Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini Lezione 28 del 28 Maggio 2006 VI.2. L’opera geometrica di Clairaut (Continuazione) VI.2.4. I contenuti della Prima Parte. (Continuazione) VI.2.4.5. I Criteri di congruenza dei triangoli – Gli angoli. Clairaut mostra ora come sia necessario, per esigenze pratiche, introdurre i Criteri di congruenza dei triangoli, ma utilizza anche una nozione assai ‘strana’ di similitudine. Ciò inizia nell’Articolo I.25 in cui introduce, si fa per dire, l’uguaglianza simile: «Articolo I.25. Ritorno alla misura dei Terreni e vedo che quelli che si vogliono misurare, sono spesso tali che si ‘oppongono’ alle operazioni che seguono le prescrizioni dei metodi precedenti. Suppongo che ABCDE (fig. 24) sia la figura c’un campo, di un terreno recintato, eccetera, di cui si voglia avere la misura. Seguendo ciò che si è visto, bisognerà suddividere ABCDE in triangoli come ABC, ACD, ADE; poi misurare questi triangoli, dopo avere abbassato le perpendicolari EF, CF, BG: ma nello spazio ABCDE, si trovano alcuni ostacoli, un rilievo, per esempio, un bosco, uno stagno, ecc. che impediscono che si mandino linee di cui si avrebbe bisogno; cosa bisognerà fare allora? Quale metodo si dovrà seguire per rimediare agli inconvenienti del terreno. Quello che per primo viene in mente è di scegliere qualche terreno piano, sul quale si possa operare, e di descrivere su questo [nuovo] terreno dei triangoli uguali e simili ai triangoli ABC, ACD, ecc. Vediamo come ce la caveremo per formare dei nuovi triangoli. » Pertanto l’uguaglianza simile ha il compito di ricondurre a casi più abbordabili, casi difficili. Da notare che cosa sia ‘simile’ non è stato definito e che nel testo parla di «uguali e simili», relazione ancora meno definita, che potrebbe far venire in mente e figure uguali e similmente poste (o descritte) di Euclide (cfr. Eucl. Prop. VI.31. in III.6.3.4.). Ed ecco il (terzo) Criterio di congruenza «Articolo I.26. Conoscendo i tre lati di un triangolo, fare un altro triangolo che sia a lui uguale. Cominciamo col supporre che l’ostacolo si trovi all’interno del triangolo ABC (fig. 25), i cui lati siano noti e che si voglia tracciare un triangolo uguale e simile sul terreno scelto: come prima cosa si descriverà una linea DE uguale ad AB (fig. 25 e 26), poi prendendo una - 313 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini corda della lunghezza BC, e fissando una delle sue estremità in E si descriverà l’arco IFG, che avrà la corda per raggio; e per mezzo di un’altra corda, presa uguale ad AC e di cui si attaccherà similmente uno dei capi in D, si traccerà l’arco KFH, che taglierà il primo nel punto F; allora conducendo le linee DF e FE, si avrà un triangolo DEF, uguale e simile al triangolo proposto ABC; ciò che è evidente essendo i lati DF e EF, che si uniranno nel punto F, rispettivamente uguali ai lati AC e BC, uniti nel punto C, ed avendo preso la base DE uguale a AB, non sarà possibile che la posizione delle linee DF e EF su DE sia differente della posizione delle linee AC e BC su AB. E’ vero che si potrebbero prendere le linee Df, Ef, al disotto di DE; ma il triangolo si ritroverebbe ancora lo stesso, sarebbe semplicemente rovesciato.» Come si vede lo spazio di Clairaut è uno spazio anisotropo, in cui ci sono delle direzioni privilegiate, un sopra ed un sotto. Per questi motivi i triangoli ABC, DEF e DEf sono uguali, ma solo ABC e DEF sono anche simili, mentre DEf è rovesciato. A ben guardare l’argomentazione dell’articolo I.26 ricopia l’enunciato e la dimostrazione di Eucl. Prop. I.8, il cosiddetto terzo Criterio di congruenza dei triangoli (cfr. II.4.6.). Per passare ad altri Criteri di congruenza c’è bisogno dell’angolo che viene dato con una ‘definizione’ assai discutibile dal punto di vista logico ed anche della chiarezza. «Articolo I.27. Un angolo è l’inclinazione di una linea su un'altra. Se non si possono misurare che due dei tre lati di un triangolo ABC, i due lati AB, BC (fig. 27), per esempio, è chiaro che con ciò soltanto, non si potrebbe determinare un secondo triangolo uguale e simile a ABC. Infatti, comunque si sia preso DE uguale a BC e DF uguale a BA (fig. 27 e 28), non si saprebbe quale posizione dare a questo rispetto a quello. Per eliminare tale difficoltà, la risorsa che si presenta è semplice: si fa pendere DF nella stessa maniera su DE, come AB pende su BC; o, per esprimersi come i Geometri, si dà all’angolo FDE la stessa apertura dell’angolo ABC. » Come si vede, in questa versione del primo Criterio di congruenza dei triangoli, si è nelle stesse condizioni della Eucl. Prop. I.4. Come si è commentato in II.4.6. per il testo euclideo, il Criterio è di fatto un postulato, o meglio è fondato su un postulato inespresso di movimento. Qui sembra solo una costruzione, ma il testo dell’Art. I.27. non chiarisce come sia possibile ripetere (in modo accettabilmente esatto) un’inclinazione data in un’altra situazione. A questo pongono rimedio, in due modi i due successivi Articoli. Prima di illustrarli, si noti come la nozione di angolo si basi su quella di inclinazione, per altro non specificata, se non in modo allusivo e ‘negativo’ nell’ Art. I.3, in cui si dice che la perpendicolare non ‘pende’ da nessuna parte. Quindi ‘inclinazione’ o è implicita nel verbo - 314 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini ‘pendere’, oppure viene definita assieme all’angolo. Di fatto Clairaut sembra propendere per una banale interpretazione tratta dal senso comune. Torniamo ai due articoli sul trasporto di angoli. «Art. I.28. Maniera di fare un angolo uguale ad un