Approfondimento Lo studio delle rocce 1 Fig. 1. a. La luce si trasmette nello spazio sotto forma di onde elettromagnetiche che vibrano su tutti gli infiniti piani paralleli alla direzione di propagazione; se la luce viene fatta passare attraverso un opportuno filtro polarizzatore (prisma di Nicol oppure polaroid artificiali) si trasforma in luce polarizzata, che vibra su un unico piano. I vari minerali attraversati dai raggi polarizzati manifestano comportamenti ottici diversi che ne permettono il riconoscimento. Le due immagini mostrano come appare una sezione di roccia granitica osservata in luce naturale, b. e in luce polarizzata, c. © ISTITUTO ITALIANO EDIZIONI ATLAS 1 La petrografia è la disciplina geologica che si occupa delle rocce, studiandone la composizione chimica e mineralogica, la tessitura, l’origine e le trasformazioni subite. Quando si studiano campioni di rocce, le prime osservazioni sono compiute sul terreno e riguardano il tipo di affioramento roccioso a cui i campioni appartengono, le rocce circostanti e l’ambiente geologico complessivo in cui è inserito. Per il riconoscimento di una roccia è talvolta sufficiente l’esame di alcune caratteristiche macroscopiche dei minerali presenti (per esempio, forma, colore, durezza), ma per ricavare informazioni più precise e dettagliate circa la composizione e la tessitura della roccia bisogna ricorrere ad analisi di laboratorio. In particolare, si effettuano esami della roccia con il microscopio petrografico o microscopio polarizzatore che differisce da un normale microscopio perché consente di esaminare, oltre che in luce naturale, in luce polarizzata una sottile sezione del campione che vie- ne preparata tagliando una lamina di roccia con una speciale sega. La lamina viene smerigliata e lucidata fino a ridurre il suo spessore a circa 30 μm e a renderla in tal modo quasi trasparente: dopo essere stata incollata su un vetrino, può così essere osservata al microscopio in luce trasmessa polarizzata (fig. 1). Questa tecnica è largamente usata per identificare i vari minerali in base alle loro proprietà ottiche, stabilirne i rapporti quantitativi e, infine, osservare in dettaglio la struttura del campione. Lo studio ottico delle rocce può fornire molte informazioni, ma per una loro completa conoscenza è necessario ricorrere ad altri metodi di analisi. Questi comprendono procedure chimiche di tipo tradizionale e procedure fisiche molto avanzate, che si affiancano a quella “classica” basata sulla diffrazione dei raggi X e si avvalgono di strumenti molto sofisticati che consentono indagini ultrafini sui singoli minerali. Uno di questi strumenti ampiamente utilizzato negli attuali laboratori di ricerca è chiamato microsonda elettronica (Electron Probe Micro-Analyzer, EPMA) che permette di effettuare analisi chimiche su singole aree di un cristallo, anche se di dimensioni molto piccole (fig. 2). Si focalizza sull’area da esaminare un fascio di elettroni che eccitano gli atomi del cristallo: questi a loro volta emettono raggi X caratteristici degli elementi presenti che possono così essere identificati e definiti nella loro distribuzione quantitativa. 2 Fig. 2. Laboratorio di ricerca equipaggiato con microsonda elettronica (University of Minnesota, USA). La microsonda elettronica è costituita da una serie di apparecchiature, tra cui rivelatori di raggi X, abbinate a un microscopio elettronico a trasmissione, che si vede a sinistra.