Semeiotica medica – Lezione 21 (seconda ora) 2 maggio 2013

Semeiotica medica – Lezione 21 (seconda ora) 2 maggio 2013 – prof.ssa Mandas
Valeria Piredda
Abbiamo visto quindi che l’intervallo PQ varia tra 3 e 5 quadratini, quindi tra 0,12 e 0,20 secondi. Il QRS deve avere
una durata non superiore a 0,12 secondi, quindi non superiore a 3 piccoli quadratini. Infine, l’intervallo QT, quello che
ci rappresenta l’inizio della depolarizzazione dei ventricoli, e quindi la ripolarizzazione che in condizioni fisiologiche
presenta una durata che è compresa tra 0,35 e 0,45 secondi.
Abbiamo quindi visto qual è l’attività elettrica cardiaca in condizioni fisiologiche, dove origina l’impulso, come si
trasmette e quali sono le deflessioni e quindi la formazione delle onde in relazione alla depolarizzazione degli atri, alla
depolarizzazione dei ventricoli e alla ripolarizzazione dei ventricoli.
Per poter registrare queste attività elettriche noi possiamo effettuare un elettrocardiogramma dove quindi utilizziamo
degli elettrodi che vengono posizionati sulla superficie corporea in maniera ben precisa, per poter effettuare quelle
che sono le registrazioni considerando le diverse derivazioni. In condizioni standard vengono effettuate 12
registrazioni diverse in virtù di 12 derivazioni standard.
Le derivazioni sono distinte in periferiche e precordiali e quelle periferiche possono essere bipolari o unipolari, mentre
quelle precordiali sono sempre unipolari. Significa che se effettuiamo una registrazione periferica bipolare avremo 2
elettrodi registranti contemporaneamente, uno positivo e l’altro negativo; nelle registrazioni unipolari (sia periferiche
che precordiali) invece abbiamo un solo elettrodo registrante.
Le derivazioni periferiche sono 6 e vengono indicate:
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quelle unipolari con D1, D2 e D3;
quelle bipolari con AVR, AVL e AVF;
Le derivazioni precordiali sono anch’esse 6 e vanno da V1 a V6.
Ricordate che le registrazioni periferiche ci consentono di effettuare la registrazione dell’attività elettrica su un piano
sagittale, mentre le registrazioni precordiali ci consentono di registrare l’attività elettrica cardiaca su un piano
orizzontale.
Per quanto riguarda le derivazioni bipolari che vengono chiamate di Einthoven, altro non sono che la registrazione del
vettore elettrico istantaneo, che è posto in un triangolo equilatero dove abbiamo il vertice rivolto verso il basso in
corrispondenza dell’arto inferiore sinistro e la base in corrispondenza dei due arti superiori. In questo modo il vettore
elettrico istantaneo prodotto ha un orientamento che va dall’alto verso il basso e da destra verso sinistra. Abbiamo tre
elettrodi che registrano ed il quarto come “massa terra”, posizionato nell’arto inferiore destro. Quindi ad esempio la
registrazione D1 viene effettuata considerando i 2 elettrodi posizionati nei due arti superiori, la registrazione D2 tra
l’arto superiore destro e l’arto inferiore sinistro e la D3 tra l’arto superiore sinistro e l’arto inferiore sinistro.
In particolare per quanto riguarda le registrazioni bipolari abbiamo il postulato di Einthoven, dove il torace quindi
viene considerato come un conduttore sferico omogeneo con al centro il cuore. I punti di unione tra arti e cuore sono i
vertici di un triangolo equilatero, il cosiddetto triangolo di Einthoven, dove possiamo analizzare quelle cose sono le
proiezioni del vettore cardiaco sul piano frontale e sagittale.
Nelle derivazioni periferiche unipolari, dette di Goldberger, deve essere considerato l’elettrodo che registra:
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se posizionato nell’arto superiore destro la registrazione viene indicate con il termine AVR;
sul braccio sinistro con AVL;
sull’arto inferiore sinistro con AVF.
In particolare con la derivazione effettuata sull’arto superiore destro AVR abbiamo una registrazione soprattutto di
quelli che sono gli eventi elettrici sia degli atri che delle cavità ventricolari. Con l’AVL invece abbiamo la registrazione
del lato superiore sinistro del cuore, mentre in AVF la parte inferiore.
Questo è importante perché in corso di infarto acuto del miocardio abbiamo la possibilità di evidenziare l’alterazione
delle onde, in particolare a carico del tratto ST, e l’insorgenza della cosiddetta onda Q (vedremo poi di cosa si tratta).
Se questa alterazione è evidente ad esempio nella derivazione AVF ci indicherà che la porzione del miocardio
interessato dal processo necrotico corrisponde alla superficie inferiore cardiaca.
