1 ELENCO BRANI FINITI Sodalizio infame 1 680 STO MALE DI SALUTE.... 782 il suicidio 1573 STUPRO COLOGNO FUNERALE INES LA MORTE DEL PADR L’impegno l’ho preso Carceri Parto da turbat e arrivo al 63 La mamma muore STUPRO PRESENTAZIONE MILLENNI PREFAZ FABULAZZO. VOGLIA DI GIUSTIZIA ARTICOLO REPUBBLICA DARIO SU jacopo 5296 IL SODALIZIO INFAME! dialogo col marito:ò vattene. Plastica. Suicidio. L’AVEVO SCRITTO PER LO SPETTACOLO, TAGLIA PARENTES. 2 Sto uscendo da un periodo di almeno 20 anni di coma profondo. Sì, avete capito bene. Coma profondo - in piedi.- Si può? Si può. Guardatevi intorno. C'è un sacco di gente che ha 'sta malattia, il "coma profondo in piedi"... Non li vedete? Nessuno di voi è in coma? (Come a rispondere ad una domanda del pubblico) Com'è il coma profondo in piedi? Io ho sempre camminato, parlato, mangiato, dormito - ma in coma - e profondo. Che so... parli con la gente, ma non ci sei - non ti accorgi se c'è il sole o piove - e se c'è il sole, non te ne importa niente. Somatizzi tutto quello che ti succede intorno, senza accorgertene... Stai male da morire ma nessuno lo vede. Sorridi, ma solo con la bocca, così: (esegue) meccanicamente. Non c'è nulla che ti emozioni o emozionerà, nulla che ti scuota, che ti interessi, né i figli, il lavoro, le vacanze, il successo, l'amore. 3 Niente. Il tempo passa e niente cambia. Non c'è niente, che ti spinga a fare niente. Cammini, mangi, parli, dormi, ma non ci sei. Dormi sul tuo letto sospesa senza manco toccarlo... tutta tesa. Quando dormi pensi alla morte senza accorgerti di pensarci. Una mattina ti svegli e di colpo ti rendi conto che sì, oggi, lo farai. Ma andiamo con ordine. "Come hai dormito..." mi fa..."Bene....""Scendi a fare colazione?"... "No, non subito... - mi schiarisco la voce - Ti devo parlare.... - lui sa di che. Stiamo calmi però..." Si siede sul letto passandosi una mano sulla fronte. Ogni qualvolta gli dico ti devo parlare, lui sa di che. In un secondo è madido di sudore... ma proprio bagnato fradicio. Mai vista una cosa così repentina. Come girare un interruttore. Gli prende un'emozione che gli parte dal profondo... diciamo... della coscienza... e tutti i suoi sensi di 4 colpa, gli affiorano insieme: BUM! ecco l'effetto "sauna"! "Caro, vorrei che te ne andassi.... " "Perché?!" Gli manca il respiro. "Non mi va più di stare con te... Non reggo più la vita che stiamo facendo. Negli ultimi 20 anni sei sempre stato innamorato. Di un'altra... e mai la stessa. E d'estate di più. Ed ora siamo in giugno. Non tollero "più" l’evidenziare inconsciamente, ogni tuo rapporto con l'altro sesso con irrazionali movimenti telefonici... senza misura... e sopratutto senza tenere conto che sono ancora viva, che ho occhi ed orecchie. Respire, ci vedo e sento benissimo. Va bene che stiamo insieme, ma non stiamo più insieme... da 20 anni. Voglio dire da 20 anni non facciamo più l'amore... (Al marito) Non mi disturba più il tuo crederti innamorato pazzo... perché so benissimo che non sei innamorato di questa o di quella, ma che sei innamorato dei vent'anni che non hai più. Mi disturbano troppo le scuse che tiri fuori 5 per uscire a telefonare... mi fanno imbestialire perché sono un oltraggio alla mia intelligenza...: "vado dal parrucchiere" - "ma è lunedì..." "Ah sì?..." - pausa - "Ti andrebbe di mangiare del pesce ?"-"Ho gli ossibuchi pronti..."-"Ma m'è venuta voglia di un bel pesce... vado a comprarlo... così mi sgranchisco anche un po'..."-"Sta diluviando...""L'acqua fa bene... fa diventare più alti"-"Guarda che a 68 anni... non si cresce più..." Non mi sta già più ascoltando... Una toccatina alla tasca posteriore dei pantaloni per essere certi che l'agendina nera con i “numeri dell'amore” sia lì... anche la tesserina della Sip... sì, c'è... bene. "Torno subito... Vuoi qualcosa cara?..." e tornava quasi subito... con pesce per 30 persone. Non s'è mai saputo regolare con la spesa... e 24 rose rosa del "nostro" colore... e un bigliettino "Ti amo cara, tanto tanto!!" Il bello è che è vero. E' vero! Lui mi ama. Tanto tanto. Qualche volta mi viene da pensare: "Chissà cosa succederebbe se mi odiasse. Mi trapanerebbe i denti lento 6 lento... poi me li strapperebbe ad uno ad uno senza anestesia... anche le unghie.” Tu hai il fuoco di Sant'Antonio nel..." Mi sono interrotta. Non mi piace mai essere volgare in momenti così... anzi, mi disturbano molto quelle donne che perdono il controllo... il senso della misura, che danno fuori, che spaccano oggetti in casa. “Ma che dici... non ho il fuoco di Sant'Antonio... sto benissimo! Vado a far colazione.” e si avvia alla porta per andarsene... Ma come? Gli dico calma vorrei che te ne andassi e lui va a far colazione?!. Ma che cazzo! Ho sentito nello stomaco una cosa proprio brutta. L'istinto omicida che ognuno di noi ha in fondo all'anima... Ma sì, che ce l'avete anche voi! Dai... Proprio mai avete pensato in un momento di disperazione estrema... di esasperazione estrema, "adesso l'ammazzo"? Non importa chi: il marito, il padre, il professore, uno stronzo in un momento "no" che vi sbava addosso un complimento troppo pesante... o il capo 7 ufficio... o una ingiustizia subita... No? No... zitti, zitte!, non dite niente. Ora, mentireste. Pensateci, riflettete prima di addormentarvi. E se invece non mentite, e siete presi da una improvvisa ondata di sincerità, mi mettete paura. Stiamo calmi. Non vorrei che qualcuno si alzasse e si mettesse ad urlare: "Sì!!!!! l'ammazzo!!!" e via che salta addosso al vicino, alla vicina di poltrona e lo o la strozza, qui in mezzo a tutti. Zitti, calmi e fermi. Continuiamo a mentire per ora, rimandiamo: lo farete questa sera a casa vostra. "E' meglio, caro che ti sieda immediatamente o entro cinque minuti hai la casa distrutta... demolita... rompo tutto, forse anche te." Non ho alzato la voce. Ci conosciamo da quaranta anni. Capisce che non sto scherzando. Torna a sedersi sul letto... si passa la mano sul viso sempre più sudato... poi rassegnato si stende... "Ti stavo dicendo che vorrei che te ne andassi. Il nostro, ormai è un sodalizio infame... è ora di romperlo." "Oh, esagerata... perché infame... Io sto bene con te..." "Io no, io non sto bene con te. Sai come mi sento con te"? Agli arresti domiciliari... da più di vent'anni. Un condannato a morte in attesa di essere graziato." 8 Lui fa un sospiro proprio di quelli che mi hanno sempre straziato, ma che ora non ha effetto alcuno su di me. Lo guardo con una ndfferenza impensbile. Lo vedo pccolo... lontano...lontano. E sì... proprio così. Non era la prima volta che dicevo "adesso basta". Non che l'abbia ripetuta tante volte ‘sta frase... ma almeno 3 volte sì... A quei tempi a 'sto punto, mi commuovevo talmente per quello che stavo dicendo... che non riuscivo a trattenere le lacrime... lui sospirava... allungava una mano in una carezza timida... "ma io ti amo!... topolina mia... micna dolce..amore unico..." mi sussurrava... e io giù a piangere senza ritegno... felice come una pasqua, meglio dire una scema... ma continuavo sulle mie possizioni: "sì...condannata a morte sono!" Mi usciva costruita così la frase... non "sono condannata a morte" ma "condannata a morte sono!" Chissà perché... mi veniva di dirlo in siciliano. Sempre piangendo "condannata 9 a morte sogno... voglio dire... sono..." e lentamente strisciavo verso di lui millimetro dopo millimetro... pronta ad essere afferrata tra le braccia incantatrici... Maledizione a me! "Amore ma perché dici così... lo sai che ti amo... lo sai che conti solo tu... lo sai che le altre sono solo..." "No, no... lasciami... lasciami... Voglio morire!..." ma ero già con la testa sulla sua spalla e singhiozzavo rilassata... "Micina mia... bambinona..." "Amore... non farmi più soffrire... Ti amo tanto... TANTO!" "Anch'io ti amo TANTO TANTO!" FINITO, TORNATO IL SERENO, col cuore che batte.. no: trema. No, non finiva con una scopata... come state pensando. Pardon, volevo dire... non facevamo l'amore... Io e mio marito l'amore non lo facciamo da 20 anni, per l'esattezza da 22 anni. Perché? Non lo so. Non saprei proprio spiegare come ci si sia arrivati... fatto è che ad un certo punto non ci siamo più interessati sessualmente. 10 Veramente non so chi abbia incominciato... A pensarci bene... forse lui. Il fatto è che era scoppiata la "rivoluzione". Sì... sto parlando del 68. Mamma mia è stato veramente un Sessantotto per me! Una gran confusione di pensieri idee ideologie, falsi ideali... e le manifestazioni e la polizia e le botte e ragazzi in galera, e ragazzi che morivano e le occupazioni e le canzoni... e i ragazzi che morivano e gli operai che venivano licenziati e il blocco dei cancelli alla Fiat all'Alfa e l'amore libero e la liberazione sessuale e i ragazzi che morivano... e il Vietnam e le ragazze di 16 anni col bidet fatto e le mutandine in mano pronte come il Nescafé... e le galere e la polizia e le ragazze... e le manifestazioni e le occupazioni e i ragazzi pronti come il Nescafè... e le manifestazioni e le... e ragazzi che morivano... Scusate, mi sono fatta prendere un po' la mano... è che mi è difficile tenere il filo del discorso... Dove eravamo... A sì... che 11 io e lui non facevamo più l'amore... Beh, ora che importanza ha stabilire chi dei due si sia stancato dell'altro o se ci siamo stancati tutti e due... o se uno ha sofferto perché l'altro s'è stancato... Non serve a nulla... Fatto stà che: basta. Abbiamo sublimato il rapporto. Questa bella frase l’ha inventata lui. LUI. Abbiamo chiuso col sesso. Tra di noi. L'abbiamo fatto con altri "sesso". Tutta la pazzia sta proprio qui. Aver accettato che quell'"AMORE tra noi fosse finito... "... e continuare a vivere insieme. Finisce sempre che uno dei due paga un po' di più dell'altro. Purtroppo sono stata io a pagare... e con interessi altissimi! Attenzione, non è che mi stia piangendo addosso. E' che per una donna è diverso. Siamo diverse. veramente. Dunque dicevo che 'sto fatto di fare l'amore con altri... "Vedi caro"... io sono molto più creativa. Mi muovo meglio... voglio dire... mi sono "sempre" mossa, quando mi muovevo... meglio di te. Ora sono immobile.... - qui 12 ho dato giù un po' con la voce, bassa intensa, sofferta... ma attenti, soffrivo davvero - immobile come un palazzone orribile... pieno di stanze vuote... pronto per "l'IMPLOSIONE" Come mi sia uscita una frase così, di luglio... con quasi 40 gradi e il 95% d'umidità, a Sala di Cesenatico non lo saprò mai. Ci devo far sopra una canzone... "Disperazione di una donna che sta invecchiando e il maito va scodinzolando tra giovan, giovanissime. Speriamo non l’arrestini per pedofilia." Come è finita la storia? Come sempre. Continuando a vivre insieme "Qui... nel palazzo vuoto del mio cuore... ieri... ho avuto... ho avuto... una caldana... tremenda... la prima! Oggi... anche oggi... ancora caldana.. ancora caldana... una caldana tremenda... è finita.... è finita... è finita! La menopausa! Ero un fiore così... rosa verde e lillà e poi... e poi... ho scoperto che vecchia e sola son.. perché... perché... ho un marito coglion!" 13 E' tutto da mettere in discussione, si fa presto a dire marito coglione... (insero codina- menopausa- pipistrelli, Consigli sulla menopausa, proseguire, pillole cerotti. Continuare insomma.) PARIGI. Il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Sono andata a trovarlo, stava fuori Italia per lavoro, dopo sua, più che insistente richiesta "via fax", 11 fogli, per convincermi a raggiungerlo... (che, visti gli avvenimenti del proseguo, mai ne capirò il perché.) che finiva con " Vieni ti prego, ti voglio vedere stare con te amore vienivienivieni." Il fatto è che stava mettendo in scena scrivere pezzo comedi f. Vado. Tutto bene, sembravamo persino felici. Come al solito, le cose più noiose le faccio io, (forse m'ha fatto venire per quello): prenotare gli aerei, fare le valigie, pagare il conto... e col conto, mi ammollano 5 fogli con la trascrizione elettronica delle telefonate. Do una 14 guardata ai 5 fogli 5 e mi siedo... Sono molto emotiva... Sto per svenire. Ma sì, lo so che ha la ragazza, lo so che le telefona, ma non vi nascondo che fa una certa impressione vedere nero su bianco, per pagine e pagine ore 23 e 5 numero telefonico mio.... ore 23 e 8 numero telefonico della ragazza... ore 10 e 15 il mio, ore 10 e 21 ... A me, sempre la precedenza... eh... sono la moglie. E via così per telefonate e telefonate... ore 5, e 27 numero della ragazza... Meno male che non ha chiamato me, alle 5 e 20 che lo ammazzavo. Perché la chiama alle 5 e 27?!! Poi ore 4 e 50... ma che cazzo di lavoro fa questa fanciulla?... Poi di colpo nessuna telefonata al numero amato: per tre giorni solo telefonate a me e tante, come sempre. Ecco, l'aveva raggiunto. Come in un film a doppia velocità mi sono rivista tutta la mia vita e la sua dell'ultimo periodo attraverso quelle telefonate. E anche tutta la nostra vita. Sono stata seduta una ventina di minuti. Mi girava 15 tutto. Mi sentivo svenire. Come quella volta che eravamo al mare... In quel periodo lui stava "assolutamente" "solo" con me... Eravamo sposati da poco... No, non ridete... per almeno 20 anni mio marito m'è stato fedelissimo. Forse. E' negli ultimi 20 anni che... Vi stavo dicendo del mare... io stavo a riva con mio figlio che aveva come un 5 anni... mio marito faceva il bagno, appena un cento metri più in là, con la mia migliore amica... un'amica vera. Ne esistono sapete. Beh... ad un certo punto, non so per quale effetto ottico... li ho visto avvinghiati. Forse stavo avendo una visione negativa mandatami dal diavolo o dal Signore per mettermi alla prova... Non so... Per anni sono stata certa di essere santa. Sono svenuta. Veramente: svenuta! Mi sono ripresa con le urla strazianti del mio bambino "mamma mamma... aiuto la mamma annega" e stavo proprio annegando in quanto ero caduta in avanti 16 con la testa in acqua... mi stavo autoaffogando per amore. Io voglio molto bene mio marito... anzi... lo amo... Il disastro sta tutto qui: Che lo amo ancora dopo 40 anni. Mio figlio dice: "guarda che non è più quello che hai conosciuto... sono passati molti anni... Anche tu sei cambiata... anche tu non sei più quella che lui ha conosciuto. Tu sei innamorata di una persona che non esiste più. Tu sei innamorata di un ricordo. " "No, io sono innamorata di lui!" No, caro figlio mio, io lo amo il tuo papà, altro che storie... "amo lui"... lo amo così com'è. Che m'importa se è invecchiato... anch'io sono invecchiata... Lui è i miei ricordi, la mia vita... Sono i sentimenti che contano... In quel famoso fax di 11 pagine m'ha scritto: "non lasciarmi, le altre non contano, conti solo tu, dobbiamo stare insieme, è con te che sono stato al mondo." Ho pianto. E' quello che mi dà, che conta... Sì è vero... lavoro tanto per lui... quando è a casa mi sembra di avere 17 intorno un bambino spastico...:"e dov'è questo? e dov'è quello? Mi dai la gomma grazie, vorrei un paio di calze... farei il bagno ma solo tu sai dov'è il costume..." Certo, è un segreto di famiglia! Lui... vorrei che lo conosceste tutti... Gentile, generoso, lui è veramente extra... Delicato, spiritoso, ironico, di una intelligenza superiore... canta, dipinge, scia... le ha tutte... eclettico... geniale, anzi è un genio... Sempre svagato... distrattissimo. Solo quando deve organizzarsi le storie con le sue ragazze, diventa attento, memorizza tutto, pare uno della CIA. intelligente... ma devo dire che in questi ultimi dieci anni è diventato un po' più pesante dei primi trenta... Non si può dire che sia bello... ma ha un gran fascino... Ma oggi... in questa mattinata dove sono decisa a dire "basta", penso che forse ha ragione mio figlio: sono innamorata di un ricordo. 18 Guardo mio marito... e di colpo lo vedo com'è... non come l'ho "sempre" visto... come è realmente. 19 Rivedere c’è da cambiare e tagliare Di colpo vedo le sue gambette corte... Beh, le ha sempre avute corte, non è che gli si siano accorciate con l'età... è che quando era snello... non si notavano tanto... le sue braccia... che quando mi abbracciava mi facevano impazzire... Ma erano quelle cose lì? Due braccettine senza tono muscolare... da imprenditorintellettual... stomaco e ventre prominente... un po' ... (si esprime con un gesto) pettorali che… insomma, un po' giù... Gli occhi così intensi, neri come il carbon... che quando si perdevano nei miei, mi facevano tremare... svenire... ora li vedo sbiaditi... quattro capelli in testa... la faccia stanca... le guance... che se gira la testa di colpo... vola via. Ciò nonostante c'è una parte di me... che anche in questo momento, sente una grande tenerezza per lui. Maledizione, ma perché s'invecchia? Dovrebbe farsi la plastica - penso... dovrebbe farla. 20 Io l'ho fatta... mi sono tirata via di colpo quei dieci anni che m'intristivano... è stato quando lui si era fidanzato ufficialmente con... Quando ho avuto la certezza che mio marito faceva sul serio con una ragazza di 37 anni... più giovane di lui... che si faceva vedere in giro... che frequentava gli amici comuni che" attenti a non fare gaffe, che stassera arriva la moglie" ho fatto il giro delle farmacie di Milano... una bustina per volta, e Veronal e Veramon e Gibalgina e Optalidon... poi sono andata da lui e gli ho detto che partivo. "Dove vai?..." "Non so.... " "Ma perché te ne vai... io ti amo... tu conti più di tutti al mondo..." "Sì. Ciao". Sbatto la borsa con tre cose dentro - in macchina - e vado . Duecento metri dopo mi fermo - Poi riparto - poi mi rifermo. Penso a tutti i posti che conosco - alla città - alle persone amiche - Penso. Senza accorgermene mi trovo in ufficio. Nel mio ufficio. Non ho più voglia di andarmene da nessuna parte. Non c'è 21 luogo né persona che mi attiri. Nulla che senta amico. Vuoto totale. Penso a "lui", che sicuramente ha già telefonato alla ragazza del momento: Maria, Stella, o... non mi ricordo più...:"è partita puoi venire". Tolgo dalla borsetta tutto quello che ho, libretti degli assegni, chiavi di casa, della cassaforte. Non mi viene da scrivere niente. Dovrei chiedere perdono? Perché? A chi? A mio figlio forse... Ma no... io non servo più nemmeno a lui. Forse ero un po' depressa (ride). Brutta storia. Casermona popolare di trecento appartamenti con nessuno dentro. (ACCENNARE CANZONI, RICORDARSI SEMPRE AUTOIRONIA) Ho tolto dal cartoncino...tutte le mie pastiglie... ne ho fatto un bel mucchietto davanti a me. Ho preso una scodella, l'ho riempita d'acqua ne ho messe tre o quattro in bocca e giù a bere. 22 Su un foglietto ho annotato: 3 e giù a bere, più 3.... e, fanno 6... più 3 e fanno nove... Devo arrivare almeno a cento. Si fa una gran fatica... ti si impasta la bocca... non riesci a deglutire... ti viene voglia di smettere... ancora 5... Ma cosa sto facendo?! ancora tre... e 5... Credo di essere arrivata a 50... Forza, ora 5. Forza - mi viene da vomitare - ancora 7. E' meglio che mi stenda. Non voglio cascare per terra. Lunedì si riapre l'ufficio. Penso alle persone che lavorano qui. Non me ne importa niente. Di nessuno m'importa. Non sento niente. Ancora una manciata. Che fatica. Mi stendo. Non ricordo nessun "ultimo pensiero". Chiudo gli occhi. Sto morendo. Invece no. Sento che mi sollevano di peso, mi costringono a camminare... mi parlano, gridano, io mi lascio andare non reagisco, non voglio reagire "Deve camminare non fermarti! Falla camminare!" ma chi parla? ...Chiama il marito... telefona all' 23 ambulanza ..."Quante ne hai prese parla!" E' la voce di mia sorella... "Pensa a tuo figlio, maledizione quante ne hai prese?" chi è questo...mio marito... Ci sono proprio tutti. Tutti uniti. Una festa di famiglia. "Sbrighiamoci... ha 21 pulsazioni... portiamola via" Chi ha parlato... gli infermieri dell'autoambulanza. M'infilano in un lenzuolo per trasportarmi... mi sento urlare... e non so proprio forse la rabbia mi faceva uscire il fiato o forse l'ho sognato "voglio morire!!! (CONTROLLARE ORIGINALE) Lasciatemi maledetti voglio morire!!!" Per un anno intiero non sono andata nel mio ufficio. Morivo di vergogna. Non capita tutti i giorni di essere trasportata per le scale avvolta in un lenzuola perché la barella non ci passa, tra gli sguardi degli inquilini allibiti "una signora così per bene!...pensa te!..." Finire al Pronto soccorso seguita da una decina di parenti mariti sorelle e la gente che ti guarda e i 24 medici gentili che ti fanno iniezioni da ogni parte, una flebo nel braccio... ti fanno bere un 700 litri d'acqua con dentro non so che... "vomiti signora coraggio" e tu che tiri su l'anima e tutti sono contenti e non ti ricoverano perché sei persona conosciuta... sì, capiscono.... ma certo lo scandalo, i giornali... si figuri... e via che torni a casa e dormi per un 5 giorni e quando ti svegli sei così debole che non capisci se è bene che ti sia andata bene, e se ti è andata bene "veramente". Riprendi a vivere la tua bella vita di merda... un po' imbarazzata... senza il coraggio di guardare la gente negli occhi... e tutti che ti trattano come una che è matta... e non come una che è disperata... che ha bisogno d'amore... Anche voi, no? Ho sempre avuto un morboso bisogno d'amore. Da piccola, avevo un 5, 6 anni e per attirare l'attenzione dei miei, ho rovesciato qualche goccia d'inchiostro rosso nel mio vasino della pipì. La mia mamma, sconvolta... "mio dio, s'è 25 sviluppata a sei anni!..." - "No, no, forse è un fatto renale un'emorragia, chiama il dottore, chiama il dottore!" Tutti gridavano, piangevano... e quando, felice di tanta attenzione ho tirato fuori la bottiglietta d'inchiostro rosso, e hanno capito... m'è arrivato un ceffone dalla mia mamma, che ogni volta che sento l'odore dell'inchiostro, mi tocco una guancia. Meno male che hanno inventato le biro! "La prossima volta mi andrà meglio." Ho avuto addosso per anni la voglia di ammazzarmi... specialmente quando scoprivo un nuovo amore di mio marito. Maledicevo la mia debolezza...la mia incapacità di reazione, di prendere su, come si dice, e andarmene. Stavo lì come una lumacona... senza forza ne idee... a crogiolarmi nelle mie disperazioni invece di... che so, andarmene... ammazzarlo... bruciarlo... Cos'è?... non mi verrete a dire che voi mai... mai neanche una volta avete pensato o tentato di ammazzarvi. 26 E allora ho fatto il lifting... ovunque! Mi sono fatta tirare su tutta! Mi fa ridere il restauro della Cappella Sistina. Appena uscita mi sentivo di una bellezza un po' disumana... un po' "2001 ritorno dallo spazio" Tirataaa! I seni che guardavano in su, ventre piatto come quello delle mannequin di Versace, cosce affusolate, stagne da Kabausoki, il recordman keniota dei 10.000; i glutei: un incrocio tra una negra e i guerrieri di Riace. Bella ero, bella!... con l'anima! Peccato che non mi abbiate conosciuto allora. Quando mio marito m'ha vista.. non mi ha riconosciuta... Ho dovuto mostrargli la carta d'identità e le impronte dei pollici per convincerlo che ero io. L'intervento? Una sciocchezza: 8 ore. Ma cosa vuoi che sia... taglio, permanete, messa in piega, ceretta, pulizia del viso, maschera, lampada abbronzante... ti tengon sotto almeno sei ore... 27 Un'esperienza... forse un po' traumatizzante. Vedermi davanti e di dietro 5 chirurghi travestiti da extra-terrestri... uno messicano, uno indiano, , due brasiliani, uno stregone svizzero , che ti disegnano tutta... ti fanno le "pence", ti tirano, ti staccano, ti scuoiano, ti ritagliano, ti cuciono e ricuciono... ero molto nervosa... preoccupata... io ho l'anestesia difficile... ho il terrore di addormentarmi e non svegliarmi più. "E se poi muoio sotto ricucitura?" pensavo. Ma lo svizzero m'ha tranquillizzata: "Faccio te nuovo anestetico di America, droga fantastica... tu vai diritta in paradiso... pardon, tu senti come in paradiso... niente senti, quando svegli tu bellissimo!" Oddio, mi cambia anche sesso?! Alla mia entrata in sala operatoria col mio lettino scorrevole ho incrociato quello di un famoso uomo politico tutto incerottato... s'era fatto fare il lifting... 28 ormai è di moda nell'ambiente... non solo tra gli attori... Mastroianni, Manfredi... Regan pare se lo faccia ancora adesso un mese sì e uno no... Dicono che ormai è tanto tirato che se appena sorride gli si strizza il sedere e gli viene il singhiozzo. Ieri sera avete visto De Mita in televisione... l'ho trovato, nonostante le preoccupazioni... ringiovanito... stupendo! Per me l'ha fatto anche lui. Appena sistemata sul tavolo operatorio, m'hanno spogliata nuda, tutta l'équippe armata di pennarelli di vari colori ha cominciato a disegnarmi dappertutto: righe che andavano di qua e di là, s'incrociavano sull'addome, si superavano sui fianchi... fin sulle spalle. Zone tratteggiate... Evidentemente erano le fette di pelle da ritagliare... parevo la carta d'Italia divisa per regioni, con i fiumi , i laghi... Roma era l'ombelico, il capezzolo sinistro Torino, quello destro Venezia... Speriamo che non mi si allaghi la Valtellina e non mi frani la Calabria, pensavo. 29 Ero così immersa nei miei pensieri che non mi sono nemmeno accorta che mi stavano iniettando la droga americana. Mi sono addormentata a picco sognante. Sognavo che dei bambini giocavano con le palline di vetro al giro d'Italia sul mio corpo. Ma ahimè... io ho il sonno ribelle anche con l'anestesia... mi sono risvegliata a metà lifting. Oddio, e che è quello?! Un orecchio! Ho visto il mio orecchio posato sul mio décolté... l'ombelico tirato su all'altezza dei capezzoli... i seni sotto le ascelle... e sentivo i glutei spostati sopra le reni! "Frankestein! Assassini, che mi state combinando!!". Urlavo come una pazza. Hanno dovuto farmi un'overdose di Pentothal. L'intervento è durato 8 ore... ma io mi sono svegliata 18 ore dopo... tutta bendata... la mummia Nefertiti. Dalla fessura strettissima degli occhi ad un certo punto t'indovino la sagoma dello stregone svizzero: " Tu fatto anche cura 30 dimagrante veloce... spolpata 10 chili... buttato via." Non avrà esagerato? Speriamo di dimostrare non meno di 38 anni, altrimenti avrei dei guai con il passaporto. Sono stata nascosta per un mese... avrei dovuto raccontare di essere stata travolta da un camion. Poi mi sono sentita, sono stata benissimo. Rinata! Dovrebbero passarlo come servizio sociale, il lifting... invece dei tranquillanti... sì, con la mutua... sai quanta gente triste tornerebbe a ridere? Conosco un medico che li fa a rate... che una, ora che ha finito di pagarlo è già tutta ricrollata e deve ricominciare da capo. Tira su sederi, toglie le "borse" (accenna gli occhi) la pappagorgia... ti tira su... ti tira via tanta di quella pelle in più da ricoprirci una poltrona. Ti ringiovanisce anche le mani, se vuoi... tutta... che se incontri la tua mamma, ti porta a fare la prima comunione. Se penso che da quarantanni sto sempre con lo stesso uomo mi sento prendere da 31 un'ondata d'ira omicida. Ma perché?! Colpa della mia mamma... dell'educazione che mi ha dato... Del "cattivo eselmpio" che m'ha dato: fedele a suo marito come una suora di clausura! (cambia tono) Non che io sia stata fedele a mio marito come una suora... Per la carità! Ho avuto eccome le mie storie, ma non abbastanza... e per fortuna che le ho avute!, altrimenti adesso starei tutto il giorno a sputarmi in faccia. Vediamo un pò, chi ha il coraggio di dire qui, ad alta voce, davanti a tutti, come sto facendo il. HO TRADITO MIO MARITO. Però diciamo che vivevo malissimo i miei tradimenti... le mie "trasgressioni". Sensi di colpa da perdere sonno, appetito, pianti disperati in segretitudine... singhiozzi tra le braccia di lui, del tradente... "oddio cosa sto facendo?!..." singhiozzi tra le braccia di lui, del tradito: "Oddio che ho fatto!" "Micina amore tesoro perché piangi?!"-"...non so... così... per niente... sono una sciocca"-"Calmati 32 amore... non piangere micino mio... Mi ami?" Mi usciva tra i singhiozzi un urlo strozzato. "Tanto!!!" "Non gridare così... ti sente tutto il palazzo" Come soffrivo! L'ho tradito, ma non ho mai pensato di lasciarlo, lui ha sempre occupato il primo posto nella mia vita. Il primo! E non l'ho mai fatto soffrire! (Cambia tono) Sì, dovrebbe proprio farsi la plastica... non tanto... una tiratina... No, non per me... io lo amo così com'è... ma per le ragazze... anche per non essere scambiato per il padre. (si può inserire brano "DONNA SOLA - RAGAZZO CIMITERO MADRE) Lui va pazzo per le ragazze... C'è chi va pazzo dei bomboloni, lui... E' questo l'argomento del mio bloccarlo in camera questa mattina. Le ragazze. E lui lo sa e suda. Mi spiace farlo stare male... ma.... non posso più rimandare. (Prende il fiato) Devo assolutamente parlare. (riprende il 33 fiato) Definire... (C. S. ) Finire. Inderogabilel. (PENSIERO: la gente vuole sempre mettere la gente sui binari). "Ma via!... dopo 40 anni di matrimonio stai ancora a rompere perché lui... Ma lascialo tranquillo... lascia che si sfoghi... tanto lui ti ama! Non se ne andrà mai da te!" Chi è che parla? Tutti quelli che conosco. E' quel "non se ne andrà mai" che ora m'ha messo in crisi. Un po' di tempo fa ho chiesto al mio medico: "quando, gli uomini smettono di fare all'amore?" "Hai voglia, ragazza, (sono 40 anni che mi chiama "ragazza": tu hai due età, quella anagrafica e quella biologica, cara "ragazza"...) hai voglia! Gli uomini fanno l'amore fino a 80 anni!" E' orgoglioso. "Fino a 80 anni???!!! Dunque, lui ne ha 66 e io dovrei andare avanti ancora per 14 anni così? NO. " "Tu hai il fuoco di sant' Antonio nello stomaco... per non dire nel .... " Seppur umano il bisogno di avere distrazioni, più che comprensibile... ma 34 negli ultimi 20 anni gli è scoppiata come una pazzia. A poco per volta, sempre più intrepido, deciso... spavaldo: innamorato di un'altra, poi un'altra ecc. poi un'altra, ecc. ma sempre con me. "Non ti lascerò mai amore... Tu per me sei tutto... come mia madre!" (INSERTO COPIA APERTA) Non mi ha mai lasciata. Forse una volta era sul punto di farlo... ma poi... Dunque dicevo che 'sto fatto di fare l'amore con altri... 'sta stronzata della coppia aperta è stata proprio una stronzata. Chi arriva alla coppia aperta senza soffrire vuol dire che non ama più... o che è stato educato in una certa maniera in una famiglia speciale. Io non conosco nessuno, dico nessuno, che abbia vissuto questa esperienza senza morirci dentro. Non sto facendo la tragica. Ho detto "morirci". E' un fatto culturale da centinaia di anni... forse un duemila... di una certa educazione... ma vedo che anche quelli che hanno 20 anni, non ci vivono bene dentro a 'sta storia... soffrono come cani 35 sgozzati. Solo uno dei due, naturalmente. Fingendo oltre tutto di stare benissimo... poi si trovano con 4000 pastiglie di Veronal nello stomaco e hai voglia a fare lavande gastriche, che poi si sta malissimo. Si sta malissimo. (cambia tono) Poi ci penso su... e allora quando tu... Questo pensiero mi viene ogni volta che sono presa da un'ondata di gelosia terribile. Ma per me era un'altra cosa. "Lui non lo sapeva!" Questo è un concetto magnifico, l'unico che abbia espresso in tutta la sua vita, da una mia mica, l'Antonia, una stupenda tutta sedere e seno occhi blu, sempre piena di storie tormentate, di amori straordinari con conti e quasi re, giocatori di ragby e sciatori, una "allegra" insomma, non che fosse una puttana, scherziamo?... era una che amava!... Quando ha saputo, dicevo, che il marito che credeva fedelissimo, la tradiva, al mio farle notare -"però anche tu... lei m'ha risposto tra disperati singhiozzi:"MA LUI NON LO SAPEVA" 36 che è poi un alto concetto filosofico: non lo sa, quindi non soffre. Punto. Semplice. l'importante, ricordatevi è che l'altro, non sappia! Invece io, sapevo e soffrivo come un cane. Anche se cercavo di farmene una ragione... di capire: sta invecchiando, sono gli ultimi... - GLI ULTIMI? Speriamo!-... colpi... Mette i fiori nel vaso... chissà perché è un lavoro che gli piace fare. L'unico, "casalingo"...sì, qualche volta fa da mangiare anche cose buone, ma dobbiamo stargli intorno in diciotto e ci vogliono quelle 6 ore a riordinare la cucina e a lavare pentole ecc. Mette i fiori nel vaso..." Guarda che belle... le NOSTRE ROSE!!! Ti amo tanto!!!" Una vampata mi va alla testa. Menopausa? Ira? Pazzia? Vorrei sgozzarlo, incendiarlo triturarlo, brutto schifoso-traditore-cane-bastardoinfingardo! (riprende il dialogo col marito) Mi sembri il bambino che dice la bugia alla mamma, ma porco Giuda io 37 non sono la tua mamma anche se tu sei convinto che io lo sia!!!! Sto male di salute 680 Sto male di salute, ma mi sembra di stare molto bene d'umore, mentre invece mio figlio dice che tutte le malattie che io sono riuscita (un vero primato!) ad accumulare negli anni, che vanno dall'onicofagia-mangiarsi le unghie, tricotillomania-strapparsi i capelli, attorcigliarli stretti al dito anulare e infine nasconderli sotto ai mobili. Quando uno è in ansia, si strappa i capelli, se sola. Si mangia le unghie in presenza di altri. E me l'ha dimostrato enumerandomi tutto quello che ho avuto negli ultimi due mesi. "Oh, ma come sono felice, rilassata! Mi dicevo... e mi sembrava proprio di esserlo." Un bubbone della grandezza di un mandarino nel seno sinistro, proprio sopra al cuore, dolore ai reni con perdita di sangue durante la... minzione, cioè quando faccio pipì... Radiografia: calcoli frantumati, tracce anche in vescica. 38 Dolorosi crampi muscolari alle gambe durante il sonno; gamba sinistra, dopo immobilità di qualche ora, non regge... cado. "Cos'è, il Lazzaretto, tutto di un colpo? "NO, è che il tuo fisico si difende come può, lanciandoti campanelle d'allarme da una situazione che tu vivi male. Fai l'elenco di tutte le malattie che hai avuto negli ultimi anni, gli interventi, malattie inimmaginabili ma ben tangibili che vanno da una congiuntivite che ti scoppia oggi, che ti sparisce il giorno dopo l'ultimo spettacolo. Tu come un pappagallo ripeti "sto bene" e sei pure convinta, invece "credi" di star bene, ma nel tuo subconscio stai malissimo. "Tutta la colpa è del subconscio. Freud ha detto un sacco di cose relativamente importanti, cose che anche altri avevano detto, l'unica sua scoperta "essenziale per la vita dell'uomo" per la sua mente è 'sta storia del subconscio". 'Sta storia del subconscio deve essere vera. 39 Mi viene in mente una tipa di Torino che lavora all'Einaudi, si chiama Emilia, l'ho conosciuta tanto tempo fa, mi raccontava della sua vita passata nel dibattersi tra i problemi del marito da cui si era separata, dell'amante del marito, la seconda moglie del marito, il figlio, la moglie del figlio, il bambino del figlio che lei, la moglie non gli fa vedere perché lui ha un amante. E non è finita: La suocera, il suocero e l'amante del suocero. Tutti questi problemi le procuravano fenomeni fisici stregoneschi, reazioni sul suo corpo che nessun medico aveva mai registrato in alcun paziente. Che so, le lenti a contatto che si gonfiavano a dismisura fino a scoppiare, oppure che si bucherellavano tutte. Robe mai viste, tanto che l'assicurazione si rifiutava di rimborsargliele. Mio figlio ha certamente ragione. "Tu devi sbatterti, riuscire a scavare, a ricordare, a scoprire cosa hai dentro realmente, quale fatto vicino o lontano ti ha portato a questo malessere. Devi 40 andare indietro, indietro mamma. "Mi sono presa un registratore e via a parlare a ruota libera. Come premo il tasto per registrare, non mi viene in mente niente. Cerco di rilassarmi. Vediamo... il primo trauma... per me è stato un trauma e grosso. Anche se poi, ora, 30 anni dopo, mi rendo conto di aver guardato i fatti con eccessiva enfasi. Ho scambiato una storia del tutto naturale per una mancanza d'amore. L'ho vissuta malissimo. Ho cercato di parlarne con lui, ma subito mi sono interrotta, imbarazzata dal suo imbarazzo. Impreparata, incolta sul sesso: è la prima cosa che ricordo in questa incursione nella mia vita. Il mio rapporto con l'altro sesso è stato per moltissimi anni un rapporto "al servizio"; mai avuto stimoli sessuali, la voglia di fare all'amore mi veniva se ci si abbracciava e baciava... scivolando nel rapporto senza un grande desiderio di sesso... ero portata ad assecondare il suo di desiderio, nessuno mi aveva spiegato che potevo averne anch'io di desideri. Del 41 sesso, non sapevo nulla. Quello che facevamo, era venuto da solo, l'avevamo scoperto insieme. Autodidatti. Ora, per fortuna è diverso. I giovani sanno tutto, prima ancora di avvicinarsi ad una donna. Mio figlio aveva un 13 anni e già se ne stava con un libro di anatomia in mano. (IMENE, vedevo soltanto un orecchio). L'orgasmo, l'ho raggiunto molto dopo che praticavo sesso. Prima fingevo.... come tutte. Non me ne sono mai fatta un problema. SUICIDIO 782 il suicidio _o, quando ho avuto la certezza che mio marito faceva sul serio con una ragazza di 37 anni più giovane di lui, che se ne andava in giro, che si faceva vedere che frequentava gli amici comuni che "attenti a non fare gaffe, che stasera arriva la moglie" ho fatto il giro delle farmacie di Milano... una bustina per volta, e veronal e veramon e gibalgina e optalidon... Le comperavo così... senza determinazione... 42 Non si sa mai. Sempre meglio essere pronti all'occorrenza... Per tre giorni ho girato farmacie. Poi sono andata da lui e gli ho detto che partivo. "Dove vai?..." "Non so.... " "Ma perché te ne vai... io ti amo... tu conti più di tutti al mondo..." "Io vado. Ciao" Salita in macchina di colpo non mi è venuto in mente neanche un posto dove mi sarebbe piaciuto andare. Li ho fatti passare tutti. Ho pensato anche all'estero vado a Parigi... Londra... Bruxelles... Dopo un'ora di riflessioni e giri turistici col cervello, decido di prendere tempo e vado in ufficio. E' sabato pomeriggio. Non c'è nessuno ne deve venire nessuno. Sì, nel mio ufficio: 480 metri quadrati, 11 stanze. Mio marito questo luogo che avevo comperato, l’ha visto un anno dopo, perché erano venuti i ladri e io non ero a Milano... ha dovuto andarci per la denuncia. Beh, a parte questo fatto, vado nel mio ufficio. 43 Imprevisto! C'è mio nipote e un nostro collaboratore: Walter. "Che fate qui?" "Nulla... avevamo da chiudere una storia... stavamo andandocene. E tu che fai?" "Devo mettere a posto l'archivio... ho da fare..." Loro se ne vanno. Mi sono guardata intorno... guardavo guardavo e tutto quello che vedevo non mi dava niente. Né la più piccola spinta a lavorare, né un spintarella emotiva. Non sentivo nulla. Casermona popolare di trecento appartamenti con nessuno dentro. Non ci ho pensato molto. Ho tirato fuori tutte le mie pastiglie... le ho tolte dal cartoncino... ne ho fatto un bel mucchietto. Ho preso una scodella, l'ho riempita d'acqua ne ho messe tre o quattro in bocca e giù a bere. Su un foglietto annotavo: più 3 e giù a bere, più 3.... e, fanno 6... più 3 e fanno nove... Devo dire che si fa una gran fatica... ti si impasta la bocca... non riesci a degluttire... ti viene voglia di smettere... ancora 5... Ma cosa sto facendo?! ancora 44 tre... e 5... Credo di essere arrivata a 50...Da un pò non segnavo nulla sul foglietto... Chissà perché mi era venuta questa idea del segnare... forse per potermo regolAre???quando stendermi. Ora mi vado a stendere... mi gira la testa... continuerò a prenderle da stesa... Arrivo al divano... mi gira tutto... bevo un po' d&acqua ancora... poi la scodella mi cade... e non ci sono più... Che bellezza è finita credo sia stato l'ultimo pensiero. Invece no. Mi sollevano di peso, mi costringono a camminare... mi parlano gridano io mi lascio andare non reagisco, non voglio reagire"deve cammibare non fermarti" ma chi parla?...Chiama il marito... teklefona all'ambulanza..."Quante ne hai prese parla!"E' la voce di mia sorelle... Pensa a tuo figlio, maledizione quqnte ne ghai prese... chi è questo...mio marito... Ci sono proprio tutti, maledizione. "sbrighiamici... ha 21 pulsazioni... portiamola via"Chi ha parlato... sono gli infermieri. M'infilano in un lenzuolo per 45 trasportarmi... mi sento urlare... e non so proprio forse la rabbia mi faceva uscire il fiato o forse l'ho sognato "voglio morire!!! Lasciatemi maledetti voglio morire!!!" Per un anno intirop non sono andata nel mio ufficio. Morivo di vergogna. Non capita tuttii i giorni di essere trasportata per le scale avvolta in un lenzuola perché la barella non passa, tra gli sguardi diegli inquilini "una signora così oper bene!...pensa te!..." finire al Pronto soccorso seguita da una decina di parenti mariti sorelle e la gente che ti guarda e i medici gentili che ti fanno bere un 700 litri d'acqua... e la voglia di vomitare e "vomiti signora coraggio" e tu che tiru su l'anima e tutti sono contenti e non ti trattengono perché sei persona conosciuta sì, capiscono .... ma verto lo scandalo si figuri... e via che torni a casa dormi per un 5 giorni e quando ti svegli sei così debole che non ti pìuoi neanche incazzare perché non ti hanno lasciato morire e pensi che sì, forse é meglio così. Riprendi a vivere la tua bella vita di merda... "La prossima 46 volta mi andrà meglio. " Ho avuto addosso per anni la voglia di ammazzarmi... specialmente quando scoprivo un nuovo amore di mio marito. Maledicevo la mia debolezza...la mia capacità di reazione di prendere su, come si dice, e andarmene. Stavo lì come una lumacona... senza forza ne idee... mi crogiolavo nelle mie disperazioni invece di... STUPRO COLOGNO 1573 parole Inserire con articolo apparso su Repubblica il 19 marzo se non sbaglio, poi cancellare con bianchetto questo appunto: Pensionata (58 anni) e ha lavorato come sarta, poi come bidella al Politecnico “Maria” anni 58 stuprata alle due del mattino sul ciglio della strada da un 47 giovane, cosiddetto “per bene, di buona famiglia” Testimonianza raccolta, riscritta e sappresentata in numerose occasioni da Franca Rame Milano 20 marzo 2001 Fin da piccola la mia passione è sempre stato ballare… Mi piace tanto il liscio. Sono separata da mio marito e vivo sola… adesso però mia figlia sta con me e mi aiuta a pagare le spese. Quel sabato lì… sono andata come quasi tutti i sabati a ballare in un locale in piazzale Loreto. Di solito mi accompagna mia figlia, poi lì incontro le amiche. È un posto che frequentiamo da tanto tempo… ci conosciamo quasi tutti. Per rientrare, se non trovo un passaggio tra le mie conoscenti, prendo un taxi che mi lascia sotto casa. Quella sera lì, ero già all’ascensore: “Mamma mia che fame che ho! Quasi, quasi vado a farmi fare delle patate fritte… non ho sonno, poi mi figlia rientra tardi.” 48 Nella mia via a duecento metri c’è un pub. Anche se erano le due non avevo paura. “Cosa mi può capitare alla mia età.” Entro, vedo che è pienissimo di ragazze e ragazzi, saluto i camerieri che conosco – spesso ci vado con le mie amiche. Mi dirigo verso la cucina, a destra. Una ragazza mi saluta: “Oh signora, come va?… È andata a ballare anche ‘sta sera?” “Eh sì, però senti, ho una voglia matta di patatine! C’è tanto da aspettare? Come sono pronte le vado a mangiare a casa, qui c’è un sacco di fumo” Mentre parlo con la ragazza vedo un tipo giovane al banco che parla con alcuni camerieri e ride. Ho notato che mi guardava con insistenza. Mi sono detta: “ma guarda che insolente che è ‘sto ragazzo!” Io però non ci ho dato retta… e mi sono seduta. Quello continuava a fissarmi. “Che scemo… “ sono rimasta ad aspettare le mie patatine più di dieci minuti, quasi un quarto d’ora… mi ero un po’ agitata, infatti ho chiesto alla ragazza: “Ma sono pronte ‘ste patatine?” 49 “Tra poco” Mi sono seduta di nuovo, ho preparato le £5000 e le ho messe sul tavolo ed ho pensato: “Così faccio prima!” Mentre aspettavo queste benedette patate il ragazzo mi fa segno di uscire. Mi sono spaventata, ma non immaginavo quello che sarebbe successo. Esce. Ho preso le patatine, ho salutato: “Buona sera” – “Buona sera”. Vado. Anche fuori, all’esterno del pub, c’era un sacco di gente, di ragazzi… e ho visto lui, che era girato sulla destra con un cellulare e parlava. “Non mi ha visto”, mi son detta. Ero un po’ preoccupata, agitata. Ho preso le chiavi dalla borsetta e me le sono messe in tasca: “Così faccio prima”. Ho preso gli scalini – come scorciatoia- e ho accelerato il passo. Nella mia via, che a soli duecento metri dal pub, devo guardare a destra e a sinistra se arrivano macchine. Ho notato, con un gran respiro di sollievo, che ero sola. Nessuno mi seguiva. Come arrivo all’angolo, dove c’è una concessionaria di 50 automobili, un cane abbaia… lo conosco questo cane, abbaia sempre quando passa qualcuno. Come ho girato l’angolo, ho sentito uno alle spalle… vicinissimo. Il cuore mi si ferma. Mi giro: è lui. “Cosa vuoi? Perché mi vieni dietro?” Non mi ha risposto, mi ha preso per la gola e mi ha tirata sulla siepe. Io dicevo: “No! Lasciami!” Lui non parava e ha cominciato a farmene di tutti colori… picchiandomi, un pugno qua, uno là. Me ne ha fatte di tutte: davanti, di dietro… per mezz’ora buona. Ad un certo punto è arrivata una macchina. Ha fatto i fari e ha sentito che gridavo aiuto. Oltretutto il cane era come impazzito, ma nessuno ha aperto una finestra. La macchina ha fatto manovra e se ne è andata… e lui andava avanti, bello tranquillo come fosse a casa sua, riempiendomi di pugni, in faccia, in testa, dappertutto… lividi ovunque… mi sbatteva contro la siepe, su e giù. 51 Poi si è arrabbiato perché non riusciva nei suoi scopi… mi ha strappato il cappotto, la giacca, la gonna… mi ha rotto tutto, proprio con rabbia perché non riusciva a fare i comodi suoi. Ho pensato: “Per me è la fine!” Ero convinta di morire e gli ho persino detto: “Dai ti prego, fai il bravo, farò tutto quello che vuoi. Basta che non mi ammazzi.” E lui mi diceva: “Zitta! Zitta!” E intanto mi picchiava. Io lì praticamente nuda sulla siepe e lui: “Forza, dai! Fammelo diventare duro!” Io ad un certo punto gli ho detto: “Ma tu ce l’hai una mamma?” Quando gli ho detto “mamma”, mi ha dato un pugno secco in faccia… mi ha spaccato lo zigomo… mi sono sentita svenire. In quel mentre, arriva un furgone e allora io ho pensato “Adesso mi violentano anche loro!” Lui non si è neanche girato: continuava tranquillissimo come se fosse a casa sua. Dal furgone sono scesi due ragazzi. 52 “Ragazzi aiutatemi! Aiutatemi - avevo lui sopra – Mi sta violentando!” Loro hanno guardato proprio bene la scena, poi si sono tirati giù la cerniera e sono andati a fare la pipì… tutti e due a un passo da noi. Lui si è rigirato… li ha guardati bene… poi si è alzato con comodo, si è preso la mia borsetta con quei pochi soldi che avevo e se n’è andato. M’ha pure scippata quel bastardo! Sono rimasta lì, massacrata di botte che non riuscivo neanche ad alzarmi, mi trascinavo gattoni… prendo le chiavi dal cappotto. A questo punto ho chiesto nuovamente ai ragazzi. “Ma vaffanculo, troia!” Rintracciati dai Carabineri diranno: “Credevamo fosse un albanese” Sono saliti sul furgone, hanno messo della musica a tutto volume… e se ne sono andati. Mi sono fatta forza, mi sono tirata su… cadevo. 53 Mi ritiravo su e cadevo… ho raccolto una scarpa qua, una là, il cappotto, l’orologio e la biancheria. Nuda… a piedi sono riuscita ad arrivare al portone. Ho aperto, ho aspettato l’ascensore e sono salita in casa. Stavo morendo, stavo morendo… ho chiamato mia figlia al cellulare: non rispondeva. Ho fatto il 113 e la centralinista che mi dice: “Signora si calmi… non capisco niente… cosa le è successo?” “Mi hanno violentata. Aiutatemi, sto male… sto male! Sto per svenire, sto per morire!” “Si calmi signora… non si capisce niente… parli piano…” “Ho uno zigomo rotto… faccio fatica…” “Dove si trova? Dove abita, in che via.” Ho dato il mio indirizzo. “Stia tranquilla… adesso arriva la Croce Rossa.” Erano le tre e un quarto, le tre e mezza. Ho bevuto un po’ d’acqua, mi sono messa nel letto: piangevo e aspettavo. 54 Sono arrivati i Carabinieri insieme a quelli della croce Rossa e mi hanno portata al San Raffaele. Per tutta la notte, a vomitare… sono svenuta… mi hanno trovato uno zigomo rotto, lividi dappertutto, un taglio in testa, mi hanno medicato tutte le ecchimosi che avevo su tutto il corpo… avevo pure un occhio pieno di sangue. Dal San Raffaele mi hanno portata la notte stessa alla Mangiagalli per degli accertamenti ginecologici, tampone vaginale eccetera. Alle sette mi riportano al Pronto Soccorso del San Raffaele… lì da sola in corridoio, sulla barella, senza lavarmi, senza niente. Per molte ore nessun medico mi ha visitato nuovamente, solo un’infermiera mi ha sistemato le medicazioni. Dal San Raffaele all’ospedale San Paolo per fare una radiografia al viso per lo zigomo rotto. Come mi hanno vista, hanno decisa di operami subito. Io ero agitatissima, per fortuna c’era mia figlia con me. Poi sono arrivati i Carabinieri a interrogarmi. Stavo malissimo, piangevo 55 disperata. Mia figlia mi teneva la mano e piangeva con me. Dopo quattro giorni e una notte di ricovero trasferendomi da un ospedale all’altro, sono finalmente tornata a casa. Nel frattempo i Carabinieri di Cologno Monzese cercano lo stupratore. Fanno un’indagine al pub, vanno sul luogo e recuperano un pacchetto di sigarette – Cammel Light – e tramite il pacchetto riescono a risalire a questa persona in casa della quale trovano la mia borsetta e le mie case… e altri vari oggetti femminili. I Carabinieri in ospedale mi invitano al riconoscimento tramite delle foto. Io me lo ricordavo benissimo… stava sopra di me, faccia a faccia, e l’ho descritto in maniera dettagliata. Martedì mattina alle dieci i Carabinieri mi dicono: “Deve venire in caserma per il riconoscimento.” “Subito?” “Sì, subito. Abbiamo premura di prendere questo tipo.” 56 Io non stavo bene e non me la sentivo di seguirli “Signora, deve per forza venire con noi se no ci scappa!” Sono andata in camicia da notte con copra il platò a vedere altre foto… mentre guardavo le foto su un libo… loro sono andati a prenderlo. Quando è arrivato ho dovuto fare il riconoscimento all’americana. Una volta arrestato, lui sostiene di non ricordare niente. Questo ragazzo è di una famiglia per bene, di chiesa… agiata. Una famiglia conosciuta qui a Cologno Monzese. Ha detto: ”So di aver fatto del male a qualcuno però non mi ricordo niente.” Te la caverai con poco, come tanti altri. Per quanto tu possa ripensare a quell’orribile momento… mai potrai capire quanto male mi hai fatto. Un male che brucia continuamente nel mio cervello… nel mio cuore… un male che nulla potrà mai cancellare. Mi hai bruciato la vita, ragazzo. 57 FUNERALE INES “Questi quanto costano?” “ 1 e 95…”. Mi sembra tanto, penso. Lei lo capisce… “Cosa vuole spendere signora?” “Ma… sono per un funerale” “Eh… è la vita… si nasce e si muore…è una ruota che gira,,, oggi a te domani a me… l’uomo e dio provvede…” Già alla mattina presto ti ammazzano con frasi di tal peso. Ma che cazzo! La guardo: piccolotta, avvolta nel suo grasso che le mangia anche gli occhi, bitorzoluta… peluria sopra al labbro, messaimpiegata di fresco… credo non sia stata bella nemmeno a 20 anni. Qualcuno l’ha sposata? “Cosa vuole spendere signora? - ripete Facciamo 1,50, va bene?” “Sì, me ne dia sei.” E’ piena di buona volontà. Tempi magri, si dà un gran daffare. “Ci metto un po’ d’erbetta…” Poi senza dir nulla, prende una rosa, in tinta con i fiori scelti. “Questa ci sta proprio bene!” 58 E’ proprio contenta. Incarta… bollino col nome del negozio, cordicina di paglia…“Grazie”- dico senza simpatia e non so perché - Quanto le devo?” “Trenta euro.” sussurra senza battere ciglio. “Trenta?! Aveva detto un euro e cinquanta l’uno… uno e cinquanta per sei, fa nove… perché trenta?” “La rosa… l’erbetta…” “L’erbetta solitamente è compresa con i fiori… la rosa costa ventun euro? 42 mila lire una rosa come due pizze e una birra?! Le pare il modo di imbrogliare la gente? E sono solo le 9 e dieci… Cosa farà ora di sera? Tolga la rosa… tolga le erbette… Quanto le devo, e faccia attenzione che chiamo i vigili…”- non scherzavo niente. “Mi dia quello che vuole…”- tiene gli occhi bassi. Le butto 10 euro con tutto il mio disprezzo. “Ecco. Uno di mancia, disonesta signora” e me ne vado. Ecco perché non avevo simpatia per lei, perché, come mi succede sempre, la sentivo non sincera con i suoi detti stantii. Mi avvio alla chiesa con i fiori. Il mio umore già buio. La signora mi ha 59 rattristato. Sì, ogni volta che incontro un furbo, mi rattristo. Sono anni di malinconia continua. Sono anni che continuo a rimbrottare la gente. Serve? Ma…io continuo. Arrivo davanti alla chiesa. Piove. Manca tempo. C’è un bar sotto ai portici. Tavolini. Fa freddo. 20 agosto. Che strana estate. Mi siedo. “Un caffè” “Signora scuosi… sono della Prealpina… mi concede due parole?” Sono stata tranquilla sino ad ora, anche battagliera con la fiorista grassa… Cos’è? Perché di colpo un nodo alla gola? Rifletto un attimo prima di parlare. Ehh… è la vita… si nasce e si muore…è una ruota che gira… oggi a te domani a me… tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Parlo, racconto qualcosa senza entusiamo. Si ferma, a qualche passo da noi una signora che ci guarda con domande negli occhi. Faccio fatica a ravvisare in lei un volto conosciuto… sono titubante… “Dina?… Sei la Dina?…” Le si allarga il cuore in un gran sorriso. Ci abbracciamo. 60 La Dina! Ho 76 anni, quando l’ho conosciuta ne avevo 10, facevo la quinta elementare. Erano due sorelle. Le chiamavamo le figlie del cieco. Il padre, un omone grande, cieco, girava per ristoranti, bar, piazze, feste, con la sua fisarmonica accompagnato dalla moglie. Vestiti tutte e due di nero. E chiedevano l’elemosina. Lui si appoggiava al muro, alla porta, un tavolo, e lei girava col piattino. M’è capitato una volta di trovarmi tra quelli che ascoltavano la musica. Ero molto imbarazzata. Erano le figlie del cieco, ma erano simpatiche, generose… amiche. L’appuntamento con Lucia, la sorella di Ines era alle dieci e un quarto. Parla di qui parla di là non l’ho vista entrare in chiesa. “È già arrivata Ines?” chiedo. Ne parlavo come fosse ancora viva. Con Dina entro in chiesa. Sono emozionata. Ci sono venuta un sacco di volte in questa chiesetta, cent’anni fa. A messa la domenica e tutte le sere a maggio durante il mese mariano. Eravamo 61 tutte innamorate di un certo Puccio. Un ragazzino che partecipava alla funzione con la madre. Tutte dedute dietro a lui, un fila di almeno 10 ragazzine sui 14, 15. Il clou dell’avvenimento era il momento in cui si giravano le sedie e ci si inginocchiava sopra. Pucci, noon girava la sedia stando rivolto verso l’altare come facevan tutti, ma si girava con la sedia. Faceva una giravolta lenta. Ci guardava tutte, poi il suo sguardo tornava da me, e il mio cuore si fermava. Io ero la preferita. Io ero quella per cui tutti i giorni di maggio, al vespro si trovava in quella chiesa. Certamente mi sposerà. Prima di addormentarmi pensavo a lui, delicato… pallido… dolcissimo… con gli occhi nei miei… per un istante e poi le spalle… la schiena il collo i capelli… Dio, che ammmmmore! Ci sposeremo di maggio… avremo una … e via che mi addormentavo. In centro davanti all’altare c’è mia cugina nella sua bella bara di legno chiaro 62 coperta di fiori. Cerco Lucia. Eccola lì, seduta in un banco di destra. Composta. Lo sguardo lontano. Certamente anche lei sta ripassando la vita. Ha mantenuto la fisionomia di quando era giovane con i suoi 83 anni. Ci abbracciamo intensamente senza lacrime. Cerco il marito di Ines, Angelo. Sta seduto Sul lato opposto. Senza motivo. E’ lì, intontito, meravogliato spaurito. 43 anni di matrimonio: amato, curato, servito, sorretto. Era bellissimo da giovane. Ora se ne sta piegato dall’artrosi, magro come un’acciuga, decisamente un’altra persona. Dove sono finiti i toip begli occhi azzurri cobalto? Che sfacelo. Seduta accanto a Lucia una signora senza età. Parlotta intensamente. “Chi è?” domando. “Valeria, non ti ricordi di Valeria?” Eh sì che me ne ricordo. E con un certo turbamento. Era bellissima. Oddio, anch’io mi sono tanto cambiata? Arriva Luisa. Più larga che lunga. E’ lei che ha tenuto le fila telefoniche in questi 63 giorni. E’ lei, che m’ha comunicato la morte di Ines, tra le lacrime. Si sente importante. Si siede accanto a me. La Luisa. Me la ricordo bambina, figlia di un tapezziere con, mi pare due fratelli. Occhi azzurri, capelli castani striati di biondo, con due lunghe trecce che finivano in un cannellotto. Era molto carina, piccola, ma con un gran pepe addosso. La cedo cresciuta con l primo amore: un giovane riccone che se la pèortava a spaso nella sua grande macchina. Che lusso. “Quando mi siedo in quella macchina così bella, mi tolgo sempre le scarpe, ho paura di sporcarla. Lui ride, ma io mi sento in soggezione.” Poi si è sposata con un avvocato. Ed ora eccola qui, piena di malattie di cui parla con grande piacere. “Vedi quella là… quella sull’altare? È l’Elvira. Ora reciterà un pezzo di messa.” Un pezzo di messa? Ma che modo è di èarlare? E chi è l’Elvira? Mi vede. Scende i tre gradini che ci separano. Mi stringe forte. Ah sì, l’Elvira. Di colpo me la vedo 64 davanti. Non assomiglia certo alla bellissima di tanti anni fa. Un tipo. Bruna, pelle bianca, occhi allungati. Me la ricordo in lacrime. “Oddio, sono sicuramente in cinta. Mi ammazzo!” E ci racconta di un rapporto pasticciato… “Gli è uscita una cosa bianca… proprio vicino vicino a… Sono sicuramente in cinta” Siamo tutte spaventate. Non sappiamo niente, non sappiamo che dire. Ci lasciamo preoccupate. In attesa. Dopo un po’ di giorni arriva nel gruppo riunito in chiesa aspettando lo sguardo di Pucci. Sprizza felicità da tutti pori: “Sono venute! Mi sono venuto. Quando ho visto il sangue ho baciato le mie mutandine.” E’ il ricordo che ho di lei. Si fa un gran silenzio. Che succede? Ah, là di lato all’altare, fermo c’è il parroco con dietro il suo chierichetto. Aspetta in silenzio, raccolto. Inizia la messa. Il discorso che fa durante la predica è bellissimo. Parla di Ines da uno che l’ha conosciuta e seguita per tanti anni. Racconta di quanto fosse modesta e 65 presente in Varese: faceva spettacoli con il marito e le amiche per gli anziani. Parla con tristezza, da uno che ha perso non una parrocchiana ma un’amica. E’ da tanto che non vado a messa. Seguo il rito con interesse. Sottolineo dentro di me i gesti un po’ plateali del parroco. COnTINUARE E’ il momento della comunione. In molte donne si muovono lente, si portano ai piedi dell’altare. Prendono nella mano destra l’ostia. Anche Lucia fa la comunione. L’osservo mentre torna accanto a me: cammina diritta ed elegante nel suo vestito nero. Nell’ultimo lungo addio del prete qualcosa ai piedi della bara attira la mia attenzione. I fiori della discordia nella loro carta di cellofan pare mi chiamino. Li guardo attentamente: alla base, proprio alla base la carta trema, scintillando. Mi guardo intorno alla ricerca di una candela che si rifletta. Niente. Nulla di luminoso trema. Eppure non sto sognando. Mi giro e mi rigiro. Nulla. E la carta trema. Trema 66 e brilla. Pocanzi il parroco ha detto: Ines non se ne è andata. E’ qui con noi. Ci guarda, ci vede, ci ama.” Sì, reverendo. E’ vero. Ines, burluna, mi sta salutando a modo suo, con uno scherzo… un centimetro di tremolio scintillante tra tanti fiori per lei. Mi girano le parole nella testa… cerco di fissarmi su qualcuna… ci penso… è come fosse senza senso: cosa vuol dire? 42871 IL PADRE MORTO: IL GIORNO DEL FUNERALE ricordo le morti di Lina e Enrico Cercavo il coraggio di toccarlo. Volevo dargli un bacio. Non avevo mai osato farlo in tutta la mia vita. Per pudore. Per timidezza. Ho allungato una mano, incerta, per arrivare alla sua.Quando l'ho sentita sotto le dita, ho avuto l'impulso di ritirarla. No, è tuo padre, pìoi non o verai più.Ho vinto la repulsione e sono rimasta 67 lì, padrona, sulla sua mano di marmo: ho toccato la morte. Ci ho preso confidenza. poi un bacio lieve su una guancia e finalmente ho pianto seduta vicino a lui. Quante cose mi sono venute in mente, fatti dimenticati nella memoria. Con mia sorella Lina è stato diverso ero adulta: 40 anni. Mi sono occupata di ogni cosa, dalle coroni di fiori alla scelta della bara: raso bianco trapuntato. E ricevere gli amici, i conoscenti, e parlare. Anche in quel caso, le sono rimasta vicina, da sola. La guardavo. Triste da viva, incazzata da morta per via di una vita vissuta con un marito ignorante e rozzo che l'aveva spesso umiliata. La sua vita senza gioie mi passava innanzi. E al dolore per la sua perdita mi cresceva dentro la rabbia di non essere riuscita a strapparla da una inutile condizione di sottomissione, di abbozzare, di non coraggio. Di quando in quando il commento banale di qualcuno che entrava: "pare che sorrida". Macché imbecille, è il freddo che 68 le tira la faccia. Negli ultimi anni non ha mai sorriso. E' stato lì che ho giurato a me stessa che nessuno m'avrebbe vista da morta. Di mio fratello ho visto solo la bara già chiusa in partenza per l'Italia da N.Y. Che bizzarria questa di mio fratello di venirle a morire tanto lontano da casa. Lui, che da vivo non avrebbe mai disturbato nessuno, da morto s'è trovato al centro di una difficoltà dietro l'altra. Dario e io stavamo effettuando una turné negli Stati Uniti. Il debutto a N.Y. era importante, parenti e amici erano tutti lì per farci festa. La sera prima avevamo cenato insieme. "Domani andiamo a vedere...." fa a Pia, ci vediamo alle sei. Arrivano le sei, le sei e trenta... niente. Enrico non si vede. Telefoniamo all'Hotel. "Siete dei parenti?" - "Sì." - "E' morto." E' uno scherzo? No, era morto davvero. Nel sonno. Una cameriera l'ha trovato. Dario, con un giornalista si precipita all'hotel. Io non potevo accompagnarli: avevo lo 69 spettacolo dopo un ora. Non ho recitato molto bene quella sera. Ho anche maledetto questo lavoro. 45832 27 luglio 2002 STAMPATOL'unico posto, luogo dove io mi senta a mio agio è il palcoscenico. No, non per via: ama la polvere del palcoscenico. No. Sono allergica alla polvere, alle banalità, alla rettorica. Sto bene in palcoscenico perché è casa mia. In qualsiasi città mi trovi, quando sono in teatro sono a casa. Entrando nella hall di un teatro non mi è mai capitato di dovere chiedere "scusi, dov'è il palcoscenico?" Conosco automaticamente la strada, dove sono i camerini, il gabinetto. "Ma ci sei già stata qui?" "No, è la prima volta" "Non ti credo" "Si, forse ci sono già stata." Sto bene nei camerini anche se squallidi. No, non li addobbo con sete colorate. L'ho fatto qualche volta... senza accorgermi andavo dietro all'onda, voglio dire alle usanze deghli attori... ma erano 100 anni fa. Poi ho scoperto che non mi ci trovavo con quegli addobbi intorno, non sentivo il 70 bisogno di ricostruirmi il "salotto" di casa mia, anche se il camerino era un cesso. E Dio sa che camerini trovano gli attori nei teatri e nei cinema di casa nostra. L'unica cosa alla quale non rinuncio è la luce. "Lino!! (è il tecnico delle luci) La luce" Lino arriva e mi piazza certi 500 da accecare. Io ci sto bene. La luce e il mio baule, ora i miei bauli. Mi piacciono i miei bauli. E' un classico baule armadio d'attori, verde fuori a fiorellini l'interno. Ci sono i cassetti e nei cassetti di tutto: golf, libri, fogli, macchina da scriverecomputer, pennarelli, lettere e cianferi d'ogni genere. Il mio baule, il suo contenuto, il camerino, il palcoscenico: sono a casa. Io non mi considero un'attrice. Sono "anche" un'attrice. In casa mia ho imparato tutto quello che può servire per poter fare questo lavoro: attrice, elettricista, fonico, costumista, trovarobe, direttore di scena, servo di scena, piazzare le luci, suggerire, sarta, vendere i biglietti, truccare, pettinare, ballare, cantare, la ricerca delle piazze, 71 l'amministratore, fare un borderò, (ora è però diventato difficilissimo). I miei avevano addirittura una propria tipografia dove si stampavano i manifestini, insomma i volantini di adesso. Avevamo centinaia di scene bellissime, dipinte da un pittore della Scala, Lualdi che veniva a passare le sue vacanze da noi, ogni tanto le rinfrescavamo tutti insieme. Ogni giorno cambiavamo piazza (dico piazza per dire paese, non recitavamo in piazza ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori, quindi ogni giorno si dovevano montare scene e luci. Anche i nostri costumi erano belli. Figuriamoci! Mio padre, tramite l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal Teatro della Scala. Percorro così l'apprendistato dei teatranti interpretando via via che cresco, tutti i ruoli maschili e femminili adatti alla mia età. Il vantaggio della compagnia di mio padre rispetto alle altre compagnie di giro, (così si chiamavano le piccole compagnie di provincia) è l'invenzione di impiegare tutti i trucchi scenici del teatro magico delle 72 marionette, nel "teatro di persona": montagne che si spaccano in quattro a vista, palazzi che crollano, un treno che appariva piccolissimo lassù nella montagna e che man mano che scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in scena con il muso della locomotiva a grandezza naturale. Mari in tempesta, nubi che solcavano minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che volava, scene in tulle in proscenio, che illuminate a dovere ti facevano vedere come era il paradiso. Insomma tutti gli espedienti tecnici dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva ancora, dentro la scenotecnica delle marionette, soltanto che in quel teatro tutto era stato miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire un'operazione da Gulliver alla rovescia: da minuto che era ingrandire ogni oggetto, aggeggio, marchingegno, fino a renderlo identico alla realtà. In questa nuova veste "il teatro di persona" la compagnia di mio padre realizza un successo insperato. Si lavora come sempre a tempo pieno. Mio padre, il 73 capo, con il ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del comico-brillante a secondo dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia; le mogli, i figli, gli attori scritturati; i dilettanti gli amici componevano la nostra compagnia. 1932 - "E' ora che Franca incominci a recitare." E' mia madre che parla. La prima parte che ho imparato a memoria me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot-a mot, parola per parola. Non sapevo leggere. Avevo tre anni. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva recitato da mia sorella Pia in "La passione del Signore" atto V, orto dei Gezzemani. "Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti! Pentiti!" dovevo gridare di quando in quando. La parte non era lunga, non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!" e ancora e ancora 74 "Ripeti" diceva la mia mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone. "Ripeti!" Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima. Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle, seppur credente non andava mai in chiesa ma aveva uno zio prete. Lei lo sapeva benissimo che gli angeli non erano vestiti così! Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine. E' ora d'andare in scena e tutti: "ma che bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda. Non avevo fatto nessuna prova. Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ad ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda" e quel che segue. Il guaio, l'imprevisto, che più imprevisto di così non si poteva immaginare, fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo 75 sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa, gli occhi che lanciavano saette tra un tuonar e lampeggiar minaccioso, che disperato gridava: "Possano i corvi divorarmi le budella, le aquile strapparmi gli occhi!" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua", mi fece un terribile effetto. Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando?! Ero stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella, solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gliene stava dicendo di tutti i colori! Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera. "Ma cosa sta capitando? Perché lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare; Mia madre dalla 76 quinta mi faceva gesti più che perentori. Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose. "No, io no, allo zio Tommaso non dico proprio un bel niente! Non so cosa gli sia capitato. Forse è impazzito." Anzi, a piccoli passi, camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai. Dio che paura! Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci. Insomma cercavo con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico. Pia s'è ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prospettavano niente di buono. Lo zioGiuda si blocca per non più di tre secondi, lo giuro, e poi con voce profonda (intanto con la mano mi solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice: "Dio, sei grande! a quest’orrendo peccatore mand il conforto!.. un piccolo 77 angelo..mi tendi la mano..No, no, non me lo merito!- e dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto- M'impicco!". Deve usare un po' di forza per liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo andare. Grida: "L'albero più alto.. dov'è l'albero più alto. Lasciami andare angiolino..Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di scena. Mia sorella (l'unica volta nella sua vita, credo) non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue. Grande applauso. Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni. Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a spingermi (a pigiarmi) la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e mesta, quel tanto che serve, dico: "S'impicca! Non s'è pentito.. Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore.. Non s'è pentito!" e via che esco.. Ce l'avevo fatta: l'avevo detta tutta! Da allora in poi, 78 "la passione del Signore" ha sempre avuto due angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio. E tutti giù a piangere. Com'è che succedeva? Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio che non avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con certezza di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo. A 5 anni: "Gli spazzacamini della valle d'Aosta". La parte come sempre fino a che ho imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente, era come se la sapessi già. Anzi, la sapevo già. Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di Giulietta, quella di Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi permettesse di addormentarmi, mentre i miei recitavano una sera dopo l'altra? "Gli spazzacamini" un drammone, ma alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime, singhiozzi e applausi, in 5 atti, con la comica finale per non mandare a casa la gente con il magone. 79 Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, teatro popolare appunto, nella tradizione della Commedia dell’arte, completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie, come la nostra, che agivano in provincia. Il nostro successo stava tutto in questa differenza. Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi: Niccodemi, Giacosa, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di canovacci e per molti testi non esisteva nemmeno il canovaccio. Ce li avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi? Non lo so. So solo che i teatri eran sempre 80 pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre. O se c'era il funerale di un defunto importante del paese: il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete, il farmacista. E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulietta, 6 la passione, "il povero fornaretto di Venezia" e non mi ricordo più quali altri drammoni avessero successo) mio padre o mio zio leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano. "Tu fai questo, tu questo e tu questo...", e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti:"L'assassino del corriere di Lione". Scena Prima:la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto, partito povero, tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo repulsione. Manifestare freddezza e 81 imbarazzo. Ricordarsi che la madre è morta. Scena seconda: un uomo (lo stesso attore che interpreta la parte del padre) languisce in una cella, è un innocente caduto in un errore giudiziario terribile. Accenni all'assassinio di un corriere a Lione. Accenni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al paese. Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolverà: il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la forca. Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta.Comica finale. Non c'è personaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato. Neonati (8 giorni in braccio alla mia mamma in la Genoveffa di Brabante), bambini o bambine, ragazzini, signorine, giovanotti, suore, cortigiane, prostitute. Una volta ho fatto persino, il cuciniere Dracco. La storia nel 82 ricordo, mi fa ancora ridere. Ero cresciuta e la Genoveffa (che dio la maledica, quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo io. Giovane e bella moglie del re alla guerra, sola nella reggia viene insidiata da Golo, un primo ministro della situazione, che lei respinge furente e offesa. La giovane donna decide di inviare una missiva al marito tramite il cuciniero Dracco: l'unico che a corte le sia rimasto fedele, per avvertirlo del tradimento del suo braccio destro. "Torna o mio dolce sposo, torna! che quel maialone del Golo vuole fare con me, proprio quella cosa là!" Golo che è sempre lì a origliare, scopre tutto e zak!, pugnala il poveraccio e manda a dire al re che Genoveffa è incinta del cuciniero. "Ti ha tradito o mio re, che vergogna con un cuciniero!" Il re ci casca, fuori dalla grazia di dio "un cuciniero no!" ordina il taglio della testa della fedigrafa e anche del bambino nato nel frattempo (tranquilli che poi tutto, come sempre, finisce in gloria). Arriviamo sulla piazza e ci rendiamo conto che ci manca l'attore 83 che avrebbe dovuto interpretare il cuciniero. D'accordo, sono due parole che si possono anche tagliare, ma fisicamente deve essere in scena. Ci ragioniamo sopra un attimo per vedere come risolvere. Bene. Ci siamo. Facciamo così. Al momento cruciale, vado alla quinta di destra. Il perfido Golo mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando fuori scena, con il cuciniero che non c'è, fingo di consegnargli il messaggio e poi, affranta, esco. Velocissima mi mettono sulle spalle un mantellaccio con cappuccio che mi copre dalla testa ai piedi. Rientro in scena con la missiva bene in evidenza in mano, faccio qualche passo come se ora io parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su di me, "muori, spione di un cuciniero!" E via che mi pugnala. Cado morta. Golo mi trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla parte opposta da cui sono entrata. Mi tolgono il mantello, mi raddrizzo la parrucca bionda dalle lunghe trecce, corro velocissima dall'altra parte. Rientro in scena e vedo Golo che pulisce il pugnale 84 assassino nel mantellaccio che indossavo fino ad un secondo fa. "L'avete ucciso! Assassino!!" Ansimo un po', per via della corsa, ma sono perfettamente in parte e nessuno s'è accorto di niente. Noi eravamo in grado di andare in scena senza prova alcuna, con un testo nuovo allestito di sana pianta. Arrivavamo ad esempio in una piazza nel giorno in cui in paese si festeggiava la santa patrona, ebbene, debuttavamo con la storia di quella santa sulla quale mio padre e mio zio avevano giorni prima letto e ascoltato dalla gente, vita, morte e miracoli. Avevano riunito la compagnia, raccontato a sommi capi l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi adatti non c'erano si rimediavano, e via che si debuttava. Senza prove. Se si confronta con i 90 o addirittura i 180 giorni di prova delle compagnie di oggi... Ma certo che allora, sovvenzioni ministeriali o regionali o provinciali o comunali, non ce ne erano, quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare eccome! 85 A 20 anni, seguendo l'esempio di mia sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la nostra compagnia e inizio la mia carriera nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si possono immaginare le difficoltà di una simile scelta in quel periodo del dopoguerra, siamo negli anni 50 e quindi alterno momenti neri a buone scritture nelle compagnie di varietà più famose. E' proprio in una di queste compagnie che conosco il Dario Fo. Da sempre il teatro ha vissuto la mia vita ora come lavoro ora come impegno sociale. E’ stato proprio insieme con Dario che ad un certo punto della nostra storia, negli anni ‘60-’70 in cui la situazione sociale e politica era piuttosto inquietante ed estremamente tesa, dopo i primi lavori sulla satira di costume, che faceva già tanto discutere e scomodare la critica come con “Gli arcangeli non giocano a flipper”, siamo passati alla satira politica che si traduceva in un impegno continuo di controinformazione fuori dai circuiti 86 ufficiali, a diretto contatto con platee numerosissime. Come sempre i nostri spettacoli, che si ispiravano a situazioni reali di disagi, di soprusi, di abusi, di ingiustizie sociali, nascevano da un costante lavoro di inchiesta e venivano puntualmente aggiornati e proposti ad un pubblico che quei disagi viveva per cui, dopo la rappresentazione, si aprivano dibattiti anche vivaci e così, attraverso quel confronto diretto, tutti, dal palco alla platea, si prendeva cosienza di quanto accadeva e così, allo stesso tempo la rappresentazione, nelle sue repliche, si giovava di questa fortunata occasione di dialogo fino a ricomporre talvolta per intero il testo e tornava a misurare le variazioni davanti alla platea. Quelli sono stati anni di grande partecipazione collettiva. Gli aneddoti di quando rappresentavamo i nostri spettacoli nelle Case del popolo, nelle fabbriche occupate tra operai in sciopero, sono tanti e tutti tanto comici quanto drammatici. Spesso racconto di tutto questo, più difficile è 87 che, pur sollecitata da molti e dallo stesso Dario, io mi soffermi a scrivere, ma putroppo non trovo mai il tempo di farlo. Ricordo, tra le tante nostre avventure, un episodio alla Camera del Lavoro in Milano dove, per rimediare una acustica che fosse decente, Dario pensò di cucire insieme un certo numero di contenitori di uova e attaccarli al soffitto e alle pareti. Allora ci impegnammo lì a cucire di buona volontà e non era neanche tanto facile. Sembrava che non si finisse più, ed ecco che uno dei compagni, guardando noi lì che cucivamo con il sangue alle mani, disse: “ma ci vogliono aghi grandi!” e noi lo sapevamo bene ma dove trovarli? Così lui chiamò gli altri: “Avete raggi di bicicletta?” e propose: “Facciamone degli aghi!” E con quei grandi aghi, tutti ci aiutarono a cucire quei cartoni. Purtroppo quando, orgogliosi del nostro lavoro, abbiamo cercato di attaccarli al soffitto, sono cascati tutti. Intorno alla nostra compagnia teatrale cresceva sempre più il numero di collaboratori militanti che 88 insieme a noi si davano un gran da fare nell’organizzare spazi. Si respirava intorno un’atmosfera esaltante e una grande tensione politica e ideologica nel lavoro teatrale. Davamo i nostri spettacoli in luoghi fuori dalle convenzioni teatrali: nelle scuole, nei palazzetti dello sport, nelle fabbriche occupate, nelle chiese sconsacrate, nei manicomi, nelle carceri. Si può dire che il rivoluzionario, il nuovo che è alla base del nostro teatro, abbia ragione soprattutto nel fatto che la rottura con la tradizione intimistico-naturalisticoletteraria di sapore ottocentesco che ancora oggi vive, anzi prospera sulle scene italiane, è avvenuta, si è determinata, fin dal momento in cui abbiamo pensato di far compagnia, cioè una rivoluzione di nascita, più che in divenire. Dario e io siamo sempre pronti a incitare i giovani, che intendono fare questo mestiere, a preoccuparsi di raccontare il proprio tempo per un teatro che solleciti l’interesse, la partecipazione, la solidarietà 89 e perché no, anche l’indignazione senza mai dimenticare alla base di tutto il divertimento perché tutto possa essere fruibile ricordando che il comico è un’arte di precisione matematica. Là dove la forma satirica non possiede come corrispettivo la tragedia tutto si trasforma in buffoneria vuota, nasce il lazzo fine a se stesso, spesso triviale, una volgarità gratuita, senza niente da comunicare. 21-5-94 CAPITOLI CON VARI ARGOMENTI CARCERE Da anni, esattamente 15, mi occupo di carceri, processi, difesa dei diritti civili. Per ottenere permessi di colloquio con i detenuti ho dovuto fare salti mortali, gabole varie, ogni volta. Arrampicandomi sui muri della 90 burocrazia giudiziaria, sono riuscita ad entrare in molte carceri d'Italia, parlare con i detenuti, i direttori, giudici di sorveglianza. Sono riuscita persino ad entrare e visitare la "famigerata isola del diavolo": l'Asinara in Sardegna, ed ho conosciuto personalmente il tristemente famoso dott. Cardullo, direttore del carcere, vera macchina per l'annientamento psicofisico dei detenuti. Onnipotente Molok, classico paranoico da studio psichiatrico. (ricordarsi che anche lui è stato messo sotto inchiesta per ammanchi nell'amministrazione) 91 Quante sono state le denuncie di orrori, di vere e proprie torture perpetrate nelle varie carceri, nelle carceri speciali, braccetti della morte, manicomi criminali, veri e propri mattatoi degli inermi che ho portato a conoscenza dell'opinione pubblica. Quante sono state le campagne che ho organizzato, affinché i diritti civili di donne e uomini, fossero rispettati? Quanti sono stati gli spettacoli, gli interventi nelle fabbriche che con Dario abbiamo tenuto in sostegno a lotte rivendicative.... 92 STAMPATO La punteggiatura serve per dare le intonazioneSe devo essere sincera, non ne posso proprio più. Sono cheoppure fogli usati da una sola parte che io conservo per appunti, colpa della mia mamma che m'ha insegnato l'economia. Non ad essere economa, proprio "l'economia". e il buché di gigli che una "amica" m'ha messo in mano un secondo prima d'entrare in chiesa che così io ho dovuto tenerlo che se avessi potuto me lo sarei mangiato in quanto tutti, meno mia madre sapevano che con D. facevo l'amore da due anni- le nostre mamme che piangevanoConosco: i ritmi, i tempi, la sintesi, l'economia, il tutto indispensabile che ce l'ha uguale il direttore dell'Operà di Parigi IRSCH, che però io l'ho avuta un nove anni prima di lui, (ne ho una in ogni stanza occupata dai miei collaboratori) perchè mio nipote Galeazzo le vende e questa faceva parte di uno stock che ho 93 pagato due lire forse me le ha regalate e che invece lui chissà quanto l'avrà pagata(!) che sembravo proprio una business-woman Anche con "Gli arcangeli" l'anno prima, (stagione 59-60) abbiamo avuto grane con i censori, che pur avendo avuto il testo un mesi prima del debutto, pretendevano di imporci dei tagli il giorno dell'anteprima. Come avremmo potuto farcela? Ci siamo rifiutati di portare modifiche al copione. Così ogni sera venivano due poliziotti in palcoscenico constatavano seguendo lo spettacolo che non rispettavamo i tagli, stendevano il loro bel verbale: abbiamo totalizzato in 9 mesi di turné, duecentocinquanta denunce. Un bel record. Poi però, non è successo niente. 94 STAMPATO IL PADRE MORTO: IL GIORNO DEL FUNERALE ricordo le morti di Lina e Enrico Cercavo il coraggio di toccarlo. Volevo dargli un bacio. Non avevo mai osato farlo in tutta la mia vita. Per pudore. Per timidezza. Ho allungato una mano, incerta, per arrivare alla sua.Quando l'ho sentita sotto le dita, ho avuto l'impulso di ritirarla. No, è tuo padre, pìoi non o verai più.Ho vinto la repulsione e sono rimasta lì, padrona, sulla sua mano di marmo: ho toccato la morte. Ci ho preso confidenza. poi un bacio lieve su una guancia e finalmente ho pianto seduta vicino a lui. Quante cose mi sono venute in mente, fatti dimenticati nella memoria. Con mia sorella Lina è stato diverso ero adulta: 40 anni. Mi sono occupata di ogni cosa, dalle coroni di fiori alla scelta della bara: raso bianco trapuntato. E ricevere gli amici, i conoscenti, e parlare. Anche in quel caso, le sono rimasta vicina, da sola. La guardavo. Triste da 95 viva, incazzata da morta per via di una vita vissuta con un marito ignorante e rozzo che l'aveva spesso umiliata. La sua vita senza gioie mi passava innanzi. E al dolore per la sua perdita mi cresceva dentro la rabbia di non essere riuscita a strapparla da una inutile condizione di sottomissione, di abbozzare, di non coraggio. Di quando in quando il commento banale di qualcuno che entrava: "pare che sorrida". Macché imbecille, è il freddo che le tira la faccia. Negli ultimi anni non ha mai sorriso. E' stato lì che ho giurato a me stessa che nessuno m'avrebbe vista da morta. Di mio fratello ho visto solo la bara già chiusa in partenza per l'Italia da N.Y. Che bizzarria questa di mio fratello di venirle a morire tanto lontano da casa. Lui, che da vivo non avrebbe mai disturbato nessuno, da morto s'è trovato al centro di una difficoltà dietro l'altra. Dario e io stavamo effettuando una turné negli Stati Uniti. Il debutto a N.Y. era 96 importante, parenti e amici erano tutti lì per farci festa. La sera prima avevamo cenato insieme. "Domani andiamo a vedere...." fa a Pia, ci vediamo alle sei. Arrivano le sei, le sei e trenta... niente. Enrico non si vede. Telefoniamo all'Hotel. "Siete dei parenti?" - "Sì." - "E' morto." E' uno scherzo? No, era morto davvero. Nel sonno. Una cameriera l'ha trovato. Dario, con un giornalista si precipita all'hotel. Io non potevo accompagnarli: avevo lo spettacolo dopo un ora. Non ho recitato molto bene quella sera. Ho anche maledetto questo lavoro. IL 68 Nell'autunno del 68 decidiamo di abbandonare il circuito teatrale tradizionale, ufficiale e mettere a disposizione il nostro lavoro, la nostra vita (e non sto enfatizzando) con un impegno diretto di quella parte di pubblico che normalmente viene ignorata dal teatro ufficiale: operai, casalinghe, studenti, 97 contadini. Pubblico che solo in questi ultimi anni viene intruppato e portato con pulman nei teatri del centro, organizzati da Cral e Sindacato. Riprendendo la tradizione di mio padre portiamo il nostro teatro in piccoli centri, nei quartieri periferici, nelle fabbriche occupate, nei palazzetti dello sport. Insomma, decidiamo di metterci a disposizione della classe alla quale sentivamo di appartenere. il promletariato. Detto oggi, così, a distanza di anni suona un po' tromboneggiante, allora no. Suonava bene. Otteniamo una risposta straordinaria: una folla di giovani, studenti, operai ragazze, donne sono ogni sera presenti. In qualsiasi posto si svolga lo spettacolo i locali sono gremiti all'inverosimile. Nei palazzetti dello sport, ci abbiamo messo anche 12 mila persone. Che testi recitavamo? Il quotidiano. La vita della gente, le difficoltà. Il materiale lo trovavamo a iosa. Erano tempi brutti. Gli incasi spesso vanno a fabbriche in occupazione, che grazie alla 98 sopravvivenza cjhe gli è garantita dagli spettacoli, in certi casi, come per la Sampas di Milano, tengono duro e alla fine vincono la sentenza col padrone. (ricevute fabbriche). Quando Dario mi ha proposto di lasciare le strutture tradizionali e di portare il nostro teatro per "boschi" non mi diceva niente di nuovo, per tanto l'avevo fatto con mio padre. STAMPATO Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura angoscia, commozione, meraviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi... inaspettate, inaudite, così i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazioni, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate è un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato un libro "Le lettere del mio nome" di Grazia Livi, "é importante, leggilo". 99 Il titolo cosi ermetico non mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore: "Il tema appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna". Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita "menata" femminista socialpolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, esibenti, compiaciute dello sfoggiar "cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta, senza la minima preoccupazione di essere capite da chi aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberarsi") la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì, pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po' arroganti o troppo offensivamente accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? Sì.Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uomo nel loro modo di essere, parlo delle intellettuali, che 100 esprimevano comportamenti che ho sempre rifiutato. Parto a leggere indifferente e diffidente. Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li ho nemmeno saputi. M'ha tirato dentro la chiarezza, ne facile ne semplicistica, seppur colta con cui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche la crescita di un personaggio-donna, come te lo ripropone tutto, secca e piena, leggera, meticolosa delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi. Di ogni donna di cui parla, ti presenta le più remote sensazioni, ogni personaggio è da lei scandagliare nel profondo, c'è tutto quello che hanno detto gli altri e quello che ne hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certezze e molto altro che ora non mi riesce di esprimere. Poche 101 pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De Beauvoir.NON mi é mai stata completamente simpatica.A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta egoista.Il suo evidente essere una intellettuale aristocratica m'e l'ha sempre allontanata.In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa della spesa in mano, fazzoletto in testa .Ha lanciato un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come un bambino scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon..", ha mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io ci sono rimasta un po' male.forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del ragionato-Livi é una donna che capisco e ammiro di più.Altre biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidità, 102 intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addosso.Il mio "dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo.Mi sento come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a disagio, turbata, scombussolate. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato.Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato.Mi sento addosso il peso di non essermi mai sentita in lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non averne i numeri, le capacità per poter partecipare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione.Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me .Già arresa, prima di essere 103 vinta.Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto.Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce.I giorni della mia vita :22.630 , sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi.Possibile? E' così.Sento l'esigenza di esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando me stessa?..Il mio io?..Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma ora qualcosa di concreto mi urge.Devo fissare qualche punto. Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono tanti, non avessi vissuto, lavorato incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore, pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare 104 con un minimo di coerenza.Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo. 25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori".Li avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città.Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di raccogliere qualcosa.La sera, nel cortile di casa mia, gran festa.Un giradischi, e ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie da oltre due anni.In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono.Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, 105 impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi.Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni dopo(1973) in circostanza ben diversa , per dolore e drammaticità.Ancora seduta, su di una sedia ora, con la testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non ho terminato) di Varese, con i fascisti che entrano in classe, in silenzio ci guardano a una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa triste.."Villa triste era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo 106 niente con loro, non avevo fatto niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto.E il cuore a battere più forte."Forse muoio"."Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so".Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo."non lo vedo da un po'", sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio, che era successo?"Allora?"Erano minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo lasciati da un sacco di tempo."Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo e le mani sudate."Sei una incosciente, sei una disgraziata.Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa bene.E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in quattro che avevo stracciato prima di passare 107 davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a scuola.Incoscienza, più che coscienza politica. I GIORNALI Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai letto un giornale.E questo che c'entra?Nulla.Sto cercando di tirar fuori fatti lontani, che disordinatamente affiorano al mio cervello vuoto Non ho mai letto i giornali.Lo dico con meraviglia.Possibile?In casa mia c'erano, la mia era una famiglia socialista quando esserlo costava qualche cosa.Si pagava, senza ricevere nulla in cambio:con quella tessera in tasca allora carriera o posti di comando, non ne ricevevi.I giornali c'erano, li toccavo quando li raccoglievo da terra dopo che mio padre li aveva letti.(incredibile quanto mio marito assomigli a mio padre:anche lui, li butta per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono sicura di non averne mai aperto uno fino ad un certo giorno.cioè quando sono andata a sbattere con la mia bicicletta 108 addosso ad una Topolino (in realtà gli ho sfiorato un parafango).La reazione del "guidante" è terribile e immediata e assolutamente fuori posto/"Ecco chi rovina l'Italia!""No, guardi io..""Silenzio!Voi giovani che delegate.Delegate e non leggete i giornali!".Allibita, senza parole.E' da quel giorno che dei giornali leggo tutto..dalle inserzioni agli annunci mortuari.Grazie isterico signore della topolino.Grazie. Forse ora posso correre all'inizio della mia vita. 1932_ "E' ora che Franca incominci a recitare."è mia madre che parla. La prima parte che ho imparato a memoria, me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot- a mot, parola per parola. Non sapevo leggere .Avevo tre anni.. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva recitato da mia sorella Pia in "la passione del Signore"atto V, orto dei 109 Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo gridare di quando in quando. La parte non era lunga.. non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e ancora."ripeti" diceva la mia mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone."Ripeti!"Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima .Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle. seppur credente non andava mai in chiesa ma aveva uno zio prete.Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine .E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda.Non avevo fatto nessuna prova.Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale della mia mamma sistemata in 110 quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda "e quel che segue.Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva immaginare fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa..gli occhi che lanciavano saette tra un tuonar e lampeggiar minaccioso , che disperato gridava:"possano i corvi divorarmi le budella , le aquile strapparmi gli occhi !" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua" , mi fece un terribile effetto.Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando?!Ero stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella , solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i 111 colori!Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera."Ma cosa sta capitando?Perchè lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare;Mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentori.Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli sia capitato.Forse è impazzito." Anzi.A piccoli passi, camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai.Dio che paura!Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci.Insomma cercavo con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico.Pia s'è ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prospettavano niente di 112 buono..Lo zio-Giuda si blocca per non più di tre secondi, lo giuro.e poi con voce profonda (intanto con la mano mi solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei grande!A QUEST'ORRENDO PECCATORE MANDI IL CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi la mano..No, no, non me lo merito!-e , dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve usare un po' di forza per liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo andare.Grida:"L'albero più alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami andare angiolino..Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di scena.Mia sorella(l'unica volta nella sua vita , credo)non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue.Grande applauso.Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni.Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a 113 spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e mesta quel tanto che serve dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore..Non s'è pentito!" e via che esco..Ce l'avevo fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi, "la passione del Signore" ha sempre avuto due angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio.E tutti giù a piangere. A 5 anni:"gli spazzacamini della valle d'Aosta.Com'è che succedeva? Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio che non avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con certezza di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo.La parte come sempre fino a che ho 4 imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente , era come se la sapessi già.Anzi, la sapevo già.Quante volte mi 114 ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi permettesse di addormentarmi, mentre i miei recitavano una sera dopo l'altra?"Gli spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il protagonista, figlio di una povera ma bella incintata e poi abbandonata dal figlio del conte..vengo, a causa della miseria in cui nascono quasi sempre quelle incintate dai "contini", NONOSTANTE LA TENERA età affidato ad un "mercante di carne umana"!, un delinquente che specula sui bambini che gli vengono affidati, mandandoli spesso a morire nel tentativo di pulire, in quanto smilzi e denutriti (quanto piangeva la gente!) la cappa di un camino.E' quando, la mia mamma che per fortuna era venuta a trovarmi a Torino col mio nonno sennò chissà come avrebbe mai fatto a tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia morto nella cappa del camino "Oh che tremendo dolore!" e via che Impazzisce. La ragazza in questione 115 era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che quel giorno lì in quanto ammalato, era stato sostituito nel lavoro da un compagno, certo Carletto, che muore al suo posto. (Mai essere generosi!) Questa è per Gino una giornata davvero fortunata.Il vecchio conte è schiattato nel frattempo, ed il contino, vale a dire il suo papà, decide in quanto sempre innamorato della mia mamma, di riparare al malfatto e di sposarla.Ci sono un po' di problemi per far rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime e singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica finale per non mandare a casa la gente con il magone. Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, TEATRO POPOLARE appunto, nella tradizione della COMMEDIA DELL'ARTE , completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo 116 negativo dalle piccole compagnie , come la nostra , che agiva no in provincia.Il nostro successo stava tutto in questa differenza.Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacosa, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di canovacci e per molti testi non esisteva nemmeno il canovaccio. Ce li avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi?Non lo so.So solo che i teatri eran( sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre.O se c'era il funerale di un defunto importante del paese:il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il farmacista.E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulietta, 6 la passione, "il povero fornaretto di Venezia e non mi ricordo più 117 quali altri drammoni avessero successo)mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo e tu questo., .e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti. "L'assassino del corriere di Lione" .Scena PRIMA: la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto , partito povero , tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo repulsione. Manifestare freddezza e imbarazzo.Ricordarsi che la madre è morta. Scena seconda:un uomo(lo stesso attore che interpreta il personaggio del padre) languisce in una cella, è un innocente caduto in un errore giudiziario terribile.Accenni all'assassinio di un corriere a Lione.Accenni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al 118 paese.Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta. Comica finale.Non c'è personaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato.Neonati(8 giorni in braccio alla mia mamma-in la Genoveffa di Brabante), bambini o bambine, ragazzini signorine, giovanotti, suore, cortigiane, prostitute.Una volta ho fatto persino, il cuciniere Dracco. La storia nel ricordo, mi fa ancora ridere.Ero cresciuta e la Genoveffa(che dio la maledica, quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo io.Giovane e bella moglie del re alla guerra, sola nella raggia viene insidiata da Golo, un primo ministro della situazione, che lei respinge furente e offesa. La donna giovane donna decide di inviare una 119 missiva al marito tramite il cuciniero Dracco:l'unico che a corte le sia rimasto fedele. per avvertirlo del tradimento del suo braccio destro."Torna o mio dolce sposo, torna! che quel maialone del Golo vuole fare con me, proprio quella cosa là!" Golo che è sempre lì a origliare , scopre tutto e zak!, pugnala il poveraccio e manda a dire al re che Genoveffa è incinta del cuciniero."Ti ha tradito o mio re, che vergogna con un cuciniero!"Il re ci casca, fuori dalla grazia di dio "un cuciniero no!"ordina il taglio della testa della la fedifraga e anche del bambino nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE POI TUTTO , COME SEMPRE, FINISCE IN GLORIA ) Arriviamo sulla piazza e ci rendiamo conto che ci manca l'attore che avrebbe dovuto interpretare il ruoli del cuciniero .D'accordo, sono due parole che si possono anche tagliare, ma fisicamente deve essere in scena.Ci ragioniamo sopra un attimo per vedere come risolvere. Bene.Ci siamo.Facciamo così.Al momento cruciale, vado alla 120 quinta di destra.Il perfido Golo mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando fuori scena con il cuciniere che non c'è, fingo di consegnargli il messaggio e poi, affranta, esco. Velocissimi mi mettono sulle spalle un mantellaccio con capuccio, che mi copre dalla testa ai piedi.Rientro in scena con la missiva bene in evidenza in mano, faccio qualche passo come se ora io parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su di me"muori, spione di un cuciniero!E via che mi pugnala.Cado morta.Golo mi trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla parte opposta da cui sono entrata. Mi tolgono il mantello, mi raddrizzo la parrucca bionda dalle lunghe trecce, corro velocissima dall'altra parte.Rientro in scena e vedo Golo che pulisce il pugnale assassino nel mantellaccio che indossavo fino ad un secondo fa."L'avete ucciso!Assassino!!"Ansimo un pò, per via della corsa, ma sono perfettamente in parte e nessuno s'è accorto di niente.Noi eravamo in grado di andare in scena senza prova alcuna, con un testo nuovo allestito 121 di sana pianta.Arrivavamo ad esempio in una piazza nel giorno in cui in paese si festeggiava la santa patrona, ebbene, debuttavamo con la storia di quella santa sulla quale mio padre e mio zio avevano giorni prima letto e ascoltato dalla gente, vita morte e miracoli.Avevano riunito la compagnia, raccontato a sommi capi l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi adatti non c'erano si rimediavano, e via che si debuttava.Senza prove.Se si confronta con i 90 o addirittura i 180 giorni di prova delle compagnie di oggi..Ma certo che allora, sovvenzioni ministeriali o regionali o provinciali o comunali, non ce ne erano, quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare eccome. L'unico posto, luogo dove io mi senta a mio agio è il palcoscenico.No, non per via:ama la polvere del palcoscenico.No.Sono allergica alla polvere, alle banalità, alla rettorica.Sto bene in palcoscenico perchè è casa mia.In qualsiasi città mi trovi, quando sono in 122 teatro sono a casa.Entrando nella hall di un teatro, non m'è mai capitato di dovere chiedere"scusi, dov'è il palcoscenico?"Conosco automaticamente la strada, dove sono i camerini, il gabinetto."Ma ci sei già stata qui?""No, è la prima volta""Non ti credo""Sì, forse ci sono già stata".Sto bene nei camerini, anche se squallidi.No, non li addobbo con sete colorate.L'ho fatto qualche volta..senza accorgermi andavo dietro all'onda, voglio dire alle usanze degli attori..ma erano 100 anni fa.Poi ho scoperto che non mi ci trovavo con QUEGLI addobbi intorno, non sentivo il bisogno di ricostruirmi il "salotto"di casa mia, anche se il camerino era un cesso.E DIO sa quanti camerini "cesso" trovano gli attori nei teatri e nei cinema di casa nostra.L'unica cosa alla quale non rinuncio è la luce."Lino!!(è il tecnico delle luci) La luce"Lino arriva e mi piazza certi 5OO da accecare.Io ci sto bene. La luce e il mio baule, ora i miei bauli..Mi piacciono i miei bauli.E' un classico baule 123 armadio d'attori, verde fuori a fiorellini l'interno.Ci sono i cassetti e nei cassetti di tutto:golf, libri, fogli, macchina da scrivere-computer, pennarelli, lettere e cianferi d'ogni genere.Il primo baule della mia vita l'ho comperato a rate nel 51, non appena arrivava in compagnia primaria.Dentro non c'era quasi niente, ma quel sacramento , che si apre all'impiedi dividendosi in due e diventa un armadio, con cassetti e reparto per i cappotti, con tanto di targhetta in metallo con il mio nome, mi dava una gran sicurezza.Per la verità era una sicurezza del tutto speciale:la sicurezza di avere anch'io il baule come tutti gli altri.Credo che quella sia stata l'unica sicurezza di quegli anni e per molti anni dopo.Credo anche di essere la persona più insicura che io conosca.Il mio baule, il suo contenuto, il camerino il palcoscenico:sono a casa. Io non mi considero un'attrice.Sono "anche " un'attrice.In casa mia ho imparato tutto quello che può servire per poter fare questo lavoro:attrice, elettricista, fonico, 124 costumista, trovarobe, direttore di scena, servo di scena, piazzare le luci, suggerire, sarta, vendere i biglietti, truccare, pettinare, ballare, cantare (sono un po' troppo timida, seppur molto intonata!Me l'ha detto 10 -14 Giovanna Marini, e se lo dice lei..)la ricerca delle piazza l'amministratore, fare un borderò, (ora è però diventato difficilissimo)I miei avevano addirittura una propria tipografia dove si stampavano i manifestini, insomma i volantini di adesso.Avevamo centinaia di scene belissime, dipinte da un pittore della Scala, Lualdi che veniva a passare le sue vacanze da noi, ogni tanto, le rinfrescavamo tutti insieme.Ogni giorno cambiavamo piazza, (dico piazza per dire "paese, non recitavamo in piazza ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori, quindi ogni giorno si dovevano montare scene e luci.Anche i nostri costumi erano belli.Figuriamoci!Mio padre, tramite l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal Teatro della Scala.E se per un nuovo testo mancava qualche costume, ce lo facevamo 125 in quattro e quattrotto.Mia madre, maestra diciottenne, figlia dell'ingegnere del comune dove risiedeva(Bobbio) e di una casalinga si era innamorata di questo "girovago marionettista"che un giorno era passato di lì, e con grande scandalo dalla famiglia-(povera come l'acqua, ma di una classe sociale superiore a quella di mio padre)e del paese se l'era sposato.Mia madre, era bellissima e quando dico bellissima voglio proprio dire"bellissima"senza artificio alcuno. Nessuno di noi, quattro figli, pur assomigliandole, s'è avvicinato a tanto;Bellissima, giovane, innamorata, aiuta Domenico (il marito)e Tommaso (fratello del marito e Stella, (sorella del marito)in tutto quello che può .Cerca con tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova vita, tanto diversa da quella che aveva condotto sino a quel giorno.Non sa manovrare le marionette, ma si ingegna a vestirle.Poi, più avanti, dirà qualche battuta.Con l'avvento del cinema (1920)) i due fratelli intuiscono che "il teatro delle 126 marionette" sarà presto messo in crisi, subissato, da questo nuovo fantastico mezzo di spettacolo. Decidono un cambiamento radicale(con grande dolore del nonno Pio, un amate di Garibaldi, l'unico ritratto in nostro possesso lo raffigura vestito e somigliante all'eroe!)"Entreremo in scena noi, al posto delle marionette, reciteremo noi inostri spettacoli"Così mio padre con la propria famiglia aggiunta alla famiglia di mio zio Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di legno, vere e proprie sculture, tre delle quali sono esposte al Museo del teatro della Scala di Milano.E quando inizieranno a recitare di" persona", a portare loro stessi in palcoscenico i testi, i personaggi che avevano fino allora interpretato muovendo e doppiando pupazzi di legno, lei, la mia mamma , diventa la prima attrice della compagnia.Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li faceva studiare, si occupava della casa, e come una più che provetta casalinga( a tutti gli effetti)teneva 127 l'amministrazione della compagnia come fosse quella di un normale menage familiare, si occupava dei costumi, aveva imparato pure a cucire, e alla sera, via!, E Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la Fantina dei Miserabili, tutti ruoli che via via, abbiamo interpretato anche noi figlie e le cugine Ines e Lucia.Percorro così l'apprendistato dei teatranti interpretando via via che cresco, tutti i ruoli maschili e femminili adatti alla mia età.Il vantaggio della compagnia di mio padre rispetto alle altre compagnie di giro, (così si chiamavano le piccole compagnie di provincia) è l'invenzione di impiegare tutti i trucchi scenici del teatro magico delle marionette, nel "teatro di persona"":montagne che si spaccano in quattro a vista, palazzi che crollano, un treno che appariva piccolissimo lassù nella montagna e che man mano che scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in scena con il muso della locomotiva a grandezza naturale.Mari in tempesta, nubi che solcavano minacciose il cielo tra 128 lampi e tuoni, gente che volava.scene in tulle in proscenio, che illuminate a dovere ti facevano vedere come era il paradiso.Insomma tutti gli espedienti tecnici dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva ancora, dentro la scenotecnica delle marionette.soltanto che in quel teatro tutto era stato miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire una operazione da Gulliver alla rovescia:da minuto che era ingrandire ogni oggetto, aggeggio, marchingegno fino a renderlo identico alla realtà.In questa nuova veste"il teatro di persona" la compagnia di mio padre realizza un successo insperato.Si lavora come sempre a tempo pieno.Mio padre , il capo, con il ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del comico-brillante a secondo dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia;le mogli, i figli, gli attori scritturati;i dilettanti gli amici componevano la nostra compagnia.Giravamo cittadine, paesotti e paesini del nord Italia su di una corriera 129 che chiamavamo "Balorda" a causa del comportamento bizzarro che aveva, che più che al suo cattivo carattere andava attribuito agli anni. In certi paesi nei quali ad una certa ora del giorno si passava, nei turnichè particolarmente ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci aspettavano.Ci spingevano fra tante risate, poi la sera ci raggiungevano ed entravano a godersi lo spettacolo gratis."Siamo quelli che abbiamo spinto." "Passate".Mio padre, amava la Balorda , e zingarone com'era, gioiva tutto nel vedersela rilucente di colori sgargianti. Mia madre, ogni volta che lui le cambiava colore:"non sposeremo mai le nostre figlie !" "Hai ragione Milietta..domani le cambio colore"E l'indomani quando "Emilietta" si affacciava in cortile, ecco la Balorda ridipinta:d'argento!"Non sposeremo mai le nostre figlie!"Arriva la guerra, finisce la guerra.Bombardamenti non ne avevamo avuti.Qualche bomba sulla fabbrica di aerei:la Macchi, lontana dal centro, alla periferia di Varese, a Masnago.Ricordo a 130 proposito di questo paese, una sera che si tornava a casa dopo lo spettacolo veniamo fermati, sia noi che tutti quelli che passavano per quella strada dopo di noi, da un gruppo di fascisti e S.S.Ci hanno fatto entrare in un cortile, (era quello dove abitava uno dei nostri dilettanti, chiamato"Luigino cassa da morto, perchè suo padre le fabbricava) dove siamo stati per ore bloccati.Solo all'alba ci hanno lasciati andare.Non è stato per niente drammatico.L'aria, nonostante i tedeschi era di festa a causa della inconsuetudine dell'avvenimento.Si sà, i giovani trovano sempre la maniera di di superare le tensioni. Sarebbe però, tanta allegria finita in tragedia se quell'alba avesse portato la notizia di una missione tedesca andata male.Ci avrebbero fucilati tutti. l'abbiamo saputo qualche giorno dopo.Per fortuna l'abbiamo scampata.Altre volte, capitava che ci fermassero dei partigiani.Non dicevano "siamo partigiani" ma erano in borghese con i mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio?" Li facevamo salire.Più 131 avanti capitava d'incontrare picchetti fascisti che ci fermavano. Ci conoscevano.Avevamo un permesso speciale per il coprifuoco."Buona sera signor Rame,.Com'è andata?" "Benissimo!" "buona notte."Ce ne andavamo;nonostante il FINE 132 STAMPATO GENTE: FRANCA, TORNIAMO INDIETRO DI 40 ANNI, RACCONTACI IL TUO PRIMO INCONTRO CON DARIO. 457 Le nostre strade s'incontrano ad un certo punto delle nostre vite, ma partono da punti assai diversi. Io nasco da una famiglia d'attori girovaghi, ed ho debuttato ad otto giorni, ne il figlio della "Genoveffa di Brabante", in braccio alla mia mammma. Via via che crescevo, ho interpretato tutti i ruoli possibili ed immaginabili maschili e femminili, finche, dopo i vent'anni ho lasciato la mia famiglia per seguire mia sorella Pia che abitava a Milano in quel tempo ed era prima attrice giovane con Renzo Ricci. Il mio desiderio era di riuscire a mia volta entrare in una compagnia primaria. Un gran salto! Dario invece, studiava architettura al politecnico, e per passione raccontava favole grottesche agli amici, racconta oggi, racconta domani, s'è trovato scritturato nella compagnia di rivista, 133 "Franco Parenti sorelle Nava". Nella stessa compagnia c'ero io. Il capocomico era di Carlo Mezzadri, l'allora marito di mia sorella Pia, che per strada ha lasciato il mestiere d'attrice per aprire una sartoria teatrale. Oggi Pia è una affermatissima creatrice ed esecutrice di costumi teatrali. E' arrivata fino a Las Vega con le sue creazioni. Ha fatto una figlia, ha scritto un libro sulla nostra famiglia, gioca a poker, ama il tennis seguendolo sul teleschermo, la musica classica, legge molto, è curiosa, dimostra un vent'anni in meno di quelli che ha, ma quello che più conta, è che è generosa, spiritosa, caustica, insomma è il personaggio più divertente, poliedrico che io abbia intorno. Ci vogliamo molto bene. Abitiamo nella stessa casa, ci capita anche di litigare a volte, ma ci siamo l'una per l'altra, sempre. E' lì che io e Dario ci siamo incontrati. Lui s'innamora subito di "questa sventola dolcissima", così mi chiamava. Si prende un imbesuimento di terzo grado. 134 S'innamora subito, ma se lo tiene per se. Anzi non mi guarda per niente e se mi guarda non mi vede: come fossi trasparente! Com'è?! Seni tondi, gambe lunghe, capelli biondi eccetera eccetara... piena di ragazzi che mi giravano intorno e lui , 'sto spillungone anche bruttino, (ora è bellissimo!) niente. Non faceva una piega! Non mi guardi? Ti castigo! Una sera, si provava lo spettacolo al cinema Colosseo, l'ho preso per le mani, l'ho messo contro il muro, e gli ho dato un gran bacio, ma proprio un bacio bacio! E mi sono scoperta innamorata pazza. Il "da ridere" è che tutto è successo per scommessa. Siamo andati avanti per due anni tra baci e litigi.... classico degli innamorati, fino al giorno che ci siamo sposati: 24 giugno 1954 in Sant Ambrogio! Dario, metterà una battuta, per il fatto di essersi sposato in chiesa (lui, quasi ateo-marxista) addirittura nello spettacolo "Gli arcangeli non giocano al flipper" : "Sposato in chiesa per accontentare madre di lei molto credente." 135 STAMPATO SALTO SALTO FOTOCOPIARE PAGINE siamo siatemati alla bellemeglio. Il bambino ha pianto per quattro giorni di fila. Per quanto spirito di adattamento avessimo noi, non riuscivamo proprio a comunicarlo a questo tipo appena nato che non sapeva niente della vita. Comunque faticavamo anche noi a cavarcela e per le scomodità e per la mia totale inesperienza "Piange? Avrà fame" Lo attaccavo al seno, lui ciucciava un po' e poi di nuovo "uhèèè uuuhèèèè!""Oddio, forse è ammalato!" Al quinto giorno decidiamo di tornare in clinica e stabilirci lì. Il nostro ritorno è stato festeggiato dal personale con brindisi e abbracci. S'è scoperto subito la causa degli uhè del bambino: io avevo poco latte e lui aveva fame. Dopo aver nutrito il fantolino, ci hanno sistemati in una bellissima camera vicinissima alla sala parto. Ci siamo addormentati immediatamente tutti e tre ed abbiamo dormito per almeno giorno intiero, finalmente rilassati. Ci siamo 136 insriti molto bene in questa nostra insolita vita, abitavamo lì e cercavamo casa. Come vedevamo in carridoio davanti alla porta della sala parto un padre in angosciosa attesa Dario subito s'informava: "Sa è un parto cesareo!" E Dario: "non si preoccupi, anche Franca ha avuto un cesareo...Vero Franca?" e io "Sì, sì... è una sciocchezza, vedrà" E quello si calmava. E un altro: è messo di piedi"... "Non si preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi...e tutto è andato benissimo. Vero Franca?" Solo quando un padre era preoccupato perché la moglie stava partorendo 2 gemelli siamo rimasti senza parole. Tutti sapevano che avevamo un figlio solo. Ci siamo stati tre mesi in quella clinica. Quanti padtri e quante madri abbiamo rinfrancato. Qualcuno ci viene ancora a trovare con i figlio nato proprio in quei giorni. Che benissimo! Finalmente abbiamo trovato una casa in via Bruno Buozzi e ci siamo trasferiti. Una casa piccola con un terrazzo enorme. 137 Nel palazzo vicino al nostro vivevano Roberto Rossellini ed Ingrid Bergam al tempo della loro "colpevole" passione. Avevamo sempre amici fotografi che ci scongiuravano di poter stare nel nostro terrazzo per poter riprendere i due importantissimi innamorati. ed ero sempre la vamp del casta, la padrona di un night, qualche volta sola, qualche volta con un amante delinquente. Indossavo grepier, calze nere o abiti talmente stretti che spesso me li cucivano lettaralmente addosso al mattino e me li scucivano la sera. Non potevo fare la pipì, non potevo sedermi ed in più mi sentivo frustata dalla testa ai piedi. Ho avuto in quegli anni, due grandi occasioni cinematografiche. Michelangeli Antognoni e Luchino Visconti. Per "Cronaca di un amore" Antognoni aveva scelto me. Io, allora, avevo un grande complesso (complesso che in parte, nonostante varie operazioni ho ancora oggi): ero strabica - strabica, timida e 138 insicura. Nascondevo i miei occhi sotto a degli occhialini lunghi, stretti e scuri. "Lo so che sei strabica, ma per farti fare il film, devo vedere i tuoi occhi. Su... coraggio, togliti gli occhiali". Me lo ha chiesto almeno tre volte, paziente e gentile. Beh, non ce l'ho fatta e la parte la interpretò Lucia Bosé. Visconti si era intestardito su di me, per un ruolo in "senso". Io stavo in tournée con Dario a Trieste. Telefonate sopra telefonate. E mi spiaceva lasciare la compagnia, Dario e mi sentivo come sempre insicura. "Sì, scendo, faccio il provino poi magari mi dicono di no..." "No, ti prende a scatola chiusa gli abbiamo portato tutte le bionde d'Italia, non gliene va bene nessuna. Se vuoi ti mandiamo il contratto." Niente non me la sono sentita, qualcosa mi ha bloccato. Il ruolo è andato a Marcella Mariani bruna, fragile, ex miss Italia, completamente diversa da me. Visconti aveva cambiato tipo. Il giorno della prima del film a Bruxelles, 139 Marcella Mariani è partita in aereo per quella città. Se io avessi interpretato quel personaggio quasi sicuramente sarei stata al suo posto. L'aereo è precipitato. Tutti morti. Ecco cosa mi aveva bloccato. Il mio sesto senso mi aveva salvato la vita, come è capitato altre volte.Da quel giorno, se qualcosa mi salta nel lavoro od altro, penso che così doveva essere, il negativo diventa positivo "doveva andare così". Nel '57 mi sembra vengo scritturata dal Teatro Arlecchino a Roma, per interpretare un testo di Feydeau che sembrava scritto per me: "Non andartene in giro tutta nuda". Dario scrive per i fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla, un atto unico "Gli imbianchini non hanno ricordi" Ci prende gusto e ne scrive altri. A quel punto gli propongo di ritornare a Milano e farci una compagnia nostra. Interpelliamo Paolo Grassi allora direttore del Piccolo Dopo la clamorosa rottura per 140 Canzonissima, la TV ci era proibita, ma c'era sempre il teatro. Nel '63 ci fu il nostro spettacolo su Colombo "Isabella, tre caravelle e un cacciaballe", che quest'anno verrà presentato per le Colombiadi, in spagnolo a Valencia, con la regia di Arturo Corso e anche trasmesso dalla II rete in ottobre. L'anno dopo "Settimo ruba un po' meno" e via via, ogni anno uno spettacolo nuovo, di successo, fino al '68, alla decisione, presa con Dario di lasciare il teatro tradizionale e di mettere a disposizione il nostro lavoro per sollecitare una presa di coscienza. La simpatia per la classe operaia non bastava più. La lezione ci veniva direttamente dalle straordinarie lotte operaie, dal nuovo impulso che tutti i giovani stavano dando nelle scuole alla lotta contro l'autoritarismo, l'ingiustizia sociale, le spinte per un nuovo rapporto con le classi sfruttate, per creare una nuova cultura. Dovevamo smettere di fare gli intellettuali che, comodamente 141 sistemati dentro e sopra i propri privilegi di casta, si degnano, bontà loro, di trattare anche i problemi degli sfruttati. Dovevamo deciderci a metterci interamente al loro servizio: diventare i giullari degli sfruttati? Questo voleva dire andare a recitare in strutture che fossero gestite da loro, dalla classe operaia. Ecco perché subito pensammo alle case del popolo. Facemmo teatro nelle case del popolo, nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una capanna di via Colletta a Milano, alla famosa palazzina Liberty, sempre a Milano, che ristrutturammo completamente e che poi ci fu tolta.Nel '73 ci fu anche un episodio terribile nella sua vita. Vuole parlarne? Non ne parlo volentieri. Sono passati quasi 20 anni, ma mi basta un niente per ritrovarmici dentro di colpo. Nessuna donna che abbia subito violenza sessuale, potrà mai staccarsi completamente da quel momento orribile. 142 Sono stata caricata su di un furgoncino da tre individui e poi scaricata stravolta e sanguinante vicino alla metropolitana di via Dante. Non ho detto a nessuno quello che mi era realmente accaduto. Nemmeno a mio marito. L'umiliazione della violenza sessuale, lo sfregio, era sopratutto per lui e per mio figlio. No, me ne sono stata zitta: più dignitose "le botte". Mi sono tenuta tutto dentro, ma ho sbagliato. Il non averne parlato con nessuno , l'essermi tenuta tutto dentro (anche se tutti avevano intuito quello che realmente mi era successo) mi teneva in una continua tensione. Un caro amico, il professor MACACCARO, che mi era stato molto vicino con gli avvocati in quei giorni così pesanti, mi ha consigliato un' analista donna, ma io non me la sono senita. Dopo tre anni ho deciso di scrivere quanto mi era successo... Senza una parola ho passato i fogli a Dario. Li ha letti. Senza una parola mi ha abbracciato. Finalmente ce l'avevo fatta! Un nodo, il primo, si era sciolto. Poi, in appoggio alla campagna 143 che si stava facendo in quegli anni per l'approvazione di una legge contro la violenza sessuale, ho deciso di portare quanto avevo scritto in teatro. Andai di colpo in scena, senza provarlo (non riuscivo) e senza che nessuno della compagnia lo sapesse. Solo Dario ed io ne eravamo al corrente. All'ultimo momento, invece di recitare "il risveglio" annunciai un brano nuovo." Ho trovato questa testimonianza su di un giornale e ve la recito" Da quella sera ho replicato "lo stupro" (questo è il titolo del brano) almeno duemila volte. E via, anche il secondo nodo si stava sciogliendo. Mio figlio dice: "sei andata in analisi davanti a migliaia di persone." Poi l'ho recitato anche in Fantastico, quello di Celentano. E' andata così. Gli atti di violenza sessuale contro ragazze erano all'ordine del giorno. Processi, stupri, violenze fisiche e morali contro le donne. Sono sempre più impegnata in questo campo. Propongo il brano a Celentano. Accetta. Ci sono resistenze da parte della prima rete, ma 144 lui ha un contratto di ferro. e alle 20, 30 finalmente mi comunicano che prenderò parte alla trasmissione.. La voce è circolata in sala stampa. Due giornaliste vengono in delegazione e mi chiedono una conferenza stampa dopo la trasmissione. Va bene. Eseguo il brano, precisando come sempre che è una testimonianza di una donna che ho trovato su di un giornale. Sono molto tesa. I fotografi non stanno fermi un attimo. Per riuscire ad arrivare alla fine mi devo concentrare completamente. Ci sono dentro in pieno. Soffro come allora. Rabbia, umiliazione, terrore. Un brutto momento. Alla conferenza stampa qualcuno accenna al fatto che quella storia era la mia.( a suo tempo ci fu gran chiasso e solidarietà sui giornali) Ho negato molto decisa ma egualmente qualcuno privo di sentimenti e di rispetto me l'ha attribuita sui giornali del giorno dopo. Per me è stato duro. Fin che la gente non sapeva, diciamo, magari qualcuno lo intuiva ma con me non ne parlavano, io potevo portare 145 quell'esperienza in teatro, ma da quando si è saputo ho deciso di non farlo più. Non avrei potuto, a parte che sarebbe stato anche di cattivo gusto. in fondo a questo testo c'è un pezzetto l'inizio che ho estrapolato a DONNE 146 STAMPATO NOTE PER BIOGRAFIA -1Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura angoscia, commozione meraviviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi, inaspetate, inaudite, cosiì i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazione, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate ' e un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato un libro"Le lettere del mio nome"di Grazia LIVI, "é imporTANTE , leggilo".Il titolo cosi ermetico non mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore:Il tema appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna. Mi blocco. Oddio, ci risiamo.La solita "menata" femminista socialsocoplogopolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, asibento con sfoogio"cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta , senza la minima 147 preoccupazione di 2 2 essere capite da chi aveva (sto parlandodegli anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberArsi")la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì, pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po' arroganti o troppo accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uono nel loro modo di essere, insomma, tutto quello che ho sempre rifiutato.Parto a leggere indifferente e diffidente.Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li nemmeno saputi.M'ha tirato dentro la chiarezza ne facile ne semplecistica concui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche la crescita di un personaggio donna, come te lo ripropone tutto, secca e 148 piena, leggera, meticolosa delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi.Di ogni donna di cui parla, ti presenta le piu remote sensaziuioni, ogni personaggio é da lei scandagfliato nel profondo, c'e tutto quello che hanno detto gli altri e quello che no hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certesze e molto altro che ora non mi riesce di esprilere. Poche pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De Beauvoir.NON Mì é mai stata completamente simpatica.A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta egoista.Il suo evidente essere una intellettuale aristocrarica m'e l'ha sempre allontanata.In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa della spesa in mano, fazzolette in testa .Ha lanciato un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come 149 un bambino scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon..", ha mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io ci sono rimasta un po' male.forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del ragionato-Livi é una donna che capisco e ammiro di più.Altre biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidita, intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addoso.Il mio "dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo.Mi sento come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a 150 disagio, turbata, sconbussolata. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato.Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato.Mi sento addoso il peso di non essermi mai sentita in lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non avererne i numeri, le capacità per poter participare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione.Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me .Gia arresa, prima di essere vinta.Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto.Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce.I giorni della mia vita :22.630 , sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi.Possibilie? E' così.Sento l'esigenza di esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando me stessa?..Il mio io?..Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma 151 ora qualcosa di concreto mi urge.Devo fissare qualche punto. Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono tanti, non avessi vissuto, lavorato incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore, pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza.Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo. 25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori".Li avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città.Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di raccogliere qualcosa.La sera, nel cortile di casa mia, gran festa.Un giradischi, e ballare e ridere. Poi guardo su, verso la 152 finestra buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie da oltre due anni.In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono.Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi.Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni dopo(1973) in circostanza ben divera , per dolore e drammaticità.Ancora seduta, su di una ssedia ora, con la testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non ho terminato) di Varese, con i fascisti che entrano in classe, in silenzio 153 ci guardano a una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa triste.."Villa triste era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro, non avevo fatto niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto.E il cuore a battere più forte."Forse muoio"."Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so".Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo."non lo vedo da un po'", sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio, che era successo?"Allora?"Erano minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo 154 lasciati da un sacco di tempo."Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo e le mani sudate."Sei una incosciente, sei una disgraziata.Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa bene.E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in quattro che avevo stracciato prima di passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a scuola.Incoscienza, più che coscienza politica. I GIORNALI Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai letto un giornale.E questo che c'entra?Nulla.Sto cercando di tirar fuori fatti lontani, che disordinatamente affiorano al mio cervello vuoto Non ho mai letto i giornali.Lo dico con meraviglia.Possibile?In casa mia c'erano, la mia era una famiglia socialista quando esserlo costava qualche cosa.Si pagava, 155 senza ricevere nulla in cambio:con quella tessera in tasca allora carriera o posti di comando, non ne ricevevi.I giornali c'erano, li toccavo quando li raccoglievo da terra dopo che mio padre li aveva letti.(incredibile quanto mio marito assomigli amio padre:anche lui, li butta per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono sicura di non averne mai aperto uno fino ad un certo giorno.cioè quando sono andata a sbattere con la mia bicicletta addosso ad una Topolino (in realtà gli ho sfiorato un parafango).La reazione del "guidante" è terribile e immediata e assolutamente fuori posto/"Ecco chi rovina l'Italia!""No, guardi io..""Silenzio!Voi giovani che delegate.Delegate e non leggete i giornali!".Allibita, senza parole.E' da qul giorno che dei giornali leggo tutto..dalle inserzioni agli annunci mortuari.Grazie isterico signore della topolino.Grazie. Forse ora posso correre all'inizio della mia vita. 1932_ "E' ora che Franca incominci a 156 recitare."è mia madre che parla. La prima parte che ho imparato a memoria, me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot- a mot, parola per parola. Non sapevo leggere .Avevo tre anni.. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva recitato da mia sorella Pia in "la passione del Signore"atto V, orto dei Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo gridare di quando in quando. La parte non era lunga.. non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e ancora."ripeti" diceva la mia mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone."Ripeti!"Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima .Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle. seppur credente non andava mai in chiesa ma 157 aveva uno zio prete.Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine .E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda.Non avevo fatto nessuna prova.Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda "e quel che segue.Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva immaginare fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa..gli occhi che lanciavano saette tra un tuonar e lampeggiar minaccioso , che disperato gridava:"possano i corvi 158 divorarmi le budella , le aquile strapparmi gli occhi !" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua" , mi fece un terribile effetto.Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando?!Ero stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella , solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i colori!Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera."Ma cosa 13sta capitando?Perchè lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare;Mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentoi.Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli sia capitato.Forse è impazzito." Anzi.A piccoli passi, camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur 159 spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai.Dio che paura!Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci.Insomma cercavo con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico.Pia s'è ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prespettavano niente di buono..Lo zio-Giuda si blocca per non più di tre secondi, lo giuro.e poi con voce profonda (intanto con la mano mi solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei grande!A QUEST'ORRENDO 14 14PECCATORE MANDI IL CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi la mano..No, no, non me lo merito!-e , dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve usare un po' di forza per liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo andare.Grida:"L'albero più 160 alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami andare angiolino..Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di scena.Mia sorella(l'unica volta nella sua vita , credo)non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue.Grande applauso.Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni.Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e mesta quel tanto che serve dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore..Non s'è pentito!" e via che esco..Ce l'avevo fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi, "la passione del Signore" ha sempre avuto due angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio.E tutti giù a piangere. A 5 anni:"gli spazzacamini della valle 161 d'Aosta.Com'è che succedeva? Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio che non avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con certezza di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo.La parte come sempre fino a che ho 4 imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente , era come se la sapessi già.Anzi, la sapevo già.Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi permettesse di addormentarmi, mentre i miei recitavano una sera dopo l'altra?"Gli spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il protagonista, figlio di una povera ma bella incintata e poi abbandonata dal figlio del conte..vengo, a causa della miseria in cui nascono quasi sempre quelle incintate dai "contini", NONOSTANTE LA TENERA ETà affidato ad un "mercante di carne umana"!, un delinquente che specula sui 162 bambini che gli vengono affidati, mandandoli spesso a morire nel tentativo di pulire, in quanto smilzi e denutriti (quanto piangeva la gente!) la cappa di un camino.E' quando, la mia mamma che per fortuna era venuta a trovarmi a Torino col mio nonno sennò chissaà come avrebbe mai fatto a tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia morto nella cappa del camino "Oh che tremendo dolore!" e via che Impazzisce. La ragazza in questione era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che quel giorno lì in quanto ammalato, era stato sotituito nel lavoro da un compagno, certo Carletto, che muore al suo posto. (Mai essere generosi!) Questa è per Gino una giornata davvero fortunata.Il vecchio conte è schiattato nel frattempo, ed il contino, vale a dire il suo papà, decide in quanto sempre innamorato della mia mamma, di riparare al malfatto e di sposarla.Ci sono un po' di problemi per far rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime e singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica 163 finale per non mandare a casa la gente con il magone. Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, TEATRO POPOLARE appunto, nella tradizione della COMMEDIA DELL'ARTE , completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie , come la nostra , che agiva no in provincia.Il nostro successo stava tutto in questa differenzenza.Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di cannovacci e per molti testi non esisteva nemmeno il cannovacccio. 