Il Medioevo e la Nascita del Capitalismo (II)

Michele Castellano
La Maturita’ del Medioevo ed i Primi Vagiti del Capitalismo
Il Medioevo e la Nascita del Capitalismo (II)
La Maturita’ del Medioevo ed i Primi Vagiti del Capitalismo
Michele Castellano
(20/04/2007)
Tenuti a fatica sotto controllo da Carlo Magno, alla sua morte gli Uomini del Nord, i
Vikinghi, i Normanni, come vengono chiamati in diverse parti d’Europa queste popolazioni
norvegesi e danesi, iniziano le loro scorribande fatte di rapine e saccheggi, di tributi ottenuti
per non distruggere citta’ e abbazie, di riscatti per il rilascio di prigionieri di rango. La
debolezza dell’impero franco, diviso tra i tre figli di Ludovico il Pio, facilita le aggressioni,
che non si limitano pero’ alla parte occidentale dell’Europa, ma avvengono lungo tutti i
grandi fiumi che sfociano nei mari del nord o nell’Atlantico, raggiungendo, attraverso le
vecchie vie di commercio, le coste del Mar Nero, senza risparmiare nemmeno
l’apparentemente lontano Mediterraneo. Parigi si salva in diverse occasioni pagando ricchi
tributi, ma moltissime citta’ francesi sono distrutte, ed alcune molte volte in anni diversi, da
Chartres a Toulouse, da Bordeaux a Orleans, a Limoges e molte altre. I Normanni si
insediano in villaggi fortificati alle foci dei fiumi e da li’ partono a cavallo per scorrerie
nell’interno. Nell’836 e’ rasa al suolo Anversa, nell’845 Amburgo e nell’860 sono devastate
Pisa e Fiesole. Nell’861 e 862 vengono conquistate le citta’ di Novgorod e di Kiev, questa
volta da parte di svedesi, dando origine alla Nazione dei Rus (rematori). Nell’865 e’ sotto
assedio Bisanzio dove, tra l’altro, trovano lavoro molti mercenari nordici, conosciuti col
nome di Variaghi, specialmente nella guardia reale.
Ci sarebbe molto da discutere sulle cause e le ragioni di questa improvvisa, o quasi,
esplosione demografica e di attivita’ in quelle regioni nordiche mai affacciatesi in precedenza
sul palcoscenico della storia, ma a parte che non vi e’ consenso da parte degli storici, e’ un
argomento che, per quanto interessante, esula dagli scopi di questa nota.
Si puo’ pero’ dire, perche’ e’ di interesse generale, che da circa un secolo prima delle
invasioni normanne, l’intera Europa era in presenza di un sensibile aumento di temperatura
media, con inverni miti ed estati temperate. Climatologi e storici non sono ancora arrivati a
concludere se e’ stato un periodo “caldo” per tutta la Terra, o se e’ stato un evento
localizzato, dovuto ad un incremento, ad esempio, della Corrente del Golfo, ma e’ sicuro che
l’effetto e’ stato sensibile in Europa, in particolare nell’Europa del Nord. Questo periodo
climatico favorevole si e’ prolungato fino a tutto il 1200, raggiungendo nell’ultimo secolo il
massimo di incremento di temperatura. Successivamente si e’ avuta quella che e’ chiamata la
“Piccola Era Glaciale”, che si e’ estesa fino al 1800. Vedremo poi come il clima ha giocato la
sua parte nello sviluppo della societa’ europea, ma puo’ pensare che possa avere avuto anche
un ruolo, almeno parziale, nell’esplosione vikinga dell’800.
Nel 918 Carlo il Semplice, sovrano dei Franchi occidentali, convince Rollone, probabilmente
di origine danese, a battezzarsi col nome cristiano di Roberto e ad insediarsi come Conte
nelle terre intorno alla foce della Senna, che diverranno il Ducato di Normandia. In cambio
Rollone non solo si impegna a porre termine alle scorrerie, ma anche a difendere il regno da
altre invasioni. L’operazione ha pieno successo, ed in breve le scorrerie sul territorio francese
si riducono fortemente. La Normandia diventa un punto di raccolta per molti altri gruppi di
danesi e norvegesi, che trovano cosi’ una terra dove stanziarsi. I matrimoni con donne
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francesi, ed il numero non altissimo dei nuovi arrivati, fa si’ che nel giro di un paio di
generazioni leggi e costumi siano sostanzialmente francesi.
La crescita della popolazione pero’ continua, e molti figli cadetti cercano fortuna in luoghi
lontani, come nel sud d’Italia, in cui prendono parte, come mercenari, ai continui scontri tra
Longobardi, Bizantini ed Arabi. In quella situazione molto instabile, vedono la possibilita’ di
conquistare spazi propri. Nel 1030 si ha la costituzione della Contea di Aversa, primo feudo
normanno. Nel 1035 arrivano in Sicilia i fratelli Gugliemo, Roberto e Ruggero d’Altavilla, ed
il futuro del sud d’Italia subira’ una svolta definitiva.
Nel 1066 Guglielmo il Bastardo dalla Normandia sbarca in Inghilterra e nella battaglia di
Hastings sconfigge l’esercito sassone sfiancato dalle lunghe marce rese necessarie dal dover
tamponare un crescendo di invasioni danesi e norvegesi. Guglielmo il Bastardo diventa
Guglielmo il Conquistatore, e mette rapidamente fine alle invasioni. In poco tempo consolida
il controllo normanno, e con il Doomesday Book, nel 1085, la struttura feudale
dell’Inghilterra e’ completamente definita.
Mi sono dilungato su questi particolari storici che sono, diciamo, di potere personale, mentre
lo scopo principale di queste note e’ di evidenziare gli sviluppi dell’economia e delle strutture
sociali in generale, perche’ se e’ vero che e’ l’economia la forza trainante della storia, e’ pur
vero che tra le varie possibilita’ di sviluppo che ogni futuro tipicamente propone, e’ poi la
decisione umana, spesso inconsapevole o diretta ad altri obiettivi, a determinare la scelta. E
questo periodo e’ stato un notevole esempio del fatto che non esiste una evoluzione storica
deterministicamente e meccanicamente guidata dallo sviluppo delle forze produttive.
L’intervento dell’uomo, mosso dai suoi desideri, dai suoi pregiudizi, dalle sue speranze, dal
suo egoismo, puo’ modificare l’andamento della storia, sempre pero’ nei limiti posti dalla
forza trainante dell’interesse materiale generale.
Un esempio di questi limiti puo’ essere colto nello sviluppo delle Signorie in tutta l’Europa
occidentale che avviene a cavallo tra il X e l’XI secolo. Per cause completamente diverse da
regione a regione, a volte anche in contraddizione una con l’altra, con sviluppi disomogenei e
risultati molto dissimili, nell’Europa continentale prevale un’organizzazione signorile, con
poteri locali sostanzialmente indipendenti e che arrivano ad ottenere l’ereditarieta’ del titolo e
del possesso del feudo. Gli “uomini liberi”, presenti in gran numero in precedenza, con
differenziazioni da regione a regione e con diverse forme di doveri verso il Signore, vengono
completamente eliminati ovunque, spesso con la forza. Scompaiono le terre comuni, ed anche
le ampissime proprieta’ ecclesiastiche vengono intaccate, specialmente nel sud della Francia.
Nelle regioni dove piu’ lunga era stato il dominio romano, riappaiono vecchie famiglie
nobiliari che si richiamano a quella tradizione, ma spesso nobili di nuova generazione si
modificano il nome per richiamare un’improbabile discendenza. Nel nord invece
predominano famiglie che si richiamano, con qualche ragione o meno, alle vecchie famiglie
regali o alle casate nobili delle prime invasioni. L’Inghilterra arriva ad una situazione
analoga, anche qui con differenziazioni significative rispetto alle altre regioni, ma coerente
nelle linee generali, con il consolidamento della conquista normanna.
Sono decenni di grandi trasformazioni, in cui gentiluomini locali, che gestiscono regioni di
modeste dimensioni in nome di potentati piu’ generali, scoprono che la forza che li teneva
legati al loro ruolo si e’ indebolita, e che il potere personale e’ solo limitato da quello dei
propri vicini, che possono essere combattuti e vinti, e che la propria ricchezza puo’ essere
accresciuta impadronendosi dei terreni una volta di uso comune dei villaggi ed assogettando
al proprio potere i contadini che ne usufruivano delle risorse.
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Tutto questo non avviene ovviamente senza lotte, guerre locali, sopraffazioni, sopratutto a
danno dei contadini che una volta avevano il diritto di chiamarsi “uomini liberi”. La
scomparsa delle scorrerie normanne o arabe non ha portato sollievo a questi ceti sociali che
rappresentano la stragrande maggioranza della popolazione, anzi, ha reso ancora piu’ dura la
loro vita. Le sofferenze, i soprusi, sono tali che la chiesa e’ costretta a muoversi in favore
della popolazione. Il nucleo iniziale nasce nel Midi francese, dove la chiesa era
tradizionalmente presente con conventi consacrati alla preghiera, ed in particolare
nell’Abbazia di Cluny, da cui si irradia una fortissima influenza di filosofia di vita e in cui ha
origine il movimento della “Pace di Dio”, che nasce per la difesa dei possedimenti della
chiesa, e delle persone che sotto la sua protezione cercavano rifugio, dall’avidita’ ed
arroganza dei signori locali. Diventata poi, diffondendosi, una richiesta di “pace” in senso
piu’ lato, di maggiore considerazione per le persone e le loro sofferenze. Il movimento ha tale
successo da debordare, occasionalmente, anche in organizzazioni armate di contadini, che, in
nome della pace, assaltano e danno fuoco a residenze signorili. Contro queste
estremizzazioni, ma anche contro la filosofia generale dell’Abbazia di Cluny, si muove la
chiesa del nord, piu’ legata alla nobilta’ ed essa stessa una parte consistente del sistema
feudale di nuova instaurazione. Ma la spinta morale e’ forte, e la “Pace di Dio” diventa la
“Tregua di Dio”, accettata in tutta l’Europa, cioe’ di periodi temporali specifici in cui era
proibito ogni tipo di violenza, tregua tesa anche a limitare l’eccesso di lotta continua tra
piccoli e grandi feudatari, che stava indebolendo la struttura dirigente della societa’ europea.
Come conseguenza del movimento originario, si hanno pero’ un gran numero di predicatori
itineranti, che, con i loro appelli piu’ o meno canonici ad una vita cristiana, pongono spesso
grossi problemi sociali, ma che saranno poi tra i presupposti per il successo dell’appello alle
Crociate, di li’ a pochi anni.
E’ il Medioevo feudale nella sua completezza.
A partire dalla fine del secolo XI, e fino a tutto il 1200, si ha uno straordinario sviluppo
economico e sociale che coinvolge l’Europa intera e la trasforma completamente. Questo
sviluppo e’ difficile, o forse impossibile da spiegare con una successione di eventi dipendenti
l’uno dagli altri, perche’ le cause sono molte, legate tra di loro in una matrice di cause/effetti
non trasformabile in una successione logica, ed in cui gli effetti sono ampiamenti non lineari.
Elementi tipici di un Sistema Complesso, nel cui ambito lo sviluppo della societa’ umana
puo’, a buon diritto, essere catalogato. Ma queste considerazioni esulano dallo scopo della
presente nota, anche se sono alla base della ragione di questo mio percorso di studio.
Quello che succede e’ un aumento considerevole della popolazione, un’estensione delle terre
coltivate, una loro maggiore resa produttiva grazie ad una piu’ abbondante concimazione,
derivante da un aumento del bestiame allevato, e ad innovazioni tecniche. Riprende il
commercio, che si sviluppa rapidamente coprendo l’intero continente e riaprendo il canale
diretto con l’oriente, si ripopolano le citta’ e se ne costruiscono di nuove, generando nuove
linee di commercio, e nelle citta’ si sviluppa l’artigianato, vengono inventate la finanza e le
banche. Il tutto accompagnato da un fiorire di lettere ed arti senza precedenti. Ovviamente
non vi e’ omogeneita’ in tutta l’Europa, e le diverse regioni seguono percorsi di sviluppo in
parte dissimili e non contemporanei, ma nell’insieme, questo e’ quello che succede.
Vorrei ora cercare di vedere, brevemente, gli aspetti piu’ importanti settore per settore, ma
prima credo convenga premettere un’osservazione generale.
