Ricordando Freddie Mercury Una voce che sapeva e poteva osare e una teatrale capacità di metamorfosi, Freddie Mercury, al secolo Farrokh Bulsara, è morto 20 anni fa lasciando una traccia indelebile. Nato a Stone Town (Zanzibar) nel ’46 ha fondato i Queen, rock band britannica, di cui ha fatto parte fino all’anno della sua morte, il 24 novembre 1991. Conosciuto e amato per i suoi istrionici show e per il suo talento vocale, come compositore, ha scritto brani come Bohemian Rhapsody, Crazy Little Thing Called Love, Don’t Stop Me Now, It’s a Hard Life, Killer Queen, Love of My Life, Play the Game, Somebody to Love e We Are the Champions. Oltre all’attività con i Queen, negli anni ottanta ha pubblicato due album da solista ‘Mr. Bad Guy’ e ‘Barcelona’, frutto, quest’ultimo, della collaborazione con il soprano spagnolo Montserrat Caballè. Malato di Aids, è deceduto a seguito di una broncopolmonite sviluppatasi per via della deficienza immunitaria legata alla malattia. Cercò di difendere la sua privacy fino all’ultimo ma davanti alle voci sempre più insistenti sulla sua malattia, con giornalisti accampati davanti alla sua villa, Mercury decise di convocare il manager dei Queen per stilare un comunicato ufficiale, in cui ammetteva di essere malato di Aids. ‘’Desidero confermare che sono risultato positivo al virus dell’HIV e di aver contratto l’AIDS’’, si leggeva nella nota. ‘’Ho ritenuto opportuno tenere riservata questa informazione fino a questo momento al fine di proteggere la privacy di quanti mi circondano. Tuttavia è arrivato il momento che i miei amici e i miei fan in tutto il mondo conoscano la verità e spero che tutti si uniranno a me, ai dottori che mi seguono e a quelli del mondo intero nella lotta contro questa tremenda malattia’’. Il giorno dopo Freddy Mercury morì a soli 45 anni. (Adnkronos) Il video della sua ultima apparizione: Ricordando Lucio Battisti di Stefano di Mario E’ estate, una calda estate del 1964 quando per la prima volta a Cavezze si esibisce Lucio Battisti sul celebre palco del Dancing K559. Lucio è il chitarrista riccioluto dei Campioni giovane band agli esordi che sorprende i presenti per lo stile e la competenza tecnica. Sopra tutti c’è lui, il ventunenne di Poggio Bustone. Il 14 febbraio 1965 viene notato da Christine Leroux, giovane produttrice francese, che lo inizierà nella discografia e sarà l’artefice dell’incontro con Mogol. Da quel momento ha inizio una carriera fulminante. Una carriera ricca di contraddizioni e di opposti che si attraggono. Cantore di emozioni, ermetismo, mattatore di musiche easy listening e sovvertitore della forma canzone italiana. Negli anni ’70 viene discriminato da certa critica per non trattare temi sociali-politici e lo bollano fascista (successe anche a De Andrè e De Gregori) come se la politica fosse una discriminante critica dell’arte. Un percorso artistico quello di Battisti che toglie il fiato soprattutto per la sua evoluzione dal 1974 in poi, anno di Anima Latina disco seminale per il pop italiano che mescola psichedelia, prog e ritmi latini. All’inizio degli anni ’80 arriva la rottura del sodalizio con Mogol e l’avvicinamento alle sonorità new wave ed elettroniche. In questo decennio troviamo il Battisti più sperimentale con la produzione dei cosidetti “dischi bianchi”: E Già, Don Giovanni, L’Apparenza, La Sposa Occidentale, Cosa Succederà Alla Ragazza e Hegel. Quest’ultima è una discografia meno conosciuta al grande pubblico, dove i ritornelli scompaiono, ma rappresenta l’apice della produzione artistica leggera italiana. «Tutto mi spinge verso una totale ridefinizione della mia attività professionale. In breve tempo ho conseguito un successo di pubblico ragguardevole. Per continuare la mia strada ho bisogno di nuove mete artistiche, di nuovi stimoli professionali : devo distruggere l’immagine squallida e consumistica che mi hanno cucito addosso. Non parlerò mai più, perché un artista deve comunicare solo per mezzo del suo lavoro. L’artista non esiste. Esiste la sua arte». Oggi è il 9 settembre 2011 e tredici anni fa moriva Lucio Battisti, artista. Ecclesiaste di Dario Ripamonti Morte di Bin Laden, il Vaticano ammonisce: «Di fronte alla morte di un uomo un cristiano non si rallegra mai». Devono passare almeno sei anni.