Le derivazioni unipolari precordiali ci consentono di valutare l’attività elettrica cardiaca su un piano trasversale. In
condizioni normali si registra un complesso QRS che, partendo dalla registrazione V1 (la quale in condizioni
fisiologiche corrisponde ad un complesso QRS prevalentemente negativo) va incontro a quella che viene definita la
progressione del complesso QRS che da negativo (nella derivazione V1) a difasico (c’è un’equivalenza tra la deflessione
positiva e negativa, generalmente nella derivazione V4) per avere poi la massima deflessione positiva (in V5 e V6).
Anche in questo caso la presenza di qualunque modificazione di questo andamento morfologico del complesso QRS ci
potrà dare importanti informazioni.
Per effettuare la registrazione elettrocardiografica prima di tutto devono essere posizionati in maniera corretta gli
elettrodi ed il soggetto deve essere posto in un ambiente confortevole e non trovarsi in condizioni di agitazione: la
presenza eventuali contrazioni muscolari può infatti determinare degli artefatti nell’ambito della registrazione. gli
elettrodi posizionati sul torace o sugli arti effettuano delle registrazioni del campo elettrico, ma se c’è contrazione dei
muscoli scheletrici ci sarà in concomitanza la formazione di un campo elettrico che può essere registrato. È
fondamentale effettuare la registrazione del tracciato in condizioni di assoluta stabilità: il soggetto deve stare
immobile durante tutta quanta la registrazione del tracciato elettrocardiografico. Gli elettrodi devono essere posti
ovviamente nella posizione corretta e per meglio effettuare la registrazione del campo elettrico tra l’elettrodo e la
cute deve essere effettuata una piccola manovra: si bagna la cute in maniera che ci sia una miglior trasmissione
dell’impulso elettrico.
Per quanto riguarda il posizionamento degli elettrodi periferici l’elettrodo giallo (positivo) va posizionato in
corrispondenza del polso sinistro, quello rosso (negativo) sul polso destro, il verde nella caviglia sinistra, mentre il nero
(l’elettrodo di massa) nella caviglia destra.
Abbiamo poi la derivazione unipolare precordiale dove si hanno 6 diversi posizionamenti delle ventose: l’elettrodo è
formato da 6 ventose che rappresentano le derivazioni precordiali che sono indicate con le lettere che vanno da V1 a
V6. Le ventose devono essere posizionate tra il quarto ed il quinto spazio intercostale.
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La prima ventosa, di colore rosso, viene posizionata nel quarto spazio intercostale lungo la parasternale (o
margino-sternale) destra.
La seconda, di colore giallo, va sempre nel quarto spazio intercostale, ma sulla parasternale sinistra.
Dopodiché si posizione la quarta ventosa, di colore marrone, in corrispondenza quinto spazio intercostale
sinistro.
Successivamente si applica la terza di colore verde, in posizione intermedia tra la terza e la quarta, lungo la
emiclaveare.
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La nera corrisponde a V5 va posizionata sempre nel quinto spazio intercostale, lungo l’ascellare anteriore,
mentre la ventosa di colore viola, che corrisponde a V6, in corrispondenza dell’ascellare media.
Per quanto riguarda le derivazioni periferiche una volta posizionati i due elettrodi (positivo e negativo) ai polsi si
ottiene la cosiddetta proiezione esassiale:
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D1: che corrisponde a gradi pari a zero;
D2: in corrispondenza di 60 gradi.
AVF: 90 gradi
D3: 120 gradi
AVL: 30 gradi
AVR: 150 gradi
Questo sistema esassiale, di cui dovete ricordare la diversa proiezione delle varie derivazioni periferiche, è
fondamentale (come vedremo) per calcolare l’asse elettrico.
Per quanto riguarda la modalità di calcolo della frequenza cardiaca: se è una frequenza regolare potete effettuarlo
utilizzando il metodo dei 1500 o dei 300, a seconda che si considerino i quadrettini piccoli o grandi. In entrambi i casi si
contano i quadrettini che sono compresi tra un complesso QRS e l’altro (quindi tra due onde R).
Se si contano i quadrati piccoli si divide poi il numero ottenuto per 1500, se si contano quelli grandi si divide invece
per 300 (sono i numeri dei quadrati rispettivamente grandi e piccoli presenti nel totale).
Nel tracciato elettrocardiografico vediamo che partendo dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra si ritrovano:
1.
2.
3.
D1, D2 e D3;
AVL,AVR, AVF;
V1, V2, V3, V4, V5 E V6.
Ci sono quindi 12 derivazioni. Nella parte inferiore del tracciato troviamo una registrazione continua (per tutta la
durata della registrazione elettrocardiografica), una derivazione periferica, che si ritrova dall’inizio alla fine in maniera
tale da poter analizzare quelli che sono gli aspetti morfologici, per poter verificare il ritmo cardiaco (se è un ritmo
cardiaco sinusale o meno, regolare ecc.). Se analizzando la derivazione registrata per tutta le durata
dell’elettrocardiogramma abbiamo l’evidenziazione di una frequenza non regolare andremo a contare quante onde R
sono presenti in 6 secondi, e moltiplichiamo il numero ottenuto per 10.