altro. – Essendo dati due lati e l’angolo compreso, il triangolo è determinato. Per fare questa operazione si prende uno strumento come quello abc (fig. 27), composto di due righelli che possano ruotare attorno a b, e si pongono questi righelli sui lati AB e BC. Pertanto essi formano tra loro lo stesso angolo dei lati AB e BC. Piazzando quindi il righello b sulla base DE, in modo che il centro b corrisponda al punto D, e che l’apertura dello strumento resti sempre la stessa, il righello ab darà la posizione della linea DF, che formerà, con la linea DE l’angolo FDE, uguale all’angolo ABC. Ora la linea DF sarà stata presa della stessa lunghezza di BA. Dunque non rimarrà che tracciare per F e per E la retta FE, per avere il triangolo FED interamente uguale e simile al triangolo ABC. Pratica semplice, che suppone questo principio evidente, che un triangolo è determinato dalle lunghezze di due dei suoi lati e dalla loro apertura; o, ciò che è lo stesso, che un triangolo è uguale ad un altro, allorché due dei loro lati sono rispettivamente uguali, e che l’angolo compreso tra loro è ugualmente aperto.» «Articolo I.29. Seconda maniera di fare un angolo uguale ad un altro – la corda di un arco di cerchio è la retta che viene delimitata dalle due estremità dell’arco.» L’Art. I.28, mostra dove viene richiesto il movimento, che sembrava ‘scomparso’, nell’Art. I.27. Invece di muovere tutto il triangolo, su muove ‘solo’ l’angolo. Di fatto dalla combinazione degli Artt. I.27 e I.28, si ha una conferma che alla base del primo Criterio di congruenza dei triangoli c’è proprio il movimento: prima quello dei lati che, come in altri passi precedenti, si realizza con corde o compassi (non euclidei), ora quello degli angoli. Si è quindi di fronte a due possibilità: quella euclidea del trasporto dell’intero triangolo o quella di Clairaut di richiedere il trasporto a ‘pezzi’. Ma senza il movimento non si riesce a trasportare triangoli o lati o angoli, anche se questo trasporto viene ‘nascosto’ dalla scelta degli strumenti. Il secondo Criterio di congruenza dei triangoli è presentato come «Articolo I.30. Due angoli ed un lato determinano il triangolo.» Come in Euclide, di conseguenza a questi Criteri si ha «Articolo I.31. Il triangolo isoscele è quello che ha due lati uguali. – Gli angoli che questi lati fanno con la base sono uguali tra loro. A Se dei tre lati del triangolo ABC (fig. 31) non si può misurare che la base BC e se si sapesse, d’altra parte, che questo triangolo fosse isoscele, vale a dire, che i due lati AB e AC fossero uguali, è D B Fig.31 C E evidente che basterebbe misurare uno dei due angoli; poiché allora l’altro gli sarebbe uguale. Se ne vede facilmente la ragione, se si rappresenta ciò che poi si ottiene, supponendo che i due lati AB, AC del triangolo ABC, fossero dapprima coricati su BD, e su CE, prolungamenti della base BC e che, in seguito si alzano per riunire le loro estremità nel punto A; perché allora l’uguaglianza di questi due lati impedirebbe loro - 315 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini di fare più strada uno dell’altro. Dunque essendo congiunti essi penderanno ugualmente sulla base BC. Dunque l’angolo ABC sarà uguale all’angolo ACB. » Interessante che l’articolo è contemporaneamente una Definizione ed una Proposizione, anche se non si determina quale sia la definizione e quale sia la proprietà, perché dal testo non è chiarissimo se isoscele viene usato nel senso linguistico, con gambe uguali, o fissando l’attenzione sugli angoli. L’argomentazione è assai lontana da una qualsiasi corretta gestione: si prendono i lati, che non si possono misurare e li si fanno ruotare come aste incernierate, prima però si afferma che gli angoli devono essere uguali e poi, a supporto di ciò si usa quello che Leibniz ha chiamato, il Principio di ragione sufficiente: essendo uguali non hanno motivo di pendere diversamente. Clairaut non si pone minimamente il problema che, non essendo possibile determinare i lati del triangolo diversi dalla ‘base’, le due aste incernierate potrebbero essere troppo corte per formare un triangolo. Ma riguardando il suo testo dice anche che presa la base e gli angoli si costruisce il triangolo isoscele. VI.2.4.6. La similitudine. Oltre la strana relazione di uguaglianza simile, si introduce anche la similitudine più classica, sempre avvalendosi di un problema ‘concreto’: «Articolo I.32. Per tornare alla misura dei Terreni, si vedrà che qualunque siano gli ostacoli che si potranno incontrare nel loro interno, sarà facile, con il metodo precedente, trasportare, su un terreno libero, tutti i triangoli che suddividono lo spazio che si vorrà misurare. Supponiamo, per esempio, che voi vogliate misurare un bosco, di cui fosse figura ABCDEFG (fig. 32) Dapprima pretendiate un triangolo uguale a ABC, ciò che potrete fare senza entrare all’interno di tale triangolo, misurando i due lati AB, BC e l’angolo compreso CBA. Questo triangolo descritto fornirà l’angolo BCA, e la lunghezza AC, e siccome voi potrete misurare il lato esterno DC, voi avrete nel triangolo CAD, i lati DC e CA. Quanto all’angolo DCA (fig. 32) voi lo troverete prendendo dapprima l’angolo IKL (fig. 33), uguale all’angolo DCB, e in seguito l’angolo LKO, uguale all’angolo BCA, che vi darà l’angolo rimanente IKO, uguale all’angolo cercato DCA. Avendo così determinato il triangolo ADC, dai due lati DC e CA, e dall’angolo compreso DCA, conoscerete nello stesso modo il triangolo DAG, e il resto della figura. » Sulla reale praticità di questa tecnica ci sarebbe molto da dire, visto che queste pratiche non sono in uso in nessuno