Nell’alto medioevo, ma sostanzialmente anche nel periodo che sto per descrivere, il numero
di persone in grado di leggere e scrivere era fortemente limitato, e concentrato perlopiu’ tra il
clero e, in misura decisamente minore, tra la nobilta’. Non e’ quindi strano che nella
documentazione scritta giunta fino a noi si trattino sostanzialmente questioni ecclesiastiche,
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dinastiche o comunque legate ai ceti dominanti. Solo con lo sviluppo del commercio, e piu’
tardi delle lettere, si riescono ad avere informazioni diverse, su altri aspetti della vita di quel
tempo. Questo fatto e’ molto limitativo per una corretta comprensione del periodo storico, ed
e’ anche alla base della vecchia considerazione del Medioevo come un periodo buio e di
sottosviluppo. E’ a partire dal secolo scorso che si e’ cercato di incrociare le poche
informazioni ottenibili dalle fonti scritte su aspetti concreti di vita reale come gli insediamenti
umani, le regole di coltivazione, i commerci stessi, con i risultati di scavi archeologici
effettuati specificatamente per chiarire questi fatti. Questo approccio piu’ diretto, che ricerca
le testimonianze vere della vita dell’epoca, ha fatto si’ che la comprensione di questo periodo
storico sia mutata fortemente nel corso del XX secolo, anche se ancora molti aspetti
rimangono indefiniti, e richiedono un’interpolazione e un’interpretazione che, come sempre,
e’ tipicamente soggettiva. Certe interpretazioni di epoca piu’ antica si sono dimostrate molto
poco attendibili, ma anche alcune interpretazioni piu’ solide, della prima meta’ del XX
secolo, hanno dovuto essere modificate da scoperte piu’ recenti. Lo studio del Medioevo e’
ancora una attivita’ in sviluppo, e non e’ detto che non ci riservi altre sorprese nel futuro.
Alla luce di questo, non deve sorprendere che le cause dell’aumento sostenuto di popolazione
che si e’ avuto in Europa a partire dall’anno 1000, ma forse anche da prima, siano
sostanzialmente sconosciute. Se ne vedono gli effetti, si possono intuire molte ragioni, ma la
spiegazione vera sfugge. Forse perche’ non vi e’ una unica spiegazione, ma semplicemente
l’intero meccanismo autoalimentantesi di crescita e sviluppo aveva una possibilita’ di
innescarsi, e per qualche fluttuazione della storia, lo ha fatto.
La popolazione, qualunque siano le ragioni, e’ aumentata, ma l’economia feudale non poteva
accogliere troppe persone in piu’, basata come era sull’ereditarieta’ dei possessi della terra e
delle stesse funzioni da svolgere su essa. Una societa’ basata su consuetudini non era
assolutamente in grado di far fronte ad un cambiamento del genere. La conseguenza e’ stata
quella di ritrovarsi grosse masse di sbandati, di persone senza una dimora fissa, che
cercavano un modo di guadagnarsi la sopravvivenza, o che, a volte, cercavano di sfuggire ad
una condizione di vita insopportabile. La chiesa cercava di aiutare queste persone, e questo
aiuto era in fin dei conti una delle cause stesse della loro esistenza, ma nell’azione della
chiesa, la nascita dei monasteri cistercensi rappresento’ qualcosa di veramente nuovo. Non
dal punto di vista religioso, poiche’ era una evoluzione della tendenza eremitica gia’ diffusa
da qualche tempo, ma per la nuova organizzazione del lavoro che, probabilmente del tutto
involontariamente, riusci’ ad introdurre. Questi monasteri, diffusi inizialmente nel meridione
della Francia, ma poi anche in Italia ed in altre regioni europee, si insediavano in zone isolate,
selvagge, senza segni di coltivazioni precedenti, ben volentieri concesse loro dai signori
locali, fossero essi laici od ecclesiastici. Insediamenti cercati inseguendo un sogno di
isolamento e di meditazione. Per tutte le ragioni pratiche richieste dal dover lasciare i monaci
ad una vita di meditazione, venivano accolti dei fratelli laici, che si occupavano dei lavori dei
campi, di mantenere in efficienza l’intera struttura, di sfamare tutti. Queste abazie divennero
anche punto di aggregazione di hospites, cioe’ persone che in cambio della sicurezza
personale offrivano il proprio lavoro. Quello che si veniva a creare era un’intera comunita’ la
cui struttura di lavoro, frati esclusi, era completamente diversa da quella tipica del feudo. Non
vi era la frammentarita’ dei campi dati in affido personale ed ereditario, frammisti fra di loro
e con quelli del signore, a cui ogni contadino doveva dedicare parte del suo tempo, con
un’organizzazione tradizionale di rotazione di colture che coinvolgeva necessariamente parti
diverse dei tanti poderi individuali. Qui, nei campi delle abbazie cistercensi, si era in presenza
di una vera e propria azienda, condotta centralmente con l’obiettivo di far rendere bene il
lavoro dei tanti fratelli e hospites che vi erano coinvolti, perche’ il frutto del loro lavoro non
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solo permetteva ai frati di vivere, ma dava anche possibilita’ di intervenire nel mondo
aiutando tante persone bisognose. E il rendimento di queste nuove istituzioni era piu’ alto di
quello dei normali lavori agricoli nei feudi.
Non bisogna esagerare la loro importanza, pero’, perche’ erano in fin dei conti poche di
numero e concentrate in particolari regioni, ma sono sicuramente state di esempio, e hanno
contribuito anche a rivitalizzare il commercio locale, perche’ parte del loro surplus agricolo
doveva trovare qualche sbocco in un mercato. Il loro esempio fu infatti seguito da altri ordini
monastici, come i benedettini, a volte grazie a donazioni terriere dei Signori locali che
volevano far fruttare terre fino allora incolte o poco salubri.
Ma spesso anche Signori laici, a volte seguendo l’esempio dei monasteri, a volte
semplicemente per mettere ordine nel proprio territorio, iniziarono ad istituire le villae novae,
villaggi pianificati e costruiti in territori abbandonati o ancora vergini. Frequentemente
venivano chiamati a costruirli ed abitarli gente che proveniva da lontano, reclutati
appositamente o richiamati dalle favorevoli condizioni, in termini di patti agrari, statuto
personale e gravami curtensi, che venivano concesse. Si trattava di liberta’ molto vicine a
quelle che gli abitanti delle citta’ e dei borghi, i borghesi, stavano strappando ai Signori,
specialmente ecclesiastici ma non solo, a prezzo di aspre contrapposizioni, sfociate spesso in
aperte rivolte.
Un problema ancora aperto, per mancanza quasi totale di informazioni, e’ quello
dell’aumento del rendimento agricolo, senza il quale e’ difficilmente spiegabile un tale
aumento di popolazione, anche tenendo conto dell’aumento dell’area coltivata, che viene
pero’ solo dopo, come conseguenza dell’esubero di popolazione rispetto a quella richiesta
dallo schema feudale. Non vi e’ dubbio che un netto miglioramento nella selezione delle
varieta’ cerealicole coltivate, in favore del grano, una migliore selezione dei terreni, un
minimo inizio di specializzazione di coltivazione, dove alcune colture risultavano piu’ adatte,
il maggior uso del ferro negli attrezzi agricoli, insieme all’introduzione del cavallo come
animale da tiro, furono elementi che favorirono un significativo aumento della produzione
agricola, ma furono essi stessi resi possibile dal complessivo arricchimento della societa’
dell’epoca, insieme ad altri aspetti che descrivero’ piu’ avanti.
Iniziata probabilmente nel X secolo, ormai molto evidente nell’XI e proseguita fino alla fine
del XIII, questo allargamento dell’occupazione dei terreni messi a coltura rappresenta la piu’
grande espansione dello sfruttamento della terra in Europa occidentale della sua intera storia.
Nel suo confine orientale, pero’, si e’ avuto, in questo periodo, un’evoluzione ulteriore.
Inizialmente vi fu un’esteso sfruttamento di terre di difficile occupazione, paludose o
soggette ad inondazioni, per la cui bonifica i Signori germanici reclutarono, in cambio di
terre e liberta’ di uso delle stesse, molta gente dalle Fiandre e dai Paesi Bassi, dove
operazioni di risanamento e di conquista di terre costiere tramite costruzioni di argini e dighe
era stato effettuato gia’ in precedenza, ampliando molto i terreni disponibili in quelle zone, e
sfruttando per i commerci locali la rete di canali che serviva anche per il drenaggio
dell’acqua, che fara’ di quelle zone la parte piu’ ricca di Europa nei secoli sucessivi.
Successivamente questa immigrazione incomincio’ a travalicare i confini del mondo
germanico, attraversando l’Elba e la Saar, occupando, inizialmente in modo pacifico, le poco
popolate terre slave. Ma poi fu seguita da una vera e propria invasione, con sterminio delle
popolazioni esistenti e conquista della terra, specialmente nel bacino inferiore dell’Elba. La
spinta germanica verso est fu fortissima, e coinvolse, fino al XIV secolo, anche le regioni
centrali e meridionali, fino al Tirolo.
Ma e’ nella direzione di nord-est, verso e lungo le sponde del Baltico, che l’azione espansiva
tedesca trovo’ supporto nell’interesse economico di una grossa parte dell’Europa, fino ad
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ottenere il sigillo pontificio per una lunga serie di Crociate che terminarono solo nel XVI
secolo. I Cavalieri Teutonici furono lo strumento diretto di questa espansione violenta,
mascherata dall’impegno morale alla conversione di quelle popolazioni pagane, e molti
furono i cavalieri inglesi e svedesi che si arruolarono sotto le loro bandiere e parteciparono a
queste spedizioni, perche’ gli interessi del commercio lungo le sponde del Baltico erano
consistenti e specialmente l’Inghilterra, dopo il consolidamento della conquista normanna,
aveva cominciato con forza ad incrementare i propri traffici navali in quelle regioni. Non
sono ragioni molto diverse da quelle che hanno portato, a partire dall’XI secolo, alle piu’
conosciute Crociate in Terra Santa, con la differenza che qui l’obiettivo di espansione e
conquista era piu’ trasparente e le conseguenze sono state di molta maggiore durata.
Anche nel caso della liberazione del Sacro Sepolcro la spinta religiosa era quella
preponderante nel convincere la gran parte dei partecipanti, considerando la strettissima
identificazione tra religione e vita reale che era la normalita’ in quei tempi. Ma prima di tutto
era necessario avere molta gente disposta a sacrificare una buona parte della propria vita, o
anche tutta, per un obiettivo religioso. E questo e’ stato possibile proprio per l’aumento di
popolazione non assorbibile nello schema rigido di funzionamento del feudalesimo, con
masse vaganti, con cadetti delle famiglie nobili, esclusi dalla successione al feudo, in cerca di
fama e ricchezze, con predicatori girovaghi, conseguenze della spinta religiosa e sociale
insieme che aveva portato alla Pace di Dio, che predicavano in favore di obiettivi spesso assai
stravaganti.
Ma certo non era di ostacolo l’esigenza di liberare dalla stretta araba i nascenti mercati
marittimi, liberare le rotte mediterranee, aprirsi la strada diretta verso il lontano mondo da cui
derivavano tanti prodotti pregiati, come spezie e pietre preziose, sete e ori. Nessuno dei due
aspetti ha “usato” l’altro per i propri fini. Si sono perfettemante incontrati nello spazio e nel
tempo, e la prima crociata ha prodotto l’occupazione abbastanza stabile dell’Anatolia, la
nascita di stati cristiani in Asia Minore, e l’indebolimento dell’impero di Bisanzio che aveva
invece sperato di riconquistare l’antico potere a scapito dei turchi, e che si era anche illuso,
per un poco, di esserci riuscito.
Di tutto cio’, dopo pochi decenni, non rimase molto, ma il fenomeno delle crociate aveva
ottenuto un risultato fondamentale: la nascita delle potenze marittime italiane, insieme
all’inizio della fine del potere dell’islam sul mediterraneo. Della crescita delle repubbliche
marinare italiane e del loro effetto sui commerci europei ne parlero’ piu’ diffusamente
quando cerchero’ di trattare dell’effetto trainante dell’Italia sull’economia dell’intera Europa.
Voglio invece sottolineare, a questo livello del discorso sul medioevo, che l’aspetto religioso
rimaneva un elemento estremamente sentito per la gran parte della popolazione, e sempre
tenuto in ampia evidenza in termini ufficiali. Lo spirito delle Crociate, se pur alimentato da
ovvi interessi economici, era genuinamente spinto da una sensibilita’ religiosa che, non
bloccata nei suoi riti di pellegrinaggio verso le sacre origini del cristianesimo durante
l’occupazione araba di Gerusalemme, si era invece sentita tagliata fuori da una maggiore
intransigenza dei nuovi occupanti, i turchi selgiuchidi. Come avevo gia’ accennato in
precedenza, il periodo era propizio alle predicazioni di sant’uomini di ogni genere, con grandi
masse di persone senza un vero ruolo sociale pronti ad ascoltarli, e un gran numero di cadetti
di casate nobili senza alcuna speranza di una posizione sociale riconosciuta alla disperata
ricerca di un’avventura che potesse portare onori e ricchezze. In questo ambiente ribollente il
Papa Urbano II colse l’occasione, ed indi’ la prima crociata. Non voglio entrare nel dettaglio
delle divisioni politiche, delle gelosie ed ambizioni personali che guidarono e condizionarono
quella spedizione, ma e’ evidente che dopo quell’evento, l’intera situazione economicopolitica del Mediterraneo subi’ una variazione definitiva.
