“ET SANCTA HELENA IN SUA ROTUNDA”
Il mausoleo di Elena e la basilica dei SS. Marcellino e Pietro sulla
Labicana - Parte I Parte II Parte III
Di Gabriella Cetorelli Schivo
Apparato iconografico di Alfredo Corrao
Pubblicato il 20 dicembre 2008
Il Mausoleo di Santa Elena in una incisione del Piranesi
A Pasquale Testini mio insigne maestro (Gabriella Cetorelli Schivo)
Le fonti
La prima menzione del mausoleo di Elena e della basilica dei SS. Marcellino
e Pietro è quella riportata dal Liber Pontificalis nella biografia di Papa
Silvestro (341-355) a proposito della fondazione dei due edifici ad opera di
Costantino.
La fonte riporta inoltre l’elenco delle ricche suppellettili, in oro ed in argento,
di cui è fatto dono alla basilica ed al mausoleo e delle elargizioni di vaste
proprietà terriere, assegnate alla chiesa da parte dell’imperatore.1]
Nella metà del VII secolo l’Itinerario rinvenuto in un codice di Salisburgo,
noto col nome di Notitia Ecclesiarum Urbis Romae riporta la menzione di
Sancta Helena in sua rotunda:
Ad Helenam via Campania multi martyres pausant. In aquilone parte
ecclesiae Helenae primus Tiburtius martir. Postea intrabis in speluncam ...
Postea in interiore antro ...
…et Sancta Helena in sua rotunda.
Nella seconda metà del VII secolo l’Epitome de Locis sanctorum martyrum fa
riferimento al luogo di sepoltura dell’ Augusta, definendola ecclesia:
Iuxta viam vero Lavicanam ecclesia est Sanctae Helenae, ubi ipsa corpore
iacet ....
Del VII secolo è anche la fonte utilizzata dalla Notitia Portarum del XII secolo
che enuncia:
Septima porta modo Maior dicitur, olim Siracusana dicebatur, et via
Lavicana, quae ad Beatam Helenam tendit.
Un’altra fonte di grande interesse è quella desumibile dal De Temporum
Ratione del venerabile Beda, datato alla fine del VII secolo, ove sono
menzionati sia la basilica che il mausoleo: ... (Constantinus aedificavit)
ite basilicam via Lavicana inter duas lauros beato Petro et Marcellino; et
mausoleum ubi matrem suam posuit in sarcophago purpureo ....
Nella biografia di Adriano I (772-774), il Liber Pontificalis fa riferimento alla
basilicam beatae Elene (sic) ed al cimitero dei SS. Marcellino e Pietro in
relazione ai restauri operati al complesso da parte del Pontefice:
Cimiterium itaque beatorum Petri et Marcellini via Lavicana iuxta basilicam
beata Elene (sic) (Adrianus) renovavit.
Il Bosio, in “Roma sotterranea”, riporta alcuni Atti manoscritti di S. Elena.2]
Tuttavia, nonostante l’importanza del documento, egli non ne fornisce alcuna
datazione.
Durante il Pontificato di Stefano IV (816-817) il mausoleo viene ricordato
nuovamente come basilica beatae Helenae: ... necnon in Basilica beatae
Helenae fecit vestem de fundate.
Fonte di notevole interesse è pure la Cronaca di Sigheberto, datata all’anno
849, nella quale si afferma che le spoglie di Elena furono deposte da
Costantino: in ecclesia Sanctorum Petri et Marcellini martyrum, in mausoleo
purpureo.
