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SPETTACOLO
[email protected] - martedì 2 marzo 2010
Cinema/ ‘Genitori & Figli’ piace
Mostra/ Il micromosaico della Rech
"Genitori & figli agitare bene prima dell'uso" di Veronesi
subito primo al botteghino. Seconda piazza per "Invictus"
mentre, "Avatar", scende al III posto entra al quarto
"Codice Genesi". Completano le prime dieci posizioni:
"Wolfman" (V); "Il figlio più piccolo" (VI); "Scusa ma ti
voglio sposare" (VII), "Che fine hanno fatto i Morgan?"
(VIII), "Il concerto" (IX), e "Alvin Superstar 2" (X).
”Recuperiamo Roma, una città che sta sparendo”
Dopo il successo ottenuto al teatro delle Muse, Claudio Morici
torna in scena al Piccolo Teatro
Campo
d’Arte
(via
dei
Cappellari, 93) questo volta con
una commedia dal titolo
Doppiofondo tratto da un
romanzo Simenon. L’attore è
uno dei pochi che cerca di fondere intrattenimento e ricerca
linguistica per questo crediamo
che meriti attenzione e capire
bene il suo percorso artistico e
umano.
-Da geologo ad attore: è stato
un colpo di fulmine o un avvicinamento lento e casuale?
“In realtà non esiste alcuna contraddizione anzi. I due percorsi –e
con loro altri quali l’amore per il
mare e la musica- sono andati
parallelamente nella mia vita.
Queste due strade hanno in comune
l’amore per quello che c’è “sotto”.
Andare oltre. Scoprire l’origine
delle cose, la causa. Nel caso della
geologia è scoprire cosa c’è all’origine di tutto ciò che determina la
nostra quotidianità.. su cosa poggiamo i nostri piedi. Il teatro è scoprire cosa c’è all’origine delle nostre
emozioni.. su cosa poggiamo il
nostro cuore”.
-Come è nata l’idea di fondare
una Compagnia tua?
“Avevo bisogno di una sorta di
laboratorio in cui lavorare. Non mi
bastava lavorare meccanicamente
su un testo o con dei colleghi che
non avrei più rivisto. Sentivo il
bisogno di creare una sinergia mentale, affettiva con chi lavoravo. Un
gruppo. Ho scritto un testo che si
chiama “Lo Specchio Rovescio” (da
cui il nome della compagnia) che
racconta proprio questo. E’ meravigliosa l’energia che si crea su un
palco quando l’approccio è condiviso anzitutto emotivamente”.
-Parliamo dell’ultimo testo da
te messo in scena: “Un mercoledì da leoni”. Perché hai scelto
Roma e il vernacolo romanesco
come soggetto di questo spettacolo?
“Perché sono romano. Ma anche un
autore teatrale. Mi è sembrata una
precisa responsabilità quella di cercare, nel mio piccolo, di recuperare
la Roma che sta sparendo o forse è
già scomparsa. La Roma de’ ‘na
vorta. Quella dei vicoli. Ma soprattutto il tentativo di recuperare quel
linguaggio meraviglioso che è il
romanesco. Oggi si parla il “romanaccio”.. si sta perdendo quella
natura unica, sorniona, poetica
della nostra lingua. Che è un patrimonio che non possiamo perdere. A
Roma esistono molti teatri incentrati sulla tradizione del teatro
napoletano. E, per assurdo, manca
una nuova tradizione di teatro
romanesco e questo rischia di far
dimenticare il nostro passato”.
-Pensi che abbia ancora un
futuro o si sia solo un’operazione nostalgica quella di puntare
su una Roma sparita e bonaria
come quella di “Mercoledì da
leoni”?