164 Ce li avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi?Non lo so.So solo che i teatri eran( sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre.O se c'era il funerale di un defunto importante del paese:il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il farmacista.E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione, "il povero fornaretto di venezia e non mi ricordo più quali altri drammoni avessere successo)mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo e tu questo., .e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti."L'assassino del corriere di Lione" .Scena PRIMA:la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto , partito povero , tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire nulla per 165 lui, anzi solo repulsione. Manifestare freddezza e imbarazzo.Ricordarsi che la madre è morta. Scena seconda:un uomo(lo stesso attore che interpreta il personaggio delpadre) languisce in una cella, è un innocente caduto in un errore giudiziario terribile.Accenni all'assassinio di un corriere a Lione.Acceni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al paese.Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta. Comica finale.Non c'è pesonaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato.Neonati(8 giorni in braccio alla mia mamma-in la Genoveffa di Brabante), STAMPATO �NOTE PER BIOGRAFIA 166 -1Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura, angoscia, commozione, meraviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi, inaspettate, inaudite, così i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazione, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate ' e un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato un libro"Le lettere del mio nome"di Grazia LIVI, "é imporTANTE , leggilo". Il titolo cosi ermetico non mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore:Il tema appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna. Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita "menata" femminista socialsocioplogopolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, asibento con sfogio"cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta , senza la minima 167 preoccupazione di essere capite da chi aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberArsi")la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì, pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po' arroganti o troppo accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uomo nel loro modo di essere, insomma, tutto quello che ho sempre rifiutato. Parto a leggere indifferente e diffidente. Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li nemmeno saputi. M'ha tirato dentro la chiarezza ne facile ne semplicistica con cui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche la crescita di un personaggio donna, come te lo ripropone 168 tutto, secca e piena, leggera, meticolosa delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi. Di ogni donna di cui parla, ti presenta le più remote sensazioni, ogni personaggio é da lei scandagliato nel profondo, c'e tutto quello che hanno detto gli altri e quello che no hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certezze e molto altro che ora non mi riesce di esprimere. Poche pagine te ne dà l'essenza. Ecco Simone De Beauvoir. NON mi é mai stata completamente simpatica. A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta egoista. Il suo evidente essere una intellettuale aristocrarica m'e l'ha sempre allontanata. In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa della spesa in mano, fazzoletto in testa . Ha lanciato un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina. Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e 169 questa chi é?" Sartre, come un bambino scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon. . ", ha mormorato. Ah, era lei! Dario meno, ma io ci 4 4 sono rimasta un po' male. forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto. Ma ora, la Simon, del ragionatoLivi é una donna che capisco e ammiro di più. Altre biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidità, intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addosso. Il mio "dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo. Mi sento come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, 170 irraggiungibili. Sono confusa. Confusa, a disagio, sconbussolata. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato. Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato. Mi sento addosso il peso di non essermi mai sentita in 5 lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non averne i numeri, le capacità per poter partecipare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione. Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me. Già arresa, prima di essere vinta. Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto. Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce. I giorni della mia vita: 22.630, sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi. Possibilie? E' così. Sento l'esigenza di esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi. Oh mio dio, cos'è, 'sto cercando me stessa? Il mio io? Ci ho tanto 171 ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma ora qualcosa di concreto mi urge. Devo fissare qualche punto. Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono davvero tanti, non avessi vissuto, lavorato, incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore, pianto. Niente. Non mi viene niente. Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza. Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo. 25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori". Li avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città. Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette. Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di raccogliere qualcosa. La sera, nel cortile di casa mia, gran festa. Un giradischi, e 172 ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie da oltre due anni. In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono. Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi. Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni dopo(1973) in circostanza ben diversa , per dolore e drammaticità. Ancora seduta, su di una sedia ora, con la testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non 173 ho terminato) di Varese, con i fascisti che entrano in classe, in silenzio ci guardano a una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa 8 triste. . "Villa triste era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro, non avevo fatto niente. "Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto. E il cuore a battere più forte. "Forse muoio". "Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so". Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo. "non lo vedo da un po'", sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotto casa mia a darmi dei baci. Dio mio, 174 che era successo?"Allora?"Erano minacciosi. "Non lo vedo più, ci siamo lasciati da un sacco di tempo. "Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti. Poi mi hanno lasciata andare. Non ricordo altro. Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo e le mani sudate. "Sei una incosciente, sei una disgraziata. Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa bene. E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in quattro che avevo stracciato prima di passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a scuola. Incoscienza, più che coscienza politica. 175 STAMPATO 3299, luogo dove io mi senta a mio agio è il palcoscenico. No, non per via: ama la polvere del palcoscenico. No. Sono allergica alla polvere, alle banalità, alla retorica. Sto bene in palcoscenico perché è casa mia. In qualsiasi città mi trovi, quando sono in teatro sono a casa. Entrando nella hall di un teatro non mi è mai capitato di dovere chiedere "scusi, dov'è il palcoscenico?" Conosco automaticamente la strada, dove sono i camerini, il gabinetto. "Ma ci sei già stata qui?" "No, è la prima volta" "Non ti credo" "Si, forse ci sono già stata." Sto bene nei camerini anche se squallidi. No, non li addobbo con sete colorate. L'ho fatto qualche volta... senza accorgermi andavo dietro all'onda, voglio dire alle usanze deghli attori... ma erano 100 anni fa. Poi ho scoperto che non mi ci trovavo con quegli addobbi intorno, non sentivo il bisogno di ricostruirmi il "salotto" di casa mia, anche se il camerino era un cesso. E Dio sa che camerini trovano gli attori nei teatri e nei cinema di casa nostra. L'unica 176 cosa alla quale non rinuncio è la luce. "Lino!! (è il tecnico delle luci) La luce" Lino arriva e mi piazza certi 500 da accecare. Io ci sto bene. La luce e il mio baule, ora i miei bauli. Mi piacciono i miei bauli. E' un classico baule armadio d'attori, verde fuori a fiorellini l'interno. Ci sono i cassetti e nei cassetti di tutto: golf, libri, fogli, macchina da scriverecomputer, pennarelli, lettere e cianferi d'ogni genere. Il mio baule, il suo contenuto, il camerino, il palcoscenico: sono a casa. Io non mi considero un'attrice. Sono "anche" un'attrice. In casa mia ho imparato tutto quello che può servire per poter fare questo lavoro: attrice, elettricista, fonico, costumista, trovarobe, direttore di scena, servo di scena, piazzare le luci, suggerire, sarta, vendere i biglietti, truccare, pettinare, ballare, cantare, la ricerca delle piazze, l'amministratore, fare un borderò, (ora è però diventato difficilissimo). I miei avevano addirittura una propria tipografia dove si stampavano i manifestini, 177 insomma i volantini di adesso. Avevamo centinaia di scene bellissime, dipinte da un pittore della Scala, Lualdi che veniva a passare le sue vacanze da noi, ogni tanto le rinfrescavamo tutti insieme. Ogni giorno cambiavamo piazza (dico piazza per dire paese, non recitavamo in piazza ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori, quindi ogni giorno si dovevano montare scene e luci. Anche i nostri costumi erano belli. Figuriamoci! Mio padre, tramite l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal Teatro della Scala. Percorro così l'apprendistato dei teatranti interpretando via via che cresco, tutti i ruoli maschili e femminili adatti alla mia età. Il vantaggio della compagnia di mio padre rispetto alle altre compagnie di giro, (così si chiamavano le piccole compagnie di provincia) è l'invenzione di impiegare tutti i trucchi scenici del teatro magico delle marionette, nel "teatro di persona": montagne che si spaccano in quattro a vista, palazzi che crollano, un treno che appariva piccolissimo lassù nella 178 montagna e che man mano che scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in scena con il muso della locomotiva a grandezza naturale. Mari in tempesta, nubi che solcavano minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che volava, scene in tulle in proscenio, che illuminate a dovere ti facevano vedere come era il paradiso. Insomma tutti gli espedienti tecnici dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva ancora, dentro la scenotecnica delle marionette, soltanto che in quel teatro tutto era stato miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire un'operazione da Gulliver alla rovescia: da minuto che era ingrandire ogni oggetto, aggeggio, marchingegno, fino a renderlo identico alla realtà. In questa nuova veste "il teatro di persona" la compagnia di mio padre realizza un successo insperato. Si lavora come sempre a tempo pieno. Mio padre, il capo, con il ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del comico-brillante a secondo dei testi e di drammaturgo-poeta 179 di compagnia; le mogli, i figli, gli attori scritturati; i dilettanti gli amici componevano la nostra compagnia. 1932 - "E' ora che Franca incominci a recitare." E' mia madre che parla. La prima parte che ho imparato a memoria me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot-a mot, parola per parola. Non sapevo leggere. Avevo tre anni. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva recitato da mia sorella Pia in "La passione del Signore" atto V, orto dei Gezzemani. "Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti! Pentiti!" dovevo gridare di quando in quando. La parte non era lunga, non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!" e ancora e ancora "Ripeti" diceva la mia mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone. "Ripeti!" Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima. Per l'occasione mi aveva 180 cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle, seppur credente non andava mai in chiesa ma aveva uno zio prete. Lei lo sapeva benissimo che gli angeli non erano vestiti così! Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine. E' ora d'andare in scena e tutti: "ma che bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda. Non avevo fatto nessuna prova. Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ad ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda" e quel che segue. Il guaio, l'imprevisto, che più imprevisto di così non si poteva immaginare, fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino 181 vicino, con una parruccaccia nera in testa, gli occhi che lanciavano saette tra un tuonar e lampeggiar minaccioso, che disperato gridava: "Possano i corvi divorarmi le budella, le aquile strapparmi gli occhi!" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua", mi fece un terribile effetto. Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando?! Ero stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella, solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gliene stava dicendo di tutti i colori! Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera. "Ma cosa sta capitando? Perché lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare; Mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentori. Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose. "No, io no, allo zio Tommaso non dico 182 proprio un bel niente! Non so cosa gli sia capitato. Forse è impazzito." Anzi, a piccoli passi, camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai. Dio che paura! Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci. Insomma cercavo con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico. Pia s'è ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prospettavano niente di buono. Lo zioGiuda si blocca per non più di tre secondi, lo giuro, e poi con voce profonda (intanto con la mano mi solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice: "Dio, sei grande! a quest’orrendo peccatore mand il conforto!.. un piccolo angelo..mi tendi la mano..No, no, non me lo merito!- e dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto- M'impicco!". Deve usare un po' di 183 forza per liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo andare. Grida: "L'albero più alto.. dov'è l'albero più alto. Lasciami andare angiolino..Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di scena. Mia sorella (l'unica volta nella sua vita, credo) non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue. Grande applauso. Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni. Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a spingermi (a pigiarmi) la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e mesta, quel tanto che serve, dico: "S'impicca! Non s'è pentito.. Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore.. Non s'è pentito!" e via che esco.. Ce l'avevo fatta: l'avevo detta tutta! Da allora in poi, "la passione del Signore" ha sempre avuto due angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio. E tutti giù a piangere. Com'è che 184 succedeva? Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio che non avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con certezza di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo. A 5 anni: "Gli spazzacamini della valle d'Aosta". La parte come sempre fino a che ho imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente, era come se la sapessi già. Anzi, la sapevo già. Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di Giulietta, quella di Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi permettesse di addormentarmi, mentre i miei recitavano una sera dopo l'altra? "Gli spazzacamini" un drammone, ma alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime, singhiozzi e applausi, in 5 atti, con la comica finale per non mandare a casa la gente con il magone. Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, teatro popolare appunto, nella tradizione della 185 Commedia dell’arte, completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie, come la nostra, che agivano in provincia. Il nostro successo stava tutto in questa differenza. Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi: Niccodemi, Giacosa, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di canovacci e per molti testi non esisteva nemmeno il canovaccio. Ce li avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi? Non lo so. So solo che i teatri eran sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre. O se c'era il funerale di un defunto importante del paese: il 186 prefetto, il sindaco, il dottore, il prete, il farmacista. E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulietta, 6 la passione, "il povero fornaretto di Venezia" e non mi ricordo più quali altri drammoni avessero successo) mio padre o mio zio leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano. "Tu fai questo, tu questo e tu questo...", e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti: "L'assassino del corriere di Lione". Scena Prima: la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto, partito povero, tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo repulsione. Manifestare freddezza e imbarazzo. Ricordarsi che la madre è morta. Scena seconda: un uomo (lo stesso attore che interpreta la parte del padre) languisce in una cella, è un innocente 187 caduto in un errore giudiziario terribile. Accenni all'assassinio di un corriere a Lione. Accenni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al paese. Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolverà: il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la forca. Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta. Comica finale. Non c'è personaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato. Neonati (8 giorni in braccio alla mia mamma in la Genoveffa di Brabante), bambini o bambine, ragazzini, signorine, giovanotti, suore, cortigiane, prostitute. Una volta ho fatto persino, il cuciniere Dracco. La storia nel ricordo, mi fa ancora ridere. Ero cresciuta e la Genoveffa (che dio la maledica, quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo io. Giovane e bella moglie 188 del re alla guerra, sola nella reggia viene insidiata da Golo, un primo ministro della situazione, che lei respinge furente e offesa. La giovane donna decide di inviare una missiva al marito tramite il cuciniero Dracco: l'unico che a corte le sia rimasto fedele, per avvertirlo del tradimento del suo braccio destro. "Torna o mio dolce sposo, torna! che quel maialone del Golo vuole fare con me, proprio quella cosa là!" Golo che è sempre lì a origliare, scopre tutto e zak!, pugnala il poveraccio e manda a dire al re che Genoveffa è incinta del cuciniero. "Ti ha tradito o mio re, che vergogna con un cuciniero!" Il re ci casca, fuori dalla grazia di dio "un cuciniero no!" ordina il taglio della testa della fedigrafa e anche del bambino nato nel frattempo (tranquilli che poi tutto, come sempre, finisce in gloria). Arriviamo sulla piazza e ci rendiamo conto che ci manca l'attore che avrebbe dovuto interpretare il cuciniero. D'accordo, sono due parole che si possono anche tagliare, ma fisicamente deve essere in scena. Ci ragioniamo sopra 189 un attimo per vedere come risolvere. Bene. Ci siamo. Facciamo così. Al momento cruciale, vado alla quinta di destra. Il perfido Golo mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando fuori scena, con il cuciniero che non c'è, fingo di consegnargli il messaggio e poi, affranta, esco. Velocissima mi mettono sulle spalle un mantellaccio con cappuccio che mi copre dalla testa ai piedi. Rientro in scena con la missiva bene in evidenza in mano, faccio qualche passo come se ora io parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su di me, "muori, spione di un cuciniero!" E via che mi pugnala. Cado morta. Golo mi trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla parte opposta da cui sono entrata. Mi tolgono il mantello, mi raddrizzo la parrucca bionda dalle lunghe trecce, corro velocissima dall'altra parte. Rientro in scena e vedo Golo che pulisce il pugnale assassino nel mantellaccio che indossavo fino ad un secondo fa. "L'avete ucciso! Assassino!!" Ansimo un po', per via della 190 corsa, ma sono perfettamente in parte e nessuno s'è accorto di niente. Noi eravamo in grado di andare in scena senza prova alcuna, con un testo nuovo allestito di sana pianta. Arrivavamo ad esempio in una piazza nel giorno in cui in paese si festeggiava la santa patrona, ebbene, debuttavamo con la storia di quella santa sulla quale mio padre e mio zio avevano giorni prima letto e ascoltato dalla gente, vita, morte e miracoli. Avevano riunito la compagnia, raccontato a sommi capi l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi adatti non c'erano si rimediavano, e via che si debuttava. Senza prove. Se si confronta con i 90 o addirittura i 180 giorni di prova delle compagnie di oggi... Ma certo che allora, sovvenzioni ministeriali o regionali o provinciali o comunali, non ce ne erano, quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare eccome! A 20 anni, seguendo l'esempio di mia sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la nostra compagnia e inizio la mia carriera 191 nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si possono immaginare le difficoltà di una simile scelta in quel periodo del dopoguerra, siamo negli anni 50 e quindi alterno momenti neri a buone scritture nelle compagnie di varietà più famose. E' proprio in una di queste compagnie che conosco il Dario Fo. Da sempre il teatro ha vissuto la mia vita ora come lavoro ora come impegno sociale. E’ stato proprio insieme con Dario che ad un certo punto della nostra storia, negli anni ‘60-’70 in cui la situazione sociale e politica era piuttosto inquietante ed estremamente tesa, dopo i primi lavori sulla satira di costume, che faceva già tanto discutere e scomodare la critica come con “Gli arcangeli non giocano a flipper”, siamo passati alla satira politica che si traduceva in un impegno continuo di controinformazione fuori dai circuiti ufficiali, a diretto contatto con platee numerosissime. Come sempre i nostri spettacoli, che si ispiravano a situazioni 192 reali di disagi, di soprusi, di abusi, di ingiustizie sociali, nascevano da un costante lavoro di inchiesta e venivano puntualmente aggiornati e proposti ad un pubblico che quei disagi viveva per cui, dopo la rappresentazione, si aprivano dibattiti anche vivaci e così, attraverso quel confronto diretto, tutti, dal palco alla platea, si prendeva cosienza di quanto accadeva e così, allo stesso tempo la rappresentazione, nelle sue repliche, si giovava di questa fortunata occasione di dialogo fino a ricomporre talvolta per intero il testo e tornava a misurare le variazioni davanti alla platea. Quelli sono stati anni di grande partecipazione collettiva. Gli aneddoti di quando rappresentavamo i nostri spettacoli nelle Case del popolo, nelle fabbriche occupate tra operai in sciopero, sono tanti e tutti tanto comici quanto drammatici. Spesso racconto di tutto questo, più difficile è che, pur sollecitata da molti e dallo stesso Dario, io mi soffermi a scrivere, ma putroppo non trovo mai il tempo di farlo. 193 Ricordo, tra le tante nostre avventure, un episodio alla Camera del Lavoro in Milano dove, per rimediare una acustica che fosse decente, Dario pensò di cucire insieme un certo numero di contenitori di uova e attaccarli al soffitto e alle pareti. Allora ci impegnammo lì a cucire di buona volontà e non era neanche tanto facile. Sembrava che non si finisse più, ed ecco che uno dei compagni, guardando noi lì che cucivamo con il sangue alle mani, disse: “ma ci vogliono aghi grandi!” e noi lo sapevamo bene ma dove trovarli? Così lui chiamò gli altri: “Avete raggi di bicicletta?” e propose: “Facciamone degli aghi!” E con quei grandi aghi, tutti ci aiutarono a cucire quei cartoni. Purtroppo quando, orgogliosi del nostro lavoro, abbiamo cercato di attaccarli al soffitto, sono cascati tutti. Intorno alla nostra compagnia teatrale cresceva sempre più il numero di collaboratori militanti che insieme a noi si davano un gran da fare nell’organizzare spazi. Si respirava intorno un’atmosfera esaltante e una 194 grande tensione politica e ideologica nel lavoro teatrale. Davamo i nostri spettacoli in luoghi fuori dalle convenzioni teatrali: nelle scuole, nei palazzetti dello sport, nelle fabbriche occupate, nelle chiese sconsacrate, nei manicomi, nelle carceri. Si può dire che il rivoluzionario, il nuovo che è alla base del nostro teatro, abbia ragione soprattutto nel fatto che la rottura con la tradizione intimistico-naturalisticoletteraria di sapore ottocentesco che ancora oggi vive, anzi prospera sulle scene italiane, è avvenuta, si è determinata, fin dal momento in cui abbiamo pensato di far compagnia, cioè una rivoluzione di nascita, più che in divenire. Dario e io siamo sempre pronti a incitare i giovani, che intendono fare questo mestiere, a preoccuparsi di raccontare il proprio tempo per un teatro che solleciti l’interesse, la partecipazione, la solidarietà e perché no, anche l’indignazione senza mai dimenticare alla base di tutto il divertimento perché tutto possa essere 195 fruibile ricordando che il comico è un’arte di precisione matematica. Là dove la forma satirica non possiede come corrispettivo la tragedia tutto si trasforma in buffoneria vuota, nasce il lazzo fine a se stesso, spesso triviale, una volgarità gratuita, senza niente da comunicare. 196 STAMPATO PENSIERI:LA COPPIA Riuscirò fino alla morte a tenere per me che tu sei solo un uomo? Io cerco di capire tutto. . i tuoi bisogni. . mi sforzo di non dare maggior significato alle "cose" di quanto in realtà non abbiano..; di leggerle per quello che sono: SESSO E GRATIFICAZIONE ma non mi posso impedire di soffrireper queste nostre due vite così unite e così irreversibilmente staccate. Due vite tronche, che vivono solo se congiunte ma si logorano e muoiono nella congiunzione. E' molto che sono morta. E' il saperti distratto da altro che mi ha tolto la vita. Senza di te non posso vivere, ma quanto pago questo mio vitale bisogno. Sono riuscita a superare tutto ciò che ho subito. Mi credevo armai forte. ma il dolore torna ogni volta come trentaanni fa. Sto vivendo un disperata e allo stesso tempo afettuosa solitudine. Gironzolo per questo mondo come un ombra;pensieri bui mi schiacciano. Brontola la mia anima, il mio cuore, i miei sentimenti ti si rivoltano 197 contro, il mio orgoglio di essere donna?Umiliato. E il non sentirmi "nessuno". Non mi accontenta essere "prima" nella tua vita. . è nel mio sesso a ridere che ti voglio tenere. Ti guardo davanti ad una ragazza qualsiasi, trasformato, ti rappresenti, ti dai un gra daffare, senza misura ne controllo. Ed io sono condannata da me stessa a starti a guardare, come tu, per tua scelta sei condannato a vivere con me. Che fare? STAMPATO 452 Intervista GENTE: FRANCA, TORNIAMO INDIETRO DI 40 ANNI, RACCONTACI IL TUO PRIMO INCONTRO CON DARIO. Le nostre strade s'incontrano ad un certo punto delle nostre vite, ma partono da punti assai diversi. Io nasco da una famiglia d'attori girovaghi, ed ho debuttato ad otto giorni, ne il figlio della "Genoveffa di Brabante", in braccio alla mia mammma. Via via che crescevo, ho interpretato tutti i ruoli possibili ed immaginabili maschili e 198 femminili, finche, dopo i vent'anni ho lasciato la mia famiglia per seguire mia sorella Pia che abitava a Milano in quel tempo ed era prima attrice giovane con Renzo Ricci. Il mio desiderio era di riuscire a mia volta entrare in una compagnia primaria. Un gran salto! Dario invece, studiava architettura al politecnico, e per passione raccontava favole grottesche agli amici, racconta oggi, racconta domani, s'è trovato scritturato nella compagnia di rivista, "Franco Parenti sorelle Nava". Nella stessa compagnia c'ero io. Il capocomico era di Carlo Mezzadri, l'allora marito di mia sorella Pia, che per strada ha lasciato il mestiere d'attrice per aprire una sartoria teatrale. Oggi Pia è una affermatissima creatrice ed esecutrice di costumi teatrali. E' arrivata fino a Las Vega con le sue creazioni. Ha fatto una figlia, ha scritto un libro sulla nostra famiglia, gioca a poker, ama il tennis seguendolo sul teleschermo, la musica classica, legge molto, è curiosa, dimostra un vent'anni in 199 meno di quelli che ha, ma quello che più conta, è che è generosa, spiritosa, caustica, insomma è il personaggio più divertente, poliedrico che io abbia intorno. Ci vogliamo molto bene. Abitiamo nella stessa casa, ci capita anche di litigare a volte, ma ci siamo l'una per l'altra, sempre. E' lì che io e Dario ci siamo incontrati. Lui s'innamora subito di "questa sventola dolcissima", così mi chiamava. Si prende un imbesuimento di terzo grado. S'innamora subito, ma se lo tiene per se. Anzi non mi guarda per niente e se mi guarda non mi vede: come fossi trasparente! Com'è?! Seni tondi, gambe lunghe, capelli biondi eccetera eccetara... piena di ragazzi che mi giravano intorno e lui , 'sto spillungone anche bruttino, (ora è bellissimo!) niente. Non faceva una piega! Non mi guardi? Ti castigo! Una sera, si provava lo spettacolo al cinema Colosseo, l'ho preso per le mani, l'ho messo contro il muro, e gli ho dato un gran bacio, ma proprio un bacio bacio! E 200 mi sono scoperta innamorata pazza. Il "da ridere" è che tutto è successo per scommessa. Siamo andati avanti per due anni tra baci e litigi... . classico degli innamorati, fino al giorno che ci siamo sposati: 24 giugno 1954 in Sant Ambrogio! Dario, metterà una battuta, per il fatto di accontentare madre di lei molto credente. " STAMPATO SALTO-FOTOCOPIARE PAGINE siamo sistemati alla bellemeglio. Il bambino ha pianto per quattro giorni di fila. Per quanto spirito di adattamento avessimo noi, non riuscivamo proprio a comunicarlo a questo tipo appena nato che non sapeva niente della vita. Comunque faticavamo anche noi a cavarcela e per le scomodità e per la mia totale inesperienza "Piange? Avrà fame" Lo attaccavo al seno, lui ciucciava un po' e poi di nuovo "uhèèè uuuhèèèè!""Oddio, forse è ammalato!" Al quinto giorno decidiamo di tornare in clinica e stabilirci lì. Il 201 nostro ritorno è stato festeggiato dal personale con brindisi e abbracci. S'è scoperto subito la causa degli uhè del bambino: io avevo poco latte e lui aveva fame. Dopo aver nutrito il fantolino, ci hanno sistemati in una bellissima camera vicinissima alla sala parto. Ci siamo addormentati immediatamente tutti e tre ed abbiamo dormito per almeno giorno intiero, finalmente rilassati. Ci siamo insriti molto bene in questa nostra insolita vita, abitavamo lì e cercavamo casa. Come vedevamo in carridoio davanti alla porta della sala parto un padre in angosciosa attesa Dario subito s'informava: "Sa è un parto cesareo!" E Dario: "non si preoccupi, anche Franca ha avuto un cesareo... Vero Franca?" e io "Sì, sì... è una sciocchezza, vedrà" E quello si calmava. E un altro: è messo di piedi"... "Non si preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi... e tutto è andato benissimo. Vero Franca?" Solo quando un padre era preoccupato perché la moglie stava 202 partorendo 2 gemelli siamo rimasti senza parole. Tutti sapevano che avevamo un figlio solo. Ci siamo stati tre mesi in quella clinica. Quanti padtri e quante madri abbiamo rinfrancato. Qualcuno ci viene ancora a trovare con i figlio nato proprio in quei giorni. Che benissimo! Finalmente abbiamo trovato una casa in via Bruno Buozzi e ci siamo trasferiti. Una casa piccola con un terrazzo enorme. Nel palazzo vicino al nostro vivevano Roberto Rossellini ed Ingrid Bergam al tempo della loro "colpevole" passione. Avevamo sempre amici fotografi che ci scongiuravano di poter stare nel nostro terrazzo per poter riprendere i due importantissimi innamorati. ed ero sempre la vamp del casta, la padrona di un night, qualche volta sola, qualche volta con un amante delinquente. Indossavo grepier, calze nere o abiti talmente stretti che spesso me li cucivano lettaralmente addosso al mattino e me li scucivano la sera. Non potevo fare la 203 pipì, non potevo sedermi ed in più mi sentivo frustata dalla testa ai piedi. Ho avuto in quegli anni, due grandi occasioni cinematografiche. Michelangeli Antognoni e Luchino Visconti. Per "Cronaca di un amore" Antognoni aveva scelto me. Io, allora, avevo un grande complesso (complesso che in parte, nonostante varie operazioni ho ancora oggi): ero strabica - strabica, timida e insicura. Nascondevo i miei occhi sotto a degli occhialini lunghi, stretti e scuri. "Lo so che sei strabica, ma per farti fare il film, devo vedere i tuoi occhi. Su... coraggio, togliti gli occhiali". Me lo ha chiesto almeno tre volte, paziente e gentile. Beh, non ce l'ho fatta e la parte la interpretò Lucia Bosé. Visconti si era intestardito su di me, per un ruolo in "senso". Io stavo in tournée con Dario a Trieste. Telefonate sopra telefonate. E mi spiaceva lasciare la compagnia, Dario e mi sentivo come sempre insicura. "Sì, scendo, faccio il 204 provino poi magari mi dicono di no... " "No, ti prende a scatola chiusa gli abbiamo portato tutte le bionde d'Italia, non gliene va bene nessuna. Se vuoi ti mandiamo il contratto. " Niente non me la sono sentita, qualcosa mi ha bloccato. Il ruolo è andato a Marcella Mariani bruna, fragile, ex miss Italia, completamente diversa da me. Visconti aveva cambiato tipo. Il giorno della prima del film a Bruxelles, Marcella Mariani è partita in aereo per quella città. Se io avessi interpretato quel personaggio quasi sicuramente sarei stata al suo posto. L'aereo è precipitato. Tutti morti. Ecco cosa mi aveva bloccato. Il mio sesto senso mi aveva salvato la vita, come è capitato altre volte. Da quel giorno, se qualcosa mi salta nel lavoro od altro, penso che così doveva essere, il negativo diventa positivo "doveva andare così". Nel '57 mi sembra vengo scritturata dal Teatro Arlecchino a Roma, per interpretare un testo di Feydeau che 205 sembrava scritto per me: "Non andartene in giro tutta nuda". Dario scrive per i fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla, un atto unico "Gli imbianchini non hanno ricordi" Ci prende gusto e ne scrive altri. A quel punto gli propongo di ritornare a Milano e farci una compagnia nostra. Interpelliamo Paolo Grassi allora direttore del Piccolo Dopo la clamorosa rottura per Canzonissima, la TV ci era proibita, ma c'era sempre il teatro. Nel '63 ci fu il nostro spettacolo su Colombo "Isabella, tre caravelle e un cacciaballe", che quest'anno verrà presentato per le Colombiadi, in spagnolo a Valencia, con la regia di Arturo Corso e anche trasmesso dalla II rete in ottobre. L'anno dopo "Settimo ruba un po' meno" e via via, ogni anno uno spettacolo nuovo, di successo, fino al '68, alla decisione, presa con Dario di lasciare il teatro tradizionale e di mettere a disposizione il 206 nostro lavoro per sollecitare una presa di coscienza. La simpatia per la classe operaia non bastava più. La lezione ci veniva direttamente dalle straordinarie lotte operaie, dal nuovo impulso che tutti i giovani stavano dando nelle scuole alla lotta contro l'autoritarismo, l'ingiustizia sociale, le spinte per un nuovo rapporto con le classi sfruttate, per creare una nuova cultura. Dovevamo smettere di fare gli intellettuali che, comodamente sistemati dentro e sopra i propri privilegi di casta, si degnano, bontà loro, di trattare anche i problemi degli sfruttati. Dovevamo deciderci a metterci interamente al loro servizio: diventare i giullari degli sfruttati? Questo voleva dire andare a recitare in strutture che fossero gestite da loro, dalla classe operaia. Ecco perché subito pensammo alle case del popolo. Facemmo teatro nelle case del popolo, nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una capanna di via Colletta a Milano, alla 207 famosa palazzina Liberty, sempre a Milano, che ristrutturammo completamente e che poi ci fu tolta. Nel '73 ci fu anche un episodio terribile nella sua vita. Vuole parlarne? Non ne parlo volentieri. Sono passati quasi 20 anni, ma mi basta un niente per ritrovarmici dentro di colpo. Nessuna donna che abbia subito violenza sessuale, potrà mai staccarsi completamente da quel momento orribile. Sono stata caricata su di un furgoncino da tre individui e poi scaricata stravolta e sanguinante vicino alla metropolitana di via Dante. Non ho detto a nessuno quello che mi era realmente accaduto. Nemmeno a mio marito. L'umiliazione della violenza sessuale, lo sfregio, era sopratutto per lui e per mio figlio. No, me ne sono stata zitta: più dignitose "le botte". Mi sono tenuta tutto dentro, ma ho sbagliato. Il non averne parlato con nessuno , l'essermi tenuta tutto dentro (anche se tutti avevano intuito quello che 208 realmente mi era successo) mi teneva in una continua tensione. Un caro amico, il professor MACACCARO, che mi era stato molto vicino con gli avvocati in quei giorni così pesanti, mi ha consigliato un' analista donna, ma io non me la sono senita. Dopo tre anni ho deciso di scrivere quanto mi era successo... Senza una parola ho passato i fogli a Dario. Li ha letti. Senza una parola mi ha abbracciato. Finalmente ce l'avevo fatta! Un nodo, il primo, si era sciolto. Poi, in appoggio alla campagna che si stava facendo in quegli anni per l'approvazione di una legge contro la violenza sessuale, ho deciso di portare quanto avevo scritto in teatro. Andai di colpo in scena, senza provarlo (non riuscivo) e senza che nessuno della compagnia lo sapesse. Solo Dario ed io ne eravamo al corrente. All'ultimo momento, invece di recitare "il risveglio" annunciai un brano nuovo. " Ho trovato questa testimonianza su di un giornale e ve la recito" Da quella sera ho replicato "lo stupro" (questo è il titolo del 209 brano) almeno duemila volte. E via, anche il secondo nodo si stava sciogliendo. Mio figlio dice: "sei andata in analisi davanti a migliaia di persone. " Poi l'ho recitato anche in Fantastico, quello di Celentano. E' andata così. Gli atti di violenza sessuale contro ragazze erano all'ordine del giorno. Processi, stupri, violenze fisiche e morali contro le donne. Sono sempre più impegnata in questo campo. Propongo il brano a Celentano. Accetta. Ci sono resistenze da parte della prima rete, ma lui ha un contratto di ferro. e alle 20, 30 finalmente mi comunicano che prenderò parte alla trasmissione. . La voce è circolata in sala stampa. Due giornaliste vengono in delegazione e mi chiedono una conferenza stampa dopo la trasmissione. Va bene. Eseguo il brano, precisando come sempre che è una testimonianza di una donna che ho trovato su di un giornale. Sono molto tesa. I fotografi non stanno fermi un attimo. Per riuscire ad arrivare alla fine mi devo concentrare 210 completamente. Ci sono dentro in pieno. Soffro come allora. Rabbia, umiliazione, terrore. Un brutto momento. Alla conferenza stampa qualcuno accenna al fatto che quella storia era la mia. ( a suo tempo ci fu gran chiasso e solidarietà sui giornali) Ho negato molto decisa ma egualmente qualcuno privo di sentimenti e di rispetto me l'ha attribuita sui giornali del giorno dopo. Per me è stato duro. Fin che la 211 STAMPATO SALTO A parlar di DONNE. Non è una storia mia... è mia (indica il pubblico) è tua e sua ... tante storie messe insieme... ecc. ���IL SODALIZIO INFAME! Sto uscendo da un periodo di almeno 20 anni di coma profondo. Sì, avete capito bene. Coma profondo - in piedi.- Si può? Si può. Guardatevi intorno. C'è un sacco di gente che ha 'sta malattia, il "coma profondo in piedi"... Non li vedete? Nessuno di voi è in coma? (Come a rispondere ad una domanda del pubblico) Com'è il coma profondo in piedi? Io ho sempre camminato, parlato, mangiato, dormito - ma in coma - e profondo Che so...parli con la gente, ma non ci sei non ti accorgi se c'è il sole o piove - e se c'è il sole, non te ne importa niente. Somatizzi tutto quello che ti succede intorno, senza accorgertene... Stai male 212 da morire ma nessuno lo vede. Sorridi, ma solo con la bocca, così: (esegue) meccanicamente. Non c'è nulla che ti emozioni o emozionerà, nulla che ti squota, che ti interessi, né i figli, il lavoro, le vacanze, il successo, l'amore. Niente. Il tempo passa e niente cambia. Non c'è niente, che ti spinga a fare niente. Cammini, mangi, parli, dormi, ma non ci sei. Dormi sul tuo letto sospesa senza manco toccarlo... tutta tesa. Quando dormi pensi alla morte senza accorgerti di pensarci. Una mattina ti svegli e di colpo ti rendi conto che sì, oggi, lo farai. Ma andiamo con ordine. "Come hai dormito..." mi fa..."Bene.... " "Scendi a fare colazione?"... "No, non subito... (si schiarirsi la voce) Ti devo parlare.... Stiamo calmi però..." "Lui" si siede sul letto passandosi una mano sulla fronte. Ogni qualvolta si affronta questo argomento e lui "sa qual'è", in un secondo 213 è madido di sudore... ma proprio bagnato fradicio. Mai vista una cosa così repentina. Come girare un interruttore. Gli prende un'emozione che gli parte... dal profondo... diciamo della coscienza... sono tutti i suoi sensi di colpa, che gli affiorano insieme: BUM! ecco l'effetto "sauna"! "Caro, vorrei che te ne andassi.... " "Perché?!" Gli manca il fiato. " Non mi va più di stare con te... Non reggo più la vita che stiamo facendo. Negli ultimi 20 anni sei sempre stato innamorato. Sempre di un'altra... e mai la stessa. E d'estate di più. Ed ora siamo in pieno luglio! Non sopporto "più" il tuo evidenziare, senza volerlo per carità, ogni rapporto con l'altro sesso con irrazionali movimenti telefonici... senza misura... e sopratutto senza tenere conto che ho occhi ed orecchie. Va bene che stiamo insieme, ma non stiamo più insieme... da 20 anni. (al pubblico) Io e mio marito non facciamo più l'amore... (A marito) Non mi disturba più il tuo credere di essere 214 innamorato pazzo... perché so benissimo che non sei innamorato di questa o di quella, ma che sei innamorato dei vent'anni che non hai più. Mi disturbano troppo... le scuse che tiri fuori per uscire a telefonare... mi fanno imbestialire perché sono un oltraggio alla mia intelligenza...: "vado dal parrucchiere" - "ma è lunedì..." "Ah sì?..." - pausa - "Ti andrebbe di mangiare del pesce ?"-"Ho gli ossibuchi pronti..."-"Ma m'è venuta voglia di un bel pesce... vado a comprarlo... così mi sgranchisco anche un po'..."-"Sta diluviando...""L'acqua fa bene... fa diventare più alti"-"Guarda che a 68 anni...non si cresce più..." (al pubblico) Non mi sta già più ascoltando...Una toccatina alla tasca posteriore dei pantaloni per essere certi che l'agendina nera con i numeri dell'amore sia lì... anche la tesserina della Sip... sì, c'è... bene... "Torno subito... Vuoi qualcosa cara?..." e tornava quasi subito... con pesce per 30 persone... non s'è mai saputo regolare con la spesa... e 24 rose rosa del 215 "nostro" colore... e un bigliettino "Ti amo cara, tanto tanto!!" Il bello è che è vero. E' vero! Lui mi ama. Tanto tanto. Qualche volta mi viene da pensare: "Chissà cosa succederebbe se mi odiasse. Mi trapanerebbe i denti me li strapperebbe ad uno ad uno senza anestesia... le unghie. Al marito: "Tu hai il fuoco di Sant'Antonio nel ..." Mi sono intelrrotta. Non mi piace mai essere volgare in momenti così... anzi, mi disturbano molto quelle donne che perdono il controllo... il senso della misura, che danno fuori, che spaccano oggetti in casa. Per la verità, quando lui ha detto dopo che io gli ho detto del fuoco di Sant'Antonio: "No, guarda che ti sbagli... io..." e si stava avviando alla porta per andarsene... ho sentito nello stomaco una cosa proprio brutta. L'istinto omicida che ognuno di noi ha in fondo all'anima... Ma sì, che ce l'avete anche voi! Dai... Proprio mai avete pensato in un momento di disperazione 216 estrema... di esasperazione estrema, "adesso l'ammazzo"? Non importa chi: il marito, il padre, la madre, il professore, uno stronzo in un momento "no" che vi sbava addosso un complimento troppo pesante... o il capo ufficio... o una ingiustizia... No, no... zitti, zitte!, non dite niente. Ora, mentireste. E se invece non mentite, e siete presi da una improvvisa ondata di sincerità, mi mettete paura. Stiamo calmi. Non vorrei che qualcuno si alzasse e si mettesse ad urlare: "Sì!!!!! l'ammazzo!!!" e via che salta addosso al vicino, alla vicina di poltrona e lo o la strozza, qui in mezzo a tutti. Zitti, calmi e fermi. Continuiamo a mentire per ora, rimandiamo: lo farete questa sera a casa vostra. "E' meglio che ti sieda immediatamente o entro cinque minuti hai la casa distrutta.... rompo tutto il rompibile, vetri compresi e forse rompo anche te. " Non ho alzato la voce. Ci conosciamo da quarant 'anni. Capisce che non sto scherzando. Lui torna a sedersi sul letto... 217 si passa la mano sulla faccia sempre più sudata... poi rassegnato si stende... "Ti stavo dicendo che vorrei che te ne andassi. Il nostro, ormai è un sodalizio infame... è ora di romperlo. " "Oh, esagerata... perché infame... Io sto bene con te..." "Io no, io non sto bene con te. Sai come mi sento "con te"? Agli arresti domiciliari... da più di vent'anni. Un condannato a morte in attesa di essere graziato. " Lui fa un sospiro proprio di quelli che straziano... pardon, che mi straziavano. E sì... non era la prima volta che dicevo "adesso basta". Non che l'abbia ripetuta tante volte... ma qualche volta sì... Di solito a 'sto punto, mi commuovevo talmente per quello che stavo dicendo... che non riuscivo a trattenere le lacrime... lui sospirava... allungava una mano... "ma io ti amo!..." e io giù a caragnare senza ritegno... "sì...condannata a morte sono!" Mi usciva costruita così la frase...non "sono condannata a morte" ma "condannata a morte sono!" Chissà 218 perché... mi veniva di dirlo alla meridionale. (piange) "condannata a morte sogno... voglio dire... sono..." strisciando lentamente verso di lui millimetro dopo millimetro..., pronta ad essere afferrata tra le braccia incantatrici... "Amore ma perché dici così... lo sai che ti amo... lo sai che conti solo tu... lo sai che le altre sono solo..." - "No, no...lasciami... lasciami... Voglio morire!..." ma ero già con la testa sulla sua spalla e singhiozzavo rilassata... "Micina mia... bambinona..." "Amore... non farmi più soffrire...Ti amo tanto..." "Anch'io ti amo..." E via che tutto ricominciava da capo. No, non finiva con una scopata... Come state pensando. Pardon, volevo dire... non facevamo l'amore... Io e mio marito l'amore non lo facciamo da 20 anni, per l'esattezza da 22 anni. Perché? Non lo so. Non saprei proprio spiegare come ci si sia arrivati... fatto è che ad un certo punto non ci siamo più interessati sessualmente. Veramente non so chi abbia incominciato... A pensarci bene... forse lui. Il fatto è che era 219 scoppiata la "rivoluzione". Sì... sto parlando del 68. Mamma mia è stato veramente un Sessantotto per me! Una gran confusione di pensieri idee ideologie falsi ideali... e le manifestazioni e la polizia e le botte e ragazzi che morivano e le occupazioni e le canzoni... e i ragazzi che morivano e gli operai che venivano licenziati e il blocco dei cancelli alla Fiat all'Alfa e l'amore libero e la liberazione sessuale e i ragazzi che morivano... e il Vietnam e le ragazze di 16 anni col bidet fatto e le mutande in mano pronte come il Nescafé... e le galere e la polizia e le ragazze... e le manifestazioni e le occupazioni e i ragazzi pronti come il Nescafè... e le manifestazioni e le... e ragazzi che morivano... Scusate, mi sono fatta prendere un po' la mano... è che mi è difficile tenere il filo del discorso... Dove eravamo... A sì... che io e lui non facevamo più l'amore... Beh, ora che importanza ha stabilire chi dei due s'è stancato dell'altro o se ci siamo stancati tutti e due... o se uno ha sofferto perché 220 l'altro s'è stancato... Non serve a nulla... Fatto stà che: basta. Abbiamo sublimato il rapporto. Abbiamo chiuso col sesso. Tra di noi. L'abbiamo fatto con altri "sesso". Tutta la pazzia sta proprio qui. Aver accettato che "l'amore" tra noi fosse finito... quell'"AMORE"... e continuare a vivere insieme. Finisce sempre che uno dei due paga un po' di più dell'altro. Purtroppo sono stata io a pagare... e con gli interessi! Attenzione, non è che mi stia piangendo addosso. E' che per una donna è diverso. Lo è veramente. Non abbiamo per niente, i seni prominenti e i fianchi larghi. Veramente ci sono sempre più ragazze con il fisico da ragazzo... se ne vedono sempre meno con i fianchi larghi... Chissà perché...Chissà da che dipende questo cambiamento di razza... forse è genetico. Non so. Dunque dicevo che 'sto fatto di fare l'amore con altri... "Vedi caro"... io sono molto più creativa. Mi muovo meglio... voglio dire... mi sono "sempre" mossa, quando mi muovevo... 221 meglio di te. (QUI E' SALTATO UN PEZZO) Ora sono immobile - qui ho dato giù un po' con la voce, bassa intensa, sofferta... ma attenti, soffrivo davvero immobile come un palazzone orribile... pieno di stanze vuote... pronto per "l'autocrollo" Come mi sia uscita una frase così, di luglio... con quasi 40 gradi e il 95% d'umidità, non lo saprò mai. Ci devo far sopra una canzone... "Disperazione di una donna che sta invecchiando" "Qui... nel palazzo vuoto del mio cuore... ieri... ho avuto... ho avuto... una caldana... tremenda... la prima! Oggi... anche oggi... ancora caldana.. ancora caldana... una caldana tremenda... è finita.... è finita... è finita! Ero un fiore così... rosa verde e lillà 222 e poi... e poi... ho scoperto che vecchia e sola son.. perché... perché... ho un marito coglion!" E' tutto da mettere in discussione, si fa presto a dire marito coglione... (insero codina- menopausa- pipistrelli, Consigli sulla menopausa, proseguire, pillole cerotti. Continuare insomma.) Il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Sono andata a trovarlo, stava fuori Italia per lavoro, dopo sua, più che insistente richiesta "via fax", 11 fogli, per convincermi a raggiungerlo... (che, visti gli avvenimenti del proseguo, mai ne capirò il perché. ) che finiva con " Vieni ti prego, ti voglio vedere stare con te amore vienivienivieni." ecc. Vado. Tutto bene, sembravamo persino felici. Come al solito, le cose più noiose le faccio io, (forse m'ha fatto venire per quello): prenotare gli aerei, fare le valigie, pagare il conto... e col conto, mi ammollano 5 fogli con la trascrizione elettronica delle telefonate. Do una 223 guardata ai 5 fogli 5 e mi siedo... Sono molto emotiva... Sto per svenire. Ma sì, lo so che ha la ragazza, lo so che le telefona, ma non vi nascondo che fa una certa impressione vedere nero su bianco, per pagine e pagine ore 23 e 5 numero telefonico mio.... ore 23 e 8 numero telefonico della ragazza... ore 10 e 15 il mio, ore 10 e 21 ... A me, sempre la precedenza... eh... sono la moglie. e via così per telefonate e telefonate... ore 5, e 27 numero della ragazza... Meno male che non ha chiamato me, alle 5 e 20 che lo ammazzavo. Perché la chiama alle 5 e 27?!! Poi ore 4 e 50... ma che cazzo di lavoro fa?... Poi di colpo nessuna telefonata al numero amato: per tre giorni solo telefonate a me e tante, come sempre. Ecco, l'aveva raggiunto. Come in un film a doppia velocità mi sono rivista tutta la mia vita e la sua dell'ultimo periodo attraverso quelle telefonate. E anche tutta la nostra vita. Sono stata seduta una ventina di minuti. Mi girava 224 tutto. Mi sentivo svenire. Come quella volta che eravamo al mare... In quel periodo lui stava "assolutamente" "solo" con me... Eravamo sposati da poco... No, non ridete... per almeno 20 anni mio marito m'è stato fedelissimo. Forse. E' negli ultimi 20 anni che... Vi stavo dicendo del mare... io stavo a riva con mio figlio che aveva come un 5 anni... mio marito faceva il bagno, appena appena un cento metri più in là, con la mia migliore amica... un'amica vera. Ne esistono sapete. Beh... ad un certo punto, non so per quale effetto ottico... li ho visto avvinghiati. Forse stavo avendo una visione negativa mandatami dal diavolo o dal Signore per mettermi alla prova... Non so... Per anni sono stata certa di essere santa. Sono svenuta. Veramente: svenuta! Mi sono ripresa con le urla strazianti del mio bambino "mamma mamma... aiuto la mamma annega" e stavo proprio annegando in quanto ero caduta in avanti 225 con la testa in acqua... mi stavo autoaffogando per amore. Io voglio molto bene mio marito... anzi... lo amo... Il disastro sta tutto qui: Che lo amo ancora dopo 40 anni. Mio figlio dice: "guarda che non è più quello che hai conosciuto... sono passati molti anni... Anche tu sei cambiata... anche tu non sei più quella che lui ha conosciuto. Tu sei innamorata di una persona che non esiste più. Tu sei innamorata di un ricordo. " "No, io sono innamorata di lui!" No, caro figlio mio, io lo amo il tuo papà, altro che storie... "amo lui"... lo amo così com'è. Che m'importa se è invecchiato... anch'io sono invecchiata... Lui è i miei ricordi, la mia vita... Sono i sentimenti che contano... In quel famoso fax di 11 pagine m'ha scritto: "non lasciarmi, le altre non contano, conti solo tu, dobbiamo stare insieme, è con te che sono stato al mondo. " Ho pianto. E' quello che mi dà, che conta... Sì è vero... lavoro tanto per lui... quando è a casa mi sembra di avere intorno un bambino 226 spastico...:"e dov'è questo? e dov'è quello? Mi dai la gomma grazie, vorrei un paio di calze... farei il bagno ma solo tu sai dov'è il costume..." Certo, è un segreto di famiglia! Lui... vorrei che lo conosceste tutti... Gentile, generoso, lui è veramente extra... Delicato, spiritoso, ironico, di una intelligenza superiore... canta, dipinge, scia... le ha tutte... eclettico... geniale, anzi è un genio... Per bene... Sempre svagato... distrattissimo. Solo quando deve organizzarsi le storie con le sue ragazze, diventa attento, memorizza tutto, pare uno della CIA. intelligente... ma devo dire che in questi ultimi dieci anni è diventato un po' più pesante dei primi trenta... Non si può dire che sia bello... ma ha un gran fascino... Ma oggi... in questa mattinata dove sono decisa a dire "basta", penso che forse ha ragione mio figlio: sono innamorata di un ricordo. Guardo mio marito... e di colpo lo vedo com'è... non come l'ho "sempre" visto... come è realmente. 227 Di colpo vedo le sue gambette corte... Beh, le ha sempre avute corte, non è che gli si siano accorciate con l'età... è che quando era snello... non si notavano tanto... le sue braccia... che quando mi abbracciava mi facevano impazzire... Ma erano quelle cose lì? Due braccettine senza tono muscolare... da imprenditorintellettual... stomaco e ventre prominente... un po' ... (si esprime con un gesto) pettorali che. . insomma, un po' giù... Gli occhi così intensi, neri come il carbon... che quando si perdevano nei miei, mi facevano tremare... svenire... ora li vedo sbiaditi... quattro capelli in testa... la faccia stanca... le guance... che se gira la testa di colpo... vola via. Ciò nonostante c'è una parte di me... che anche in questo momento, sente una grande tenerezza per lui. Maledizione, ma perché s'invecchia? Dovrebbe farsi la plastica - penso... dovrebbe farla. Io l'ho fatta... mi sono tirata via di colpo quei dieci anni che m'intristivano... è stato 228 quando lui si era fidanzato ufficialmente con... Quando ho avuto la certezza che mio marito faceva sul serio con una ragazza di 37 anni... più giovane di lui... che si faceva vedere in giro... che frequentava gli amici comuni che" attenti a non fare gaffe, che stassera arriva la moglie" ho fatto il giro delle farmacie di Milano... una bustina per volta, e Veronal e Veramon e Gibalgina e Optalidon... poi sono andata da lui e gli ho detto che partivo. "Dove vai?..." "Non so.... " "Ma perché te ne vai... io ti amo... tu conti più di tutti al mondo..." "Sì. Ciao". Sbatto la borsa con tre cose dentro - in macchina - e vado . Duecento metri dopo mi fermo - Poi riparto - poi mi rifermo. Penso a tutti i posti che conosco - alla città - alle persone amiche - Penso. Senza accorgermene mi trovo in ufficio. Nel mio ufficio. Non ho più voglia di andarmene da nessuna parte. Non c'è luogo né persona che mi attiri. Nulla che senta amico. Vuoto totale. 229 Penso a "lui", che sicuramente ha già telefonato alla ragazza del momento: Maria, Stella, o... non mi ricordo più...:"è partita puoi venire". Tolgo dalla borsetta tutto quello che ho, libretti degli assegni, chiavi di casa, della cassaforte. Non mi viene da scrivere niente. Dovrei chiedere perdono? Perché? A chi? A mio figlio forse... Ma no... io non servo più nemmeno a lui. Forse ero un po' depressa (ride). Brutta storia. Casermona popolare di trecento appartamenti con nessuno dentro. (ACCENNARE CANZONI, RICORDARSI SEMPRE AUTOIRONIA) Ho tolto dal cartoncino...tutte le mie pastiglie... ne ho fatto un bel mucchietto davanti a me. Ho preso una scodella, l'ho riempita d'acqua ne ho messe tre o quattro in bocca e giù a bere. Su un foglietto ho annotato: 3 e giù a bere, più 3.... e, fanno 6... più 3 e fanno nove... Devo arrivare almeno a cento. Si fa una 230 gran fatica... ti si impasta la bocca... non riesci a deglutire... ti viene voglia di smettere... ancora 5... Ma cosa sto facendo?! ancora tre... e 5... Credo di essere arrivata a 50... Forza, ora 5. Forza - mi viene da vomitare - ancora 7. E' meglio che mi stenda. Non voglio cascare per terra. Lunedì si riapre l'ufficio. Penso alle persone che lavorano qui. Non me ne importa niente. Di nessuno m'importa. Non sento niente. Ancora una manciata. Che fatica. Mi stendo. Non ricordo nessun "ultimo pensiero". Chiudo gli occhi. Sto morendo. Invece no. Sento che mi sollevano di peso, mi costringono a camminare... mi parlano, gridano, io mi lascio andare non reagisco, non voglio reagire "Deve camminare non fermarti! Falla camminare!" ma chi parla? ...Chiama il marito... telefona all' ambulanza ..."Quante ne hai prese parla!" E' la voce di mia sorella... "Pensa a tuo figlio, maledizione quante ne hai prese?" 231 chi è questo...mio marito... Ci sono proprio tutti. Tutti uniti. Una festa di famiglia. "Sbrighiamoci... ha 21 pulsazioni... portiamola via" Chi ha parlato... gli infermieri dell'autoambulanza. M'infilano in un lenzuolo per trasportarmi... mi sento urlare... e non so proprio forse la rabbia mi faceva uscire il fiato o forse l'ho sognato "voglio morire!!! (CONTROLLARE ORIGINALE) Lasciatemi maledetti voglio morire!!!" Per un anno intiero non sono andata nel mio ufficio. Morivo di vergogna. Non capita tutti i giorni di essere trasportata per le scale avvolta in un lenzuola perché la barella non ci passa, tra gli sguardi degli inquilini allibiti "una signora così per bene!...pensa te!..." Finire al Pronto soccorso seguita da una decina di parenti mariti sorelle e la gente che ti guarda e i medici gentili che ti fanno iniezioni da ogni parte, una flebo nel braccio... ti fanno bere un 700 litri d'acqua con dentro 232 non so che... "vomiti signora coraggio" e tu che tiri su l'anima e tutti sono contenti e non ti ricoverano perché sei persona conosciuta... sì, capiscono.... ma certo lo scandalo, i giornali... si figuri... e via che torni a casa e dormi per un 5 giorni e quando ti svegli sei così debole che non capisci se è bene che ti sia andata bene, e se ti è andata bene "veramente". Riprendi a vivere la tua bella vita di merda... un po' imbarazzata... senza il coraggio di guardare la gente negli occhi... e tutti che ti trattano come una che è matta... e non come una che è disperata... che ha bisogno d'amore... Anche voi, no? Ho sempre avuto un morboso bisogno d'amore. Da piccola, avevo un 5, 6 anni e per attirare l'attenzione dei miei, ho rovesciato qualche goccia d'inchiostro rosso nel mio vasino della pipì. La mia mamma, sconvolta... "mio dio, s'è sviluppata a sei anni!..." - "No, no, forse è un fatto renale un'emorragia, chiama il dottore, chiama il dottore!" Tutti 233 gridavano, piangevano... e quando, felice di tanta attenzione ho tirato fuori la bottiglietta d'inchiostro rosso, e hanno capito... m'è arrivato un ceffone dalla mia mamma, che ogni volta che sento l'odore dell'inchiostro, mi tocco una guancia. Meno male che hanno inventato le biro! "La prossima volta mi andrà meglio. " Ho avuto addosso per anni la voglia di ammazzarmi... specialmente quando scoprivo un nuovo amore di mio marito. Maledicevo la mia debolezza...la mia incapacità di reazione, di prendere su, come si dice, e andarmene. Stavo lì come una lumacona... senza forza ne idee... a crogiolarmi nelle mie disperazioni invece di... che so, andarmene... ammazzarlo... bruciarlo... Cos'è?... non mi verrete a dire che voi mai... mai neanche una volta avete pensato o tentato di ammazzarvi. E allora ho fatto il lifting... ovunque! Mi sono fatta tirare su tutta! Mi fa ridere il restauro della Cappella Sistina. 234 Appena uscita mi sentivo di una bellezza un po' disumana... un po' "2001 ritorno dallo spazio" Tirataaa! I seni che guardavano in su, ventre piatto come quello delle mannequin di Versace, cosce affusolate, stagne da Kabausoki, il recordman keniota dei 10.000; i glutei: un incrocio tra una negra e i guerrieri di Riace. Bella ero, bella!... con l'anima! Peccato che non mi abbiate conosciuto allora. Quando mio marito m'ha vista.. non mi ha riconosciuta... Ho dovuto mostrargli la carta d'identità e le impronte dei pollici per convincerlo che ero io. L'intervento? Una sciocchezza: 8 ore. Ma cosa vuoi che sia... taglio, permanete, messa in piega, ceretta, pulizia del viso, maschera, lampada abbronzante... ti tengon sotto almeno sei ore... Un'esperienza... forse un po' traumatizzante. Vedermi davanti e di dietro 5 chirurghi travestiti da extra-terrestri... uno messicano, uno indiano, , due brasiliani, 235 uno stregone svizzero , che ti disegnano tutta... ti fanno le "pence", ti tirano, ti staccano, ti scuoiano, ti ritagliano, ti cuciono e ricuciono... ero molto nervosa... preoccupata... io ho l'anestesia difficile... ho il terrore di addormentarmi e non svegliarmi più. "E se poi muoio sotto ricucitura?" pensavo. Ma lo svizzero m'ha tranquillizzata: "Faccio te nuovo anestetico di America, droga fantastica... tu vai diritta in paradiso... pardon, tu senti come in paradiso... niente senti, quando svegli tu belissimo!" Oddio, mi cambia anche sesso?! Alla mia entrata in sala operatoria col mio lettino scorrevole ho incrociato quello di un famoso uomo politico tutto incerottato... s'era fatto fare il lifting... ormai è di moda nell'ambiente... non solo tra gli attori... Mastroianni, Manfredi... Regan pare se lo faccia ancora adesso un mese sì e uno no... Dicono che ormai è 236 tanto tirato che se appena sorride gli si strizza il sedere e gli viene il singhiozzo. Ieri sera avete visto De Mita in televisione... l'ho trovato, nonostante le preoccupazioni... ringiovanito... stupendo! Per me l'ha fatto anche lui. Appena sistemata sul tavolo operatorio, m'hanno spogliata nuda, tutta l'équippe armata di pennarelli di vari colori ha cominciato a disegnarmi dappertutto: righe che andavano di qua e di là, s'incrociavano sull'addome, si superavano sui fianchi... fin sulle spalle. Zone tratteggiate... Evidentemente erano le fette di pelle da ritagliare... parevo la carta d'Italia divisa per regioni, con i fiumi , i laghi... Roma era l'ombelico, il capezzolo sinistro Torino, quello destro Venezia... Speriamo che non mi si allaghi la Valtellina e non mi frani la Calabria, pensavo. Ero così immersa nei miei pensieri che non mi sono nemmeno accorta che mi stavano iniettando la droga americana. Mi sono addormentata a picco sognante. 237 Sognavo che dei bambini giocavano con le palline di vetro al giro d'Italia sul mio corpo. Ma ahimè... io ho il sonno ribelle anche con l'anestesia... mi sono risvegliata a metà lifting. Oddio, e che è quello?! Un orecchio! Ho visto il mio orecchio posato sul mio décolté... l'ombelico tirato su all'altezza dei capezzoli... i seni sotto le ascelle... e sentivo i glutei spostati sopra le reni! "Frankestein! Assassini, che mi state combinando!!". Urlavo come una pazza. Hanno dovuto farmi un'overdose di Pentothal. L'intervento è durato 8 ore... ma io mi sono svegliata 18 ore dopo... tutta bendata... la mummia Nefertiti. Dalla fessura strettissima degli occhi ad un certo punto t'indovino la sagoma dello stregone svizzero: " Tu fatto anche cura dimagrante veloce... spolpata 10 chili... buttato via." Non avrà esagerato? Speriamo di dimostrare non meno di 38 anni, 238 altrimenti avrei dei guai con il passaporto. Sono stata nascosta per un mese... avrei dovuto raccontare di essere stata travolta da un camion. Poi mi sono sentita, sono stata benissimo. Rinata! Dovrebbero passarlo come servizio sociale, il lifting... invece dei tranquillanti... sì, con la mutua... sai quanta gente triste tornerebbe a ridere? Conosco un medico che li fa a rate... che una, ora che ha finito di pagarlo è già tutta ricrollata e deve ricominciare da capo. Tira su sederi, toglie le "borse" (accenna gli occhi) la pappagorgia... ti tira su... ti tira via tanta di quella pelle in più da ricoprirci una poltrona. Ti ringiovanisce anche le mani, se vuoi... tutta... che se incontri la tua mamma, ti porta a fare la prima comunione. Se penso che da quarantanni sto sempre con lo stesso uomo mi sento prendere da un'ondata d'ira omicida. Ma perché?! Colpa della mia mamma... dell'educazione che mi ha dato... Del "cattivlo elselmpio" che m'ha dato: fedele a suo marito come 239 una suora di clausura! (cambia tono) Non che io sia stata fedele a mio marito come una suora... Per la carità! Ho avuto eccome le mie storie, ma non abbastanza... e per fortuna che le ho avute!, altrimenti adesso starei tutto il giorno a sputarmi in faccia. Vediamo un pò, chi ha il coraggio di dire qui, ad alta voce, davanti a tutti, come sto facendo il. HO TRADITO MIO MARITO. Però diciamo che vivevo malissimo i miei tradimenti... le mie "trasgressioni". Sensi di colpa da perdere sonno, appetito, pianti disperati in segretitudine... singhiozzi tra le braccia di lui, del tradente... "oddio cosa sto facendo?!..." singhiozzi tra le braccia di lui, del tradito: "Oddio che ho fatto!" "Micina amore tesoro perché piangi?!"-"...non so... così... per niente... sono una sciocca"-"Calmati amore... non piangere micino mio... Mi ami?" Mi usciva tra i singhiozzi un urlo strozzato. "Tanto!!!" "Non gridare così... ti sente tutto il palazzo" Come soffrivo! 240 L'ho tradito, ma non ho mai pensato di lasciarlo, lui ha sempre occupato il primo posto nella mia vita. Il primo! E non l'ho mai fatto soffrire! (Cambia tono) Sì, dovrebbe proprio farsi la plastica... non tanto... una tiratina... No, non per me... io lo amo così com'è... ma per le ragazze... anche per non essere scambiato per il padre. (si può inserire brano "DONNA SOLA - RAGAZZO CIMITERO MADRE) Lui va pazzo per le ragazze... C'è chi va pazzo dei bomboloni, lui... E' questo l'argomento del mio bloccarlo in camera questa mattina. Le ragazze. E lui lo sa e suda. Mi spiace farlo stare male... ma.... non posso più rimandare. (Prende il fiato) Devo assolutamente parlare. (riprende il fiato) Definire... (C. S. ) Finire. Inderogavbilel. (PENSIERO: la gente vuole sempre mettere la gente sui binari). "Ma via!... dopo 40 anni di matrimonio stai ancora a rompere perché lui... Ma lascialo 241 tranquillo... lascia che si sfoghi... tanto lui ti ama! Non se ne andrà mai da te!" Chi è che parla? Tutti quelli che conosco. E' quel "non se ne andrà mai" che ora m'ha messo in crisi. Un po' di tempo fa ho chiesto al mio medico: "quando, gli uomini smettono di fare all'amore?" "Hai voglia, ragazza, (sono 40 anni che mi chiama "ragazza": tu hai due età, quella anagrafica e quella biologica, cara "ragazza"...) hai voglia! Gli uomini fanno l'amore fino a 80 anni!" E' orgoglioso. "Fino a 80 anni???!!! Dunque, lui ne ha 66 e io dovrei andare avanti ancora per 14 anni così? NO. " "Tu hai il fuoco di sant' Antonio nello stomaco... per non dire nel .... " Seppur umano il bisogno di avere distrazioni, più che comprensibile... ma negli ultimi 20 anni gli è scoppiata come una pazzia. A poco per volta, sempre più intrepido, deciso... spavaldo: innamorato di un'altra, poi un'altra ecc. poi un'altra, ecc. ma sempre con me. "Non ti lascerò mai amore... Tu per me sei tutto... come 242 mia madre!" (INSERTO COPIA APERTA) Non mi ha mai lasciata. Forse una volta era sul punto di farlo... ma poi... Dunque dicevo che 'sto fatto di fare l'amore con altri... 'sta stronzata della coppia aperta è stata proprio una stronzata. Chi arriva alla coppia aperta senza soffrire vuol dire che non ama più... o che è stato educato in una certa maniera in una famiglia speciale. Io non conosco nessuno, dico nessuno, che abbia vissuto questa esperienza senza morirci dentro. Non sto facendo la tragica. Ho detto "morirci". E' un fatto culturale da centinaia di anni... forse un duemila... di una certa educazione... ma vedo che anche quelli che hanno 20 anni, non ci vivono bene dentro a 'sta storia... soffrono come cani sgozzati. Solo uno dei due, naturalmente. Fingendo oltre tutto di stare benissimo... poi si trovano con 4000 pastiglie di Veronal nello stomaco e hai voglia a fare lavande gastriche, che poi si sta malissimo. 243 Si sta malissimo. (cambia tono) Poi ci penso su... e allora quando tu... Questo pensiero mi viene ogni volta che sono presa da un'ondata di gelosia terribile. Ma per me era un'altra cosa. "Lui non lo sapeva!" Questo è un concetto magnifico, l'unico che abbia espresso in tutta la sua vita, da una mia mica, l'Antonia, una stupenda tutta sedere e seno occhi blu, sempre piena di storie tormentate, di amori straordinari con conti e quasi re, giocatori di ragby e sciatori, una "allegra" insomma, non che fosse una puttana, scherziamo?... era una che amava!... Quando ha saputo, dicevo, che il marito che credeva fedelissimo, la tradiva, al mio farle notare -"però anche tu... lei m'ha risposto tra disperati singhiozzi:"MA LUI NON LO SAPEVA" che è poi un alto concetto filosofico: non lo sa, quindi non soffre. Punto. Semplice. l'importante, ricordatevi è che l'altro, non sappia! Invece io, sapevo e soffrivo come un cane. Anche se cercavo di farmene una ragione... di capire: sta 244 invecchiando, sono gli ultimi... - GLI ULTIMI? Speriamo!