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In questo stesso periodo di espansione della popolazione europea, e di passioni religiose
molto forti, ebbe inizio anche la Riconquista della Spagna da parte dei regni cattolici che
circondavano i grossi possedimenti mussulmani. Rinforzati da popolazioni provenienti dai
territori francesi limitrofi, spinti da una forte campagna religiosa, poco a poco i mussulmani
furono costretti ad arretrare. In un primo tempo, quando in gioco vi furono solo le terre di
confine, povere e poco sfruttate, i nuovi occupanti ne stimolarono lo sviluppo, la messa a
coltura, aumentando notevolmente la capacita’ di sostenere un numero sempre crescente di
persone. Alla fine pero’, quando caddero, piuttosto velocemente una dopo l’altra le principali
roccaforti arabe, quelle che entrarono a far parte della nuova Europa erano terre ricche,
abitate, e citta’ con un commercio sviluppato, ed un livello di cultura superiore a tutto il resto
d’Europa.
A meta’ del XIII secolo rimaneva mussulmano solo lo stato di Granada, ed un nuovo e forte
competitore stava per entrare in gioco, anche se per il periodo in questione si e’ limitato a
partecipare allo sviluppo del commercio marittimo mediterraneo, ma sempre in
second’ordine rispetto agli italiani, come vedremo piu’ avanti.
Tornando agli effetti delle crociate, un dato e’ estremamente significativo: l’esercito
composito che costitui’ la prima Crociata dovette raggiungere Gerusalemme per via di terra,
attraverso Bisanzio, cosa che tra l’altro, in cambio del passaggio dello stretto e del supporto
logistico fornito dall’Impero, costo’ ai capi crociati il giuramento di conquistare le terre
dell’Anatolia, occupate dai turchi, in nome e per conto dell’Imperatore stesso. Giuramento
che fu in parte disatteso, ma solo per la debolezza di Bisanzio a reclamarne il rispetto. Il
lungo e tormentato percorso era reso obbligatorio dalla mancanza di una adeguata capacita’
di trasporto via mare per un tale numero di persone, con cavalli, armature e supporto di vario
genere.
Cinquant’anni piu’ tardi, la seconda Crociata’ venne in gran parte trasferita da Bisanzio in
Palestina via mare. Quarant’anni ancora dopo, l’intera terza Crociata venne trasportata in
Terra Santa via mare.
La spiegazione e’ molto semplice. Sia durante la stessa prima Crociata che, in modo ancora
accresciuto, durante la vita degli Stati Cristiani che derivarono dalla Crociata stessa, vi fu una
grossa necessita’ di un continuo traffico da e per l’Europa continentale. In oriente dovevano
arrivare con continuita’ rifornimenti, specialmente alimentari durante la Crociata stessa,
rinforzi, attrezzature e, inevitabilmente, un gran numero di pellegrini diretti verso i sacri
territori ora liberamente aperti alla cristianita’. Mentre dall’oriente, dopo lo stabilizzarsi della
conquista, tornavano cavalieri soddisfatti del bottino, pellegrini di ritorno, insieme a spezie e
prodotti pregiati dell’oriente estremo, il cui commercio era fino a poco tempo prima
monopolio islamico. La spinta alla costruzione di flotte commerciali, a conquistarsi diritti di
commercio, era percio’ molto forte, visto la grande possibilita’ di guadagni, e Venezia e
Genova furono alla testa di questo sviluppo, ma anche Marsiglia ebbe il suo ruolo, per quanto
minore, senza dimenticare le molte citta’ del meridione d’Italia e della Sicilia che non
avevano mai smesso il commercio, anche se costretto a dimensioni ridotte, con le varie parti
dell’Africa islamica.
E questo e’ uno degli altri due elementi fondamentali del Basso Medioevo, che sono nello
stesso tempo causa ed effetto uno dell’altro e anche dello sviluppo della popolazione di cui
ho parlato, da cui non possono essere logicamente districati, e che e’ difficile, per la solita
mancanza di informazioni dirette, anche capire come hanno avuto realmente inizio: lo
sviluppo del commercio in Europa e la rinascita delle citta’. Il periodo di maggior splendore
del Basso Medioevo deriva sostanzialmente da questi elementi, che porteranno, insieme ad
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un maggior benessere economico, anche uno straordinario sviluppo delle lettere e della
cultura in generale, non piu’ esclusivamente legata al mondo strettamente religioso.
E’ abbastanza comprensibile che il tutto abbia avuto origine in Italia, dove le citta’, ben piu’
numerose che nel resto dell’Europa occidentale, non avevano mai completamente perso il
loro ruolo. Ridotte di dimensioni e di importanza, questo si’, ma sempre dei centri di vita
comune e di relazioni economiche non completamente identificabili con quelle delle
consuetudini feudali delle tenute agricole.
Nel momento in cui le condizioni di una ripresa di sviluppo della vita cittadina si sono
presentate, non tutte le citta’ pero’ potevano approfittarne nello stesso modo. Un elemento di
differenza era la dimensione della propria estensione di influenza. Cioe’ la dimensione delle
campagne intorno alla citta’ che potevano contribuire all’attivita’ commerciale, sia come
fornitrice di prodotti che come mercato di vendita. Ma un elemento piu’ importante era la
possibilita’ di usare canali commerciali abbastanza sicuri, veloci e a costo ridotto. Il
commercio terrestre, limitato pesantemente dalla mancanza di strade adeguate o scarsamente
curate, dal dover attraversare un gran numero di domini di signori diversi, con le loro tasse e i
loro dazi, nonche’ dalla presenza di banditi e predoni, facilitati nella loro opera dalla totale
mancanza di controllo del territorio da parte di chi ne deteneva nominalmente la signoria, era
sicuramente piu’ costoso e pericoloso di quello via mare, nonostante il basso livello
tecnologico dei natanti, il pericolo intrinseco del mare stesso e la pirateria, pratica molto
seguita ai quei tempi. Quindi non puo’ stupire che le prime realta’ cittadine a sviluppare un
commercio di raggio superiore a quello strettamente locale ed in modo veramente
significativo siano state le citta’ marinare del sud, sotto l’egida spesso solo nominale
dell’impero d’oriente, obbligate a destreggiarsi nel conflitto infinito tra Bisanzio, il mondo
arabo e i nuovi conquistatori longobardi. Amalfi e’ la piu’ importante tra queste, anche
perche’ piu’ delle altre riesce a sviluppare una propria autonomia amministrativa, ma anche
Napoli e Bari, nonche’ Palermo, partecipano ad un intenso commercio tra l’est e l’ovest,
spesso passando per il sud. Bisogna ricordare pero’ che si trattava comunque di un attivita’
ridotta, in termini assoluti, perche’ i retroterra di queste citta’ partecipavano assai poco al
commercio stesso, che spesso era limitato alle esigenze della sola citta’. Amalfi e’ in ogni
caso in prima linea quando inizia una reazione dell’Impero all’espansione araba in Sicilia, e
conquista nuovi spazi commerciali, anche se e’ l’intera sua economia ad essere limitata dalla
sua natura di citta’ isolata.
Ad Amalfi si aggiunge presto Pisa che, dopo un periodo di pirateria concorrente a quella
araba, inizia a stabilire una certa supremazia sull’alto Tirreno, in concorrenza, ma anche
qualche volta in alleanza, con la rinascente Genova, le cui tradizioni marinare erano state
bloccate dalla conquista longobarda. Pisa e Genova si contendono il controllo della Sardegna
e della Corsica, dopo averne scacciati gli arabi, anche come punto intermedio verso il
commercio con le coste occidentali del mediterraneo, specialmente con le citta’ spagnole. La
continua contrapposizione alla marina islamica, le spedizioni punitive, con saccheggi e
distruzione, fino nei porti tunisini, lentamente rendono il mediterraneo occidentale un mare
piu’ libero, ed i commerci piu’ facili.
Un discorso a parte merita Venezia. Fondata da profughi delle invasioni gotiche, che trovano
rifugio sulle isole della laguna, iniziano a praticare un commercio locale sotto la protezione
dell’Impero d’Oriente, di cui e’ parte. Con lo svilupparsi del commercio, inizialmente lungo
le coste italiche e dalmate, ma poi sempre piu’ a lungo raggio, data la posizione geografica
periferica rispetto a Bisanzio, riesce facilmente ad ottenere una sostanziale indipendenza
amministrativa e legislativa, anche se sempre sotto il dominio formale dell’Impero. Riesce a
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La Maturita’ del Medioevo ed i Primi Vagiti del Capitalismo
giocare un ruolo significativo di mediazione tra Bisanzio e i Franchi, approfittando del
conflitto per incrementare il proprio ruolo commerciale e la propria indipendenza.
L’indipendenza e’ un aspetto fondamentale e caratterizzante dello sviluppo della vita
cittadina. E’ un elemento di cui si e’ scritto molto ed e’ ben conosciuto, ma voglio
ugualmente dire due parole, perche’ mi sembra anche un elemento non sempre ben capito.
Non si tratta di indipendenza totale, le citta’ sono sempre inserite nel sistema feudale e
dipendono da un Signore, a cui versono spesso delle tasse o verso cui hanno altri obblighi.
Ma le citta’ dove si sta sviluppando il commercio e una ricca attivita’ artigianale non possono
vivere secondo le classiche regole feudali. Il commercio non puo’ essere regolato dalle leggi
consuetudinarie della corte del Signore, ne’ puo’ essere legato alla terra e alle corve’ relative.
Inoltre allo stadio iniziale del suo sviluppo il commercio aveva bisogno di persone dotate di
spirito di avventura, disposte a rischiare anche la vita per ottenere un ritorno economico,
tipicamente individualiste, ma purtuttavia capaci di lavorare in gruppo, se era nel loro
interesse, e persone del genere erano anche poco gradite nei feudi. Quindi ci fu un incontro di
interessi, per cui molti Signori concessero con una certa facilita’ dei diritti speciali ai
cittadini, causando ovviamente analoghe richieste da parte di altre nascenti citta’. Non
sempre l’ottenere l’indipendenza giuridica ed amministrativa fu facile, specialmente nei casi
in cui il Signore era un vescovo, od altro ecclesiastico, che tipicamente avevano la citta’
stessa come propria sede. Moltissime delle rivolte armate da parte dei cittadini contro i loro
Signori per conquistare l’autonomia richiesta furono rivolte contro Signori ecclesiastici, che
quasi sempre furono alla fine costretti a cedere o ad abbandonare la citta’.
Lo sviluppo dell’autonomia comunale, sia in Italia, dove ha avuto origine, che nel resto
d’Europa, le sue lotte per garantirsi l’indipendenza inizialmente dal Signore locale, ma poi
anche dalle autorita’ superiori, per finire poi nel Patriziato e nelle Signorie e, nel tardo
Medioevo, da una generale rivalsa del ceto borghese delle cosiddette “arti”, e’ stato descritto
da vari autori con molta attenzione, anche da diversi punti di vista, e richiederebbe un intero
volume per essere completamente illustrato. Qui io voglio solo far notare alcuni elementi che
spesso sfuggono all’attenzione ma che ritengo invece importanti.
Le liberta’ individuali che erano godute nelle citta’, e di cui poteva godere chiunque si
rifugiasse entro le sue mura, lo sviluppo del commercio, attraverso percorsi spesso
estremamente pericolosi o dal dubbio risultato finale, sono sicuramente state possibilita’ che
hanno permesso a molte persone di varia estrazione, ex servi o addirittura schiavi, o contadini
liberi cui era stato sottratto il terreno, sbandati di ogni genere, di tentare la propria fortuna
aggregandosi alle carovane commerciali che era necessario formare per superare i pericoli dei
viaggi via terra, o far parte degli equipaggi dei viaggi per mare. Alcuni di questi hanno
sicuramente ottenuto il successo che cercavano, ma l’impresa e’ sempre stata rischiosa, e
quindi la percentuale di successo molto bassa. Diverso discorso puo’ essere fatto per quella
classe di piccoli proprietari, nobili minori, anche solo benestanti locali, che rappresentavano
la classe dirigente delle nascenti citta’. Sono stati loro, in realta’ ben inseriti nello schema
feudale, a spingere per lo sviluppo di un elemento, la vita cittadina, con il commercio e
l’artigianato che ne conseguivano, che sarebbe stato, quando completamente sviluppato, un
elemento fortemente rivoluzionario nei riguardi del vecchio stile di vita. Sono stati loro a
richiedere indipendenza giuridica ed amministrativa, in forme piu’ adatte alle esigenze delle
nuove attivita’, ad opporsi ai grandi feudatari, specialmente ecclesiastici, che cercavano di
tenere le citta’ sotto il loro controllo e le loro leggi, incompatibili con una libera attivita’
commerciale. E non poteva essere altrimenti, perche’ per opporsi al potere dei feudatari,
bisognava avere altrettanto potere. Potere che la piccola nobilta’, associata alle casate
mercantili emergenti prive di ruolo feudale, aveva sicuramente, almeno in sede locale.
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Ma al momento iniziale, nessuno di loro pensava di svolgere un ruolo rivoluzionario, anzi,
pensavano di rendere piu’ efficiente la struttura sociale feudale, di cui facevano parte e da cui
non volevano staccarsi, sfruttando semplicemente delle nuove possibilita’. Ancor di piu’, con
il consolidarsi del ruolo del cosiddetto “patriarcato”, cioe’ di un gruppo di famiglie che
detenevano il reale controllo economico e politico delle citta’, si e’ accentuato il loro
tentativo di identificarsi con la nobilta’, sia attraverso lo stile di vita, sia attraverso matrimoni
incrociati. L’oligarchia cittadina era ben lungi dal pensare di stravolgere il mondo esistente.
