“Italia sarà!” Il Risorgimento a Lodi nelle carte dell’Archivio storico comunale 16-26 marzo 2011 Per saperne di più… Breve guida alla mostra documentaria Archivio storico comunale 1.Regolamento per la difesa delle barricate Governo provvisorio di Lombardia Milano, marzo 1848 Tra il 18 e il 22 marzo 1848 la popolazione milanese insorse contro il presidio militare austriaco che occupava la città, capitale del Regno Lombardo Veneto. La resistenza dei Milanesi, organizzata con efficienza grazie ad una fitta rete di barricate e di contatti tra i vari quartieri della città, riuscì ad avere la meglio sulle truppe austro-ungariche, guidate dal feldmaresciallo Radetzky, che furono costrette alla fuga. L’insurrezione coinvolse l’intera popolazione cittadina, che combattè innalzando barricate nelle vie e sparando dalle finestre e dai tetti delle case, per impedire il passaggio dell’esercito austriaco. La notizia della sommossa milanese si diffuse velocemente nei territori circostanti, anche grazie ai palloni aerostatici lanciati dagli insorti, che si depositarono nelle campagne limitrofe, portando messaggi insurrezionali e richieste d’aiuto e soccorso. A Lodi, giunta la notizia della rivolta, si costituì un comitato segreto per l’organizzazione degli aiuti da portare ai Milanesi; dalla città e dal territorio partirono alcuni giovani volontari decisi a portare il loro sostegno agli insorti. L'anima del comitato era costituita da un gruppo di insegnanti del liceo comunale, legati alle idee mazziniane e di sentimenti repubblicani tra cui figurano Paolo Gorini e gli abati Luigi Anelli, Pasquale Perabò e Cesare Vignati. Nel frattempo, gli Austriaci di Radetzky, in ritirata cercarono rifugio a Lodi, dove restarono accampati qualche giorno, dal 24 al 27 marzo e abbandonando la città tentarono, inutilmente, di incendiare il ponte sull’Adda, ostacolati dall’intervento della popolazione. Le Cinque giornate milanesi rappresentano uno degli episodi più importanti della storia risorgimentale italiana; l’efficacia e la risonanza destata dall’azione popolare fu tale da spingere all’intervento anche il “titubante” Re di Sardegna. Dopo lunghe esitazioni, infatti, Carlo Alberto, approfittando della debolezza degli Austriaci in ritirata, decise di dichiarare guerra all’Impero asburgico, dando il via alla Prima guerra d’indipendenza italiana. 2. Bullettino della sera Governo provvisorio di Lombardia Milano, 31 marzo 1848 Il 23 marzo 1848 Carlo Alberto, sull’onda dei moti milanesi e approfittando della debolezza austriaca, dichiarò guerra all’Impero asburgico, dirigendo l’esercito piemontese verso Milano. Nello stesso tempo, gli Austriaci, in fuga dalla città lombarda, tentarono di ripiegare sulle fortezze del Quadrilatero. Il sistema difensivo austriaco del Lombardo Veneto, infatti, si dispiegava su un quadrilatero (da cui il nome) i cui vertici erano costituiti dalle fortezze di Peschiera del Garda, Mantova, Legnago e Verona, comprese fra il Mincio, il Po e l’Adige. Difficilmente aggirabile e attaccabile, il sistema di fortezze riusciva ad ostacolare i movimenti delle truppe nemiche nella pianura padana. Il 30 marzo 1848 Carlo Alberto entrò a Lodi accolto dalla folla festante e dal suono della campane. L’esercito austriaco aveva da poco abbandonato la città, dirigendosi verso Crema (il 27 marzo 1848); il sovrano si fermerà a Lodi due giorni, fissando il proprio quartier generale nell’allora Casa Taxis, in Corso Archinti n.8. Il comandante Manfredo Camperio (Milano, 30 ottobre 1826 - Napoli, 29 dicembre 1899), accusato di attività cospirativa, fu arrestato dalla polizia austriaca nel febbraio 1848, venne deportato a Linz e successivamente tradotto nelle carceri di Milano dalle quali fu liberato in seguito all'insurrezione di marzo. Partecipò, quindi, ai combattimenti delle Cinque giornate e alle successive guerre d’indipendenza. Anche il comandante Luciano Manara (Milano, 23 marzo 1825 - Roma, 30 giugno 1849) partecipò attivamente alle Cinque giornate milanesi e alla Prima guerra d’indipendenza, organizzando un proprio gruppo di volontari; al ritorno degli Austriaci fu costretto a ritirarsi in Piemonte dove fu a capo di un corpo di bersaglieri lombardi; morì in combattimento nella difesa della Repubblica romana. Il generale Michele Bes guidò una delle divisioni dell’esercito piemontese che fu sconfitta a Novara dall'esercito austriaco (23 marzo 1849). 