-... colpi... Mette i fiori nel vaso... chissà perché è un lavoro che gli piace fare. L'unico, "casalingo"...sì, qualche volta fa da mangiare anche cose buone, ma dobbiamo stargli intorno in diciotto e ci vogliono quelle 6 ore a riordinare la cucina e a lavare pentole ecc. Mette i fiori nel vaso..." Guarda che belle... le NOSTRE ROSE!!! Ti amo tanto!!!" Una vampata mi va alla testa. Menopausa? Ira? Pazzia? Vorrei sgozzarlo, incendiarlo triturarlo, brutto schifoso-traditore-cane-bastardoinfingardo! (riprende il dialogo col marito) Mi sembri il bambino che dice la bugia alla mamma, ma porco Giuda io non sono la tua mamma anche se tu sei convinto che io lo sia!!!! 245 STAMPATO BIOGRAFIA FRANCATENTATIVO 1) 633 Sto male di salute, ma mi sembra di stare molto bene d'umore, mentre invece mio figlio dice che tutte le malattie che io sono riuscita(un vero primato!) ad accumulare negli anni(che vanno dall'onicofagia-mangiarsi le unghie-, tricotillomania-strapparsi capelli, attorciliarli stretti al dito anulare e infine nasconderli sotto ai mobili. Quando uno è in ansia, si strappa i capelli , se sola, si mangia le unghie in presenza di altri. )E me l'ha dimostrato enumerandomi tutto quello che ho avuto negli ultimi due mesi a Boston. "Oh, ma come sono felice, rilassata!"Un bubbone della grandezza di un mandarino nel seno sinistro, proprio sopra a quello che chiamiamo cuore, dolore ai reni con perdita di sangue, lastre, calcoli frantumati, tracce anche in vescica, dolori muscolari alle gambe, crampi durante il sonno, gamba sinistra, dopo immobilità di qualche ora, non rene e duole. "Cos'è, il lazzaretto tutto di un 246 colpo?"NO, è che il tuo fisico si fifende come può. lanciandoti campanelle d'allarme da una situazione che tu vivi male. Fai l'elenco di tutte le malattie che hai avuto negli ultimi anni, gli interventi, malattie inimmaginabili ma ben tangibili che vanno da una congiuntivite che ti scoppia oggi, inizio di una commedia che non ti piace e che ti sparisce il giorno dopo l'ultimo spettacolo. Tu come un pappagallo ripeti"sto bene"e sei pure convinta, invece"credi" di star bene, ma nel tuo subconscio stai malissimo?Tutta la colpa è del subconscio. Froid ha detto un sacco di cose relativammente importanti, cose che anche altri avevano detto, l'unica sua scoperta essenziale per la vita dell'uomo per la sua mente è 'sta storia del subconscio. 'Sta storia del subconscio deve essere vera. Mi viene in mente una tipa di Torino che lavora all'Einaudi, si chiama Emilia, l'ho conosciuta tanto tempo fa, mi raccontava della sua vita, nel dibattersi nei problemi col marito da cui si era separata, i figli, la suocere, l'amante 247 del marito, la moglie del marito. Tutti questi problemi le procuravano fenomeni fisici stregoneschi, reazioni sul suo corpo che nessun medico aveva mai registrato su alcun paziente. Che so, le lenti a contatto che si gonfiavano a dismisura fino a scoppiare, oppure che si bucherellavano tutte. Robe mai viste, tanto che l'assicurazione si rifiutava di rimborsargliele. Mio figlio ha certamente ragione. "Tu devi sbatterti, riuscire a scavare, a ricordare, a scoprire cosa hai dentro realmente, quale fatto vicino o lontano ti ha portato a questo malessere. Devi andare indietro, indietro mamma. "Mi sono presa un registratore e via a parlare a ruota libera. Come premo il tasto per la registrazione, non mi viene in mente niente. Cerco di ralassarmi. Vediamo. . il primo trauma. . per me è stato un trauma e grosso. anche se poi, ora, 30 anni dopo, mi rendo conto di aver guardato i fatti con ecessiva enfasi. HO scambiato una storia del tutto naturale per una mancanza d'amore. L'ho vissuta 248 malissimo. Ho cercato di parlarne con lui, ma subito mi sono interrotta, imbarazzata dal suo imbarazzo. Impreparata, incolta sul sesso:è la prima cosa che ricordo in questa incursione nella mia vita. Il mio rapporto con l'altro sesso è statoo per moltissimi anni un rapporto "al servizio";mai avuto stimoli sessuali, la voglia di fare all'amore mi veniva se ci si abbracciava e baciava... ma scivolavo nel rapporto senza un grande desiderio di sesso. . ero portata ad assecondare il suo di desiderio. Del sesso, non sapevo nulla. quello che facevamo, era venuto da solo, l'avevamo scoperto insieme. autodidatti. Ora, per fortuna è diverso. I giovani sanno tutto. prima ancora di avicinar si ad una donna. Mio figlio aveva un 13 anni e già se ne stava con un libro di anatomia in mano. (IMENE, vedevo soltanto un orecchio). L'orgasmo, l'ho raggiunto molto dopo che praticavo il sesso. Prima fingevo. Non me ne sono mai fatta un problema. 249 STAMPATO NOTE PER BIOGRAFIA 21-5-93 � 1) L'impegno l"ho preso, ma da un'ora almeno, me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono tanti, non avessi vissuto, lavorato, incontrato gente parlato, riso, pianto ecc. Niente. Non mi viene niente. Ho la testa affollata di pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce(si scrive con la i, o no?)e fra tanto disordine, non riesco a trovare la parola giusta che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza. Da cosa parto? Da dove? Sono nata eccetere eccetera... Cosa faccio, anno dopo anno, avvenimento dopo avvenimento in ordine cronologico... Per l'amor del cielo. Sono certa che arrivata alla prima elementare, spengo la macchina e non ci penso più. Non mi viene propio niente. Forse potrei partire dalla prima grande emozione che non ho mai dimenticato. . Veramente sono due le grandi emozioni della mia vita. Ma che dico, due. . Molte di più, 250 ma queste due sono le più grandi. La prima:"Dario, sono in cinta". 1951. Inutile spendere parole per raccontare le difficolta in cui ci siamotrovati, mi sono trovata. Immaturi, impreparati in tutti i sensi. Spaventati. Non in condizionedi fare un figlio, senza contare mia madre, cattolica convinta. ecc. ecc. Inutile spendere parole. Ho abortito. 30.000 lire più la paura, e qualcosa addoso e negli occhi, che per mesi non m'ha lasciato. Di quell'ora passata in una specie di ambulatorio, non certo atrezzato per un intervento chirurgico, ricordo il freddo, il buio che c'era fuori, era notte, l'indifferenza e la tensione del medico e dell'infermiera-non gridi per favore, altrimente non la opero. C'era paura in quella stanza, la loro e la mia. 1951. Per l'aborto si finiva in carcere. Oltre a "quella" paura per me c'era il terrore per l'intervento che affrontavo senza saperne assolutamente niente. Niente altro che mi sarebbe stato fatto 251 senza anestesia, per me, e tutto per me, c'era anche il peso di quello che stavo facendo. Pensavo a mia madre, e ho veramente desiderato di morire. Se ha paura se ne vada. Non ho gridato. Credo di aver pianto, ma non me lo ricordo. Sicuramente ho pianto dopo, quando Dario che stava ad aspettarmi m'ha abbraciata. Stavamo male tutti e due, in più io mi sentivo così colpevole d'essere certa che non avrei più osato guardare negli occhi mia madre. 2000 anni di pregiudizi erano il pane quotidiano che molta gente ha mangiato. Io, con mia madre onestamente cattolica osservante e convintapoi ne ho fatto indigestione. Per Dario era diverso. (parlare di Brera architettura, lotte operaie; blu di metilene ecc. ) Ho incontrato altre volte quel medico. Non ci siamo mai nemmeno salutati. Lui e diventato famoso. Ricchissimo. Non ha mai fatto obiezione di coscienza, dopo la legalizzazione dell'aborto. Ho saputo che nulla era cambiato nella sua attivita abortista. Solo 252 la tariffa. "Sono in cinta!". Il punto esclamativo sta a sottolineare il cambiamento dei miei sentimenti nel comunicare questa notizia a Dario, mio marito. . Siamo nel luglio del 1954. Mi sono sposata il 24 giugno. Tutto è regolare. Sono, in regola. Il giorno dopo "la prima notte" legale che io e Dario avevamo consumato già due anni prima, telefonai appena sveglia alla mia mamma. Nel sentire la sua voce, mi venne un nodo di commozione. Ero uscita di casa... avevo una casa mia. . insomma m'é venuto il magone. "Che succede?C'era apprensione, preoccupazione, imbarazzo e non so che altro nella sua voce non ti ha trovato in ordine?"Cara dolce mamma, pulita, ingenua, tenera, così sicura di quanto mi avevi insegnato da non essere mai stata nemmeno sfiorata dal dubbio che tua figlia, che se ne stava per mesi in turné, potesse avere rapporti "stretti" con il ragazzo con cui "filava" e col quale lavorava. Al "magone" s'é sostituito l'imbarazzo d'aver tradito la sua fiducia. 253 Non lo vedevi di buon occhio quel matrimonio, mamma:"é un attore, uno spiantato, non fara mai niente nella vita. Stai lontana dagli attori. Prendono in giro le ragazze, si divertono e poi le piantano". E dietro a quel"si divertono" si nascondevano nefandezze innominabili. 1) A 20 anni, seguendo l'esempio di mia sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la nostra compagnia e inizio la mia carriera nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si possono immaginare le difficoltà di una simile scelta in quel periodo del dopoguerra , siamo negli anni 50 e quindi alterno momenti neri a buone scritture nelle compagnie di varietà più famose. E' proprio in una di queste compagnie che conosco il Dario Fo, anche lui alle prime armi, che s'innamora subito di questa "sventola dolcissima", (così mi chiamava)e si prende una cotta da imbesuimento(così dice lui):"7 giorni a Milano", ditta:le tre sorelle Nava e Franco Parenti. M'é piombata addosso, é propio il caso di dirlo senza che la cercassi, ne 254 sollecitassi nulla, per averla. Parlo di lei, della notorietà. Di questo mio mestiere non me ne é importato mai niente. Si stenta a crederlo, ma é così. non ho mai mosso un dito per avere di più, anzi, tutto quello che negli anni ho ricevuto, di cui ho beneficiato, l'ho avuto, "nonostante me". Ora che ci penso bene, e mi sconcerto, non posso nascondermi di non aver mai desiderato qualcosa in particolare. Non ricordo di aver mai detto, ne pensato"se potessi avere. . ""vorrei""per avere quella cosa farei... "E non perché avessi tutto, chi mai ha tutto?Qualcosa certo l'ho desiderato, che so, che non mi si ammalasse nessuno in famiglia, che mia madre non morisse mai, che i miei figli stessero bene... ma insomma, tutte cose, normali. Del resto, pellicce, vestiti, gioielli, parti, partone, niente. Forse perché mi arrivava tutto di da solo. Forse perché non mi restava il tempo di desiderarle. Beh questo può valere per quando ho iniziato a guadagnare, ma per prima?Era così anche 255 prima?Sì. Era così. Forse mi ci vuole uno psicanalista. Dicevo che m'é piombata addosso la"notorieta", non che mi dispiacesse, una certa sera a Cesena. Compagnia Franco Parenti e le tre sorelle Nava. Io dicevo una battuta:"Il Coriolano é in cinque atti", ma ero lunga, bionda, con i seni rotondi, e mi si vedeva. Alla fine dello spettacolo, si presenta in camerino un tipo con macchina fotografica "sono un giornalista posso farle una foto? Posso dire che un produttore americano la lancerà come la Rita Haiwort italiana?" 1953. Con Franco Parenti e Giustino Durano Dario scrive il "Dito nell'occhio" testo di critica politica e sociale che fece grande scalpore e per i contenuti e per lo stile di treatro ben diverso dagli steriotipi del teatro così detto "leggero" di quegli anni. Lo spettacolo ha un grandissimo successo e gira per una stagione intiera tutta Italia. Io debutto con loro nella stagione invernale. (ricordarsi "spettacolo sconsigliato" fuori dalle chiese. 1954 - 256 giugno.Dario debutta al Piccolo Teatro sempre con Parenti e Durano con un altro testo scritto da loro:"I sani da legare". Io ho un gran magone, perché Parenti non mi vuole in compagnia;Lo capisco anche se nessuno esplicitamente me lo dice. Ma ad un certo punto Dario, con molto imbarazzo e malinconia, nel bar di una piazzetta vicino a casa mia, me lo comunica, ma in contemporanea mi chiede di sposarlo. Lui dice di no, nega, ma io sostengo, conoscendolo, che mi ha chiesto di sposarlo per pareggiare il dolore che sapeva che mi avrebbe procurato l'essere scartata. 1954- 24 giugno. Ci sposiamo. In sant'Ambrogio!Dario metterà il fatto di essersi sposato in chiesa addirittura ne"gli arcangeli non giocano al flipper":"sposato in chiesa per accontentare madre di lei molto credente". Il matrimonio è stato bellissimo. La notte prima l'ho passata sveglia non per l'emozione, ma perché stavamo nel lettone della mia mamma in cinque. Io e quattro 257 amiche venute da Varese per farmi festa. E a chiaccherare a ricordare, a ridere. E' stata una bellissima notte. La mattina è arrivato il Felice, padre di Dario, con una macchinona presa a nolo, scendo le scale della casa della mia mamma e lì, tutti gli inquilini -del palazzo a buttarmi manciate di riso... a farmi gli auguri, a strigermi la mano... e io...giù a piangere. Poi arrivo in chiesa. I giornali avevano da giorni annunciato le nostre nozze, quindi, folla, fotografi oltre ai parenti e agli amici. e un'amica , che forse non mi era tanto amica, mi allunga, proprio un secondo prima che entrassi in chiesa, davanti a tutti un magnifico buchè:gigli simbolo di purezza. Facevo l'amore con Dario da due anni, senza nasconderla altri che alla mia mamma, e questi gigli li avrei mangiati volentieri. Non ho potuto. Pranzo con gli invitati all'Htel Milan, offriamo i confetti, e poi ce la svignamo e andiamo a pranzo col babbo di Dario. La "prima sera", io sono in televisione, non ricordo più con che spettacolo, Dario al Piccolo con "I 258 SANI". Sono andata ad abitare nella casa dei genitori di Dario. (controllare archivio, c'è una foto simpatica"la sposa d'italia")L'indomani mattina, telefono a mia madre per salutarla... e non so com'è, m'è venuto un gran magone. Mi sono emozionata. Era veramente fatta. Ero uscita di casa. E la mia mamma, e qui si può leggere tutto il suo candore:"Che c'è?. . Non ti ha trovato in ordine?". L'impatto con la vita marito-casa-famiglia è stato un gioco. Mi cimentavo con la cucina, ma non avendo mai avuto niente del genere come mia diretta e totale responsabilità, avevo qualche problema. Primo tra tutti, le dosi. Far da mangiare per due. C'erano sempre tali quantità di cibo bastanti per una caserma. Ricordo una sera a cena Eugenio Tacchini, amico di Dario d'infanzia che si mangiò almeno sette piatti di minestrone. Io ero un pò preoccupata. "Basta, Eugenio, starai male. "No, no. E' tanto buono" Poi però al cinema Orfeo, dove mi aveva accompagnato a vedere "Roma città 259 aperta" durante la scena delle torture è svenuto. "Accendete la luce-grido-c'è un ragazzo che sta male". Arriva 23 la polizia, lo portano fuori, nella hALL lui si riprende... Si guarda intorno, vede i poliziotti, e ancora sotto lo shok del film, gridava"non sono stato io!Sono innocente!"Volevo morire. Poi s'è alzato, è corso in bagno e ha vomitato totto il mio minestrone. Gli ossibuchi mi venivano bene. La prima volta che li ho fatti, stando col filo telefonico diretto con mia madre, Dario non finiva più di dirmi-che buono che buono. Poi ha invitato i suoi amici di Brera, Emilio Tadini, Alik Cavaliere e altri . Ero un pò preocupata. Un pranzo da sola, non l'avevo mai retto. "Farò gli ossibuchi col risotto". Ho fatto la mia bella figura. E Dario-ma che buoni -ma che buoni!Ho continuato per almeno tre settimane. E il povero Dario sempre a dire ma che buoni-Poi, al ventesimo giorno credo si sia finalmente ammutolito. Ora, li mangiamo non più di tre volte all'anno. Al suo "ma che buono che 260 buono s'è aggiunto Jacopo. Lo dicono insieme e poi scoppiano a ridere. 20 minuti dopo le nozze, si fa per dire, resto incinta. Jacopo (un nome che mi piace proprio come quasi tutte le cose che fanno quei due tipi lì, dice nostro figlio) è nato il 31 marzo del 55 a Roma. Esattamente nove mesi e sei giorni dal 24 giugno dell'anno prima. Gravidanza terribile. Ho vomitato sempre. Mi disturbavano gli odori, perfino i colori. Mai più potuto mangiare ne vedere un piatto di spaghetti. La sera del trenta, stavo nel camerino del Teatro Quattro Fontane dove Dario recitava. Chiedevo a sua madre; la mamma Fo, "come sono le doglie?Cosa si sente?Come si capisce che è ora?"E lei, "quando senti una mano che ti strappa le viscere... "e un'amica, anche lei anziana"No Pina, non ti ricordi più. Quando senti. . ". Nulla che mi tranquillizzasse. Anzi!Mi ritiro un pò prima di Dario. Ormai ci dovremmo essere... Preparo la valigia, roba per 25 me, vestaglia camicie ecc. e roba per il 261 bambino. (A quei tempi non si sapeva prima se fosse maschio o femmina. Ti dovevi fidare delle anziane:la pancia è così, allora è maschio. No, per me è femmina, non vedi come è messa?E via di 'sto passo. Comunque sempre"bambino" si diceva. Se poi era femmina... Ero emozionata. Arriva Dario. Baci baci. Poi si mette a letto e si mette a leggere "il Mondo" . Ho odiato molto quel giornale per la sua grandezza. Ogni volta che D. voltava pagina mi faceva un gran vento. E io sternutivo. "Dario, mi sento strana... ""Dormi Nanina. . ". Dopo un pò:"Dario..."-"Dormi Nanina". . e via a girar pagine. . "Dario credo che mi si sono rotte le acque. . ". "Dormi Nanina. . ""Ma Dario!!!"Di corsa un taxi. Ora siamo emozionati tutti e due. Clinica Salus. Mi avevano promesso che mi avrebbero dato dell'etere. In sala parto grido;Etere!Etere!La levatrice mi dà una carezza;"sì cara, sì, suo marito è fuori"Etere!!"Il fatto è che la signora in questione era veneta e pensava che nel 262 momento supremo io chiamassi mio marito:Ettore!Ettore!Poi finalmente è arrivato il medico. Sento un vagito. "Brava signora. 3 chilogrammi e 9. "Ho fregato la Clara. La Clara era una brava ragazza moglie di mio cognato Fulvio, che però era molto quotata all'interno della famiglia, e quando dico famiglia intendo mia suocera, in quanto professoressa di lettere, non attrice. Quindi sicuramente migliore di"quella lì che 26 non solo fa l'attrice, ma mi ha anche portato via ei me testun. "Sì, all'inizio mia suocera era solo mia suocera;Non aveva simpatia per me e devo dire chefaceva l'impossibile per farmelo capire. Mi addolorava molto non essere amata da lei. Ma si sa, gli inizi per qualsiasi cosa tu intraprenda trovi difficoltà, figuriamoci il rapporto con la mamma di lui. Mia suocera m'ha conosciuto bene. E' diventata per me la mamma Fo, e mi ha amata profondamente, come profondamente io ho amato lei. La frase che mi diceva con orgoglio era "io l'ho messo al mondo, tu 263 l'hai fatto". Ma pensa te!Ce ne vuole èh !! Con la leggerezza dei pazzi usciamo dalla clinica con il nostro fantolino in fasce e ci "accasiamo" ospiti di un fotografo di cui non ricordo il nome, che aveva una splendida casa in via Parioni;Davvero splendido appartamento. L'unico difetto non indifferente per una coppia con un bambino di 8 giorni che questa principesca dimora, era completamente priva di mobili, (se li era portati via il padre dopo una lite. Ma erano mesi che l'appartamento era in queste condizioni). Due brande, una sedia per comodino;un tavolo in cucina, qualche sedi, forse, e un telefono con un fili chilometrico che il nostro amico si portava sempre appresso. Non volendo umiliare la sua generosità (forse era ubriaco quando ce l'ha proposto, non so) ci siamo sistemati alla bellemeglio. Il bambino ha pianto per 8 giorni di fila. Per quanto spirito di adattamento avessimo non riuscivamo proprio a comunicarlo a questo tipo appena nato, che non sapeva proprio 264 niente della vita. a cavarcela e per le scomodità e per la mia inesperienza. Al nono giorno, decidiamo di tornare in clinica. Ci hanno presi a braccia aperte. Ci hanno dato una bellissima camera, vicino alla sala parto. Ci siamo addormentati tutti e tre e abbiamo dormito per almeno un giorno finalmente rilassati;Dario come vedeva in corridoi un padre in apprensione per la nascita del suo bimbo si avvicinava e s'informava. parto cesareo. 27 "Sa, è un . "E Dario:"non si preoccupi anche Franca ha avuto ilcesareo. . è una sciocchezza. . vedrà"E quello si consolava. E un altro" è messo di piedi!""Non si preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi. . è andato tutto benissimo. . il ginecologo è straordinario" . Solo quando un padre era preoccupato perché la moglie stava facendo 2 gemelli D. è stato senza parole. Non poteva dire:anche Franca. . E via di questo passo. Ci siamo stati tre mesi. Quanti padri e quante madri abbiamo rinfrancato. Qualcuna ci viene 265 ancora a trovare con i il figlio nato proprio in quei giorni. Che benissimo! Intanto, abbiamo comperato una casa in via Nomentana, l'abbiamo arredata e finalmente ci siamo andati ad abitare. Tutti tre. Il bambino cresce. Noi facciamo films. Il primo "Lo svitato". Il soggetto era di Dario. L'aveva letto a Zavattini che ne fu entusiasta. Regia di Carlo Lizzani. Dario era troppo inisperto per aver voce in capitolo con gli sceneggiatori che gli avevano messo al fianco"sei autori in cerca del personaggio" li definì Nello Santi, il produttore. Ne è uscito un film sbagliato con qua e là momenti da cineteca. Avremmo dovuto avevre i mezzi e la forza di ritiralo, rigirare quello che ci sembrava sbagliato e riproporlo. Ma non ci abbiamo nemmeno provato. Forse non l'abbiamo nemmeno pensato. Clamoroso insuccesso. (troppo avanti _Ricordarsi TATI) Credo che sia il film che incassato meno negli ultimo 50 anni. Dopo lo svitato Dario alterna al lavoro di 266 attore quello di sceneggiatore, e viene addirittura scritturato fisso alla Ponti de Laurentis come gags-man a 2.000. 000 al mese. La cifra era astronomica. Lavora con sceneggiatori del calibro di Age Scarpelli Pinelli(sceneggiatore di Fellini) Antonio Pietrangeli. (indicare films. Titolo) Io interpreto partacce in films tutti lacrime, core, cosce e zinne. Sono 28 quasi sempre in cartello come "partecipazione straordinari", mi pagavanp bene, ma quei films di straordinario non avevano null'Altro che il materiale umano col quale venivo, grazie a loro, in contatto. TINA PICA-GIUDA. POI VENGO SCRITTURATA DAL TEATRO ARLECChino a Roma, per interpretare un testo di Feiduau che sembrava scritto per me:"non andartene in giro tutta nuda"Dario scrive per i fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla un atto unico"gli imbianchini non hanno ricordi". A quel punto gli propongo di ritornare a Milano e farci una compagnia nostra. 267 Ci proponiamo a Paolo Grassi allora direttore del Piccolo teatro che ci regala fiducia, amicizia dandoci il teatro per ben tre mesi. Debuttiamo così, in un caldo infernale, tutti soli, (sì, c'erano altri attori da noi scritturati, ma la responsabilità della compagnia era solo nostra) con "Ladri, manichini donne nuda". Scritto diretto e interpretato da Dario, sue erano anche le scene e i costumi. Io facevo l'attrice ma mi occupavo di un sacco di cose;Mio fratello Enrico era il nostro amministratore-attore se necessario. Ha guidato la nostra compagnia con grande abilità, riuscendo a farci stare in pieda anche senza alcun aiuto ministeriale ne dell'ETI(ente teatrale italiano che avrebbe dovuto appoggiare più che mai la nosytra compagnia in quanto recitava opere di autore ITALIANO. Ma sia noi che EDUARDO De FilippO abbiamo avuto grazie alle nostre scelte politiche , vita grama con tutte le forza statali e parastatali). 1958:"Comica finale" quattro atti unici 268 scritti da Dario, su canovacci della mia famiglia. Dario aveva sentito queste storie mentre io le raccontavo a Jacopo per farlo addormentare. Ma de gli atti, che gli ho passato "bocca a bocca", il migliore era "un morto da vendere" che aveva completamente scritto, ambientandolo nell'800 come gli altri. Il migliore. Non si pensi che accecata dall'amore io possa dare a Dario meriti che non ha. Non l'ho mai fattao. D'altro canto basta leggersi le "comica finale pubblicato da Einaudi per vederlo. RICORDARSI DIFFICOLTà FINANFIARIE. STABILE TORINO;EPISODIO "CANNAS L'AMORE è PIù FORTE Siamo al teatro Gerolamo di Milano. Andiamo avanti con grande fatica. Il teatro è conosciuto come teatro delle marionette. Se il mio cuore aveva un fremito al ricordo della mia famiglia, questo fremito non poteva riempirci il teatro. La prima fu un disastro. Abituati 269 ai palcosceninci grandi, il trovarci senza prova alcuna in uno spazio grande come il bagno di casa mia, ci ha messi in grande difficoltà. Devo riconoscere, che come unica volta nella storia della nostra compagnia, la critica ufficiale presente allo spettacolo non ha menzionato i 3OOO incidenti che si sono susseguiti nelle tre ore. Proprio in quel teatro, quasi sempre vuoto ci è arrivata inaspettata la possibilità di debuttare in un grande teatro:il teatro Odeo. Stagione 1959-60-"Gli arcangeli non giocano al flipper" teatro Odeon di Milano. Mille posti. Grande successo di critica e di pubblico. Tutte le sere "il Bossino" che in realtà si chiamava Bossi direttore del teatro, non appena lo spettacolo iniziava si metteva in quainta con un foglio sistemato sulla fronte, con scritto in grande l'incasso della serata. Il copione di questo spettacolo ci fu sequestrato per le troppe battute a soggetto che abbiamo aggiunto, non autorizzati. Abbiamo collezionato "rapporti al 270 questore di ogni città dove si lavorava, per un totale di 280, tanti, quanti furono le repliche dello spettacolo. questura" Abbiamo girato tutta l'Italia facendo esaurito ovunque. DATI STATISTICI E INCASSI NUMERO SPETTACOLI DENUNCIA POLIZIA PER CENSURA. inpiù di una occasione rischiamo di non poter andare in scena. 1960-61 -"Avevav due pistole con gli occhi bianchi e neri". opera che tratta della connivenza tra fascismo e borghesia, tra malavita organizzata e potere. L'intervento della censura è pesantissimo, ci massacrò letteralmente Decidemmo di andare in scena egualmente senza tenere in conto alcuno i tagli. Ci fu un braccio di ferro piuttosto teso tra noi e il prefetto di Milano che ci minacciò di arresto immediato, ma alla fine, preoccupato dello scandalo che ne sarebbe venutoo, il ministero tolse i tagli. il testoE' con questo spettacolo che mi conquisto agli occhi di mio marito, un ruolo diverso da 271 quello di sempre. Per la prima volta non accetto il testo a scatola chiusa certa del successo di sempre. Qualcosa non mi convince. Lo comunico a Dario. Si è discusso mica male. Mio figlio aveva sei anni e ancora se lo ricorda. Credo sia stata la prima discussione accesa alla quale asssistesse. Non ci aveva mai visti così, era un pò spaventato. "Dimmi cos'è che non funziona!Dimmelo!"e io:"non lo so". "più forte il Dario:"dimmelo!" "Non lo so, ma c'è qualcosa che non va. "(Quante volte negli anni futuri s'è ripetuta questa scena?) Jacopo piange senza gridare, e anch'io scppio a piangere gridando come un bambino disperato. Era la prima volta che vedevo Dario fuori dalla grazia di Dio. "Ora, lo rileggo tutto. . cercherò di individuare... di capire... poi ti dirò...". Leggo e prendo appunti. Dario, per tutto il tempo ma guarda serio. In piedi. Mi stavo innervosendo. Dopo due ore, più imbarazzata che mai:"taflierei qui, qu, e qui. "D. ci pensa un pò su, e poi:"forse hai ragione, ma prima 272 preferisco provarlo col pubblico. " Debutto: successo di stima. Il giorno dopo D. mi dà il copione:"fai i tagli che proponevi". 1961-62:"Chi ruba un piede è fortunato in amore". Dopo sporadiche apparizioni nella TV. di stato approdiamo alla televisione sulla neonata seconda rete, (1962 PRIMAVERA) con sei puntate tutte nostre:"Chi l'ha visto?". Subito dopo dalla direzione Rai ci viene proposto di condurre "Canzonissima"il grande concorso canoro abbinato alla lotteria di capodanno la trasmissione di maggior interesse popolare dell'ente. D. scrive i testi che prima dell'inizio della trasmissione ricevono il benestare della direzione nella persona del dott. Pugliese direttore generale(?). Ma già alla prima puntata la stampa reazionaria si scatena criticando ferocemente la più che delicata critica politico sociale contenuta neitesti. Di puntata in puntata gli attacchi, le polemiche sulla stampa non si contano. 273 L'indice di ascolto è altissimo (anche se al processo, uno dei tanti che c'è stato la direzione Rai tentava di sminuirci. dicendo che nessuno ci vedeva. TAXISTI RICORDARSI) l'Italia era divisa in due:chi ci ama, e chi ci odia, ma tutti lì, davanti al televisore il sabato sera. Ad ogni trasmissione ci vengono imposti tagli e censure sempre più pesanti. (FIORI SENO. GAMBA SINISTRA)fino a che all'ottava puntata decidiamo di abbandonare la trasmissione. La famosa "Canzonissima", il FANTASTICO DI OGGI, va in obda senza presentatori. (RICORDARSI WALTER CHIARI E BRAMIERI)e quando l'annunciatrice all'inizio della trasmissione dice:d. FO e F. Rame si sono tritirati, una quantità incredibile di telespettatori si rovescia nelle strade di Milano, tutti quanti diretti al palazzo della fiera dove si teneva la trasmissione. Quando usciamo(eravamo stati su consiglio dei nostri legali nei camerini nostri fino alla fine della trasmissione) ci troviamo davanti una 274 folla di gionalisti, fotografi e migliaia di persone. In molti erano venuti per dimostrarci la loro calda e commossa solidarietà. Questa fu la prima e credo l'unica volta nella storia della Rai che due "attori" rifiutarono di "abbioccarsi" d'innanzi alle imposizioni ai tagli, all'arroganza del "padrone"ai soprusi. SALA DI CESENATICO 29 LUGLIO 1992 ... e speriamo bene! 1) LIBERA ASSOCIAZIONE DI IDEE scaletta avvenimenti da arricchire e tagliare Buona seraaaa! Da quando non partecipo ad un festival dell'Unità...pardon.... del PCI... Oddio ho sbagliato ancora... Beh, insomma, ci siamo capiti. Vediamo un po'... cos'era?... il 67... 68?... 25 anni fa! (Cambia tono) Me ne sono fatta un sacco di festival dell'Unità... c'era sempre Pajetta per il comizio di chiusura, e io che gli offrivo un cestino vietnamita. Tutti gli anni col cestino vietnamita!... a parte che sono sicura che il cestino fosse sempre 275 quello. Mi facevo il mio stand... vendevo di tutto, una volta libri... l'altra prodotti russi... Una volta perfino scarpe, ho venduto al Festival... scarpe per bambini. Era il 1966. Ero andata in una ditta vicino a Como... ed il Festival era per la sezione di Cernobbio, il paese dove abitavo con mia madre, Dario, e i miei figli. Sì, ho detto "miei figli". Tre. Personalmente ne ho confezionato uno solo... Jacopo, ma ho tirato su altre due bambine; Gaia figlia di mia sorella divisa dal marito e Enrica, figlia di mio fratello diviso dalla moglie... In 'sta ditta di scarpe, mi hanno fatto una gran festa...: "Oh signora, che onore! Me la ricordo in Canzonissima... "Tutti si ricordano di Canzonissima. Come mio suocero della guerra 15-18, s'è preso anche una medaglia d'oro, e... un ginocchio d'argento. "Brava, brava com'era brava! Anche suo marito, bravo, bravissimo!" "Grazie... grazie... Avrei bisogno di comperare... delle scarpe non troppo costose...per... una... festa 276 benefica..." "Che festa benefica è?" "Ma... per dei bambini..." Se avessi detto: Festival dell'Unità, mi avrebbero aizzato contro i cani. "Le do tutto il campionario... a mille lire... " 1000 lire?! In negozio le avrebbero pagate almeno 20.000: scarpe magnifiche! Io le ho vendevo a 10.000 e chi le comperava, faceva un affare. Scarpe, tortini dolci, "pesca" dopo aver girato casa per casa a chiedere roba vecchia da buttare... vasetti di fiori... Le solite cose, insomma. Abbiamo lavorato come belve per tre giorni. Ero contenta come una Pasqua... avevamo incassato un sacco. Contavo i soldi con i compagni...più di tre milioni! Poi ho scoperto che tutto il nostro attivo più "un debito" che ci siamo dovuti accollare tutti noi iscritti, erano serviti per pagare una cantante che il segretario della sezione aveva ingaggiato a una cifra astronomica senza dire niente a nessuno. "Ma come, qui ci siamo fatti un mazzo così per tirare su quattro lire e tu le vai a 277 buttare, tutto per tuo conto... per di più ti indebiti anche... per una che viene a cantare... di cui a nessuno frega niente... e tutto per sfiducia nelle nostre forze! E tutto per scopiazzare quei megalomani dei compagni delle città che sono loro che sostengono il mercato del disco facendo cantare i cantanti ai festival... per di più li strapagano... in una sera si beccano cifre che un operaio non vede in due anni. (Cambia tono) Un po' di demagogia. (riprende a gridare) Tutto da solo decidi!! Bel centralismo democratico! Sai cosa sei? Uno stronzo! E io straccio la tessera!" E tutti che gridavano "Sì sei uno stronzo!! Stracciamo la tessera stracciamo la tessera!" Alla fine per evitare un esodo in massa, ho dovuto far da pacere e perdonare il Rocca... si chiamava così il segretario della sezione... Rocca... ma che però ha dovuto fare l'autocritica, seduta stante, davanti a tutti... Poi, abbiamo brindato alla pace e hann fatto bere anche me notoriamente astemia... stanchi morti e un 278 po' ciucchi, abbiamo cantato Bandiera rossa e l'Internazionale ... e ci veniva da piangere. A quei tempi ci si commuoveva facile. La sezione di Cernobbio... Ci venivano anche i miei figli... si organizzavano serate... dibattiti... litigate... Jacopo e le bambine erano i più giovani iscritti alla F.G.C.I della Lombardia. Avevano 11 anni e facevano la prima media. (JACOPO CERCA DI PRECISARE, non mi ricordo bene) Erano molto attivi... passavano tutte le loro ore libere dalla scuola, a fare inchieste. In una zona bianca come il comasco... la brianza, ad esempio, con carta e penna o registratore fermavano le donne del paese e candidi chiedevano:"Cosa ne pensa signora della pillola? Lei la prende?" Immaginatevi le reazioni! Oppure tornavano a casa e: "Da oggi, tutto quello che è americano...( si era durante la guerra nel Vietnam in questa casa non entrerà!" A conti fatti si poteva mangiare solo pane riso spaghetti. Via la Coca-cola, via questo via quello. Ogni 279 cibo confezionato veniva scrutato con grande diffidenza e doveva essere solo Made in Italy, massimo roba Svizzera. Jacopo, s'è preso anche uno schiaffo da un insegnante... c'era uno sciopero degli studenti a livello nazionale... loro tre, gli unici, stavano davanti ai cancelli della scuola e cercavano di convincere i compagni a scioperare, il professore di ginnastica li tira per un braccio, li spintona e cerca di farli entrare in classe... loro fanno resistenza e via che vola un ceffone sulla faccia del "mio bambino"!! Quel che è successo dopo non ve lo posso neanche descrivere. Sono venuti tutti i professori, preside compreso, a casa nostra a chiedere pietà per il malcapitato. Avevano saputo che stavamo organizzando la " marcia sulla scuola" di Cernobbio, anche con i miei compagni della sezione Garibaldi... di Milano, la più battagliera della città. Abbiamo perdonato, ma abbiamo preteso un cartello affisso davanti alla scuola dove il professore chiedeva scusa ai ragazzi malmenati e 280 dove si ribadiva il diritto costituzionale di sciopero anche del cittadino al di sotto dei 14 anni. Mi ricordo che per le elezioni del... (non mi ricordo la data) mia mamma, 80 anni era a Montecatini, mi telefona e mi fa: "Devo tornare a votare..." "Mamma, non preoccuparti... " dico senza neanche un briciolo di vergogna "stai lì tranquilla... gli anziani possono votare anche dopo..." Che stesse pure a bersi le acque. Sapevo che se fosse tornata in tempo avrebbe votato D.C.! La sera in sezione preoccupata ne parlo con i compagni, ben decisa a non fare avere un voto in più alla Dc. e sbotto solenne: "Compagni!, se mia mamma torna, facciamo un seggio finto qui, in sezione, le diamo una scheda di quelle per la propaganda.. e la faccio votare qui." Silenzio di tomba! Pausa. Il il segretario Rocca, con la sua faccia onesta e pulita paonazza di indignazione, fa per parlare e un compagno gli grida: "Zitto tu, che hai speso i soldi per la cantante che ancora stiamo pagando i debiti!" Ricade il 281 silenzio di tomba... Tutto il direttivo... che erano poi in tre... quasi in coro fa:"Pensiamoci su..." poi uno intona "Avanti o popolo alla riscossa..." gli facciamo coro, commossi da tanto ardire! Poi, per fortuna mia madre se ne è dimenticata... Mi sono iscritta al Pci... alla fine degli anni 50... Ho debuttato a otto giorni, ne il figlio della "Genoveffa di Brabante", in braccio alla mia mamma. Non parlavo tanto quella sera lì...Via via che crescevo, ho interpretato tutti i ruoli possibili ed immaginabili maschili e femminili. Andavo a scuola, e lavoravo la sera... Quante volte mi sono addormentata nelle casse dei costumi? Poi è arrivata la guerra. A Varese dove avevamo sede fissa... i bombardamenti non si sentivano... Sì, qualche volta buttavan qualche bomba sulla fabbrica d'aerei, la Macchi... ma non la beccavano mai. Si recitava a Varese e nei paesi intorno. Si circolava con un permesso speciale per le ore del coprifuoco, ci spostavamo con una corriera che chiamavamo "Balorda" a 282 causa del comportamento bizzarro che aveva, che più che al suo cattivo carattere andava attribuito agli anni. In certi paesi, nei quali ad una certa ora del giorno si passava, nei turnichè particolarmente ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci aspettavano... ci spingevano ridendo come matti, poi la sera ci raggiungevano ed entravano a godersi lo spettacolo gratis. "Siamo quelli che abbiamo spinto la "Balorda." "Passate". Non era bello girare di notte... durante la guerra ma noi ragazzi, non ce ne accorgevamo... si cantava, si rideva... evitando di guardare fuori dai finestrini... Non si vedeva una luce! Una notte un gruppo di tedeschi e camicie nere ci hanno tenuti bloccati sino all'alba. Se quell'alba avesse portato la notizia di una missione tedesca andata male ci avrebbero fucilati tutti. L'abbiamo saputo qualche giorno dopo. Altre volte,capitava che ci fermassero dei partigiani. Non dicevano "siamo partigiani" ma erano in borghese con i mitra! "Signor Rame - facevano a mio 283 padre - ci dà un passaggio?" Li facevamo salire. Più avanti capitava d'incontrare picchetti fascisti che ci fermavano. Un'occhiata al lasciapassare "Buona sera signor Rame... com'è andata la serata?""Benissimo!" "Buona notte."... "Buona notte" e via che ce ne andavamo... senza un goccio di sangue in faccia a cantare con più forza di prima. Anche i partigiani cantavano. Gridavano più di tutti! Dicevo che mi ero iscritta al PCI alla fine degli anni 50. Mi ricordo che il giorno dell'iscrizione ero molto emozionata. Ci sarebbero voluti due compagni a presentarmi, ma ero conosciuta... quindi se ne è fatto a meno. Ho fatto il mio primo colloquio politico con Tortorella... me lo ricordo dietro alla scrivania... molto compreso nel suo ruolo... un po' imbarazzato.. ma serio... fin troppo. Quanti anni sono passati... quanti salti all'indietro abbiamo fatto! Quanta "roba" è crollata, muri... fede, ideali, ideologie... speranze...illusioni...( Ricordarsi manifestazione blocco giro 284 d'Italia. "Siamo con te Dario"). Nei primi anni del settanta... non mi sono più riconosciuta nel PCI. vedevo che teoria e pratica se ne andavano per strade diverse... che quello che mi capitava intorno, non corrispondeva a quanto stava scritto dietro la mia tessera... allora, come tanti, me ne sono uscita. (1) 285 STAMPATOLA GOGNA: ognuno nella piazza della sua città. Ai colpevoli di truffa ai danni delle casse della comunità, si imponeva il castigo della "culata". Venivano sollevati di peso a gambe ripiegate, da due giustizieri e quindi lasciati cadere di schianto su una pietra che, a furia di sederate, diventava concava. I castigatidi sedere si riconoscevano all'istante in quanto, causa i contraccolpi della culata gli si incassava il collo, la testa si rincalcava fortemente fra le spalle tanto da farli sembrare tartarughe col vestito. Vi ricorda qualcuno? V'è venuto in mente Andreotti? Sì, parlo proprio di lui... Tra parentesi... avete visto che da che è morto Lima non ha più aperto bocca? Ha aumentato solo, prima di andarsene, del 25% lo stipendio dei suoi amici Vip dei baracconi statali. Nella sua eterna carriera di governo ha combinato truffalderie e imbrogli a non finire... Un sacco di volte s'è tentato di 286 beccarlo in castagna, ma lui, con straordinari colpi di reni, se l'è sempre cavata. Credo che, uomo di cultura com'è, sia a conoscenza del castigo della culata! e addirittura soffra della sindrome... Sono certa che il suo aspetto sia la conseguenza di una memoria genetica... trasmessa dai suoi avi, che sicuramente hanno subito una serie notevole di culate... "nei secoli dei secoli." del lessico e dei valori, specie, di quella comunemente detta "della morale civile." 287 Salita in macchina di colpo non mi è venuto in mente neanche un posto dove mi sarebbe piaciuto andare. Li ho fatti passare tutti. Ho pensato anche all'estero vado a Parigi... Londra... Bruxelles... Dopo un'ora di riflessioni e giri turistici col cervello, prendo tempo e vado in ufficio. E' sabato pomeriggio. Non c'è nessuno ne deve venire nessuno. Sì, nel mio ufficio: 360 metro quadrati, 11 stanze. Beh, a parte questo fatto, vado nel mio ufficio. Imprevisto! C'è mio nipote e un nostro collaboratore: Walter. "Che fate qui?" "Nulla... avevamo da chiudere una storia... stavamo andandocene. E tu che fai?" "ho da fare..." Loro se ne vanno. Mi sono guardata intorno... Più avanti - dallo schermo che ripete fedelmente le sue parole, il pubblico capirà che si è bloccata, e che è arrivata ad una lettura fedele di quello che è del 288 suo essere donna-persona. Via via la presa di conoscenza, di se, attraverso i ricordi. Sono stati anni di lotte fure, manifestazioni, sindacato, licenziamenti, Vietnam (vedi biografia), feste dell'Unita, e i garofani rossi del P.C.I. ad ogni prima, e Togliatti quando è venuto al Teatro Eliseo 1962 e l'amicizia con Amendola e sua moglie, e le migliaia di compagni che si conoscevano, e gli spettacoli per le fabbriche in occupazione... e ... e...(pezzo manoscritto dietro la pagina numero 5 inserto 1 Cinzia) Ma il mio partito era lì, immobile, senza niente vedere, capace solo di sbraitare contro i gruppi che loro chiamavano gruppazzi... di chiedere che "si facesse luce" ad ogni atto criminale sul quale la 289 luce già brillava a denunziare con evidenza il colpevole... in coda su tutto, arrancante ed elefantiaco... pieno di case del popolo svuotate di ogni ideologia... senza più una biblioteca... dove importante era "incassare" fare soldi. Il tutto con la persuasione che è inutile sollecitare lo sviluppo di una cultura proletaria, giacché non esiste né può esistere. "Esiste una sola cultura, - dicono quelli " che sanno ", - al di sopra delle classi. La cultura è una, così come è una la una e uno è il sole che splendono indifferentemente per tutti quelli che se ne vogliono e se ne sanno servire. Facemmo teatro nelle case del popolo, nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una capanna di via Colletta a Milano, alla famosa palazzina Liberty, sempre a Milano, che ristrutturammo completamente e che poi ci fu tolta. 290 Ho tolto dal cartoncino... tutte le mie pastiglie... ne ho fatto un bel mucchietto davanti a me. Ho preso una scodella, l'ho riempita d'acqua ne ho messe tre o quattro in bocca e giù a bere. Su un foglietto ho annotato: 3 e giù a bere, più 3.... e, fanno 6... più 3 e fanno nove... Devo arrivare almeno a cento. Si fa una gran fatica... ti si impasta la bocca... non riesci a deglutire... ti viene voglia di smettere... ancora 5... Ma cosa sto facendo?! ancora tre... e 5... Credo di essere arrivata a 50... Forza, ora 5. Forza - mi viene da vomitare - ancora 7. E' meglio che mi stenda. Non voglio cascare per terra. Lunedì si riapre l'ufficio. Penso alle persone che lavorano qui. Non me ne importa niente. Di nessuno m'importa. Non sento niente. Ancora una manciata. Che fatica. Mi stendo. Chiudo gli occhi. Sto morendo. Non ricordo nessun "ultimo pensiero". 291 Invece no. ��� DALL'AUTOBIOGRAFIA DI FRANCA RAME di prossima pubblicazione: "Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, Teatro Popolare appunto, nella tradizione della Commedia dell'arte, completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie, come la nostra, che agiva no in provincia. Il nostro successo stava tutto in questa differenza. Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Nella mia fimiglia non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di 292 cannovacci e per molti testi non esisteva nemmeno il cannovacccio. Ce li avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi? Non lo so. So solo che i teatri erano sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre. O se c'era il funerale di un personaggio importante del paese: il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il farmacista. E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione, "Il povero fornaretto di Venezia " e non mi ricordo più quali altri drammoni avessere successo) mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci riunivano e ci raccontavano a sommi capi l'intreccio, distribuivano i ruoli, se i costumi adatti non c'erano, si rimediavano, e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti. "L'assassino del corriere di Lione". 293 "Scena prima: la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto, partito povero, tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo repulsione. Manifestare freddezza e imbarazzo. Ricordarsi che la madre è morta. Scena seconda:un uomo(lo stesso attore che interpreta il personaggio delpadre) languisce in una cella, è un innocente caduto in un errore giudiziario terribile. Accenni all'assassinio di un corriere a Lione. Acceni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al paese. Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolverà: il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la forca. Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta.Comica finale:I tre gobbi." 294 Un altro esmpio di teatro "all'improvviso": Arrivavamo in una paese nel giorno in cui si festeggiava la santa patrona, ebbene, debuttavamo con la storia di quella santa, sulla quale mio padre e mio zio avevano giorni prima letto e ascoltato dalla gente, vita morte e miracoli. Anche lì, senza prove. Non c'è pesonaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato. Neonati(8 giorni in braccio alla mia mamma-in la Genoveffa di Brabante), bambini o bambine, ragazzini signorine, giovanotti, suore, cortigiane, prostitute. Una volta ho fatto persino, il cuciniere Dracco, alla corte di Genoveffa di Brabante. La storia nel ricordo, mi fa ancora ridere. Ero cresciuta e la Genoveffa(che dio la maledica, quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo io. Giovane e bella moglie del re alla guerra, sola nella raggia viene insidiata da Golo, un primo ministro della situazione, che lei respinge furente e offesa. La donna giovane donna decide di inviare una missiva al marito tramite il 295 cuciniero Dracco:l'unico che a corte le sia rimasto fedele. per avvertirlo del tradimento del suo braccio destro. "Torna o mio dolce sposo, torna! che quel maialone del Golo vuole fare con me, proprio quella cosa là!" Golo che è sempre lì a origliare , scopre tutto e zak!, pugnala il poveraccio e manda a dire al re che Genoveffa è incinta del cuciniero. "Ti ha tradito o mio re, che vergogna con un cuciniero!"Il re ci casca, fuori dalla grazia di dio "un cuciniero no!"ordina il taglio della testa della la fedifraga e anche del bambino nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE POI TUTTO , COME SEMPRE, FINISCE IN GLORIA ) - Arriviamo sulla piazza e ci rendiamo conto che ci manca l'attore che avrebbe dovuto interpretare il ruoli del cuciniero D'accordo, sono due parole che si possono anche tagliare, ma fisicamente deve essere in scena. Ci ragioniamo sopra un attimo per vedere come risolvere. Bene. Ci siamo. Facciamo così. Al momento cruciale, vado alla quinta di 296 destra. Il perfido Golo mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando fuori scena con il cuciniere che non c'è, fingo di consegnargli il messaggio e poi, affranta, esco. Velocissimi mi mettono sulle spalle un mantellaccio con capuccio, che mi copre dalla testa ai piedi. Rientro in scena con la missiva bene in evidenza in mano, faccio qualche passo come se ora io parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su di me"muori, spione di un cuciniero!E via che mi pugnala. Cado morta. Golo mi trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla parte opposta da cui sono entrata. Mi tolgono il mantello, mi raddrizzo la parrucca biona dalle lunghe trecce, corro velocissima dall'altra parte.Rientro in scena e vedo Golo che pulisce il pugnale assassino nel mantellaccio che indossavo fino ad un secondo fa. "L'avete ucciso! Assassino!!"Ansimo un pò, per via della corsa, ma sono perfettamente in parte e nessuno s'è accorto di niente. Noi eravamo in grado di andare in scena senza prova alcuna, con un testo nuovo allestito 297 di sana pianta. Arrivavamo ad esempio in una piazza nel giorno in cui in paese si festeggiava la santa patrona, ebbene, debuttavamo con la storia di quella santa sulla quale mio pdre e mio zio avevano giorni prima letto e ascoltato dalla gente, vita morte e miracoli. Avevavno riunito la compagnia, raccontato a sommi capi l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi adatti non c'erano si rimediavano, e via che si debuttava. Senza prove. Se si confronta con i 90 o addirittura i 180 giorni di prova delle compagnie di oggi. . Ma certo che allora, sovvenzioni ministeriali o regionali o provinciali o comunali, non ce ne erano, quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare eccome. L'unico posto, luogo dove io mi senta a mio agio è il palcoscenico. No, non per via "dell'ama la polvere del palcoscenico". No. Sono allergica alla polvere, alle banalità, alla retorica. Sto bene in palcoscenico perché ci sono nata, 298 perché è casa mia.In qualsiasi città mi trovi, quando sono in teatro sono a casa. 20 minuti dopo le nozze, si fa per dire, resto incinta. Jacopo (un nome che mi piace proprio come quasi tutte le cose che fanno quei due tipi lì, dice nostro figlio) è nato il 31 marzo del 55 a Roma. Esattamente nove mesi e sei giorni dal 24 giugno dell'anno prima. Gravidanza terribile. Ho vomitato sempre. Mi disturbavano gli odori, perfino i colori. Mai più potuto mangiare ne vedere un piatto di spaghetti. La sera del trenta, stavo nel camerino del Teatro Quattro Fontane dove Dario recitava. Chiedevo a sua madre;la mamma Fo, "come sono le doglie?Cosa si sente?Come si capisce che è ora?"E lei, "quando senti una mano che ti strappa le viscere. . "e un'amica, anche lei anziana"No Pina, non ti ricordi più. Quando senti. . ". Nulla che mi tranquillizzasse. Anzi!Mi ritiro un pò prima di Dario. Ormai ci dovremmo essere... Preparo la valigia, roba per 25 me, vestaglia camicie ecc. e roba per il 299 bambino. (A quei tempi non si sapeva prima se fosse maschio o femmina. Ti dovevi fidare delle anziane:la pancia è così, allora è maschio. No, per me è femmina, non vedi come è messa?E via di 'sto passo. Comunque sempre"bambino" si diceva. Se poi era femmina. . ) Ero emozionata. Arriva Dario. Baci baci. Poi si mette a letto e si mette a leggere "il Mondo" . Ho odiato molto quel giornale per la sua grandezza. Ogni volta che D. voltava pagina mi faceva un gran vento. E io sternutivo. "Dario, mi sento strana... ""Dormi Nanina. . ". Dopo un pò:"Dario. . ""Dormi Nanina". . e via a girar pagine. . "Dario credo che mi si sono rotte le acque. . ". "Dormi Nanina. . ""Ma Dario!!!"Di corsa un taxi. Ora siamo emozionati tutti e due. Clinica Salus. Mi avevano promesso che mi avrebbero dato dell'etere. In sala parto grido;Etere!Etere!La levatrice mi dà una carezza;"sì cara, sì, suo marito è fuori"Etere!!"Il fatto è che la signora in questione era veneta e pensava che nel 300 momento supremo io chiamassi mio marito:Ettore!Ettore!Poi finalmente è arrivato il medico. Sento un vagito. "Brava signora. 3 chilogrammi e 9. "Ho fregato la Clara. La Clara era una brava ragazza moglie di mio cognato Fulvio, che però era molto quotata all'interno della famiglia, e quando dico famiglia intendo mia suocera, in quanto professoressa di lettere, non attrice. Quindi sicuramente migliore di"quella lì che 26 non solo fa l'attrice, ma mi ha anche portato via ei me testun. "Sì, all'inizio mia suocera era solo mia suocera;Non aveva simpatia per me e devo dire chefaceva l'impossibile per farmelo capire. Mi addolorava molto non essere amata da lei. Ma si sa, gli inizi per qualsiasi cosa tu intraprenda trovi difficoltà, figuriamoci il rapporto con la mamma di lui. Mia suocera m'ha conosciuto bene. E' diventata per me la mamma Fo, e mi ha amata profondamente, come profondamente io ho amato lei. La frase che mi diceva con 301 orgoglio era "io l'ho messo al mondo, tu l'hai fatto". Ma pensa te!Ce ne vuole èh !! Con la leggerezza dei pazzi usciamo dalla clinica con il nostro fantolino in fasce e ci "accasiamo" ospiti di un fotografo di cui non ricordo il nome, che aveva una splendida casa in via Parioni;Davvero splendido appartamento. L'unico difetto non indifferente per una coppia con un bambino di 8 giorni che questa principesca dimora, era completamente priva di mobili, (se li era portati via il padre dopo una lite. Ma erano mesi che l'appartamento era in queste condizioni). Due brande, una sedia per comodino;un tavolo in cucina, qualche sedi, forse, e un telefono con un fili chilometrico che il nostro amico si portava sempre appresso. Non volendo umiliare la sua generosità (forse era ubriaco quando ce l'ha proposto, non so) ci siamo sistemati alla bellemeglio. Il bambino ha pianto per 8 giorni di fila. Per quanto spirito di adattamento avessimo non riuscivamo proprio a comunicarlo a questo tipo 302 appena nato, che non sapeva proprio niente della vita. a cavarcela e per le scomodità e per la mia inesperienza. Al nono giorno, decidiamo di tornare in clinica. Ci hanno presi a braccia aperte. Ci hanno dato una bellissima camera, vicino alla sala parto. Ci siamo addormentati tutti e tre e abbiamo dormito per almeno un giorno finalmente rilassati;Dario come vedeva in corridoi un padre in apprensione per la nascita del suo bimbo si avvicinava e s'informava. parto cesareo. 27 "Sa, è un . "E Dario:"non si preoccupi anche Franca ha avuto ilcesareo. . è una sciocchezza. . vedrà"E quello si consolava. E un altro" è messo di piedi!""Non si preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi. . è andato tutto benissimo. . il ginecologo è straordinario" . Solo quando un padre era preoccupato perché la moglie stava facendo 2 gemelli D. è stato senza parole. Non poteva dire :anche Franca. . E via di questo passo. Ci siamo stati tre mesi. Quanti padri e quante madri 303 abbiamo rinfrancato. Qualcuna ci viene ancora a trovare con i il figlio nato proprio in quei giorni. Che benissimo! Intanto, abbiamo comperato una casa in via Nomentana, l'abbiamo arredata e finalmente ci siamo andati ad abitare. Tutti tre. Il bambino cresce. Noi facciamo films. Il primo "Lo svitato". Il soggetto era di Dario. L'aveva letto a Zavattini che ne fu entusiasta. Regia di Carlo Lizzani. Dario era troppo inisperto per aver voce in capitolo con gli sceneggiatori che gli avevano messo al fianco"sei autori in cerca del personaggio" li definì Nello Santi, il produttore. Ne è uscito un film sbagliato con qua e là momenti da cineteca. Avremmo dovuto avevre i mezzi e la forza di ritiralo, rigirare quello che ci sembrava sbagliato e riproporlo. Ma non ci abbiamo nemmeno provato. Forse non l'abbiamo nemmeno pensato. Clamoroso insuccesso. (troppo avanti _Ricordarsi TATI)Credo che sia il film che incassato meno negli ultimo 5o anni. 304 Dopo lo svitato Dario alterna al lavoro di attore quello di sceneggiatore, e viene addirittura scritturato fisso alla Ponti de Laurentis come gags-man a 2. 000. 000 al mese. La cifra era astronomica. Lavora con sceneggiatori del calibro di Age Scarpelli Pinelli(sceneggiatore di Fellini) Antonio Pietrangeli. (indicare films. Titolo) Io interpreto partacce in films tutti lacrime, core, cosce e zinne. Sono 28 quasi sempre in cartello come "partecipazione straordinari", mi pagavanp bene, ma quei films di straordinario non avevano null'Altro che il materiale umano col quale venivo, grazie a loro, in contatto. TINA PICA-GIUDA. POI VENGO SCRITTURATA DAL TEATRO ARLECChino a Roma, per interpretare un testo di Feiduau che sembrava scritto per me:"non andartene in giro tutta nuda"Dario scrive per i fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla un atto unico"gli imbianchini non hanno ricordi". A quel punto gli propongo di 305 ritornare a Milano e farci una compagnia nostra. Ci proponiamo a Paolo Grassi allora direttore del Piccolo teatro che ci regala fiducia, amicizia dandoci il teatro per ben tre mesi. Debuttiamo così, in un caldo infernale, tutti soli, (sì, c'erano altri attori da noi scritturati, ma la responsabilità della compagnia era solo nostra) con "Ladri, manichini donne nuda". Scritto diretto e interpretato da Dario, sue erano anche le scene e i costumi. Io facevo l'attrice ma mi occupavo di un sacco di cose;Mio fratello Enrico era il nostro amministratore-attore se necessario. Ha guidato la nostra compagnia con grande abilità, riuscendo a farci stare in pieda anche senza alcun aiuto ministeriale ne dell'ETI(ente teatrale italiano che avrebbe dovuto appoggiare più che mai la nosytra compagnia in quanto recitava opere di autore ITALIANO. Ma sia noi che EDUARDO De FilippO abbiamo avuto grazie alle nostre scelte politiche , vita 306 grama con tutte le forza statali e parastatali). 1958:"Comica finale" quattro atti unici scritti da Dario, su canovacci della mia famiglia. Dario aveva sentito queste storie mentre io le raccontavo a Jacopo per farlo addormentare. Ma de gli atti, che gli ho passato "bocca a bocca", il migliore era "un morto da vendere" che aveva completamente scritto, ambientandolo nell'800 come gli altri. Il migliore. Non si pensi che accecata dall'amore io possa dare a Dario meriti che non ha. Non l'ho mai fattao. D'altro canto basta leggersi le "comica finale pubblicato da Einaudi per vederlo. RICORDARSI DIFFICOLTà FINANFIARIE. STABILE TORINO;EPISODIO 2CANNAS L'AMORE è PIù FORTE; Siamo al teatro Gerolamo di Milano. Andiamo avanti con grande fatica. Il teatro è conosciuto come teatro delle marionette. Se il mio cuore aveva un fremito al ricordo della mia famiglia, 307 questo fremito non poteva riempirci il teatro. La prima fu un disastro. Abituati ai palcosceninci grandi, il trovarci senza prova alcuna in uno spazio grande come il bagno di casa mia, ci ha messi in grande difficoltà. Devo riconoscere, che come unica volta nella storia della nostra compagnia, la critica ufficiale presente allo spettacolo non ha menzionato i 3OOO incidenti che si sono susseguiti nelle tre ore. Proprio in quel teatro, quasi sempre vuoto ci è arrivata inaspettata la possibilità di debuttare in un grande teatro:il teatro Odeo. Stagione 1959-60-"Gli arcangeli non giocano al flipper" teatro Odeon di Milano. Mille posti. Grande successo di critica e di pubblico. Tutte le sere "il Bossino" che in realtà si chiamava Bossi direttore del teatro, non appena lo spettacolo iniziava si metteva in quainta con un foglio sistemato sulla fronte, con scritto in grande l'incasso della serata. Il copione di questo spettacolo ci fu sequestrato per le troppe battute a soggetto 308 che abbiamo aggiunto, non autorizzati. Abbiamo collezionato "rapporti al questore di ogni città dove si lavorava, per un totale di 280, tanti, quanti furono le repliche dello spettacolo. questura" Abbiamo girato tutta l'Italia facendo esaurito ovunque. DATI STATISTICI E INCASSI NUMERO SPETTACOLI DENUNCIA POLIZIA PER CENSURA. in più di una occasione rischiamo di non poter andare in scena. 1960-61 -"Avevav due pistole con gli occhi bianchi e neri". opera che tratta della connivenza tra fascismo e borghesia, tra malavita organizzata e potere. L'intervento della censura è pesantissimo, ci massacrò letteralmente Decidemmo di andare in scena egualmente senza tenere in conto alcuno i tagli. Ci fu un braccio di ferro piuttosto teso tra noi e il prefetto di Milano che ci minacciò di arresto immediato, ma alla fine, preoccupato dello scandalo che ne sarebbe venutoo, il ministero tolse i tagli. il testoE' con 309 questo spettacolo che mi conquisto agli occhi di mio marito, un ruolo diverso da quello di sempre. Per la prima volta non accetto il testo a scatola chiusa certa del successo di sempre. Qualcosa non mi convince. Lo comunico a Dario. Si è discusso mica male. Mio figlio aveva sei anni e ancora se lo ricorda. Credo sia stata la prima discussione accesa alla quale asssistesse. Non ci aveva mai visti così, era un pò spaventato. "Dimmi cos'è che non funziona!Dimmelo!"e io:"non lo so". "più forte il Dario:"dimmelo!" "Non lo so, ma c'è qualcosa che non va. "(Quante volte negli anni futuri s'è ripetuta questa scena?) Jacopo piange senza gridare, e anch'io scppio a piangere gridando come un bambino disperato. Era la prima volta che vedevo dario fuori dalla grazia di Dio. "Ora, lo rileggo tutto. . cercherò di individuare. . di capire. . poi ti dirò. . ". Leggo e prendo appunti. Dario, per tutto il tempo ma guarda serio. In piedi. Mi stavo innervosendo. Dopo due ore, più imbarazzata che mai:"taflierei 310 qui, qu, e qui. "D. ci pensa un pò su, e poi:"forse hai ragione, ma prima preferisco provarlo col pubblico. " Debutto:successo di stima. Il giorno dopo D. mi dà il copione:"fai i tagli che proponevi". 1961-62:"Chi ruba un piede è fortunato in amore". Dopo sporadiche apparizioni nella TV. di stato approdiamo alla televisione sulla neonata seconda rete, (1962 PRIMAVERA) con sei puntate tutte nostre:"Chi l'ha visto?". Subito dopo dalla direzione Rai ci viene proposto di condurre "Canzonissima"il grande concorso canoro abbinato alla lotteria di capodanno la trasmissione di maggior interesse popolare dell'ente. D. scrive i testi che prima dell'inizio della trasmissione ricevono il benestare della direzione nella persona del dott. Pugliese direttore generale(?). Ma già alla prima puntata la stampa reazionaria si scatena criticando ferocemente la più che delicata critica politico sociale contenuta neitesti. 311 Di puntata in puntata gli attacchi, le polemiche sulla stampa non si contano. L'indice di ascolto è altissimo (anche se al processo, uno dei tanti che c'è stato la direzione Rai tentava di sminuirci. dicendo che nessuno ci vedeva. TAXISTI RICORDARSI) l'Italia era divisa in due:chi ci ama, e chi ci odia, ma tutti lì, davanti al televisore il sabato sera. Ad ogni trasmissione ci vengono imposti tagli e censure sempre più pesanti. (FIORI SENO. GAMBA SINISTRA)fino a che all'ottava puntata decidiamo di abbandonare la trasmissione. La famosa "Canzonissima", il FANTASTICO DI OGGI, va in obda senza presentatori. (RICORDARSI WALTER CHIARI E BRAMIERI)e quando l'annunciatrice all'inizio della trasmissione dice:d. FO e F. Rame si sono tritirati, una quantità incredibile di telespettatori si rovescia nelle strade di Milano, tutti quanti diretti al palazzo della fiera dove si teneva la trasmissione. Quando usciamo(eravamo stati su consiglio dei nostri legali nei 312 camerini nostri fino alla fine della trasmissione) ci troviamo davanti una folla di gionalisti, fotografi e migliaia di persone. In molti erano venuti per dimostrarci la loro calda e commossa solidarietà. Questa fu la prima e credo l'unica volta nella storia della Rai che due "attori" rifiutarono di "abbioccarsi" d'innanzi alle imposizioni ai tagli, all'arroganza del "padrone"ai soprusi. BIOGRAFIA PER ENCICLOPEDIA TRECCANI SALA DI CESENATICO 20 SETTEM. 1992 Franca Rame debutta in teatro a otto giorni, tra le braccia di sua madre, nel ruolo della figlia della Genoveffa del Brabante. La sua è ultima ed una delle più importanti famiglie di attori girovaghi. Rappresentano, nell'Italia settentrionale, un repertorio assai vasto. Stralci dell'autobiografia di Franca Rame di prossima pubblicazione: "La mia famiglia è di origine lombarda, nasce agli inizi del 600, con marionette e 313 burattini, (conoscevano entrambi le tecniche assai diverse tra loro). Ho debuttato ad 8 giorni in braccio alla mia mamma. Nella mia famiglia era un fatto naturale: appena nasceva un figlio lo si metteva in palcoscenico. L'Accademia di arte drammatica, l'ho fatta lì, con loro (con mio padre, suo fratello le rispettive mogli, i figli, gli scritturati). 314 Poi, abbiamo cantato Bandiera rossa e l'Internazionale... e ci veniva da piangere. A quei tempi, oltre ad essere onesti, ci si commuoveva anche facile. La sezione di Cernobbio... Ci venivano anche i miei figli... si organizzavano serate... dibattiti... litigate... Jacopo e le bambine erano i più giovani iscritti alla F.G.C.I. della Lombardia. Avevano 12 anni e facevano la prima media. Erano molto attivi... politicamente impegnati nonostante l'età; passavano tutte le loro ore libere dalla scuola, a fare inchieste. In una zona bianca come il comasco... ad esempio, con carta e penna o registratore fermavano le donne e candidi chiedevano: "Signora prende la pillola? Che contraccettivo usa?" Immaginatevi le reazioni! 315 M'ha chiamato persino "Signora i suoi figli..." il Sindaco: Oppure tornavano a casa e: "Da oggi, tutto quello che è americano... ( si era durante la guerra nel Vietnam) in questa casa non entrerà!" A conti fatti si poteva mangiare solo pane, riso, spaghetti. Via la Coca-cola, via i gins, via questo via quello. Jacopo, s'è preso anche uno schiaffo da un insegnante... c'era uno sciopero degli studenti a livello nazionale... loro tre, credo gli unici in tutto il comasco, stavano davanti ai cancelli della scuola e cercavano di convincere i compagni a scioperare, (Si può inserire episodio "blocco del giro d'italia in piazza Duomo con TV e Zavoli, il commosso viaggiatore e carica polizia a mezzanotte) "Vedremo..." (canta sottovoce):"Avanti o popolo alla riscossa.." 316 (Accennare incontro con Novelli allora direttore Unità e giornalisti: non sapevano niente, non avevano letto Rinascita articolo Amendola) Che vergogna! Siamo diventati piccoli piccoli. Siamo diventati come gli altri. Un pò come Woody Allen! Qualche anno fa abbiamo messo su uno spettacolo agile da recitare quasi improvvisato, a base di provocazioni dirette sul pubblico. Abbiamo debuttato al Festival Nazionale dell'Unità di Bologna. C'era ancora il vecchio P.C.I...e c'era ancora Natta come segretario. S'è cominciato, tra la meraviglia dei compagni del PCI, con un elogio sperticato in favore del partito socialista... Barzelletta Craxi che mangia le patatine) D'altra parte, bisogna mettersi in testa che la ladroneria è legata alla nostra tradizione popolare... anche religiosa... Non per niente Cristo fu inchiodato in mezzo ai ladroni: cioè fra gente simpatica, di compagnia... mica fra due brave persone noiose e rompiballe. 317 A proposito di tradizione, nei tempi antichi, il trattamento riservato agli imbroglioni e ai ladri, specie della cosa pubblica, era assolutamente severo. - Tanto di cappello - levo il cappello frangetta- marchio sulla fronte. LA GOGNA: ognuno nella piazza della sua città. Ai colpevoli di truffa ai danni delle casse della comunità, si imponeva il castigo della "culata". Venivano sollevati di peso a gambe ripiegate, da due giustizieri e quindi lasciati cadere di schianto su una pietra che, a furia di sederate, diventava concava. I castigatidi sedere si riconoscevano all'istante in quanto, causa i contraccolpi della culata gli si incassava il collo, la testa si rincalcava fortemente fra le spalle tanto da farli sembrare tartarughe col vestito. Vi ricorda qualcuno? V'è venuto in mente Andreotti? Sì, parlo proprio di lui... Tra parentesi... avete visto che da che è morto Lima non ha più aperto bocca? Ha 318 aumentato solo, prima di andarsene, del 25% lo stipendio dei suoi amici Vip dei baracconi statali. Nella sua eterna carriera di governo ha combinato truffalderie e imbrogli a non finire... Un sacco di volte s'è tentato di beccarlo in castagna, ma lui, con straordinari colpi di reni, se l'è sempre cavata. Credo che, uomo di cultura com'è, sia a conoscenza del castigo della culata! e addirittura soffra della sindrome... Sono certa che il suo aspetto sia la conseguenza di una memoria genetica... trasmessa dai suoi avi, che sicuramente hanno subito una serie notevole di culate... "nei secoli dei secoli." del lessico e dei valori, specie, di quella comunemente detta "della morale civile." Sono stata violentata da mio padre a 10 anni, una volta sola. Dico, "violentata", ma il termine è errato. Più giusto dire:"Ho avuto un rapporto sessuale con mio padre, senza nessun trauma, senza capire quello che mi stava capitando. Ripeto, avevo 10 anni. Volevo 319 molto bene a mio padre e lui voleva molto bene a me. Troppo... Non c'è stata violenza alcuna... non pensavo fosse "male", solo da adulta ho capito tutto l'orrore di quell'atto: una terribile violenza alla mia innocenza. Molte volte ci ho pensato da grande. Allora, in quel momento forse incoscientemente, mi son detta: "E' mio padre, mi vuole bene, da lui male non me ne può arrivare. E' mio padre, se l'ha fatto vuol dire che è naturale, che doveva farlo. L'ho accettata come la varicella, la scarlattina, le mestruazioni. E' mio padre. E non ci ho pensato più. In un attimo avevo rimosso, cancellato tutto. E chi si ricorda della varicella, del morbillo? (SCHERMO) 320 Erano altri tempi quelli. Poi, abbiamo cantato Bandiera rossa e l'Internazionale... e ci veniva da piangere. A quei tempi, oltre ad essere onesti, ci si commuoveva anche facile. La sezione di Cernobbio... Ci venivano anche i miei figli... si organizzavano serate... dibattiti... litigate... Jacopo e le bambine erano i più giovani iscritti alla F.G.C.I. della Lombardia. Avevano 12 anni e facevano la prima media. Erano molto attivi... politicamente impegnati nonostante l'età; passavano tutte le loro ore libere dalla scuola, a fare inchieste. In una zona bianca come il comasco... ad esempio, con carta e penna o registratore fermavano le donne e candidi chiedevano: "Signora prende la pillola? Che contraccettivo usa?" Immaginatevi le reazioni! M'ha chiamato persino il Sindaco: "Signora i suoi figli..."Oppure tornavano a casa e: "Da oggi, tutto quello che è americano... ( si era durante la guerra nel Vietnam) in questa casa non entrerà!" 