Le rivoluzioni vere avvengono, o perlomeno sono sempre avvenute, esattamente cosi’. Con
alcune variazioni che sembrano semplici miglioramenti dell’esistente, ma che hanno in se’
potenziali di sviluppo che non sono al momento valutabili e che si dimostreranno solo in
seguito inconciliabili con le vecchie strutture. Questo pero’ diventa evidente solo dopo che si
sono potute sviluppare in modo significativo, e radicarsi fortemente nella societa’, altrimenti
sarebbero state estirpate con estrema facilita’, se la loro potenzialita’ eversiva fosse stata
riconosciuta troppo presto, e probabilmente molte variazioni in grado di portare a sviluppi
innovativi sono state effettivamente bloccate all’inizio, quando non avevano la forza
necessaria per imporsi, ma gia’ esprimevano la loro natura rivoluzionaria verso l’esistente, e
di loro non vi e’ quasi mai rimasta memoria storica.
Ma torniamo al medioevo e allo sviluppo del commercio, fortemente intrecciato alla rinascita
delle citta’.
Questa rinnovata capacita’ commerciale di alcune citta’ marinare ebbe abbastanza
rapidamente un effetto trainante per lo sviluppo di altre citta’ all’interno, in grado, per molte
e diverse ragioni, di diventare contemporaneamente sorgente di prodotti che potevano essere
venduti attraverso la citta’ marinara di riferimento e mercato di assorbimento per le merci
importate. Diverse citta’ toscane si appoggiarono a Pisa per i loro primi commerci, e diverse
citta’ lombarde a Venezia o Genova.
Un processo equivalente, ritardato solo di poco, si e’ avuto sulle coste del Mare del Nord,
dove un commercio marittimo prese rapidamente sviluppo tra la costa delle Fiandre, dei Paesi
Bassi e della Germania da una parte e l’Inghilterra e la Danimarca dall’altra. Con la
successiva espansione verso est, dovuta alle Crociate del Baltico, la ramificazione del
commercio si estese ampiamente anche al Baltico stesso,
I Paesi Bassi erano d’altra parte lo sbocco di almeno tre grossi fiumi, lungo i quali,
analogamente alla situazione italiana, si svilupparono citta’ dalla spiccata attitudine
artigianale, e nello stesso tempo ricco mercato per le merci in arrivo.
Nonostante le difficolta’ gia’ citate, anche un commercio via terra, molto piu’ consistente di
quello che si era mantenuto costante anche nell’alto medioevo, tipicamente effettuato da
gruppi di ebrei e dedicato sostanzialmente a prodotti di lusso, incomincio’ a svilupparsi, e
lungo queste linee di commercio si crearono nuclei di sviluppo, spesso dovuto alla necessita’
di trovare un posto sicuro in cui passare del tempo, o uno snodo tra una pista terrestre e una
fluviale, che spesso si trasformarono in citta’ a partire dai “borghi” occupati dai mercanti
stessi. Questo avveniva normalmente dove un castello o un’abazia potevano fornire una certa
sicurezza, ma anche in posti che erano semplicemente comodi per una sosta. Questa crescita
avvenne quasi ovunque, nell’Europa occidentale, ma specialmente lungo le linee di percorso
che univano i due poli principali di espansione economica: le Fiandre e l’Italia.
A questo riguardo, un elemento che ebbe un grande ruole nel commercio medioevale, che era
gia’ presente nell’XI secolo, che ebbe il suo piu’ grande sviluppo nel XII, rimanendo molto
vivo anche nel XIII secolo, furono le fiere.
Nel periodo della loro massima diffusione, c’erano fiere in quasi tutte le citta’ piu’
importanti, ma alcune erano piu’ frequentate delle altre, e hanno lasciato un segno indelebile
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nella storia del commercio medioevale, anche se, a volte, quando il loro momento e’ finito,
per la nascita di una organizzazione commerciale stanziale e non piu’ itinerante, le citta’ che
le ospitavano sono tornate in un anonimato totale.
E’ il caso delle fiere della Champagne, le piu’ famose e frequentate per quasi due secoli.
Punto di incontro dei mercanti delle Fiandre, con i loro tessuti e i prodotti del nord, e gli
italiani, che portavano non solo i propri manufatti, dell’artigianato lombardo e toscano, ma
anche le merci provenienti dall’oriente, di cui erano il terminale europeo. Frequentate anche
da provenzali e spagnoli, nonche’, anche se piu’ in ritardo, dai tedeschi della lega anseatica.
Quando il commercio itinerante ha smesso di di essere l’aspetto essenziale, i vari Lagny-surMarne, Bar, Provins, Troyes sono tornati ad essere villaggi senza alcuna importanza
particolare, anche se avevano rappresentato il cuore del commercio per tanto tempo.
Le fiere sono importanti anche dal punto di vista della ricerca storica, perche’, come ho gia’
detto, vi e’ una scarsissima documentazione scritta sulla vita normale del periodo
medioevale, almeno fino a quando la diffusione della capacita’ di leggere e scrivere, dovuta
principalmente alle necessita’ del commercio, hanno incominciato a produrre anche
documenti sulla vita civile. Dai documenti di regolamentazione delle fiere e dai registri dei
commercianti, almeno quei pochi che ci sono pervenuti, si ricavano molte informazioni sulla
vita reale e come e’ cambiata durante quegli anni di poderoso sviluppo. Molti archivi sono
ancora da analizzare, per cui non e’ impossibile che la nostra visione di quel periodo possa
mutare ulteriormente.
Le lettere regie di esenzione dai tributi di passaggio, la riduzione delle leggi di limitazione
degli interessi, cioe’ l’usura tanto invisa alla chiesa, ma che era normale applicazione in ogni
attivita’ commerciale, l’eliminazione, per la durata della fiera, della proibizione del gioco
d’azzardo. Tutte iniziative tipiche del signore locale, che aveva un diretto interesse alla buona
riuscita della fiera, ma sempre piu’ spesso anche dell’autorita’ superiore regia, come per i
lasciapassare generali. Le fiere erano un’iniziativa economica di estremo interesse anche per
le strutture feudali, che ne derivavano forti guadagni, ed erano quindi piu’ che ben disposte a
rinunciare in parte, ovviamente in modo temporaneo, ai propri privilegi esattoriali.
Da questa attivita’ commerciale, sia via terra che via mare, hanno avuto molto presto origine
delle attivita’ che oggi sarebbero chiamate finanziarie. All’epoca erano semplicemente delle
attivita’ collaterali al commercio. Ed intendo lo sviluppo delle “carte di cambio”, atti ufficiali
spesso, almeno all’inizio, certificati da notai che permettevano un commercio di beni trattati
in differenti valute alla partenza ed all’arrivo. Molto presto questo meccanismo fu usato
anche per evitare l’accusa di usura, permettendo di fatto la remunerazione di un capitale
monetario investito in un’attivita’ commerciale. Questo aspetto della liceita’ del rischio
commerciale e della pribizione del prestito ad interessi ha condizionato gran parte
dell’aspetto formale delle transizioni economiche medioevali, anche se non l’aspetto
sostanziale.
In realta’ la chiesa stava incominciando a perdere l’identificazione con la struttura di vita, e
per quanti successi abbia avuto successivamente, non si e’ piu’ ripetuta l’identita’ di valori di
vita tra chiesa e societa’ civile che si era realizzata a cavallo del primo millennio.
Il commercio ha prodotto ovviamente un aumento della circolazione monetaria, un suo piu’
diffuso uso, anche nelle piccole transizioni del commercio locale o per gli affitti delle terre,
fino a riportare in Europa il conio di monete d’oro. Come per tutte le attivita’ finanziarie, e’
stata l’Italia ad iniziare anche questo aspetto, con le monete di Firenze, Venezia e Genova a
dominare la scena europea per piu’ di un secolo.
Non e’ sicuramente nelle possibilita’ di questo breve articolo illustrare tutte le innovazioni
commerciali e finanziarie introdotte in questo periodo e sostanzialmente dalle citta’ italiane.
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Basti ricordare che alcune tecniche di gestione commerciale in uso in Italia nel XIII secolo
trovarono applicazione in Germania e Polonia solo nel XVI secolo. Ed e’ anche di poca
importanza il fatto che alcune di queste tecniche fossero conosciute, in forma molto piu’
rozza, nel mondo orientale, o che le lettere di debito fossero conosciute da tempo nell’impero
persiano. Non e’ l’invenzione che importa, a questo punto, ma il suo uso per incrementare gli
scambi commerciali, innovare le transizioni finanziarie, e sopratutto l’effetto globale che lo
sviluppo del commercio ebbe per l’intera comunita’ dell’Europa centro occidentale.
Quello che ebbe origine fu l’inizio di un sistema finanziario internazionale, con delle vere e
proprie banche, con lo sviluppo di societa’ commerciali in cui i contributi puramente
finanziari incominciavano ad essere significativi, l’embrione, cioe’, delle societa’ per azioni
che si svilupperanno tre secoli dopo. E tutto questo sotto l’occhio malevolo della chiesa, che
vietava la cosiddetta “usura”, cioe’ la pura e semplice remunerazione del capitale finanziario,
anche se moltissimi ecclesiastici hanno sfruttato piu’ che volentieri i risultati positivi degli
investimenti di denaro nel commercio. Per la salvaguardia della fede, vi furono anche diverse
proibizioni degli scambi commerciali con gli stati mussulmani della riva sud del
Mediterraneo, proibizioni che rendevano piu’ complicato il commercio ufficiale.
Nell’ultima parte del XIII secolo, le galere genovesi e veneziane incominciarono ad essere
visione comune anche nei porti del nord, dominando con la propria mole il naviglio tipico di
quei mari, ma non penetrarono mai nel mar Baltico, dove la lega anseatica difendeva
fortemente i propri privilegi.
Scomparvero, o diventarono perlomeno poco importanti, i mercanti itineranti, poiche’ le
grandi case mercantili e finanziarie aprirono le proprie filiali in tutte le sedi in cui un
commercio significativo era presente. Si svilupparoni i corrieri, in grado di trasportare le
merci praticamente ovunque su commissione, mentre lo scambio di denaro viaggiava su
percorsi diversi.
I grandi mercanti incominciarono a diventare anche grandi banchieri, con clienti sempre piu’
importanti, come le grandi casate nobili impegnate nelle loro lotte per la supremazia che
rappresentava il germe della nascita dei grandi stati dei secoli seguenti. Le guerre costavano,
specialmente perche’ incominciava a diffondersi l’uso di truppe mercenarie, e il denaro
veniva richiesto la’ dove si formava, cioe’ nel commercio.
Come gia’ detto, anche solo riuscire ad accennare a tutti gli aspetti di questo sviluppo, che e’
anche conosciuto col nome di Rivoluzione Commerciale, e’ praticamente impossibile in un
breve articolo, ma alcuni punti meritano di essere evidenziati.
Avevo gia’ accennato, parlando dell’espansione demografica di questo periodo, che nei paesi
germanici ci fu una colonizzazione dei paesi slavi ad est dell’Elba, seguita da una vera e
propria invasione armata lungo la sponda sud del Baltico. Al seguito di questa espansione
colonizzatrice, e spesso in anticipo su di essa, vi fu una analoga espansione commerciale.
Questa estensione dei regni germanici, perfettamente programmata ed appoggiata non solo
dalle bolle papali per le Crociate del Nord, ma anche dagli interessi di altri, come gli svedesi
e gli inglesi, che parteciparono in gran numero all’evangelizzazione del Baltico, si tradusse
concretamente nella fondazione di una serie di citta’ commerciali che ben presto formarono
un mercato molto attivo. A cominciare da Lubecca, per molto tempo la regina incontrastata
dei commerci baltici e delle rotte da e per l’Inghilterra, la Svezia e la penisola danese. Al
seguito dei Cavalieri Teutonici e del loro fanatismo, arrivarono frotte di contadini, di
pescatori, e di commercianti, che aprirono un intero nuovo mercato, anche se spesso sulla
punta della spada.
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Se Colonia rimaneva il centro commerciale della Germania classica, lungo la valle del Reno,
ed in concorrenza con lo sviluppo delle Fiandre, Lubecca, e poi Amburgo, Rostok, e tutte le
altre citta’ baltiche, rappresentarono una nuova frontiera ricca ed in continua espansione.