In questa immagine vediamo che per poter verificare se il ritmo cardiaco è regolare basta prendere un foglietto,
sovrapporlo al tracciato elettrocardiografico e segnare la corrispondenza della posizione di 3 onde R consecutive;
dopodiché ci si sposta in senso laterale verso destra di un complesso ogni volta per verificare se è presente anche
nella parte seguente il presentarsi di queste linee con le successive onde R.
Normalmente c’è una frequenza regolare anche se è fisiologica una minima variazione della distanza (e quindi del
tempo) tra un’onda R e l’altra, che può essere influenzata per esempio dagli atti respiratori, soprattutto in età
giovanile. Può inoltre esserci una variazione di frequenza e quindi di durata del tempo tra due onde R nel soggetto
geriatrico, e anche queste minime variazioni vengono registrate come fisiologiche.
In questa diapositiva c’è un esempio di una durata di 0,92 secondi tra un’onda R e l’altra, alternate però a un periodo
lievemente più lungo. La durata che intercorre tra un’onda R e l’altra ci indica non solo se il ritmo cardiaco è regolare
oppure no, ma anche che la durata del tempo R-R è direttamente correlato alla frequenza cardiaca: avremo una
durata che andrà diminuendo all’aumentare della frequenza, cioè è inversamente proporzionale ad essa.
La cosiddetta aritmia sinusale respiratoria dei giovani è caratterizzata da una frequenza cardiaca che aumenta
nell’inspirazione e diminuisce nell’espirazione. Questa aritmia può essere presente in età geriatrica e non si modifica
con gli atti respiratori.
L’altro punto fondamentale nella lettura dell’elettrocardiogramma è andare a verificare l’asse elettrico.
Per prima cosa bisogna verificare se il ritmo cardiaco è sinusale oppure no, controllando se i complesso QRS sono
preceduti dall’onda P: se quest’ultima precede regolarmente il complesso significa che la depolarizzazione dei
ventricoli segue il ritmo dell’impulso elettrico atriale, che ha origine a livello del nodo del seno oppure da un sito
ectopico.
La provenienza dell’impulso si può stabilire andando a verificare l’intervallo PR o PQ: se l’origine è ectopica (insorge ad
esempio in una zona più vicina al nodo atrio-ventricolare) uno di questi intervalli sarà più breve (se l’impulso è più
vicino al nodo atrio-ventricolare impiegherà un tempo più breve per raggiungere tale sito).
Quindi bisognerà verificare se il ritmo è regolare, se è sinusale e la frequenza cardiaca. Poi bisogna verificare la
posizione del quadro nel piano frontale, e quindi la proiezione sulla parete anteriore frontale toracica.
L’asse elettrico sarà la risultante dei vettori elettrici, che considerando la massima massa muscolare a livello
ventricolare, ci sta ad indicare qual è la risultante media dell’attività elettrica a carico dei ventricoli. In condizioni
normali l’asse elettrico è compreso tra 0 e 90 gradi e diretto verso il basso da destra verso sinistra. In realtà rientra
nell’ambito della normalità un asse elettrico che va da -30 a +120 gradi. Un asse orientato tra 0 e -30 gradi è orientato
a sinistra, mentre un asse da 90 a 120 gradi è orientato a destra.
Parleremo di asse deviato a sinistra o a destra quando avremo un superamento dei -30 gradi o dei 120 gradi.
Per calcolare l’asse elettrico, essendo una valutazione sul piano frontale, dobbiamo utilizzare le derivazioni periferiche.
Abbiamo diversi modi per calcolare l’asse elettrico: uno rapido, ed uno più lento ma più preciso. Se andiamo a
guardare qual è la proiezione rispetto alla linea isoelettrica del complesso QRS in D1 e D2, possiamo stabilire se l’asse
elettrico è in condizione di normalità o di alterazione.
In particolare se il complesso QRS in entrambe le derivazioni D1 e D2 è positivo, e quindi la deflessione massima si ha
verso l’alto, l’asse elettrico è sicuramente normale (compreso tra -30 e 120). Invece se nella derivazione D1 il
complesso QRS è prevalentemente positivo, mentre nella derivazione D2 è negativo avremo un asse deviato a sinistra.
Se invece abbiamo un complesso QRS negativo in D1 e positivo in D2 abbiamo un asse elettrico deviato a destra.
Senza fare nessun calcolo ma visualizzando la proiezione del complesso QRS nella prima e nella seconda derivazione
possiamo dire senza ombra di dubbio se l’asse è normale o meno.