321 A conti fatti si poteva mangiare solo pane, riso, spaghetti. Via la Coca-cola, via i gins, via questo via quello. Jacopo, s'è preso anche uno schiaffo da un insegnante... c'era uno sciopero degli studenti a livello nazionale... loro tre, credo gli unici in tutto il comasco, stavano davanti ai cancelli della scuola e cercavano di convincere i compagni a scioperare, il professore di ginnastica li tira per un braccio, li spintona e cerca di farli entrare in classe... loro fanno resistenza e via che vola un ceffone sulla faccia del "mio bambino"!! Quel che è successo dopo non ve lo posso neanche descrivere. Il preside ha dovuto affiggere un cartello davanti alla scuola dove si ribadiva il diritto costituzionale di sciopero anche del cittadino al di sotto dei 12 anni. (Si può inserire episodio "blocco del giro d'italia in piazza Duomo con TV e Zavoli, il commosso viaggiatore e carica polizia a mezzanotte) 322 Mi ricordo, che per le elezioni... (non mi ricordo la data) sempre a proposito della mia sezione di Cernobbio, mia mamma, 80 anni era a Montecatini. Mi telefona e mi fa: "Devo tornare a votare..." "Mamma, non preoccuparti... stai lì tranquilla... gli anziani possono votare anche dopo..." dico senza neanche un briciolo di vergogna. Che stesse pure a bersi le acque. Sapevo che se fosse tornata avrebbe votato D.C.! La sera in sezione preoccupata, ne parlo con i compagni: "Compagni!, se mia mamma torna, facciamo un seggio finto qui, in sezione, le diamo una scheda di quelle per la propaganda... e la faccio votare qui." Silenzio di tomba! Il segretario Rocca, fa per parlare e un compagno gli grida: "Zitto tu, che hai speso i soldi per la cantante che ancora stiamo pagando i debiti!" Ricade il silenzio di tomba... poi un compagno del direttivo... che erano poi in tre... fa: "Vedremo..." (canta 323 sottovoce):"Avanti o popolo alla riscossa.." Poi, per fortuna mia madre se ne è dimenticata... Mi sono iscritta al Pci... alla fine degli anni 50... I miei avevano una compagnia teatrale... giravano il nord Italia... erano socialisti, quando essere socialisti era una cosa seria... si andava in galera, e non per la tangente! Ho nel mio archivio documenti che so... della Camera del lavoro di Castellanza, Legnano... dove si ringrazia la mia famiglia per aver fatto spettacoli, lasciando l'incasso, in sostegno dei grandi scioperi e occupazioni delle filandere durante la guerra 15-18. Ho debuttato a otto giorni, ne "Il figlio della Genoveffa di Brabante", in braccio alla mia mamma. Non parlavo tanto quella sera lì... Nella mia famiglia era un fatto naturale, appena nasceva un figlio, lo si metteva in palcoscenico. Andavo a scuola, 324 e lavoravo la sera... Quante volte mi sono addormentata nelle casse dei costumi? Era bellissimo. Poi è arrivata la guerra nel 39. Avevo 10 anni.... Sì, fate pure i conti, ne ho 63... Abitavamo a Varese... Si recitava lì e anche nei paesi intorno. Avevamo un permesso speciale per girare nelle ore del coprifuoco. Ci spostavamo con una corriera che chiamavamo "Balorda" a causa del comportamento bizzarro che aveva, che, più che al suo cattivo carattere andava attribuito agli anni. Non era bello girare di notte durante la guerra, ma noi giovani, non ce ne accorgevamo... si cantava, si rideva... evitando di guardare fuori dai finestrini... Non si vedeva una luce! Una notte un gruppo di tedeschi e camicie nere ci hanno tenuti bloccati sino all'alba. Se quell'alba avesse portato la notizia di una missione tedesca andata male ci avrebbero fucilati tutti. L'abbiamo saputo qualche giorno dopo. Altre volte, capitava che ci fermassero dei partigiani. Non è che dicessero "siamo partigiani" ma erano in 325 borghese con i mitra e neanche li nascondevano! "Signor Rame - facevano a mio padre - ci dà un passaggio?" Li facevamo salire. Più avanti capitava d'incontrare picchetti fascisti che ci fermavano. Un'occhiata al lasciapassare "Buona sera signor Rame... com'è andata la serata?" - "Benissimo!" "Buona notte. " - "Buona notte" e via che ce ne andavamo... senza un goccio di sangue in faccia si riprendeva a cantare e i partigiani gridavano più di tutti! Dicevo che mi ero iscritta al PCI alla fine degli anni 50. Mi ricordo che il giorno dell'iscrizione ero molto emozionata. Entrare in un partito come il "Partito Comunista Italiano" era una scelta, una decisione molto seria. Il mio primo colloquio politico l'ho fatto con Tortorella... me lo ricordo dietro alla scrivania... molto compreso nel suo ruolo... fin troppo. Come mi sono iscritta a PCI, mi aspettavo che mi capitasse chissà che... no, non che mi mandassero a dirigere il 326 comitato centrale... ma riunioni, discussioni, scuola quadri, questo sì. Invece, niente. Solo il cestino a Pajetta al festival dell'Unità, fare di quando in quando uno spettacolo per raccogliere denari per la sezione della tal città dove i fascisti avevano spaccato tutti i vetri... e dal momento che mi trovava a Torino con Dario e la nostra compagnia per Natale, mi hanno mandato intorno per la periferia, accompagnata dai vari segretari di sezione a raccogliete fondi per "la befana dell'Unità", e poter fare regali ai bambini.(FORSE QUESTO DI AMENDOLA E' INUTILE) Eravamo nel 64 tanto per capirci, quando Amendola, scrisse il primo articolo su Rinascita, dove parlava della necessità di "iniziare" il "dialogo con i cattolici" ve lo ricordate, no? (Accennare incontro con Novelli allora direttore Unità e giornalisti: non sapevano niente, non avevano letto Rinascita articolo Amendola) Erano anni particolarmente duri quelli per gli operai... tipo questi che verranno... e che forse 327 saranno pure peggiori. Giravo nelle sezioni... le compagne i compagni mi abbracciavano, mi ringraziavano come stessi facendo chissà che, e poi uno ad uno, mi davano quello che potevano. Chi 1000 lire, chi 5000 raccolte sul luogo di lavoro. Un compagno mi fa:"Questa è la mia macchina fotografica. Non ho soldi, mi hanno licenziato." Che effetto avrà fatto a quei compagni scoprire che i loro dirigenti hanno rubato. Che vergogna! Siamo diventati piccoli piccoli. Siamo diventati come gli altri. Un pò come Woody Allen! A proposito di ladroneria e politica, quasi trent'anni fa, nel 64, gli anni del boom economico, delle grandi speculazioni edilizie, era uscita sui giornali la notizia di un probabile trasferimento del centralissimo ed elegantissimo cimitero comunale di Milano, il Monumentale. Dario ci ha scritto sopra una commedia: "Settimo ruba un po' meno" Spingendosi fino all'impossibile con la fantasia, andando giù un pò 328 pesante, come si fa sempre nel teatro satirico, aveva addirittura inventato nel gioco al paradosso che che, grazie a una delibera infame... si stava sgomberando dai cadaveri tramite un "cadaverodotto", una vasta area del centralissimo Cimitero Monumentale per farne un bel parco e così far triplicare il valore dei terreni circostanti. Si raccontava di commercio di cadaveri, vendita di loculi sottobanco e speculazioni sulle tombe. Un' iperbole! Ebbene oggi, l'avrete letto su tutti i giornali, l'hanno fatto davvero , ci hanno copiato... ci hanno spudoratamente rubato l'idea, e senza pagarci i diritti d'autore.E sono andati pure oltre! Hanno imposto pizzi sui cadaveri per conceder loro il diritto di sepoltura. Hanno piazzato tangenti sui funerali, tangenti sulle tombe singole e comulative, hanno riciclato vecchie lastre tombali rivendendole per nuove...Hanno organizzato perfino il riciclaggio delle nuove corone mortuarie. Non era ancora finito il servizio funebre 329 che appositi addetti facevano sparire corbelle di gigli, cuscini di rose, corone rimpinzate di garofani e velocissimi, trasportavano il tutto, agli appositi negozi di arredi funebri...per essere rivenduti al prossimo cadavere in transito... Bastava cambiare il nastro col nome del defunto. Spesso, le medesime decorazioni floreali sono state smontate e rimontate per matrimoni e battesimi. Credo che al massimo dei grottesco si sia arrivati nel momento in cui per la prima del Don Carlos alla Scala ci fu un'esorbitante e improvvisa richiesta di fiori confezionati a mazzi di varie misure da lanciare alla fine dell'opera. I procacciatori di plausi floreali non si persero d'animo, caricarono mazzi, corbelle e cuscini giunti freschi di ritorno dai vari funerali e li portarono alla Scala. Così nel grande tripudio del finale Verdiano, nella esclusivissima prima dei VIP, si sono visti piovere dai palchi e da tutto il loggione una quantità incredibile di mazzi, mazzolini e mazzoloni mortuari... addosso ai tenori, alla soprano ai 330 baritoni... che inchinandosi li raccoglievano e li rigettavano velocemente, sbalorditi e inorriditi, sulle teste dei signori e delle signore plaudenti in platea. Certamente i morti a Musocco e al Monumentale nelle loro tombe strapagate, quella notte si son fatti delle risate proprio da morire! Qualche anno fa abbiamo messo su uno spettacolo agile da recitare quasi improvvisato, a base di provocazioni dirette sul pubblico. Abbiamo debuttato al Festival Nazionale dell'Unità di Bologna. C'era ancora il vecchio P.C.I...e c'era ancora Natta come segretario. S'è cominciato, tra la meraviglia dei compagni del PCI, con un elogio sperticato in favore del partito socialista..."il P.S.I. guadagna voti ad ogni elezione perchè è più simpatico... ed è più simpatico perchè i suoi dirigenti sono sfacciati, si danno un sacco di fotte e rubano a man bassa. Per di più sono veramente vicini alla gente, sanno tutto dei loro problemi più privati... si può ben 331 dire che conoscono le tasche dei cittadini come fossero le loro. Non cercano di nascondere la mano come fanno i democristiani quando vengono sorpresi a rubare "No, non è vero. Giuro che non ho toccato una lira." I socialisti sono leali! "Ehi ma tu rubi!" E lui "Sì rubo! E allora!?" La gente pensa: "Quei socialisti rubano...questo vuol dire che sono spregiudicati, ma anche attivi, creativi..è gente che sa rischiare....e alla fine riesce pure a cascare sempre in piedi... a non farsi sbattere in galera. Se ci sanno fare per loro ci sapranno fare anche per me. Quindi, io li voto!" Invece quando la gente pensa a voi Comunisti...così retti, per bene... perfino modesti... con 'sta mania delle "mani pulite": "Ma chi si fida di quelli..una razza di moralisti romantici. E' gente incapace di rubare... che non potrà mai andare al governo... Gente di grinta, ci vuole!" E giù a votare PSI. 332 Volete diventare simpatici anche voi, avere successo? - si continuava - E allora: rubate! Imparate a rubare, e a truffare dentro e fuori delle Istituzioni, ricattate gli imprenditori, sgraffignate sugli appalti, sui progetti, imponete il pizzo sulle costruzioni, sulle sovvenzioni ministeriali, sugli asili nido e sugli orfanotrofi...MANGIATE! Il vostro nuovo slogan deve essere: "Appropriazione indebita continuata e senza pietà! Basta con le mani pulite!" "MANI ZOZZE e arraffa-tutto!" Un attimo di perplessità e poi è scoppiato un grande applauso compiaciuto. Avevano capito la provocazione. E' passato qualche anno... i comunisti si sono tolti la falce e il martello di dosso... si sono fatti chiamare con un altro nome meno impegnativo, e: ALLEGRIA! Giù a rubare anche loro come socialisti e democristiani di gran mestiere! Certo che essersi buttati via di dosso quel simbolo austero della falce e martello...così pregno di valori: Lotta di 333 classe, solidarietà, il mito glorioso del sacrificio e dell'onestà con tutti i trionfalismi della moralità proletaria... ha aiutato molto. Anche i vecchi socialisti....fin quando con il simbolo del libro aperto, sopra, se pur in piccolo avevano la falce e il martello, al tempo dei Nenni per capirci, mica riuscivano a rubare bene... rubacchiavano perfino stitici, e poi gli prendevano dei sensi di colpa da schiattare... E qual'è stato il vero, straordinario cambiamento portato da Craxi nel partito socialista? Quello, davvero rivoluzionario, di togliere la falce e martello dal simbolo e piazzarci un garofano: "IL GAROFANO!" Un fiore culinario. Coi chiodi di garofano si fanno stracotti, la ribollita, ogni tipo di cacciagione, insomma un fiore simbolo del buon appetito e della grande abbuffata... Così me li ha spinti e incitati fino alla furfanteria più smodata e inarrestabile, fino allo sbragamento totale! Alla perdita 334 di ogni ritegno. Che se capitano in mano alla base, li ammazzano a sassate... Come la Maddalena. ( li cucinano a fuoco lento. Barzelletta Craxi che mangia le patatine) Li ha messi allo scoperto completo... tanto da trasformarsi in una specie di tirassegno per giudici fanatici della giustizia ad ogni costo. E il paradosso è che questa operazione da ammazzasette si chiama proprio "mani pulite". Per me l'hanno fatto apposta per sfottere i compagni del vecchio P.C.I.! "Vi vantavate delle mani pulite? E allora eccovele! In galera i vostri dirigenti...più intraprendenti e moderni." A proposito di tradizione, nei tempi antichi, il trattamento riservato agli imbroglioni e ai ladri, specie della cosa pubblica, era assolutamente severo. Altro che tempi bui! Davanti ad una condanna per imbroglio, non scappava nessuno. Negli antichi statuti comunali di Lucca, Treviso e Milano scopriamo che agli imbroglioni, colpevoli di truffa ai danni 335 delle casse della comunità, si imponeva il castigo della "culata". Venivano sollevati di peso a gambe ripiegate, da due giustizieri e quindi lasciati cadere di schianto su una pietra che, a furia di sederate, diventava concava. La condanna si chiamava anche sacrasgnacca... per via dell'osso-sacro sgnaccato. I pluri-sgnaccati di sedere si riconoscevano all'istante in quanto, causa i contraccolpi della culata gli si incassava il collo, la testa si rincalcava fortemente fra le spalle tanto da farli sembrare tartarughe col vestito. Vi ricorda qualcuno? V'è venuto in mente Andreotti? Sì, parlo proprio di lui... Tra parentesi... avete visto che da che è morto Lima non ha più aperto bocca? Ha aumentato solo, prima di andarsene, del 25% lo stipendio dei suoi amici Vip dei baracconi statali. Nella sua eterna carriera di governo ha combinato truffalderie e imbrogli a non finire... Un sacco di volte s'è tentato di beccarlo in castagna, ma lui, con 336 straordinari colpi di reni, se l'è sempre cavata. Credo che, uomo di cultura com'è, sia a conoscenza del castigo della culata! e addirittura soffra della sindrome... Sono certa che il suo aspetto sia la conseguenza di una memoria genetica... trasmessa dai suoi avi, che sicuramente hanno subito una serie notevole di culate... "nei secoli dei secoli." Un altro castigo che si imponeva ai furfanti pubblici nel medioevo era quello dell'imbrattata di pece, detta anche l'incatramata. Fino al sedicesimo secolo, a Venezia, come un amministratore della Serenissima veniva beccato a sgraffignare o a truffaldare, veniva portato di peso in piazza San Nicolò, sotto le arcate del giudicario e lì, fra l'euforia sboccata del popolino, gli veniva rovesciato in testa un secchio di grasso da lampada o catrame da calafatura. A Venezia. (pausa)Siete dei maligni... Io credo che, come Andreotti con l'effetto della rincalcata, anche De Michelis detto, 337 per il gran turbinare di avvisi di reato che gli danzano sempre più d'appresso: l'avanzo di balera... soffra di una sindrome analoga. Avete in mente De Michelis con quei suoi capelli sempre imbrattati impattacati? E' chiaro! Se la versa lui da solo la secchiata! Ogni mattina si incatrama la capigliatura... per bene. Così, quando fra poco lo beccheranno, finalmente, lui ci s'è già abituato. E nessuno se n'accorgerà... della differenza. - Tanto di cappello - levo il cappello frangetta- marchio sulla fronte. LA GOGNA: ognuno nella piazza della sua città. Certo che a pensarci bene, c'è da restarci allocchiti. In pochi anni le cose (controllare originale) della morale e della politica in tutto il mondo e, in particolare, in Italia si sono trasformate al punto, che se un compagno addormentatosi 15-20 anni fa, si dovesse risvegliare oggi, non ci capirebbe più niente, forse impazzirebbe in quattro e quattrotto nello scoprire il crollo del muro, i popoli del 338 grande impero russo che si scannano con odio quasi religioso-fanatico, la Romania... la miseria disperata con relativo sbarco degli albanesi, la fine del comunismo nell'est... la Iugoslavia... il travestimento sbragato di alcuni dirigenti comunisti... il cambio del nome... E perché? Di che cosa si doveva vergognare il PCI? Una grande dimostrazione di insicurezza, debolezza, paura. Se mai, cambia la linea... poi con calma, magari anche il nome. Immaginate gli occhi sbarrati, attoniti del nostro ipotetico risorto alla luce: "Ma dove sono capitato?" E per fargli saltare il cranio come un tappo di spumante basterebbe portare il nostro risvegliato di fresco a visitare un festival dell'Unità oggi... per esempio quello di Firenze che ha aperto la serie del rinnovamento e della grande svolta DEL CHI SE NE FREGA-ORMAIFACCIAMOCI-GLI-AFFARI-NOSTRI! L'avrete letto, sui giornali: a Firenze i compagni hanno aperto un casinò, ripeto, casinò, con l'accento sulla o, che l'altro 339 senza l'accento, sarebbe stato molto più dignitoso e accettabile. Insomma m'hanno messo giù un certo numero di roulette... con tanto di banco e tappeto verde... casella numerata e pallina che gira... croupié in smoking che gridano il RienNe-Va-Plus... pile di fiches. Giocata minima 5000 (roba popolare) "Forza! Puntate compagni! Il pari vince, il proletario perde... pardon, il dispari perde... siamo a "cavallo e careé!" Alla notizia della roulette di Firenze era inevitabile che qualche vecchio compagno vetero-moralista si indignasse... stracciasse la tessere appena rinnovata con tanto di quercia e ghiande, in faccia al segretario di sezione... E' difficile per gente che ha vissuto intrisa di ideali, di favole e miti sulla rivoluzione... digerire all'istante certe innovazioni! Ancora c'è chi s'è divertito a sfotterli pure, questi indignati: m'han raccontato che al Festival di Firenze un compagno buontempone cercare di calmare un compagno fuori di sé per la roulette: "No, 340 compagno... hai letto male, non si tratta di roulette ma di roulotte... cioè camper, meglio, case viaggianti non per giochi d'azzardo... ma per giochi erotici." "Ma che dici giochi erotici?!?" "Sì, il partito ha piazzato un centinaio di queste roulotte nel parco, fra gli alberi... e i compagni che amano il genere... se ne servono... 100 mila... profilattico compreso, massima garanzia igienica." "Mi vuoi dire che quelle roulotte sono dei bordelli?" "Bordelli?! No, case chiuse semoventi." "E le puttane... dove le prendono?" "Ma che dici, puttane! Mi meraviglio che tu compagno ti esprima con certi linguaggi... sono compagne che lavorano, si sacrificano per il partito!" "Mi stai a sfottere?" "Beh, puoi sincerartene da te: in ogni roulotte c'è la moglie o la figlia di un nostro compagno generoso che ha firmato tanto di concessione davanti al notaio." "E l'introito... sì voglio dire, quello che incassano, va tutto sempre per il partito?" 341 "Ah sì, su questa cosa il partito non transige! Guai se una volontaria erotica viene beccata a farsi la cresta sulle marchette... viene immediatamente radiata con ignominia... e disprezzo... come fosse una puttana qualsiasi! Per questo il partito ha ingaggiato dei finti clienti, che in verità sono segretari di sezione truccati, che entrano, si fanno il loro amplesso erotico... pagano... e poi controllano se non c'è stata cresta. E ti dirò - va giù pesante il compagno burlone - che questa campagna dal titolo: "Fornicate per il partito" sta avendo successo enorme. Sta prendendo davvero piede... meglio, fianchi, glutei, zinne, e tutto il resto, in ogni festival dell'Unità. Purtroppo data l'enorme richiesta scarseggia la materia prima..." "Le femmine?" chiede candido il vecchio compagno "Sì, quelle... purtroppo molti compagni, specie nel sud sono rimasti all'antica e son restii a concedere mogli, sorelle e figlie... così ci s'è dovuto rivolgersi all'estero. 342 Naturalmente a quei paesi che hanno un passato di socialismo reale... così, ai nostri festival, stanno arrivando un sacco di ragazze polacche, cecoslovacche, serbe, ungheresi e russe. Tutte selezionate, s'intende... ragazze sane che possono vantare un passato di militanza seria nel partito. "Sì d'accordo" fa il vecchio leninista, "mi va bene l'ideologia... dico... ma son pure belle?" "Certo belle e preparate... all'amore libero e appassionato!! Non ti crederai che con queste ragazze si vada così: "Quant'è per un'ora? D'accordo... allora mi calo i pantaloni!" No, prima ci si commuove sui bei tempi della lotta e della speranza... Si parla della rivoluzione tradita... si fa qualche triste considerazione, se uno vuole può anche lasciarsi andare/scoppiare perfino a piangere sconsolato... e poi, ecco che lei ti rincuora, ti sbaciucchia... "Non piangere compagno! Sulla breccia ritorneremo!" Ti si stringe al petto... e si fa 343 l'amore... con un appropriato sottofondo musicale... naturalmente." "Qualche bella romanza napoletana? Un blues?" "Macché blues, roba classica... Chopin, Brahms... C'è chi preferisce ascoltare inni eroici: l'Iinternazionale per esempio... o addirittura: "Bandiera rossa!" Avanti popolo, alla riscossa, puttana rossa ci salverà!!" STRINGERE A proposito di gioco degli equivoci, m'è venuto in mente che, sempre restando in tema di roulette, si potrebbe ricalcare il tormentone delle vecchie quanto famose vignette di Guareschi... Un pò pesanti sui trinariciuti del P.C.I. ve li ricordate? "Contrordine compagni... ecc." Ecco, anche con la svolta del Festival di Firenze si potrebbe fare altrettanto: "Contrordine compagni... l'avviso apparso su l'Unità secondo cui i partecipanti al Festival medesimo potranno scommettere i propri quattrini alla roulette, è sbagliato e incompleto, e pertanto dovrà leggersi così. "I compagni 344 potranno scommettere i propri quattrini alla roulette russa, cioè puntare a turno una pistola a tamburo alla propria tempia... o alla tempia del proprio dirigente preferito... e scommettere che partirà o non partirà il colpo. Certo che nel caso dei dirigenti fareste loro un enorme favore tanto la loro tendenza al suicidio è così palese! E' un'ansia che manifestano in ogni occasione politica. Il loro slogan è "viva l'abbiocco, e l'astensione"! Lasciano passare leggi infami, leggi a strozzo sul lavoro, rapine sulla busta paga, cancellazione di tutte le posizioni raggiunte in anni di battaglie sindacali. E poi cos'è 'sto tormentone delle nuove svolte politiche? Ogni giorno senti l'Ochetto che ti viene a raccontare festante: "Siamo alla grande svolta! D'accordo è vero, anche i nostri dirigenti rubano, ma niente paura! Facciamo una bella svolta morale!" Il P.D.S. entra al governo di Palermo con la D.C., "tutti calmi è una svolta 345 transitoria a gomito con ritorno rovesciato. Caliamo le braghe con le leggi antimafia, molliamo come culinterra per la scala mobile... Siamo ad una rapida svolta di assestamento prima del grande Tourniché di recupero! Niente di grave!" Siamo davvero ad una grande svolta, ma si tratta di una svolta del lessico e dei valori, specie, di quella comunemente detta "della morale civile." Infatti ormai il termine, l'espressione "persona per bene" non ha più senso comune, non parliamo poi del "senso dell'onore!" Ci basta osservare l'espressione che ci offrono questi inquisiti arrestati, appena escono da S. Vittore. E' come venissero fuori dal palazzo del Festival Del Cinema comico a Montecatini Terme... sono allegri e soddisfatti, sfoderano sorrisi disinvolti e compiaciuti, vanno stringendo mani e concedendosi in spregiudicate interviste alle TV, sia di Stato che private... Hanno davvero del singolare! E sono pure spiritosi! 346 "Beh sì, ci siamo fatti beccare come dilettanti." Giornalista: "Come si trovava là dentro?" "Senz'altro al fresco. Ah, ah! Scherzi a parte è stata un'esperienza di vita... che mi ha fatto un gran bene. No, non mi ritiro dalla politica, agirò con più grinta!!" Sportivi eh! "Com'è andata col giudice Di Pietro?" "Gli devo gratitudine... grazie a lui mi sono liberato, ho trovato in quel giudice una persona davvero corretta e piena di comprensione... Mi spiace quasi di non incontrarlo più tutte le mattine per l'interrogatorio. E' un uomo che sa ascoltare, mi mancherà." Quella di farsi arrestare, manette ai polsi rischia di diventare una moda di grande successo fra le classi del ceto medio alto. Invece di sborsare 5 milioni per iscriversi e partecipare ai cimenti di sopravvivenza, durata un mese, nella savana... dentro spaventosi torrenti zeppi di rapide, appesi a ponti aerei nel Gran Canyon, uno si fa arrestare, trascinare per quattro settimane 347 gratis a San Vittore: cella con bugliolo... come massimo comfort: cesso alla turca... lampadina accesa giorno e notte... controlli improvvisi... cigolio di catenacci... puzzo a non finire, isolamento una settimana, poi in compagnia di tossico dipendente possibilmente siero positivo in crisi d'astinenza, che urla tutta la notte... Ti lamenti? Ti sistemano con un marocchino mussulmano... che fa il Ramadan e prega a voce alta con vocalizzi un'ora sì e un'ora no... senza sosta notte e dì! Pensa cosa ne hai da raccontare dopo, quando appena liberato te ne vai con tutti gli amici della dorata società a Porto Rotondo e alle Eolie! Per tutta l'estate sei al centro d'ogni attenzione... tutti t'invitano, tutti ti vogliono: "Racconta, racconta!" "Sai stasera viene da noi l'assessore carcerato... non mancare... sarà uno spasso!" E' il trionfo! Ecco un uomo che ha raggiunto il vero successo! Un grande 348 sociologo, Irvin-Moresson, diceva che la nostra società non sente più vergogna anche per le nefandezze più smaccate. Importante è che la società le accetti e le esalti, anzi l'unica vergogna, oggi, consiste nel non essere nessuno... un nulla sepolto fra la massa inodore e incolore. "Ma dove si trova a viaggiare questo nostro partito? esclama incazzato il nostro compagno. Una svolta di qua, una controsvolta: è un labirinto di colon discendenti e rimontanti da voltastomaco... Curve o controcurve del genere si ritrovano solo dentro il budello d'un intestino. E si sa dove va a sboccare un intestino...! E poi l'intestino di chi? Dell'internazionale socialista? Della D.C.? Di 'sto governo? Certo che ritrovarsi ingoiati, digeriti, e alla fine espulsi da un simile sfintere, non è un gran bel programma, compagni! Ad ogni modo sempre avanti: "Pugno chiuso e naso tappato!" 7956 349 INIZIO BIOGRAFIA. ATTENZIONE QUELLA DI EINAUDI È MEGLIO. L'impegno l"ho preso, ma da un'ora almeno, me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono tanti, non avessi vissuto, lavorato, incontrato gente parlato, riso, pianto ecc. Niente. Non mi viene niente. Ho la testa affollata di pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce (e fra tanto disordine, non riesco a trovare la parola giusta che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza. Da cosa parto? Da dove? Sono nata eccetere eccetera. Cosa faccio, anno dopo anno, avvenimento dopo avvenimento in ordine cronologico. Per l'amor del cielo. Sono certa che arrivata alla prima elementare, spengo il computer e non ci penso più. Non mi viene propio niente. Forse potrei partire dalla prima grande emozione che non ho mai dimenticato. Veramente sono due le grandi emozioni della mia vita. Ma che dico, due. Molte 350 di più, ma queste due sono le più grandissime. La prima: "Dario, sono in cinta." 1951. Inutile spendere parole per raccontare le difficolta in cui ci siamo trovati… mi sono trovata. Immaturi, impreparati in tutti i sensi. Spaventati. Non in condizionedi fare un figlio… senza contare mia madre, cattolica convinta e convintissima che io fossi ancora più che mai “illibata”ecc. ecc. Inutile spendere parole. Ho abortito. 30.000 lire più la paura, e qualcosa addoso e negli occhi, che per mesi non m'ha lasciato. Di quell'ora passata in una specie di ambulatorio, non certo atrezzato per un intervento chirurgico, ricordo il freddo, il buio che c'era fuori, era notte, la gelida indifferenza e la tensione del medico e dell'infermiera “non gridi per favore, altrimente non la opero.” C'era paura in quella stanza, la loro e la mia. 351 In quei tempi per l'aborto si finiva in carcere. Oltre a "quella" paura per me c'era il terrore per l'intervento che affrontavo senza saperne assolutamente nulla; solo che mi sarebbe stato fatto con anestesia. Per me, e tutto per me, c'era anche il peso di quello che stavo facendo. Pensavo a mia madre, e ho veramente desiderato di morire. “Se ha paura se ne vada. Non ho gridato. Credo di aver pianto, ma non me lo ricordo. Sicuramente ho pianto dopo, quando Dario che stava ad aspettarmi m'ha abbraciata. Stavamo male tutti e due, in più io mi sentivo così colpevole d'essere certa che non avrei più osato guardare negli occhi mia madre. 2000 anni di pregiudizi erano il pane quotidiano che molta gente ha mangiato. Io, con mia madre onestamente cattolica osservante e convintapoi ne ho fatto indigestione. Per Dario era diverso. (parlare di Brera architettura, lotte operaie;blu di metilene ecc. ) Ho incontrato altre volte quel medico. Non ci siamo mai nemmeno 352 salutati. Lui e diventato famoso. Ricchissimo. Non ha mai fatto obiezione di coscienza, dopo la legalizzazione dell'aborto. Ho saputo che nulla era cambiato nella sua attivita abortista. Solo la tariffa. "Sono in cinta!". Il punto esclamativo sta a sottolineare il cambiamento dei miei sentimenti nel comunicare questa notizia a Dario, mio marito. Siamo nel luglio del 1954. Mi sono sposata il 24 giugno. Tutto è regolare. Sono, in regola. Il giorno dopo "la prima notte" legale che io e Dario avevamo consumato già due anni prima, telefonai appena sveglia alla mia mamma. Nel sentire la sua voce, mi venne un nodo di commozione. Ero uscita di casa. . avevo una casa mia. . insomma m'é venuto il magone. "Che succede?C'era apprensione, preoccupazione, imbarazzo e non so che altro nella sua voce non ti ha trovato in ordine?"Cara dolce mamma, pulita, ingenua, tenera, così sicura di quanto mi avevi insegnato da non essere mai stata nemmeno sfiorata dal dubbio 353 che tua figlia, che se ne stava per mesi in turné, potesse avere rapporti "stretti" con il ragazzo con cui "filava" e col quale lavorava. Al "magone" s'é sostituito l'imbarazzo d'aver tradito la sua fiducia. Non lo vedevi di buon occhio quel matrimonio, mamma:"é un attore, uno spiantato, non fara mai niente nella vita. Stai lontana dagli attori. Prendono in giro le ragazze, si divertono e poi le piantano". E dietro a quel"si divertono" si nascondevano nefandezze innominabili. I GIORNALI Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai letto un giornale. E questo che c'entra? Nulla. Sto cercando di tirar fuori fatti lontani, che disordinatamente affiorano al mio cervello vuoto. Non ho mai letto i giornali. Lo dico con meraviglia. Possibile? In casa mia c'erano, la mia era una famiglia socialista quando esserlo costava qualche cosa. Si pagava, senza ricevere nulla in cambio: 354 con quella tessera in tasca allora carriera o posti di comando, non ne ricevevi. I giornali c'erano, li toccavo quando li raccoglievo da terra dopo che mio padre li aveva letti. (incredibile quanto mio marito assomigli a mio padre: anche lui, li butta per terra!) per riporli o buttarli, ma io sono sicura di non averne mai aperto uno fino ad un certo giorno. Cioè quando sono andata a sbattere con la mia bicicletta addosso ad una Topolino (in realtà gli ho sfiorato un parafango). La reazione del "guidante" è terribile e immediata e assolutamente fuori posto "Ecco chi rovina l'Italia!""No, guardi io" "Silenzio! Voi giovani che delegate. Delegate e non leggete i giornali!". Allibita, senza parole. E' da quel giorno che dei giornali leggo tutto, dalle inserzioni agli annunci mortuari. Grazie isterico signore della topolino. Grazie. Forse ora posso correre all'inizio della mia vita. 355 1932 "E' ora che Franca incominci a recitare. "è mia madre che parla. La prima parte che ho imparato a memoria, me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot- a mot, parola per parola. Non sapevo leggere. Avevo tre anni. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva recitato da mia sorella Pia in "la passione del Signore" atto V, orto dei Gezzemani. "Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti! Pentiti! "dovevo gridare di quando in quando. La parte non era lunga. Non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!" e ancora e ancora. "Ripeti" diceva la mia mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone. "Ripeti!" Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima. Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle. Seppur credente 356 non andava mai in chiesa ma aveva uno zio prete. Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine. E' ora d'andare in scena e tutti: "ma che bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda. Non avevo fatto nessuna prova. Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda" e quel che segue. Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva immaginare fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa. Gli occhi che lanciavano saette tra un tuonar e 357 lampeggiar minaccioso, che disperato gridava: "possano i corvi divorarmi le budella, le aquile strapparmi gli occhi!" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua", mi fece un terribile effetto. Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando?! Ero stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella, solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gliene stava dicendo di tutti i colori! Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera. "Ma cosa sta capitando? Perché lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare; mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentori. Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose. No, io no, allo zio Tommaso. Non dico proprio un bel niente.! Non so cosa gli sia capitato. Forse è impazzito. "Anzi. A 358 piccoli passi, camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai. Dio che paura! Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci. Insomma cercavo con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico. Pia s'è ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prespettavano niente di buono. Lo zioGiuda si blocca per non più di tre secondi, lo giuro. E poi con voce profonda (intanto con la mano mi solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice: "Dio, sei grande! A QUEST'ORRENDO PECCATORE MANDI IL CONFORTO... un piccolo angelo... mi tendi la mano. No, no, non me lo merito! e, dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto, M'impicco!". Deve usare un po' di forza per liberarsi da me che proprio non 359 ne voglio sapere di lasciarlo andare. Grida: "L'albero più alto... dov'è l'albero più alto... Lasciami andare angiolino. Lasciami: "e con un urlo agghiacciante esce di scena. Mia sorella (l'unica volta nella sua vita, credo) non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue. Grande applauso. Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni. Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a spingermi ( a pigiarmi ) la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e mesta quel tanto che serve dico "S'impicca! Non s'è pentito. Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore. Non s'è pentito!" e via che esco. Ce l'avevo fatta: l'avevo detta tutta! Da allora in poi, "la passione del Signore" ha sempre avuto due angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio. E tutti giù a piangere. 360 A 5 anni: "gli spazzacamini della valle d'Aosta. Com'è che succedeva? Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio che non avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con certezza di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo. La parte come sempre fino a che ho imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente, era come se la sapessi già. Anzi, la sapevo già. Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi permettesse di addormentarmi, mentre i miei recitavano una sera dopo l'altra? "Gli spazzacamini" un drammone. Gino, (io, ) il protagonista, figlio di una povera ma bella incintata e poi abbandonata dal figlio del conte... vengo, a causa della miseria in cui nascono quasi sempre quelle incintate dai "contini", NONOSTANTE LA TENERA ETA' affidato ad un "mercante di carne 361 umana"!, un delinquente che specula sui bambini che gli vengono affidati, mandandoli spesso a morire nel tentativo di pulire, in quanto smilzi e denutriti (quanto piangeva la gente!) la cappa di un camino. E' quando, la mia mamma che per fortuna era venuta a trovarmi a Torino col mio nonno sennò chissà come avrebbe mai fatto a tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia morto nella cappa del camino "Oh che tremendo dolore!" e via che impazzisce. La ragazza in questione era proprio sfigata. Ma il suo Gino, che quel giorno lì in quanto ammalato, era stato sotituito nel lavoro da un compagno, certo Carletto, che muore al suo posto. (Mai essere generosi!) Questa è per Gino una giornata davvero fortunata. Il vecchio conte è schiattato nel frattempo, ed il contino, vale a dire il suo papà, decide in quanto sempre innamorato della mia mamma, di riparare al malfatto e di sposarla. Ci sono un po' di problemi per far rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma alla fine tutto finisce in gloria tra 362 lacrime e singhiozzi e applausi. 5 atti, con la comica finale per -17 - non mandare a casa la gente con il magone. Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, TEATRO POPOLARE appunto, nella tradizione della COMMEDIA DELL'ARTE, completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie, come la nostra, che agiva no in provincia. Il nostro successo stava tutto in questa differenza. Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di cannovacci e per molti testi 363 non esisteva nemmeno il cannovacccio. Ce li avevamo _18_ nella testa da sempre. Eravamo bravi? Non lo so. So solo che i teatri erano sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre. O se c'era il funerale di un defunto importante del paese: il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il farmacista. E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione, "il povero fornaretto di venezia e non mi ricordo più quali altri drammoni avessere successo) mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano. "Tu fai questo, t u questo e tu questo, e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti. "L'assassino del corriere di Lione". Scena PRIMA: la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto, partito povero, 364 tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo repulsione. - 19Manifestare freddezza e imbarazzo. Ricordarsi che la madre è morta. Scena seconda:un uomo(lo stesso attore che interpreta il personaggio delpadre) languisce in una cella, è un innocente caduto in un errore giudiziario terribile. Accenni all'assassinio di un corriere a Lione. Acceni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al paese. Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolverà: il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la forca. Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta. Comica finale. Non c'è pesonaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato. Neonati(8 giorni in braccio alla mia 365 mamma-in la Genoveffa di Brabante), bambini o bambine, ragazzini, signorine, giovanotti, suore, cortigiane, prostitute. Una volta ho fatto persino, il cuciniere Dracco. La storia nel ricordo, mi fa ancora ridere. Ero cresciuta e la Genoveffa(che dio la maledica, quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo io. Giovane e bella moglie del re alla guerra, sola nella raggia viene insidiata da Golo, un primo ministro della situazione, che lei respinge furente e offesa. La donna giovane donna decide di inviare una missiva al marito tramite il cuciniero Dracco:l'unico che a corte le sia rimasto fedele. per avvertirlo del tradimento del suo braccio destro. "Torna o mio dolce sposo, torna! che quel maialone del Golo vuole fare con me, proprio quella cosa là!" Golo che è sempre lì a origliare , scopre tutto e zak!, pugnala il poveraccio e manda a dire al re che Genoveffa è incinta del cuciniero. "Ti ha tradito o mio re, che vergogna con un cuciniero!"Il re ci casca, fuori dalla grazia di dio "un 366 cuciniero no!"ordina il taglio della testa della la fedifraga e anche del bambino nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE POI TUTTO , COME SEMPRE, FINISCE IN GLORIA )Arriviamo sulla piazza e ci rendiamo conto che ci manca l'attore che avrebbe dovuto interpretare il ruoli del cuciniero . D'accordo, sono due parole che si possono anche tagliare, ma fisicamente deve essere in scena. Ci ragioniamo sopra un attimo per vedere come risolvere. Bene. Ci siamo. Facciamo così. Al momento cruciale, vado alla quinta di destra. Il perfido Golo mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando fuori scena con il cuciniere che non c'è, fingo di consegnargli il messaggio e poi, affranta, esco. Velocissimi mi mettono sulle spalle un mantellaccio con capuccio, che mi copre dalla testa ai piedi. Rientro in scena con la missiva bene in evidenza in mano, faccio qualche passo come se ora io parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su di me"muori, spione di un cuciniero!E via 367 che mi pugnala. Cado morta. Golo mi trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla parte opposta da cui sono entrata. Mi tolgono il mantello, mi raddrizzo la parrucca biona dalle lunghe trecce, corro velocissima dall'altra parte. Rientro in scena e_ 22 _ vedo Golo che pulisce il pugnale assassino nel mantellaccio che indossavo fino ad un secondo fa. "L'avete ucciso!Assassino!!"Ansimo un pò, per via della corsa, ma sono perfettamente in parte e nessuno s'è accorto di niente. Noi eravamo in grado di andare in scena senza prova alcuna, con un testo nuovo allestito di sana pianta. Arrivavamo ad esempio in una piazza nel giorno in cui in paese si festeggiava la santa patrona, ebbene, debuttavamo con la storia di quella santa sulla quale mio pdre e mio zio avevano giorni prima letto e ascoltato dalla gente, vita morte e miracoli. Avevavno riunito la compagnia, raccontato a sommi capi l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi adatti non c'erano si rimediavano, e via che si 368 debuttava. Senza prove. Se si confronta con i 90 o addirittura i 180 giorni di prova delle compagnie di oggi.Ma certo che allora, sovvenzioni ministeriali o regionali o provinciali o comunali, non ce ne erano, quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare eccome. -23- L'unico posto, luogo dove io mi senta a mio agio è il palcoscenico. No, non per via:ama la polvere del palcoscenico. No. Sono allergica alla polvere, alle banalità, alla rettorica. Sto bene in palcoscenico perché è casa mia. In qualsiasi città mi trovi, quando sono in teatro sono a casa. Entrando nella hall di un teatro, non m'è mai capitato di dovere chiedere"scusi, dov'è il palcoscenico?"Conosco automaticamente la strada, dove sono i camerini, il gabinetto. "Ma ci sei già stata qui?""No, è la prima volta""Non ti credo" -"Sì, forse ci sono già stata". Sto bene nei camerini, anche se squallidi. No, non li addobbo con sete colorate. L'ho fatto qualche volta. senza accorgermi andavo dietro all'onda, voglio dire alle 369 usanze degli attori, ma erano 100 anni fa. Poi ho scoperto che non mi ci trovavo con QUEGLI addobbi intorno, non sentivo il bisogno di ricostruirmi il "salotto"di casa mia, anche se il camerino era un cesso. E DIO sa quanti camerini "cesso" trovano gli attori nei teatri e nei cinema di casa nostra. L'unica cosa alla quale non rinuncio è la luce. "Lino!!(è il tecnico delle luci) La luce"Lino arriva e mi piazza certi 5OO da accecare. Io ci sto bene. La luce e il mio baule, ora i miei bauli. Mi piacciono i miei bauli. E' un classico baule armadio d'attori, verde fuori a fiorellini l'interno. Ci sono i cassetti e nei cassetti di tutto: golf, libri, fogli, macchina da scriverecomputer, pennarelli, lettere e cianferi d'ogni genere. Il primo baule della mia vita l'ho comperato a rate nel 51, non appena arivata in compagnia primaria. Dentro non c'era quasi niente, ma quel sacramento, che si apre all'impiedi dividendosi in due e diventa un armadio, con cassetti e reparto per i cappotti, con 370 tanto di targhetta in metallo con il mio nome, mi dava una gran sicurezza. Per la verità era una sicurezza del tutto speciale:la sicurezza di avere anch'io il baule come tutti gli altri. Credo che quella sia stata l'unica sicurezza di quesgli anni e per molti anni dopo. Credo anche di essere la persona più insicura che io conosca. Il mio baule, il suo contenuto, il camerino il palcoscenico:sono a casa. Io non mi consiero un'attrice. Sono "anche " un'attrice. In casa mia ho imparato tutto quello che può servire per poter fare questo lavoro: attrice, elettricista, fonico, costumista, trovarobe, direttore di scena, servo di scena, piazzare le luci, suggerire, sarta, vendere i biglietti, truccare, pettinare, ballare, cantare (sono un po' troppo timida, seppur molto intonata!Me l'ha detto Giovanna Marini, e se lo dice lei... )la ricerca delle piazza l'amministratore, fare un borderò, (ora è però diventato difficilissimo) I miei avevano addirittura una propria tipografia dove si stampavano i manifestini, 371 insomma i volantini di adesso. Avevamo centinaia di scene belissime, dipinte da un pittore della Scala, Lualdi che veniva a apassare le sue vacanze da noi, ogni tanto, le rinfrescavamo tutti insieme. Ogni giorno cambiavamo piazza, (dico piazza per dire "paese", non recitavamo in piazza ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori, quindi ogni giorno si dovevano montare -26-scene e luci. Anche i nostri costumi erano belli. Figuriamoci! Mio padre, tramite l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal Teatro della Scala. E se per un nuovo testo mancava qualche costume, ce lo facevamo in quattro e quattrotto. Mia madre, maestra diciottenne, figlia dell'ingegnere del comune dove risiedeva (Bobbio) e di una casalinga si era innamorata di questo "girovago marionettista"che un giorno era passato di lì, e con grande scandalo dalla famiglia-(povera come l'acqua, ma di una classe sociale superiore a quella di mio padre)e del paese se l'era sposato. Mia madre, era bellissima e quando dico 372 bellissima voglio proprio dire"bellissima"senza artificio alcuno. Nessuno di noi, quattro figli, pur assomigliandole, s'è avvicinato a tanto; Bellissima, giovane, innamorata, aiuta Domenico (il marito) e Tommaso (fratello del marito e Stella, (sorella del marito) in tutto quello che può . Cerca con tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova vita, tanto diversa da quella che aveva condotto sino a quel giorno. Non sa manovrare le marionette, ma si ingegna a vestirle. Poi, più avanti, dirà qualche battuta. Con l'avvento del cinema (1920)) i due fratelli intuiscono che "il teatro delle marionette" sarà presto messo in crisi, subissato, da questo nuovo fantasctico mezzo di spettacolo. Decidono un cambiamento radicale(con grande dolore del nonnno Pio, un amate di Garibaldi, l'unico ritratto in nostro possesso lo raffigura vestito e somigliante all'eroe!)" Entreremo in scena noi, al posto delle marionette, reciteremo noi inostri spettacoli "Così mio padre con la propria famiglia aggiunta alla famiglia 373 di mio zio Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di legno, vere e proprie sculture, tre delle quali sono esposte al Museo del teatro della Scala di Milano. E quando inizieranno a recitAre di" persona", a portare loro stessi in palcoscenico i testi, i personaggi che avevano fino allora interpretato muovendo e doppiando pupazzi di legno, lei, la mia mamma, diventa la prima attrice della compagnia. Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li faceva-28- studiare, si occupava della casa, e come una più che provetta caslinga( a tutti gli effetti)teneva l'amministrazione della compagnia come fosse quella di un normale menage familiare, si occupava dei costumi, aveva imparato pure a cucire, e alla sera, via!, E Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la Fantina dei Miserabili, tutti -28- ruoli che via via, abbiamo interpretato anche noi figlie e le cugine Ines e Lucia. Percorro così l'apprendistato dei teatranti interpretando via via che cresco, tutti i ruoli maschili e femminili adatti alla mia 374 età. Il vantaggio della compagnia di mio padre rispetto alle altre compagnie di giro, (così si chiamavano le piccole compagnie di provincia) è l'invenzione di impiegare tutti i trucchi scenici del teatro magico delle marionette, nel "teatro di persona"":montagne che si spaccano in quattro a vista, palazzi che crollano, unn treno che appariva piccolissimo lassù nella montagna e che man mano che scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in scena con il muso della locomotiva a grandezza naturale. Mari in tempesta, nubi che solcavano minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che volava. scene in tulle in proscenio, che illuminate a dovere ti facevano vedere come era il paradiso. Insomma tutti gli espedienti tecnici dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva ancora, dentro la scenotecnica delle marionette. soltanto che in quel teatro tutto era stato miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire una operazione da Gulliver alla rovescia:da minuto che era ingrandire ogni oggetto, aggeggio, 375 marchingegno fino a renderlo identico alla realtà. In questa nuova veste"il teatro di persona" la compagnia di mio padre realizza un successo insperatoo. Si lavora come sempre a tempo pieno. Mio padre , il capo, con il ruolo di primo attore, menager P. r. , lo zio Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del comico-brillante a secondo dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia;le mogli, i figli, gli attori scritturati;i dilettanti gli amici componevano la nostra compagnia. Giravamo cittadine, paesotti e paesini del nord Italia su di una corriera che chiamavamo "Balorda" a causa del comportamento bizzarro che aveva, che più che al suo cattivo carattere andava attribuiito agli anni. In certi paesi nei quali ad una certa ora del giorno si passava, nei turnichè particolarmente ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci aspettavano. Ci spingevano fra tante risate, poi la sera ci raggiungevano ed entravano a godersi lo spettacolo gratis. "Siamo quelli che abbiamo spinto. " 376 "Passate". Mio padre, amava la Balorda , e zingarone com'era, gioiva tutto nel vedersela rilucente di colori sgargianti. Mia madre, ogni volta che lui le cambiava colore:"non sposeremo mai le nostre figlie !" "Hai ragione Milietta. domani le cambio colore"E l'indomani quando "Emilietta" si affacciava in cortile, ecco la Balorda ridipinta:d'argento!"Non sposeremo mai le nostre figlie!"Arriva la guerra, finisce la guerra. Bombardamenti non ne avevamo avuti. Qualche bomba sulla fabbrica di aerei: la Macchi, lontana dal centro, alla periferia di Varese, a Masnago. Ricordo a proposito di questo paese, una sera che si tornava a casa dopo lo spettacolo veniamo fermati, sia noio che tutti quelli che passavano per quella strada dopo di noi, da un gruppo di fascisti e S. S. Ci hanno fatto entrare in un cortile, (era quello dove anbitava uno dei nostri dilettanti, chisamato"luigino cassa da morto, perché suo padre le fabbricava) dove siamo stati per ore bloccati. Solo all'alba ci hanno lasciati andare. Non è 377 stato per niente drammatico. L'aria, nonostante i tedeschi era di festa a causa della inconsuetudine dell'avvenimento. Si sà, i giovani trovano sempre la maniera di di superare le tensioni. Sarebbe però, tanta allegia finita in tragedia se quell'alba avesse portato la notizia di una missione tedesca andata male. Ci avrebbero fucilati tutti. l'abbiamo saputo qualche giono dopo. Per fortuna l'abbiamo scampata. Altre volte, capitava che ci fermassero dei partigiani. Non dicevano "siamo partigiani" ma erano in borghese con i mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio?" Li facevamo salire. Più avanti capitava d'incontrare picchetti fascisti che ci fermavano. Ci conoscevano. Avevamo un permesso speciale per il coprifuoco. "Buona sera signor Rame. Com'è andata?" "Benissimo!" "buona notte. "Ce ne andavamo;nonostante il buoio, sicuramente pallidi. Si riprendeva a cantare con più forza di prima. E anche i poartigiani cantavano. Gridavano più di 378 tutti. (ricordarsi inserire malattia-corso infermiera-morte del padre) A 20 anni, seguendo l'esempio di mia sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la nostra compagnia e inizio la mia carriera nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si possono immaginare le difficoltà di una simile scelta in quel periodo del dopoguerra , siamo negli anni 50 e quindi alterno momenti neri a buone scritture nelle compagnie di varietà più famose. E' proprio in una di queste compagnie che conosco il Dario Fo, anche lui alle prime armi, che s'innamora subito di questa "sventola dolcissima", (così mi chiamava)e si prende una cotta da imbesuimento(così dice lui):"7 giorni a Milano", ditta:le tre sorelle Nava e Franco Parenti. M'é piombata addosso, é propio il caso di dirlo senza che la cercassi, ne sollecitassi nulla, per averla. Parlo di lei, della notorietà. Di questo mio mestiere non me ne é importato mai niente. Si stenta a crederlo, ma é così. non ho mai mosso un dito per avere di più, anzi, tutto 379 quello che negli anni ho ricevuto, di cui ho beneficiato, l'ho avuto, "nonostante me". Ora che ci penso bene, e mi sconcerto, non posso nascondermi di non aver mai desiderato qualcosa in particolare. Non ricordo di aver mai detto, ne pensato"se potessi avere. . ""vorrei""per avere quella cosa farei. . "E non perché avessi tutto, chi mai ha tutto? Qualcosa certo l'ho desiderato, che so, che non mi si ammalasse nessuno in famiglia, che mia madre non morisse mai, che i miei figli stessero bene... ma insomma, tutte cose, normali. Del resto, pellicce, vestiti, gioielli, parti, partone, niente. Forse perché mi arrivava tutto di da solo. Forse perché non mi restava il tempo di desiderarle. Beh questo può valere per quando ho iniziato a guadagnare, ma per prima?Era così anche prima?Sì. Era così. Forse mi ci vuole uno psicanalista. Dicevo che m'é piombata addosso la"notorieta", non che mi dispiacesse, una certa sera a Cesena. Compagnia Franco Parenti e le tre sorelle Nava. Io dicevo 380 una battuta:"Il Coriolano é in cinque atti", ma ero lunga, bionda, con i seni rotondi, e mi si vedeva. Alla fine dello spettacolo, si presenta in camerino un tipo con macchina fotografica"sono un giornalista posso farle una foto?Posso dire che un produttore americano la lancerà come la Rita Haiwort italiana?" 1953. Con Franco Parenti e Giustino Durano Dario scrive il "Dito nell'occhio" testo di critica-34- politica e sociale che fece grande scalpore e per i contenuti e per lo stile di treatro ben diverso dagli steriotipi del teatro così detto "leggero" di quegli anni. Lo spettacolo ha un grandissimo successo e gira per una stagione intiera tutta Italia. Io debutto con loro nella stagione invernale. (ricordarsi "spettacolo sconsigliato" fuori dalle chiese. ) 1954 -giugno . Dario debutta al Piccolo Teatro sempre con Parenti e Durano con un altro testo scritto da loro:"I sani da legare". Io ho un gran magone, perché 381 Parenti non mi vuole in compagnia;Lo capisco anche se nessuno esplicitamente me lo dice. Ma ad un certo punto Dario, con molto imbarazzo e malinconia, nel bar di una piazzetta vicino a casa mia, me lo comunica, ma in contemporanea mi chiede di sposarlo. Lui dice di no, nega, ma io sostengo, conoscendolo, che mi ha chiesto di sposarlo per pareggiare il dolore che sapeva che mi avrebbe procurato l'essere scartata. 1954- 24 giugno. Ci sposiamo. In sant'Ambrogio!Dario metterà il fatto di essersi sposato in chiesa addirittura ne"gli arcangeli non giocano al flipper":"sposato in chiesa per accontentare madre di lei molto credente". Il matrimonio è stato bellissimo. La notte prima l'ho passata sveglia non per l'emozione, ma perché stavamo nel lettone della mia mamma in cinque. Io e quattro amiche venute da Varese per farmi festa. E a chiaccherare a ricordare, a ridere. E' stata una bellissima notte. La mattina è arrivato il Felice, padre di Dario, con una 382 macchinona presa a nolo, scendo le scale della casa della mia mamma e lì, tutti gli inquilini -35-del palazzo a buttarmi manciate di riso. . a farmi gli auguri, a strigermi la mano. . e io. . giù a piangere. Poi arrivo in chiesa. I giornali avevano da giorni annunciato le nostre nozze, quindi, folla, fotografi oltre ai parenti e agli amici. e un'amica , che forse non mi era tanto amica, mi allunga, proprio un secondo prima che entrassi in chiesa, davanti a tutti un magnifico buchè:gigli simbolo di purezza. Facevo l'amore con Dario da due anni, senza nasconderla altri che alla mia mamma, e questi gigli li avrei mangiati volentieri. Non ho potuto. Pranzo con gli invitati all'Htel Milan, offriamo i confetti, e poi ce la svignamo e andiamo a pranzo col babbo di Dario. La "prima sera", io sono in televisione, non ricordo più con che spettacolo, Dario al Piccolo con "I SANI". Sono andata ad abitare nella casa dei genitori di Dario. (controllare archivio, c'è una foto simpatica"la sposa 383 d'italia")L'indomani mattina, telefono a mia madre per salutarla. . e non so com'è, m'è venuto un gran magone. Mi sono emozionata. Era veramente fatta. Ero uscita di casa. E la mia mamma, e qui si può leggere tutto il suo candore:"Che c'è?. . Non ti ha trovato in ordine?". L'impatto con la vita marito-casa-famiglia è stato un gioco. Mi cimentavo con la cucina, ma non avendo mai avuto niente del genere come mia diretta e totale responsabilità, avevo qualche problema. Primo tra tutti, le dosi. Far da mangiare per due. C'erano sempre tali quantità di cibo bastanti per una caserma. Ricordo una sera a cena Eugenio Tacchini, amico di Dario d'infanzia che si mangiò almeno sette piatti di minestrone. Io ero un pò preoccupata. "Basta, Eugenio, starai male. "No, no. E' tanto buono" Poi però al cinema Orfeo, dove -36- mi aveva accompagnato a vedere "Roma città aperta" durante la scena delle torture è svenuto. "Accendete la luce-grido-c'è un ragazzo che sta male". Arriva 23 la 384 polizia, lo portano fuori, nella hALL lui si riprende... Si guarda intorno, vede i poliziotti, e ancora sotto lo shok del film, gridava"non sono stato io!Sono innocente!"Volevo morire. Poi s'è alzato, è corso in bagno e ha vomitato totto il mio minestrone. Gli ossibuchi mi venivano bene. La prima volta che li ho fatti, stando col filo telefonico diretto con mia madre, Dario non finiva più di dirmi-che buono che buono. Poi ha invitato i suoi amici di Brera, Emilio Tadini, Alik Cavaliere e altri . Ero un pò preocupata. Un pranzo da sola, non l'avevo mai retto. "Farò gli ossibuchi col risotto". Ho fatto la mia bella figura. E Dario-ma che buoni -ma che buoni!Ho continuato per almeno tre settimane. E il povero Dario sempre a dire ma che buoni-Poi, al ventesimo giorno credo si sia finalmente ammutolito. Ora, li mangiamo non più di tre volte all'anno. Al suo "ma che buono che buono s'è aggiunto Jacopo. Lo dicono insieme e poi scoppiano a ridere. 385 20 minuti dopo le nozze, si fa per dire, resto incinta. Jacopo (un nome che mi piace proprio come quasi tutte le cose che fanno quei due tipi lì, dice nostro figlio) è nato il 31 marzo del 55 a Roma. Esattamente nove mesi e sei giorni dal 24 giugno dell'anno prima. Gravidanza terribile. Ho vomitato sempre. Mi disturbavano gli odori, perfino i colori. Mai più potuto mangiare ne vedere un piatto di spaghetti. La sera del trenta, stavo nel camerino del Teatro Quattro Fontane dove Dario recitava. Chiedevo a sua madre;la mamma Fo, "come sono le doglie?Cosa si sente?Come si capisce che è ora?"E lei, "quando senti una mano che ti strappa le viscere. . "e un'amica, anche lei anziana"No Pina, non ti ricordi più. Quando senti. . ". Nulla che mi tranquillizzasse. Anzi!Mi ritiro un pò prima di Dario. Ormai ci dovremmo essere... Preparo la valigia, roba per 25 me, vestaglia camicie ecc. e roba per il bambino. (A quei tempi non si sapeva prima se fosse maschio o femmina. Ti 386 dovevi fidare delle anziane:la pancia è così, allora è maschio. No, per me è femmina, non vedi come è messa?E via di 'sto passo. Comunque sempre"bambino" si diceva. Se poi era femmina. . ) Ero emozionata. Arriva Dario. Baci baci. Poi si mette a letto e si mette a leggere "il Mondo" . Ho odiato molto quel giornale per la sua grandezza. Ogni volta che D. voltava pagina mi faceva un gran vento. E io sternutivo. "Dario, mi sento strana... ""Dormi Nanina. . ". Dopo un pò:"Dario. . ""Dormi Nanina". . e via a girar pagine. . "Dario credo che mi si sono rotte le acque. . ". "Dormi Nanina. . ""Ma Dario!!!"Di corsa un taxi. Ora siamo emozionati tutti e due. Clinica Salus. Mi avevano promesso che mi avrebbero dato dell'etere. In sala parto grido;Etere!Etere!La levatrice mi dà una carezza;"sì cara, sì, suo marito è fuori"Etere!!"Il fatto è che la signora in questione era veneta e pensava che nel momento supremo io chiamassi mio marito:Ettore!Ettore!Poi finalmente è 387 arrivato il medico. Sento un vagito. "Brava signora. 3 chilogrammi e 9. "Ho fregato la Clara. La Clara era una brava ragazza moglie di mio cognato Fulvio, che però era molto quotata all'interno della famiglia, e quando dico famiglia intendo mia suocera, in quanto professoressa di lettere, non attrice. Quindi sicuramente migliore di"quella lì che 26 non solo fa l'attrice, ma mi ha anche portato via ei me testun. "Sì, all'inizio mia suocera era solo mia suocera;Non aveva simpatia per me e devo dire chefaceva l'impossibile per farmelo capire. Mi addolorava molto non essere amata da lei. Ma si sa, gli inizi per qualsiasi cosa tu intraprenda trovi difficoltà, figuriamoci il rapporto con la mamma di lui. Mia suocera m'ha conosciuto bene. E' diventata per me la mamma Fo, e mi ha amata profondamente, come profondamente io ho amato lei. La frase che mi diceva con orgoglio era "io l'ho messo al mondo, tu l'hai fatto". Ma pensa te!Ce ne vuole èh !! 388 Con la leggerezza dei pazzi usciamo dalla clinica con il nostro fantolino in fasce e ci "accasiamo" ospiti di un fotografo di cui non ricordo il nome, che aveva una splendida casa in via Parioni;Davvero splendido appartamento. L'unico difetto non indifferente per una coppia con un bambino di 8 giorni che questa principesca dimora, era completamente priva di mobili, (se li era portati via il padre dopo una lite. Ma erano mesi che l'appartamento era in queste condizioni). Due brande, una sedia per comodino;un tavolo in cucina, qualche sedi, forse, e un telefono con un fili chilometrico che il nostro amico si portava sempre appresso. Non volendo umiliare la sua generosità (forse era ubriaco quando ce l'ha proposto, non so) ci siamo sistemati alla bellemeglio. Il bambino ha pianto per 8 giorni di fila. Per quanto spirito di adattamento avessimo non riuscivamo proprio a comunicarlo a questo tipo appena nato, che non sapeva proprio niente della vita. a cavarcela e per le 389 scomodità e per la mia inesperienza. Al nono giorno, decidiamo di tornare in clinica. Ci hanno presi a braccia aperte. Ci hanno dato una bellissima camera, vicino alla sala parto. Ci siamo addormentati tutti e tre e abbiamo dormito per almeno un giorno finalmente rilassati;Dario come vedeva in corridoi un padre in apprensione per la nascita del suo bimbo si avvicinava e s'informava. parto cesareo. 27 "Sa, è un . "E Dario:"non si preoccupi anche Franca ha avuto ilcesareo. . è una sciocchezza. . vedrà"E quello si consolava. E un altro" è messo di piedi!""Non si preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi. . è andato tutto benissimo. . il ginecologo è straordinario" . Solo quando un padre era preoccupato perché la moglie stava facendo 2 gemelli D. è stato senza parole. Non poteva dire:anche Franca. . E via di questo passo. Ci siamo stati tre mesi. Quanti padri e quante madri abbiamo rinfrancato. Qualcuna ci viene ancora a trovare con i il figlio nato proprio 390 in quei giorni. Che benissimo! Intanto, abbiamo comperato una casa in via Nomentana, l'abbiamo arredata e finalmente ci siamo andati ad abitare. Tutti tre. Il bambino cresce. Noi facciamo films. Il primo "Lo svitato". Il soggetto era di Dario. L'aveva letto a Zavattini che ne fu entusiasta. Regia di Carlo Lizzani. Dario era troppo inisperto per aver voce in capitolo con gli sceneggiatori che gli avevano messo al fianco"sei autori in cerca del personaggio" li definì Nello Santi, il produttore. Ne è uscito un film sbagliato con qua e là momenti da cineteca. Avremmo dovuto avevre i mezzi e la forza di ritiralo, rigirare quello che ci sembrava sbagliato e riproporlo. Ma non ci abbiamo nemmeno provato. Forse non l'abbiamo nemmeno pensato. Clamoroso insuccesso. (troppo avanti _Ricordarsi TATI) Credo che sia il film che incassato meno negli ultimo 50 anni. Dopo lo svitato Dario alterna al lavoro di attore quello di sceneggiatore, e viene 391 addirittura scritturato fisso alla Ponti de Laurentis come gags-man a 2.000. 000 al mese. La cifra era astronomica. Lavora con sceneggiatori del calibro di Age Scarpelli Pinelli(sceneggiatore di Fellini) Antonio Pietrangeli. (indicare films. Titolo) Io interpreto partacce in films tutti lacrime, core, cosce e zinne. Sono 28 quasi sempre in cartello come "partecipazione straordinari", mi pagavanp bene, ma quei films di straordinario non avevano null'Altro che il materiale umano col quale venivo, grazie a loro, in contatto. TINA PICA-GIUDA. POI VENGO SCRITTURATA DAL TEATRO ARLECChino a Roma, per interpretare un testo di Feiduau che sembrava scritto per me:"non andartene in giro tutta nuda"Dario scrive per i fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla un atto unico"gli imbianchini non hanno ricordi". A quel punto gli propongo di ritornare a Milano e farci una compagnia nostra. 392 Ci proponiamo a Paolo Grassi allora direttore del Piccolo teatro che ci regala fiducia, amicizia dandoci il teatro per ben tre mesi. Debuttiamo così, in un caldo infernale, tutti soli, (sì, c'erano altri attori da noi scritturati, ma la responsabilità della compagnia era solo nostra) con "Ladri, manichini donne nuda". Scritto diretto e interpretato da Dario, sue erano anche le scene e i costumi. Io facevo l'attrice ma mi occupavo di un sacco di cose;Mio fratello Enrico era il nostro amministratore-attore se necessario. Ha guidato la nostra compagnia con grande abilità, riuscendo a farci stare in pieda anche senza alcun aiuto ministeriale ne dell'ETI(ente teatrale italiano che avrebbe dovuto appoggiare più che mai la nosytra compagnia in quanto recitava opere di autore ITALIANO. Ma sia noi che EDUARDO De FilippO abbiamo avuto grazie alle nostre scelte politiche , vita grama con tutte le forza statali e parastatali). 393 1958:"Comica finale" quattro atti unici scritti da Dario, su canovacci della mia famiglia. Dario aveva sentito queste storie mentre io le raccontavo a Jacopo per farlo addormentare. Ma de gli atti, che gli ho passato "bocca a bocca", il migliore era "un morto da vendere" che aveva completamente scritto, ambientandolo nell'800 come gli altri. Il migliore. Non si pensi che accecata dall'amore io possa dare a Dario meriti che non ha. Non l'ho mai fattao. D'altro canto basta leggersi le "comica finale pubblicato da Einaudi per vederlo. RICORDARSI DIFFICOLTà FINANFIARIE. STABILE TORINO;EPISODIO 2CANNAS L'AMORE è PIù FORTE; Siamo al teatro Gerolamo di Milano. Andiamo avanti con grande fatica. Il teatro è conosciuto come teatro delle marionette. Se il mio cuore aveva un fremito al ricordo della mia famiglia, questo fremito non poteva riempirci il teatro. La prima fu un disastro. Abituati 394 ai palcosceninci grandi, il trovarci senza prova alcuna in uno spazio grande come il bagno di casa mia, ci ha messi in grande difficoltà. Devo riconoscere, che come unica volta nella storia della nostra compagnia, la critica ufficiale presente allo spettacolo non ha menzionato i 3OOO incidenti che si sono susseguiti nelle tre ore. Proprio in quel teatro, quasi sempre vuoto ci è arrivata inaspettata la possibilità di debuttare in un grande teatro:il teatro Odeo. Stagione 1959-60-"Gli arcangeli non giocano al flipper" teatro Odeon di Milano. Mille posti. Grande successo di critica e di pubblico. Tutte le sere "il Bossino" che in realtà si chiamava Bossi direttore del teatro, non appena lo spettacolo iniziava si metteva in quainta con un foglio sistemato sulla fronte, con scritto in grande l'incasso della serata. Il copione di questo spettacolo ci fu sequestrato per le troppe battute a soggetto che abbiamo aggiunto, non autorizzati. Abbiamo collezionato "rapporti al 395 questore di ogni città dove si lavorava, per un totale di 280, tanti, quanti furono le repliche dello spettacolo. questura" Abbiamo girato tutta l'Italia facendo esaurito ovunque. DATI STATISTICI E INCASSI NUMERO SPETTACOLI DENUNCIA POLIZIA PER CENSURA. inpiù di una occasione rischiamo di non poter andare in scena. 