ufficio del catasto. Ed infatti, dopo avere dedicato spazio sul testo, solo per avere l’opportunità di presentare alla sua maniera i Criteri di congruenza dei - 316 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini triangoli, Clairaut raddrizza il tiro: «Articolo I.33. Il metodo che si è appena dato per misurare i terreni, nei quali non si saprebbero condurre delle linee, fa nascere spesso grandi difficoltà nella pratica. Si trova raramente uno spazio unito e libero abbastanza ampio per fare dei triangoli uguali a quelli del terreno di cui si cerca la misura. E anche quando lo si troverebbe, la grande lunghezza dei lati dei triangoli potrebbe rendere le operazioni molto difficili: abbassare una perpendicolare su una linea da un punto che dista solamente 500 tese sarebbe un compito assai ingrato, e forse impraticabile. E’ importante dunque avere un mezzo che supplisce a queste operazioni ‘grandi’. Questo metodo si offre, in un certo senso, da solo. Viene subito l’idea di rappresentare la figura ABCDE da misurare (fig. 34), mediante una figura simile abcde (fig. 35), ma più piccola, nella quale, per esempio il lato ab sia di 100 pollici, se il lato AB è di 100 tese, il lato bc di 45 pollici, se BC è di 45 tese, e di concludere in seguito che se l’estensione della figura ridotta abcde, è di 60000 pollici quadrati, quella della figura ABCDE deve essere di 60000 tese quadrate. Ma, prima di tutto, bisogna sapere in che cosa consiste la similitudine delle due figure. Articolo I.34. In cosa consiste la similitudine di due figure. Ora, per poco che ci si possa riflettere, si riconoscerà subito che le figure ABCDE, abcde, per essere simili devono essere tali che gli angoli A, B, C, D, E della [figura] grande siano uguali agli angoli a, b, c, d, e della piccola, e che, in più, i lati ab, ac, cd, ecc. della piccola, contengano tante parti p quanto i lati AB, BC, CD, ecc. contengono parti P. Articolo I.35. Per esprimere questa seconda condizione, i Geometri dicono che bisogna che i lati AB, BC, CD, ecc, siano proporzionali ai lati ab, bc, cd, ecc.; o che il lato AB contiene ab nello stesso modo che BC contiene bc, ecc. o che il lato AB è così grande, in rapporto ad ab, quanto BC lo è in rapporto a bc, ecc.; o ancora che ci sia la stessa ragione [rapporto] tra AB e ab, che c’è tra BC e bc, ecc.; o infine che AB sta ad ab, come BC sta a bc, ecc. Tutti modi d’esprimere la stessa cosa, ma che bisogna rendersi familiari per intendere il linguaggio dei Geometri.» Si sono riportati di seguito i tre Articoli che introducono la similitudine, per mostrare un tipico segmento di come Clairaut svolge la sua presentazione – argomentazione. Dapprima un problema ‘concreto’ per mostrare come la Matematica possa offrire una soluzione agevole, molto più pratica di quella forse più intuitiva utilizzata in precedenza. Segue poi una descrizione che, analizzata da vicino, potrebbe vedersi come la ‘banalità’: due figure simili sono tali se sono simili. Poi c’è la presentazione che si avvicina di più al linguaggio geometrico ‘accademico’. Da notare che in questa presentazione del linguaggio tecnico evita di utilizzare quella che è più frequente in Euclide: AB:BC = ab:bc, in cui si confrontano rapporti tra lati della stessa figure. Può sorprendere inoltre l’uso delle ‘parti’ che si fa nell’Art. I.34, ma che è giustificato dal testo dell’Art. I.33 e dalle figure 34 e 35. Se si osservano bene tali figure sotto i pentagoni presenti in esse c’è una specie di regolo graduato e un quadrato. Nella fig. 34 in nome del quadrato è X, nella 35 è x. Il regolo graduato della fig. 34 viene detto P ed è lungo come il lato del quadrato X; nella - 317 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini figura 35 il regolo p è lungo come il lato del quadrato x. Dunque P è la tesa e X la tesa quadrata, con un’evidente uso della similitudine nella rappresentazione, dato che non credo che la tesa sia rappresentabile sulla superficie del testo. Nella fig. 35 ci sono invece il pollice e un pollice quadrato, quindi quando il testo parla di parti, intende la misura secondo l’unità di misura prescelta. Fornisce inoltre quello che sarà per Euclide un teorema, che «se l’estensione della figura ridotta abcde, è di 60000 pollici quadrati, quella della figura ABCDE deve essere di 60000 tese quadrate », introducendo la legge quadratica legata alla similitudine. VI.2.4.6. Altri risultati della prima parte. Il breve saggio dato in questo capitolo mostra sufficientemente il modo di procedere di Clairaut nei riguardi della Geometria e del suo insegnamento. Questi aspetti si possono riassumere in - La preminenza data ai problemi come sorgente di ispirazione e ragione di sviluppo. - La scelta di un linguaggio piano d’uso comune. Quando se ne deve discostare, e comunque lo fa introducendo termini tecnici, dà la colpa ai Geometri. - La scarsa connessione dei vari temi che vengono presentati con un filo conduttore, quello delle necessità pratiche, non con una stretta coerenza teorica interna. Tipica l’analisi del triangolo equilatero che compare solo nell’Art. I.70, mentre in Euclide è la Prop. I.1. - La non chiara distinzione tra definizioni e teoremi. - Il costante e ripetuto riferimento alla ‘ovvietà’. Quest’ultimo è però è un punto che merita una riflessione generale. Aristotele ed Euclide hanno mostrato che il riferimento esterno all’esperienza (condivisa) è indispensabile in una teoria che pretenda di descrivere una realtà. Quali siano però le scelte che vengano fatte nella presentazione di una teoria potrebbero essere diverse, pur se si vuole descrivere la stessa