Cyberwar anche in Italia?

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Cyberwar anche
in Italia?
IL TERRORISMO INFORMATICO
STA DIVENTANTO UNA REALTÀ
PERICOLOSA ANCHE
PER IL NOSTRO PAESE.
Marco R. A. Bozzetti,
OAI founder
Mentre scrivo questo articolo è
in pieno corso la campagna per
sollecitare la compilazione, via
web, del Questionario 2014 OAI:
l’analisi e l’elaborazione dei dati
raccolti porterà alla realizzazione del
Rapporto OAI 2014, che fornirà una
significativa fotografia del fenomeno
degli attacchi informatici in Italia per
aziende ed enti di ogni dimensione
e settore merceologico. In attesa
dei risultati di questa indagine, che
verranno ampiamente commentati
nei prossimi numeri di questa
rubrica, dai media arrivano notizie
molto preoccupanti che già hanno, e
che soprattutto avranno nei prossimi
tempi, impatti sulla sicurezza dei
nostri sistemi informatici.
Attacchi informatici in Italia dai
terroristi jihadisti?
Il problema del terrorismo islamico
è ben noto da tempo, anche se
spesso sottovalutato in Europa e in
Italia: si pensi ai tanto discussi libri di
Oriana Fallaci “La rabbia e l’orgoglio”
del 2001 e “La forza della ragione”
del 2004. Siamo ora ben lontani
dai tempi dell’attacco alle Torri
88
marzo 2015
Gemelle e alla successiva reazione
statunitense. Dopo quindici anni
“la guerra santa islamica” è più viva
e aggressiva che mai e la nascita e
l’ampliamento dell’auto proclamato
Califfato di Al Baghdadi, chiamato
anche Isis, e i feroci assassinii ed
attacchi terroristici anche in Europa
a esso correlati, hanno portato il
problema a un livello di criticità
mai visto prima. Recentemente
gruppi jihadisti hanno occupato
alcune città libiche e dichiarano,
consapevolmente, di essere a “sud
di Roma”. Ma al di là del tradizionale
terrorismo, fino a oggi in Italia
ben contrastato soprattutto dal
controspionaggio, cresce il pericolo
sul fronte informatico. Gli aberranti
filmati degli assassinii perpetrati
mostrano una sofisticata regia
mediatica e una ottima padronanza
degli strumenti informatici per
realizzarli e montarli. E sono stati
creati numerosi siti web, anche
in lingua inglese, per promuovere
l’estremismo jihadista e per reclutare
combattenti anche in Europa.
Viste le competenze informatiche
di questi gruppi, non occorre certo
una sofisticata analisi dei rischi
per prevedere prossimi attacchi
informatici, qualora non siano magari
già in atto. Un indicatore di questa
gravità è anche dato dall’annuncio
di Anonymus di aver intrapreso una
‘guerra informatica’ contro questi
terroristi.
I primi obiettivi, oltre ai sistemi
informatici del Vaticano,
ragionevolmente potrebbero
essere le ‘infrastrutture critiche’,
che includono i sistemi di
produzione e di distribuzione
energetica (elettricità, gas), le reti di
telecomunicazione, le reti idriche, i
sistemi di trasporto aereo, navale,
ferroviario, stradale, le banche e
i servizi finanziari, gli ospedali ed
i servizi sanitari, i sistemi e le reti
delle forze dell’ordine pubblico,
dei militari, della protezione civile,
del Governo e delle Pubbliche
Amministrazioni.
A livello italiano la protezione
informatica delle infrastrutture
critiche è coordinata dal CNAIPIC,
Centro Nazionale Anticrimine
Informatico per la Protezione delle
Infrastrutture Critiche (https://
www.commissariatodips.it/profilo/
cnaipic.html), nell’ambito della
Polizia Postale. Ma saranno solo
questi i potenziali target del cyber
terrorismo, siamo sicuri che non
saranno oggetto di attacchi anche
importanti industrie del nostro
Paese? E saranno escluse anche le
PMI e le piccole amministrazioni
locali? Personalmente ne dubito.