1960-61 -"Avevav due pistole con gli occhi bianchi e neri". opera che tratta della connivenza tra fascismo e borghesia, tra malavita organizzata e potere. L'intervento della censura è pesantissimo, ci massacrò letteralmente Decidemmo di andare in scena egualmente senza tenere in conto alcuno i tagli. Ci fu un braccio di ferro piuttosto teso tra noi e il prefetto di Milano che ci minacciò di arresto immediato, ma alla fine, preoccupato dello scandalo che ne sarebbe venutoo, il ministero tolse i tagli. il testoE' con questo spettacolo che mi conquisto agli occhi di mio marito, un ruolo diverso da 396 quello di sempre. Per la prima volta non accetto il testo a scatola chiusa certa del successo di sempre. Qualcosa non mi convince. Lo comunico a Dario. Si è discusso mica male. Mio figlio aveva sei anni e ancora se lo ricorda. Credo sia stata la prima discussione accesa alla quale asssistesse. Non ci aveva mai visti così, era un pò spaventato. "Dimmi cos'è che non funziona!Dimmelo!"e io:"non lo so". "più forte il Dario:"dimmelo!" "Non lo so, ma c'è qualcosa che non va. "(Quante volte negli anni futuri s'è ripetuta questa scena?) Jacopo piange senza gridare, e anch'io scppio a piangere gridando come un bambino disperato. Era la prima volta che vedevo Dario fuori dalla grazia di Dio. "Ora, lo rileggo tutto. . cercherò di individuare. . di capire. . poi ti dirò. . ". Leggo e prendo appunti. Dario, per tutto il tempo ma guarda serio. In piedi. Mi stavo innervosendo. Dopo due ore, più imbarazzata che mai:"taflierei qui, qu, e qui. "D. ci pensa un pò su, e 397 poi:"forse hai ragione, ma prima preferisco provarlo col pubblico. " Debutto:successo di stima. Il giorno dopo D. mi dà il copione:"fai i tagli che proponevi". 1961-62:"Chi ruba un piede è fortunato in amore". Dopo sporadiche apparizioni nella TV. di stato approdiamo alla televisione sulla neonata seconda rete, (1962 PRIMAVERA) con sei puntate tutte nostre:"Chi l'ha visto?". Subito dopo dalla direzione Rai ci viene proposto di condurre "Canzonissima"il grande concorso canoro abbinato alla lotteria di capodanno la trasmissione di maggior interesse popolare dell'ente. D. scrive i testi che prima dell'inizio della trasmissione ricevono il benestare della direzione nella persona del dott. Pugliese direttore generale(?). Ma già alla prima puntata la stampa reazionaria si scatena criticando ferocemente la più che delicata critica politico sociale contenuta neitesti. Di puntata in puntata gli attacchi, le 398 polemiche sulla stampa non si contano. L'indice di ascolto è altissimo (anche se al processo, uno dei tanti che c'è stato la direzione Rai tentava di sminuirci. dicendo che nessuno ci vedeva. TAXISTI RICORDARSI) l'Italia era divisa in due:chi ci ama, e chi ci odia, ma tutti lì, davanti al televisore il sabato sera. Ad ogni trasmissione ci vengono imposti tagli e censure sempre più pesanti. (FIORI SENO. GAMBA SINISTRA)fino a che all'ottava puntata decidiamo di abbandonare la trasmissione. La famosa "Canzonissima", il FANTASTICO DI OGGI, va in obda senza presentatori. (RICORDARSI WALTER CHIARI E BRAMIERI)e quando l'annunciatrice all'inizio della trasmissione dice:d. FO e F. Rame si sono tritirati, una quantità incredibile di telespettatori si rovescia nelle strade di Milano, tutti quanti diretti al palazzo della fiera dove si teneva la trasmissione. Quando usciamo(eravamo stati su consiglio dei nostri legali nei camerini nostri fino alla fine della 399 trasmissione) ci troviamo davanti una folla di gionalisti, fotografi e migliaia di persone. In molti erano venuti per dimostrarci la loro calda e commossa solidarietà. Questa fu la prima e credo l'unica volta nella storia della Rai che due "attori" rifiutarono di "abbioccarsi" d'innanzi alle imposizioni ai tagli, all'arroganza del "padrone"ai soprusi. CARCERE Da anni, esattamente 15, mi occupo di carceri, processi, difesa dei diritti civili. Per ottenere permessi di colloquio con i detenuti ho dovuto fare salti mortali, ogni volta, gabole varie. Arrampicandomi sui muri della burocrazia giudiziaria, sono riuscita ad entrare in molte carceri d'Italia, parlare con i detenuti, i direttori, giudici di sorveglianza.Sono riuscita persino ad entrare e visitare la "famigerata isola del diavolo": l'Asinara in Sardegna, ed ho conosciutop personalmente il tristemente famoso dott. Cardullo, direttore del 400 carcere, vera macchina per l'annientamento psicofisico dei detenuti. Onnipotente Molok, classico paranoico da studio psichiatrico. (ricordarsi che anche lui è stato messo sotto inchiesta per ammanchi nell'amministrazione) Quante sono state le denuncie di orrori, di vere e proppeie torture perpetrate nelle varie carceri, nelle carceri speciali, braccetti della morte, manicomi criminali, veri e propri mattatoi degli inermi che ho portato a conoscienza dell'opinione pubblica. Quante sono state le campagne, perché i diritti civili degli individui fossero rispettati? Quanti sono stati gli spettacoli, gli interventi nelle fabbriche che con Dario abbiamo tenuto in sostegno a lotte rivendicative.... Da turbata al 1963 NOTE PER BIOGRAFIA Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura angoscia, commozione 401 meraviviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi, inaspetate, inaudite, cosiì i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazione, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate ' e un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato un libro"Le lettere del mio nome"di Grazia LIVI, "é imporTANTE , leggilo". Il titolo cosi ermetico non mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore:Il tema appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna. Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita "menata" femminista socialsocoplogopolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, asibento con sfoogio"cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta , senza la minima preoccupazione di 2 2 essere capite da chi aveva (sto parlandodegli anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberArsi")la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per 402 essere l^ì, pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po' arroganti o troppo accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uono nel loro modo di essere, insomma, tutto quello che ho sempre rifiutato. Parto a leggere indifferente e diffidente. Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li nemmeno saputi. M'ha tirato dentro la chiarezza ne facile ne semplecistica concui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche la crescita di un personaggio donna, come te lo ripropone tutto, secca e piena, leggera, meticolosa delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di fronzoli, con 403 una gran sintesi. Di ogni donna di cui parla, ti presenta le piu remote sensaziuioni, ogni personaggio é da lei scandagfliato nel profondo, c'e tutto quello che hanno detto gli altri e quello che no hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certesze e molto altro che ora non mi riesce di esprilere. Poche pagine te ne dà l'essenza. Ecco Simone De Beauvoir. NON Mì é mai stata completamente simpatica. A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta egoista. Il suo evidente essere una intellettuale aristocrarica m'e l'ha sempre allontanata. In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa della spesa in mano, fazzolette in testa . Ha lanciato un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina. Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e questa chi é? " Sartre, come un bambino scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon. . ", ha mormorato. Ah, era lei! Dario meno, ma 404 io ci sono rimasta un po' male. forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto. Ma ora, la Simon, del ragionato-Livi é una donna che capisco e ammiro di più. Altre biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidita, intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addoso. Il mio "dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo. Mi sento come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, irraggiungibili. 405 Sono confusa. Confusa, a disagio, turbata, sconbussolata. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato. Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato. Mi sento addoso il peso di non essermi mai sentita in lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non avererne i numeri, le capacità per poter participare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione. Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me . Gia arresa, prima di essere vinta. Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto. Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce: I giorni della mia vita :22. 630 , sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi. Possibilie? E' così. Sento l'esigenza di esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi. Oh mio dio, cos'è, sto cercando me stessa? Il mio io? . Mi viene da ridere. 406 Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri spettacoli… Ma ora qualcosa di concreto mi urge. Devo fissare qualche punto. Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono 6 6 6 tanti, non avessi vissuto, lavorato incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore, pianto. Niente. Non mi viene niente. Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza. Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo. 25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori". Li avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città. Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette. Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di raccogliere qualcosa. La sera, nel cortile di casa mia, gran festa. Un giradischi, e 407 ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie da oltre due anni. In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono. Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi. Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni dopo(1973) in circostanza ben divera , per dolore e drammaticità. Ancora seduta, su di una ssedia ora, con la testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non ho terminato) di Varese, con i 408 fascisti che entrano in classe, in silenzio ci guardano a una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa 8 triste. . "Villa triste era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro, non avevo fatto niente. "Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto. E il cuore a battere più forte. "Forse muoio". "Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é? ""Non lo so". Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo. "non lo vedo da un po'", sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio, che era successo? "Allora? "Erano 409 minacciosi. "Non lo vedo più, ci siamo lasciati da un sacco di tempo. "Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti. Poi mi hanno lasciata andare. Non ricordo altro. Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo e le mani sudate. "Sei una incosciente, sei una disgraziata. Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa bene. E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in quattro che avevo stracciato prima di passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a scuola. Incoscienza, più che coscienza politica. I GIORNALI Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai letto un giornale. E questo che c'entra? Nulla. Sto cercando di tirar fuori fatti lontani, che disordinatamente affiorano al mio cervello vuoto Non ho mai letto i giornali. Lo dico con meraviglia. Possibile? In casa mia c'erano, la mia era una famiglia socialista quando 410 esserlo costava qualche cosa. Si pagava, senza ricevere nulla in cambio:con quella tessera in tasca allora carriera o posti di comando, non ne ricevevi. I giornali c'erano, li toccavo quando li raccoglievo da terra dopo che mio padre li aveva letti. (incredibile quanto mio marito assomigli amio padre:anche lui, li butta per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono sicura di non averne mai aperto uno fino ad un certo giorno. cioè quando sono andata a sbattere con la mia bicicletta addosso ad una Topolino (in realtà gli ho sfiorato un parafango). La reazione del "guidante" è terribile e immediata e assolutamente fuori posto/"Ecco chi rovina l'Italia!""No, guardi io. . ""Silenzio!Voi giovani che delegate. Delegate e non leggete i giornali!". Allibita, senza parole. E' da qul giorno che dei giornali leggo tutto: dalle inserzioni agli annunci mortuari. Grazie isterico signore della topolino. Grazie. Forse ora posso correre all'inizio della mia vita. 411 1932_ "E' ora che Franca incominci a recitare. "è mia madre che parla. La prima parte che ho imparato a memoria, me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot- a mot, parola per parola. Non sapevo leggere . Avevo tre anni. . Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva recitato da mia sorella Pia in "la passione del Signore"atto V, orto dei Gezzemani. . "Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo gridare di quando in quando. La parte non era lunga. . non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e ancora. "ripeti" diceva la mia mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone. "Ripeti!"Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima . Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle. seppur 412 credente non andava mai in chiesa ma aveva uno zio prete. Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine . E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda. Non avevo fatto nessuna prova. Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda "e quel che segue. Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva immaginare fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa. . gli occhi che lanciavano saette tra un tuonar e lampeggiar minaccioso , che 413 disperato gridava:"possano i corvi divorarmi le budella , le aquile strapparmi gli occhi !" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua" , mi fece un terribile effetto. Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando? !Ero stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella , solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i colori!Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera. "Ma cosa sta capitando? Perchè lo zio Tommaso fa così? " Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare;Mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentoi. Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose. No, io no, allo zio Tommaso . non dico proprio un bel niente. !Non so cosa gli sia capitato. Forse è impazzito. " Anzi. A piccoli passi, camminando come pensavo 414 camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai. Dio che paura!Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci. Insomma cercavo con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico. Pia s'è ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prespettavano niente di buono. . Lo zio-Giuda si blocca per non più di tre secondi, lo giuro. e poi con voce profonda (intanto con la mano mi solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei grande!A QUEST'ORRENDO PECCATORE MANDI IL CONFORTO. . un piccolo angelo. . mi tendi la mano. . No, no, non me lo merito!-e , dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto-M'impicco!". Deve usare un po' di forza per liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di 415 lasciarlo andare. Grida:"L'albero più alto. . dov'è l'albero più alto. . Lasciami andare angiolino. . Lasciami. . " e con un urlo agghiacciante esce di scena. Mia sorella(l'unica volta nella sua vita , credo)non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue. Grande applauso. Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni. Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e mesta quel tanto che serve dico"S'impicca! Non s'è pentito. . Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore. . Non s'è pentito!" e via che esco. . Ce l'avevo fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi, "la passione del Signore" ha sempre avuto due angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio. E tutti giù a piangere. 416 A 5 anni:"gli spazzacamini della valle d'Aosta. Com'è che succedeva? Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio che non avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con certezza di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo. La parte come sempre fino a che ho 4 imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente , era come se la sapessi già. Anzi, la sapevo già. Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi permettesse di addormentarmi, mentre i miei recitavano una sera dopo l'altra? "Gli spazzacamini" un drammone. Gino, (io, )il protagonista, figlio di una povera ma bella incintata e poi abbandonata dal figlio del conte. . vengo, a causa della miseria in cui nascono quasi sempre quelle incintate dai "contini", NONOSTANTE LA TENERA ETà affidato ad un "mercante di carne 417 umana"!, un delinquente che specula sui bambini che gli vengono affidati, mandandoli spesso a morire nel tentativo di pulire, in quanto smilzi e denutriti (quanto piangeva la gente!) la cappa di un camino. E' quando, la mia mamma che per fortuna era venuta a trovarmi a Torino col mio nonno sennò chissaà come avrebbe mai fatto a tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia morto nella cappa del camino "Oh che tremendo dolore!" e via che Impazzisce. La ragazza in questione era proprio sfigata. Ma il suo GIno, che quel giorno lì in quanto ammalato, era stato sotituito nel lavoro da un compagno, certo Carletto, che muore al suo posto. (Mai essere generosi!) Questa è per Gino una giornata davvero fortunata. Il vecchio conte è schiattato nel frattempo, ed il contino, vale a dire il suo papà, decide in quanto sempre innamorato della mia mamma, di riparare al malfatto e di sposarla. Ci sono un po' di problemi per far rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma alla fine tutto finisce in gloria tra 418 lacrime e singhiozzi e applausi. 5 atti, con la comica finale per non mandare a casa la gente con il magone. Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, TEATRO POPOLARE appunto, nella tradizione della COMMEDIA DELL'ARTE , completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie , come la nostra , che agiva no in provincia. Il nostro successo stava tutto in questa differenzenza. Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di cannovacci e per 419 molti testi non esisteva nemmeno il cannovacccio. Ce li avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi? Non lo so. So solo che i teatri eran( sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre. O se c'era il funerale di un defunto importante del paese:il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il farmacista. E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione, "il povero fornaretto di venezia e non mi ricordo più quali altri drammoni avessere successo)mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano. "Tu fai questo, tu questo e tu questo. , . e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti. "L'assassino del corriere di Lione" . Scena PRIMA: la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto , partito povero , 420 tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo repulsione. Manifestare freddezza e imbarazzo. Ricordarsi che la madre è morta. Scena seconda:un uomo(lo stesso attore che interpreta il personaggio delpadre) languisce in una cella, è un innocente caduto in un errore giudiziario terribile. Accenni all'assassinio di un corriere a Lione. Acceni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al paese. Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la forca. Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta. Comica finale. Non c'è pesonaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato. Neonati(8 giorni in braccio alla mia mamma-in la Genoveffa di Brabante), 20 421 -bambini o bambine, ragazzini signorine, giovanotti, suore, cortigiane, prostitute. Una volta ho fatto persino, il cuciniere Dracco. La storia nel ricordo, mi fa ancora ridere. Ero cresciuta e la Genoveffa(che dio la maledica, quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo io. Giovane e bella moglie del re alla guerra, sola nella raggia viene insidiata da Golo, un primo ministro della situazione, che lei respinge furente e offesa. La donna giovane donna decide di inviare una missiva al marito tramite il cuciniero Dracco:l'unico che a corte le sia rimasto fedele. per avvertirlo del tradimento del suo braccio destro. "Torna o mio dolce sposo, torna! che quel maialone del Golo vuole fare con me, proprio quella cosa là!" Golo che è sempre lì a origliare , scopre tutto e zak!, pugnala il poveraccio e manda a dire al re che Genoveffa è incinta del cuciniero. "Ti ha tradito o mio re, che vergogna con un cuciniero!"Il re ci casca, fuori dalla grazia di dio "un cuciniero no!"ordina il taglio della testa 422 della la fedifraga e anche del bambino nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE POI TUTTO , COME SEMPRE, FINISCE IN GLORIA) Arriviamo sulla piazza e ci rendiamo conto che ci manca l'attore che avrebbe dovuto interpretare il ruoli del cuciniero . D'accordo, sono due parole che si possono anche tagliare, ma fisicamente deve essere in scena. Ci ragioniamo sopra un attimo per vedere come risolvere. Bene. Ci siamo. Facciamo così. Al momento cruciale, vado alla quinta di destra. Il perfido Golo mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando fuori scena con il cuciniere che non c'è, fingo di consegnargli il messaggio e poi, affranta, esco. Velocissimi mi mettono sulle spalle un mantellaccio con capuccio, che mi copre dalla testa ai piedi. Rientro in scena con la missiva bene in evidenza in mano, faccio qualche passo come se ora io parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su di me"muori, spione di un cuciniero!E via che mi pugnala. Cado morta. Golo mi 423 trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla parte opposta da cui sono entrata. Mi tolgono il mantello, mi raddrizzo la parrucca biona dalle lunghe trecce, corro velocissima dall'altra parte. Rientro in scena e vedo Golo che pulisce il pugnale assassino nel mantellaccio che indossavo fino ad un secondo fa. "L'avete ucciso!Assassino!!"Ansimo un pò, per via della corsa, ma sono perfettamente in parte e nessuno s'è accorto di niente. Noi eravamo in grado di andare in scena senza prova alcuna, con un testo nuovo allestito di sana pianta. Arrivavamo ad esempio in una piazza nel giorno in cui in paese si festeggiava la santa patrona, ebbene, debuttavamo con la storia di quella santa sulla quale mio pdre e mio zio avevano giorni prima letto e ascoltato dalla gente, vita morte e miracoli. Avevavno riunito la compagnia, raccontato a sommi capi l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi adatti non c'erano si rimediavano, e via che si debuttava. Senza prove. Se si confronta con i 90 o addirittura i 180 424 giorni di prova delle compagnie di oggi. . Ma certo che allora, sovvenzioni ministeriali o regionali o provinciali o comunali, non ce ne erano, quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare eccome. L'unico posto, luogo dove io mi senta a mio agio è il palcoscenico. No, non per via:ama la polvere del palcoscenico. No. Sono allergica alla polvere, alle banalità, alla rettorica. Sto bene in palcoscenico perchè è casa mia. In qualsiasi città mi trovi, quando sono in teatro sono a casa. Entrando nella hall di un teatro, non m'è mai capitato di dovere chiedere"scusi, dov'è il palcoscenico? "Conosco automaticamente la strada, dove sono i camerini, il gabinetto. "Ma ci sei già stata qui? ""No, è la prima volta""Non ti credo""Sì, forse ci sono già stata". Sto bene nei camerini, anche se squallidi. No, non li addobbo con sete colorate. L'ho fatto qualche volta. . senza accorgermi andavo dietro all'onda, voglio dire alle usanze degli attori. . ma erano 100 anni fa. Poi ho scoperto che non mi ci trovavo con 425 QUEGLI addobbi intorno, non sentivo il bisogno di ricostruirmi il "salotto"di casa mia, anche se il camerino era un cesso. E DIO sa quanti camerini "cesso" trovano gli attori nei teatri e nei cinema di casa nostra. L'unica cosa alla quale non rinuncio è la luce. "Lino!!(è il tecnico delle luci) La luce"Lino arriva e mi piazza certi 5OO da accecare. Io ci sto bene. La luce e il mio baule, ora i miei bauli. . Mi piacciono i miei bauli. E' un classico baule armadio d'attori, verde fuori a fiorellini l'interno. Ci sono i cassetti e nei cassetti di tutto:golf, libri, fogli, macchina da scrivere-computer, pennarelli, lettere e cianferi d'ogni genere. Il primo baule della mia vita l'ho comperato a rate nel 51, non appena arivata in compagnia primaria. Dentro non c'era quasi niente, ma quel sacramento , che si apre all'impiedi dividendosi in due e diventa un armadio, con cassetti e reparto per i cappotti, con tanto di targhetta in metallo con il mio nome, mi dava una gran sicurezza. Per la verità era una sicurezza del tutto 426 speciale:la sicurezza di avere anch'io il baule come tutti gli altri. Credo che quella sia stat l'unica sicurezza di quesgli anni e per molti anni dopo. Credo anche di essere la persona più insicura che io conosca. Il mio baule, il suo contenuto, il camerino il palcoscenico:sono a casa. Io non mi consiero un'attrice. Sono "anche " un'attrice. In casa mia ho imparato tutto quello che può servire per poter fare questo lavoro:attrice, elettricista, fonico, costumista, trovarobe, direttore di scena, servo di scena, piazzare le luci, suggerire, sarta, vendere i biglietti, truccare, pettinare, ballare, cantare (sono un po' troppo timida, seppur molto intonata!Me l'ha detto 10 -14 Giovanna Marini, e se lo dice lei. . )la ricerca delle piazza l'amministratore, fare un borderò, (ora è però diventato difficilissimo)I miei avevano addirittura una propria tipografia dove si stampavano i manifestini, insomma i volantini di adesso. Avevamo centinaia di scene belissime, dipinte da un pittore della Scala, Lualdi che veniva a 427 apassare le sue vacanze da noi, ogni tanto, le rinfrescavamo tutti insieme. Ogni giorno cambiavamo piazza, (dico piazza per dire "paese, non recitavamo in piazza ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori, quindi ogni giorno si dovevano montare scene e luci. Anche i nostri costumi erano belli. Figuriamoci!Mio padre, tramite l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal Teatro della Scala. E se per un nuovo testo mancava qualche costume, ce lo facevamo in quattro e quattrotto. Mia madre, maestra diciottenne, figlia dell'ingegnere del comune dove risiedeva(Bobbio) e di una casalinga si era innamorata di questo "girovago marionettista"che un giorno era passato di lì, e con grande scandalo dalla famiglia-(povera come l'acqua, ma di una classe sociale superiore a quella di mio padre)e del paese se l'era sposato. Mia madre, era bellissima e quando dico bellissima voglio proprio dire"bellissima"senza artificio alcuno. Nessuno di noi, quattro figli, pur assomigliandole, s'è avvicinato a 428 tanto;Bellissima, giovane, innamorata, aiuta Domenico (il marito)e Tommaso (fratello del marito e Stella, (sorella del marito)in tutto quello che può . Cerca con tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova vita, tanto diversa da quella che aveva condotto sino a quel giorno. Non sa manovrare le marionette, ma si ingegna a vestirle. Poi, più avanti, dirà qualche battuta. Con l'avvento del cinema (1920)) i due fratelli intuiscono che "il teatro delle marionette" sarà presto messo in crisi, subissato, da questo nuovo fantasctico mezzo di spettacolo. Decidono un cambiamento radicale(con grande dolore del nonnno Pio, un amate di Garibaldi, l'unico ritratto in nostro possesso lo raffigura vestito e somigliante all'eroe!)"Entreremo in scena noi, al posto delle marionette, reciteremo noi inostri spettacoli"Così mio padre con la propria famiglia aggiunta alla famiglia di mio ziO Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di legno, vere e proprie sculture, tre delle quali sono esposte al Museo del teatro 429 della Scala di Milano. E quando inizieranno a recitAre di" persona", a portare loro stessi in palcoscenico i testi, i personaggi che avevano fino allora interpretato muovendo e doppiando pupazzi di legno, lei, la mia mamma , diventa la prima attrice della compagnia. Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li faceva studiare, si occupava della casa, e come una più che provetta caslinga( a tutti gli effetti)teneva l'amministrazione della compagnia come fosse quella di un normale menage familiare, si occupava dei costumi, aveva imparato pure a cucire, e alla sera, via!, E Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la Fantina dei Miserabili, tutti ruoli che via via, abbiamo interpretato anche noi figlie e le cugine Ines e Lucia. Percorro così l'apprendistato dei teatranti interpretando via via che cresco, tutti i ruoli maschili e femminili adatti alla mia età. Il vantaggio della compagnia di mio padre rispetto alle altre compagnie di giro, (così si chiamavano le piccole compagnie di provincia) è 430 l'invenzione di impiegare tutti i trucchi scenici del teatro magico delle marionette, nel "teatro di persona"":montagne che si spaccano in quattro a vista, palazzi che crollano, unn treno che appariva piccolissimo lassù nella montagna e che man mano che scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in scena _29_con il muso della locomotiva a grandezza naturale. Mari in tempesta, nubi che solcavano minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che volava. scene in tulle in proscenio, che illuminate a dovere ti facevano vedere come era il paradiso. Insomma tutti gli espedienti tecnici dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva ancora, dentro la scenotecnica delle marionette. soltanto che in quel teatro tutto era stato miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire una operazione da Gulliver alla rovescia:da minuto che era ingrandire ogni oggetto, aggeggio, marchingegno fino a renderlo identico alla realtà. In questa nuova veste"il teatro di persona" la compagnia di mio padre realizza un 431 successo insperatoo. Si lavora come sempre a tempo pieno. Mio padre , il capo, con il ruolo di primo attore, menager P. r. , lo zio Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del comico-brillante a secondo dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia;le mogli, i figli, gli attori scritturati;i dilettanti gli amici componevano la nostra compagnia. Giravamo cittadine, paesotti e paesini del nord Italia su di una corriera che chiamavamo "Balorda" a causa del comportamento bizzarro che aveva, che più che al suo cattivo carattere andava attribuiito agli anni. In certi paesi nei quali ad una certa ora del giorno si passava, nei turnichè particolarmente ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci aspettavano. Ci spingevano fra tante risate, poi la sera ci raggiungevano ed entravano a godersi lo spettacolo gratis. "Siamo quelli che abbiamo spinto. " "Passate". Mio padre, amava la Balorda , e zingarone com'era, gioiva tutto nel vedersela rilucente di colori sgargianti. 432 Mia madre, ogni volta che lui le cambiava colore:"non sposeremo mai le nostre figlie !" "Hai ragione Milietta. . domani le cambio colore"E l'indomani quando "Emilietta" si affacciava in cortile, ecco la Balorda ridipinta:d'argento!"Non sposeremo mai le nostre figlie!"Arriva la guerra, finisce la guerra. Bombardamenti non ne avevamo avuti. Qualche bomba sulla fabbrica di aerei:la Macchi, lontana dal centro, alla periferia di Varese, a Masnago. Ricordo a proposito di questo paese, una sera che si tornava a casa dopo lo spettacolo veniamo fermati, sia noio che tutti quelli che passavano per quella strada dopo di noi, da un gruppo di fascisti e S. S. Ci hanno fatto entrare in un cortile, (era quello dove anbitava uno dei nostri dilettanti, chisamato"luigino cassa da morto, perchè suo padre le fabbricava) dove siamo stati per ore bloccati. Solo all'alba ci hanno lasciati andare. Non è stato per niente drammatico. L'aria, nonostante i tedeschi era di festa a causa della inconsuetudine dell'avvenimento. Si 433 sà, i giovani trovano sempre la maniera di di superare le tensioni. Sarebbe però, tanta allegia finita in tragedia se quell'alba avesse portato la notizia di una missione tedesca andata male. Ci avrebbero fucilati tutti. l'abbiamo saputo qualche giono dopo. Per fortuna l'abbiamo scampata. Altre volte, capitava che ci fermassero dei partigiani. Non dicevano "siamo partigiani" ma erano in borghese con i mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio? " Li facevamo salire. Più avanti capitava d'incontrare picchetti fascisti che ci fermavano. Ci conoscevano. Avevamo un permesso speciale per il coprifuoco. "Buona sera signor Rame, . Com'è andata? ""Benissimo!" "buona notte. "Ce ne andavamo;nonostante il buoio, sicuramente pallidi. Si riprendeva a cantare con più forza di prima. E anche i poartigiani cantavano. Gridavano più di tutti. (ricordarsi inserire malattia-corso infermiera-morte del padre) A 20 anni, seguendo l'esempio di mia sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la 434 nostra compagnia e inizio la mia carriera nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si possono immaginare le difficoltà di una simile scelta in quel periodo del dopoguerra , siamo negli anni 50 e quindi alterno momenti neri a buone scritture nelle compagnie di varietà più famose. E' proprio in una di queste compagnie che conosco il Dario Fo, anche lui alle prime armi, che s'innamora subito di questa "sventola dolcissima", (così mi chiamava)e si prende una cotta da imbesuimento(così dice lui):"7 giorni a Milano", ditta:le tre sorelle Nava e Franco Parenti. M'é piombata addosso, é propio il caso di dirlo senza che la cercassi, ne sollecitassi nulla, per averla. Parlo di lei, della notorietà. Di questo mio mestiere non me ne é importato mai niente. Si stenta a crederlo, ma é così. non ho mai mosso un dito per avere di più, anzi, tutto quello che negli anni ho ricevuto, di cui ho beneficiato, l'ho avuto, "nonostante me". Ora che ci penso bene, e mi sconcerto, non posso nascondermi di non 435 aver mai desiderato qualcosa in particolare. Non ricordo di aver mai detto, ne pensato"se potessi avere. . ""vorrei""per avere quella cosa farei. . "E non perché avessi tutto, chi mai ha tutto? Qualcosa certo l'ho desiderato, che so, che non mi si ammalasse nessuno in famiglia, che mia madre non morisse mai, che i miei figli stessero bene. . ma insomma, tutte cose, normali. Del resto, pellicce, vestiti, gioielli, parti, partone, niente. Forse perché mi arrivava tutto di da solo. Forse perché non mi restava il tempo di desiderarle. Beh questo può valere per quando ho iniziato a guadagnare, ma per prima? Era così anche prima? Sì. Era così. Forse mi ci vuole uno psicanalista. Dicevo che m'é piombata addosso la"notorieta", non che mi dispiacesse, una certa sera, a Cesena. Compagnia Franco Parenti e le tre sorelle Nava. Io dicevo una battuta:"Il Coriolano é in cinque atti", ma ero lunga, bionda, con i seni rotondi, e mi si vedeva. Alla fine dello spettacolo, si presenta in camerino un tipo con macchina 436 fotografica"sono un giornalista posso farle una foto? Posso dire che un produttore americano la lancerà come la Rita Haiwort italiana? " 1953. Con Franco Parenti e Giustino Durano Dario scrive il "Dito nell'occhio" testo di critica politica e sociale che fece grande scalpore e per i contenuti e per lo stile di treatro ben diverso dagli steriotipi del teatro così detto "leggero" di quegli anni. Lo spettacolo ha un grandissimo successo e gira per una stagione intiera tutta Italia. Io debutto con loro nella stagione invernale. (ricordarsi "spettacolo sconsigliato" fuori dalle chiese. ) 1954 -giugno . Dario debutta al Piccolo Teatro sempre con Parenti e Durano con un altro testo scritto da loro:"I sani da legare". Io ho un gran magone, perchè Parenti non mi vuole in compagnia;Lo capisco anche se nessuno esplicitamente me lo dice. Ma ad un certo punto Dario, con molto imbarazzo e malinconia, nel bar di una piazzetta vicino a casa mia, me lo comunica, ma in contemporanea mi 437 chiede di sposarlo. Lui dice di no, nega, ma io sostengo, conoscendolo, che mi ha chiesto di sposarlo per pareggiare il dolore che sapeva che mi avrebbe procurato l'essere scartata. 1954- 24 giugno. Ci sposiamo. In sant'Ambrogio!Dario metterà il fatto di essersi sposato in chiesa addirittura ne"gli arcangeli non giocano al flipper":"sposato in chiesa per accontentare madre di lei molto credente". Il matrimonio è stato bellissimo. La notte prima l'ho passata sveglia non per l'emozione, ma perchè stavamo nel lettone della mia mamma in cinque. Io e quattro amiche venute da Varese per farmi festa. E a chiaccherare a ricordare, a ridere. E' stata una bellissima notte. La mattina è arrivato il Felice, padre di Dario, con una macchinona presa a nolo, scendo le scale della casa della mia mamma e lì, tutti gli inquilini -35-del palazzo a buttarmi manciate di riso. . a farmi gli auguri, a strigermi la mano. . e io. . giù a piangere. Poi arrivo in chiesa. I giornali avevano da 438 giorni annunciato le nostre nozze, quindi, folla, fotografi oltre ai parenti e agli amici. e un'amica , che forse non mi era tanto amica, mi allunga, proprio un secondo prima che entrassi in chiesa, davanti a tutti un magnifico buchè:gigli simbolo di purezza. Facevo l'amore con Dario da due anni, senza nasconderla altri che alla mia mamma, e questi gigli li avrei mangiati volentieri. Non ho potuto. Pranzo con gli invitati all'Htel Milan, offriamo i confetti, e poi ce la svignamo e andiamo a pranzo col babbo di Dario. La "prima sera", io sono in televisione, non ricordo più con che spettacolo, Dario al Piccolo con "I SANI". Sono andata ad abitare nella casa dei genitori di Dario. (controllare archivio, c'è una foto simpatica"la sposa d'italia")L'indomani mattina, telefono a mia madre per salutarla. . e non so com'è, m'è venuto un gran magone. Mi sono emozionata. Era veramente fatta. Ero uscita di casa. E la mia mamma, e qui si può leggere tutto il suo candore:"Che c'è? . . Non ti ha trovato in ordine? ". 439 L'impatto con la vita marito-casafamiglia è stato un gioco. Mi cimentavo con la cucina, ma non avendo mai avuto niente del genere come mia diretta e totale responsabilità, avevo qualche problema. Primo tra tutti, le dosi. Far da mangiare per due. C'erano sempre tali quantità di cibo bastanti per una caserma. Ricordo una sera a cena Eugenio Tacchini, amico di Dario d'infanzia che si mangiò almeno sette piatti di minestrone. Io ero un pò preoccupata. "Basta, Eugenio, starai male. ""No, no. E' tanto buono" Poi però al cinema Orfeo, dove -36- mi aveva accompagnato a vedere "Roma città aperta" durante la scena delle torture è svenuto. "Accendete la luce-grido-c'è un ragazzo che sta male". Arriva la polizia, lo portano fuori, nella hall lui si riprende. . . Si guarda intorno, vede i poliziotti, e ancora sotto lo shok del film, gridava"non sono stato io!Sono innocente!"Volevo morire. Poi s'è alzato, è corso in bagno e ha vomitato totto il mio minestrone. Gli ossibuchi mi venivano bene. La prima 440 volta che li ho fatti, stando col filo telefonico diretto con mia madre, Dario non finiva più di dirmi-che buono che buono. Poi ha invitato i suoi amici di Brera, Emilio Tadini, Alik Cavaliere e altri . Ero un pò preocupata. Un pranzo da sola, non l'avevo mai retto. "Farò gli ossibuchi col risotto". Ho fatto la mia bella figura. E Dario-ma che buoni -ma che buoni!Ho continuato per almeno tre settimane. E il povero Dario sempre a dire ma che buoni-Poi, al ventesimo giorno credo si sia finalmente ammutolito. Ora, li mangiamo non più di tre volte all'anno. Al suo "ma che buono che buono s'è aggiunto Jacopo. Lo dicono insieme e poi scoppiano a ridere. 20 minuti dopo le nozze, si fa per dire, resto incinta. Jacopo (un nome che mi piace proprio come quasi tutte le cose che fanno quei due tipi lì, dice nostro figlio) è nato il 31 marzo del 55 a Roma. Esattamente nove mesi e sei giorni dal 24 giugno dell'anno prima. Gravidanza terribile. Ho vomitato sempre. Mi 441 disturbavano gli odori, perfino i colori. Mai più potuto mangiare ne vedere un piatto di spaghetti. La sera del trenta, stavo nel camerino del Teatro Quattro Fontane dove Dario recitava. Chiedevo a sua madre;la mamma Fo, "come sono le doglie? Cosa si sente? Come si capisce che è ora? "E lei, "quando senti una mano che ti strappa le viscere. . "e un'amica, anche lei anziana"No Pina, non ti ricordi più. Quando senti. . ". Nulla che mi tranquillizzasse. Anzi!Mi ritiro un pò prima di Dario. Ormai ci dovremmo essere. . . Preparo la valigia, roba per 25 me, vestaglia camicie ecc. e roba per il bambino. (A quei tempi non si sapeva prima se fosse maschio o femmina. Ti dovevi fidare delle anziane:la pancia è così, allora è maschio. No, per me è femmina, non vedi come è messa? E via di 'sto passo. Comunque sempre"bambino" si diceva. Se poi era femmina. . ) Ero emozionata. Arriva Dario. Baci baci. Poi si mette a letto e si mette a leggere "il Mondo" . Ho odiato 442 molto quel giornale per la sua grandezza. Ogni volta che D. voltava pagina mi faceva un gran vento. E io sternutivo. "Dario, mi sento strana. . . ""Dormi Nanina. . ". Dopo un pò:"Dario. . ""Dormi Nanina". . e via a girar pagine. . "Dario credo che mi si sono rotte le acque. . ". "Dormi Nanina. . ""Ma Dario!!!"Di corsa un taxi. Ora siamo emozionati tutti e due. Clinica Salus. Mi avevano promesso che mi avrebbero dato dell'etere. In sala parto grido;Etere!Etere!La levatrice mi dà una carezza;"sì cara, sì, suo marito è fuori"Etere!!"Il fatto è che la signora in questione era veneta e pensava che nel momento supremo io chiamassi mio marito:Ettore!Ettore!Poi finalmente è arrivato il medico. Sento un vagito. "Brava signora. 3 chilogrammi e 9. "Ho fregato la Clara. La Clara era una brava ragazza moglie di mio cognato Fulvio, che però era molto quotata all'interno della famiglia, e quando dico famiglia intendo mia suocera, in quanto professoressa di lettere, non attrice. Quindi sicuramente 443 migliore di"quella lì che non solo fa l'attrice, ma mi ha anche portato via ei me testun. "Sì, all'inizio mia suocera era solo mia suocera;Non aveva simpatia per me e devo dire chefaceva l'impossibile per farmelo capire. Mi addolorava molto non essere amata da lei. Ma si sa, gli inizi per qualsiasi cosa tu intraprenda trovi difficoltà, figuriamoci il rapporto con la mamma di lui. Mia suocera m'ha conosciuto bene. E' diventata per me la mamma Fo, e mi ha amata profondamente, come profondamente io ho amato lei. La frase che mi diceva con orgoglio era "io l'ho messo al mondo, tu l'hai fatto". Ma pensa te!Ce ne vuole èh !! Con la leggerezza dei pazzi usciamo dalla clinica con il nostro fantolino in fasce e ci "accasiamo" ospiti di un fotografo di cui non ricordo il nome, che aveva una splendida casa in via Parioni;Davvero splendido appartamento. L'unico difetto non indifferente per una coppia con un bambino di 8 giorni che questa principesca dimora, era completamente 444 priva di mobili, (se li era portati via il padre dopo una lite. Ma erano mesi che l'appartamento era in queste condizioni). Due brande, una sedia per comodino;un tavolo in cucina, qualche sedi, forse, e un telefono con un fili chilometrico che il nostro amico si portava sempre appresso. Non volendo umiliare la sua generosità(forse era ubriaco quando ce l'ha proposto, non so)ci siamo sistemati alla bellemeglio. Il bambino ha pianto per 8 giorni di fila. Per quanto spirito di adattamento avessimo non riuscivamo proprio a comunicarlo a questo tipo appena nato, che non sapeva proprio niente della vita. a cavarcela e per le scomodità e per la mia inesperienza. Al nono giorno, decidiamo di tornare in clinica. Ci hanno presi a braccia aperte. Ci hanno dato una bellissima camera, vicino alla sala parto. Ci siamo addormentati tutti e tre e abbiamo dormito per almeno un giorno finalmente rilassati;Dario come vedeva in corridoi un padre in apprensione per la nascita del suo bimbo si avvicinava 445 e s'informava. parto cesareo."Sa, è un . "E Dario:"non si preoccupi anche Franca ha avuto ilcesareo. . è una sciocchezza. . vedrà"E quello si consolava. E un altro" è messo di piedi!""Non si preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi. . è andato tutto benissimo. . il ginecologo è straordinario" . Solo quando un padre era preoccupato perchè la moglie stava facendo 2 gemelli D. è stato senza parole. Non poteva dire :anche Franca. . E via di questo passo. Ci siamo stati tre mesi. Quanti padri e quante madri abbiamo rinfrancato. Qualcuna ci viene ancora a trovare con i il figlio nato proprio in quei giorni. Che benissimo! Intanto, abbiamo comperato una casa in via Nomentana, l'abbiamo arredata e finalmente ci siamo andati ad abitare. Tutti tre. Il bambino cresce. Noi facciamo films. Il primo "Lo svitato". Il soggetto era di Dario. L'aveva letto a Zavattini che ne fu entusiasta. Regia di Carlo Lizzani. Dario era troppo inisperto per aver voce in capitolo con gli sceneggiatori che gli 446 avevano messo al fianco"sei autori in cerca del personaggio" li definì Nello Santi, il produttore. Ne è uscito un film sbagliato con qua e là momenti da cineteca. Avremmo dovuto avevre i mezzi e la forza di ritiralo, rigirare quello che ci sembrava sbagliato e riproporlo. Ma non ci abbiamo nemmeno provato. Forse non l'abbiamo nemmeno pensato. Clamoroso insuccesso. (troppo avanti _Ricordarsi TATI)Credo che sia il film che incassato meno negli ultimo 5o anni. Dopo lo svitato Dario alterna al lavoro di attore quello di sceneggiatore, e viene addirittura scritturato fisso alla Ponti de Laurentis come gags-man a 2. 000. 000 al mese. La cifra era astronomica. Lavora con sceneggiatori del calibro di Age Scarpelli Pinelli(sceneggiatore di Fellini) Antonio Pietrangeli. (indicare films. Titolo) Io interpreto partacce in films tutti lacrime, core, cosce e zinne. Sono 28 quasi sempre in cartello come "partecipazione straordinari", mi pagavanp bene, ma quei films di straordinario non avevano 447 null'Altro che il materiale umano col quale venivo, grazie a loro, in contatto. TINA PICA-GIUDA. POI VENGO SCRITTURATA DAL TEATRO ARLECChino a Roma, per interpretare un testo di Feiduau che sembrava scritto per me:"non andartene in giro tutta nuda"Dario scrive per i fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla un atto unico"gli imbianchini non hanno ricordi". A quel punto gli propongo di ritornare a Milano e farci una compagnia nostra. Ci proponiamo a Paolo Grassi allora direttore del Piccolo teatro che ci regala fiducia, amicizia dandoci il teatro per ben tre mesi. Debuttiamo così, in un caldo infernale, tutti soli, (sì, c'erano altri attori da noi scritturati, ma la responsabilità della compagnia era solo nostra) con "Ladri, manichini donne nuda". Scritto diretto e interpretato da Dario, sue erano anche le scene e i costumi. Io facevo l'attrice ma mi occupavo di un sacco di cose;Mio fratello Enrico era il nostro amministratore-attore se necessario. Ha 448 guidato la nostra compagnia con grande abilità, riuscendo a farci stare in pieda anche senza alcun aiuto ministeriale ne dell'ETI(ente teatrale italiano che avrebbe dovuto appoggiare più che mai la nosytra compagnia in quanto recitava opere di autore ITALIANO. Ma sia noi che EDUARDO De FilippO abbiamo avuto grazie alle nostre scelte politiche , vita grama con tutte le forza statali e parastatali). 1958:"Comica finale" quattro atti unici scritti da Dario, su canovacci della mia famiglia. Dario aveva sentito queste storie mentre io le raccontavo a Jacopo per farlo addormentare. Ma de gli atti, che gli ho passato "bocca a bocca", il migliore era "un morto da vendere" che aveva completamente scritto, ambientandolo nell'800 come gli altri. Il migliore. Non si pensi che accecata dall'amore io possa dare a Dario meriti che non ha. Non l'ho mai fattao. D'altro canto basta leggersi le "comica finale pubblicato da Einaudi per vederlo. RICORDARSI DIFFICOLTà 449 FINANFIARIE. STABILE TORINO;EPISODIO 2CANNAS L'AMORE è PIù FORTE; Siamo al teatro Gerolamo di Milano. Andiamo avanti con grande fatica. Il teatro è conosciuto come teatro delle marionette. Se il mio cuore aveva un fremito al ricordo della mia famiglia, questo fremito non poteva riempirci il teatro. La prima fu un disastro. Abituati ai palcosceninci grandi, il trovarci senza prova alcuna in uno spazio grande come il bagno di casa mia, ci ha messi in grande difficoltà. Devo riconoscere, che come unica volta nella storia della nostra compagnia, la critica ufficiale presente allo spettacolo non ha menzionato i 3OOO incidenti che si sono susseguiti nelle tre ore. Proprio in quel teatro, quasi sempre vuoto ci è arrivata inaspettata la possibilità di debuttare in un grande teatro:il teatro Odeo. Stagione 1959-60-"Gli arcangeli non giocano al flipper" teatro Odeon di Milano. Mille posti. Grande successo di 450 critica e di pubblico. Tutte le sere "il Bossino" che in realtà si chiamava Bossi direttore del teatro, non appena lo spettacolo iniziava si metteva in quainta con un foglio sistemato sulla fronte, con scritto in grande l'incasso della serata. Il copione di questo spettacolo ci fu sequestrato per le troppe battute a soggetto che abbiamo aggiunto, non autorizzati. Abbiamo collezionato "rapporti al questore di ogni città dove si lavorava, per un totale di 280, tanti, quanti furono le repliche dello spettacolo. questura" Abbiamo girato tutta l'Italia facendo esaurito ovunque. DATI STATISTICI E INCASSI NUMERO SPETTACOLI DENUNCIA POLIZIA PER CENSURA. inpiù di una occasione rischiamo di non poter andare in scena. 1960-61 -"Avevav due pistole con gli occhi bianchi e neri". opera che tratta della connivenza tra fascismo e borghesia, tra malavita organizzata e potere. L'intervento della censura è pesantissimo, 451 ci massacrò letteralmente Decidemmo di andare in scena egualmente senza tenere in conto alcuno i tagli. Ci fu un braccio di ferro piuttosto teso tra noi e il prefetto di Milano che ci minacciò di arresto immediato, ma alla fine, preoccupato dello scandalo che ne sarebbe venutoo, il ministero tolse i tagli. il testoE' con questo spettacolo che mi conquisto agli occhi di mio marito, un ruolo diverso da quello di sempre. Per la prima volta non accetto il testo a scatola chiusa certa del successo di sempre. Qualcosa non mi convince. Lo comunico a Dario. Si è discusso mica male. Mio figlio aveva sei anni e ancora se lo ricorda. Credo sia stata la prima discussione accesa alla quale asssistesse. Non ci aveva mai visti così, era un pò spaventato. "Dimmi cos'è che non funziona!Dimmelo!"e io:"non lo so". "più forte il Dario:"dimmelo!" "Non lo so, ma c'è qualcosa che non va. "(Quante volte negli anni futuri s'è ripetuta questa scena? ) Jacopo piange senza gridare, e anch'io scppio a piangere gridando come un 452 bambino disperato. Era la prima volta che vedevo dario fuori dalla grazia di Dio. "Ora, lo rileggo tutto. . cercherò di individuare. . di capire. . poi ti dirò. . ". Leggo e prendo appunti. Dario, per tutto il tempo ma guarda serio. In piedi. Mi stavo innervosendo. Dopo due ore, più imbarazzata che mai:"taflierei qui, qu, e qui. "D. ci pensa un pò su, e poi:"forse hai ragione, ma prima preferisco provarlo col pubblico. " Debutto:successo di stima. Il giorno dopo D. mi dà il copione:"fai i tagli che proponevi". 1961-62:"Chi ruba un piede è fortunato in amore". Dopo sporadiche apparizioni nella TV. di stato approdiamo alla televisione sulla neonata seconda rete, (1962 PRIMAVERA) con sei puntate tutte nostre:"Chi l'ha visto? ". Subito dopo dalla direzione Rai ci viene proposto di condurre "Canzonissima"il grande concorso canoro abbinato alla lotteria di capodanno la trasmissione di maggior 453 interesse popolare dell'ente. D. scrive i testi che prima dell'inizio della trasmissione ricevono il benestare della direzione nella persona del dott. Pugliese direttore generale(? ). Ma già alla prima puntata la stampa reazionaria si scatena criticando ferocemente la più che delicata critica politico sociale contenuta neitesti. Di puntata in puntata gli attacchi, le polemiche sulla stampa non si contano. L'indice di ascolto è altissimo (anche se al processo, uno dei tanti che c'è stato la direzione Rai tentava di sminuirci. dicendo che nessuno ci vedeva. TAXISTI RICORDARSI) l'Italia era divisa in due:chi ci ama, e chi ci odia, ma tutti lì, davanti al televisore il sabato sera. Ad ogni trasmissione ci vengono imposti tagli e censure sempre più pesanti. (FIORI SENO. GAMBA SINISTRA)fino a che all'ottava puntata decidiamo di abbandonare la trasmissione. La famosa "Canzonissima", il FANTASTICO DI OGGI, va in obda senza presentatori. (RICORDARSI WALTER CHIARI E 454 BRAMIERI)e quando l'annunciatrice all'inizio della trasmissione dice:d. FO e F. Rame si sono tritirati, una quantità incredibile di telespettatori si rovescia nelle strade di Milano, tutti quanti diretti al palazzo della fiera dove si teneva la trasmissione. Quando usciamo(eravamo stati su consiglio dei nostri legali nei camerini nostri fino alla fine della trasmissione) ci troviamo davanti una folla di gionalisti, fotografi e migliaia di persone. In molti erano venuti per dimostrarci la loro calda e commossa solidarietà. Questa fu la prima e credo l'unica volta nella storia della Rai che due "attori" rifiutarono di "abbioccarsi" d'innanzi alle imposizioni, ai tagli, all' “arroganza del padrone" ai soprusi. 47500 ARRIVATA A FRANCA 455 “LA VITA” Alcatraz 8 agosto 2004 Una luna esagerata. Settembre. Da fuori viene un’aria ancora tiepida. Guardo il cielo e le sue stelle. Tante e non mi danno nulla. Il giorno è lontano. Non ho sonno. Gli occhi mi bruciano, ma non ho sonno. Sono rientrata da poco. Ho recitato un po’ distratta, col pensiero in questa cameretta. Mi appoggio meglio alla poltrona. Ho posato in grembo il detergente per lo strucco. I clinex. Me lo passo sul viso, con sospiri lunghi. Di quelli che ti sconquassano l’anima. Non avrei voluto mai vivere questo momento. La guardo. Lei è lì che sta faticando a morire. 456 Un rantolo costante da giorni ci segue in ogni stanza. La sua mano che tengo più che posso nella mia, è tiepida, se non fosse per quel respiro strozzato che le esce e le labbra spaccate per l’arsura, potrebbe sembrare una bellissima anziana signora addormentata. “Sì, mamma, ora te le inumidisco” – mi viene normale parlale come mi sentisse. Da una tazza prendo la garza intinta nell’acqua, delicatamente gliela passo sulle labbra. Sulle gengive. Qualche goccia sulla lingua. Mi sembra che ne succhi un po. Chissà. “Sono qui, mamma. Sono qui, dammi la mano”. La casa dorme. Anche l’infermiera della notte, riposa. In questi lunghi solitari silenziosi momenti, il pensiero fa salti qua e là nella nostra vita. Penso sia una cosa normale: come tirare le somme, mettere in fila i 457 ricordi. Il passato ti viene davanti a saltelloni, il bello e il brutto, sorridi e ti rattristi in un attimo… tutto è così veloce. “Che ragazzina generosa la Sgarbina, figlia del nostro droghiere… quando andavamo da lei subito si metteva una caramella in bocca, la succhiava un po’, poi che la regalava.” Mi vedo la scena con un sorriso. Che m’è venuto in mente? La mia famiglia. Non ho conosciuto nessun nonno e da piccola invidiavo le bambine che li avevano. Cerco di immaginare mia madre tra i suoi. Il padre ingegnere del comune di Bobbio, o forse solo geometra, la madre casalinga. Undici figli: sette femmine quattro maschi. Poveri come l’acqua, dignitosi, di una certa classe sociale, con troppe bocche da sfamare e da far studiare. Maschi e femmine non potevano mai uscire tutti insieme: mancavano le scarpe. 458 L’Emilia, la mia mamma, a 17 anni diventa maestra. Per quei tempi era già tanto. La mandano a insegnare in una scuola sperduta in montagna. Viene ospitata da un cugino prete, giovane, grasso e gentile. Il povero pretino si innamora perdutamente di lei. Per quanto cercasse aiuto nel Signore un bel momento, bruttissimo per la giovane cattolica-fervente-praticante-Emilia, le palesa il suo perdimento. Si vuole spretare e tenta pure di baciarla. Vola un ceffone sul facciotto pallido dell’impunito e quasi soffocando per l’indignazione, l’integerrima maestrina, se ne torna a casa a piedi, che era già scuro. E c’era pure la neve. Quanto fervore nella tua voce, quanta indignazione, mamma. Dopo tanti anni è sempre come fosse ieri, nella tua testa, indelebile. Fotografia mai ingiallita. Credo sia stato l’unico momento “vergognoso” come lei lo definisce, della 459 sua vita. “Ma mamma, quel povero pretino, in quel paesino sperduto in momtagna… potevi anche darglielo un bacino…” le dicevo ridendo. “Mai. Si vergogni!” Chissà da quanto è morto. “All’inferno! Sarà certamente all’inferno!” A 85 anni, e non era la prima volta a Cesenatico, chiede di confessarsi. Dario, in bicicletta va a chiamare il prete. Lo vedevamo tutte le estati, sempre a confessare mammà. Aperto, intelligente, un buon cristiano. Li lasciavamo soli. Parlottavano per una mezz’oretta. Lei, seduta, compunta, seria, con gli occhi bassi come bruciasse ancora di vergogna per tanta offesa. Lui, con la bocca piena di biscotti, la rincuorava. Li spiavo dalla finestra sciogliendomi di tenerezza. Quando usciva gli chiedevo: “Ha vistio che peccati tremendi ha fatto la mia mamma? E’ sempre quello eh… il povero pretino… e il ceffone…” Lui se ne andava ridendo intascando l’offerta per la chiesa. In bicicletta. 460 Di mio padre si innamora poco dopo la storia del pretino. Me la immagino. La vedo giovane, bellissima. E quando dico bellissima voglio proprio dire "bellissima", senza alcun aiuto. (Nessuno di noi, quattro figli, pur assomigliandole, s'è avvicinato a tanta autentica beltà). Arriva il principe azzurro. Mio padre Domenico Rame: "marionettista girovago" con il suo carro, il fratello Tommaso, la sorella Stella, il padre Pio, grande estimatore di Garibaldi tanto da portare una barba come la sua. L'unico ritratto in nostro possesso lo raffigura vestito e somigliante all'eroe! A quel tempo, in un paesotto (ora cittadina) come Bobbio, l’arrivo delle marionette dovevav essere certamente un evento. Si conoscono a carnevale ad un gran ballo, le sette sorelle Baldini con costumi d’epoca cuciti da loro stesse, folgoravano, sotto lo sguardo attento di tutta la famiglia, i maschi presenti. Lui… il mio 461 papà… “Era bellissimo! Aveva un costume azzurro… M’ha invitato a ballare sette volte. E mi stringeva anche!” cinguettava mia madre illuminata dal ricordo e per nulla imbarazzata da tanto ardire. Fulminati. Lui, finita la stagione in quel di Bobbio, se ne va. Lei sicuramente piange. Dopo un anno di lettere d’amore il Domenico torna. Si sposano con grande scandalo della famiglia e del paese. E sì, perché tutte le altre sorelle erano fidanzate con tipi ben piazzati, il professore, il giudice, il direttore di banca. Lei no: il marionettista, col suo carro e senza fissa dimora. Altro che scandalo. Bellissima, giovane, innamorata, cerca con tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova vita, tanto diversa da quella che aveva condotto sino a quel giorno. Aiuta la famiglia come può. Non sa manovrare le marionette, ma si ingegna a cucire vestiti, e rinnnova tutto il guardaroba dei 462 pupazzi di legno. A pensarci pare una favola. E’ molto orgogliosa di quello che fa. Più avanti, dirà qualche battuta. Con l'avvento del cinema (1920) i fratelli Rame intuiscono che "il teatro delle marionette" sarà presto messo in crisi, schiacciato da questo nuovo magico mezzo di spettacolo. Decidono un cambiamento radicale (con grande dolore del nonno Pio): “Reciteremo noi i nostri spettacoli, entreremo in scena noi, al posto delle marionette". Così mio padre con l’Emilia, la zia Stella, lo zio Tommaso con la moglie Maria (nuova recluta della compagnia), si sostituiscono ai pupazzi di legno, vere e proprie sculture, tre delle quali sono esposte al Museo della Scala di Milano. Debuttano nel teatro di" persona", recitano loro stessi i testi, i personaggi che avevano fino allora interpretato muovendo e doppiando le marionette, e lei, la mia mamma, diventa la prima attrice. Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li 463 aiutava a studiare, si occupava della casa, e come una più che provetta casalinga (a tutti gli effetti) teneva l'amministrazione della compagnia come fosse quella di un normale menage familiare. E alla sera, via!… e Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca dei “Figli di nessuno”, e la Fantina dei “Miserabili”, tutti ruoli che via via, abbiamo interpretato anche noi figlie e le cugine Ines e Lucia. Mi vedo a percorrere l'apprendistato dei teatranti interpretando tutti i ruoli che crescendo erano adatti alla mia età, maschili o femminili che fossero. Il vantaggio della compagnia di mio padre rispetto alle altre compagnie di giro, (così si chiamavano le piccole compagnie di provincia) era l'invenzione di impiegare tutti i trucchi scenici del teatro fantastico delle marionette, nel "teatro di persona": montagne che si spaccano in quattro a vista, palazzi che crollano, un treno che appare piccolissimo lassù, nella montagna e che man mano che scende s'ingrandisce fino ad entrare in scena con il muso della 464 locomotiva a grandezza quasi naturale. Mari in tempesta, nubi che solcano minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che vola, scene in tulle in proscenio, che illuminate a dovere ti facevano vedere come era fatto il paradiso. Insomma tutti gli espedienti tecnici dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva ancora, dentro la scenotecnica delle marionette. Soltanto che in quel teatro tutto era stato miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire una operazione da Gulliver alla rovescia: da minuto che era, ingrandire ogni oggetto, aggeggio, marchingegno fino a renderlo simile alla realtà. In questa nuova veste la compagnia di mio padre realizza un successo insperato. Si lavora tutte le sere, 363 giorni l’anno. Si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre. O se c'era il funerale di un defunto importante del paese: il prefetto, il podestà, il dottore, il prete, il farmacista. La domenica, la compagnia si 465 divideva in due e si faceva doppio spettacolo, pomeriggio e sera. Mio padre, il capo, con il ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo dell'antagonista o del comicobrillante a secondo dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia; le mogli, i figli, gli attori scritturati, i dilettanti, gli amici componevano la nostra compagnia. Giravamo cittadine, paesotti e paesini del nord Italia su di una corriera che chiamavamo "Balorda" a causa del comportamento bizzarro che aveva, che più che al suo cattivo carattere andava attribuito agli anni. In certi paesi nei quali ad una certa ora del giorno si passava, nei turnichè particolarmente ripidi, LEI, la vecchia signora, NON CE LA FACEVA. C'erano sempre dei ragazzi che ci aspettavano. Ci spingevano fra tante risate, poi la sera ci raggiungevano ed entravano a godersi lo spettacolo gratis. "Siamo quelli che abbiamo spinto la Balorda." "Passate". 466 Mio padre, amava la Balorda, e zingarone com'era, gioiva tutto nel vedersela rilucente di colori sgargianti. Mia madre, la maestrina-cattolica-di buona famiglia ogni volta che lui le cambiava colore: "non sposeremo mai le nostre figlie!" lamentava col pianto in gola. "Hai ragione Milietta… domani le cambio colore". E l'indomani quando "Milietta" si affacciava in cortile, ecco la Balorda ridipinta… d'argento! "Non sposeremo mai le nostre figlie!" bisbigliava rassegnata: Cos’è?… m’ha stretto la mano?… Trattengo il fiato. Giro appena la lampada del comiodino. No, mi è solo parso… Ma forse… Che debbo mai aspettarmi, in che spero? Ha 88 anni, è in coma profondo da oltre 20 giorni. Fuori è ancora buio. Guardo l’ora. E’ passato poco tempo e mi pare un’eternità. 467 Finisce la guerra. Bombardamenti non ne avevamo avuti. Qualche bomba sulla fabbrica di aerei: la Macchi, alla periferia di Varese, a Masnago. Masnago… Ricordo una notte che si stava tornando a casa dopo lo spettacolo e veniamo fermati, sia noi che tutti quelli che passavano per quella strada dopo di noi, da un gruppo di fascisti e S.S. Ci hanno fatto entrare in un cortile, (era quello dove abitava uno dei nostri dilettanti, chiamato "Luigino-cassada morto”, perchè suo padre le fabbricava) dove siamo stati bloccati per ore. Solo intorno alle 7 ci hanno lasciati andare. Non è stato per niente drammatico, per noi giovani. Dopo poco la serietà degli adulti l’abbiamo cancellata. L'aria, era di festa. La mamma del Luigino-cassa-da-morto, ci aveva offerto qualcosa da mangiare. Si parlava, si rideva nonostante i tedeschi e i fascisti con i loro mitra, giù nel cortile. “E’ arrivata altra gente… stanno fermando tutti.” Cominciamo ad avere sonno, si parla e si ride di meno, qualcuno s’è addormenato. 468 Sarebbe, questa strana notte, finita in tragedia se col mattino fosse arrivata la notizia del fallimento di una missione tedesca. Ci avrebbero fucilati tutti. L'abbiamo saputo qualche giorno dopo, da Lunardi, un prestigiatore fantastico amico di mio padre, che bazzicava in ambienti fascisti. L'abbiamo scampata. Altre volte, capitava che ci fermassero dei partigiani. Non dicevano "siamo partigiani" ma erano in borghese con i mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio?" Ci strigevamo e li facevamo salire e via che si riprendeva a cantare. Più avanti, a volte capitava d'incontrare un picchetto di fascisti che ci fermava, non chiedevano i documenti. Ci conoscevano. Avevamo un permesso speciale per girare con il coprifuoco. "Buona sera signor Rame. Com'è andata?" Il cuore si fermava per un attimo. "Benissimo! Grazie." "Buona notte” "Buona notte”. Ce ne andavamo riprendendo a cantare col fiato che si 469 strozzava in gola. “Come va?” “Bene, dorme…” Non mi veniva di dire COMA. Dario mi dà un bacio. “Va a dormire, ci sto io.” “Non ho sonno…” Come se ne va mi metto a piangere. Che momento orribile. Appoggio la testa. Poi mi rimetto dritta. Non voglio addormentarmi. "E' ora che Franca incominci a recitare, ormai è grande”. Avevo 3 anni." E’ mia madre che parla. Me la ricordo mentre mi insegnava la parte: "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot-a mot, parola per parola. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva interpretato da mia sorella Pia in "La passione del Signore" atto V, Orto dei Getzemani. "Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti! Pentiti!” recitava Pia 470 e io dovevo ripetere gridando subito dopo, la stessa battuta: “Pentiti! Pentiti! Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore!” Non era una gran parte, non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!" e ancora e ancora "ripeti" diceva la mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone. "Ripeti!" Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima. Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle. Seppur credente non andava mai in chiesa ma aveva il famoso cugino prete. Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi fabbricò una coroncina di lampadine con una pila infilata nelle mutandine, e me la mise in testa. E' ora d'andare in scena e tutti: "Ma che bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda e io, lì 471 pronta con le mie ali e le lampadine in testa, a ripetere la battuta. Non mi avevano fatto fare nessuna prova. Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti-pentiti…". Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva immaginare fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa… gli occhi che lanciavano saette tra un minaccioso tuonar e lampeggiar nel cielo… che disperato gridava: "Possano i corvi divorarmi le budella, le aquile strapparmi gli occhi!" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua", mi fece un terribile effetto. Mamma mia che 472 spavento! Cosa stava capitando?! Ero stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella, solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i colori! Una sfuriata in piena regola che trascinava il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera. "Ma cosa sta capitando? Perchè lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare. Mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentori, le sue labbra ripetevano “pentiti pentiti”. Giuro che avrei potuto dire la mia battuta, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose. No, io no, allo zio Tommaso non dico proprio un bel niente! Non so cosa gli sia capitato, poverino. Forse è impazzito. A piccoli passi, camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai, proprio fuori di testa. Dio che paura! Senza dire una parola mi sono arrampicata 473 al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci. Insomma cercavo, con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico. Pia era ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prospettavano niente di buono. Lo zio-Giuda si blocca per non più di cinque secondi, giuro. E poi con voce profonda (intanto con la mano solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice rivolgendosi al cielo: “Dio, sei grande! A questo orrendo peccatore mandi il conforto... un piccolo angelo… mi tendi la mano… No, no, non me lo merito!” e , dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto “M'impicco! Dov’è l’albero più alto? M’impicco!!” Deve usare un po' di forza per liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo andare ad impiccarsi. Cosa vuol dire impiccarsi? Non lo sapevo ma ero certa fosse una cosa brutta. "L'albero più alto… dov'è l'albero più alto… Lasciami 474 andare angiolino… Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di scena. Mia sorella (l'unica volta nella sua vita, credo) non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue. Grande applauso. Tutti mi chiamano dalla quinta con grandi cenni. Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a infastidirmi la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio, raddrizzandomi la coroncina di lampadine che nel trambusta stava per cadermi, con voce chiara e mesta, quel tanto che serve dico “S'impicca! Non s'è pentito… Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore… Non s'è pentito!" e via che esco. Ce l'avevo fatta: l'avevo detta tutta! Non so se mi abbiano detto qualcosa… so solo che da allora in poi, "La passione del Signore" ha sempre avuto due angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio. 475 E tutti giù a piangere. “Signora, vada a dormire, è mattina.” E’ l’infermiera del turno di giorno. Mi corico vestita. “Mi raccomando, mi chiami se…” E’ ora di pranzo. Tutta la famiglia riunita. La mia testa è divisa in due pensieri fissi: lo spettacolo alle 15 al Teatro Odeon, mia madre in agonia. So che andiamo a pochi. Lo sento. L’infermiera arriva da laggiù. Senza complimenti mi chiede: “Ha un fulard?” Domanda bizzarra. Non capisco. Mi fa un gesto veloce che dal mento va alla testa. Mi occorre qualche secondo per afferrare il significato della sua richiesta. Corro da mia madre. Nulla è cabiato. Me la guardo per un po’. Da anni mi son sempre detta: Lei deve morire con la sua mano nella mia. Ma ora, sprofondata in questo sonno senza coscienza, non servo a nulla. Mi strazio e basta. Un lunghissimo bacio. Ho finito le lacrime. 476 “I vestiti…. Datemi i vestiti.” Dico a fatica. Sul pianerottolo m’infilo i pantaloni, il golf. Arriva l’ascensore. “Vuoi proprio andare a lavorare?” “Sì Dario, tornerò in tempo.” Teatro Odeon. Camerino. Mi trucco, mi vesto. Silenzio assoluto intorno a me. Vado in scena. Faccio fatica a non scoppiare a piangere a quel grande applauso che mi accoglie. La gente non sa nulla, ma io sì. Strofino con forza i denti sul labbro inferiore, ripetutamente. Il groppo sparisce. “Tutta casa, letto e chiesa”. Monologo comico. Le risate arrivano, gli applausi anche. Tutto normale. Guardo in quinta di quando in quando. Solitamente mio fratello Enrico, è lì. Non lo vedo. Intervallo. Non chiedo. 477 Nessuno parla. Secondo tempo. Vado avanti a macchina. Giro la chiavetta della professione. Mio fratello non spunta. Tiro fino in fondo. Come si chiude il sipario, mi sento male. Mi portano in camerino. La gente, felice, batte le mani. Ma chi ce la fa ad uscire a ringraziare? Per oggi ho già dato. Chiudono il sipario di ferro. Gli applausi continuano. Il pubblico non capisce cosa stia succedendo. Perché non esce? Arriva un gram silenzio a un tratto. Mi sono rispresa. Sento Roberto Anselmino, il direttore di scena che parla: “Scusate ma Franca non può uscire. E’ morta sua madre.” L’ho saputo così. Quando all’uscita, mi sono trovata più di mille persone che mi aspettavano. Non sapevo che dire. Erano tutti lì, in un silenzio che non dimenticherò mai. Passavo tra loro, chi mi accarezzava un braccio, chi si scostava. I denti incollati al mio labbro mi facevano male. Avevo voglia di abbracciarli tutti re lasciarmi andare. Spesso, tornando a quel momento 478 mi dispiace molto di non averlo fatto. E’ il 4 ottobre, 1988. San FRANCESCO. Medico per il certificato di morte. Telefonate. Gente. Amici. E io che parlo, parlo ad alta voce. Ma proprio alta. Non so perché. La notte, il giorno. Al funerale ho continuato il tragitto nella mia vita passata con la mia famiglia. E’ un bel modo per passare il tempo. Per non pensare, per averla ancora con me. "Gli spazzacamini della valle d'Aosta”. 1934. Avevo 5 anni. Com'è che succedeva? Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio protagonista che non avevo mai provato né interpretato? Non me lo ricordo, ma so con certezza di non aver mai provato prima di interpretare un nuovo personaggio. La parte come sempre, finché non ho imparato a leggere, me la 479 insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente, era come se la sapessi già. Anzi, la sapevo già. Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi altro posto dove si potesse stare rannicchiati, al caldo, mentre i miei recitavano una sera dopo l'altra? “Gli spazzacamini della Valle D’Aosta" un drammone. Gino, (io, ) il protagonista, figlio di una bella ma povera incintata e poi abbandonata dal “contino” ricco rampollo di nobil famiglia… che l’ama perdutamente ma che il padre costringe ad abbandonare. Quindi, straziato dal dolore, sparisce, come solo i nobil sanno farlo. Miseria nera in casa della addolorata incintata. L’unica soluzione è “affidare” in cambio di poche lire, NONOSTANTE LA TENERA età il piccolo Gino ad un "mercante di carne umana"!, un delinquente che specula sui bambini che gli vengono quasi venduti, mandandoli spesso a morire nel tentativo di pulire, in quanto smilzi e denutriti (quanto piangeva 480 la gente!) la cappa di camini. E quando, la mia mamma che per fortuna era venuta a trovarmi a Torino col mio nonno sennò chissà come avrebbe mai fatto a tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia morto nella cappa del camino via che impazzisce. Ma il suo Gino, per fortuna della povera sfigata, quel giorno lì era ammalato, quindi sostituito nel lavoro da un generoso compagno, certo Carletto, che, fatalità, muore al suo posto. (Comè che la generosità viene raramente premiata?). Nel frattempo il contaccio schiatta, ed il contino, vale a dire il mio papà, in quanto sempre innamorato della povera sfigata, decide di riparare al malfatto e proprio quel giorno… guarda tu i casi della vita, finalmente dopo peripezie varie, riesce a trovare il figlioletto, denutrito e lacero. Ci sono un po' di problemi per far rinsavire la povera-ma-onesta, ma alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime e singhiozzi e applausi. 5 atti, con comica finale per non mandare 481 a casa la gente con il magone. Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, TEATRO POPOLARE appunto, nella tradizione della COMMEDIA DELL'ARTE, ancge se io non lo sapevo, completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle illustri compagnie che agivano nelle grandi città, imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie, che agivano in provincia. Il successo di cui godevamo stava tutto in questa differenza. Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle comiche finali. (Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione meno che per le commedie di autori moderni a quei tempi: Niccodemi, Giacosa, Rosso di San Secondo, Ibsen, in quel caso si studiava e si provava). Non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di canovacci e 482 per molti testi non esisteva nemmeno il canovaccio. Ce li avevamo nella testa da sempre. Come si lavorava? Arrivavamo ad esempio in una piazza nel giorno in cui in paese si festeggiava la santa patrona, ebbene, debuttavamo con la storia di quella santa sulla quale mio padre e mio zio avevano giorni prima letto e ascoltato dalla gente, vita morte e miracoli. Riunivano la compagnia, raccontavano a sommi capi l'intreccio, distribuivano i ruoli e se i costumi adatti non c'erano si rimediavano, e via che si debuttava. Senza prove. Se si confronta con i 90 o addirittura i 180 giorni di prova delle compagnie di oggi… Eravamo bravi? Non lo so. So solo che i teatri erano sempre pieni. E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (repplicato 6 sere la Giulietta, 6 la Passione del Signore, Il povero fornaretto di Venezia e non mi ricordo più 483 quali altri drammoni di successo) mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano. Esattamente come la santa patrona. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti. Per “Una causa celebreo, ovvero La collana della morta" tragica storia di fratelli gemelli, brevi accenni. Scena prima: ragazza incontra padre, sconosciuto, partito povero, anni fa, torna ricco sfondato. Dimostrare freddezza e repulsione. Ricordare madre morta. Scena seconda: uomo innocente e disperato languisce carcere (il fratello gemello) terribile errore giudiziario. Accennare assassinio corriere a Lione. Accennare moglie morta e figlia abbandonata al paese. Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolve. Buono, libertà e onore cattivo smascherato da collana rubata: taglio testa. 484 Gaudio e felicità. Ricordarsi madre morta. Comica finale. Non c'è personaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato. Neonati, 8 giorni in braccio alla mia mamma che mi presentava all’affezzionato pubblico tutta orgogliosa, in la Genoveffa di Brabante, bambini o bambine, ragazzini, ragazzotti, signorine, giovanotti, suore, cortigiane, regine, principesse, contesse, prostitute. Una volta ho fatto persino, il cuciniere Dracco ne La Genoveffa di Brabante. Giuro. La storia nel ricordo, mi fa ancora ridere. Ero cresciuta e la Genoveffa (che dio la maledica! Quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo io. Giovane e bella moglie del re alla guerra, sola nella raggia viene insidiata da Golo, un primo ministro della situazione, che lei respinge furente e offesa. La giovane regina decide di inviare una missiva al marito per avvertirlo del 485 tradimento del suo braccio destro, tramite il cuciniero Dracco: l'unico che a corte le sia rimasto fedele. "Torna o mio diletto, torna! Che quel maialone del Golo vuole fare con me, proprio quella cosa là!" Golo, che è sempre lì a origliare, scopre tutto e zak!, pugnala il poveraccio e manda a dire al re che il bimbo che aspettava con tanta gioia, non ha proprio nulla di regale, ma è un plebeo schifoso, figlio del cuciniero Dracco. Il re ci casca, fuori dalla grazia di dio "un cuciniero no!"ordina il taglio della testa della la fedifraga e anche del bambino nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE POI TUTTO , COME SEMPRE, FINISCE IN GLORIA) Stiamo preparandoci per andare in scena, ma era uno di quesgli spettacoli domenicali in cui la compagnia si divide in due, e ci rendiamo conto che ci manca l’attore che avrebbe dovuto interpretare il ruolo del cuciniero. D'accordo, sono due parole che si possono anche tagliare, ma fisicamente deve proprio essere in scena, altrimenti Golo, 486 come fa ad ammazzarlo? Ci ragioniamo sopra un attimo. Bene. Ci siamo. Facciamo così. Seguitemi bene. Al momento cruciale, io Genoveffa, vado alla quinta di destra. Il perfido Golo mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando fuori scena con il cuciniere che non c'è, fingo di consegnargli il messaggio e poi, affranta, esco di scena da quella parte. Velocissimi mi mettono sulle spalle un mantellaccio con capuccio, che mi copre dalla testa ai piedi. Rientro in scena ronculando con la missiva bene in evidenza in mano, faccio qualche passo come se ora io parlassi a Genoveffa voltando le spalle al perfido Golo, che immediatamente si precipita su di mecuciniero "Muori, spione di un cuciniero!” e via che mi pugnala. Cado morta. Golo con uno sghignazzo sinistro mi trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla parte opposta da cui sono entrata. Mi tolgono il mantello, mi raddrizzo la parrucca bionda dalle lunghe trecce, corro velocissima a destra. Rientro in scena e vedo Golo che 487 pulisce il pugnale assassino nel mantellaccio che indossavo fino ad un secondo prima. "L'avete ucciso! Assassino!!" Ansimo un pò, per via della corsa, ma sono perfettamente in parte e nessuno si accorge di niente. Sto sorridendo, mentre il prete finisce la messa. Hai vissuto 88 anni, mamma. Ho cercato di darti il meglio che ho potuto. Dedizione. Tempo. Amore. Tanto. Sono serena. Ciao cara. Buon riposo. 488 Ricordi Ecco Simone De Beauvoir. Non mi é mai stata completamente simpatica. A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta, egoista. Il suo evidente essere una intellettuale aristocratica m'e l'ha sempre allontanata. In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti: borsa della spesa in mano, fazzoletto in testa .Ha lanciato un "pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina. Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e questa chi é?". Sartre, come un bambino scoperto a rubare la marmellata, spegne la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon…", ha mormorato. Ah, era lei! Dario meno, ma io ci sono rimasta un po' male. Forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto. Sono passati tanti anni da quel giorno. Ora, dopo l’approfondimento, il ragionare sul personaggio Simon me la fa pensare in modo diverso, maturo: una donna, un 1) 489 intellettuale di ran valore, con le sue stavaganze, il suo egoismo che finalmente capisco e ammiro. L'impegno l"ho preso, ma da almeno un'ora, me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono tanti, non avessi vissuto, lavorato, incontrato gente parlato, riso, pianto fatto all’amore. Niente. Non mi viene niente. Ho la testa con pensieri confusi che fanno a botte, suoni, rumori, parole, facce… e fra tanto disordine, non riesco a trovare la parola giusta che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza a raccontare la mia vita. Ho gran dubbio che alla fine non sia poi così interessante. Da cosa parto? Da dove? Vediamo, e se parlassi alle mie nipotine? “Care bimbe, la vostra nonna è nata… eccetere eccetera...” Per l'amor del cielo. Sono certa che arrivata alla prima elementare, spengo il computer e non ci penso più. 490 Non mi viene propio niente. Forse potrei partire dalla prima grande emozione che non ho mai dimenticato. Veramente sono due le grandi emozioni della mia vita. Ma che dico, due… cento mille… ma queste due sono le più grandi. La prima: "Dario, sono in cinta". 1951. Inutile spendere parole per raccontare le difficolta in cui ci siamo trovati, mi sono trovata. Immaturi, impreparati in tutti i sensi. Spaventati. I miei 22 anni sono 15 anni di una ragazza di oggi. Non in condizione di fare un figlio, senza contare mia madre, cattolica fervente e praticante. Inutile spendere parole. Ho abortito. 30.000 lire più la paura, e qualcosa addoso e negli occhi, che per mesi non m'ha lasciato. Di quell'ora passata in una specie di ambulatorio, non certo atrezzato per un intervento chirurgico, ricordo il freddo, il buio che c'era fuori, era notte, 491 l'indifferenza e la tensione del medico e dell'infermiera: “Non gridi per favore, altrimente non la opero.” C'era paura in quella stanza, la loro e la mia. 1951, in quegli anni (dobbiamo arrivare al 75 per guadagnarci il diritti di scegliere se avere un figlio o no) per l'aborto si finiva in carcere. Oltre a "quella" paura per me c'era il terrore per l'intervento che affrontavo senza saperne assolutamente nulla. Niente altro, che mi sarebbe stato fatto senza anestesia. Per me, e tutto solo per me, c'era il peso di quello che stavo facendo. Pensavo a mia madre, e desideravo morire. “Se ha paura se ne vada.” Un pezzo di ghiaccio, l’infermiera. Eppure era una donna. Non ho gridato. Credo di aver pianto, ma non me lo ricordo. Sicuramente ho pianto dopo, quando Dario che stava ad aspettarmi sotto al portone, m'ha abbraciata. Stavamo male tutti e due, in più io mi sentivo così colpevole d'essere certa che non avrei più osato guardare 492 negli occhi mia madre. 2000 anni di pregiudizi erano il pane quotidiano che molta gente ha mangiato. Io, con mia madre onestamente cattolica osservante, ne ho fatto indigestione. Per Dario era diverso. Portava anche lui parte del peso, ma aveva un’altra cultura, altre vedute (parlare di Brera architettura, lotte operaie; blu di metilene ecc.) Ho incontrato altre volte quel medico. Ci si guardava senza salutarci. Era famosissimo nel giro del teatro. Ha fatto pure obiezione di coscienza, dopo la legalizzazione dell'aborto, pur continuando a svuotare uteri a tariffa sempre più alte. "Sono in cinta!". Il punto esclamativo sta a sottolineare il cambiamento dei miei sentimenti, della mia situazione, nel dare questa notizia a Dario, mio marito. Siamo nel luglio del 1954. Mi sono sposata il 24 giugno. Tutto è regolare. Sono, in regola. Il giorno dopo “la prima notte” legale che io e Dario avevamo 493 consumato già due anni prima, telefonai appena sveglia alla mia mamma. Mi saluta festosa. Mi viene un nodo alla gola. Ero uscita di casa... avevo una casa mia… insomma m'é venuto il magone. "Che succede?” C'era apprensione, preoccupazione, imbarazzo e non so che altro nella sua voce “Non ti ha trovato…. in ordine?" Cara dolce mamma, pulita, ingenua, tenera, così sicura di quanto mi avevi insegnato da non essere mai stata nemmeno sfiorata dal dubbio che tua figlia, che se ne stava per mesi in turné, potesse avere rapporti "stretti" con il ragazzo con cui "filava" e col quale lavorava. Al "magone" s'é sostituito l'imbarazzo d'aver tradito la sua fiducia. Non lo vedevi di buon occhio quel matrimonio, mamma: “E’ un attore, uno spiantato, non fara mai niente nella vita. Stai lontana dagli attori. Prendono in giro le ragazze, si divertono e poi le piantano." E dietro a quel “si divertono” si nascondevano nefandezze innominabili. 494 A 20 anni, seguendo l'esempio di mia sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la nostra compagnia e inizio la mia carriera nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si possono immaginare le difficoltà di una simile scelta in quel periodo del dopoguerra, siamo negli anni 50 e quindi alterno momenti neri a buone scritture nelle compagnie di varietà più famose. E' proprio in una di queste compagnie che conosco il Dario Fo, anche lui alle prime armi, che s'innamora subito di questa "sventola dolcissima", (così mi chiamava) e si prende una cotta da imbesuimento (così dice lui). "7 giorni a Milano", ditta: le tre sorelle Nava e Franco Parenti. M'é piombata addosso, é propio il caso di dirlo senza che la cercassi, ne sollecitassi nulla, per averla. Parlo di lei, della notorietà. Di questo mio mestiere non me ne é importato mai niente. Si stenta a crederlo, ma é così. Non l’ho scelto. Lo faccio seriamente, grata al pubblico che mi sta ad ascoltare, ma senza trasporto 495 alcuno. E’ il mio lavoro. OK. Non ho mai mosso un dito per avere di più, anzi, tutto quello che negli anni ho ricevuto, di cui ho beneficiato, l'ho avuto, "nonostante me". Ora che ci penso bene, e mi sconcerto, non posso nascondermi di non aver mai desiderato qualcosa in particolare. Non ricordo di aver mai detto, ne pensato "se potessi avere" "vorrei" "per avere quella cosa farei... " E non perché avessi tutto, chi mai ha tutto? Qualcosa certo l'ho desiderato, che so, che non mi si ammalasse nessuno in famiglia, che mia madre non morisse mai, che i miei figli stessero bene... ma insomma, tutte cose, normali. Del resto: pellicce, vestiti, gioielli, parti, partone, niente. Forse perché mi arrivava tutto da solo. Forse perché non mi restava il tempo di desiderarle. Beh questo può valere per quando ho iniziato a guadagnare, ma prima? Era così anche prima? Sì. Era così. Forse mi ci vuole uno psicanalista. Dicevo che m'é piombata addosso la"notorieta" una certa 496 sera a Cesena. Compagnia Franco Parenti e le tre sorelle Nava. Io dicevo una battuta:"Il Coriolano é in cinque atti", ma ero lunga, bionda, con i seni rotondi, e mi si vedeva. Alla fine dello spettacolo, si presenta in camerino un tipo mongherlino, modesto in tutti i sensi, assulutamente anonimo, anche bruttino, smilzo, con macchina fotografica. "Sono un giornalista… posso farle una foto? Posso dire che un produttore americano la lancerà come la Rita Haiwort italiana?" “Ma certo!” Questo è pazzo, pensa. Invece dopo due giorni esce sul Resto del Carlino una mia foto con un bellissimo abito di scena bianco ricamato in oro: facevo la mia figura. La didascalia “Franca Rame…” Incredibile, una foto neanche tanto grande e via che di colpo mi trovo giornalisti intorno, interviste, e addirittura una copertina sulla Settimana Incom! Il fotografp-giornalista era nienye popodimeno Sergio Zavoli. Che bizzarra che è la vita, no? 497 Con Franco Parenti e Giustino Durano Dario scrive il "Dito nell'occhio" testo di satira politica e sociale che fece grande scalpore e per i contenuti e per lo stile di treatro ben diverso dagli steriotipi del teatro così detto "leggero" di quegli anni. Debuttano in estate al Piccolo Tearo di Milano direttore amministrativo Paolo Grassi, artistco, Giorgio Streler. Roba da niente. e gira per una stagione intiera tutta Italia, esaltato da una critica intelligente che condivideva le il contenuto politico e boicottato da da una destra retriva-sorda e muta davanti al nuovo, al diverso, allinconsueto (TROVARE ARTICOLI GIORNALI). Addirittura fuori dalle chiese stava in bella mostra tra gli "spettacolo sconsigliati". Lo spettacolo ha un grandissimo successo. Dopo la stagione estiva, si riforma la compagnia per il giro invernale. Io ho un gran magone, perché Parenti non mi vuole in compagnia. Lo capisco anche se nessuno esplicitamente me lo dice. Ma ad 498 un certo punto Dario, con molto imbarazzo e malinconia, nel bar di una piazzetta vicino a casa mia, me lo comunica. In contemporanea mi chiede di sposarlo. Lui dice di no, nega, ma io sostengo, conoscendolo, che mi ha chiesto di sposarlo per pareggiare il dolore che sapeva che mi avrebbe procurato l'essere scartata. Alla fine, senza chiedere, ebbi la scrittura, ma in seguito ad una buffoneria della vita. Dario scrive un monologo, fatto su misuta per me. “Attila e la puttana”. Le attrici scritturate vennero messe alla prova. Non funzionavano. Parenti, più per educazione nei riguardi di Dario che per stima nei miei confronti, mi propose una lettura del pezzo. Iniziai a leggerlo, poi senza accorgermene arrivai al finale andando a soggetto. Franco mi ascoltava in silenzio, senza reazione alcuna. Di gesso. Volevo morire. Mi batteva il cuore? Ma certamente! All’ultima parola scoppia un applauso. 499 Non ci credevo. Mi volto all’indietro a controllare se fosse successo qualcosa alle mie spalle. “E’ proprio per te l’applauso. La parte è tua, brava” Il più contento di tutti era Dario. Quanta roba ha scritto per me da allora? VEDERE DATE, I SANI DA LEGARE. (TROVARE TESTO INSERIRE). 1954- 24 giugno. Ci sposiamo. In sant'Ambrogio! Dario metterà il fatto di essersi sposato in chiesa addirittura ne "gli arcangeli non giocano al flipper" 1959:"sposato in chiesa per accontentare madre di lei molto credente". Il mio matrimonio è l’unico che non mi abbia annoiato. E’ stato bellissimo. La notte prima l'ho passata sveglia non per l'emozione, ma perché stavamo nel lettone della mia mamma in cinque. Io e quattro amiche venute da Varese per farmi festa. E a chiaccherare, a ricordare, a ridere. E' stata una bellissima notte. La mattina è arrivato il Felice, padre di Dario, con una macchinona lunga da qui a là, presa a 500 nolo, scendo le scale della casa della mia mamma e lì, tutti gli inquilini del palazzo a buttarmi manciate di riso... a farmi gli auguri, a strigermi la mano... e io... giù a piangere. Mi dispiaccio un po’ di essere tanto emotiva. Arriviamo in chiesa. Sulla stampa avevano da giorni annunciato le nostre nozze, quindi, folla, fotografi oltre ai parenti e agli amici. E un'amica, che forse non mi era tanto amica, mi allunga, proprio un secondo prima che entrassi in chiesa, davanti a tutti un magnifico buchè: gigli, simbolo di purezza. Facevo l'amore con Dario da due anni, senza nasconderlo altri che al mia madre, e questi gigli li avrei mangiati volentieri. Non ho potuto. Pranzo con gli invitati all'Hotel Milan, offriamo i confetti, e poi ce la svignamo e andiamo a pranzo col papà Fo. La "prima sera", io sono in televisione, non ricordo più con che spettacolo, Dario al Piccolo con "I SANI da legare". 501 Sono andata ad abitare nella casa dei genitori di Dario. (controllare archivio, c'è una foto simpatica "la sposa d'italia") 1954 -giugno. Dario debutta al Piccolo Teatro sempre con Parenti e Durano con un altro testo scritto da loro: "I sani da legare". L'indomani mattina, telefono a mia madre per salutarla... e non so com'è, m'è venuto un gran magone. Mi sono emozionata. Era veramente fatta. Ero uscita di casa. E la mia mamma, e qui si può leggere tutto il suo candore: "Che c'è? Non ti ha trovato in ordine?". Un quarto d’ora dopo il matrimonio inizio a vomitare. Che è? Sono in cinta. Ma che bellezza. L'impatto con la vita marito-casa-famiglia è stato un gioco. Mi cimentavo con la cucina, ma non avendo mai avuto niente del genere come mia diretta e totale responsabilità, avevo qualche problema. Primo tra tutti, le dosi. Far da mangiare per due. C'erano sempre tali quantità di cibo bastanti per una caserma. Ricordo una sera a cena Eugenio Tacchini, amico 502 di Dario d'infanzia che si mangiò almeno sette piatti di minestrone. Io ero un pò preoccupata. "Basta, Eugenio, starai male. "No, no. E' tanto buono" Poi però al cinema Orfeo, dove mi aveva accompagnato a vedere "Roma città aperta" durante la scena delle torture è svenuto. "Accendete la luce-grido-c'è un ragazzo che sta male". Arriva la polizia, lo portano fuori, nella hall lui si riprende... Si guarda intorno, vede i poliziotti, e ancora sotto lo shok del film, grida: "non sono stato io! Sono innocente!" Divento rossa per l’imbarazzo. Eugenio frastornato corre in bagno e vomita totto il mio minestrone. I poliziotti ci caricano sulla gip e ci portano al Piccolo dove Dario mi stava aspettando. Gli ossibuchi mi venivano bene. La prima volta che li ho fatti, stando col contatto telefonico con mia madre, Dario non finiva più di dirmi-che buoni che buoni 503 ossibuchi. Ha invitato gli amici di Brera, Emilio Tadini, Alik Cavaliere e altri. Rtavamo in tanti. Tantissimi. Ero un pò preocupata. Un pranzo da sola, conospiti, non l'avevo mai sperimentato. "Farò gli ossibuchi col risotto". Ho fatto la mia bella figura. E Dario-ma che buoni -ma che buoni! E tutti con l’eco: ma che buoni -ma che buoni! Per almeno tre settimane non si mangiava altro. E il povero Dario sempre a dire ma che buoni. Poi, al ventesimo giorno credo si sia finalmente ammutolito. Ora, li mangiamo non più di tre volte all'anno. E ancora Dario “ma che buoni che buoni”. Gli fa eco Jacopo e poi scoppiano a ridere. Da giovane ero molto permalosa… ma in quel caso, ridevo anch’io. Come ho detto un quarto dopo le nozze resto incinta. Jacopo (un nome che mi piace proprio come quasi tutte le cose che fanno quei due lì) è nato il 31 marzo del 55 a Roma. Esattamente nove mesi e sei giorni dal 24 504 giugno dell'anno prima. Gravidanza terribile. Ho vomitato sempre. Mi disturbavano gli odori, perfino i colori. Mai più potuto mangiare ne vedere un piatto di spaghetti. La sera del trenta, stavo nel camerino del Teatro Quattro Fontane dove Dario recitava. Chiedevo a sua madre, la mamma Fo, "come sono le doglie? Cosa si sente? Come si capisce che è ora?" E lei, "quando senti una mano che ti strappa le viscere... "e un'amica, anche lei anziana: "No Pina, non ti ricordi più. Quando senti…" Nulla che mi tranquillizzasse. Anzi! Mi ritiro un pò prima di Dario. Ormai ci dovremmo essere... Preparo la valigia, roba per me, vestaglia camicie ecc. e roba per il bambino. (A quei tempi non si sapeva prima se fosse maschio o femmina. Ti dovevi fidare delle anziane: la pancia è così, allora è maschio. No, per me è femmina, non vedi come è messa? E via di 'sto passo. Comunque sempre "bambino" si diceva. Se poi era femmina... 505 Ero un po’ nervosa. Arriva Dario. Baci baci. Poi si infila a letto e si mette a leggere "il Mondo". Ho odiato molto quel giornale per la sua grandezza. Ogni volta che D. voltava pagina mi faceva un gran vento. E io sternutivo. "Dario, mi sento strana... " "Dormi Nanina". Dopo un pò: "Dario...""Dormi Nanina"… e via a girar pagine. "Dario credo che mi si siano rotte le acque… è come facessi pipì ma non mi scappa…" "Dormi Nanina…" "Ma Dario!!!" Di corsa un taxi. Ora siamo agitati tutti e due. Clinica Salus. Mi avevano promesso che per il parto mi avrebbero dato l'etere. In sala parto grido etere! etere! La levatrice mi dà una carezza:"sì cara, sì, suo marito è fuori. "Etere!!" Niente di niente! Maledizione. Le doglie stringono i tempi… uno spasmo appresso all’altro. Sento un gran male. “Etere” grido a squarciagola. Il fatto è che la signora in questione era veneta e pensava che nel momento 506 supremo io chiamassi mio marito: Ettore! Ettore! Me l’ha detto dopo. Poi finalmente è arrivato il medico: “mascherina” ordina. Oh! Finalmente l’etere. Oddio soffoco! Via sta roba! Che male che male… spinga, forza, spinga. Urlo. Sento un uhe uhe... "Brava signora. 3 chilogrammi e 9. "Ho fregato la Clara”. La Clara era una brava ragazza moglie di mio cognato Fulvio, molto quotata in famiglia, e quando dico famiglia intendo mia suocera, in quanto professoressa di lettere, non attrice, quindi sicuramente migliore di "quella lì che non solo fa l'attrice, ma mi ha anche portato via “el me testun”. Sì, all'inizio mia suocera era solo mia suocera. Non aveva simpatia per me e devo dire che faceva l'impossibile per farmelo capire. Mi addolorava molto non essere amata da lei. Ma si sa, agli inizi qualsiasi cosa tu intraprenda trovi difficoltà, figuriamoci il rapporto con la mamma di lui. Ci ho messo un po di anni ma a poco a 507 poco, conoscendomi meglio da suocera Fo, è diventata per me la mamma Fo. Mi ha amata profondamente, come profondamente io ho amato lei. La frase che mi diceva con orgoglio era "io l'ho messo al mondo, tu l'hai fatto". Ma pensa te! Ce ne vuole èh !! Con la leggerezza dei pazzi usciamo dalla clinica con il nostro fantolino in fasce e ci "accasiamo" ospiti di un fotografo di cui non ricordo il nome, che aveva una splendida casa in via Parioni. Davvero splendido appartamento. L'unico difetto, non indifferente per una coppia con un bambino di 8 giorni, che questa principesca dimora, era completamente priva di mobili, (se li era portati via il padre dopo una lite per soldi). Due brande, uno scatolone di cartone per comodino, un tavolo in cucina, qualche sedia, forse, e un telefono con un fili chilometrico che il nostro amico si portava sempre appresso. Non volendo umiliare la sua generosità (forse era ubriaco quando ce l'ha proposto, 508 non so) ci siamo sistemati alla bellemeglio. Pesa, borotalco, vestitini, bavaglini, fasce, bacinella per il bagnetto, che non potevo fargli perché l’acqua era fredda… (sì, la riscaldavo, ma era un gran casino). Il bambino ha pianto per 8 giorni di fila. Per quanto spirito di adattamento avessimo, non riuscivamo proprio a comunicarlo a questi 4 chili urlanti, che non sapevano niente della vita, e dei disagi che a volte regala. Come fare a cavarcela e per le scomodità e per la mia inesperienza? Il bimbo piangeva, io piangevo. Dario camminava in su e giù per sta casa proncipesca cercando una siluzione possibile. Al nono giorno, pronta a buttarmi dalla finestra col bambino, il talco e la bacinella, decidiamo di tornare in clinica. Ci predono a braccia aperte sistemandoci in una bellissima camera, confinante con la sala parto. Abbiao dormito tutti e tre per almeno un 509 giorno: era come se fossimo tornati a casa. Non evevo latte. Ecco perché Jacopo piangeva. Era affamato. Ci siamo fermati per tre mesi. Proprio come fosimo inun albergo. Dario come vedeva in corridoi un padre in apprensione per la nascita del suo bimbo si avvicinava e s'informava. "Sa, è un parto cesareo…" E Dario: "Non si preoccupi anche Franca ha avuto il cesareo… è una sciocchezza, vedrà" E quello si consolava. E un altro “E’ messo di piedi!" "Non si preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi… è andato tutto benissimo… il ginecologo è straordinario… tranquillo, andrà tutto bene". E’ restatosenza parole solo quando si è trovato davanti un padre preoccupato per il parto gemellare della moglie. Non poteva dire: anche Franca… Quanti padri e quante madri abbiamo rinfrancato? Qualcuna ci viene ancora a trovare con il figlio nato proprio in quei giorni. Che benissimo! Nel frattempo 510 abbiamo comperato una casa in via Nomentana, l'abbiamo arredata e finalmente ci siamo andati ad abitare. Il bambino cresce. Noi facciamo films. Il primo "Lo svitato". Il soggetto era di Dario. L'aveva letto a Zavattini che ne fu entusiasta. Regia di Carlo Lizzani. Dario era troppo inesperto per aver voce in capitolo con gli sceneggiatori che gli avevano messo al fianco. "Sei autore in cerca del personaggio" li definì Nello Santi, produttore del film. Ne è uscito un film sbagliato con qua e là momenti da cineteca. Avremmo dovuto avevre i mezzi e la forza di ritiralo, rigirare quello che ci sembrava sbagliato e riproporlo. Ma non ci abbiamo nemmeno provato. Forse non l'abbiamo nemmeno pensato. Clamoroso insuccesso. (troppo avanti _Ricordarsi TATI) Credo che sia il film che abbia incassato meno negli ultimo 50 anni. Dopo “Lo Svitato” Dario alterna al lavoro di attore quello di sceneggiatore, e viene addirittura 511 scritturato fisso alla Ponti de Laurentis come gags-man a 2 milioni al mese. La cifra era astronomica, per quel tempo. Lavora con sceneggiatori del calibro di Age e Scarpelli, Tullio Pinelli (sceneggiatore di Fellini) Antonio Pietrangeli. (indicare films. Titolo) Io interpreto partacce in films tutti lacrime, core, cosce e zinne. Sono quasi sempre in manifesto come "partecipazione straordinari", mi pagavano bene, ma quei films di straordinario non avevano null'altro che il materiale umano col quale venivo, grazie a loro, in contatto. TINA PICA-GIUDA. POI VENGO SCRITTURATA DAL TEATRO ARLECChino FRANCA a Roma, per interpretare un testo di Feiduau che sembrava scritto per me:"non andartene in giro tutta nuda"Dario scrive per i fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla un atto unico"gli imbianchini non hanno ricordi". A quel punto gli propongo di ritornare a Milano e farci una compagnia nostra. 512 Ci proponiamo a Paolo Grassi allora direttore del Piccolo teatro che ci regala fiducia, amicizia dandoci il teatro per ben tre mesi. Debuttiamo così, in un caldo infernale, tutti soli, (sì, c'erano altri attori da noi scritturati, ma la responsabilità della compagnia era solo nostra) con "Ladri, manichini donne nuda". Scritto diretto e interpretato da Dario, sue erano anche le scene e i costumi. Io facevo l'attrice ma mi occupavo di un sacco di cose;Mio fratello Enrico era il nostro amministratore-attore se necessario. Ha guidato la nostra compagnia con grande abilità, riuscendo a farci stare in pieda anche senza alcun aiuto ministeriale ne dell'ETI(ente teatrale italiano che avrebbe dovuto appoggiare più che mai la nosytra compagnia in quanto recitava opere di autore ITALIANO. Ma sia noi che EDUARDO De FilippO abbiamo avuto grazie alle nostre scelte politiche , vita grama con tutte le forza statali e parastatali). 1958:"Comica finale" quattro atti unici 513 scritti da Dario, su canovacci della mia famiglia. Dario aveva sentito queste storie mentre io le raccontavo a Jacopo per farlo addormentare. Ma de gli atti, che gli ho passato "bocca a bocca", il migliore era "un morto da vendere" che aveva completamente scritto, ambientandolo nell'800 come gli altri. Il migliore. Non si pensi che accecata dall'amore io possa dare a Dario meriti che non ha. Non l'ho mai fattao. D'altro canto basta leggersi le "comica finale pubblicato da Einaudi per vederlo. RICORDARSI DIFFICOLTà FINANFIARIE. STABILE TORINO;EPISODIO "CANNAS L'AMORE è PIù FORTE Siamo al teatro Gerolamo di Milano. Andiamo avanti con grande fatica. Il teatro è conosciuto come teatro delle marionette. Se il mio cuore aveva un fremito al ricordo della mia famiglia, questo fremito non poteva riempirci il teatro. La prima fu un disastro. Abituati 514 ai palcosceninci grandi, il trovarci senza prova alcuna in uno spazio grande come il bagno di casa mia, ci ha messi in grande difficoltà. Devo riconoscere, che come unica volta nella storia della nostra compagnia, la critica ufficiale presente allo spettacolo non ha menzionato i 3OOO incidenti che si sono susseguiti nelle tre ore. Proprio in quel teatro, quasi sempre vuoto ci è arrivata inaspettata la possibilità di debuttare in un grande teatro:il teatro Odeo. Stagione 1959-60-"Gli arcangeli non giocano al flipper" teatro Odeon di Milano. Mille posti. Grande successo di critica e di pubblico. Tutte le sere "il Bossino" che in realtà si chiamava Bossi direttore del teatro, non appena lo spettacolo iniziava si metteva in quainta con un foglio sistemato sulla fronte, con scritto in grande l'incasso della serata. Il copione di questo spettacolo ci fu sequestrato per le troppe battute a soggetto che abbiamo aggiunto, non autorizzati. Abbiamo collezionato "rapporti al 515 questore di ogni città dove si lavorava, per un totale di 280, tanti, quanti furono le repliche dello spettacolo. questura" Abbiamo girato tutta l'Italia facendo esaurito ovunque. DATI STATISTICI E INCASSI NUMERO SPETTACOLI DENUNCIA POLIZIA PER CENSURA. inpiù di una occasione rischiamo di non poter andare in scena. 1960-61 -"Avevav due pistole con gli occhi bianchi e neri". opera che tratta della connivenza tra fascismo e borghesia, tra malavita organizzata e potere. L'intervento della censura è pesantissimo, ci massacrò letteralmente Decidemmo di andare in scena egualmente senza tenere in conto alcuno i tagli. Ci fu un braccio di ferro piuttosto teso tra noi e il prefetto di Milano che ci minacciò di arresto immediato, ma alla fine, preoccupato dello scandalo che ne sarebbe venutoo, il ministero tolse i tagli. il testoE' con questo spettacolo che mi conquisto agli occhi di mio marito, un ruolo diverso da 516 quello di sempre. Per la prima volta non accetto il testo a scatola chiusa certa del successo di sempre. Qualcosa non mi convince. Lo comunico a Dario. Si è discusso mica male. Mio figlio aveva sei anni e ancora se lo ricorda. Credo sia stata la prima discussione accesa alla quale asssistesse. Non ci aveva mai visti così, era un pò spaventato. "Dimmi cos'è che non funziona!Dimmelo!"e io:"non lo so". "più forte il Dario:"dimmelo!" "Non lo so, ma c'è qualcosa che non va. "(Quante volte negli anni futuri s'è ripetuta questa scena?) Jacopo piange senza gridare, e anch'io scppio a piangere gridando come un bambino disperato. Era la prima volta che vedevo Dario fuori dalla grazia di Dio. "Ora, lo rileggo tutto. . cercherò di individuare... di capire... poi ti dirò...". Leggo e prendo appunti. Dario, per tutto il tempo ma guarda serio. In piedi. Mi stavo innervosendo. Dopo due ore, più imbarazzata che mai:"taflierei qui, qu, e qui. "D. ci pensa un pò su, e poi:"forse hai ragione, ma prima 517 preferisco provarlo col pubblico. " Debutto: successo di stima. Il giorno dopo D. mi dà il copione:"fai i tagli che proponevi". 1961-62:"Chi ruba un piede è fortunato in amore". Dopo sporadiche apparizioni nella TV. di stato approdiamo alla televisione sulla neonata seconda rete, (1962 PRIMAVERA) con sei puntate tutte nostre:"Chi l'ha visto?". Subito dopo dalla direzione Rai ci viene proposto di condurre "Canzonissima"il grande concorso canoro abbinato alla lotteria di capodanno la trasmissione di maggior interesse popolare dell'ente. D. scrive i testi che prima dell'inizio della trasmissione ricevono il benestare della direzione nella persona del dott. Pugliese direttore generale(?). Ma già alla prima puntata la stampa reazionaria si scatena criticando ferocemente la più che delicata critica politico sociale contenuta neitesti. Di puntata in puntata gli attacchi, le polemiche sulla stampa non si contano. 518 L'indice di ascolto è altissimo (anche se al processo, uno dei tanti che c'è stato la direzione Rai tentava di sminuirci. dicendo che nessuno ci vedeva. TAXISTI RICORDARSI) l'Italia era divisa in due:chi ci ama, e chi ci odia, ma tutti lì, davanti al televisore il sabato sera. Ad ogni trasmissione ci vengono imposti tagli e censure sempre più pesanti. (FIORI SENO. GAMBA SINISTRA)fino a che all'ottava puntata decidiamo di abbandonare la trasmissione. La famosa "Canzonissima", il FANTASTICO DI OGGI, va in obda senza presentatori. (RICORDARSI WALTER CHIARI E BRAMIERI)e quando l'annunciatrice all'inizio della trasmissione dice:d. FO e F. Rame si sono tritirati, una quantità incredibile di telespettatori si rovescia nelle strade di Milano, tutti quanti diretti al palazzo della fiera dove si teneva la trasmissione. Quando usciamo(eravamo stati su consiglio dei nostri legali nei camerini nostri fino alla fine della trasmissione) ci troviamo davanti una 519 folla di gionalisti, fotografi e migliaia di persone. In molti erano venuti per dimostrarci la loro calda e commossa solidarietà. Questa fu la prima e credo l'unica volta nella storia della Rai che due "attori" rifiutarono di "abbioccarsi" d'innanzi alle imposizioni ai tagli, all'arroganza del "padrone"ai soprusi. SALA DI CESENATICO 29 LUGLIO 1992 ... e speriamo bene! 1) LIBERA ASSOCIAZIONE DI IDEE scaletta avvenimenti da arricchire e tagliare Buona seraaaa! Da quando non partecipo ad un festival dell'Unità...pardon.... del PCI... Oddio ho sbagliato ancora... Beh, insomma, ci siamo capiti. Vediamo un po'... cos'era?... il 67... 68?... 25 anni fa! (Cambia tono) Me ne sono fatta un sacco di festival dell'Unità... c'era sempre Pajetta per il comizio di chiusura, e io che gli offrivo un cestino vietnamita. Tutti gli anni col cestino vietnamita!... a parte che sono sicura che il cestino fosse sempre 520 quello. Mi facevo il mio stand... vendevo di tutto, una volta libri... l'altra prodotti russi... Una volta perfino scarpe, ho venduto al Festival... scarpe per bambini. Era il 1966. Ero andata in una ditta vicino a Como... ed il Festival era per la sezione di Cernobbio, il paese dove abitavo con mia madre, Dario, e i miei figli. Sì, ho detto "miei figli". Tre. Personalmente ne ho confezionato uno solo... Jacopo, ma ho tirato su altre due bambine; Gaia figlia di mia sorella divisa dal marito e Enrica, figlia di mio fratello diviso dalla moglie... In 'sta ditta di scarpe, mi hanno fatto una gran festa...: "Oh signora, che onore! Me la ricordo in Canzonissima... "Tutti si ricordano di Canzonissima. Come mio suocero della guerra 15-18, s'è preso anche una medaglia d'oro, e... un ginocchio d'argento. "Brava, brava com'era brava! Anche suo marito, bravo, bravissimo!" "Grazie... grazie... Avrei bisogno di comperare... delle scarpe non troppo costose...per... una... festa 521 benefica..." "Che festa benefica è?" "Ma... per dei bambini..." Se avessi detto: Festival dell'Unità, mi avrebbero aizzato contro i cani. "Le do tutto il campionario... a mille lire... " 1000 lire?! In negozio le avrebbero pagate almeno 20.000: scarpe magnifiche! Io le ho vendevo a 10.000 e chi le comperava, faceva un affare. Scarpe, tortini dolci, "pesca" dopo aver girato casa per casa a chiedere roba vecchia da buttare... vasetti di fiori... Le solite cose, insomma. Abbiamo lavorato come belve per tre giorni. Ero contenta come una Pasqua... avevamo incassato un sacco. Contavo i soldi con i compagni...più di tre milioni! Poi ho scoperto che tutto il nostro attivo più "un debito" che ci siamo dovuti accollare tutti noi iscritti, erano serviti per pagare una cantante che il segretario della sezione aveva ingaggiato a una cifra astronomica senza dire niente a nessuno. "Ma come, qui ci siamo fatti un mazzo così per tirare su quattro lire e tu le vai a 522 buttare, tutto per tuo conto... per di più ti indebiti anche... per una che viene a cantare... di cui a nessuno frega niente... e tutto per sfiducia nelle nostre forze! E tutto per scopiazzare quei megalomani dei compagni delle città che sono loro che sostengono il mercato del disco facendo cantare i cantanti ai festival... per di più li strapagano... in una sera si beccano cifre che un operaio non vede in due anni. (Cambia tono) Un po' di demagogia. (riprende a gridare) Tutto da solo decidi!! Bel centralismo democratico! Sai cosa sei? Uno stronzo! E io straccio la tessera!" E tutti che gridavano "Sì sei uno stronzo!! Stracciamo la tessera stracciamo la tessera!" Alla fine per evitare un esodo in massa, ho dovuto far da pacere e perdonare il Rocca... si chiamava così il segretario della sezione... Rocca... ma che però ha dovuto fare l'autocritica, seduta stante, davanti a tutti... Poi, abbiamo brindato alla pace e hann fatto bere anche me notoriamente astemia... stanchi morti e un 523 po' ciucchi, abbiamo cantato Bandiera rossa e l'Internazionale ... e ci veniva da piangere. A quei tempi ci si commuoveva facile. La sezione di Cernobbio... Ci venivano anche i miei figli... si organizzavano serate... dibattiti... litigate... Jacopo e le bambine erano i più giovani iscritti alla F.G.C.I della Lombardia. Avevano 11 anni e facevano la prima media. (JACOPO CERCA DI PRECISARE, non mi ricordo bene) Erano molto attivi... passavano tutte le loro ore libere dalla scuola, a fare inchieste. In una zona bianca come il comasco... la brianza, ad esempio, con carta e penna o registratore fermavano le donne del paese e candidi chiedevano:"Cosa ne pensa signora della pillola? Lei la prende?" Immaginatevi le reazioni! Oppure tornavano a casa e: "Da oggi, tutto quello che è americano...( si era durante la guerra nel Vietnam in questa casa non entrerà!" A conti fatti si poteva mangiare solo pane riso spaghetti. Via la Coca-cola, via questo via quello. Ogni 524 cibo confezionato veniva scrutato con grande diffidenza e doveva essere solo Made in Italy, massimo roba Svizzera. Jacopo, s'è preso anche uno schiaffo da un insegnante... c'era uno sciopero degli studenti a livello nazionale... loro tre, gli unici, stavano davanti ai cancelli della scuola e cercavano di convincere i compagni a scioperare, il professore di ginnastica li tira per un braccio, li spintona e cerca di farli entrare in classe... loro fanno resistenza e via che vola un ceffone sulla faccia del "mio bambino"!! Quel che è successo dopo non ve lo posso neanche descrivere. Sono venuti tutti i professori, preside compreso, a casa nostra a chiedere pietà per il malcapitato. Avevano saputo che stavamo organizzando la " marcia sulla scuola" di Cernobbio, anche con i miei compagni della sezione Garibaldi... di Milano, la più battagliera della città. Abbiamo perdonato, ma abbiamo preteso un cartello affisso davanti alla scuola dove il professore chiedeva scusa ai ragazzi malmenati e 525 dove si ribadiva il diritto costituzionale di sciopero anche del cittadino al di sotto dei 14 anni. Mi ricordo che per le elezioni del... (non mi ricordo la data) mia mamma, 80 anni era a Montecatini, mi telefona e mi fa: "Devo tornare a votare..." "Mamma, non preoccuparti... " dico senza neanche un briciolo di vergogna "stai lì tranquilla... gli anziani possono votare anche dopo..." Che stesse pure a bersi le acque. Sapevo che se fosse tornata in tempo avrebbe votato D.C.! La sera in sezione preoccupata ne parlo con i compagni, ben decisa a non fare avere un voto in più alla Dc. e sbotto solenne: "Compagni!, se mia mamma torna, facciamo un seggio finto qui, in sezione, le diamo una scheda di quelle per la propaganda.. e la faccio votare qui." Silenzio di tomba! Pausa. Il il segretario Rocca, con la sua faccia onesta e pulita paonazza di indignazione, fa per parlare e un compagno gli grida: "Zitto tu, che hai speso i soldi per la cantante che ancora stiamo pagando i debiti!" Ricade il 526 silenzio di tomba... Tutto il direttivo... che erano poi in tre... quasi in coro fa:"Pensiamoci su..." poi uno intona "Avanti o popolo alla riscossa..." gli facciamo coro, commossi da tanto ardire! Poi, per fortuna mia madre se ne è dimenticata... Mi sono iscritta al Pci... alla fine degli anni 50... Ho debuttato a otto giorni, ne il figlio della "Genoveffa di Brabante", in braccio alla mia mamma. Non parlavo tanto quella sera lì...Via via che crescevo, ho interpretato tutti i ruoli possibili ed immaginabili maschili e femminili. Andavo a scuola, e lavoravo la sera... Quante volte mi sono addormentata nelle casse dei costumi? Poi è arrivata la guerra. A Varese dove avevamo sede fissa... i bombardamenti non si sentivano... Sì, qualche volta buttavan qualche bomba sulla fabbrica d'aerei, la Macchi... ma non la beccavano mai. Si recitava a Varese e nei paesi intorno. Si circolava con un permesso speciale per le ore del coprifuoco, ci spostavamo con una corriera che chiamavamo "Balorda" a 527 causa del comportamento bizzarro che aveva, che più che al suo cattivo carattere andava attribuito agli anni. In certi paesi, nei quali ad una certa ora del giorno si passava, nei turnichè particolarmente ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci aspettavano... ci spingevano ridendo come matti, poi la sera ci raggiungevano ed entravano a godersi lo spettacolo gratis. "Siamo quelli che abbiamo spinto la "Balorda." "Passate". Non era bello girare di notte... durante la guerra ma noi ragazzi, non ce ne accorgevamo... si cantava, si rideva... evitando di guardare fuori dai finestrini... Non si vedeva una luce! Una notte un gruppo di tedeschi e camicie nere ci hanno tenuti bloccati sino all'alba. Se quell'alba avesse portato la notizia di una missione tedesca andata male ci avrebbero fucilati tutti. L'abbiamo saputo qualche giorno dopo. Altre volte,capitava che ci fermassero dei partigiani. Non dicevano "siamo partigiani" ma erano in borghese con i mitra! "Signor Rame - facevano a mio 528 padre - ci dà un passaggio?" Li facevamo salire. Più avanti capitava d'incontrare picchetti fascisti che ci fermavano. Un'occhiata al lasciapassare "Buona sera signor Rame... com'è andata la serata?""Benissimo!" "Buona notte."... "Buona notte" e via che ce ne andavamo... senza un goccio di sangue in faccia a cantare con più forza di prima. Anche i partigiani cantavano. Gridavano più di tutti! Dicevo che mi ero iscritta al PCI alla fine degli anni 50. Mi ricordo che il giorno dell'iscrizione ero molto emozionata. Ci sarebbero voluti due compagni a presentarmi, ma ero conosciuta... quindi se ne è fatto a meno. Ho fatto il mio primo colloquio politico con Tortorella... me lo ricordo dietro alla scrivania... molto compreso nel suo ruolo... un po' imbarazzato.. ma serio... fin troppo. Quanti anni sono passati... quanti salti all'indietro abbiamo fatto! Quanta "roba" è crollata, muri... fede, ideali, ideologie... speranze...illusioni...( Ricordarsi manifestazione blocco giro 529 d'Italia. "Siamo con te Dario"). Nei primi anni del settanta... non mi sono più riconosciuta nel PCI. vedevo che teoria e pratica se ne andavano per strade diverse... che quello che mi capitava intorno, non corrispondeva a quanto stava scritto dietro la mia tessera... allora, come tanti, me ne sono uscita. (1) ACCENNARE PERIODO STORICO, MANIFESTAZIONI, SALTO A parlar di DONNE. Non è una storia mia... è mia (indica il pubblico) è tua e sua ... tante storie messe insieme... ecc. 1) IL SODALIZIO INFAME! "Come hai dormito..." mi fa..."Bene...." "Scendi a fare colazione?" ..."No, non subito...(si schiarirsi la voce)Ti devo parlare.... Stiamo calmi però... Siediti... sopratutto non alziamo la voce... c'è gente in casa e non vorrei...." Lui si siede sul letto passandosi una mano sulla fronte. Ogni qualvolta si affronta (naturalmente sono sempre io che parto) questo argomento e lui "sa qual'è", in un 530 secondo è madido di sudore... ma proprio bagnato fradicio. Mai vista una cosa così repentina. Come girare un interruttore. Gli prende un'emozione che gli parte... dal profondo... diciamo... della coscienza... sono tutti i suoi sensi di colpa, che gli affiorano insieme. BUM!: ecco l'effetto sauna". "Caro, vorrei che te ne andassi...." "Perché?!" Gli manca il fiato. "Non reggo più la vita che stiamo facendo. Non ce la faccio più a stare con te... Negli ultimi 20 anni sei sempre stato innamorato. Sempre di un'altra... e mai la stessa. E d'estate di più. Ed ora siamo in pieno luglio!Non ce la faccio più a vederti dalla mattina alla sera guardare l'orologio per controllare se "è l'ora buona" per telefonare... alla fidanzata di turno... Con questa, dalle 11 alle 11 e mezza, non ti tiene più nessuno... e poi anche dalle due alle tre... la sera... dalle 7 alle 8. Non sopporto più il tuo evidenziare, senza volerlo per carità, ogni tuo rapporto con l'altro sesso con movimenti telefonici... 531 senza misura... e sopratutto senza tenere conto che ci sono anch'io al mono, e al tuo fianco, per di più. Anche se sei innamorato pazzo... ed è legittimo... anzi, beato te!, mi disturbi troppo... le scuse che tiri fuori per uscire a telefonare... mi fanno imbestialire perché sono un oltraggio alla mia intelligenza... : riprendo, "vado dal parrucchiere"-"ma è lunedì...""Ah sì?..." pausa - "Ti andrebbe di mangiare del pesce ?"-"Ho già fatto il lesso...""Ma m'è venuta voglia di un bel pesce... vado a comprarlo... così mi sgranchisco anche un po'..."-"Sta diluviando...""L'acqua fa bene... fa diventare più alti"-"Guarda che a 66 anni...non si cresce più... ( al pubblico) Una toccatina alla tasca posteriore dei pantaloni per essere certi che l'agendina nera dell'amore sia lì... anche la tesserina della Sip... sì, c'è... bene... "Torno subito... Vuoi qualcosa cara?..." e tornava quasi subito... con pesce per 30 persone, non è stato mai capace a regolarsi con la spesa... e con 24 rose rosa del "nostro" colore... e un 532 bigliettino "Ti amo cara tanto tanto." Il bello è che è vero. E' vero! Lui mi ama. Tanto tanto. qualche volta mi viene da pensare: "Chissà cosa succederebbe se mi odiasse. Mi strapperebbe i denti ad uno ad uno senza anestesia... gli occhi... le unghie. Ho sofferto molto in questi ultimi 20 anni. Lui non se ne rende conto. Lui, non capisce. "Tu hai il fuoco di Sant'Antonio nello stomaco per non dire nel ..." "Vedi caro"... io sono molto più creativa. Mi muovo meglio... voglio dire... mi sono "sempre" mossa, quando mi muovevo... meglio di te. Ora sono immobile - qui ho dato giù un po' con la voce, bassa intensa, sofferta... ma attenti, soffrivo davvero come una casa popolare senza nemmeno un inquilino: un palazzone orribile pieno di stanze vuote... pronto per l'autocrollo" Come mi sia uscita una frase così, di luglio... con quasi 40 gradi, non lo saprò mai. Non lo saprò mai! Ci devo far sopra una canzone... Non ci sono mai canzoni sulla disperazione di 533 una donna "vecchia" abbandonata dal marito o "col marito coglione"...(inventare qualche strofa) o che parli della menopausa... (Consigli sulla menopausa, proseguire,pillole cerotti. Continuare insomma.) No, solo canzone d'amore... o di sesso. (Citarne qualcuna ridicola la devo trovare perché non ascolto più la musica. Perché non ascolto più la musica?) (al pubblico) Non ho capito che mestiere faccia la "turnante"... Non so chi sia... E' che il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Sono andata a trovarlo, stava fuori Italia per lavoro, dopo sua, più che insistente richiesta via fax, 11 fogli, per convincermi a raggiungerlo... (che, visti gli avvenimenti del proseguo, mai capirò il perché.) " Vieni ti prego, ti voglio vedere stare con te amore vienivienivieni.. ecc. Vado. Tutto bene, sembravamo persino felici...Qualche tensione trattenuta tra le mie budelle quelle due o 5 volte, (un ossessione? a quell'età lì, capita) che 534 spariva per telefonare... tanto da procurarmi una fibrillazione acuta, due medici nella notte, elettrocardiogramma, per fortuna niente di grave tolto le occhiaie il giorno dopo. Per il resto, tutto bene, come ho detto, sembravamo felici. Come al solito, le cose più noiose le faccio io, (forse m'ha fatto venire per quello): prenotare gli aerei, fare le valigie, pagare il conto... e col conto, mi ammollano 5 fogli con la trascrizione elettronica delle telefonate. Do una guardata ai 5 fogli 5 e mi siedo... Sono molto emotiva... Sto per svenire. Ma sì, lo so che ha la ragazza, lo so che le telefona, ma non vi nascondo che fa una certa impressione vedere nero su bianco, per pagine e pagine ore 23 e 5 numero telefonico mio.... ore 23 e 8 numero telefonico della ragazza... ore 10 e 15 il mio, ore 10 e 21 ... A me, sempre la precedenza... eh... sono la moglie. e via così per telefonate e telefonate... ore 5, e 27 numero della ragazza... Meno male che 535 non ha chiamato me, alle 5 e 20 che lo ammazzavo. Perché la chiama alle 5 e 27?!! Poi ore 4 e 50... ma che cazzo di lavoro fa?... Poi di colpo nessuna telefonata al numero amato: per tre giorni solo telefonate a me e tante, come sempre. Ecco, l'aveva raggiunto. Come in un film a doppia velocità mi sono rivista tutta la mia vita e la sua, dell'ultimo periodo attraverso quelle telefonate. Tutta la nostra vita. Sono stata seduta una ventina di minuti. Mi girava tutto. Mi sentivo svenire. Come quella volta che eravamo al mare... In quel periodo lui stava "assolutamente" solo con me... Eravamo sposati da poco... No, non ridete... per almeno 20 anni mio marito m'è stato fedelissimo. Forse. E' negli ultimi 20 anni che... Vi stavo dicendo del mare... io stavo a riva con mio figlio che aveva come un 5 anni... mio marito faceva il bagno, appena appena un cento metri più in là, con la mia migliore amica... un'amica vera. Ne esistono sapete. Beh... ad un certo punto, 536 non so per quale effetto ottico... li ho visto avvinghiati. Forse stavo avendo una visione negativa mandatami dal diavolo o dal Signore per mettermi alla prova... Non so... Sono svenuta. Veramente: svenuta! Mi sono rispresa con le urla strazianti del mio bambino "mamma mamma... aiuto la mamma muore" e stavo proprio morendo in quanto ero caduta in avanti con la testa in acqua... che per quanto bassa sia, sull' Adriatico, bastava per affogarmi: mi stavo auto-affogando per amore. Io voglio molto bene mio marito... anzi... lo amo... Il disastro sta tutto qui: Che lo amo ancora dopo 40 anni. Mio figlio dice: "guarda che non è più quello che hai conosciuto... sono passati molti anni... Anche tu sei cambiata... anche tu non sei più quella che lui ha conosciuto. Tu sei innamorata di una persona che non esiste più. Tu sei innamorata di un ricordo." "No, io sono innamorata di lui!" Lui, lo conoscete tutti... lui è veramente extra, delicato, 537 spiritoso, ironico, di una intelligenza superiore... canta, dipinge, scia... le ha tutte... eclettico... geniale, anzi è un genio riconosciuto... Per bene... Non si può dire che sia bello... ma ha un gran fascino... Ma oggi... in questa mattinata dove sono decisa a dire "basta", penso che forse ha ragione mio figlio: sono innamorata di un ricordo Guardo mio marito... e di colpo lo vedo com'è... non come l'ho "sempre" visto... come è realmente. Di colpo vedo le sue gambette corte... Beh, le ha sempre avute corte, non è che gli si siano accorciate con l'età... è che quando era snello... non si notavano tanto... le sue braccia... che impazzivo quando mi abbracciava... Ma erano quelle cose lì? Due braccettine senza tono muscolare... da imprenditor-intellettual... stomaco e ventre prominenete... un po' ... (si esprime con un gesto) pettorali che.. insomma, un po' giù... Gli occhi così intensi, neri come il carbon... che quando si perdevano nei miei, mi facevano tremare... svenire... ora li vedo sbiaditi... 538 quattro capelli in testa... la faccia stanca... le guance... che se gira la testa di colpo... vola via. Ciò nonostante c'è una parte di me... che anche in questo momento, sente una grande tenerezza per lui. Maledizione, ma perché s'invecchia? Dovrebbe farsi la plastica - penso... dovrebbe farla. Io l'ho fatta... mi sono tirata via di colpo quei dieci anni che m'intristivano... è stato quando lui si era fidanzato ufficialmente con... Quando ho avuto la certezza che mio marito faceva sul serio con una ragazza di 37 anni... più giovane di lui, che se ne andava in giro, che si faceva vedere che frequentava gli amici comuni che" attenti a non fare gaffe, che stassera arriva la moglie" ho fatto il giro delle farmacie di Milano... non che meditassi chissà che... ero come in trance... una bustina per volta, e Veronal e Veramon e Gibalgina e Optalido... Le comperavo così... senza determinazione... Non si sa mai. Sempre meglio essere pronti all'occorrenza... Per tre giorni ho girato 539 farmacie. Poi sono andata da lui e gli ho detto che partivo. "Dove vai?..." "Non so...." "Ma perché te ne vai... io ti amo... tu conti più di tutti al mondo..." "Sì. Ciao" Salita in macchina di colpo non mi è venuto in mente neanche un posto dove mi sarebbe piaciuto andare. Li ho fatti passare tutti. Ho pensato anche all'estero vado a Parigi... Londra... Bruxelles... Dopo un'ora di riflessioni e giri turistici col cervello, prendo tempo e vado in ufficio. E' sabato pomeriggio. Non c'è nessuno ne deve venire nessuno. Sì, nel mio ufficio: 360 metro quadrati, 11 stanze. Beh, a parte questo fatto, vado nel mio ufficio. Imprevisto! C'è mio nipote e un nostro collaboratore: Walter. "Che fate qui?" "Nulla... avevamo da chiudere una storia... stavamo andandocene. E tu che fai?" "ho da fare..." Loro se ne vanno. Mi sono guardata intorno... Pensavo a lui, che sicuramente aveva già telefonoato alla ragazza del momento: si chiamava Maria, o Stella, o... non mi ricordo più...:"è 540 partita puoi venire". Tolgo dalla borsetta tutto quello che ho,libretti degli assegni, chiavi di casa, della cassaforte. Non mi viene da scrivere niente. A chi dovrei chiedere perdono? E perché? A mio figlio forse... Ma no, sta crescendo, ha la sua vita... io non servo più nemmeno a lui. Forse ero un po' depressa (ride). Sentivo che già non esistevo più, che ero già morta. Senza interessi per niente e nessuno. Brutta storia. Casermona popolare di trecento appartamenti con nessuno dentro. Ho tolto dal cartoncino...tutte le mie pastiglie... ne ho fatto un bel mucchietto davanti a me. Ho preso una scodella, l'ho riempita d'acqua ne ho messe tre o quattro in bocca e giù a bere. Su un foglietto ho annotato: 3 e giù a bere, più 3.... e, fanno 6... più 3 e fanno nove... Devo dire che si fa una gran fatica... ti si impasta la bocca... non riesci a deglutire... ti viene voglia di smettere... ancora 5... 541 Ma cosa sto facendo?! ancora tre... e 5... Credo di essere arrivata a 50...Da un pò non segnavo nulla sul foglietto... Chissà perché mi era venuta questa idea del segnare... forse per potermi regolare quando stendermi. Ora mi mi gira la testa... mi vado a stendere... continuerò a prenderle da stesa... Arrivo al divano... mi gira tutto... bevo un po' d'acqua ancora... poi la scodella mi cade... e non ci sono più... "Che bellezza è finalmente finita... adesso sì, che dormo!!" credo sia stato l'ultimo pensiero. Invece no. Sento che mi sollevano di peso, mi costringono a camminare... mi parlano, gridano, io mi lascio andare non reagisco, non voglio reagire "deve camminare non fermarti! Falla camminare!" ma chi parla?...Chiama il marito... telefona all'ambulanza..."Quante ne hai prese parla!" E' la voce di mia sorella... "Pensa a tuo figlio, maledizione quante ne hai prese?" chi è questo...mio marito... Ci 542 sono proprio tutti. Tutti uniti. Una festa di famiglia. "Sbrighiamoci... ha 21 pulsazioni... portiamola via" Chi ha parlato... gli infermieri dell'autoambulanza. M'infilano in un lenzuolo per trasportarmi... mi sento urlare... e non so proprio forse la rabbia mi faceva uscire il fiato o forse l'ho sognato "voglio morire!!! Lasciatemi maledetti voglio morire!!!" Per un anno intiero non sono andata nel mio ufficio. Morivo di vergogna. Non capita tutti i giorni di essere trasportata per le scale avvolta in un lenzuola perché la barella non passa, tra gli sguardi degli inquilini allibiti "una signora così per bene!...pensa te!..." finire al Pronto soccorso seguita da una decina di parenti mariti sorelle e la gente che ti guarda e i medici gentili che ti fanno iniezioni da ogni parte, una flebo nel braccio... ti fanno bere un 700 litri d'acqua con dentro non so che... "vomiti signora coraggio" e tu che tiri su l'anima e tutti sono contenti e non ti trattengono 543 perché sei persona conosciuta sì, capiscono....ma certo lo scandalo, i giornali... si figuri... e via che torni a casa e dormi per un 5 giorni e quando ti svegli sei così debole che non capisci se è bene che ti sia andata bene, e se ti è andata bene veramente. Riprendi a vivere la tua bella vita di merda... un po' imbarazzata... senza il coraggio di guardare la gente negli occhi.. e tutti che ti trattano come una che è matta... e non come una che ha bisogno d'amore. Ho sempre avuto un morboso bisogno d'amore. Da piccola, avevo un 5, 6 anni e per attirare l'attenzione dei miei, ho rovesciato qualche goccia d'inchiostro rosso nel mio vasino della pipì. La mia mamma, sconvolta... mio dio, s'è sviluppata a sei anni!... No, no.. forse è un fatto renale, chiama il dottore, chiama il dottore, tutti gridavano, piangevano... e quando, felice di tanta attenzione ho tirato fuori la bottiglietta d'inchiosto rosso, hanno 544 capito... m'è arrivato un ceffone dalla mia mamma, che ogni volta che sento l'odore dell'inchiostro, mi tocco una guancia. Meno male che hanno inventato le biro! "La prossima volta mi andrà meglio." Ho avuto addosso per anni la voglia di ammazzarmi... specialmente quando scoprivo un nuovo amore di mio marito. Maledicevo la mia debolezza...la mia incapacità di reazione, di prendere su, come si dice, e andarmene. Stavo lì come una lumacona... senza forza ne idee... a crogiolarmi nelle mie disperazioni invece di... che so, andarmene... ammazzarlo... bruciarlo... Cos'è?... non mi verrete a dire che voi mai... mai neanche una volta avete pensato o tentato di ammazzarvi. E allora ho fatto il liftingh. Il liftingh l'ha fatto, a parte le attrici, anche quelle che minacciano querele se qualcuno dice che hanno fatto la plastica, anche Mastroianni... Manfredi... lo so di certo... l'han fatta un sacco di uomini politici... anche in America. Ieri sera 545 guardavo De Mita in televisione... e l'ho trovato, nonostante le preoccupazioni... ringiovanito... per me l'ha fatta anche lui. Dovrebbero passarlo come servizio sociale, il lifthing... sì, con la mutua... sai quanta gente triste tornerebbe a ridere? Conosco un medico che li fa a rate... che una, ora che ha finito di pagarlo è già tutta ricrollata e deve ricominciare da capo. Tira su sederi, toglie le "borse" (accenna gli occhi) la pappagorgia... ti tira su... ti tira via tanta di quella pelle in più da ricoprirci una poltrona. Ti ringiovanisce anche le mani, se vuoi... tutta... che se incontri la tua mamma, ti porta a fare la prima comunione. No, caro figlio mio, io lo amo il tuo papà, altro che storie... "amo lui"... lo amo così com'è. Che m'importa se è invecchiato... anch'io sono invecchiata... Lui è i miei ricordi, la mia vita... Sono i sentimenti che contano... In quel famoso fax di 11 pagine m'ha scritto: "non lasciarmi, le altre non contano, conti solo tu, dobbiamo stare insieme, è con te che sono stato al 546 mondo." Ho pianto. E' quello che mi dà, che conta... Sì è vero... lavoro tanto per lui... quando è a casa mi sembra di avere intorno un bambino spastico...:"e dov'è questo? e dov'è quello? Mi dai la gomma grazie, vorrei un paio di calze... farei il bagno ma solo tu sai dov'è il costume..." Certo, è un segreto di famiglia! Sempre svagato... distrattissimo. Solo quando deve organizzarsi le storie con le sue ragazze, diventa attento, memorizza tutto, pare uno della CIA. �Gentile, generoso, intelligente... ma devo dire che in questi ultimi dieci anni è diventato un po' più pesante dei primi trenta... Se penso che da quarantanni sto sempre con lo stesso uomo mi sento prendere da un'ondata d'ira omicida. Ma perché?! Colpa della mia mamma... dell'educazione che mi ha dato... Del CATTIVO ESEMPIO che m'ha dato: fedele a suo marito come una suora di clausura! (cambia tono) Non che io sia stata fedele a mio marito come una suora... Per la carità! 547 Ho avuto eccome le mie storie, ma non abbastanza... e per fortuna che le ho avute!, altrimenti adesso starei tutto il giorno a sputarmi in faccia. Però diciamo che vivevo malissimo i miei tradimenti... le mie "trasgressioni". Sensi di colpa da perdere sonno, appetito, pianti disperati in segretitudine... singhiozzi tra le braccia di lui, del tradente... "oddio cosa sto facendo?!..." singhiozzi tra le braccia di lui, del tradito: "Oddio che ho fatto!" "Micina amore tesoro perché piangi?!"