fenomenologia, in quanto è possibile una molteplicità di approcci. Ciò però pone allora il problema di che cosa sia la ‘sostanza’ o la ‘essenza’ di una Scienza deduttiva, se non si mettono delle condizioni di natura metateorica. Perché prendere solo pochi punti di partenza ovvi, quando ci possono essere una molteplicità di ‘ovvietà’, talune comunemente accettate, che semplificherebbero il compito del teorico, ridurrebbero il compito del dialettico e renderebbero al disciplina più vicina a molte persone? Clairaut sembra dire che moltiplicando liberamente gli assunti ovvi, anche se non indipendenti tra loro, è possibile ripresentare tanti (se non tutti) i risultati della Geometria senza seccare il lettore, favorendo il principiante, sacrificando poco de l’esprit de Géométrie a scapito de l’esprit de finesse. Quello che viene mostrato nel resto della prima parte sono risultati ben noti, e ben chiarito dall’indice posto al termine del primo volume (che non è completo, non essendo stati indicati gli Articoli descrittivi) lo specifica: - 318 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini «36. Modo di fare una figura simile ad un’altra. 38. Se due angoli d’un triangolo sono uguali a due angoli di un altro triangolo, il terzo angolo dell’uno uguaglierà il terzo angolo dell’altro. 39. Due triangoli i cui angoli sono rispettivamente uguali, hanno il loro lati in proporzione. 40. Dividere una linea in tante parti uguali quante si voglia. 41. Cosa è una linea quarta proporzionale dopo tre linee date 42. Le altezze dei triangoli simili sono proporzionali ai loro lati. 44. Le aree dei triangoli simili stanno tra loro come i quadrati dei lati omologhi. 45. Proprietà delle figure simili ricavate da quelle dei triangoli. 47. Le aree delle figure simili stanno tra loro come i quadrati dei lati omologhi. 48. Le figure simili si differenziano solo per le scale sulle quali sono costruite. 50. Come misurare la distanza di un luogo inaccessibile. 52. Un angolo ha per misura l’arco di cerchio che viene intercettato dai suoi lati. 53. Il cerchio è diviso in 360 gradi, ogni grado in 60 minuti, ecc. 54. L’angolo retto ha 90 gradi, e i suoi lati sono mutuamente perpendicolari. 55. Un angolo acuto è più piccolo di un angolo retto. 56. Un angolo ottuso è più grande di un angolo retto. 57. La somma degli angoli, fatta dalla stessa parte di una linea retta e che hanno lo stesso vertice, vale 180 gradi. 58. Tutti gli angoli che si possono fare attorno ad uno stesso punto sono uguali, presi assieme, a quattro retti. 59. Uso dello strumento chiamato semi cerchio per prendere la grandezza d’un angolo. 60. Uso del goniometro per fare un angolo di un numero determinato di gradi. 63. Gli angoli alterni sono gli angoli rovesciati che forma, da una parte all’altra, una linea retta che cade su due parallele. Questi angoli sono uguali 64. La somma dei tre angoli di un triangolo è uguale a due retti. 68. L’angolo esterno di un triangolo vale i due angoli interni opposti. 69. Un angolo di un triangolo isoscele dà gli altri due. 70. Gli angoli di un triangolo equilatero sono ciascuno di 60 gradi. 71. Descrizione dell’esagono. 72. La metà dell’angolo al centro di un esagono dà l’angolo al centro di un dodecagono. 73. Dividere ugualmente in due parti un angolo. 74. Descrizione dei poligoni di 24, 48 lati, ecc. 75. Descrizione dell’ottagono, e dei poligoni di 16, 32, ecc. lati.» Si noti che per Clairaut il parallelismo non è un problema, essendo di fatto presentato già negli Art. I.9, però non usa l’evidenza per argomentare quanto stabilito nell’Art. I.64, che avrebbe potuto essere ostenso mediante piegature della carta, ma utilizza la dimostrazione euclidea (con poche varianti). VI.2.5. La seconda parte. Si presentano in breve i contenuti delle altre tre parti degli Elementi di Geometria, iniziando dalla seconda. - 319 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini VI.2.5.1. L’introduzione alla seconda parte. Il titolo di questa parte è Sul metodo di confrontare figure rettilinee, e si apre con una breve introduzione: «Se si fa attenzione a ciò che abbiamo detto, per mostrare come si è giunti a misurare i Terreni, si è dovuto riconoscere che le posizioni delle linee, le une rispetto alle altre, fornivano degli aspetti notevoli degni di attenzione per loro stessi, indipendentemente dall’utilità che potevano avere nella pratica; e si deve presumere che queste osservazioni abbiano coinvolto i primi Geometri tanto da spingerli a far progredire le loro scoperte, poiché non sono solo i bisogni che influiscono in modo determinante sugli uomini, essendo spesso la curiosità un motivo altrettanto grande per le loro ricerche. Ciò che ha dovuto contribuire ancora al progresso della Geometria, è il gusto che si ha naturalmente per questa precisione rigorosa senza la quale lo spirito non è mai soddisfatto. Allorché, misurando le figure, ci si è accorti che in un’infinità di casi, le scale e i semicerchi non davano che valori approssimati di linee o angoli, si sono cercati metodi che supplissero ai difetti di questi strumenti. In questa parte si riprendono le figure rettilinee; ma nelle operazioni che faremo per scoprire i loro rapporti corretti, non ci serviremo che della riga e del compasso. Capita spesso che c’è bisogno di riunire in una stessa figura, più figure che le siano simili, o di scomporre una figura in più figure della stessa specie: ciò che si può fare operando, dapprima, sui rettangoli, poiché tutte le figure rettilinee non sono che degli assemblaggi di triangoli e che ciascun triangolo è la metà di un rettangolo che ha la stessa altezza e la stessa base. » VI.2.5.2. I contenuti della seconda parte. La seconda parte si compone di 23 pagine in cui sono presentati 28 articoli dedicati per lo più ai rettangoli, come si desume dall’introduzione e dall’indice: «1. Due rettangoli che hanno la stessa altezza, stanno fra loro come le loro basi. 5. Modo di cambiare un rettangolo in un altro che abbia un’altezza data. 6. Secondo modo di cambiare un rettangolo in un altro che abbia un’altezza data. 7. Si dimostra rigorosamente che se due rettangoli sono uguali, la base del primo sta alla base del secondo come l’altezza del secondo sta alla altezza del primo. 