Chi sarà nel mirino?
In relazione agli altri più importanti
Paesi occidentali, in Italia abbiamo
meno infrastrutture critiche, e
ancor meno grandi industrie
conosciute a livello mondiale. Tutti
questi potenziali target sono noti e
spero per queste realtà che le loro
infrastrutture informatiche vengano
adeguatamente rinforzate con
misure di prevenzione e protezione
adatte, oltre a quelle di ripristino. Ma
la stragrande maggioranza delle PMI
e delle pubbliche amministrazioni
locali, hanno meno di 10 dipendenti.
Sarebbe comunque paralizzante
per l’economia italiana se una parte,
più o meno consistente, di queste
realtà subisse attacchi ai sistemi
informatici, basati su meccanismi
non particolarmente efficaci, come
per esempio su DoS/DDoS o su
malware bloccanti, tipo ransoware.
Senza farsi prendere dal panico, i
nuovi rischi della cyberwar devono
anche rappresentare un caldo invito
a tutte le organizzazioni per rivedere
e rafforzare le proprie misure di
sicurezza: nel 2015 potremmo
essere sotto attacco non solo
per frodi .. ma anche per cyber
terrorismo.
Buone vecchie regole...
Come si può rispondere a questi
nuovi rischi? Le strategie di sicurezza
implementate nelle aziende italiane
sono state diverse in questi anni, ma
ricordiamoci che la sicurezza non
WORST PASSWORD
La classifica 2014 delle password
più utilizzate in Internet...
e dimenticate
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password
12345
12345678
qwerty
1234567890
1234
baseball
dragon
football
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monkey
letmein
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mustang
access
shadow
master
michael
superman
696969
123123
batman
trustno1
Fonte: Splashdata, 2014
è una tecnologia, è un processo e
come tale impatta l’organizzazione
aziendale, l’attenzione che dedicano
a questo tema le singole persone
mantenendosi aggiornati e avendo
sempre comportamenti conformi a
‘buone pratiche’ di sicurezza.
Tra queste non si può trascurare
certamente quella più fondamentale
di tutte: utilizzare password, e
cambiarle spesso, non banali e che
non risultino già utilizzate da altri.
Giusto per la cronaca in questa
pagina trovate la classifica 2014 delle
password più utilizzate in Internet
curata da Splashdata. Dobbiamo
rafforzare le misure di sicurezza
e ancora vengono usate queste
password? Il problema è soprattutto
organizzativo, ma sicuramente
occorre ancora una forte campagna
di sensibilizzazione anche all’interno
delle aziende verso gli utenti per
insegnare loro ad usare password
meno banali e più sicure.
La crescita del rischio
Malvertising
Infine un aggiornamento sulle
tipologie di attacco emergenti.
Il termine Malvertising sta per
‘malicious advertisements’, ossia
pubblicità malevola, nel senso di
pagine web che nascondono un
codice maligno o altre tecniche di
attacco, come il dirottamento su
siti web mascherati e pericolosi.
Questo rischio è quello che oggi
ha il più alto indice di crescita, ma
che è ancora il meno noto a livello
mondiale.
Il nuovo meccanismo di malware si
diffonde anche grazie a leggi diverse
adottate nei vari Stati e, più in
generale, per una scarsa sorveglianza
complessiva sulla pubblicità in
Internet.
Nel 2014 il Malvertising ha
registrato una crescita esponenziale,
ed è stato la causa di varie frodi
e furti d’identità digitale. Secondo
un’indagine della californiana RiskIQ,
nel solo terzo trimestre 2014
negli USA sono stati identificati
ben 200.000 malvertising, le cui
tre più diffuse tipologie erano: falsi
aggiornamenti software (80K), codici
maligni (>70k), falsi antivirus (40K).
Marco R. A. Bozzetti, OAI founder
[email protected]
marzo 2015
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