“No. Non è soltanto un’operazione
nostalgica credo. E’ un discorso
proattivo. Una scommessa fatta
insieme a me –e ovviamente dai
miei attori- dal teatro delle Muse e
dal suo direttore. E stato bello sapere che gli abbonati storici del teatro
(da sempre abituati alla tradizione
teatrale napoletana) sono stati felici
della novità e hanno chiesto al teatro di poter avere un appuntamento
fisso con il teatro romano. Significa
che siamo arrivati a comunicare
quello che volevamo!”
-Come autori a chi ti sei ispirato: a Checco Durante, a
Petrolini, a qualche film…?
“Lo spettacolo è un omaggio a
Petrolini e al suo Chicchignola.
L’immagine del romano de’ Roma..
un personaggio universale come
universali sono le maschere di Totò
o Charlie Chaplin. Che lasciano il
contesto cittadino, prescindono dal
linguaggio e si proiettano verso un
dimensione universale, globale. Ma
è solo un pretesto per poter raccontare una storia. La tradizione del
teatro popolare romano, non della
poesia o della rivista, è sorprendentemente povera. Ecco il motivo di
così poca attenzione. Manca una
tradizione popolare nella prosa
romanesca. Manca, col dovuto
rispetto, un Eduardo romano che
racconti le storie di tutti i giorni. Il
nuovo teatro romano (e non faccio
nomi) è spesso solo volgare e banale
e ha dimenticato la natura poetica
di questa città e dei suoi caratteri”.
-La tua commedia parla anche
di coppia e di crisi: qual è
secondo te la differenza da quel
mondo lì (alla “Poveri ma
belli”) e oggi?
“Credo che i problemi di una coppia
siano da sempre gli stessi.
Cambiano le aspettative al contorno. Cambia il giudizio della società.
E il come ci si pone davanti. Una
volta non c’era il gossip. Non c’era
il voler mettersi in evidenza ad ogni
costo. Il problema aveva una dimen-
sione più intima. Uscendo dalla
coppia, una volta l’amicizia non
veniva considerata quella di face
book… Non c’era la “bacheca”, ma
una bella cacio e pepe insieme.
Molto dovrebbero fare le istituzioni.
Questo spettacolo l’ho dovuto produrre interamente io perché non c’è
nessuno che ti aiuta. Un emorragia
economicamente parlando. E così
non è facile. Solo l’amore e la passione per il teatro mi porta a farlo.
Ma se non esci dal “Grande
Fratello” o sei fuori dal “giro che
conta” non sei nessuno. A Roma e
in Italia è difficile lavorare. L’arte
non è considerata importante..
come la sanità...”
-Stai preparando qualcosa per
il futuro?
“Un po’ di cose. Scrivo. Intanto
spero che questo spettacolo possa
girare per quest’anno. Un’idea in
cantiere c’è. Raccorderebbe il mio
passato e il mio presente. Il titolo?
Provvisorio, ma promettente….
“Roma milionaria”!
Piergiorgio Mori
“De arte illuminandi”, titolo di un anonimo trattato
medioevale sulla pittura, è stato scelto da Luigina Rech
per designare questa mostra nella quale espongono 25
allieve del suo studio “Il micromosaico”, fin da giovanissima, si è dedicata a questa tecnica artistica nata a
Roma nel 1700 e che consiste nel realizzare quadri e gioielli con pasta vitrea “filata”. In via del Babuino,198.