Nel 993 il Regesto Sublacense riporta un accenno al fundus che viene detto
ad cancellatula.[3]
Un documento notarile, datato all’11 novembre 1065 menziona la rinuncia
di un certo Giovanni, figlio di Giovanni de’ Parone alla: universam terram
cultam vel incultam quantacumque fuit predicti Romani (de Melio) nostri
consanguinei, que dicitur de Sancta Helena et totam terram que abuit ipse
prephatus Romanus…
Gli Acta Sanctorum, nella vita di Elena, ricordano la traslazione delle reliquie
dell’imperatrice dal mausoleo sulla Labicana alla chiesa di S. Maria in
Aracoeli, avvenuta sotto il Pontificato di Innocenzo II (1130-1143):
Nam sub Innoentio P.P. II veneranda ejusdem S. Helenae ossa a via
Lavicana in urbem, ad Ecclesiam S. Mariae vulgo de Ara Coeli nuncupatam,
ubi hodie religiose osservatur, translata fuisse.
In un altro documento, la Breve di Onorio III datata al 3 giugno 1217, si fa
riferimento ad un tenimentum della Labicana, detto Tabernulo[4] Niceforo
Callisto, scrittore bizantino vissuto tra i 1256 ed il 1335, ricorda ancora,
nelle sue Historiae Ecclesiasticae, l’ubicazione del luogo di sepoltura di
Elena:Extra urbem Romanam sepulta, in tempio rotonda porphiretica urna
deposita est ...
Nel 1547 la carta di Eufrosino della Volpaia riporta il toponimo di “Santenina”
riferito ad un casale rustico con annessa torretta.
L’analisi delle fonti ora menzionate ci induce ad alcune riflessioni relative alla
costruzione del mausoleo di Elena.
Da esse, di cui la più antica è senza dubbio il Liber Pontificalis, risulta che
il monumento fu costruito per espressa volontà dell’imperatore Costantino,
e questo dato sembra trovare implicita conferma, oltre che nel tipo di
muratura riscontrato nell’edificio, anche per la presenza di alcuni bolli laterizi
e di una moneta rinvenuta nella malta che rendono difficile una datazione
della rotonda negli anni successivi al 330.
Interessante è pure la menzione del sarcofago porfiretico, più volte
menzionato, recante soggetti di battaglia scolpiti in rilievo, e concepito,
almeno inizialmente, come tomba dello stesso imperatore.
Il Liber Pontificalis menziona anche la basilica dei SS. Marcellino e Pietro
come fondazione costantiniana, e riporta l’elenco delle ricche donazioni
assegnate alla chiesa dall’imperatore, a testimonianza della predilezione che
Costantino nutriva per questo luogo.
La lista delle proprietà donate riveste particolare importanza ai fini di una
datazione della basilica. Da essa risulta infatti che tutti i territori di cui fu
fatto dono alla Chiesa sono compresi nella provincia occidentale dell’impero.
Questo fatto induce a ritenere che l’edificio non dovette essere eretto in un
periodo molto più tardo del 324, allorché Costantino estese il suo potere
anche all’altra metà dell’impero. Interessante è pure la menzione del fundus
Lauretus, che ci dà i limiti del vasto possedimento eleniano.
Questo fu lasciato alla basilica dall’imperatore probabilmente dopo la sua
morte, avvenuta intorno al 335-336. Tra le offerte il Liber Pontificalis ricorda
particolarmente uno scyphum aureum purissimum ubi nomen Augustae
designatur.
Questo calice fu forse una donatio personale fatta dalla Augusta, mentre era
ancora in vita, in occasione dell’inaugurazione dell’edificio.
Nel VII secolo la rotunda torna ad essere menzionata nell’ambito degli
Itinerari, le cui indicazioni, peraltro assai precise, condussero i pellegrini a
visitare le spoglie della santa5].
Sebbene il Liber Pontificais e la maggior parte delle fonti riporti chiaramente
la distinzione tra la basilica ed il mausoleo, tuttavia gli atti manoscritti di S.
Elena e la Cronaca di Sigheberto sembrerebbero indicare non due edifici,
ma uno solo che li unifichi, e cioè la basilica dei SS. Marcellino e Pietro,
all’interno della quale sarebbe stata posta la sepoltura dell’Augusta in
mausoleo porphiretico o purpureo.
L’incertezza è senza dubbio connessa con il significato attribuito al termine
di mausoleum, la cui identificazione come sinonimo di sarcofago può
certamente trarre in inganno.