3. Proclama agli Italiani di Carlo Alberto Lodi, 31 marzo 1848 Il 30 marzo 1848 l'esercito piemontese, guidato da Carlo Alberto, entrò a Lodi. Il Re, accompagnato dai figli, Vittorio Emanuele, duca di Savoia e Ferdinando, duca di Genova, fissò il proprio quartier generale nell’allora Casa Taxis, in Corso Archinti n.8. Da lì, il 31 marzo 1848, rivolse ai popoli della Lombardia, della Venezia, di Piacenza e di Reggio questo proclama inneggiante all'unità nazionale. A chiusura del proclama Carlo Alberto invocò la protezione del pontefice, Pio IX. L'elezione al soglio pontificio di Pio IX, al secolo Giovanni Maria Mastai Ferretti (Senigallia, 13 maggio 1792 - Roma, 7 febbraio 1878), fu salutata con grande entusiasmo da parte dei patrioti italiani, che videro incarnate nel nuovo pontefice riformatore le speranze di un sostegno alla causa dell'unità nazionale. Nei primi anni del proprio pontificato, infatti, Pio IX dimostrò una certa apertura nei confronti delle richieste liberali della popolazione: nel marzo 1848 concesse la costituzione e attuò una forte politi- ca riformista all'interno dello Stato Pontificio. La sua posizione mutò radicalmente in seguito ai moti rivoluzionari che portarono alla formazione della Repubblica Romana e alle imprese garibaldine: vedendo apertamente minacciato il riconoscimento del potere temporale della Chiesa, Pio IX ab bandonò la causa dell'unità nazionale. Dopo la conquista di Roma del 1870 e la proclamazione del Regno d'Italia, rifiutò di riconoscere il nuovo Stato, ritirandosi in Vaticano e dichiarandosi “prigioniero” dello Stato italiano”. Questa situazione, indicata come Questione Romana, trovò soluzione solo nel 1929 con la firma dei Patti Lateranensi che normarono i rapporti tra Stato e Chiesa all'interno del territorio italiano. 4. Bullettino del mattino Governo provvisorio di Lombardia Milano, 1 aprile 1848 L’esercito piemontese, guidato da Carlo Alberto, procede nell’inseguimento delle truppe austriache del feldmaresciallo Radetzky. La ritirata dell’esercito asburgico, costretto a ripiegare verso le fortez ze del Quadrilatero, viene ostacolata dal continuo allagamento dei campi messo in opera dai piemontesi. Il manifesto accenna ai proclami emanati dal Re nella città di Lodi e all’ottima accoglienza che gli stessi hanno ricevuto da parte della popolazione. Ignazio Prinetti (Milano, 26 agosto 1814 - Milano, 20 settembre 1867) era stato arrestato a Milano, dalla polizia austriaca, l’8 febbraio 1848, perché coinvolto in alcuni disordini cittadini. Fu nominato senatore del Regno nel febbraio 1860, ricoprì anche le cariche di governatore, poi prefetto, di Novara (dal 1859 al 1861), di consigliere comunale di Milano (1859) e di Presidente della Congregazione di Carità di Milano. 5. Appello alla moderazione, all’ospitalità e alla fratellanza Comitato centrale di Pubblica Sicurezza di Lombardia e Governo provvisorio di Lodi Lodi, 7 aprile 1848 I membri del Governo provvisorio cittadino diffondono un monito del Comitato centrale di Pubblica sicurezza in cui si invita la popolazione alla tolleranza nei confronti degli stranieri che risiedono nei territori liberati dal dominio austriaco. Si fa appello alla magnanimità e alla moderazione che la popolazione ha saputo dimostrare fino a quel momento, invitando a non trasferire la giusta indignazione contro il governo austriaco ai singoli individui. Si ricorda, inoltre, come ciò sia necessario per tutelare e garantire la sicurezza dei cittadini “italiani” ancora residenti all’estero ed in particolare nei territori austriaci. Il manifesto è firmato dai membri del Governo provvisorio cittadino che si costituì a Lodi in seguito all’abbandono della città da parte delle truppe austriache: Giuseppe Marchi, Giovanni Narcisi, Francesco Picolli, Pietro Terzaghi, Modesto Picozzi, Paolo Trovati, Lorenzo Bonomi, Giuseppe Pigna e Francesco Martani. Carlo Terzaghi fu nominato podestà, l’abate Cesare Vignati svolgeva le funzioni di segretario. 