Ho detto che gli italiani non penetrarono mai in questa zona, presidiata dalla Lega delle Citta’
Anseatiche, ma in realta’ non ne avevano particolare interesse, perche’ anche se uniti da
molti contatti, con scambi di merci attraverso le vie di mare e le vie di terra, il mercato
mediterraneo e quello del nord rimasero sostanzialmente separati. Una ragione e’ anche nella
relativa poverta’ del mercato del nord, rispetto a quello mediterraneo, perche’ la potenza
commerciale di Genova e Venezia era tale che, se solo avessero voluto veramente, gli
ostacoli burocratici, di licenze e permessi, con cui l’Hansa proteggeva i propri porti e le
proprie linee commerciali, non avrebbero potuto resistere. Ma era la poverta’ delle merci, e il
costo del trasporto, che non attirava piu’ di tanto gli italiani. Per cui, nonostante le
occasionali presenze delle galee in quelle acque, i due mondi rimasero separati. Non fu la
stessa cosa per l’Inghilterra, dove il commercio della lana attiro’ gli italiani, che vi giocarono,
con alterne fortune dovute alle politiche regie, un ruolo determinante.
Un elemento fondamentale di questa differenza e’ stata l’espansione mongola, che non ha
solo conquistato la Cina per un certo priodo, ma ha anche rotto l’accerchiamento
mussulmano del mediterraneo. La tolleranza sociale e religiosa, unita alla curiosita’ per genti
e culture diverse, dei regnanti mongoli aprirono all’Europa mediterranea le porte dirette verso
la Cina e l’India, senza l’intermediazione, necessaria fino a quel tempo, degli stati
mussulmani.
Genova e Venezia non solo fondarono diverse colonie commerciali lungo le coste del Mar
Nero, aprendo i mercati del Caspio e della Russia meridionale, ma si spinsero fino al centro
degli imperi orientali, formando linee di commercio che, anche se precarie e sempre a rischio,
erano estremamente piu’ rapide e sicure, nonche’ economiche, di quelle precedenti.
I prodotti di lusso, le spezie, i gioielli dell’oriente avevano ora un modo piu’ diretto di
arrivare sui mercati occidentali, e a prezzi piu’ bassi,
Insieme ai prodotti arrivarono le conoscenze: l’allevamento dei bachi da seta, la produzione
della carta e, con sviluppo un po’ ritardato, la polvere da sparo.
Gli effetti principali di queste conoscenze le vedremo nel prossimo capitolo di questa storia.
Quello che interessa a questo punto e’ l’osservazione del controllo quasi completo che le
citta’ commerciali italiane, Genova e Venezia sopra le altre, avevano sul commercio
mediterraneo, specialmente verso l’oriente, dopo aver ridotto Bisanzio ad un regno
secondario, dipendente dalle politiche e dai contrasti tra le due potenze maggiori, e con il
mondo islamico diviso ed in decadenza.
Commercio significa merci da trasportare da una parte all’altra, e se molte merci erano
prodotti naturali, come grano, olio, spezie, ma anche perle, pietre preziose e metalli, molti
erano i manufatti umani che presupponevano l’esistenza, da qualche parte, di una capacita’ di
produzione superiore al bisogno locale.
In effetti le citta’ non furono solo il luogo di raccolta dei mercanti, dove poter svolgere la
propria attivita’ sotto leggi, ed applicazione delle stesse, diverse da quelle feudali. Le citta’
furono ben presto il centro di sviluppo di un’attivita’ artigianale che non solo si specializzo’
ed organizzo’ in forme nuove, anche se spesso erano una riscoperta dell’antico, per
proteggere le attivita’ e gli artigiani stessi, cioe’ le corporazioni, o gilde, con i diversi nomi
che ebbero nei diversi posti, ma in alcune occasioni si sviluppo’ una vera e propria industria,
con molti aspetti comuni a quella di oggi.
La nascita e l’evoluzione delle corporazioni, che se pur presenti in epoca romana hanno avuto
nel medioevo il loro massimo sviluppo, e’ un argomento di grande interesse, anche perche’
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questo tipo di organizzazione, pur mutando nel tempo, ha avuto propaggini che si sono
prolungate nel tempo fino ad arrivare ai giorni nostri, ed in Italia, in particolare, ne subiamo
ancora grossi effetti negativi. Ma e’ stato analizzato con grande accuratezza da molti autori, e
nei limiti di questo articolo sono costretto a non entrare nei dettagli, rimandando alla
bibliografia.
Un aspetto su cui vorrei fare delle considerazioni e’ invece proprio lo sviluppo industriale
che, in senso stretto, puo’ essere limitato a soli due settori, seppur molto diversi: la
produzione di tessuti di lana, e con molto minor ruolo quella di altri tessuti, e l’estrazione e
lavorazione dei metalli.
La lana e’ stato il materiale tessile piu’ diffuso in Europa sin dai tempi dei romani, durante i
quali, accanto ad un intenso e diffuso uso casalingo della tessitura a mano, si erano formati
veri e propri centri di produzione specializzata, i cui tessuti venivano diffusi in ampie zone, e
non solo in quelle limitrofe. La disponibilita’ della lana, di creta per la follatura e di materiali
coloranti erano elementi che avevano favorito alcune zone piu’ di altre. Tra queste la parte
sud occidentale della Belgica Romana, conosciuta poi come le Fiandre. Con la caduta
dell’Impero, e il periodo delle invasioni, non si hanno piu’ notizie della produzione dei tessuti
di lana, a parte il fatto che e’ sempre un’attivita’ casalinga molto diffusa. Evidentemente
pero’ nelle Fiandre era rimasto qualche aspetto della specializzazione precedente, perche’ nel
X secolo gia’ si sa di panni provenienti da questa regione e diffusi dai mercanti frisoni in
ampie zone dell’Europa del nord. Con la ripresa del commercio, i panni di lana diventano il
principale materiale di scambio, risultando il prodotto principale delle esportazioni europee in
oriente ed in Africa.
I panni delle Fiandre, attraverso le fiere della Champagna e tramite i mercanti italiani
giungevano ormai ovunque, tanto che la lana locale divento’ rapidamente insufficiente. Ebbe
cosi’ inizio un intenso scambio commerciale con l’Inghilterra, la cui lana non solo era
abbondante, ma anche di qualita’ migliore. Non mancavano pero’ importazioni di lana da
altre regioni, Francia e Spagna su tutte. In breve tempo, tra il XII e il XIII secolo, tutte le
citta’ delle Fiandre diventarono praticamente delle industrie che producevano un unico
manufatto: il panno di lana, e la zona di produzione tese anche ad espandersi sia a sud che a
nord-est. La struttura produttiva aveva molti aspetti dell’industria moderna, anche se risentiva
pesantemente dei modi di divisione del lavoro tipici medioevali. La Gilda dei mercanti, che
era anche il governo delle citta’ fiamminghe, rappresentava i capitalisti, cioe’ i grandi
mercanti stessi, che procuravano la lana, la facevano lavorare e rivendevano i tessuti finiti sui
mercati internazionali. Le varie fasi della lavorazione, cardatura, filatura, tessitura, follatura,
colorazione e finitura erano in origine svolte da artigiani indipendenti, ma il prezzo per ogni
singolo lavoro, nonche’ la paga degli aiutanti e dei garzoni di bottega, era stabilito
dall’autorita’ cittadina, e quindi dai mercanti. In questo modo, anche se revisioni dei costi
venivano fatte, spesso a seguito di proteste ed agitazioni che coinvolgevano tutta la parte
lavorativa della citta’, poco alla volta tutti gli artigiani si trovarono ad essere puramente
dipendenti da chi forniva il materiale e, sempre piu’ spesso, anche gli attrezzi per lavorarlo.
La spinta a ridurre i costi portava infatti a concentrare la produzione in luoghi in cui vi fosse
abbondanza di acqua, indispensabile per molte delle fasi di lavorazione evitando anche i
frequenti spostamenti dei panni stessi. Inoltre era necessaria un’area molto estesa e coperta
per le fasi finali di tosatura, e nei periodi di crisi gli artigiani erano indotti a cedere i loro
attrezzi ai mercanti in cambio di una garanzia di lavoro futura. In pratica quello che si
sviluppo’ fu un abbozzo dell’industria moderna, anche se senza gli aspetti contrattuali e di
garanzia dei nostri giorni.
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Per un po’ di tempo, durante la fase di sviluppo intenso di questa attivita’, il fatto che i
mercanti fossero anche i gestori della citta’ porto’ una certa moderazione nella gestione dei
salari, perche’ era interesse generale evitare disordini e rivolte. Quando pero’, nella seconda
meta’ del XIII secolo e nei primi decenni del XIV, si sviluppo’ una forte concorrenza
internazionale e le Fiandre iniziarono ad essere nei conflitti politici europei, questa situazione
di equilibrio instabile si ruppe. Lo sfruttamento del lavoro dei vari artigiani divenne
insopportabile, causando delle grosse ed estese ribellioni, che portarono anche alla
formazione di gestioni di tipo comunitario, di vita pero’ molto breve, poiche’ la struttura
economica della regione non poteva assolutamente fare a meno della classe dei mercanti.
Queste agitazioni non possono pero’ essere completamente comprese se non si guarda anche
al complesso dei movimenti eretici che, a partire dall’XII secolo, si erano diffusi in gran parte
dell’Europa. Movimenti che sotto l’aspetto religioso erano in realta’ il segno preciso di un
malessere sociale in crescita, proprio quando era in crescita anche una relativa prosperita’
economica, che era pero’ concentrata in ceti sociali estremamente ridotti. Tema dominante di
tutti questi movimenti era un ritorno ad una vita piu’ povera e semplice, e una lotta contro
l’arricchimento della Chiesa e dei suoi esponenti maggiori. Nell’intreccio estremamente forte
tra l’aspetto religioso e quello sociale che ancora permeava la vita delle popolazioni di
quell’epoca, questo si traduceva in aspirazioni a societa’ piu’ ugualitarie, anche senza
arrivare, se non in casi sporadici, a forme estreme di comunismo. La storia di questi
movimenti ha indubbiamente un ruolo nello sviluppo sociale, ma la sua illustrazione, come
quella delle repressioni della chiesa e dei poteri laici, renderebbe troppo lungo questo scritto.
Mi limitero’, nel prossimo capitolo, ad illustrare le conseguenze piu’ forti che si ebbero tra il
XIV e il XV secolo.
Tornando allo sviluppo economico dell’industra tessile fiamminga, le lotte sociali si
intrecciarono anche con quelle dei poteri feudali, tra il Conte di Fiandra, alleato con
l’Inghilterra, e la monarchia francese, per non dimenticare il Duca di Borgogna. Ma anche
questi aspetti, preludio della guerra dei cento anni, verranno meglio discussi nel prossimo
capitolo di questa storia.
Nel XIII secolo i mercanti italiani incominciarono ad importare nelle Fiandre i coloranti
provenienti dal sud e dall’oriente, rendendo dipendente dal loro commercio anche questo
aspetto della produzione, che prima si basava quasi esclusivamente sull’uso di coloranti
vegetali come il guado e la robbia, ampiamente coltivati in Francia ed Inghilterra. Un effetto
ancora maggiore l’ebbe l’entrata degli italiani nel mercato della lana grezza, in particolare in
quello inglese, del cui prodotto divennero in breve gli esportatori maggiori. Questa
disponibilita’ di materia prima di alto livello porto’ a nuovi e grandi sviluppi dell’industria
tessile italiana, fino ad allora presente solo nelle produzioni di qualita’ inferiore e per
consumo locale, sfruttando la migliore organizzazione delle citta’, la maggiore capacita’
tecnica e lo sviluppo del credito e della finanza in generale.
Diverse citta’ italiane divennero delle grosse produttrici ed esportatrici del panno di lana di
qualita’, tra cui Milano e, sopratutto, Firenze, che assunse un ruolo predominante. A Firenze
il controllo della produzione era nelle mani della corporazione dei lanaioli, che erano distinti
dalla classe dei grandi mercanti e finanzieri, anche se con qualche interconnessione, e non
erano sicuramente i controllori del governo cittadino. Pur svolgendo lo stesso ruolo
capitalistico dei mercanti fiamminghi, non importavano direttamente la lana, che era ottenuta
dai grandi mercanti internazionali che svolgevano solo la funzione di importazione, ma
avevano il controllo della produzione del panno attraverso lavoro sostanzialmente salariato,
mentre l’esportazione del prodotto finito avveniva qualche volta direttamente ma piu’ spesso
attraverso altri mercanti. Questa differenza, e specialmente il non aver a carico il problema
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della gestione della tranquillita’ cittadina, porto’ questi imprenditori ad uno sfruttamento del
lavoro ancora piu’ forte di quello fiammingo, con il risultato di analoghe rivolte, che pero’
non si generalizzarono quasi mai a tutta la citta’ o al il territorio circostante, sostanzialmente
per lo scarso rapporto con i contadini.
L’altro settore che presentava elementi di organizzazione industriale era quello
dell’estrazione e lavorazione dei metalli. Ma questo settore ha presentato aspetti molto
diversi, nonostante che l’esigenza di organizzazione e di concentrazione del lavoro abbia
generato alcuni aspetti tipici dell’industria moderna.
L’estrazione e la lavorazione di base dei metalli doveva avvenire necessariamente nel luogo
in cui i metalli erano trovati, e questo ha generato una specie di specialisti che si muovevano
tra i diversi siti minerari seguendo le oscillazioni delle scoperte di nuovi filoni, nonche’ le
oscillazioni dell’interesse all’estrazione spesso dovuto alla politica generale.
