LE CONSEGUENZE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE La prima

LE CONSEGUENZE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE
La prima guerra mondiale fu un evento assolutamente nuovo nella storia:
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le guerre precedenti avevano già visto l’intervento contemporaneo di più Stati, ma questa guerra fu
diversa per lo spiegamento enorme di forze, di armi, di mezzi
utilizzo dei nuovi ritrovati della tecnologia: armi chimiche, mezzi motorizzati, aviazione, sottomarini
(anche se aerei e carri armati non influirono in maniera decisiva sull’esito del conflitto)
9 milioni di morti, ai quali vanno aggiunti i dispersi, e 21 milioni di feriti, in buona parte tornati invalidi
Quando finì, il mondo era cambiato completamente: erano caduti i vecchi equilibri tra le potenze, in Russia
nasceva il nuovo Stato socialista.
Essa rappresentò una frattura nella storia del mondo contemporaneo: l’epoca che si era aperta con
l’Illuminismo, la rivoluzione francese e quella industriale, caratterizzata dalla fiducia nella scienza e nel
progresso, si concluse con questa guerra
L’Europa perse il suo primato economico e politico e fu sostituita dagli Stati Uniti:
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la loro produzione industriale crebbe fino a rappresentare, negli anni Venti, la metà di quella
mondiale, mentre gli stati europei bruciavano milioni per le spese di guerra e si indebitavano con gli
USA per miliardi di dollari.
sul piano politico gli Stati uniti abbandonarono il tradizionale isolazionismo (tendenza a non
intervenire nelle vicende estranee al loro continente e all’area del Pacifico) iniziando ad assumere un
ruolo politico internazionale di primo piano, corrispondente al loro primato economico.
Dal punto di vista economico:
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le industrie interessate alle forniture belliche (siderurgiche, meccaniche e chimiche) si svilupparono
in maniera enorme;
il loro cliente maggiore era lo Stato, quindi l’intervento statale nella gestione di questi settori aumentò
molto: durante la guerra lo Stato aveva dovuto determinare la produzione militare e civile in base alle
esigenze belliche
si ebbe uno sviluppo della concentrazione industriale, con la crescita di grandi imprese capaci di
realizzare enormi investimenti per la produzione bellica;
fu accelerata l’innovazione tecnologica e organizzativa delle grandi imprese industriali
alla fine del conflitto tutti i paesi europei si trovarono ad avere una grandissima inflazione, causata
proprio dall’emissione di moneta per finanziare le spese belliche, con un pesante deficit pubblico e
con la necessità di effettuare una riconversione produttiva dell’apparato industriale prima dedicato
alla produzione bellica: da ciò derivò una forte disoccupazione.
Dal punto di vista politico:
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la guerra coinvolse moltissimo anche i civili, mobilitati attraverso la propaganda: la società fu
sottoposta ad un processo di “militarizzazione”; era stata un’esperienza di massa senza precedenti
alla fine del conflitto ci fu una partecipazione politica senza precedenti poiché la guerra aveva
portato ad una maturazione della coscienza collettiva: milioni di uomini divennero consapevoli del
loro ruolo sociale, milioni di donne, immesse nella produzione, per sostituire gli uomini che erano al
fronte, fecero il loro ingresso nel mondo del lavoro, acquisendo autonomia e indipendenza
economica
rafforzamento del movimento operaio e contadino e nell’apertura di una fase di intensi conflitti, con
rivendicazioni sostenute da imponenti scioperi.
la guerra aveva mostrato l’importanza del principio di organizzazione applicato alle masse: per far
valere i propri diritti sembrava necessario associarsi e organizzarsi in gruppi il più numerosi
possibile; la politica divenne un fenomeno di massa, aumentarono sempre più gli iscritti a partiti e
sindacati, acquistarono maggior importanza le manifestazioni pubbliche basate sulla partecipazione
diretta dei cittadini.
Disagio nei ceti medi, che avevano fornito i quadri intermedi degli eserciti e si trovavano ora reduci
dal conflitto, privi di sicurezze economiche, di riconoscimenti sociali, di organizzazione politica. Essi
ce l’avevano sia con i pescicani, cioè i finanzieri, sia con gli operai sindacalizzati e organizzati:
furono proprio i ceti medi ad avere grande peso nell’immediato dopoguerra.