6. Ringraziamento al clero della città e diocesi di Milano e delle Provincie Governo provvisorio di Lombardia Milano, 7 aprile 1848 Il manifesto, a firma del Governo provvisorio di Lombardia, esprime la gratitudine dei patrioti italiani nei confronti dell’operato dei sacerdoti che furono di supporto alla causa dell’indipendenza nazionale. Si chiede la collaborazione del clero, la santa milizia di Pio IX, per continuare l’opera di liberazione nazionale. Tra i firmatari del documento compare anche un lodigiano: l’abate Luigi Anelli. Nato a Lodi nel 1813, l’abate Luigi Anelli fu un forte sostenitore delle idee repubblicane e democratiche; docente di filosofia presso il liceo ginnasio comunale, venne licenziato nel 1848, a causa delle sue idee politiche e per l'aperto sostegno fornito all'insurrezione milanese. Fu eletto, in qualità di rappresentante della città e della provincia di Lodi e Crema, nel Governo provvisorio di Lombardia, che si costituì in seguito alle Cinque giornate milanesi. Repubblicano convinto, espresse nettamente la propria contrarietà al plebiscito per l'annessione della Lombardia al Regno di Sardegna, e per questo fu aspramente criticato dai propri concittadini. Nel 1860 fu eletto deputato al Parlamento Subalpino. In qualità di deputato si oppose fortemente alla cessione di Nizza e della Savoia alla Francia, pronunciando un discorso fortemente critico nei confronti del primo ministro Cavour e anche in questo caso fu aspramente criticato e pubblicamente sconfessato dalla Giunta amministrativa di Lodi. Deluso dalla politica, si ritirò a vita privata trasferendosi a Nizza, dove trascorse gli ultimi anni della propria vita dedicandosi alla scrittura di una storia della Chiesa. Morì a Milano nel 1890. 7. Nomina di Paolo Trovati a Comandante provvisorio della Guardia Nazionale di Lodi Congregazione municipale di Lodi Lodi, 12 giugno 1859 La Guardia Nazionale costituiva un corpo di milizia civica volontaria con il compito di garantire la sicurezza e l’ordine pubblico e, in caso di necessità, poteva intervenire a supporto dell’esercito regolare in caso di necessità. La Guardia Nazionale fu istituita per la prima volta in Francia nel 1791 e rappresentò una delle pri me attuazioni della Rivoluzione francese: chiamati a vestire l’uniforme e a partecipare attivamente alla difesa del proprio territorio i “sudditi” diventavano finalmente “cittadini”. L’organizzazione di queste milizie civiche si diffuse in Italia nel periodo napoleonico. A Lodi la Guardia Nazionale fece la prima comparsa nel 1797, l’anno successivo la storica battaglia sul ponte dell’Adda. Erano chiamati ad arruolarsi tutti i cittadini tra i 16 e i 60 anni, ad eccezione dei rappresentanti del clero e dei padri di famiglia con 5 o più figli a carico. Gli esonerati dovevano però pagare una tassa, a seconda delle proprie possibilità. Significativa la data del manifesto: il 10 giugno 1859, gli Austriaci, sconfitti a Melegnano (l'8 giugno) dalle truppe dell’esercito francese, guidate dal maresciallo Mac Mahon, sono costretti alla ritirata oltre l’Adda e abbandonano la città dopo aver incendiato il ponte sul fiume. Il manifesto, emanato due giorni dopo questi avvenimenti, fa riferimento agli “urgenti e sentiti bisogni del momento”. Gli amministratori lodigiani inviarono subito abbondanti viveri ai vincitori e i francesi, appena entrati a Lodi, si affrettarono a riparare il ponte, fondamentale per il regolare svolgimento delle manovre belliche. Paolo Trovati fu in seguito nominato podestà di Lodi, il 13 settembre 1859, e ricoprì la carica di sindaco dal 26 gennaio 1860 al 19 ottobre 1861. Nato a Lodi nel 1821, appartenente ad una storica famiglia della borghesia lodigiana, laureato in legge, partecipò come capitano della Milizia cittadina all'insurrezione milanese delle Cinque giornate e per questo fu costretto ad abbandonare la città al ritorno degli Austriaci. Fu il primo sindaco di Lodi del periodo post-unitario. 8. Appello alle signore di Lodi Congregazione comunale di Lodi Lodi, 13 giugno 1859 L'amministrazione cittadina fa appello alle signore lodigiane per la raccolta di bende, panni e camice a servizio degli ospedali militari allestiti in città: Santa Chiara, per i piemontesi, il Seminario vescovile, per i francesi. Erano inoltre adibiti ad ospedale militare anche la Chiesa di Sant'Antonio e il castello. 