8. Se quattro linee sono tali che la prima stia alla seconda come la terza alla quarta, il rettangolo formato dalla prima e dalla quarta è uguale al rettangolo formato dalla seconda e dalla terza. 9. Quattro quantità, di cui la prima sta alla seconda come la terza sta alla quarta, sono dette formare una proporzione. 10. Dei quattro termini di una proporzione, il primo e i quarto sono detti estremi, si chiamano medi il secondo e il terzo. 11. In una proporzione il prodotto egli estremi è uguale al prodotto dei medi. 12. Se il prodotto degli estremi è uguale al prodotto dei medi, i quattro termini formano una proporzione. 13. Da ciò si ottiene la regola del tre, o il modo di trovare il quarto termine d’una proporzione di cui sono dati i primi tre. 16. Fare un quadrato doppio d’un altro. 17. Fare un quadrato uguale a due altri presi assieme. - 320 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini 18. L’ipotenusa d’un triangolo rettangolo è il suo lato grande, e il quadrato di questo lato è uguale alla somma dei quadrati fatti su gli altri due. 20. Se i lati d’un triangolo rettangolo servono da base a tre figure simili, la figura fatta sull’ipotenusa uguaglierà le altre due prese insieme. 21. Ridurre più figure simili a una sola. 23. Il prodotto che risulta dalla moltiplicazione di un numero per se stesso è il quadrato di questo numero. La radice di un quadrato è il numero che moltiplicato per se stesso dà il quadrato. 24. Un numero è multiplo d’un altro allorché lo contiene più volte esattamente. Il lato d’un quadrato e la sua diagonale sono incommensurabili. 25. Altre linee incommensurabili. 27. I triangoli e le figure simili hanno i lati proporzionali, anche se i loro lati sono incommensurabili. 28. E queste figure stanno sempre tra loro come i quadrati dei loro lati omologhi. » Una delle poche volte che Clairaut usa il verbo ‘dimostrare’ si ha nell’Articolo II.7. Per comprendere il significato di cosa significhi dimostrare rigorosamente si riportano i due Articoli precedenti «Articolo II.5. Modo di cambiare un rettangolo in un altro che abbia un’altezza data. Ora sia proposto di cambiare il rettangolo ABCD in un altro BFEG (fig. 58), che abbia la stessa superficie, e di cui l’altezza sia BF, si osserverà che poiché il suo valore sarà il prodotto della sua altezza per la sua base, sarà necessario che il rettangolo cercato BFEG, la cui altezza sarà più grande di BC, abbia la sua base più piccola di AB: vale a dire, che se BF, per esempio, è doppio di BC, sarà necessario che BG sia la metà di AB. Se BF era il triplo di BC, BG non sarà che un terzo di AB. E F lo contenesse con frazione, come due volte un terzo, il rettangolo BFEG non D A Si vedrà ugualmente che se BF, invece di contenere BC un numero esatto di volte, C G Fig. 58 B potrà essere uguale al rettangolo ABCD, se la sua base BG non fosse parimenti contenuta due volte e un terzo nella base AB. E in generale, sarà facile vedere che affinché i due rettangoli ABCD e BFEG siano uguali, bisognerà che la base BG dell’uno sia contenuta nella base AB dell’altro, come l’altezza BC nell’altezza BF. Non si tratterà dunque che di dividere la linea AB in modo che AB stia a GB come, come BF sta a BC; ciò che si farà (Art. I.41.) mandando la linea FA e dal punto C la parallela CG. Articolo II.6. Secondo modo di cambiare un rettangolo in un altro che abbia un’altezza data. Per cambiare il rettangolo ABCD in un altro rettangolo AFEG (fig. 59), che abbia un’altezza data BF, si può utilizzare un metodo meno naturale che il precedente, ma più comodo. Avendo I E O D A G Fig. 59 F C B prolungato AD, finché incontri in I la retta FEI, condotta dal punto F, parallelamente ad AB, si condurrà la diagonale BI, e dal punto O in cui essa intersecherà il lato DC, si manderà la GOE, parallela a FB, ed il rettangolo BFEG sarà uguale al rettangolo ABCD. Per provarlo sarà sufficiente fare vedere che togliendo ai rettangoli ABCD e BFEG la parte comune OCBG, il rettangolo ADOG uguaglierà il rettangolo EOFC. Ora se si fa attenzione all’uguaglianza dei due triangoli IBF, IBA, si vedrà che ritagliando da questi triangoli quantità uguali, i resti saranno uguali. Ma il triangolo IAB diventerà il rettangolo ADOG, se se ne ritaglia i due - 321 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini triangoli IDO, OGB; così pure il triangolo IBF diventerà il rettangolo EOFC, ritagliando i triangoli IEO, OBC, uguali ai due precedenti. Dunque i due rettangoli ADOG, EOFC, resti dei due triangoli saranno uguali tra loro, così come i rettangoli ABCD, BFEG. Articolo II.7. Si dimostra rigorosamente che se due rettangoli sono uguali, la base del primo sta alla base del secondo come l’altezza del secondo sta alla altezza del primo. Questo secondo modo di cambiare un rettangolo in un altro conferma il principio che la prima suppone (Artt. II.5 e II.6), e che avrebbe potuto sembrare non esser appoggiato che su una semplice induzione. Dall’uguaglianza dei due rettangoli ABCD, BFEG, si era concluso