Prima metà del `500

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CONSIGLIO REGIONALE
DI BASILICATA
SCHEDE DI
DOCUMENTAZIONE
UFFICIO DEL
SISTEMA INFORMATIVO
di: Rosa Villani
Foto S.B.A.S. (Matera)
Prima metà del ‘500
ANTONIO AIELLO
La cappella dell’Annunziata e la chiesa di Santa Barbara a Rivello
A Nicola da Novasiri, “il primo frescante di cui il ’500 ci abbia tramandato il nome”, Anna Grelle
avvicina il “supposto Antonio Aiello, autore del Cristo in Gloria, entro una mandorla sorretta da
angeli, affrescato nel 1517 sul catino della cappella dell’Annunziata a Rivello, riproposto nella decorazione absidale della chiesetta di Santa Barbara, sempre a Rivello, unica opera a lui assegnata”.
Nel lacunoso affresco dipinto nella cappella dell’Annunziata, troneggia all’interno di una pseudo
mandorla, su un fondo stellato, un Cristo dilatato e imponente, dai grandi occhi a mandorla, capelli
lunghi e barbetta. Avvolto in un pesante panneggio, con la sinistra il Redentore regge un libro aperto, con la destra benedice, mentre due angeli, incassati nello spazio tra la cornice ad arco dell’affresco e la mandorla, sostengono quest’ultima in volo.
Lo stesso tema trova posto nel catino absidale della chiesa di Santa Barbara, integrato però da una
sottostante teoria di dodici apostoli, in piedi, i cui nomi sono scritti nella fascia inserita fra i due
registri che spartiscono in due l’affresco: S. IACOBUS MINOR/ S. PHILIPPUS/ SCS…/SCS
THOMAE/SCS ANDREAS/ SCS PETRUS/SCUS PAULUS/SCS JACVOB M/ SCS JOHNES/
SCS MATTHIAS/SCS SIMON/SCS…/.
Nel registro superiore Cristo, incorniciato da una mandorla, siede imponente su un trono figurato da
una semplice fascia orizzontale e, mentre con la mano destra benedice, con la sinistra regge un libro
su cui è scritto: EGO SUM/LUX MUDI/QUI SEQUI/TUR ME/NON AUB/VIAT IN /TENEBRIS/
SED…/…/VITE…DOMINUS/EGO SUM/ALFA ET O/PRIMUS/ET…/. Ai lati due angeli sostengono la mandorla, con un’insolita posizione delle braccia: l’arto destro perpendicolare al busto
la regge dal basso, quello sinistro passante sulla testa dall’alto.
Nel registro inferiore i Santi si allineano, divisi in due gruppi da sei, in uno spazio limitato e circoscritto che li comprime e li assottiglia.
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Scheda 19
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Le figure, longilinee ed eleganti, dichiarano una intenzionale subordinazione della
rudezza e dilatazione di stampo romanico,
già presenti nel Cristo della cappella
dell’Annunziata, ad uno stile squisitamente
tardo gotico non estraneo ad influenze
catalane, chiaramente visibile nel ductus lineare e verticalizzante delle pieghe, non prive di turgore plastico, nella scioltezza e
fluidità del disegno, nell’espressività dei volti delle figure stesse.
Rivello (PZ), Chiesa dell’Annunziata, Cristo in gloria, Antonio Aiello. 1517.
A destra dell’abside, da un’edicola cinquecentesca emerge l’immagine di un Santo, dalla Grelle identificato come San Matteo e nelle Schede
O. A., redatte dalla Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici della Basilicata, come San Marco,
dato che “la parte superiore delle lettere del secondo gruppo farebbe pensare più ad in CUS che ad
un THEUS”.
Secondo la studiosa il Santo lascerebbe supporre un intervento pittorico in origine esteso all’intera
superficie dell’arco trionfale, da attribuirsi allo stesso autore del Cristo in Gloria del catino absidale
per le strette affinità tra lo stile del Santo e quello degli Apostoli. E’ probabile che nel 1566 la
costruzione dell’edicola lo isolasse dal contesto pittorico senza, però sopprimerlo. Ciò dovette avvenire nel XVIII secolo, allorchè si ricoprì la figura con altre immagini di cui ancora oggi possediamo i frammenti. Il Santo infatti risulta tagliato, all’altezza del mento, da una fascia sovrapposta,
ornata di losanghe, che giunge fino a metà petto. Di qui in giù il corpo è visibile fino alla vita, quindi
risulta tagliato per l’apertura di un armadio a muro.
Tuttavia, Antonio Aiello -il cui nome è dalla studiosa tratto dalla Guida del T.C.I. del 19651 (p. 72)sembra essere oggi, alla luce delle nuove ricerche condotte da Sabino Iusco su Nicola da Novasiri2 ,
autore soltanto degli affreschi rivellesi presenti in Santa Barbara in quanto il Cristo in Gloria nella
chiesa dell’Annunziata, pur intriso di cultura tardo gotica e di un provocatorio sostrato romanico
comune alle pitture del catino absidale di Santa Barbara, è stato da Iusco attribuito ad Antonello
Palumbo da Chiaromonte. Quest’ultimo artista, fratello di quel Giovanni Palumbo che dipinse nel
1494 il trittico murale con Madonna con Bambino fra i SS. Giovanni Battista e Cataldo nella chiesa
del Calvario a Maratea, è, per lo studioso, anche l’artefice della Madonna in Maestà tra i SS. Pietro
e Paolo scoperta di recente al disotto della tela con l’Annunciazione di Francesco Guma, nella
chiesa di San Francesco a Pietrapertosa, degli affreschi con scene neotestamentarie nella chiesa di
San Donato a Ripacandida, della Madonna di Loreto fra San Michele e un Santo vescovo, accompagnata ad un Cristo di Pietà, nella chiesa della Rocca a Calciano3 e della Madonna di Loreto nella
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Non si sa da dove la Guida del Touring Club Italiano abbia tratto il nome di Antonio Aiello per identificare il pittore locale che
dipinse i Santi nell’abside della chiesa di Santa Barbara, non essendo questo nome riportato su affreschi, tele o documenti vari.