Infatti la proprieta’ dei depositi metalliferi, e quindi il controllo delle pratiche di estrazione e
raffinamento, era considerata praticamente in tutta l’Europa di diretto controllo regio, o del
grande feudatario interessato, se era in grado di difenderne la proprieta’.
Il prodotto intermedio, cioe’ il metallo purificato, era poi trasposrtato nei luoghi dove
avveniva la sua lavorazione finale, sostanzialmente in armi ed attrezzi agricoli. Questa
attivita’ era svolta da artigiani in diverse citta’, alcune delle quali divennero specialiste in
questa lavorazione, ma con le regole e i metodi delle tradizionali lavorazioni artigianali
dell’epoca.
A differenza quindi dell’industria tessile, sviluppata e controllata dalla nuova classe
mercantile, l’estrazione e la lavorazione dei metalli era sotto il controllo diretto della nobilta’
feudale. Questo spiega il perche’ questa attivita’, la cui complessita’, e divisione specialistica
del lavoro, non era certo inferiore a quella tessile, non riusci’ a sviluppare gli stessi aspetti di
suddivisione del lavoro, e di lavoro sostanzialmente salariato, che e’ invece stato proprio
dell’altra attivita’, precursore del successivo lavoro industriale.
In effetti, come cerchero’ di spiegare meglio in seguito, anche in presenza di alcune analoghe
e ovvie spinte economiche, i risultati socio-economici che ne possono risultare dipendono in
modo estremamente forte da una grande quantita’ di altri fattori, tra cui quelli politici, e dei
rapporti di forze, sono sicuramente i principali.
Intanto va precisato un fatto fondamentale. Nonostante gli aspetti caratteristici di quest’epoca
sono stati quelli che ho esposto, lo sviluppo enorme del commercio a medio e lungo raggio,
la rinascita delle citta’ come comunita’ mercantile ma anche centro manifatturiero, con la
protezione e la conseguente crescita delle attivita’ artigianali, ma sopratutto la nascita e la
diffusione dell’attivita’ finanziaria, del credito con le sue tecniche di gestione del denaro, non
va dimenticato che la maggior parte della gente di quel periodo viveva lavorando la terra. Per
lo piu’ ancora sotto le vecchie consuetudini feudali, anche se negli ultimi anni considerati in
questo capitolo, diverse forme di concessioni, come la mezzadria, incominciavano ad
apparire. Ma e’ la terra, ed il suo lavoro, che rappresenta l’invisibile possibilita’ di
sopravvivenza. Il commercio delle principali risorse alimentari rappresenta una possibilita’ in
piu’, il poter compensare con prodotti di regioni lontane una occasionale carenza dovuta a
cause locali, ma e’ sempre una piccola aggiunta, anche se dal punto di vista del commercio
puo’ rappresentare un fattore grosso. La quantita’ di alimenti che vengono scambiati su
distanze lunghe o medie e’ una frazione minima del totale prodotto in sede locale, anche nei
periodi di carestie forti. La popolazione europea dei secoli XII e XIII e’ ancora
sostanzialmente legata alla terra ed ai suoi cicli, anche se l’occhio cade piu’ sugli aspetti
innovativi e sulle classi che introducono innovazioni.
Il Medioevo e la Nascita del Capitalismo (II)
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La Maturita’ del Medioevo ed i Primi Vagiti del Capitalismo
Il richiamo della terra e’ sempre molto forte, tanto che i mercanti con piu’ successo, dopo
aver stabilito una certa stabilita’ delle proprie operazioni, incominciarono ad investire i propri
profitti nell’acquisto di terre ai margini delle citta’, iniziando quel processo di
“rifeudalizzzazione” che divenne estremamente forte poco dopo con l’epoca del “patriziato”,
con un forte mescolamento, sostanzialmente tramite matrimoni incrociati, con la piccola
nobilta’ locale. La ragione di tutto questo risiede banalmente nel fatto che la classe feudale
era ancora forte, e rappresentava il modello di vita per i ceti sociali emergenti, ancora non
coscienti di essere di fatto portatori di valori in contrasto di fondo con la struttura feudale. Le
rivoluzioni avvengono molto lentamente, come ho detto diverse volte, e difficilmente sono
colte come tali al loro inizio.
Il predominio numerico del lavoro della terra, il sopravvivere di diffusissime forme di lavoro
servile, se anche possono passare inosservati in un periodo di forte sviluppo, diventeranno
pero’ preminenti nel periodo successivo, di crisi economica e sociale, di cui discutero’ nel
prossimo capitolo. Ma vale la pena far osservare anche ora che la vita di quel periodo non si
identificava con le ricchezze dei mercanti, i viaggiatori avventurosi o le corti nobiliari, con le
lettere ed i poeti. Lo zoccolo duro della vita era sempre rappresentata dai contadini, ancora
legati a strutture sociali difficili da modificare.
Tornando pero’ agli sviluppi innovativi del Basso Medioevo, non si puo’ dimenticare la
diffusione dell’istruzione. Precedentemente la capacita’ di leggere e scrivere era
sostanzialmente limitata ad alcuni esponenti del clero, che usavano questa capacita’ anche al
servizio del potere temporale. Non e’ quindi strano che gli scritti arrivati fino a noi trattassero
quasi esclusivamente di questioni religiose o dinastiche. Praticamente nulla della vita di tutti i
giorni e’ stato tramandato in forma scritta.
Con lo sviluppo del commercio, e dei viaggi marittimi e terrestri che ne erano la base, si e’
avuta la necessita’ mantenere dei libri commerciali, di sviluppare nuove tecniche per la
gestione dei bilanci di aziende che avevano diramazioni in buona parte del mondo
conosciuto, e trafficavano in beni valutati in tante monete diverse. Inoltre era sempre piu’
necessario mantenere delle cronache esatte dei viaggi, con i relativi problemi e le soluzioni
trovate, per rendere sempre piu’ facile il viaggio successivo. La capacita’ di leggere e
scrivere dovette allargarsi ad una parte di popolazione laica, per interessi che non avevano
piu’ niente a che vedere con la chiesa o con la nobilta’. Inoltre lo sviluppo del diritto
commerciale, inventato e messo a punto attraverso molti tentativi ed aggiustamenti successivi
ma partendo dalla base del diritto romano, necessitava di un modo per essere tramandato e
diffuso, che non poteva essere la vecchia scuola monastica, unica forma di insegnamento che
era presente in quel periodo, a parte casi individuali di tutoraggio. Nascono cosi’ i primi
esempi di libere associazioni di studenti e di docenti, spesso itineranti nel rincorrersi della
domanda e dell’offerta, ma con alcune realta’ locali che diventano predominanti, conosciute
in tutta Europa e ben presto anche oltre, calamite di docenti e di studenti. E’ la nascita delle
Universita’. Bologna per il diritto e Parigi (la Sorbona) per la teologia sono le prime ad
emergere. Nel seguito, ogni grande feudatario, ogni principe, ritenne importante avere
almeno una universita’ sotto il proprio controllo, sia per una certa vanita’ che per un sicuro
interesse a far crescere degli uomini colti nel proprio ambiente, anche se la chiesa, spiazzata
inizialmente dall’iniziativa dal basso derivante dall’esigenza economica, ed incapace di
reagire prontamente, proprio per la sua intrinseca avversione al nuovo mondo che si stava
sviluppando, riusci’ alla fine a riprendere un certo controllo sul sistema ufficiale di istruzione,
specialmente nel riconoscimento formale dei docenti.
Come conseguenza della maggiore diffusione culturale si ebbe anche un fiorire di attivita’
letterarie, che non erano piu’ legate solo alla tradizione orale dei menestrelli, ma
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La Maturita’ del Medioevo ed i Primi Vagiti del Capitalismo
incominciavano a trovare sempre piu’ possibilita’ di apparire in forma scritta. L’abbandono
del latino in favore delle lingue popolari fu poi un ulteriore elemento che ne favori’ la
diffusione.
Un elemento fondamentale per la generale rinascita culturale, in particolare nei settori
scientifici e filosofici, ma con influenze anche sulla parte umanistica, e’ sicuramente stato il
contatto piu’ stretto con la civilta’ araba, estremamente piu’ evoluta, e specialmente,
inizialmente attraverso le traduzioni arabe, la riscoperta dei classici greci e latini. In
particolare la riconquista spagnola, con l’occupazione di Toledo e delle sue bibblioteche e la
disponibilita’ di persone capaci di tradurre dall’arabo, ha dato, tra l’XI e il XII secolo, un
enorme impulso alla cultura dell’Europa occidentale.
Come sempre, le peculiarita’ dell’evoluzione socio-economica di una certa parte del mondo
possono essere valutate completamente solo se paragonate a quella delle altre parti ad essa
collegate in un modo continuo. Sara’ quindi necessario dire almeno poche parole
sull’evoluzione delle due societa’ che si contrapponevano, militarmente ma sopratutto
culturalmente, all’Europa occidentale. Sto ovviamente parlando dell’Impero di Bisanzio e del
mondo islamico.
Converra’ partire dall’Islam, di cui finora ho detto molto poco, perche’ l’accento di tutta la
narrazione e’ stato sull’Europa, in cui si e’ generato e sviluppato il capitalismo, che e’
l’obiettivo principale di questo studio.
L’esplosione araba del VII secolo ha nella predicazione di Maometto, che riesce a rendere
una comunita’ unita e con uno scopo comune un insieme di tribu’ nomadi, di pastori,
commercianti e predoni, la sua condizione iniziale. Ma anche cosi’ non e’ spiegabile
facilmente il successo strepitoso che in meno di un secolo ha permesso la formazione di un
impero immenso. La poligamia che, forse analogamente a quanto avvenne per i vikinghi nel
nord Europa, era necessaria per una popolazione i cui maschi passavano molto tempo in
viaggi lontani dalle famiglie, ha sicuramente favorito un forte aumento di popolazione ed una
spinta verso l’espansione. La tradizione militare e la forte identita’ religiosa hanno dato forza
alla loro iniziativa. Ma il loro numero era comunque estremamente ridotto rispetto a quello
degli avversari che hanno sconfitto, per cui le ragioni devono essere trovate altrove, oltre a
quella casualita’ che sempre e’ alla base di ogni iniziativa che ha successo in condizioni non
favorevoli.
Una ragione e’ stata la debolezza dei due imperi maggiori del tempo, quello persiano e quello
bizantino, entrambi con un’organizzazione centralizzata e rigida, con ampie frontiere su cui
premevano in continuazione le orde dei nuovi popoli in movimento, un esteso uso di truppe
mercenarie per la loro difesa e reduci da un lungo periodo di scontri diretti che avevano
indebolito le rispettive le strutture militari senza sostanzialmente modificare la situazione
relativa. Su di loro piombarono le tribu’ del deserto, unite dal nuovo interesse comune di una
nazione giovane, spinte da un evidente fanatismo religioso e guidati da capi militari esperti e
capaci. Le prime vittorie diedero nuovo entusiasmo per proseguire e ricchi bottini che lo
giustificavano. La sorte dei due imperi fu pero’ molto diversa. Dopo le sconfitte iniziali, che
costarono la perdita di molte zone ricche e popolose, i bizantini riuscirono a tamponare
l’avanzata araba formando una linea di difesa fortificata, ma sopratutto, con l’introduzione
dei temi, a modificare sostanzialmente la struttura dell’esercito e la capacita’ di difesa delle
provincie periferiche. La superiore capacita’ navale evito’ poi l’aggiramento della linea
difensiva in Anatolia, anche se Bisanzio stessa fu sottoposta a qualche assedio privo di
successo.
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I persiani invece non riuscirono ad opporre una resistenza sufficiente, e in pochi anni di
guerra continua, la capitale dell’impero venne conquistata dagli arabi. Dopo poco, l’uccisione
dell’ultimo imperatore dissolse completamente ogni opposizione, aprendo agli arabi la strada
verso le steppe caucasiche e l’estremo oriente.
Un’altra forte ragione della facilita’ della conquista araba puo’ essere inoltre identificata nella
accondiscendenza con la quale la maggior parte delle popolazioni della costa meridionale del
mediterraneo accettarono il cambio di dominazione, non sentendosi mai omogenei con i
precedenti dominanti. Questo fu la ragione principale per la facile conquista dell’Egitto e
della costa tunisina, che mal sopportavano il controllo di Bisanzio, per ragioni fiscali e
religiose. Una maggiore difficolta’ gli arabi la incontrarono nel Magreb, regione in cui era
molto piu’ forte il sentimento di indipendenza e dove, anche dopo aver vinto la prima
resistenza, iniziera’ l’azione di distacco delle province piu’ lontane. La conquista del Magreb
rese possibile il passaggio dello stretto e l’invasione della penisola iberica dove il regno
visigoto oppose una debole resistenza, nell’indifferenza della popolazione. La penetrazione
nella Gallia meridionale fu tamponata a fatica dai re Franchi, e solo piu’ tardi inizio’ una
reazione significativa, fino alla creazione, da parte di Carlo Magno, della Marca di Spagna,
origine della successiva Catalogna.