che bisognava che AB stesse a BG come BF a BC, ed è questo che si può ora provare mediante l’articolo precedente. Poiché i triangoli IAB e OGB, essendo manifestamente simili, la base AB del grande starà alla base GB del piccolo, come l’altezza IA sta all’altezza OG, come BF a BC, uguali a loro. Dunque AB starà a GB, come BF sta a BC, conformemente al principio dell’articolo [II] 5.» A parte il riferimento ai due articoli precedenti, il che è tipico delle dimostrazioni rigorose, c’è ben poco di rigoroso in questa argomentazione e la parola chiave è «manifestamente» in cui si fa riferimento alla figura più che ad una stretta deduzione sintattica. Sicuramente l’articolazione sintattica è maggiore per i due Articoli precedenti. Dunque è difficile capire l’avverbio «rigorosamente» apposto alla parola dimostrazione. Dall’elenco degli Articoli si vede che in questa parte Clairaut considera i rapporti e le proporzioni di cui però non si preoccupa di darne la definizione, ma solo di constatarne la presenza. D C H f Inoltre si tratta anche il Teorema di Pitagora, ed in particolare basandosi su disegni come la seguente figura 61 presentata in Art. E d A F II.17. Viene sviluppata la generalizzazione del Teorema di Pitagora, utilizzando figure simili in luogo dei quadrati. E’ poi interessante la presentazione dei poligoni regolari. Fig. 61 b Scorrendo l’elenco degli Articoli si vede che i vari argomenti offrono un panorama vario e localmente connesso, ma globalmente non conseguente. Questa impressione è avvalorata dalle poche citazioni di Articoli precedenti nella argomentazione di ciascun Articolo. VI.2.6. La terza parte. Il titolo della terza parte è Della misura delle figure circolari e le loro proprietà. Come dice il titolo l’argomento principale è il cerchio e le sue parti. VI.2.6.1. L’introduzione della terza parte. Clairaut continua la sua esposizione mantenendo lo stile di premettere un’introduzione alla trattazione vera e propria: «Dopo essere giunti a misurare ogni tipo di figure rettilinee si è voluto avere il modo di determinare quelle che sono limitate da linee curve. I terreni, in generale, gli spazi di cui si tratta di cercare la misura, non sono sempre delimitati da linee dritte. - 322 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini Spesso le figure curvilinee, e le figure miste, vale a dire quelle che sono limitate da linee dritte e da linee curve, possono ridursi a figure interamente rettilinee, come abbiamo già detto; perché dovendo misurare una figura quale ABCDEFG (fig. 1), si potrebbe prendere il lato AD come un’unione di due, di tre, ecc. linee rette; sostituendo poi la retta FD alla curva FED, si avrà la figura rettilinea ABCDFG, che differirebbe così poco dalla figura mista che l’una potrebbe essere presa per l’altra, senza errore sensibile. Si opererà dunque su queste figure, seguendo i metodi precedenti. Ma i Geometri non si accontentavano per nulla di questi tipi di operazioni, non volendone che di rigorosi; d’altra parte, vi sono casi in cui la trasformazione d’una figura curvilinea o mista, in una figura interamente rettilinea, chiederebbe che si divida il suo contorno in un numero così grande di parti che, in tal caso, il metodo comune diventerebbe impraticabile; così non si sarebbe più tentati di seguirlo, se si dovesse misurare uno spazio come Z (fig. 2), o un cerchio intero, (fig. 3): sarebbe necessario prendere un’altra strada per la misura di qualunque tipo di spazio. Qui non ci soffermeremo che su quelli [spazi] che hanno per contorni archi di cerchi. » VI.2.6.2. I contenuti della terza parte. La terza parte tratta contiene 35 Articoli presentati in 39 pagine. Anche in questo caso, per motivi di brevità espositiva, si fa un elenco degli enunciati per esprimere i contenuti. «1. La misura del cerchio è il prodotto di una circonferenza per la metà del suo raggio. 2. L’area del cerchio è uguale a un triangolo la cui altezza è il raggio, e la base una retta uguale alla circonferenza. 4. Il diametro d’un cerchio avente 7 parti, la circonferenza ne è circa 22. 5. Le circonferenze dei cerchi stanno tra loro come i loro raggi. 6. Le aree dei cerchi sono proporzionali ai quadrati dei loro raggi. 7. Dei tre cerchi che hanno per raggi i tre lati di un triangolo rettangolo, quello prodotto dall’ipotenusa vale gli altri due presi assieme. 8. Una corona è lo spazio delimitato da due cerchi concentrici. Per misurare una corona bisogna moltiplicare la sua larghezza per la circonferenza media. 9. Il segmento di cerchio è uno spazio delimitato da un arco e una corda. La misura di tutte le figure circolari si riduce a quelle del segmento. 10. Il settore è una porzione del cerchio delimitato da due raggi e dall’arco che essi comprendono. La sua misura è quella del segmento. 11. Trovare il centro d’un arco qualunque. 13. Se da un punto qualunque della circonferenza d’un semicerchio si tracciano due rette agli estremi del diametro si avrà un angolo retto. 15. Tutti gli angoli il cui vertice sta alla circonferenza e che si appoggiano sullo stesso arco sono uguali e hanno in comune la misura, la metà dell’arco su cui si appoggiano. 18. La tangente al cerchio è la linea che non lo tocca che in un punto. L’angolo al segmento è quello che è formato dalla corda e dalla tangente. La sua misura è la metà dell’arco del segmento. 19. La tangente è perpendicolare al diametro che passa per il punto di tangenza. - 323 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini 21. Cosa è un segmento in cui sia possibile inscrivere un angolo dato. Modo di fare un segmento che contiene un angolo dato. 22. Trovare le distanze di un luogo da altri tre di cui si conoscono le posizioni. 