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Cambiarono anche gli apparati statali: i governi dovettero aumentare la burocrazia; il loro intervento,
però, era minacciato dal crescente potere dei militari; anche se questi ultimi erano in teoria sottoposti
all’autorità degli organi costituzionali, nella pratica gestivano totalmente la guerra di propria iniziativa,
influenzando anche le scelte dei politici.
i vertici dello stato, gli organi del potere esecutivo e i grandi gruppi del potere economico e
finanziario dilatarono il loro ruolo decisionale a scapito degli organismi rappresentativi
le libertà democratiche subirono forti restrizioni: ogni opposizione e dissenso veniva bollato come
disfattismo.
si diffuse col tempo l’idea che la limitazione della libertà di informazione e la censura fossero
legittime nel superiore interesse della nazione, e che la stampa dovesse svolgere esclusivamente
una funzione di propaganda patriottica; era però un patriottismo che spesso finiva per dipingere il
nemico come disumano e barbaro, con accenti tipicamente razzisti. Si vennero anche perfezionando
quelle tecniche di manipolazione e di controllo dell’opinione pubblica che, negli anni tra le due
guerre, avrebbe avuto grande sviluppo grazie alla diffusione della comunicazione di massa.
si diffusero nelle autorità politiche intolleranza e autoritarismo, segnando una profonda crisi dei valori
liberali e democratici: da qui sarebbero nati i fascismi.
Il presidente americano Wilson aveva ideato un programma di pace in 14 punti:
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ripristino della libertà di navigazione e abbassamento delle barriere doganali (libertà di commercio)
riduzione degli armamenti
ricostituzione di Belgio, Serbia e Romania
possibilità di sviluppo autonomo dei popoli soggetti all’Impero e ai turchi
ridefinizione dei confini italiani secondo le linee indicate dalla nazionalità
autodeterminazione dei popoli (ogni popolo ha il diritto di essere indipendente e di darsi
istituzioni autonome), che doveva stare alla base delle sistemazioni territoriali,
fine della diplomazia segreta, nella convinzione che un’opinione pubblica informata e capace di
valutare gli atti internazionali dei propri governi fosse una solida garanzia di pace.
Wilson propose l’istituzione di un organismo internazionale, la Società delle nazioni, che assicurasse il
rispetto delle norme di convivenza tra le nazioni, l’indipendenza e l’integrità dei territori a tutti gli Stati, e che
impedisse lo scoppio di nuove guerre. Gli Stati membri avrebbero dovuto rinunciare alla guerra come
soluzione dei contrasti, si sarebbe dovuto ricorrere all’arbitrato e gli Stati aggressori avrebbero subito
sanzioni economiche; inoltre, si doveva eliminare l’ingiustizia, la violenza e ogni attrito tra i popoli.
Difficile attuazione:
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il principio di autodeterminazione in Europa si scontrava con gli egoismi nazionali e con la presenza
in alcuni stati di etnie diverse, e nel mondo coloniale con la volontà delle potenze europee di
conservare il più possibile i propri domini.
la Società delle nazioni (con sede a Ginevra), che fu costituita proprio dai partecipanti a Versailles,
nacque già debole: gli Stati Uniti ne rimasero fuori, perché il nuovo presidente Harding non voleva
sottostare a vincoli internazionali permanenti, quindi non ratificò il trattato, il Giappone se ne
disinteressò e rimasero esclusi i paesi sconfitti, in particolare la Russia e la Germania. Di fatto, la
Società delle nazioni rimase in mano a Francia e Inghilterra, e non fu in grado di prevenire nessuna
delle crisi internazionali che avvennero nel periodo tra le due guerre perché le mancavano forza e
autorevolezza.
Con la guerra, infine, erano crollati i pilastri dell’ordine europeo centro-orientale:
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l’impero russo si era dissolto a causa della rivoluzione interna
l’impero austro-ungarico e quello tedesco erano crollati a causa della sconfitta. A Vienna e Berlino i
monarchi avevano abdicato ed era stata proclamata la repubblica.
Dal punto di vista territoriale, il problema dei negoziatori riuniti a Parigi per la conferenza di pace era quello
di ridisegnare la carta politica dell’Europa.