Dopo circa un secolo dal suo inizio, l’espansione araba era praticamente completa. Il
consolidamento di questo nuovo dominio avvenne ovviamente attraverso diverse crisi che,
data la natura dell’invasore, erano contemporaneamente politiche e religiose. Ma per
l’ampiezza e complessita’ del problema non e’ possibile discuterne nel dettaglio, ne’ e’ un
argomento di questo studio. Quello che mi interessa di piu’ e’ l’analisi delle forme
socioeconomiche che la dominazione araba sviluppo’ nell’enorme spazio dei paesi occupati,
tenendo sempre conto che l’attenzione principale e’ sull’Europa occidentale.
Innanzitutto bisogna considerare che i territori occupati erano tra i piu’ prosperi del mondo
mediterraneo, sede di antiche civilta’, fortemente urbanizzati, con un sistema commerciale
molto sviluppato, una cultura di alto livello e delle identita’ localistiche ben caratterizzate.
Gli invasori invece, oltre che di una nuova religione che si inseriva nel filone monoteista
dell’ebraismo e del cristianesimo, ritenendo di esserne lo sviluppo finale, erano portatori
esclusivamente delle tradizioni tribali e di clan familiari delle popolazioni nomadi del
deserto, uniti da poco in una unica nazione dalla religione stessa. Nella loro occupazione
militare di regioni molto popolate, con strutture amministrative ben stabilite, gli arabi
inizialmente non modificano niente, si limitano ad occupare le posizioni di comando e a
raccogliere le tasse. La loro struttura sociale a base familiare diventa ancora piu’ evidente in
questa dilatazione delle loro funzioni. A partire dai califfi, la cui nomina, a parte la richiesta
di dover appartenere al clan familiare di Maometto, e’ stata sempre contesa tra diversi rami
dei discendenti, proseguendo per i ruoli amministrativi, i governatorati delle varie province
conquistate, i ruoli militari piu’ importanti, e’ un’incessante lotta tra clan familiari, che
tendono a conservare le varie posizioni di potere trasmettendole sempre all’interno della
famiglia. E’ vero che con la poligamia legale, con l’aggiunta del concubinato, la famiglia
tende a crescere enormemente anche in poche generazioni, ma la forza del clan familiare e’
quello che prevale su tutto. In realta’ questo e’ un aspetto cosi’ forte nella societa’ araba, che
puo’ essere ritrovato ancora oggi, e senza una grossa perdita di forza ed importanza. La lotta
tra due dei rami della famiglia di Maometto, rivestitasi poi di un contenuto dottrinale, e’ di
fatto alla base delle differenze tra le varie fedi islamiche, in particolare quella tra sunniti e
sciiti.
Credo che un grande pregio dell’occupazione araba, ed una delle piu’ forti ragioni del loro
successo nel mantenere il controllo di un’area cosi’ vasta, sia proprio il conservare
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inizialmente le istituzioni, le abitudini, la religione precedente, anche se profondamente
diverse da regione a regione. Probabilmente non potevano fare altro, perche’ non avevano
un’alternativa adeguata che potesse essere imposta in sostituzione dell’esistente, ma questo
ha permesso a poche persone di occupare i posti di potere senza suscitare rivolte troppo
grosse o troppo estese che non potessero essere gestite dalla loro supremazia militare,
seppure diluita in un territorio sempre piu’ ampio. L’arabizzazione dei territori conquistati
avvenne lentamente, iniziando dall’obbligo dell’uso della lingua araba per tutti gli atti
amministrativi, al posto del persiano usato in precedenza. Le differenze di trattamento fiscale,
il diverso ruolo sociale, che avevano i mussulmani rispetto a chi non aderiva alla nuova
religione e’ stato un argomento fortissimo per spingere tutte le popolazioni soggette verso
l’accettazione dell’islam, sopratutto perche’ non vi era costrizione, ma solo convenienza. Non
e’ stata una conversione immediata, ne’ uguale da regione a regione, ma in un paio di
centinaia di anni, fino al termine del IX secolo, l’islamizzazione di tutta l’area conquistata era
praticamente completata. Tra il X ed XI secolo si e’ assistito al periodo di maggiore attivita’
culturale dell’islam, con innovazioni scientifiche, forti sviluppi del pensiero filosofico, fiorire
di attivita’ letterarie.
E’ anche il periodo in cui incomincia la frammentazione dell’enorme impero, con le varie
province che, pur mantenendo formalmente la sudditanza al califfo, di fatto diventano
indipendenti, sviluppando autonomi processi di integrazione tra le originali culture e il nuovo
islam.
Mentre si hanno abbastanza informazioni sulla vita cittadina, sui commerci e le attivita’
artigianali, molto poco si conosce della struttura sociale delle campagne. Una osservazione
evidente e’ che l’aridita’ del territorio ha concentrato la produzione agricola nelle poche aree
irrigate naturalmente dai grandi fiumi e in zone in cui l’irrigazione artificiale, con l’uso di
canali, spesso sotterranei per ridurre l’evaporazione, era possibile. Questa tecnica, abbastanza
diffusa in Asia Minore, comportava ovviamente un’organizzazione collettiva di lavoro per
costruire e mantenere efficienti a canali di irrigazione. Alcune informazioni tendono a
suggerire, almeno per alcune regioni della Persia, l’esistenza di un obbligo di villaggio per
quanto riguarda la tassazione sui prodotti agricoli, o almeno e’ questa la regola usata
inizialmente dagli occupanti arabi. Le modifiche successive, per ridurre le eccessive
differenze di tassazione tra mussulmani e non mussulmani, si indirizzarono verso una
tassazione legata al possedimento di terra, ma non e’ chiaro se fosse su base individuale o
collettiva. Quello che e’ chiaro e’ che non vi era alcun legame del contadino con la terra, che
quasi sempre era data in affitto.
Il commercio era diviso tra un commercio locale, di libero mercato, regolato dall’autorita’
cittadina, che garantiva gli spazi e la liberta’ di vendita, ed il ben piu’ importante commercio
a lungo raggio, in cui dei veri capitalisti gestivano il trasporto e la vendita dei generi di lusso
che arrivavano dall’oriente, nonche’ dell’oro ed altre materie prime essenziali dall’Africa
sub-sahariana. Questi mercanti erano le vere elite economiche, con spazi riservati anche
all’interno delle citta’, come a rappresentare una classe totalmente diversa.
L’artigianato, molto diffuso, era sostanzialmente libero, non organizzato in corporazioni
autoprotettive, anche se ogni settore, per pura efficienza di lavoro, tendeva ad avere un
quartiere cittadino dedicato.
Gia’ a partire dal IX secolo, delle tecniche finanziarie molto evolute, come le carte di credito,
erano diffuse, specialmente in Persia, per i commerci a lunga distanza. Che lo sviluppo
avvenuto molto piu’ tardi in Italia si sia basato su conoscenze di queste primitive forme di
credito non e’ provato, anche se e’ abbastanza probabile.
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Nel periodo di massimo livello culturale, si assiste pero’ ad un indebolimento della qualita’ di
vita nelle campagne, dove la grande proprieta’ prende poco alla volta il sopravvento sulla
piccola, tendono a diminuire i contadi liberi e, in una non completamente comprensibile
analogia a quanto avviene nello stesso tempo nel mondo bizantino, inizia a svilupparsi una
forma “leggera” di societa’ feudale. Pur ribadendo che della situazione delle campagne si sa
molto poco, perche’ manca una documentazione diretta, quello che appare e’ che il potere
centrale non riesce ad avere la forza di imporre la sua volonta’ alla periferia, anche quando
questa si dichiara formalmente fedele, e si accontenta quindi di ottenere dei tributi, senza
verificare troppo se erano raccolti secondo la legge fiscale ufficialmente vigente. Questa
tendenza a sottrarsi al controllo centrale, come anche la continua lotta per il potere in ogni
parte dell’enorme regione islamica, era sicuramente favorita dalla struttura familiare della
societa’, con famiglie estremamente ampie, veri e propri clan, che si contrapponevano gli uni
agli altri. In quasi tutto l’islam e’ un continuo succedersi di dinastie familiari che si
impongono sulle precedenti, senza causare pero’ grandi modifiche della struttura sociale
generale.
E’ stata ovviamente questa divisione del mondo islamico, in cui vari potentati locali
cercavano di rendersi indipendenti dai loro signori formali, la ragione principale del successo
della prima crociata, e della istituzione dei cosiddetti Stati Cristiani in Asia Minore,
nonostante una inferiorita’ militare estremamente evidente. Quando l’islam ritrovo’ un
minimo di accordo, perlomeno contro gli invasori cristiani, quelle strutture vennero
facilmente travolte. Nel frattempo pero’ qualcosa di fondamentale nei rapporti di forza nel
Mediterraneo era cambiato.
E’ praticamente impossibile riassumere gli avvenimenti principali, nonche’ la struttura
sociale, di sei-settecento anni di sviluppo di una regione cosi’ grande in poche pagine, per cui
mi limito a notare alcuni aspetti che hanno una diretta influenza con la storia europea.
L’unita’ del mondo islamico, sotto l’autorita’ del Califfo, dura poco, come gia’ fatto notare.
In particolare si forma un secondo califfato in Egitto, regione, come vedremo, estremamente
ricca economicamente, che estende, almeno formalmente, la sua autorita’ su tutto l’occidente
islamico. Ma il Magreb, che aveva gia’ posto una discreta resistenza alla conquista, sviluppa
molto presto una forte indipendenza sotto la spinta delle tribu’ berbere, ottenendo anche
l’effetto di isolare l’Al-Andalus, cioe’ la Spagna, dai poteri centrali islamici e favorendo la
nascita di un terzo califfato a Cordova. L’isolamento della Spagna dal resto dell’Islam, a
parte il supporto berbero ottenuto di tanto in tanto, e’ una delle cause della relativa facilita’
della Riconquista cristiana.
Anche ad est si creano zone indipendenti, ma per ragioni molto diverse. La decisione dei
califfi di creare degli eserciti professionisti, reclutando uomini dalle regioni periferiche, in
modo da formare unita’ omegenee e con forte spirito di corpo, senza legami con la terra
locale, e con possibilita’ di essere contrapposte le une alle altre, aveva portato, fin dai primi
secoli dell’islam, ad una forte presenza di truppe e capitani turchi sia a Bagdad che in altre
citta’ importanti del grande impero. Famosi per la loro capacita’ militare, basata
sostanzialmente sulla cavalleria, diverse etnie turche, sotto il comando di capitani abili ed
ambiziosi, presero di fatto possesso di ampie zone del cuore dell’islam. Ma gia’ dal X secolo,
spinte dalla crescita demografica e dalla pressione delle tribu’ mongole alle spalle, diverse
popolazioni nomadi si islamizzano ed occupano territori persiani, diventando in parte
stanziali. Da neofiti della nuova fede, con una visione rigorosa dell’islam, e come
conseguenza delle lotte tra le tribu’, una parte di loro si rivolge verso ovest, portando insieme
alla conquista politica un nuovo zelo spirituale sunnita, fino ad entrare senza necessita’ di
combattere a Bagdad, dove da tempo il Califfo aveva assunto un ruolo esclusivamente
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La Maturita’ del Medioevo ed i Primi Vagiti del Capitalismo
religioso, mentre il governo temporale era sotto il controllo di una dinastia di Emiri di origini
non arabe. Il Califfo nomina Sultano ed Emiro dell’est il loro capo Tughril, prende cosi’
forma la dinastia Selgiuchide che, pur cercando di contrapporsi al potente califfato d’Egitto,
trova in realta’ piu’ facile sbocco in Anatolia, che viene in gran parte sottratta al controllo di
Bisanzio, almeno fino alla parziale riconquista seguita alla prima Crociata. Il nuovo stato con
classe dirigente turca si affianca ai diversi potentati che occupano le parti piu’ ad est e le
steppe del Mar Caspio, ma il vero centro economico nonche’ spirituale dell’islam, nei secoli
tra il X e il XIII, e’ l’Egitto.
Sotto la dinastia Fatimide, la ricchezza agricola della valle del Nilo viene mantenuta e
sviluppata, evitando, sotto l’attento occhio del potere centrale, la nascita di grandi proprieta’
terriere a scapito del lavoro contadino. L’Egitto diviene cosi’ il principale produttore di grano
dell’intero islam, con grosse esportazioni anche al di fuori dei paesi mussulmani.
Grazie anche alle difficolta’ interne di Bagdad, la cui amministrazione non riesce a tenere
ragionevolmente libero dai pirati l’ingresso al Golfo Persico, con la conseguente riduzione
del traffico commerciale dall’India e dalla Cina verso Bassora e le sue piste carovaniere verso
la costa mediterranea, il Mar Rosso diviene il terminale privilegiato di questo commercio,
con Alessandria il suo punto finale e centro commerciale per l’intero mediterraneo. Questa
situazione di privilegio verra’ mantenuta a lungo, con l’intera via di commercio difesa da
ogni possibile pericolo, e sara’ anche una delle ragioni principali del ruolo svolto dall’Egitto
nella politica mediterranea fino all’esplosione dell’impero ottomano, nel XVI secolo.