24. Il quadrato di una perpendicolare qualunque al diametro di un cerchio è uguale alle due parti del diametro. 25. Mutare un rettangolo in un quadrato. 26. Cos’è una media proporzionale tra linee dritte. Modo di trovarla. 27. Altro modo. 28. Mutare una figura rettilinea in un quadrato. 30. Fare un quadrato che stia ad un altro quadrato in rapporto dato. 31. Fare un poligono che sia in un rapporto dato con un poligono simile. 32. Fare un cerchio che stia ad un altro cerchio in rapporto dato. 33. Se da un punto preso fuori di un cerchio si tracciano due linee che lo attraversino, i rettangoli di queste due rette con le loro parti esterne saranno uguali. 34. Il quadrato della tangente è uguale al rettangolo della secante e della sua parte esterna. 35. Da un punto dato al di fuori di un cerchio, condurre una tangente. » Per evidenziare come Clairaut abbia rielaborato la Geometria classica, si mostrano i dettagli di tre Articoli consecutivi sulla circonferenza. «Articolo III.3. Non si tratta dunque che d’avere il raggio e la circonferenza. A proposito del raggio, è facile misurarlo; non è la stessa cosa per la circonferenza: tuttavia, per avere la sua misura, si può avvolgere il cerchio con un filo : ciò in più occasioni basta per la pratica. Ma fino ad oggi non si è riusciti a misurare geometricamente la circonferenza del cerchio, vale a dire a determinare esattamente il rapporto che essa ha con il raggio. Si trova questo rapporto fino a cento millesimi, a meno di un milionesimo, ed anche se si approssima tanto quanto si vuole, senza per ciò che lo si possa determinare rigorosamente. Articolo III.4. Il diametro d’un cerchio avente 7 parti, la circonferenza ne è circa 22. L’approssimazione la più semplice che si sia trovata è quella dovuta ad Archimede. Il diametro avendo 7 parti, la circonferenza ne contiene di queste parti un numero compreso tra 21 e 22; e si sa che essa approssima di più 22 che 21. Articolo III.5. Le circonferenze dei cerchi stanno tra loro come i loro raggi. Del resto, è chiaro che se si sapesse esattamente il rapporto di una sola circonferenza rispetto al suo raggio, si conoscerebbe quello di ciascuna altra circonferenza col proprio raggio; dovendo essere questo rapporto lo stesso in tutti i cerchi. Questa affermazione sembrerebbe così semplice che non avrebbe bisogno d’essere dimostrata, poiché si avverte che quali che fossero le operazioni che si dovrebbe fare per misurare una circonferenza, bisognerebbe fare le medesime operazioni per misurare ogni altra circonferenza; e così si troverebbero in lei lo stesso numero di parti del suo raggio.» Questo è lo ‘equivalente’ per Clairaut del metodo di esaustione! Interessante il contrasto tra la misura pratica e quella geometrica della circonferenza. VI.2.7. La quarta parte. Il trattato di Clairaut si completa con una quarta parte, dal titolo, Del modo di misurare i solidi e le loro superficie. - 324 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini VI.2.7.1. L’introduzione della quarta parte. L’ultima parte degli Eléments de Géométrie, si apre con un’introduzione, come per le parti precedenti. «I Principi che abbiamo stabilito nelle tre prime Parti di questa Opera, potrebbero essere sufficienti per risolvere problemi ben più difficili di quelli che abbiamo proposto; ma è più nell’ordine che abbiamo seguito in precedenza, di passare ora alla misura dei solidi, vale a dire delle estensioni limitate che hanno contemporaneamente tre dimensioni, lunghezza, larghezza e profondità. Questa ricerca è stata, senza dubbio, uno dei primi oggetti che ha attratto l’attenzione dei Geometri. Si avrebbe voluto sapere, per esempio, quante pietre da taglio c’erano in un muro la cui altezza AD, la larghezza AB e la profondità, o spessore BG erano conosciuti (fig. 34). Ci si sarà proposto di determinare la quantità d’acqua che conteneva una fossa o una peschiera ABCD (fig. 35); si avrà voluto trovare la solidità di una torre, di un obelisco, d’una casa, d’un campanile, ecc. Per trattare le figure che hanno le tre dimensioni nello stesso modo in cui abbiamo trattato quelle che non ne hanno che due, cominceremo con l’esaminare i solidi che sono delimitati da piani. Non avremo bisogno di parlare di come misurare le superficie dei corpi, esse non sono altro che l’unione di figure rettilinee; e, di conseguenza, la loro misura dipende da ciò che è stato detto nella prima Parte. » VI.2.7.2. I contenuti della quarta parte. La quarta parte presenta 84 articoli, in 57 pagine, è dunque la più lunga in numero di Proposizioni, ma non come numero di pagine, essendo superata in questo dalla prima parte. In essa, come dice anche il titolo stesso, si trattano i solidi, ma, più in generale, la geometria solida. «1. Il cubo è una figura solida delimitata da sei quadrati. E’ la misura comune dei solidi. 2. Il parallelepipedo è un solido delimitato da sei rettangoli. I piani paralleli sono quelli che conservano tra loro la medesima distanza. 3. Misura del parallelepipedo. 4. I parallelepipedi sono prodotti da un rettangolo che si muove parallelamente a se stesso. 5. La linea perpendicolare a un piano è quella che non pende da nessun lato sul piano. E’ lo stesso per il piano perpendicolare a un altro piano. 6. La linea che è perpendicolare a un piano è perpendicolare a tutte le linee di tale piano che partono dal punti in cui lei incide [il piano]. 8. Pratica semplice per innalzare o abbassare linee perpendicolari a un piano dato. 9. Una linea sarà perpendicolare ad un piano se è perpendicolare a due linee di questo piano che partono dal punto di incidenza. 