Palalottomatica, stasera
Spandau Ballet in concerto
A distanza di 20 anni dal loro
ultimo disco “ Heart Like a
Sky” (pubblicato con discreto
successo solo in Europa) , tornano on the road una delle più
famose ed acclamate “boyband” inglesi degli anni ’80: gli
Spandau Ballet. Il loro
nuovo tour con la formazione originale (mai
cambiata dal 1979 ad
oggi) e dall’emblematico
titolo , ovvero “The
Reformation Tour” è
stato annunciato alla
stampa di tutto il
mondo a marzo dello scorso
anno a bordo dell’HMS Belfast ,
la famosa nave militare inglese
ormeggiata sulle rive del
Tamigi . Un ritorno questo sul
luogo del delitto a distanza di
tanti anni, visto che la nave fu
teatro di un memorabile concerto agli inizi degli anni ottanta davanti a tantissimi fans ,
soprattutto femminili. Un ritorno salutato da un grande con-
S. Cecilia/ Tutti in piedi per Pollini
Sfilano di fronte ai nostri occhi come spettri fugaci i
ventiquattro Preludi op. 28 di Chopin, forse l’opera
nella quale risalta con maggiore evidenza il contrasto
fra una prepotente vitalità ed una insanabile malinconia, quel dualismo fra un’immaginazione ardente ed
una fragile costituzione che già Liszt indicava quale
cifra peculiare del compositore polacco. Terminati nell’atmosfera esotica di Maiorca, in quell’effimero tentativo di sottrarsi al mondo che portò invece al naufragio definitivo dell’amore con George Sand, appaiono segnati in maniera indelebile dal sentimento della
nostalgia e della solitudine. Maurizio Pollini raccoglie quelli che sembrano i frammenti sparsi di un’anima, inserendoli in un percorso logico e coerente, lontano da qualsiasi carattere rapsodico; il suo è un pianismo per nulla lezioso, nel quale ogni nota acquista
il colore adeguato ed il giusto peso nell’economia del
discorso musicale. Per questo anche la Ballata n. 1 ci
appare nei suoi caratteri più innovativi, percorsa da
un fremito emotivo che scaturisce da una accurata e
profonda riflessione. Nei due Notturni op. 27 Pollini
si esalta, dipingendo paesaggi solcati da una sommessa inquietudine, agitati da turbamenti improvvisi,
colmi di un valore quasi letterario. Negli Studi op. 25
il suo pianismo si accende di un virtuosismo che evoca
la poetica di Liszt, comunque sempre contenuto nel
solco di un suono compatto e di un magistrale
controllo stilistico. La
sua idea interpretativa è
quella di liberare Chopin
dallo stereotipo del melodista romantico ed esangue, mostrandolo nei
suoi caratteri più audaci
e progressivi. Tre i bis,
tutti di folgorante concentrazione, lo Studio op. 10 n.
16, la Mazurka op. 33 n. 3 e lo Scherzo n. 3. Alla fine
l’Auditorium è tutto in piedi, con il Presidente della
Repubblica Giorgio Napolitano a tributare il dovuto
omaggio ad uno dei maggiori artisti del nostro tempo.
Riccardo Cenci
senso sia di pubblico che di critica che ha sorpreso anche la
stessa band. inglese Non solo.
Dopo l’annuncio della reunion,
i cinque “Spands” hanno dato
alle stampe “Once More” il settimo lavoro in studio dove
hanno riproposto tutti i loro più
celebri successi riarrangiati e
due nuove composizioni tra cui
“Once more” subito programmata nelle radio di mezzo
mondo. Durante la loro carriera
iniziata nel 1979, passata in soli
due anni dai piccoli club alla
moda ai concerti negli stadi,
Tony Hadley (voce) Gary e
Martin Kemp ( rispettivamente
chitarra e basso), Steve Norman
(sax) e John Keeble (batteria)
hanno realizzato 23 hit single
tratti dai loro sei lavori in studio ( e restando in totale oltre
500 settimane nelle charts
inglesi) , riuscendo a vendere
qualcosa come oltre 25 milioni
di dischi . Gli stessi che comprendevano dei veri e propri
classici della musica “new
romantic” (la stessa dei rivali
Duran Duran…) come “Gold”
“True”, “Only When You
Leave” e l’immortale “Through
The Barricades” . L’attuale tour
, che arriva attesissimo stasera
al Palalottomatica ( inizio ore
21,30 ) coprirà gran parte
dell’Europa con alcune date già
“sold out” da tempo per poi
volare in Australia, Nuova
Zelanda e Sud Africa fino al
mese di giugno.
Dario Annibali