La prima menzione di “basilica”, relativa al mausoleo, l’abbiamo nell’VIII
secolo, nella biografia di Papa Adriano I.
Tale appellativo fu attribuito all’edificio probabilmente in seguito alla
decadenza della basilica dei SS. Marcellino e Pietro, la cui breve vita è anche
direttamente testimoniata dal fatto che gli Itinerari del VII secolo non ne
fanno menzione. Questo dato induce quindi a supporre che a quel tempo,
essendo ormai corrotta la basilica costantiniana, fosse lo stesso mausoleo ad
assumerne le funzioni.
Dopo la traslazione delle reliquie di Elena nella chiesa dell’Aracoeli
avvenuta nel XII secolo, la rotonda cadde progressivamente in rovina.
Sappiamo comunque che nel medioevo l’edificio venne riutilizzato a scopo
prevalentemente difensivo, anche se la costruzione di una torre, come
sembrerebbe suggerire la mappa di Eufrosino, è alquanto improbabile.
I documenti medievali mostrano la grande estensione del possedimento
che giungeva fino alla via Latina, includendo il fundus ad cancellatula, il cui
nome ricorda quel recinto, la “cancellata” appunto, nell’ambito della quale si
svolgevano le esercitazioni militari in età imperiale.
Un ricordo dell’antico toponimo ad duas lauros e del fundus lauretum è
riscontrabile ancora nella menzione di “in Loreto”, riferita ad alcune terre
que dicitur de Sanctae Helene, in un documento notarile del 1065.
La menzione del tenimentum quod vocatur Tabernulo juxta formam, così
come appare nella Breve di Onorio III, è identificata dal Tomassetti in
relazione allo stato assai grave di decadimento in cui si trovava il complesso,
mentre il Martinori vi individua la traccia toponomastica di una taverna non
lontana dall’acquedotto Alessandrino.
Il documento di Onorio III riferisce, inoltre, che nel secolo XIII la tenuta
divenne di proprietà della basilica lateranense e affidata al monastero di S.
Alessio. E’ da supporre che la zona fu utilizzata, allora, per l’agricoltura.
Interessante, e peraltro unico, è pure il toponimo di “Santenina”, riportato
da Eufrosino nel 1547, che si rivela chiaramente come una corruzione
del nome di Sant’ Elena, sopravvissuto ancora nel XVI secolo in ambito
topografico.
Il sarcofago di Santa Elena in un'incisione settecentesca
Per una storia degli studi
Il primo studio relativo al mausoleo della Labicana fu quello condotto dal
Bosio nel 1594. Nel suo “Roma sotterranea”, l’autore, che aveva ritrovato
le vestigia del mausoleo, credette di avervi individuato anche i resti della
basilica dei SS. Marcellino e Pietro, che egli ritenne essere stata intitolata ad
Elena solo in un secondo tempo.
Riguardo alla rotonda egli infatti affermò: “Questo dunque, bisogna dire, che
fosse il tempio edificato dal Magno Costantino in honorem de’ SS. Marcellino
e Pietro; il quale poi con processo di tempo, forse può esser stato nominato
di Santa Elena per esservi stato riposto dall’istesso Costantino il corpo
della medesima Santa sua Madre, in quel gran vaso di porfido che di sopra
abbiamo detto”.
Pur nella limitatezza del suo errore, il lavoro del Bosio è stato e resta ancora
oggi, sia per le testimonianze che per la raffigurazione del mausoleo, un
importante contributo ai fini della ricostruzione del monumento.
Le sue conclusioni, infatti, vennero condivise, per lungo tempo, da insigni
studiosi.
Fu solo nel 1898, in un articolo pubblicato nel Nuovo Bullettino di
Archeologia Cristiana, che il Marucchi, affrontando il problema della cripta
dei SS. Marcellino e Pietro, su appunti dello Stevenson, riuscì a correggere le
affermazioni del Bosio.