Ad est, dove la conquista Selgiuchide non pone fine all’irriquietezza delle tribu’ nomadi che
ancora convivono con le popolazioni stanziali, e nemmeno alle ambizioni di potere dei
diversi clan, a meta’ del XIII secolo arriva il ciclone mongolo.
Dopo aver devastato Buchara e Samarcanda e sottomesso tutto l’Iran orientale, sotto la guida
di Hulagu, nipote di Gengis Khan, morto pochi anni prima, i mongoli invadono e distruggono
l’Anatolia e il nord della Siria, espugnando poi Bagdad nel 1258. Ritornano poi in Siria
prendendo Aleppo, Damasco e Gaza. Vengono pero’ pesantemente sconfitti dalle truppe
mamelucche egiziane nel 1260. Questa sconfitta, quasi inevitabile date le forze in gioco,
avviene anche per un forte riflusso dell’avanzata mongola, con i maggiori capi richiamati in
patria per derimere delle questioni di successione.
Quella mongola e’ una vera e propria invasione, con sistematiche distruzioni di citta’ e
massacri di intere popolazioni. I mongoli, fortemente legati alla vita nomade, sembrano
accanirsi con particolare efferatezza contro le citta’ e gli abitanti che al loro interno si
oppongono alla conquista. Dimostrano nello stesso tempo una straordinaria capacita’ militare
anche nel superamento delle fortificazioni, spesso con conclamato disinteresse per la vita
umana. Sono in ogni caso una minoranza, rispetto al numero dei conquistati, e se anche non
si limitano a sostituire le classi dominanti, come avevano invece fatto i loro predecessori
arabi e poi turchi, ma coinvolgono nella loro opera distruttiva anche le popolazioni in
generale, alla fine, fermatasi per ragioni interne alla loro politica di successione la spinta
espansionista, nel gestire la conquista non possono che ottenere gli stessi risultati di altri
invasori. Vengono a poco a poco riassimilati da popolazioni piu’ numerose e di civilta’ piu’
adatta alla vita stanziale.
I khanati che i conquistatori fondano a cavallo del Caspio ed in Iran non durano molto, ma
rappresentano una nuova possibilita’ per i mercanti europei, in quanto i mongoli,
sostanzialmente buddisti, non pongono limitazioni al transito di carovane cristiane verso
l’oriente, e le grandi citta’ marinare italiane ne approfittano per stabilire collegamenti e creare
intermediari, oltre che a scoprire direttamente l’esistenza di un mondo di cui vi erano solo
racconti indiretti. Con il passaggio alla fede islamica, questi nuovi stati si liberano della
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La Maturita’ del Medioevo ed i Primi Vagiti del Capitalismo
sudditanza al Gran Khan mongolo, e si puo’ assistere ad una fortissima ripresa della civilta’
persiana, una cui variante linguistica si era gia’ imposta sull’arabo ai tempi della dinastia
selgiuchide.
In Anatolia, divisa in molti potentati, riprende la conquista ai danni di Bisanzio, mentre in
Egitto, grazie alla vittoria sui mongoli, si impone la dinastia mamelucca, di origini turche,
che mantiene altissimo il prestigio su tutto il mediterraneo.
E’ l’alba del grande impero ottomano, ma molte altre disgrazie dovranno colpire queste
regioni, prima che l’impero prenda realmente concretezza.
Per quanto riguarda l’impero di Bisanzio, invece, dopo la crisi del VII ed VIII secolo, si ha
una stabilizazione e un periodo di relativo sviluppo che dura dal IX all’XII secolo.
Nonostante l’apparente floridita’, pero’, alcuni elementi di debolezza incominciano ad
apparire, come uno scarso sviluppo demografico della parte asiatica dell’impero, dove i
confini sono stabili anche perche’ non si hanno forti tensioni con la controparte islamica, ma i
territori, nonostante gli sforzi del governo centrale, rimangono scarsamente popolati e preda
degli interessi dei grandi proprietari. Una situazione migliore si ha sul versante europeo, dove
sono pero’ necessari lunghi anni di guerra prima di riuscire ad assimilare nell’impero i
bulgari, facendone un forte baluardo difensivo. Anche in Italia il confine viene consolidato e
l’ambizione degli imperatori germanici e’ tenuta facilmente a bada, in una situazione
praticamente di stallo, senza sviluppi e senza perdite.
Il commercio, quasi esclusivamente marittimo, e’ fortemente incentrato su Bisanzio, anche
perche’ le altre citta’ non riescono a decollare come propulsori di un’attivita’ economica
nuova, e si limitano ad accogliere i notabili ed ad essere terminali del commercio di lusso.
L’aumento della grande proprieta’ in Asia Minore e’ anche una concausa della diminuizione
della popolazione, che spesso trova conveniente emigrare nelle zone islamiche, molto
tolleranti religiosamente e meno oppressive fiscalmente.
Tutto sommato e’ pero’ una vita soddisfacente e tranquilla, quella che si vive nell’impero in
quegli anni, ma quando i turchi selgiuchidi irrompono in Anatolia, non c’e’ praticamente
alcuna forza capace di opporsi.
La prima Crociata, dovendo ottenere l’appoggio di Bisanzio per il passaggio in Asia Minore,
e’ l’occasione per riprendere i territori persi, e a cio’ i capi crociati vengono vincolati da un
giuramento. Ma la forza dell’impero non e’ tale da riuscire ad imporre il rispetto del
giuramento, e Bisanzio deve rassegnarsi a vedere sorgere i nuovi stati cristiani su alcuni suoi
antichi possedimenti, anche se indubbiamente un riallargamento dei confini si ottiene
realmente. Come conseguenza della crociata, pero’, si ha il gia’ descritto sviluppo delle citta’
marinare italiane, Genova e Venezia in particolare, che tolgono molto velocemente spazio
commerciale all’impero, indebolendo fortemente la sua struttura amministrativa ed la sua
capacita’ militare, fondata ormai quasi esclusivamente su truppe mercenarie, che devono
essere pagate in continuazione. Lo sviluppo commerciale delle citta’ italiane rende sempre
piu’ dipendente da loro l’economia di Bisanzio, suscitando nello stesso tempo molti rancori
contro di loro, con la conseguenza di una politica spesso ondivaga, che cerca di mantenere i
vantaggi commerciali mettendo le diverse citta’ in contrapposizione, concedendo privilegi
ora a questa ora a quella, con occasionali esplosioni “popolari” che portano a confische di
beni e revoca di permessi. Anche se devono quasi sempre essere riconcessi perche’ non vi e’
piu’ autonomia commerciale in quello che era stato l’impero piu’ grande del mediterraneo.
Non e’ quindi un fatto occasionale che nel 1204 una ulteriore spedizione armata verso la
Terra Santa si indirizzi invece, sotto la spinta di Venezia e Genova, alla conquista, per la
prima volta nella sua storia, di Bisanzio stessa, che diventa un regno latino per alcuni anni.
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Ridotta a minime dimensioni in Asia Minore dalla spinta Ottomana, in difficolta’ anche nei
Balcani di fronte alle nascenti nazionalita’ desiderose di indipendenza, anche quando
Bisanzio tornera’ in mano greca, non sara’ mai piu’ la stessa, in balia delle piu’ forti
economie occidentali, incapace di proteggere i propri confini ed in attesa della caduta
definitiva.
A cavallo tra il XIII ed il XIV secolo, dove si spinge questo capitolo, il mondo europeo che ci
appare e’ estremamente diverso da quello che era solo due o tre secoli prima, sia
economicamente che culturalmente. Ma arrivati a questo punto di massimo sviluppo, ed in
prossimita’ della grande crisi che per oltre un secolo travolse buona parte dell’Europa, val la
pena di fare anche qualche osservazione generale.
Abbiamo visto, piuttosto evidentemente, che le spinte economiche, gli interessi diffusi,
l’interazione commerciale e culturale possono forzare verso situazioni genericamente simili,
anche in presenza di punti di partenza diversi. E’ altrettanto ovvio ed evidente che ci possono
essere evoluzioni del tutto dissimili in zone fisiche separate, anche in presenza di interscambi
commerciali e sotto la pressione di esigenze economiche uguali, come e’ stato di fatto,
rispetto all’Europa occidentale, per l’Impero di Bisanzio da una parte ed per il mondo
islamico dall’altra.
L’analisi piu’ dettagliata delle diversita’ che si vengono a creare nel mondo occidentale, che
e’ l’oggetto principale di questa narrazione, puo’ aiutare a capire le ragioni di queste
differenze.
Mentre in Francia ed in Spagna l’equilibrio feudale sembra rompersi a favore della nascita di
un regno nazionale forte, e l’Inghilterra e’ gia’ una nazione unita, ma gli interessi feudali
della casa regnante sul continente ne indebolisce le forze, in Germania l’equilibrio tra i
Grandi Elettori imperiali e’ saldissimo e durera’ a lungo. In Italia, dove la preesistenza di un
gran numero di citta’ ha generato piu’ precocemente la nascita della forte economia cittadina,
di una classe commerciale ricca ed intraprendente, la situazione e’ bloccata dall’esistenza di
un potere che supera la normale dimensione economica e militare, ed e’ quello della chiesa. Il
papato svolge una continua opera, utilizzando tutte le armi a sua disposizione, per impedire la
nascita di uno stato forte e nello stesso tempo di favorire la forza degli stati comunali contro
le ambizioni unificanti dell’Imperatore. La chiesa svolge quindi sia un compito stabilizzatore
che disgregatore, sempre alla ricerca di un equilibrio al ribasso delle forze laiche, in modo da
poter essere continuamente l’ago della bilancia. Nel sud dell’Italia, poi, la conquista
normanna, che privilegia le citta’ alle campagne, in cui favorisce lo sviluppo del latifondo,
gia’ preponderante sotto i bizantini, blocca anche la nascita dell’individualita’ cittadina e lo
sviluppo di una forte borghesia commerciale. Ne e’ un esempio piu’ che lampante il crollo
del ruolo commerciale di Amalfi dopo la sua assogettazione al regno normanno.
Nonostante quindi la spinta economica risulti sostanzialmente uguale in tutte le regioni,
l’effetto di tanti altri fattori, seppur individualmente meno forti, risulta preponderante a
definire i dettagli dell’evoluzione socioeconomica di ogni parte d’Europa. E’ evidente quindi
che schematizzare troppo le forze in gioco, limitandosi alle maggiori che sono anche piu’
comprensibili, ma dimenticandosi delle tantissime indubbiamente meno importanti
singolarmente, porta spesso a grossolani errori di valutazione, perche’ il mondo non segue un
andamento lineare, e forze anche piccole, in particolari situazioni, possono svolgere ruoli
molto importanti. In altri termini, lo sviluppo della societa’ umana e’ un sistema complesso,
la cui dinamica non pio’ essere semplificata nell’azione lineare di pochi e conosciuti
elementi.
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La Maturita’ del Medioevo ed i Primi Vagiti del Capitalismo
Alcuni aspetti comuni a praticamente tutta l’Europa sud occidentale sono pero’ identificabili.
Prima di tutto, nonostante l’enorme aumento della vita cittadina, della sua ricchezza dovuta
allo sviluppo del commercio, l’intera societa’ rimane, per tutto il periodo preso in
considerazione, sostanzialmente contadina. La fatica dei campi puo’ forse passare
inosservata, ma e’ ancora quella che permette la crescita numerica della popolazione, anche
se la resa delle coltivazioni cresce solo di poco, e quasi esclusivamente per l’uso dell’aratro
di ferro e del cavallo per trainarlo. La vita dei contadini si fa quindi sempre piu’ dura quanto
piu’ e’ la quantita’ del loro prodotto che deve essere dirottato verso le citta’ in espansione, e
questo quasi indipendentemente dalla forma ufficiale del suo ruolo, sia cioe’ un servo della
gleba ancora vincolato al campo che deve lavorare o un affittuario che deve pagare in denaro
e non in natura. Spesso la vita delle campagne viene peggiorata da un fenomeno conosciuto
sotto il nome di rifeudazione, e cioe’ l’investimento in proprieta’ terriere degli utili del
commercio da parte di molte delle famiglie piu’ abbienti, che cercano di adeguare il proprio
stile di vita a quello della grande nobilta’. E’ un aspetto che si verifica con grande evidenza
sia in Italia che nei paesi del nord europa.
L’aumentato sfruttamento del lavoro agricolo e la permanenza, se non l’aumento, di
situazioni di totale servilismo sara’ una delle cause principali della serie di rivolte contadine
che infiammeranno il secolo successivo, e di cui parlero’ nel prossimo capitolo di questa
narrazione.
Un secondo aspetto che risultera’ diffuso abbastanza generalmente e’ quello della rivolta
delle arti minori, cioe’ degli artigiani, che nella suddivisione di potere nelle citta’ sono
sempre stati succubi della classe mercantile, fino ad arrivare, come abbiamo visto per le
Fiandre, a livelli di lavoro salariato senza alcuna autonomia e potere decisionale.
In effetti l’apparente benessere che viene raggiunto nei primi decenni del XIV secolo
nasconde anche profonde tensioni sociali, che aspettano solo un periodo di crisi per
esplodere.
E la crisi ci sara’ e sara’ assai violenta.
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