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S. Iusco, Gli affreschi della chiesa di San Donato a Ripacandida. Tra Nicola da Novasiri e Antonello Palumbo, in “Itinerari del
sacro in terra lucana”, Basilicata Regione Notizie, 1999, n. 92, pp. 167-178.
Scheda 19 3 Secondo Sabino Iusco, in questo affresco, “ad una data che non va oltre il secondo decennio del ’500 -per via dell’armatura del
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chiesa di Santa Maria del Principio a Lavello; queste ultime due precedentemente ritenute da Anna
Grelle primizie di Giovanni Todisco di Abriola.
Effettivamente la Madonna in Maestà in San Francesco a Pietrapertosa di Antonello, “seduta su un
trono marmoreo con alto dossale, absidato e concluso da un catino a conchiglia, affiancata dai Santi
Pietro e Paolo entro archetti trilobati dai quali sporgono due angioletti con strumenti della Passione…” ricalca l’immagine eseguita nella chiesetta del Calvario a Maratea dal fratello Giovanni Palumbo.
L’affresco di Maratea, che mostra un arcaismo per la Grelle, “più che altro alimentato da testi del
trecento napoletano” 4 , presenta, nello
scomparto centrale la Madonna in trono
con in braccio il Bambino, che sostiene il
mantello della Madre e reca il cartiglio con
la scritta “Io sono la luce del mondo” sullo
sfondo di un prezioso drappo arabescato, a
sinistra San Giovanni Battista con tunica
di cammello stretta in vita da un cordone, il
cartiglio e l’agnello in spalla, e a destra,
ancora sullo sfondo di un panno da parata,
San Cataldo che con la destra benedice
Rivello (PZ), Chiesa di S. Barbara, Cristo in gloria, Antonio Aiello. Sec. XVI.
mentre con la sinistra regge il libro e il pastorale dall’estremità ricurva. La secchezza del disegno, mal celata dalle vesti fluenti e accartocciate
che coprono le figure allungate, caratterizzate da volti imbruttiti da un esagerato espressionismo espliciti indicatori del connubio romanico gotico- si accompagna ad una accurata analisi descrittiva
che si sofferma sui panni da parata a ramages, sui capelli ricciuti, sulla mano guantata e sul pastorale
di San Cataldo, sulla tunica di cammello e sul volto smunto del Battista, sul gesto affettuoso di
Gesù.
Per quanto riguarda gli altri dipinti di Antonello, Sabino Iusco tiene a precisare “L’autografia delle
opere finora recuperate è affidata soprattutto a taluni idiotismi come l’esuberanza decorativa, intesa
ad impreziosire damaschi ed estofadi con bizzarre ed estemporanee invenzioni dell’ornato, con inclinazioni, dunque, dichiaratamente valenzane”.
San Michele, identica a quella dell’arcangelo del polittico di Simone a San Chirico Raparo- Antonello è in bilico fra il fratello
Giovanni, di cui adotta i panni da parata, vermicolati a ramages, come a maratea, e nicola da Novasiri, timidamente richiamato
nella grafia della linea disegnata e sottesa dai rialzi di biacca visti a Senise”.
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Conferma di tale orientamento di gusto e del rifiorire di modi bizantineggianti in Basilicata, in pieno ’500, sulla scia del neobizantinismo pugliese facente capo all’officina di Otranto, ci viene dalla tela con Cristo alla colonna di Angelo Bizamano,
presente nella chiesa del Convento di San Mauro Forte (MT), dalle elaborazioni ferraresi di Reginaldo Piramo da Monopoli che,
secondo la Daneu Lattanzi, esegue le miniature di un corale della cattedrale di Matera e dell’autore, noto con il monogramma
Z.T., del trittico con Madonna con Bambino fra i SS. Francesco e Antonio, nella cattedrale di Tricarico.
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BIBLIOGRAFIA:
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M. D’ELIA, Mostra dell’Arte in Puglia dal tardo antico al Rococò, Roma, 1964, p. 105 e pp.
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M. D’ELIA, Aggiunte alla pittura del ’500 in Puglia, in “Studi…in onore di A. Petrucci”,
Milano, 1969, pp. 31-33;
D. GAMBACORTA, Artisti salentini dei secoli XIV-XVIII in Terra di Bari, in “Studi di Storia
pugliese in onore di N. Vacca”, Galatina, 1971, pp. 212-213;
D. GAMBACORTA, Artisti lucani in Puglia e pugliesi in Lucania, in “G. Raccioppi e il suo
tempo. Atti del I Convegno nazionale di studi sulla storiografia lucana. Rifreddo-Moliterno
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SCHEDE O.A., 1975, Archivio Catalogo Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Matera;
S. IUSCO, Gli affreschi della chiesa di San Donato a Ripacandida. Tra Nicola da Novasiri e
Antonello Palumbo, in “Itinerari del sacro in terra lucana”, Basilicata Regione Notizie, 1999, n.
92, pp. 167-178.
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