Egli infatti osservò come le fonti, ed in particolare il testo del Liber
Pontificalis, nella vita di Adriano I, distinguessero chiaramente il mausoleo
dalla basilica.
La considerazione delle numerose elargizioni fatte dall’imperatore alla
basilica, così come sono riportate nella biografia di Papa Silvestro, lo
indussero inoltre a ritenere “la fabbrica costantiniana di qualche importanza
e probabilmente della consueta forma delle altre basiliche erette dal principe
sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, di S. Lorenzo e di S. Agnese”,
sottolineando così l’analogia “fra il gruppo dei monumenti posto nella villa
imperiale della Labicana e quelli che adornavano l’altra villa imperiale della
via Nomentana, giacché in ambedue abbiamo i due simili mausolei di S.
Costanza e di S. Elena”.
Negli anni successivi al Marucchi non sono state scritte opere specifiche
sul mausoleo, ma riguardanti la topografia antica del luogo o l’aspetto
architettonico dei suoi monumenti.
Tra di esse riveste particolare importanza lo studio dell’edificio condotto
dal Rivoira nel 1921, in cui, oltre alla considerazione dei caratteri
specificatamente architettonici del monumento, l’autore sottolinea i legami
con gli altri mausolei imperiali, ad esso contemporanei.
A tale proposito va menzionata anche l’opera del Cecchelli, edita nel 1938,
nella quale lo studioso, tracciando un interessante excursus sull’evoluzione
dei mausolei imperiali, dedica ampio spazio anche alla rotonda di S. Elena,
esaminandola dal punto di vista storico, oltre che strutturale.
Per avere una monografia vera e propria sul mausoleo bisognerà, però,
attendere il 1957, quando venne pubblicato, a cura di Deichmann e dello
Tschira, lo studio completo, dal punto di vista architettonico, dell’edificio.
Piranesi - Pianta e sezione del mausoleo
Piranesi - Cilindro superiore e pignatte
L’opera, che è ancora oggi di fondamentale importanza, menziona i numerosi
elementi venuti alla luce nel corso degli scavi che, iniziati nel 1940, poterono
essere ripresi dai due studiosi solo nel 1956.
L’articolo si avvale, inoltre, di una particolareggiata analisi delle fonti
relative al mausoleo, che conduce gli autori ad una serie di interessanti
considerazioni storiche sull’edificio e sui rapporti con i monumenti ad esso
affini di età costantiniana.
Notevole è pure lo studio di J. Guyon, del 1982, in cui vengono presentati
i risultati dei sondaggi condotti nel 1978-79 intorno al mausoleo ed al lato
nord della basilica, i quali hanno riconfermato, in gran parte, le ipotesi già
espresse dal Deichmann e dallo Tschira.
Di particolare interesse è anche il lavoro del Tolotti, edito nel 1992, in
cui l’autore, nel prendere in considerazione le basiliche cimiteriali con
deambulatorio del suburbio romano, analizza anche la rotonda di Elena, alla
luce dei suoi rapporti con gli altri mausolei imperiali di IV secolo connessi ad
una basilica circiforme.
I risultati degli interventi di restauro del mausoleo di Elena, condotti dal
1993 al 2000 a cura della Soprintendenza Archeologica di Roma, vengono
editi nel 2002 da Filetici e Vendittelli.
Ancora Vendittelli nel 2005 documenta lo scavo e il restauro del mausoleo
dell’Augusta attraverso una serie di contributi che hanno consentito una
fedele ricostruzione dell'edificio. [segue..]
Articolo tratto da ImagoRomae di Gabriella Cetorelli Schivo
[email protected]
Ippolito Caffi - Festa di artisti a Tor de’Schiavi
Note
[1] Eisdem temporibus fecit Augustus Constantinus basilicam beatis
martyribus Marcellino presbitero et Petro exorcistae in territorio inter
duas lauros et mysileum ubi mater ipsius sepulta est Helena Augusta, via
Labicana, milliario III. In quo loco et pro amorem matris suae et veneratione
sanctorum posuit dona voti sui: patenam auream purissimam, pens. lib.
