strumenti L’evoluzione degli strumenti optometrici Cheratometro, topografo corneale e lampada a fessura. Come si sono evoluti gli strumenti per analizzare la morfologia corneale e per osservare il segmento anteriore dell’occhio di Angela Ravasi e Silvio Maffioletti* L a percezione visiva ha un ruolo centrale nella vita dell’uomo: gli stimoli raccolti per mezzo della visione arricchiscono il pensiero e guidano l’azione. Grazie all’impegno dei ricercatori e alla raffinatezza della strumentazione optometrica, le ricerche neuropsicologiche riguardanti il processo della visione hanno avuto negli ultimi trent’anni uno sviluppo eccezionale; oggi il processo della visione viene considerato come un continuum che origina nell’occhio e, attraverso i complessi meccanismi della neurofisiologia e della neuropsicologia della percezione, si completa nel cervello (Ghidoni, 2005). Anche i professionisti italiani hanno maturato e attualmente esprimono un approccio più ampio e complessivo ai problemi visivi delle persone, differenziando la soluzione ottica in rapporto alle necessità individuali e dedicando a tale finalità le loro conoscenze e le strumentazioni che il progresso scientifico e tecnologico mette oggi a disposizione. Il qualificato professionista va oltre la semplice verifica delle ametropie (da compensare con occhiali o lenti a contatto) e analizza e valuta la qualità della percezione visiva, l’armonia dei comportamenti visuomotori e visuopercettivi, l’efficienza della risposta visiva all’impegno sempre più prolungato e coercitivo che l’odierno ambiente socio-culturale esige (Faini, 2001). L’oggetto della sua osservazione non è soltanto il sistema visivo, ma è l’essere umano nel suo complesso con le sue necessità nel relazionarsi all’ambiente visivo circostante. Un ambiente visivo molto diverso da quello degli uomini e delle donne che vivevano negli stessi luoghi solo pochi decenni prima, non solo perché le città oggi presentano più case e meno spazi aperti, ma soprattutto perché si è rapidamente passati da una cuItura agreste a una cultura simbolica (Cappa, 2004). Anche la strumentazione optometrica ha avuto una rapida evoluzione. Nel numero 43 de ‘Il Mondo dell’Ottica’ avevamo analizzato alcune di queste mutazioni, descrivendo Oftalmoscopio e Retinografo, Schiascopio e Autorefrattometro, Cassetta Lenti di Prova e Forottero. In questo numero prendiamo in considerazione l’evoluzione degli strumenti di analisi della morfologia corneale (Cheratometro e Topografo Corneale o cheratotopogrsfo) e degli strumenti di osservazione del segmento anteriore dell’occhio (Biomicroscopio/ Lampada a Fessura). L’analisi della morfologia corneale La cornea è stata misurata fino a pochi anni fa mediante la cheratometria (definita anche oftalmometria), una tecnica oggettiva che sfrutta il principio della riflessione delle immagini (due mire luminose di dimensione e posizione nota) sulle superfici convesse. La cheratometria permette di valutare la zona centrale della cornea (circa 3 mm), il raggio di curvatura della superficie riflettente sui diversi meridiaTecnica di utilizzo della Lampada a Fessura 40• ILMONDODELL’OTTICA ni, l’entità dell’astigmatismo corneale e le modificazioni morfologiche indotte da importanti ed estese patologie corneali. Il cheratometro è stato realizzato nel 1880 da Hermann von Helmholtz. Per agevolare la misurazione e renderla più accurata sono state utilizzate due mire separate, ricavando il calcolo del raggio di curvatura in relazione allo spazio che intercorre tra loro; tale distanza risulta tanto più piccola quanto più la superficie corneale è curva (e quindi il suo raggio di curvatura è corto). Ne esistono due famiglie: i cheratometri a mire fisse con sdoppiamento variabili e i cheratometri a mire variabili con sdoppiamento fisso Al primo gruppo appartengono i cheratometri nei quali la misurazione, otticamente realizzata per mezzo di una coppia di prismi, viene rilevata contemporaneamente sui due meridiani. Del secondo gruppo fanno parte i cheratometri come lo Javal-Schiotz, dotati di mire variabili con sdoppiamento fisso. Ai fianchi del sistema di osservazione dello Javal-Schiotz si trova un arco su cui scorrono le due mire retroilluminate che si riflettono sulla cornea e che, per effettuare la misurazione, vengono avvicinate o allontanate simmetricamente mediante una cremagliera. Le mire hanno forme diverse; una è rettangolare, l’altra ha una forma a scalini ciascuno dei quali indica una variazione di 1D. Quando le due mire sono a contatto senza sovrapposizione, si può leggere il corretto valore del raggio di curvatura (in mm oppure in diottrie) sulla scala di misurazione. Si rileva dapprima la misura del meridiano orizzontale o più prossimo all’orizzontale, memorizzando il raggio di curvatura ed il relativo valore diottrico; quindi si rileva il meridiano opposto (Rossetti, Gheller, 2003). Alcuni clinici calcolano l’astigmatismo Mappa corneale effettuata con cheratotopografo totale applicando la regola di Javal, che è stata sviluppata empiricamente ed è largamente utilizzata: At = K + (P x Ac). Nella formula si esprime At = astigmatismo totale (in diottrie); P = 1,25 (numero fisso); Ac = astigmatismo