto con segnalazione particolare
Cuore e pennarelli
di Roberta Cadorin, Udine
Massagno, 27 marzo 2014
Cuore e pennarelli
Appoggio il beauty case sopra la valigia. È strano come si possa racchiudere il
proprio mondo in uno spazio così ristretto. Guardo la mia camera, è ancora mia e
lo sarà per sempre anche se domani partirò…Torino…l’Università.
Il campanello suona e la mamma chiama. Vado di corsa ad aprire. Loro sono tutti
lì pronti a festeggiare la mia partenza. Mi abbracciano e mi baciano. Io al centro di
tutto questo interesse a cui non sono abituata.
“E Edo dov’è?” esclama la nonna.
Solo ora mi accorgo che tu non ci sei. Tu, quello pronto prima di tutti. Tu, quello
che si piazza davanti all’ingresso, con la sua borsa piena di pennarelli, pronto ad
accogliere gli invitati con un suo personale biglietto di benvenuto. Tu quello che
mangia i dolci, quando gli altri sono appena agli antipasti, perché ha paura che
glieli possano rubare. Tu quello che balla. Tu quello che bacia tutti. Tu quello che
adora le feste.
“Vado io a cercarlo” dico.
So dove trovarti. Ti conosco quasi quanto conosco me. Tu sei lì, davanti alla mia
valigia, con i tuoi colori, raggomitolato come un bambino e come un bambino ti
dondoli. So che non hai capito il perché della mia partenza. Vorrei poterti dire che
l’università di antropologia è il mio sogno, come per te dipingere la luna. Vorrei
poterti dire che il sogno è nato proprio dall’amore che ho per te, dal mio desiderio
di diventare una cerniera tra il mondo dei neurotipici e quelli come te: gli autistici.
Vorrei creare un linguaggio comune a tutti, come il disegno e i colori lo sono per
noi due.
Appoggio le mani sulla maniglia. Le mie mani. Le nostre mani. In loro è racchiusa
la nostra storia, fatta di gesti e di carezze. Perché tu non puoi parlare e allora le
mani sono diventate le nostre parole, come lo sono stati i disegni con cui tu
esprimi le tue emozioni e i tuoi desideri.
Guardo i miei polsi. Due cicatrici lunghe. Due cordoni spessi e coriacei, sempre
pronti a ricordarmi di quell’unica volta che io ti ho rinnegato. Io, tua sorella. Io
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quella fortunata. Io quella senza problemi. Io quella per cui non c’è mai tempo. Io
quella che doveva sempre capire. Io quella che una sera non ha più capito e ha
deciso di lasciarti solo con i nostri genitori. Io quella che per una sera ha voluto
fare la protagonista e mettere in scena la sua morte. La mamma è arrivata troppo
presto, prima dell’epilogo. Di quell’episodio non ricordo niente, se non la mia
determinazione e il mio risveglio in piena notte in ospedale. Tu eri al mio fianco.
Avevi deciso di restare con me a dormire e nessuno era riuscito a farti cambiare
idea…chi mai c’è riuscito! Di quella notte ricordo il tuo sorriso e il mio braccio che
tu avevi rivestito di cuoricini fatti con i tuoi pennarelli. Il tuo modo di dirmi che mi
volevi bene. In quel momento ho capito che eravamo uno il punto di riferimento
per l’altra. Eri il gancio che mi teneva alla vita.
Adesso mentre ti guardo ho paura. Paura della distanza. Paura del domani. Non
so cosa succederà domani e nemmeno dopo ancora. So che adesso ho bisogno
di te, del tuo sorriso.
Mi avvicino lenta e ti abbraccio stretta. Tu mi baci, in tutta la faccia.
“Edo facciamo un gioco” ti propongo.
So che tu non mi dirai di no. Prendo il mio beauty case e ne spargo il contenuto
sul tappeto. Le mie matite, i miei smalti, i miei rossetti, i miei ombretti. La mia
tavolozza di colori. Prendo una matita blu e ti dipingo un cuore sulla guancia. Tu
prendi un rossetto e tracci una riva che parte dalla mia fronte fino alla punta del
mio naso. È un crescendo di gesti e tratti colorati sul nostro viso e sul nostro
corpo, che ci scambiamo reciprocamente. Con una matita nera disegno un cup
cake sul dorso della tua mano. Solo allora capisci che di sotto c’è una festa con
degli invitati pronti ad accaparrarsi il tuo cibo speciale. Prendi la tua borsa di
pennarelli e corri via da me.
Io rimando seduta sul tappeto. Io e i miei colori. Uno specchio mi rimanda la mia
immagine. Dovrei pulirmi. La realtà è che non sono mai stata così bella. Prendo il
cellulare, sorrido e mi scatto una foto.
Non so cosa succederà da domani, ma ci sarà sempre questa immagine a
ricordarmi perché sono una persona felice.
Grazie Edo.
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