XXXV; candelabra argentea auroclusa in pedibus XII IIII, pens. sing. lib.
CC; coronam auream quae est farrus cantharus cum delfinos CXX, pens.
lib. XXX; calices aureas III, pens. lib. X, cum gemmis prasinis et yacintis;
amas aureas II, pens. lib. LX; altarem ex argento purissimo, pens. lib. CC,
ante sepulchrum beatae Helenae Augustae, qui sepulchrum est ex metallo
purphyriticus exculptus sigillis; fara canthara argentea XX, pens. sing. lib.
XX.
Item in basilica sanctorum Petri et Marcellini donum dedit: altare ex argento
purissimo, pens. lib. CC; patenas aureas purissimas II, pens. sing. lib.
XV; patenas argenteas II, pens. sing. lib. XV; scyphum aureum maiorem
purissimum, ubi nomen Augustae designatur, pens. lib. XX; scyphum
aureum minorem, pens. lib. X; scyphos argenteos V, pens. sing. lib. XII;
calices argenteas ministeriales XX, pens. sing. lib. III; amas argenteas IIII,
pens. sing. lib. XV; annis singulis oleum nordinum pisticum lib. DCCCC,
balsamum lib. C, aromata in incensum sanctis martyribus suprascriptis,
beato Marcellino et Petro, lib. C; fundum Lauretum iuxta formam eum
balneum et omnem agrum a porta Sessoriana usque ad via Prenestina a
via itineris Latinae usque ad montem Gabum, possessio Augustae Helenae,
praest. sol. I CXX; insulam Sardiniam cum possessiones omnes ad eandem
insulam pertinentes, praest. sol. I XXIIII, insulam Meseno cum possessiones
ad eandem insulam pertinentes, praest. sol. DCCCX; insulam Matidiae quod
est montem Argentarium, praest.. sol. DC; possessio in territorio Sabinense
quod appellatur Duas Casas, sub monte Lucreti, praest. sol. CC.
[2] Postquam beatissima Helena Romam ad filium rediit, ibi plena dierum
ultra octogesimum aetatis annum, expleto vitae suae cursus, cum felici
laetitia, sexto Idus Februarii, deposito carnis onere, coelo reddidit spiritum:
et sepulta est honorifice cum aromatibus via Labicana, ubi dicitur inter duas
Lauros, milliario tertio ab Urbe. Et in eodem loco fecit basilicam Sanctis
Martyribus Marcellino et Petro; et ibi in Mausoleo porphiretico, undique
pretiose sculpto, iuxta regiam excellentiam, matrem suam sepelivit. In quo
loco plurima dona optulit.
[3] In nomine Domini nostri Iesu Christi incipit privilegium de sancto
Herasmo positum in Roma Celio monte ... De Theodosio minimo presbytero
fuerunt scripte ista nomina. Idest in casali de Sancti et gloriosi martyri
erasmi (sic) ... fundum ad cancellatula
[4] Extra portam Lavicanam vel Maiorem totum tenimentum, quod
vocatur Tabernulo, juxta formam ... et vassaria, et juxta viam que venit
inter cancellatam veteramet novam, et juxta stratam Lavicanam; quod
tenimentum per vestrum monasteriumtenet basilica Lateranensis.
[5] Questo dato confermerebbe l'infondatezza di dubbi, sorti tra alcuni
studiosi, riguardo la deposizione di Elena lontano da Roma: il problema
è connesso con la fonte di Eusebio (Vita Const. III, 47) . Infatti sebbene
questa fonte, per la sua genericità, si presti a varie interpretazioni, tuttavia
l’osservazione del Duchesne (Liber Pontificalis I, p. 198) secondo cui l’Urbe
Regia è frase abituale di Eusebio per indicare la vecchia capitale, nonché
le testimonianze degli Itinerari ora citati, depongono decisamente a favore
della sepoltura dell’imperatrice a Roma.
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