9. Popolazioni agricole ed operaje Congregazione municipale di Lodi Lodi, 15 giugno 1859 L'amministrazione cittadina fa appello alle popolazioni agricole ed operaie perchè non cedano alla propaganda di chi diffonde idee contrarie alla monarchia. Si ricordano le privazioni e le sofferenze causate dalla dominazione straniera, mentre si esalta l'operato di Vittorio Emanuele II, Primo soldato e Primo figlio della Patria, il cui governo garantirà pace e prosperità. 10. Avviso alla gioventù italiana Commissione arruolamento di Lodi Lodi, 22 giugno 1859 Nel corso del 1859 furono numerosi i fuoriusciti dal Lombardo Veneto che si recarono in Piemonte per essere arruolati sotto la bandiera del Re di Sardegna, molti partirono convinti di potersi arruolare al comando di Garibaldi, ma vennero per lo più dirottati verso l'esercito regolare. Nel giugno del 1859 si costituì a Lodi una commissione per l'arruolamento di giovani volontari nelle truppe dei Cacciatori delle Alpi, il corpo di combattenti guidato da Garibaldi che partecipò attivamente alla Seconda guerra d'indipendenza. L’avviso sottolinea come la paga destinata ai volontari sia pari a quello dei militari regolari. 11. Festa da ballo in onore del Re Vittorio Emanuele II Congregazione municipale di Lodi Lodi, 13 settembre 1859 Il 20 settembre 1859 Vittorio Emanuele II visitò Lodi, ospite a palazzo Ghisalberti. Nell'ambito delle cerimonie per l'accoglienza al sovrano, la Congregazione municipale organizzò presso il Teatro Sociale una festa da ballo con scopi benefici, a favore dell'Istituto militare degli invalidi. Il Teatro Sociale aveva sede nei terreni vicini al Monastero di San Vincenzo, adiacente alle mura della città nei pressi di Porta Nuova, alla fine dell'attuale corso Archinti; venne inaugurato il 25 agosto 1789 e chiuse una prima volta i battenti nel 1890. Fu acquistato due anni dopo dall'impresario Antonio Lombardo che, dopo alcuni anni di chiusura per lavori di ristrutturazione, lo inaugurò nella stagione di Carnevale 1894 intitolandolo a Giuseppe Verdi. Il Teatro Verdi cessò definitivamente l'attività nel 1937, quando se ne decise la demolizione a favore della costruzione di nuove scuole elementari, (in Corso Archinti. Francesca Saverio Cabrini) 12. Passaggio di Cavour a Lodi Giunta municipale di Lodi Lodi, 26 febbraio 1860 Viene riportata la notizia del passaggio a Lodi di Camillo Benso conte di Cavour, diretto a Cremona. Il primo ministro è salutato come simbolo di libertà e indipendenza al pari di Garibaldi e Vittorio Emanuele II. Cavour è da poco rientrato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il 21 gennaio 1860, dopo le dimissioni presentate a seguito della firma della Pace di Zurigo (11 novembre 1859) che ratificava l'armistizio con l'Austria stipulato l'11 luglio 1859 a Villafranca. Di lì a poco avrebbe firmato il trattato di cessione di Nizza e della Savoia alla Francia, ottenendo in cambio l'annessione al Regno di Sardegna della Lombardia, della Toscana e della Romagna e dei Ducati di Parma e Modena. 13. Agli Italiani del centro Congregazione municipale di Lodi Lodi, 17 marzo 1860 L'appello rivolto agli italiani del centro fa riferimento ai plebisciti che si svolsero tra l'11 e il 12 marzo 1860 e che, con i loro risultati, decretarono l'annessione al Regno di Sardegna dei territori della Toscana e dell'Emilia Romagna. Alcuni giorni dopo, il 24 marzo 1860, il Trattato di Torino sancirà la definitiva cessione alla Francia della Contea di Nizza e della Savoia. 14. Discorso della Corona per l'apertura del Parlamento italiano 18 febbraio 1861 Il 18 febbraio 1861, a Torino, in Palazzo Carignano, si aprì la prima seduta del nuovo parlamento, che già si definì “italiano”. Le Camere comprendevano anche i deputati e i senatori eletti nelle nuove provincie del Regno; l'inaugurazione, come da tradizione, si aprì con il discorso della Corona a senatori e deputati. Vittorio Emanuele II parlò dell’Italia “quasi tutta” unita e della necessità di proseguire nell’opera di unificazione, non solo territoriale, ma anche politica e sociale. Concluse con un appello ai parlamentari perchè fossero concordi nel concedere al suo governo le risorse necessarie al proseguimento della guerra. Note bibliografiche: - Il Municipio e la città. Il Consiglio comunale di Lodi (1859-1970), a cura di Giorgio Bigatti, Cinisello Balsamo, Silvana, 2005 Lodi e i Lodigiani nel 1848, Lodi, Lodigraf, 1990 Lodi, la storia dalle origini al 1945, Lodi, Banca Popolare di Lodi, 1989