10. Modo di elevare un piano perpendicolare ad un altro. 11. Mandare un piano parallelo ad un altro. 12. Misurare l’inclinazione d’un piano su un altro. - 325 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini 13. Misurare l’inclinazione di una linea su un piano. 14. Nuovo modo per abbassare una linea perpendicolare ad un piano dato. 15. Secondo modo per innalzare una linea perpendicolare ad un piano dato. 16. Il prisma retto è una figura solida le cui basi opposte sono due poligoni uguali e le altre facce sono dei rettangoli. 17. Formazione dei prismi retti. 19. Due prismi retti che hanno basi uguali hanno lo stesso rapporto che le loro altezze. 20 Due prismi retti che hanno la stessa altezza hanno lo stesso rapporto che le loro basi. 21. La misura del prisma retto è il prodotto della sua base per la sua altezza. 22. I prismi obliqui differiscono dai prismi retti per il fatto che le facce che sono dei rettangoli in questo sono parallelogrammi in quello. 23. Formazione dei prismi obliqui. 24. I prismi obliqui sono uguali ai prismi retti, quando hanno la stessa base e la stessa altezza. 25. Lo stesso accade per i parallelepipedi obliqui rispetto a quelli retti. 26. Le piramidi sono corpi delimitati da un certo numero di triangoli che partono tutti da uno stesso vertice, e che terminano su una stessa base poligonale qualunque. 32. In cosa consiste la similitudine di due piramidi. 37. Le piramidi che hanno la stessa base e la stessa altezza sono uguali. 38. Due piramidi sono ancora uguali se, avendo la stessa altezza, le loro basi, senza essere poligoni simili, sono uguali in superficie. 39. Le piramidi che hanno la stessa altezza stanno tra loro come le loro basi. 42. La solidità di una piramide qualunque è il prodotto della sua base per un terzo dell’altezza. 43. La piramide è un terzo del prisma che ha la stessa base e la stessa altezza. 45. Il cilindro è un solido delimitato da due basi opposte e parallele, che sono cerchi uguali, e da un piano piegato intorno alle loro circonferenze. Lo si distingue in cilindro retto e cilindro obliquo. 46. Formazione di un cilindro. 47. La superficie curva d’un cilindro retto è uguale al rettangolo che ha la stessa altezza, e la cui base è uguale alla sua circonferenza. 49. I cilindri che hanno la stessa base e la stessa altezza sono uguali per quanto riguarda la solidità. 50. La misura d’un qualunque cilindro è il prodotto della sua base per la sua altezza. 51. Il cono è una specie di piramide la cui base è un cerchio. 52. Li si distinguono in coni retti e coni obliqui. 53. La superficie d’un cono retto si misura moltiplicando la metà del suo lato per la circonferenza di base. 54. Lo sviluppo di un cono è un settore di cerchio. 56. I coni che hanno la stessa base e la stessa altezza sono uguali. 57. La loro misura è il prodotto della base per un terzo dell’altezza. 59. Modo di misurare la superficie d’un cono tronco. 60. La sfera è il corpo la cui superficie ha tutti i suoi punti ugualmente distanti dal centro. 65. La superficie della sfera ha per misura il prodotto del suo diametro per la circonferenza del suo cerchio massimo. 66. Cosa è un segmento di sfera. Come se ne misura la sua superficie. - 326 - Appunti di Geometria classica A.A. 2005-2006 Capitolo VI – La Geometria dal XVIII secolo in poi Carlo Marchini 67. La superficie della sfera è uguale a quella del cilindro circoscritto. 68. Le ‘fette’ del cilindro e della sfera hanno la stessa superficie. 69. La superficie della sfera è uguale a quattro volte quella del suo cerchio massimo. 70. La solidità della sfera è il prodotto del terzo del raggio per quattro volte l’area del cerchio massimo. 71. La solidità della sfera è due terzi di quella del cilindro circoscritto. 72. Misura della solidità d’un segmento di sfera. 73. In cosa consiste la similitudine di due corpi delimitati da piani. 74. Condizioni che determinano la similitudine di due corpi delimitati da piani. 75. Quella dei cilindri obliqui. 76. Quella di due coni. 77. Quella di due coni tronchi. 78. Le sfere, i cubi, e tutte le figure che non dipendono che da un’unica linea sono simili. 79. In generale, i solidi simili non differiscono che per le scale sulle quali sono costruiti. 80. Le superficie dei solidi simili stanno tra loro come i quadrati dei lati omologhi. 81. Le superficie delle sfere stanno tra loro come i quadrati dei loro raggi. 83. I solidi simili stanno tra loro come i cubi dei loro lati omologhi. 84. Le sfere stanno tra loro come i cubi dei loro raggi. » VI.2.8. Conclusione. Avendo dato un rapido sguardo al testo di Clairaut si può scorgere come la linea conduttrice principale sia quella di stampo euclideo, seppure con variazioni, la più importante delle quali è l’integrazione del testo euclideo coi risultati di Archimede sulla circonferenza e sfera. Dobbiamo dunque a Clairaut l’indicazione dei contenuti della Geometria secondo la tradizione scolastica di qualche anno fa (quando si trattavano gli argomenti geometrici con una certa estensione). Attraversa però tutta l’opera l’importanza data alle costruzioni mediante strumenti fisici il righello, il compasso, il goniometro e in generale l’attenzione per la misura, che è estranea ad Euclide. Ad un esame critico la proposta di Clairaut non regge, sia per la mancanza (voluta) di un metodo dimostrativo, sia per il ricorso all’intuizione. Forse nella situazione attuale, a parte gli esempi ‘datati’ come la determinazione del volume di un obelisco, lo spirito con cui è trattata la Geometria in questi Eléments, potrebbe avere un interesse didattico. - 327 -