corneale (in diottrie); K = sf+0,50 in caso di astigmatismo corneale contro regola, sf-0,50 in caso di astigmatismo corneale secondo regola. L’evoluzione dei cheratometri è avvenuta nell’ultimo scorcio del Novecento, dapprima nei cheratoscopi e poi nei topografi corneali computerizzati. Strumenti raffinati e precisi, i topografi corneali computerizzati forniscono all’ottico optometrista un quadro complessivo e accurato della struttura corneale, mettendolo in grado di valutarne anche piccole e circoscritte irregolarità e anomalie. L’esame avviene mediante la proiezione sulla cornea di una serie di anelli a diametri differenti; i dati ricavati esaminando le caratteristiche degli anelli riflessi vengono integrati da appositi software e algoritmi che li trasformano in mappe topografiche colorate, estremamente precise e in grado di analizzare accuratamente la forma e la regolarità della cornea. ILMONDODELL’OTTICA •41 L’osservazione del segmento anteriore dell’occhio La lampada a fessura (detta anche biomicroscopio) è costituita da un sistema di illuminazione e da uno stereomicroscopio. Il fuoco immagine del sistema di illuminazione coincide con il fuoco oggetto del sistema di osservazione; ciò permette di ruotare i due componenti (uno rispetto all’altro) su un angolo di 180°, mantenendo la coincidenza tra area illuminata e area osservata. Il biomicroscopio è lo strumento più importante nella contattologia e nell’esame delle strutture del segmento anteriore dell’occhio. Messo a punto per la prima volta da Gullstrand agli inizi del ‘900, la lampada a fessura permette l’osservazione diretta a diversi ingrandimenti (da 6X fino a 40X) di tutto il segmento anteriore del bulbo, consentendone la visione stereoscopica. Nel sistema illuminante sono presenti diversi filtri per differenti osservazioni: il filtro blu-cobalto per le osservazioni con applicazione di fluoresceina; il filtro verde o rosso privo per l’osservazione a maggior contrasto dei vasi sclerali e congiuntivali; il filtro diffusore per ottenere una luce diffusa e strumenti non focalizzata; il filtro a densità neutra utilizzato per ridurre l’abbagliamento al soggetto senza diminuire la luminosità; il filtro giallo per evidenziare la colorazione giallo-verde della fluoresceina addizionata (Maffioletti, 2004). Combinando il sistema illuminante e il microscopio in diverse posizioni, è possibile ottenere differenti modalità di osservazione in funzione della zona che si vuole osservare. Si distinguono modalità di osservazione diretta e di osservazione indiretta; le prime mantengono coincidenti il fuoco immagine del sistema illuminante e il fuoco oggetto del sistema di osservazione mentre le seconde permettono di variare la posizione del fuoco oggetto, muovendolo lateralmente al fuoco immagine illuminato. Le tecniche di illuminazione diretta comprendono: -tecnica dell’illuminazione diffusa, per l’osservazione di tutti gli annessi oculari e delle palpebre; -tecnica dell’illuminazione focale diretta, per l’osservazione diretta della struttura corneale (tecnica della sezione ottica, del parallelepipedo e del fascio conico); -tecnica della riflessione speculare, per l’osservazione delle irregolarità della superficie anteriore e/o posteriore della cornea (endotelio); -tecnica dell’illuminazione tangenziale, per l’osservazione della struttura iridea. Le tecniche di illuminazione indiretta, utilizzate per osservazioni più specifiche e particolari, comprendono: -tecnica dell’illuminazione prossimale, per l’osservazione di anomalie dell’iride, della congiuntiva, dell’epitelio corneale e della palpebra; - tecnica della diffusione sclerale, per individuare un eventuale edema corneale o corpi estranei nello spessore corneale; - tecnica della retroilluminazione diretta, per osservare opacità corneali, neovascolarizzazioni corneali, depositi sulla membrana di Descemet, depositi nell’umor vitreo; - tecnica della retroilluminazione indiretta, per osservare opacità corneali, neovascolarizzazioni corneali, depositi sulla membrana di Descemet, depositi nell’umor vitreo. Da qualche anno è possibile abbinare la tecnologia digitale alla precisione ottica delle lampade a fessura; si è così in grado di acquisire e catalogare immagini e filmati, documentando in un archivio tutto ciò che viene clinicamente osservato. Uno strumento davvero prezioso per l’applicazione e il controllo delle lenti a contatto, per la verifica della traspa42• ILMONDODELL’OTTICA renza della cornea e del cristallino, per l’osservazione nel tempo di eventuali complicanze indotte dalle lenti a contatto. * Corso di Laurea in Ottica e Optometria Università degli Studi di Milano Bicocca Riferimenti bibliografici • Cappa S., Conspicilla, storia comparata di sette secoli della professione oftalmica, La Lontra, Genova, 2004. • Faini M., Lezioni di Optometria, Assopto Milano Acofis, Milano, 2001. • Ghidoni E., Prefazione, in: Il bambino e le abilità di lettura: il ruolo della visione, FrancoAngeli, Milano, 2005. • Maffioletti S., Descrizione e pratica clinica dei test optometrici, ISSO ‘Giuseppe Ricco’, Milano, 2000-2001. • Rossetti A., Gheller P., Manuale di optometria e contattologia, Zanichelli, Bologna, 2003.