-"...non so... così... per niente... sono una sciocca"-"Calmati amore... non piangere micino mio... Mi ami?" Mi usciva tra i singhiozzi un urlo strozzato. "Tanto!!!" "Non gridare così... ti sente tutto il palazzo" Come soffrivo! L'ho tradito, ma lui ha sempre occupato il primo posto nella mia vita. Il primo! E non l'ho mai fatto soffrire! (Cambia tono) Sì, dovrebbe proprio farsi la plastica... non tanto... una tiratina... No, non per me... io lo amo così com'è... ma 548 per le ragazze... anche per non essere scambiato per il padre. Se pensate che sono cattiva non vi sbagliate... Lasciatemi almeno essere cattiva. Lui va pazzo per le ragazze... C'è chi va pazzo dei bomboloni, lui... E' questo l'argomento del mio bloccarlo in camera questa mattina. Le ragazze. E lui lo sa e suda. Mi spiace farlo stare male... ma.... non posso più rimandare. (Prende il fiato) Devo assolutamente parlare. (riprende il fiato) Definire... (C.S.) Finire. Se no, scoppio. "Ma via!... dopo 40 anni di matrimonio stai ancora a rompere perché lui... Ma lascialo tranquillo... lascia che si sfoghi... tanto lui ti ama! Non se ne andrà mai da te!" Chi è che parla? Tutti quelli che conosco. E' quel "non se ne andrà mai" che ora m'ha messo in crisi. Un po' di tempo fa ho chiesto al mio medico: "quando, gli uomini smettono di fare all'amore?" "Hai voglia, ragazza, (sono 40 anni che mi chiama "ragazza": tu hai due età, quella anagrafica e quella biologica, cara 549 "ragazza"...) hai voglia! Gli uomini fanno l'amore fino a 80 anni!" E' orgoglioso. "Fino a 80 anni???!!! Dunque, lui ne ha 66 e io dovrei andare avanti ancora per 14 anni così? No." "Tu hai il fuoco di sant' Antonio nello stomaco... per non dire nel ...." Non mi piace mai essere volgare in momenti così... anzi, mi disturbano molto quelle donne che perdono il controllo... il senso della misura, che danno fuori, che spaccano oggetti in casa. Per la verità, quando lui ha detto dopo che io gli ho detto del fuoco di Sant'Antonio: "No, guarda che ti sbagli..io..." e si stava avviando alla porta per andarsene... ho sentito nello stomaco una cosa proprio brutta. L'istinto omicida che ognuno di noi ha in fondo all'anima... Ma sì, che ce l'avete anche voi! Dai... Proprio mai avete pensato in un momento di disperazione estrema... di esasperazione estrema, "adesso l'ammazzo"? Non importa chi: il marito, il padre, la madre, il professore, uno stronzo in un momento "no" che vi 550 sbava addosso un complimento troppo pesante... o il capo ufficio... o una ingiustizia... No, no... zitti, zitte!, non dite niente. Ora, mentireste. E se invece non mentite, e siete presi da una improvvisa ondata di sincerità, mi mettete paura. Stiamo calmi. Non vorrei che qualcuno si alzasse e si mettesse ad urlare: "Sì!!!!! l'ammazzo!!!" e via che salta addosso al vicino, alla vicina di poltrona e lo o la strozza, qui in mezzo a tutti. Zitti, calmi e fermi. Continuiamo a mentire per ora, l'ammazzere alla prima occasione. E mi raccomando, non reprimetevi, fate le cose per bene. Rimandiamo: lo farete questa sera a casa vostra. "E' meglio che ti sieda immediatamente o entro cinque minuti hai la casa distrutta.... rompo tutto il rompibile, vetri compresi e forse rompo anche te." Non ho alzato la voce. Ci conosciamo da quarant'anni. Capisce che non sto scherzando. Lui torna a sedersi sul letto... si passa la 551 mano sulla faccia sempre più sudata... poi si stende... asciugandosi il sudore... "Ti stavo dicendo che vorrei che te ne andassi. Il nostro, ormai è un sodalizio infame... è ora di romperlo. " "Oh, esagerata... perché infame... Io sto bene con te..." "Io no, io non sto bene con te. Sai come mi sento "con te"? Agli arresti domiciliari... da più di vent'anni. Sono un detenuto in attesa di giudizio... la sentenza che sto aspettando? Condanna a morte." Lui fa un sospiro proprio di quelli che straziano... pardon, che mi straziavano. E sì... non era la prima volta che dicevo una cosa così... Non che l'abbia ripetuta tante volte... ma qualche volta sì... Di solito a 'sto punto, mi commuovevo talmente per quello che stavo dicendo... che non riuscivo a trattenere le lacrime... lui sospirava... allungava una mano... "ma io ti amo!..." e io giù a caragnare senza ritegno... "sì...condannata a morte sono!" Mi usciva costruita così la frase...non "sono 552 condannata a morte" ma "condannata a morte sono!" Chissà perché... mi veniva di dirlo alla meridionale. (piange) "condannata a morte sogno... voglio dire... sono..." arrancando già col corpaccione qualche millimetro verso di lui..., pronta ad essere afferrata tra le braccia incantatrici... "Amore ma perché dici così... lo sai che ti amo... lo sai che conti solo tu... lo sai che le altre sono solo...""No, no...lasciami...lasciami...Voglio morire!..." ma ero con la testa sulla sua spalla e singhiozzavo rilassata... "Micina mia... bambinona..." "Amore... non farmi più soffrire...Ti amo tanto..." "Anch'io ti amo..." E via che tutto ricominciava da capo. No, non finiva con una scopata... pardon, volevo dire... non facevamo l'amore... Io e mio marito l'amore non lo facciamo da 20 anni, per l'esattezza da 22 anni. Perché? Non lo so. Non saprei proprio spiegare come ci si sia arrivati... fatto è che ad un certo punto non ci siamo più interessati sessualmente. Veramente non so chi abbia incominciato... A 553 pensarci bene... forse lui. Il fatto è che era scoppiata la "rivoluzione". Sì... sto parlando del 68. Mamma mia è stato veramente un Sessantotto per me! Una gran confusione di pensieri idee ideologie falsi ideali... e le manifestazioni e la polizia e le botte e ragazzi che morivano e le occupazioni e le canzoni... e i ragazzi che morivano e gli operai che venivano licenziati e il blocco dei cancelli alla Fiat all'Alfa e l'amore libero e la liberazione sessuale e i ragazzi che morivano... e le ragazze di 16 anni col bidet fatto e le mutande in mano pronte come il Nescafé... e le galere e la polizia e le ragazze... e le manifestazioni e le occupazioni e i ragazzi pronti come il Nescafè... e le manifestazioni e le... e ragazzi che morivano... Scusate, mi sono fatta prendere un po' la mano... è che mi è difficile tenere il filo del discorso... Dove eravamo... A sì... che io e lui non facevamo più l'amore... Beh, ora che importanza ha stabilire chi dei due s'è stancato dell'altro o se ci siamo stancati 554 tutti e due... o se uno ha sofferto perché l'altro s'è stancato... Non serve a nulla... Fatto stà che: basta. Abbiamo chiuso col sesso. Tra di noi. L'abbiamo fatto con altri "sesso" e tutta la pazzia sta proprio qui. Aver accettato che l'"amore" tra noi fosse finito... quell'"AMORE"... e continuare a vivere insieme. Finisce sempre che uno dei due paga un po' di più dell'altro. Purtroppo sono stata io a pagare... e con gli interessi! Attenzione, non è che mi stia piangendo addosso. E' che per una donna è diverso. Lo è veramente. Non abbiamo per niente, i seni prominenti e i fianchi larghi. Veramente ci sono sempre più ragazze con il fisico da ragazzo... se ne vedono sempre meno con i fianchi larghi... Chissà perché...Chissà da che dipende questo cambiamento di razza... forse è genetico. Non so. Dunque dicevo che 'sto fatto di fare l'amore con altri... �Seppur umano il bisogno di avere distrazioni, più che comprensibile... ma negli ultimi 20 anni gli è scoppiata come 555 una pazzia. A poco per volta, sempre più intrepido, deciso... spavaldo: innamorato di un'altra, poi un'altra ecc. poi un'altra, ecc. ma sempre con me. "Non ti lascerò mai amore... Tu per me sei tutto... come mia madre!" Non mi ha mai lasciata. Forse una volta era sul punto di farlo... ma poi... Dunque dicevo che 'sto fatto di fare l'amore con altri... 'sta stronzata della coppia aperta è stata proprio una stronzata. Chi arriva alla coppia aperta senza soffrire vuol dire che non ama più... o che è stato educato in una certa maniera in una famiglia speciale. Io non conosco nessuno, dico nessuno, che abbia vissuto questa esperienza senza morirci dentro. Non sto facendo la tragica. Ho detto "morirci". E' un fatto culturale da centinaia di anni... forse un duemila... di una certa educazione... ma vedo che anche quelli che hanno 20 anni, non ci vivono bene dentro a 'sta storia... soffrono come cani sgozzati. Solo uno dei due, naturalmente. Fingendo oltre tutto di stare benissimo... poi si trovano con 4000 556 pastiglie di Veronal nello stomaco e hai voglia a fare lavande gastriche, che poi si sta malissimo. Si sta malissimo. � 1) BIOGRAFIA FRANCATENTATIVO Sto male di salute,ma mi sembra di stare molto bene d'umore, mentre invece mio figlio dice che tutte le malattie che io sono riuscita(un vero primato!) ad accumulare negli anni (che vanno dall'onicofagiamangiarsi le unghie-,tricotillomaniastrapparsi capelli,attorciliarli stretti al dito anulare e infine nasconderli sotto ai mobili.Quando uno è in ansia,si strappa i capelli ,se sola,si mangia le unghie in presenza di altri.)E me l'ha dimostrato enumerandomi tutto quello che ho avuto negli ultimi due mesi a Boston."Oh,ma come sono felice,rilassata!"Un bubbone della grandezza di un mandarino nel seno sinistro,proprio sopra a quello che chiamiamo cuore,dolore ai reni con perdita di sangue,lastre,calcoli frantumati,tracce anche in vescica,dolori muscolari alle gambe,crampi durante il 557 sonno,gamba sinistra,dopo immobilità di qualche ora,non rehhe e duole."Cos'è,il lazzaretto tutto di un colpo?"NO,è che il tuo fisico si fifende come può.lanciandoti campanelle d'allarme da una situazione che tu vivi male.Fai l'elenco di tutte le malattie che hai avuto negli ultimi anni,gli interventi,malattie inimmaginabili ma ben tangibili che vanno da una congiuntivite che ti scoppia oggi,inizio di una commedia che non ti piace e che ti sparisce il giorno dopo l'ultimo spettacolo.Tu come un pappagallo ripeti"sto bene"e sei pure convinta,invece"credi" di star bene,ma nel tuo subconscio stai malissimo?Tutta la colpa è del subconscio.Froid ha detto un sacco di cose relativammente importanti,cose che anche altri avevano detto,l'unica sua* scoperta essenziale per la vita dell'uomo per la sua mente è 'sta storia del subconscio.'Sta storia del subconscio deve essere vera.Mi viene in mente una tipa di Torino che lavora all'Einaudi,si chiama Emilia,l'ho 558 conosciuta tanto tempo fa,mi raccontava della sua vita,nel dibattersi nei problemi col marito da cui si era separata,i figli,la suocere,l'amante del marito,la moglie del marito.Tutti questi problemi le procuravano fenomeni fisici stregoneschi,reazioni sul suo corpo che nessun medico aveva mai registrato su alcun paziente.Che so,le lenti a contatto che si gonfiavano a dismisura fino a scoppiare,oppure che si bucherellavano tutte. Robe mai viste,tanto che l'assicurazione si rifiutava di rimborsargliele.Mio figlio ha certamente ragione. "Tu devi sbatterti,riuscire a scavare,a ricordare,a scoprire cosa hai dentro realmente,quale fatto vicino o lontano ti ha portato a questo malessere. Devi andare indietro, indietro mamma."Mi sono presa un registratore e via a parlare a ruota libera.Come premo il tasto per la registrazione,non mi viene in mente niente.Cerco di ralassarmi.Vediamo..il primo trauma..per me è stato un trauma e grosso.anche se 559 poi,ora,30 anni dopo,mi rendo conto di aver guardato i fatti con ecessiva enfasi.HO scambiato una storia del tutto naturale per una mancanza d'amore.L'ho vissuta malissimo.Ho cercato di parlarne con lui,ma subito mi sono interrotta, imbarazzata dal suo imbarazzo. Impreparata,incolta sul sesso:è la prima cosa che ricordo in questa incursione nella mia vita. Il mio rapporto con l'altro sesso è statoo per moltissimi anni un rapporto "al servizio";mai avuto stimoli sessuali,la voglia di fare all'amore mi veniva se ci si abbracciava e baciava...ma scivolavo nel rapporto senza un grande desiderio di sesso..ero portata ad assecondare il suo di desiderio.Del sesso,non sapevo nulla.quello che facevamo,era venuto da solo,l'avevamo scoperto insieme.autodidatti.Ora,per fortuna è diverso.I giovani sanno tutto.prima ancora di avicinar si ad una donna.Mio figlio aveva un 13 anni e già se ne stava con un libro di anatomia in mano.(IMENE,vedevo soltanto un 560 orecchio).L'orgasmo,l'ho raggiunto molto dopo che praticavo il sesso.Prima fingevo. Non me ne sono mai fatta un problema. PENSIERI:LA COPPIA 1) Riuscirò fino alla morte a tenere per me che tu sei solo un uomo?Io cerco di capire tutto... i tuoi bisogni... mi sforzo di non dare maggior significato alle "cose" di quanto in realtà non abbiano..di leggerle per quello che sono: SESSO E GRATIFICAZIONE ma non mi posso impedire di soffrireper queste nostre due vite così unite e così irreversibilmente staccate. Due vite tronche,che vivono solo se congiunte ma si logorano e muoiono nella congiunzione.E' molto che sono morta.E' il saperti distratto da altro che mi ha tolto la vita.Senza di te non posso vivere, ma quanto pago questo mio vitale bisogno.Sono riuscita a superare tutto ciò che ho subito.Mi credevo armai forte.ma il dolore torna ogni volta come trentaanni fa.Sto vivendo un disperata e allo stesso tempo afettuosa solitudine.Gironzolo per questo mondo come un ombra; pensieri 561 bui mi schiacciano. Brontola la mia anima,il mio cuore,i miei sentimenti ti si rivoltano contro,il mio orgoglio di essere donna? Umiliato. E il non sentirmi "nessuno". Non mi accontenta essere "prima" nella tua vita..è nel mio sesso a ridere che ti voglio tenere.Ti guardo davanti ad una ragazza qualsiasi,trasformato,ti rappresenti,ti dai un gra daffare,senza misura ne controllo.Ed io sono condannata da me stessa a starti a guardare,come tu,per tua scelta sei condannato a vivere con me.Che fare? �Mogli dipendente comunale che trova i soldi in tasca al marito e li butta dalla finestra. Inserire il discorso del grande mondo, o no? Il grosso della vita sta fuori. Perché la gente lascia fare ai nostri sgovernanti? Perché accettiamo tutto? Chi sono i critici presenti allo spettacolo 'sta sera? C'è Raboni del Corriere? NO?... Lo 562 sapevo. La differenza tra uomo e donna la vedi anche da qui. "indelicati" Borsellino o un altro è morto, saltato per aria: " come si sente signora? Sta male?" Perché la signora non tira un calcio nei coglioni? perché non gli salta addosso e lo strangola ficcandogli le dita negli occhi? Ognuno di noi vive nel seminterrato della sua anima. La televisione!! Casalinghe che si spogliano (Colpogrosso) come si muovono che livelli di volgarità riescono a raggiungere. Non si fermano più! Il responsabile ultimo della situazione tragica dove siamo arrivati, non è Andreotti, ma sono le nostre insicurezze. Serpente a sonagli. Ridurre una persona a poltiglia Perché la gente è così debole che uno può manipolarla come vuole? Perché? Papuasia: leggere origini e costumi. Rapportso sessuale libero. I bambini sono nel grembo della donna e si nutrono di 563 sperma. Ma che trovata!! Che civiltà. Il maschio sceglie la femmina per la vita. Il matrimonbio tra un maschio e una femmina è indissolubile. Protezione militare, non sessuale. Cucitura sesso bambine, riaperto a 20 anni. LA CHIACCHERATA O IL PROCESSO 1) T'ho umiliata? Quante volte? Qual'è l'ultima volta? E il rispetto? Dove lo metti? E noi come siamo? Come siamo? Migliorate col tempo? Peggiorate. La vera differenza tra un uomo e una donna, credo, consista in questo: le donne conservano un po' più dell'uomo, il senso dell'onestà, (non tutte) della giustizia, dell'integrità. Siamo soggetti morali, (non tutte!) e a volte purtroppo solo moraliste. All'uomo è stata inculcato, sempre con quella prima fatale poppata, il piacere per la lotta, la lotta con qualsiasi mezzo per ottenere, raggiungere, impossessarsi del POTERE. Il POTERE è comando, è forza, denaro. FASCINO. BELLEZZA. Tutte "QUALITA' ", privilegi, che ti derivano dal potere. IL POTERE ti procura tutto ciò 564 che il POTERE PUO' PROCURARE. Con il potere che ti balla intorno anche tu ne vorresti un po'? No? Essere donne continua ad essere difficile, e nel cammino della vita (è con rammarico, che sono costretta a riconoscerlo) ti senti con un fatto che sicuramente, dopo il turbamento che ti procura, ti lascia amarezza e sconvolgimento addosso, cioè, la scoperta, che le tue difficoltà di vita, di sentimenti, le tue insicurezze, dipendono sì da come è strutturata la società, dagli uomini, da quello che ci si aspetta da te, ecc. ecc. ma dipendono anche da altri essere come te, anime del tuo stesso sesso. Sì, amarezza e sconvolgimento. La donna è troppo spesso, la maggior nemica della donna. Nel lavoro e nella vita. Giovani o vecchie che siano. Interrogate, provate ad interrogare. Quasi tutte, fottute da un'altra. Sì, c'entra anche lei, ma vero è che l'amore l'uomo lo fa quasi sempre con una donna. O giovane come te, o molto molto più giovane di lui. E tu stai a guardare. Si fa per dire. Naturalmente storie di questo 565 tipo si verificano quando il lui, è un vero LUI. Se è giovane va benissimo, ma andrà ancor più bene, se il LUI in discussione è senza giovinezza, è adulto, è vecchino, è vecchio. L'impegno, per la giovane in questione, sarà minimo. In tutti i sensi. Intendiamoci, può, anzi dovrebbe essere pesantissimo, ma buone prospettive, vuoi di vita, vuoi sociali, artistiche possono allegerirlo assai, come peso.E tu stai a gurardare. Hai una conoscenza della storia... di quello che passa, del senso di quello che sta accadendo. TU SAI GIA' TUTTO. PERCHE' E' IL RIPETERSI, del ripetersi, del ripetersi. Aspetti... inutilmente. Cosa aspetti? Che succeda quello che tu non vorresti. L'unico pensiero che ti deve dare un minimo di... sì, che anche tu sei stata giovane, e anche la giovane di oggi, con fortuna, o senza fortuna, (a volte non basta sposare uno scrittore importante per scrivere un buon romanzo, vedi MORAVIA; o darsi ad un pittore, sempre 566 importante, per dipingere un bel quadro ecc. ecc. Come a dire che se hai doti, certo con l'uomo di potere, puoi correre nella carriere, ma se non hai nella testa le cose giuste... dove corri? Ti sembra di correre, ma non appena ti fermerai per riprendere fiato, voltandoti indietro, scoprirai di aver perso per strada qualcosa che sarebbe stato più importante tenere, e ben stretto.) La giovane che oggi ti mette pesantemente davanti alla tua età, alla tua realtà, diventerà vecchia, esattamente come sei tu ora. E questo uomo, che tu presuntuosamente hai creduto tuo, guardalo: che non si vede per quello che è realmente, abbarbicato ciecamente alle sue illusioni. �DALL'AUTOBIOGRAFIA DI FRANCA RAME di prossima pubblicazione: "Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, Teatro Popolare appunto, nella tradizione della Commedia dell'arte, 567 completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie, come la nostra, che agiva no in provincia. Il nostro successo stava tutto in questa differenza. Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Nella mia fimiglia non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di cannovacci e per molti testi non esisteva nemmeno il cannovacccio. Ce li avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi? Non lo so. So solo che i teatri erano sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre. O se c'era il funerale di un personaggio importante del 568 paese: il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il farmacista. E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione, "Il povero fornaretto di Venezia " e non mi ricordo più quali altri drammoni avessere successo) mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci riunivano e ci raccontavano a sommi capi l'intreccio, distribuivano i ruoli, se i costumi adatti non c'erano, si rimediavano, e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti. �BIOGRAFIA PER ENCICLOPEDIA TRECCANI SALA DI CESENATICO 20 SETTEM. 1992 Franca Rame debutta in teatro a otto giorni, tra le braccia di sua madre, nel ruolo della figlia della Genoveffa del Brabante. La sua è ultima ed una delle più importanti famiglie di attori girovaghi. Rappresentano, nell'Italia settentrionale, un repertorio assai vasto. 569 Stralci dell'autobiografia di Franca Rame di prossima pubblicazione: "La mia famiglia è di origine lombarda, nasce agli inizi del 600, con marionette e burattini, (conoscevano entrambi le tecniche assai diverse tra loro). Ho debuttato ad 8 giorni in braccio alla mia mamma. Nella mia famiglia era un fatto naturale: appena nasceva un figlio lo si metteva in palcoscenico. L'Accademia di arte drammatica, l'ho fatta lì, con loro (con mio padre, suo fratello le rispettive mogli, i figli, gli scritturati). �M'è cascato sulla testa il ciclone "fica" Ad ogni grande emozione mi si scarioca l'orologio. �Su ogni individuo vengono commessi degli omicidi, ai quali siamo impreparati. Molta gente é già morta pur continuando a parlare e ridere. Io ne conosco. Specialmente donne. Strepitiamo per le scortesie, le volgarità, le ingiustizie che subiamo, ma non ci accorgiamo di quello che facciamo subire agli altri. Cerco sempre di riflettere prima 570 di muovermi, non mi basta più contare fino a dieci... a volte conto fino a cento, perché so con certezza che 'gli altri' sono molto importanti. Tutti. L'errore di base nella vita di molti (di noi donne, specialmente) è di non saperci difendersi dai sentimenti, dal farci travolgere, dallo 'sbatterci dentro tutto', in quello che si ritiene essenziale per vivere: "l'amore". L'amore ci vuole, ma a dosi ragionevoli, controllabili. Dovrebbe essere proibito dalla legge, farsi mangiare, dall'amore... anche se è bello, perdersi, nell'amore. Ebbene sì, sono romantica. L'ho capito tardi. Ora, l'averlo capito... la saggezza faticosamente acquisita negli anni, mi serve pochissimo. La metto a disposizione. Ho intenzione di aprire una scuola per mogli. Io me ne intendo. Ho vissuto momenti d'infelicità profonda, totale. So cosa significhi il "non voler più vivere, (contributo non indifferente l'ho ricevuto dal dolore fisico continuo per anni e anni, vedi braccio). Mi sono molto criticata per questo. Ora è "passato". E' lì, 571 nei ricordi. �Non che pensassi di Dario chissà che, ma, ad un certo punto della nostra vita, nelle storie di "ragazze", (per la verità, sempre disponibili e pronte come il Nescafè) non nascondo che trovarlo uguale nella banalità di tanti "maschi", m'ha deluso. Anche se mi sono più volte chiesta: "ma perché dovrebbe essere diverso? Forse perché lo è stato per 25 anni, diverso? Cosa pretendi, che "teoria e pratica" vadano per tutta la vita insieme? Anche i santi cadono in tentazione." E così ho capito che il sesso, (per gli uomini al primo posto culturalmente e ideologicamente) il desiderio di "fare sesso" nell'uomo permane per tutto l'arco di una vita (ci sono novantenni neanche tanto arzilli che davanti ad un bel sedere non resistono ad allungare le mani). C'è chi per il sesso, da via di testa, va in galera, stupri... violenze su minori, incesti, famiglie che saltano... figli di qua e di là. Se Dario, che non ha mai violentato nessuno, (anzi, deve stare attento a non 572 essere lui, violentato) non ha fatto figli fuori casa, (almeno che io sappia) e che non ha nemmeno 9O anni, sente il bisogno d'avere storie con ragazze varie, non mi tormenta più. Non mi secco se va a farsi tagliare i capelli, o dal dentista... Sono bisogni del corpo... e (non voglio essere né volgare, né banale) sicuramente anche del cuore... bisogno di sentirsi qualcuno intorno con cui fare "birichinate" (chiamiamole così. Forse, (non ne ho mai parlato con lui) credo contribuisca anche l'angoscia del sentirsi invecchiare. Sì. E' giusto così. Anche se un tempo, ho voluto morire.E sì, ci sono passata anch'io. E poi tutto, poco per volta, ti è chiaro. Ti è chiaro che hai sbagliato. Tu. T'è parso di non essere più essenziale per il tuo "lui" di non 'contare' tanto, da voler sbattere via la vita. E' pazzesco che in momenti così, non ti salti agli occhi nulla che ti interessi. Non esiste più nessuno. Ti senti più niente. Perché? Chi c'è passato, mi capisce. E poi, eccomi qua, calma. 573 La donna invecchiando (e ragazze, succede a tutte d'invecchiare) si acquieta... (è vero che qualcuna in menopausa dà via di testa, ma è abbastanza insolito). Il segreto è camminare dignitosamente con i propri anni, rispettarsi. Non rincorrere le illusioni... non perdere mai il senso del ridicolo... e anche "comprendere". Molte cose se ne vanno. Quello che rimane, prepotente è il bisogno d'amore da parte di tutti quelli a cui vuoi bene: i figli... l'attenzione di chi ti sta vicino, bisogno di carezze, di dormire abbracciati, di svegliarsi la mattina e dirsi "ciao". Di tenersi per mano, di ridere insieme o di stare in silenzio, insieme, di lavorare insieme. E tutto questo ce l'ho. E giuro, non è poco! Rimpianti? Certo. Struggenti? Un po', ma chi non ce li ha? Se guardo indietro e do una sguardata a questo mare di anni di vita... con Dario... se penso alle tante persone che ho conosciuto... a mio figlio, a Gaia ed Enrica... i loro figli... al piacere di essere nonna di Mattea... mi sento nello stomaco un qualcosa che mi fa 574 venire il magone dall'emozione. Quante cose ho fatto! Quanta simpatia ho sentito intorno a me e, sì, anche rispetto e amore, l'amore di Dario e di tanta gente. Ho avuto molto. Si può ritentare... in un altra vita. Ci stai Dario? �E così... s'è infiltrata tra i giovani il concetto "amore libero"... nei giovani... e anche ... in quelli meno giovani. Tra gli animali, il leone ad esempio, sceglie la femmina per la "vita", il loro matrimonio, pur non essendo celebrato in chiesa è indissolubile. Ma c'è assoluta libertà nel rapporto sessuale... per tutti e due... Quella del maschio per la femmina, la "sua" femmina, è una protezione militare, cioè difesa della vita, non sessuale. Quanti di voi vorrebbero essere un leone?... una leonessa? (ruggito) Fuori la verità! (ruggito). Questo per gli animali... In molti popoli primitivi, l'amore libero è praticato da sempre. Il rapporto sessuale libero! Come vorreste essere un primitivo, 575 lo sento! Il più creativo in fatto d'amore libero fra tutti, è il popolo della Papuasia. Creatività... senza offesa... che non può che essere femminile... Non so se ancora oggi... ma in Papuasia l'hanno inventata bella per fare sesso libero, e lì la donna è padrona e il maschio in soggezione, c'è addirittura la convinzione, che i bambini siano nel grembo della donna dalla sua nascita, voglio dire della donna, ma per crescere... e di conseguenza, nascere, devono essere nutriti... con sperma. Vi immaginate la scena? Ogni volta che la donna... la DONNA!, ha voglia di fare l'amore urla:" il bambino ha fame!! Il bambino ha fame!!" e via... tutti gli uomini della tribù che corrono a nutrirlo... "Adesso basta... ha mangiato abbastanza! Via, andate via!" La cosa più bella, che "il figlio" quando nasce non è figlio tuo e tuo o tuo, non c'è paternità individuale, ma collettiva: il figlio è di tutti! Se Dio fosse stato della Papuasia il paradiso terrestre l'Eva avesse impostato 576 il suo rapporto con Adamo come le donne della Papuasia, pensa te che sconvolgimento! La storia del mondo sarebbe cambiata, così gli usi... i costumi... Che civiltà. �Mao -TZE _TUNG Con "Le-nin le- nin le-nin...ah. . le-nin ah.... Stalin. l'amore a quei tempi si faceva così. Ma sì che lo conoscete mio marito.... è quel tipi non tanto alto...quattro capelli in testa... ventre prominente...beh diciamo che gli batte sui testicolo... le guance gli arrivano qui... denti appena rifatti... disturbi alla prostata...Beh, questo non si vede...ma si sà. Ecco sì...propio quello lì. 1 IL SODALIZIO INFAME! �Sto uscendo da un periodo di almeno 20 anni di coma profondo. Sì, avete capito bene. Coma profondo - in piedi.- Si può? Si può. Guardatevi intorno. C'è un sacco di gente che ha 'sta malattia, il "coma profondo in piedi"... Non li vedete? Nessuno di voi è in coma? 577 (Come a rispondere ad una domanda del pubblico) Com'è il coma profondo in piedi? Io ho sempre camminato, parlato, mangiato, dormito - ma in coma - e profondo Che so...parli con la gente, ma non ci sei - non ti accorgi se c'è il sole o piove - e se c'è il sole, non te ne importa niente. Somatizzi tutto quello che ti succede intorno, senza accorgertene... Stai male da morire ma nessuno lo vede. Sorridi, ma solo con la bocca, così: (esegue) meccanicamente. Non c'è nulla che ti emozioni o emozionerà, nulla che ti squota, che ti interessi, né i figli, il lavoro, le vacanze, il successo, l'amore. Niente. Il tempo passa e niente cambia. Non c'è niente, che ti spinga a fare niente. Cammini, mangi, parli, dormi, ma non ci sei. Dormi sul tuo letto sospesa senza manco toccarlo... tutta tesa. Quando dormi pensi alla morte senza accorgerti di pensarci. Una mattina ti svegli e di colpo ti rendi conto che sì, 578 oggi, lo farai. Ma andiamo con ordine. "Come hai dormito..." mi fa..."Bene.... " "Scendi a fare colazione?"... "No, non subito... (si schiarirsi la voce) Ti devo parlare.... Stiamo calmi però..." "Lui" si siede sul letto passandosi una mano sulla fronte. Ogni qualvolta si affronta questo argomento e lui "sa qual'è", in un secondo è madido di sudore... ma proprio bagnato fradicio. Mai vista una cosa così repentina. Come girare un interruttore. Gli prende un'emozione che gli parte... dal profondo... diciamo della coscienza... sono tutti i suoi sensi di colpa, che gli affiorano insieme: BUM! ecco l'effetto "sauna"! "Caro, vorrei che te ne andassi.... " "Perché?!" Gli manca il fiato. " Non mi va più di stare con te... Non reggo più la vita che stiamo facendo. Negli ultimi 20 anni sei sempre stato innamorato. Sempre di un'altra... e mai la stessa. E d'estate di più. Ed ora siamo in pieno luglio! 579 Non sopporto "più" il tuo evidenziare, senza volerlo per carità, ogni rapporto con l'altro sesso con irrazionali movimenti telefonici... senza misura... e sopratutto senza tenere conto che ho occhi ed orecchie. Va bene che stiamo insieme, ma non stiamo più insieme... da 20 anni. (al pubblico) Io e mio marito non facciamo più l'amore... (A marito) Non mi disturba più il tuo credere di essere innamorato pazzo... perché so benissimo che non sei innamorato di questa o di quella, ma che sei innamorato dei vent'anni che non hai più. Mi disturbano troppo... le scuse che tiri fuori per uscire a telefonare... mi fanno imbestialire perché sono un oltraggio alla mia intelligenza...: "vado dal parrucchiere" - "ma è lunedì..." "Ah sì?..." - pausa - "Ti andrebbe di mangiare del pesce ?"-"Ho gli ossibuchi pronti..."-"Ma m'è venuta voglia di un bel pesce... vado a comprarlo... così mi sgranchisco anche un po'..."-"Sta diluviando ..." "L'acqua fa bene... fa diventare più alti"-"Guarda che a 68 580 anni...non si cresce più..." (al pubblico) Non mi sta già più ascoltando...Una toccatina alla tasca posteriore dei pantaloni per essere certi che l'agendina nera con i numeri dell'amore sia lì... anche la tesserina della Sip... sì, c'è... bene... "Torno subito... Vuoi qualcosa cara?..." e tornava quasi subito... con pesce per 30 persone... non s'è mai saputo regolare con la spesa ... e 24 rose rosa del "nostro" colore... e un bigliettino "Ti amo cara, tanto tanto!!" Il bello è che è vero. E' vero! Lui mi ama. Tanto tanto. Qualche volta mi viene da pensare: "Chissà cosa succederebbe se mi odiasse. Mi trapanerebbe i denti me li strapperebbe ad uno ad uno senza anestesia... le unghie. Al marito: "Tu hai il fuoco di Sant'Antonio nel ..." Mi sono intelrrotta. Non mi piace mai essere volgare in momenti così... anzi, mi disturbano molto quelle donne che perdono il controllo... il senso della misura, che danno fuori, che spaccano 581 oggetti in casa. Per la verità, quando lui ha detto dopo che io gli ho detto del fuoco di Sant'Antonio: "No, guarda che ti sbagli... io..." e si stava avviando alla porta per andarsene... ho sentito nello stomaco una cosa proprio brutta. L'istinto omicida che ognuno di noi ha in fondo all'anima... Ma sì, che ce l'avete anche voi! Dai... Proprio mai avete pensato in un momento di disperazione estrema... di esasperazione estrema, "adesso l'ammazzo"? Non importa chi: il marito, il padre, la madre, il professore, uno stronzo in un momento "no" che vi sbava addosso un complimento troppo pesante... o il capo ufficio... o una ingiustizia... No, no... zitti, zitte!, non dite niente. Ora, mentireste. E se invece non mentite, e siete presi da una improvvisa ondata di sincerità, mi mettete paura. Stiamo calmi. Non vorrei che qualcuno si alzasse e si mettesse ad urlare: "Sì!!!!! l'ammazzo!!!" e via che salta addosso al vicino, alla vicina di poltrona e lo o la strozza, qui in mezzo a tutti. 582 Zitti, calmi e fermi. Continuiamo a mentire per ora, rimandiamo: lo farete questa sera a casa vostra. "E' meglio che ti sieda immediatamente o entro cinque minuti hai la casa distrutta.... rompo tutto il rompibile, vetri compresi e forse rompo anche te." Non ho alzato la voce. Ci conosciamo da quarant 'anni. Capisce che non sto scherzando. Lui torna a sedersi sul letto... si passa la mano sulla faccia sempre più sudata... poi rassegnato si stende... "Ti stavo dicendo che vorrei che te ne andassi. Il nostro, ormai è un sodalizio infame... è ora di romperlo." "Oh, esagerata... perché infame... Io sto bene con te..." "Io no, io non sto bene con te. Sai come mi sento "con te"? Agli arresti domiciliari... da più di vent'anni. Un condannato a morte in attesa di essere graziato. " Lui fa un sospiro proprio di quelli che straziano... pardon, che mi straziavano. E sì... non era la prima volta che dicevo "adesso basta". Non che l'abbia ripetuta tante volte... ma qualche volta sì... 583 Di solito a 'sto punto, mi commuovevo talmente per quello che stavo dicendo... che non riuscivo a trattenere le lacrime... lui sospirava... allungava una mano... "ma io ti amo!..." e io giù a caragnare senza ritegno... "sì...condannata a morte sono!" Mi usciva costruita così la frase...non "sono condannata a morte" ma "condannata a morte sono!" Chissà perché... mi veniva di dirlo alla meridionale. (piange) "condannata a morte sogno... voglio dire... sono..." strisciando lentamente verso di lui millimetro dopo millimetro..., pronta ad essere afferrata tra le braccia incantatrici... "Amore ma perché dici così... lo sai che ti amo... lo sai che conti solo tu... lo sai che le altre sono solo..." - "No, no...lasciami... lasciami... Voglio morire!..." ma ero già con la testa sulla sua spalla e singhiozzavo rilassata... "Micina mia... bambinona..." "Amore... non farmi più soffrire...Ti amo tanto..." "Anch'io ti amo..." E via che tutto ricominciava da capo. No, non finiva con una scopata... Come state pensando. 584 Pardon, volevo dire... non facevamo l'amore... Io e mio marito l'amore non lo facciamo da 20 anni, per l'esattezza da 22 anni. Perché? Non lo so. Non saprei proprio spiegare come ci si sia arrivati... fatto è che ad un certo punto non ci siamo più interessati sessualmente. Veramente non so chi abbia incominciato... A pensarci bene... forse lui. Il fatto è che era scoppiata la "rivoluzione". Sì... sto parlando del 68. Mamma mia è stato veramente un Sessantotto per me! Una gran confusione di pensieri idee ideologie falsi ideali... e le manifestazioni e la polizia e le botte e ragazzi che morivano e le occupazioni e le canzoni... e i ragazzi che morivano e gli operai che venivano licenziati e il blocco dei cancelli alla Fiat all'Alfa e l'amore libero e la liberazione sessuale e i ragazzi che morivano... e il Vietnam e le ragazze di 16 anni col bidet fatto e le mutande in mano pronte come il Nescafé... e le galere e la polizia e le ragazze... e le manifestazioni e le occupazioni e i ragazzi pronti come il 585 Nescafè... e le manifestazioni e le... e ragazzi che morivano... Scusate, mi sono fatta prendere un po' la mano... è che mi è difficile tenere il filo del discorso... Dove eravamo... A sì... che io e lui non facevamo più l'amore... Beh, ora che importanza ha stabilire chi dei due s'è stancato dell'altro o se ci siamo stancati tutti e due... o se uno ha sofferto perché l'altro s'è stancato... Non serve a nulla... Fatto stà che: basta. Abbiamo sublimato il rapporto. Abbiamo chiuso col sesso. Tra di noi. L'abbiamo fatto con altri "sesso". Tutta la pazzia sta proprio qui. Aver accettato che "l'amore" tra noi fosse finito... quell'"AMORE"... e continuare a vivere insieme. Finisce sempre che uno dei due paga un po' di più dell'altro. Purtroppo sono stata io a pagare... e con gli interessi! Attenzione, non è che mi stia piangendo addosso. E' che per una donna è diverso. Lo è veramente. Non abbiamo per niente, i seni prominenti e i fianchi larghi. Veramente ci sono sempre più ragazze con il fisico da ragazzo... se 586 ne vedono sempre meno con i fianchi larghi... Chissà perché...Chissà da che dipende questo cambiamento di razza... forse è genetico. Non so. Dunque dicevo che 'sto fatto di fare l'amore con altri... "Vedi caro"... io sono molto più creativa. Mi muovo meglio... voglio dire... mi sono "sempre" mossa, quando mi muovevo... meglio di te. (QUI E' SALTATO UN PEZZO) Ora sono immobile - qui ho dato giù un po' con la voce, bassa intensa, sofferta... ma attenti, soffrivo davvero immobile come un palazzone orribile... pieno di stanze vuote... pronto per "l'autocrollo"Come mi sia uscita una frase così, di luglio... con quasi 40 gradi e il 95% d'umidità, non lo saprò mai. Ci devo far sopra una canzone... "Disperazione di una donna che sta invecchiando" "Qui... nel palazzo vuoto del mio cuore... ieri... ho avuto... una caldana... tremenda... la prima!Oggi... anche oggi... ancora caldana.. ancora caldana... una caldana tremenda... è 587 finita.... è finita...è finita!Ero un fiore così... rosa verde e lillàe poi... e poi... ho scoperto che vecchia e sola son.. perché... perché...ho un marito coglion!"E' tutto da mettere in discussione, si fa presto a dire marito coglione... (insero codina- menopausapipistrelli, Consigli sulla menopausa, proseguire, pillole cerotti. Continuare insomma.) Il diavolo fa le pentole e non i coperchi. Sono andata a trovarlo, stava fuori Italia per lavoro, dopo sua, più che insistente richiesta "via fax", 11 fogli, per convincermi a raggiungerlo... (che, visti gli avvenimenti del proseguo, mai ne capirò il perché.) che finiva con " Vieni ti prego, ti voglio vedere stare con te amore vienivienivieni." ecc. Vado. Tutto bene, sembravamo persino felici. Come al solito, le cose più noiose le faccio io, (forse m'ha fatto venire per quello): prenotare gli aerei, fare le valigie, pagare il conto... e col conto, mi ammollano 5 fogli con la trascrizione 588 elettronica delle telefonate. Do una guardata ai 5 fogli 5 e mi siedo... Sono molto emotiva... Sto per svenire. Ma sì, lo so che ha la ragazza, lo so che le telefona, ma non vi nascondo che fa una certa impressione vedere nero su bianco, per pagine e pagine ore 23 e 5 numero telefonico mio.... ore 23 e 8 numero telefonico della ragazza... ore 10 e 15 il mio, ore 10 e 21 ... A me, sempre la precedenza... eh... sono la moglie. e via così per telefonate e telefonate... ore 5, e 27 numero della ragazza... Meno male che non ha chiamato me, alle 5 e 20 che lo ammazzavo. Perché la chiama alle 5 e 27?!! Poi ore 4 e 50... ma che cazzo di lavoro fa?... Poi di colpo nessuna telefonata al numero amato: per tre giorni solo telefonate a me e tante, come sempre. Ecco, l'aveva raggiunto. Come in un film a doppia velocità mi sono rivista tutta la mia vita e la sua dell'ultimo periodo attraverso quelle telefonate. E anche tutta la nostra vita. Sono stata 589 seduta una ventina di minuti. Mi girava tutto. Mi sentivo svenire. Come quella volta che eravamo al mare... In quel periodo lui stava "assolutamente" "solo" con me... Eravamo sposati da poco... No, non ridete... per almeno 20 anni mio marito m'è stato fedelissimo. Forse. ��intelligente... ma devo dire che in questi ultimi dieci anni è diventato un po' più pesante dei primi trenta... Non si può dire che sia bello... ma ha un gran fascino... Ma oggi... in questa mattinata dove sono decisa a dire "basta", penso che forse ha ragione mio figlio: sono innamorata di un ricordo. Guardo mio marito... e di colpo lo vedo com'è... non come l'ho "sempre" visto... come è realmente. LA CHIACCHERATA arrivo 4/08/92 La mia idea sarebbe quella di farvi una chiaccherata un pò scherzosa su quello che sta succedendo oggi in Italia sugli scandali, le ruberie, gli arresti in massa 590 come se mi trovassi a sconfinare in un terreno che non è il mio. E perchè? Perche sono una donna, per carità, lo so, i tempi son cambiati, non siam più all'epoca in cui si gridava alle donne che si azzardavano a chiacchierare di politica: vai a far la calza. Lo so che c'è stato il '68. L'emancipazione femminile ci siamo liberate... in tutti i sensi...Specie in quello sessuale, diciamo perfino: cazzo! Ma sotto, sotto, a noi femmine quando si tratta di andare sul politico siamo bloccate..Ci rigurgita il complesso del gineceo..Discorsi di politica anche se scherzosi non sono discorsi da donna. No, non sto esagerando! Fin quando se ne parlotta così in famiglia o in treno, tanto per passare il tempo.."e va beh, passi." Ma appena una donna sale su una pedana, o un palco, dietro un microfono allora senti subito mugugnare: "Ma che vuole quella? Adesso ci tocca sorbirci anche sta Femmina-Politicizzata. Chi l'ha messa su? Di chi è l'amica?" E questo, non dite no... E' un classico....In 591 ogni occasione spunta il tormentone: "Con chi va a letto Quella? Con chi se la fa?" Se una monta un gradino c'è sempre dietro il maschio che regge, spinge!! E questo vale tanto che tu femmina vada a mostrarti in teatro, appari sullo schermo, nel mondo della finanza o nella politica. Ho sentito io un compagno del vecchio PCI, mentre parlava la Jotti commentare: " Si, si, è brava, preparata...E' pure una simpatica signora, fine, ci ha pure dei bei collettini di pizzo, ma io avrei voluto vedere se non ci avesse avuto di dietro il Palmiro...se arrivava al posto di presidente della Camera... "Ma cosa dici?" gli son saltata addosso io.."Quando l'hanno eletta suo marito era morto da almeno dieci anni!" "Si," fa lui "ma vuoi mettere essere la vedova di un Togliatti? Scherziamo? Palmiro è un morto sacro dall'onda lunga!" Beh, ad ogni modo. Vada come vada, io ci provo lo stesso. Come dicevo, vi parlerò di ladroneria e politica. Quasi trent'anni fa con Dario 592 abbiamo allestito uno spettacolo che aveva per titolo: SETTIMO RUBA UN PO' MENO....Più attuale di così!! Allora aveva il suono di una battuta a sfottò IPERBOLICA. Con tutto che, alcuni storici, se pur sottovoce assicurano si rubacchiasse già allora! Forse con un pò più di discrezione. Ad ogni modo in quel tempo noi, come si fa sempre nel TEATRO DI SATIRA, andavamo giù un pò pesante. Si spingeva fino all'impossibile con la fantasia! Avavamo addirittura inventato che nel Cimitero Comunale di Milano si commerciava in cadaveri..si vendevano loculi sottobanco e si speculava sulle tombe..Nel nostro gioco al paradosso avevamo inventato che, grazie a una delibera infame, si stava sgomberando una vasta area del Cimitero di Musocco per farne un bel parco e così far crescere anzi triplicare il valore dei terreni circostanti. Ebbene oggi, l'avrete letto su tutti i giornalei, l'hanno fatto davvero CI HANNO COPIATO..CI HANNO 593 SPUDORATAMENTE RUBATO L'IDEA....E SENZA PAGARCI I DIRITTI DI AUTORE! E sono andati pure oltre! Hanno imposto tangenti con tanto di pizzo su cadaveri per conceder loro il diritto di sepoltura, hanno piazzato tangenti sui funerali, tangenti sulle tombe singole e comulative, hanno riciclato vecchie lastre tombali rivendendole per nuove...Hanno organizzato perfino il reciclaggio delle nuove corone mortuarie..Non era ancora finito il servizio funebre che appositi addetti facevano sparire corbelle di gigli, cuscini di rose, corone rimpinzate di garofani e velocissimi trasportavano il tutto agli appositi negozi di arredi funebri...Perchè fossero rivendute ancora belle fresche per il prossimo cadavere in transito. Spesso, le medesime decorazioni floreali sono state smontate e rimontate in altro ???????? per adornare addobbi di matrimoni e battesimi. Credo che al massimo dei grottesco si sia arrivati nel momento in cui ???del Don Carlos alla Scala ci fu una 594 grande richiesta di fiori confezionati a mazzi di varie misure da lanciare alla fine dell'opera. La richiesta fu esorbitante e improvvisa ma i procacciatori di plausi floreali non si persero d'animo, montarono corbelle e corone giunte fresche di ritorno dai vari funerali..... Così nel grande tripudio del finale Verdiano, nella esclusionissima prima dei VIP, si sono visti piovere dai palchi e da tutto il loggione una quantità incredibile di mazzi, mazzolini e mazzoloni mortuari... addosso ai tenori, alla soprano ai baritoni..che inchinandosi li raccoglievano e li rigettavano festanti sulle teste dei signori e delle signore plaudenti in platea. Certamente i morti a Musocco e al Monumentale nelle loro tombe strapagate, quella notte si son fatti delle risate proprio da morire! A proposito di teatri e di prime ho saputo oggi con gran piacere che in settimana verranno ripresi i lavori per portare a termine il nuovo Grande Piccolo di Milano..Era ora! Siamo in ritardo di due 595 anni! Avrete sicuramente letto delle ruberie che ci sono state...Il progetto iniziale era di qualche miliardo... senenson gia spesi tre volte tanto. Ad un certo punto si sono accorti che sotto ci passava la metropolitana così ogni volta che transitava un convoglio del Metrò, di sopra..per il fracasso e i sobbalzi bisognava smettere di recitare...accennare una piccola danza tanto per mimettizzare...e via da capo. Per attutire il tutto al posto delle solite traversine rigide hanno piazzato duemila traversine di gomma...Così adesso quando ci passa sopra il Metrò..i viaggiatori accusano vibrazioni da ballo di S. Vito HOP, HOP! E anche li si son fatti la cresta: Prezzi maggiorati, Tangenti. Ad ogni modo è certo che entro la fine dell'anno prossimo ci sarà l'inaugurazione...e per il debutto è stabilito che si andrà in scena con: "IL BALLO DEI LADRI" di ?????A proposito di tutti questi scandali, dobbiamo confessare, anzi denunciare che noi del teatro satirico abbiamo più di una 596 responsabilità; siamo colpevoli se non altro di una certa incoscienza..Noi si sale sul palcoscenico, e, pur di strappare qualche risata in più esprimiamo giudizi o sollecitazioni paradossali senza badare a quello che possiamo causare. Nella nostra superficialità ??? in battute spregiudicate dicendoci: "Tanto è tutto solo per ridere mica ci prenderanno sul serio!" E no, invece spesso ci prendono proprio sul serio...manco recitassimo il Vangelo! Tanto per fare un esempio quattro anni fa, con Dario, mettemmo su uno spettacolo agile da recitare quasi improvvisato... a base di provocazioni dirette sul pubblico. Debuttammo, mi ricordo, al Festival Nazionale dell'Unità di Bologna. C'era ancora il vecchio P.C.I...e c'era ancora Natta come segretario. Cominciammo con una specie di elogio assurdo e sperticato in favore del partito socialista....e lo slogan che tirammo fuori era questo! Il P.S.I. guadagna voti ad ogni elezione perchè è più simpatico...ed è più simpatico perchè è ??? I suoi dirigenti sono 597 spacciati, si danno un sacco di botte e rubano a man bassa. Per di più sono veramente vicini alla gente, sanno tutto dei loro problemi più privati ??? ben dire che conoscono le tasche dei cittadini come fossero le loro. Poi ancora, bisogna ammettere che sono ??? non cercano di nascondere la mano come, fanno i democristiani quando vengono sorpresi a rubare "No, non è vero. Ma che s'è messo in testa? Giuro che non ho toccato una lira. Ho giurato sulla Santa salma di Forlani."Al contrario tu sorprendi un socialista con le mani nel sacco..."Ehi ma tu rubi!" E lui "Si rubo! E allora!? Che ci hai da dire?" Sono veramente degli impuniti e e impunibili.Invece VOI COMUNISTI, con sta storia delle mani pulite storica propagata strombazzata su tutti i manifesti in tutti i dibattiti, siete negativi. Guarda qua: "Noi abbiamo le mani pulite!" Beh, mi dispiace, è proprio per questo che non date affidamento. Perchè la gente pensa: "Quei socialisti rubano...questo vuol dire che ci sanno 598 fare, sono spregiudicati, ma anche attivi, creativi..è gente che sa rischiare....e alla fine riesce pure a cascare sempre in piedi... a non farsi sbattere in galera. Ebbene se ci sanno fare per loro ci sapranno fare anche per me quindi, io li voto!Invece quando la gente pensa a Voi Comunisti...così?? per ??? perfino modesti...Esclama: Ma chi si fida di quelli..una razza di moralisti romantici. A parte che mi viene il sospetto che non rubano solo perchè non sono cpaci...e hanno paura....E' gente inaffidabile che non potrà mai andare al governo..Figurati cosa ce ne facciamo di un governo di??..moralisti e pulitini. GENTE DI GRINTA CI VUOLE!! E poi aggiungevamo: spudoratamente al??? a quei compagni attoniti del P.C.I. Vlete divenire simpatici anche voi, avere successo? E allora: rubate! Imparate a rubare, e a truffare dentro e fuori delle Istituzioni, ricattate gli imprenditori, sgraffignate sugli appalti, sui progetti, imponete il pizzo sulle costruzioni, sulle 599 sovvenzioni ministeriali, sugli asili nido e sugli orfanotrofi...MANGIATE! Il vostro nuovo slogan deve essere: "Appropiazione indebita continuata e senza pietà. Basta con le mani pulite!" "MANI ZOZZE E ARRAFFATUTTO!"Un attimo di perplessità e poi è scoppiato un grande applauso. Festoso e compiaciuto. Noi, avevamo scherzato, era logico.... ma era logico solo per noi. Infatti è passato qualche anno.....i comunisti si sono tolti la falce e il martello di dosso..... si sono fatti chiamare con un altro nome meno segnativo, segnativo e: ALLEGRIA! Li avete visti!? Giù a rubare anche loro come socialisti e democristiani di gran mestiere! E tutto perchè noi li avevamo provocati, incitati per gioco! D'accordo......d'accordo. Non è soltanto a causa del nostro incitamento, che si sono buttati, all'?? Siamo ben consci che il fatto di essersi buttati via di dosso quel simbolo austero della falce d martello...così pregno di valori: "Lotta di classe, solidarietà" 600 Il mito glorioso del sacrificio e dell'onestà con tutti i trionfalismi della ?? proletaria..... E come facevi a rubare tranquillo? Anche i vecchi socialisti....fin quando con il simbolo del libro aperto????? se pur in piccolo avevano la falce e il martello???? E qual'è stato il vero, straordinario cambiamento portato da Craxi nel partito socialista? Quello, davvero rivoluzionario di togliere la falce e martello dal simbolo e piazzarci un garofano.....un fiore culinario. Coi chiodi di garofano si fanno stracotti, la ribollita, ogni tipo di cacciagione insomma un fiore simbolo del buon appetito e della grande abbuffata così me li ha spinti e incitati fino alla furfanteria più smodata e inarrestabile. Fino allo sbragamento totale! Fino alla perdita di ogni ritegno. Li ha messi allo scoperto completo.....tanto da trasformarsi in una specie di tirasegno per giudici fanatici della giustizia ad ogni costo. E il paradosso è che questa operazione da 601 ammazzasette si chiamerà proprio "mani pulite" per me l'hanno fatto apposta per sfottere i compagni del vecchio P.C.I.! Vi vantavate delle mani pulite? E allora eccovele! In galera i vostri dirigenti...più intraprendenti e moderni. �INTERVISTA GENTe siamo siatemati alla bellemeglio. Il bambino ha pianto per quattro giorni di fila. Per quanto spirito di adattamento avessimo noi, non riuscivamo proprio a comunicarlo a questo tipo appena nato che non sapeva niente della vita. Comunque faticavamo anche noi a cavarcela e per le scomodità e per la mia totale inesperienza "Piange? Avrà fame" Lo attaccavo al seno, lui ciucciava un po' e poi di nuovo "uhèèè uuuhèèèè!""Oddio, forse è ammalato!" Al quinto giorno decidiamo di tornare in clinica e stabilirci lì. Il nostro ritorno è stato festeggiato dal personale con brindisi e abbracci. S'è scoperto subito la causa degli uhè del bambino: io avevo poco latte e lui aveva fame. 602 Dopo aver nutrito il fantolino, ci hanno sistemati in una bellissima camera vicinissima alla sala parto. Ci siamo addormentati immediatamente tutti e tre ed abbiamo dormito per almeno giorno intiero, finalmente rilassati. Ci siamo insriti molto bene in questa nostra insolita vita, abitavamo lì e cercavamo casa. Come vedevamo in carridoio davanti alla porta della sala parto un padre in angosciosa attesa Dario subito s'informava: "Sa è un parto cesareo!" E Dario: "non si preoccupi, anche Franca ha avuto un cesareo... Vero Franca?" e io "Sì, sì... è una sciocchezza, vedrà" E quello si calmava. E un altro: è messo di piedi"... "Non si preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi... e tutto è andato benissimo. Vero Franca?" Solo quando un padre era preoccupato perché la moglie stava partorendo 2 gemelli siamo rimasti senza parole. Tutti sapevano che avevamo un figlio solo. Ci siamo stati tre mesi in quella clinica. Quanti padri e quante madri abbiamo 603 rinfrancato. Qualcuno ci viene ancora a trovare con i figlio nato proprio in quei giorni. Che benissimo! Finalmente abbiamo trovato una casa in via Bruno Buozzi e ci siamo trasferiti. Una casa piccola con un terrazzo enorme. Nel palazzo vicino al nostro vivevano Roberto Rossellini ed Ingrid Bergam al tempo della loro "colpevole" passione. Avevamo sempre amici fotografi che ci scongiuravano di poter stare nel nostro terrazzo per poter riprendere i due importantissimi innamorati. � ed ero sempre la vamp del cast, la padrona di un night, qualche volta sola, qualche volta con un amante delinquente. Indossavo grepier, calze nere o abiti talmente stretti che spesso me li cucivano lettaralmente addosso al mattino e me li scucivano la sera. Non potevo fare la pipì, non potevo sedermi ed in più mi sentivo frustata dalla testa ai piedi. Ho avuto in quegli anni, due grandi occasioni cinematografiche. Michelangeli Antognoni e Luchino Visconti. Per 604 "Cronaca di un amore" Antognoni aveva scelto me. Io, allora, avevo un grande complesso (complesso che in parte, nonostante varie operazioni ho ancora oggi): ero strabica - strabica, timida e insicura. Nascondevo i miei occhi sotto a degli occhialini lunghi, stretti e scuri. "Lo so che sei strabica, ma per farti fare il film, devo vedere i tuoi occhi. Su... coraggio, togliti gli occhiali". Me lo ha chiesto almeno tre volte, paziente e gentile. Beh, non ce l'ho fatta e la parte la interpretò Lucia Bosé. Visconti si era intestardito su di me, per un ruolo in "senso". Io stavo in tournée con Dario a Trieste. Telefonate sopra telefonate. E mi spiaceva lasciare la compagnia, Dario e mi sentivo come sempre insicura. "Sì, scendo, faccio il provino poi magari mi dicono di no... " "No, ti prende a scatola chiusa gli abbiamo portato tutte le bionde d'Italia, non gliene va bene nessuna. Se vuoi ti mandiamo il contratto. " Niente non me la sono sentita, qualcosa mi ha bloccato. 605 Il ruolo è andato a Marcella Mariani bruna, fragile, ex miss Italia, completamente diversa da me. Visconti aveva cambiato tipo. Il giorno della prima del film a Bruxelles, Marcella Mariani è partita in aereo per quella città. Se io avessi interpretato quel personaggio quasi sicuramente sarei stata al suo posto. L'aereo è precipitato. Tutti morti. Ecco cosa mi aveva bloccato. Il mio sesto senso mi aveva salvato la vita, come è capitato altre volte. Da quel giorno, se qualcosa mi salta nel lavoro od altro, penso che così doveva essere, il negativo diventa positivo "doveva andare così". Nel '57 mi sembra vengo scritturata dal Teatro Arlecchino a Roma, per interpretare un testo di Feydeau che sembrava scritto per me: "Non andartene in giro tutta nuda". Dario scrive per i fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla, un atto unico "Gli imbianchini non hanno ricordi" Ci prende gusto e ne scrive altri. A quel punto gli propongo di 606 ritornare a Milano e farci una compagnia nostra. Interpelliamo Paolo Grassi allora direttore del Piccolo �Nella sua vita c'è stato un altro grande incidente vuole raccontare di Genova? Dovevo tenere all'Italsider il mio spettacolo "Tutta casa letto e chiesa". Arrivai in città la sera prima. Prima di entrare in albergo avevo visto nell'altro lato della strada, una farmaci aperta. Volevo lavarmi i capelli e così avvertii i compagni che mi seguivano sempre, allora, Piero e Roberto: "Vado in farmacia. Torno subito" - "Aspetta ti accompagnamo" dissero loro. Dall'episodio di Milano non sono mai uscita sola. "Ma no, vado da sola, torno subito. La farmacia illuminata e splendente. Io finalemnte libera mi sentivo felice, compravo saponette, detergenti, oltre allo shampoo; mi pareva di essere in vacanza. Con le mie compere in mano uscii dalla farmacia e... mi svegliai al Pronto soccorso dell'Ospedale 607 San Martino. Più tardi seppi che ero stata travolta da un auto guidata da un uomo angosciato e fuori di sé perché era appena tornato dallo stesso ospedale, il San Martino, in cui avevano ricoverato la figlia anche lei vittima di un incidente d'auto. Che jella! Ho passato la prima notte, sulla barella del pronto soccorso. Non c'erano posti letto. Ma tanto io non capivo nulla. Ricordo assai vagamente la corsa dell'autombulanza, e un gran dolore al braccio sinistro , omero fratturato, lamentavo un bruciore al gomito, più avanti a tutto l'avambraccio, poi alla mano. Mi hanno detto che era "causalgia" cioé dolore urente, bruciante. Poi a poco a poco (in due giorni) ho perso sensibilità alle dita, alla mano tutta, al braccio. Insomma paralisi. Un ematoma (toltomi due mesi dopo dal Prof. Morelli, una montagna di abilità e umanità che opera all'ospedale di Legnano) strozzava i tre nervi, ulnare, radiale e mediano. Dopo tre giorni dal ricovero mi ingessarono. Tre 608 ore d'intervento assai difficile, eseguito dal Prof. Roncalli. Sono stata a piangere 24 ore su 24 per mesi e mesi: antidoilorifici potenti e in dosi massicce minacciavano di fare di me una tossicodipendente. Più di una volta ho pensato al suicidio. Mi hanno salvato l'amore dei miei in particolare Dario Iacopo mia sorella, gli amici... Mi salvò il lavoro. Infatti dopo otto mesi d'immobilità decisi di riprendere. Ora, ho imparato a conviviere col dolore, mi sono quasi abituata. Sono passati 14 anni. IL SUO RAPPORTO CON LA RAI Al di fuori del nostro teatro , per la RAI ho fatto per pochissimo "La professione della signora Warren" di Shaw con la regia di Albertazzi e qualche altra partecipazione . . Ora mi piacerebbe poter dare in TV lo spettacolo di quest' anno "L' eroina " e "La donna grassa" Molte madri ci hanno portato i loro figli , mi hanno ringraziata dicendomi: "Ha fatto più effetto a mio figlio il suo spettacolo che cento discorsi 609 nostri" Per la donna grassa ho avuto degli incontri magnifici con donne che si identificavano col personaggio e ne ricevevano forza oltre che gran divertimento. Sono più che consapevole dell' importanza della televisione. Il contatto diretto col pubblico in teatro è insostituibile, ma in teatro raggiungi al massimo centomila persone in un anno mentre invece in televisione mal che vada , in una sera ti vedono almeno due milioni di persone . due volte ho provato sulla mia pelle il potere del mezzo televisivo : la prima é stata con Celentano, la seconda é una trasmissione della Carrà dove dissi che mi separavo da Dario mentre in ascolto c' erano 12/15mila persone: sono cifre che fanno paura. Non bastano dieci vite per una teatrante per arrivare ad un così numeroso pubblico. Quella volta, della Carrà, non avevo assolutamente programmato di dire che stavo lasciando Dario. Lei intervistandomi scherzava dicendo: " Ma è vero che Dario ... . . ma è vero che Dario... . ?" 610 alludendo alle numerose ragazze che sempre gli girano intorno. Lei scherzava, ma io , al quarto "ma è vero che" non ho potuto fare a meno di rispondere: " Sì, è vero, ma è anche vero che l'ho lasciato. " Ho avuto subito la sensazione del clamore che avrebbe suscitato la mia dichiarazione. Fuori dallo studio c'era una giornalista, che stravolta mi ha chiesto:" Ma è vero?!" E' scoppiato il finimondo! Giornalisti mi davano la caccia persino dall'estero. Ho dovuto cambiare albergo. Poi trovavo gente, separata anche tre volte, che mi diceva: " Ma tu non puoi!". Che assurdità! Perché mai io non avrei dovuto potere? E' PENTITA DI AVER FATTO QUELL'ANNUNCIO IN DIRETTA? No, non mi sono pentita, ero depressa, avevo voglia di verità. La Carrà poi, è stata molto simpatica: subito dopo la trasmissione esplosiva, mi ha regalato un servizio per la pìrima colazione con una sola tazzina e tanti auguri. Poi quando Dario ed io siamo tornati insieme 611 (praticamente quasi subito) mi ha inviato anche l'altra. Gentile e spiritosa. L'unica cosa di cui mi sono pentita è l'aver sofferto tanto. Ora, a distanza di anni, mi sono resa conto che la storia forse non era tanto importante come mi era sembrata, tantè che è finita in nulla. Ma è difficile essere sempre lucide e razionali. A volte ci riesco. Altre, no. Mi sono fatta una grande esperienza in fatto di matrimonio, convivenza, ragazze che vogliono tuo marito a tutti i costi, pronte come il NESCAFE', col bidè già fatto... . Potrei aprire una scuola per mogli; mi piacerebbe poter tenere le mie lezioni in una trasmissione televisiva. Chissà quante donne verrebbero a scuola! L'omportante è capire l'uomo con cui stiamo, l'uomo che amiamo, l'uomo al quale teniamo. Capire che tipo di rapporto c'è tra noi. Importante? Indispensabile? In questo caso occorre riflessione profonda. Decidere la strada da prendere che non deve essere quella delle scenate e delle 612 tragedie. Se c'è casino in casa pensa che liberazione andare dalla nuova fidanzata fresca, giovane e sempre allegra. Dobbiamo capire anche che il nostro commpagno sta invecchiando, come noi del resto, (anche se noi donne siamo più coscienti degli anni che passano, accettiamo la maturità, la vecchiaia, per cultura in modo diverso, con maggiore consapevolezza, dignità) avere quindi comprensione per i suoi "ultimi colpi". Fa malinconia? Ci credo e mi dispiace, ma è così. Anche questo è amore a 18 carati. Invece se il rapporto non vale granché... ebbene, lasciatelo andare e che vada a morì ammazzato. Si fa per dire. Sto ovviamente semplificando. L'interrogativo è perché ragazze di 20 anni si mettano con uno che ne ha trenta quaranta più di loro. Naturalmente è sempre uno importante: il grande pittore chirurgo attore cantante regista scrittore ecc. Non si conoscono storie d'amori travolgenti tra una ventenne ed un pensionato dell'Imps. Sì, è vero, il pensionato è molto meno affascinante. 613 Comunque, se un rapporto è importante, ed il rapporto mio con Dariop lo è, è inutile mettersi in mezzo, si diventa solo strumento di divertimento e di piacere dell'uomo. Un'altra volta al suo servizio. Punto e basta. �PARLIAMO DI ALCATRAZ L'anno scorso ad Alcatraz c'è stato un ragazzo particolrarmente difficile, non parlava, sembrava che nemmeno sentisse, non stava ritto in piedi doveva essere addirittura imboccato, accudito da quattro persono che si alternavano nelle 24 ore. (Se non sapete come sono fatti i santi, dovreste conoscere queste assistenti sociali) Per tutto l'anno Adamo, questo è il suo nome, stava in un istituto, istituto che chiude in agosto!!L'Usl non sapeva dove portarlo. Per un mese Jacopo l'ha ospitato. Aveva messo materassi alle pareti e a terra, gli si portava il pranzo in camera, , insomma si cercava di stargli vicino ed è stato per me un momento di profonda emozione quando ho capito che riconosceva la mia voce. Questo è il 614 lavoro di mio figlio, lavoro che porta avanti con gioia e fatica, senza mettersi fiori all'occhiello. Ogni tanto penso che avrebbe potuto scegliersi un'altra strada, che so, disegnare (è un bravo disegnatore satirico) o scrivere ( scrive benissimo) insomma fare un lavoro più vicino al nostro, faticare di meno e forse avere maggiori gratificazioni, ma lui è felice così. E noi con lui. ***fino al '68, alla decisione, presa con Dario di lasciare il teatro tradizionale e di mettere a disposizione il nostro lavoro per sollecitare una presa di coscienza. La simpatia per la classe operaia non bastava più. La lezione ci veniva direttamente dalle straordinarie lotte operaie, dal nuovo impulso che tutti i giovani stavano dando nelle scuole alla lotta contro l'autoritarismo, l'ingiustizia sociale, le spinte per un nuovo rapporto con le classi sfruttate, per creare una nuova cultura. Dovevamo smettere di fare gli intellettuali che, comodamente 615 sistemati dentro e sopra i propri privilegi di casta, si degnano, bontà loro, di trattare anche i problemi degli sfruttati. Dovevamo deciderci a metterci interamente al loro servizio: diventare i giullari degli sfruttati? Questo voleva dire andare a recitare in strutture che fossero gestite da loro, dalla classe operaia. Ecco perché subito pensammo alle case del popolo. Facemmo teatro nelle case del popolo, nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una capanna di via Colletta a Milano, alla famosa palazzina Liberty, sempre a Milano, che ristrutturammo completamente e che poi ci fu tolta. �Sono stati anni di lotte dure, manifestazioni, sindacato, licenziamenti, Vietnam (vedi biografia), feste dell'Unita, e i garofani rossi del P.C.I. ad ogni prima, e Togliatti quando è venuto al Teatro Eliseo 1962 e l'amicizia con Amendola e sua moglie, e le migliaia di compagni che si conoscevano, e gli spettacoli per le fabbriche in occupazione... e ... e...(pezzo manoscritto dietro la pagina numero 5 616 inserto 1 Cinzia) �Ma il mio partito era lì, immobile, senza niente vedere, capace solo di sbraitare contro i gruppi che loro chiamavano gruppazzi... di chiedere che "si facesse luce" ad ogni atto criminale sul quale la luce già brillava a denunziare con evidenza il colpevole... in coda su tutto, arrancante ed elefantiaco... pieno di case del popolo svuotate di ogni ideologia... senza più una biblioteca... dove importante era "incassare" fare soldi. � Il tutto con la persuasione che è inutile sollecitare lo sviluppo di una cultura proletaria, giacché non esiste né può esistere. "Esiste una sola cultura, - dicono quelli " che sanno ", - al di sopra delle classi. La cultura è una, così come è una la una e uno è il sole che splendono indifferentemente per tutti quelli che se ne vogliono e se ne sanno servire. Facemmo teatro nelle case del popolo, nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una capanna di via Colletta a Milano, alla famosa palazzina Liberty, sempre a 617 Milano, che ristrutturammo completamente e che poi ci fu tolta. �Bene, se penso a quei momenti - lì - io oggi - beh - non mi sembra possibile averli vissuti. Oggi - che il coma è finito Io quella là? Io volevo morire. Che scema! Non sono stata normale per anni. Zitta. Non parlavo più. Zitta - anche se parlavo seria anche se ridevo. Senza amore per niente. Per nessuno. Solo quel trascinarmi nelle cose senza entusiasmo. Senza esserci - fino "al fondo" di qualche mese fa. Per giorni sono stata a pensare al modo migliore per uccidermi. All'estero senza documenti. Pastiglie; Macchina-benzina; Overdose-eroina; vene tagliate-bagno; Fon-bagno. Niente mi andava bene. Volevo morire ma non trovavo nessun mezzo che mi soddisfacesse. Sfinita, dopo sette films visti in cinque ore, mi sono presa un libro dei 20 che mi ero portata appresso con un titolo assai lontano da quello che mi sentivo addosso: La coppia amorosa. La sfida delle relazioni umane. 618 Le prime venticinque pagine le ho lette senza fare attenzione ad una sola parola. Come? Torna da capo. Rileggere. Pagina 50 e 100. E: E' finito. Da capo, subito. Ma chi è questo? Che ha scritto ancora? Comprare. Leggere. Rileggere. Sbagliato. Tutto sbagliato. Ho sbagliato tutto. Da capo. Ricominciare da capo. Chi sono? Come mi chiamo? Nome, cognome, coniugata. Figli uno. Cosa faccio? Da dove vengo dove voglio andare. Ricominciare. A.E.I.U.O. A.B.C.D.E.F.G...MAM...MA...mamma...p apà..scuola. Chiesa. Dio. Comunismo. Sole. Terra. Vento. Mare. Amore. IO. IO. TE. Io e Te. IO e NOI. NOI. NOI. A.E.I.O.U. IO. IO. NOI. AMORE. Nome. Cognome. Sesso. IO RACCONTACI IL TUO PRIMO INCONTRO CON DARIO. Le nostre strade s'incontrano ad un certo punto delle nostre vite, ma partono da punti assai diversi. Io nasco da una famiglia d'attori 619 girovaghi, ed ho debuttato ad otto giorni, ne il figlio della "Genoveffa di Brabante", in braccio alla mia mammma. Via via che crescevo, ho interpretato tutti i ruoli possibili ed immaginabili maschili e femminili, finche, dopo i vent'anni ho lasciato la mia famiglia per seguire mia sorella Pia che abitava a Milano in quel tempo ed era prima attrice giovane con Renzo Ricci. Il mio desiderio era di riuscire a mia volta entrare in una compagnia primaria. Un gran salto! Dario invece, studiava architettura al politecnico, e per passione raccontava favole grottesche agli amici, racconta oggi, racconta domani, s'è trovato scritturato nella compagnia di rivista, "Franco Parenti sorelle Nava". Nella stessa compagnia c'ero io. Il capocomico era di Carlo Mezzadri, l'allora marito di mia sorella Pia, che per strada ha lasciato il mestiere d'attrice per aprire una sartoria teatrale. Oggi Pia è una affermatissima creatrice ed esecutrice di costumi teatrali. E' arrivata fino a Las Vega con le sue 620 creazioni. Ha fatto una figlia, ha scritto un libro sulla nostra famiglia, gioca a poker, ama il tennis seguendolo sul teleschermo, la musica classica, legge molto, è curiosa, dimostra un vent'anni in meno di quelli che ha, ma quello che più conta, è che è generosa, spiritosa, caustica, insomma è il personaggio più divertente, poliedrico che io abbia intorno. Ci vogliamo molto bene. Abitiamo nella stessa casa, ci capita anche di litigare a volte, ma ci siamo l'una per l'altra, sempre. E' lì che io e Dario ci siamo incontrati. Lui s'innamora subito di "questa sventola dolcissima", così mi chiamava. Si prende un imbesuimento di terzo grado. S'innamora subito, ma se lo tiene per se. Anzi non mi guarda per niente e se mi guarda non mi vede: come fossi trasparente! Com'è?! Seni tondi, gambe lunghe, capelli biondi eccetera eccetara... piena di ragazzi che mi giravano intorno e lui , 'sto spillungone anche bruttino, (ora è bellissimo!) niente. Non faceva una piega! 621 Non mi guardi? Ti castigo! Una sera, si provava lo spettacolo al cinema Colosseo, l'ho preso per le mani, l'ho messo contro il muro, e gli ho dato un gran bacio, ma proprio un bacio bacio! E mi sono scoperta innamorata pazza. Il "da ridere" è che tutto è successo per scommessa. Siamo andati avanti per due anni tra baci e litigi.... classico degli innamorati, fino al giorno che ci siamo sposati: 24 giugno 1954 in Sant Ambrogio! Dario, metterà una battuta, per il fatto di essersi sposato in chiesa (lui, quasi ateo-marxista) addirittura nello spettacolo "Gli arcangeli non giocano al flipper" : "Sposato in chiesa per accontentare madre di lei molto credente." �Dopo la clamorosa rottura per Canzonissima, la TV ci era proibita, ma c'era sempre il teatro. Nel '63 ci fu il nostro spettacolo su Colombo "Isabella, tre caravelle e un cacciaballe", che quest'anno verrà presentato per le Colombiadi, in spagnolo a Valencia, con la regia di Arturo Corso e anche trasmesso 622 dalla II rete in ottobre. L'anno dopo "Settimo ruba un po' meno" e via via, ogni anno uno spettacolo nuovo, di successo, fino al '68, alla decisione, presa con Dario di lasciare il teatro tradizionale e di mettere a disposizione il nostro lavoro per sollecitare una presa di coscienza. �Non ne parlo volentieri. Sono passati quasi 20 anni, ma mi basta un niente per ritrovarmici dentro di colpo. Nessuna donna che abbia subito violenza sessuale, potrà mai staccarsi completamente da quel momento orribile. Sono stata caricata su di un furgoncino da tre individui e poi scaricata stravolta e sanguinante vicino alla metropolitana di via Dante. Non ho detto a nessuno quello che mi era realmente accaduto. Nemmeno a mio marito. L'umiliazione della violenza sessuale, lo sfregio, era sopratutto per lui e per mio figlio. No, me ne sono stata zitta: più dignitose "le botte". Mi sono tenuta tutto dentro, ma ho sbagliato. Il non averne parlato con nessuno , l'essermi 623 tenuta tutto dentro (anche se tutti avevano intuito quello che realmente mi era successo) mi teneva in una continua tensione. Un caro amico, il professor MACACCARO, che mi era stato molto vicino con gli avvocati in quei giorni così pesanti, mi ha consigliato un' analista donna, ma io non me la sono senita. Dopo tre anni ho deciso di scrivere quanto mi era successo... Senza una parola ho passato i fogli a Dario. Li ha letti. Senza una parola mi ha abbracciato. Finalmente ce l'avevo fatta! Un nodo, il primo, si era sciolto. Poi, in appoggio alla campagna che si stava facendo in quegli anni per l'approvazione di una legge contro la violenza sessuale, ho deciso di portare quanto avevo scritto in teatro. Andai di colpo in scena, senza provarlo (non riuscivo) e senza che nessuno della compagnia lo sapesse. Solo Dario ed io ne eravamo al corrente. All'ultimo momento, invece di recitare "il risveglio" annunciai un brano nuovo." Ho trovato questa testimonianza su di un giornale e ve la 624 recito" Da quella sera ho replicato "lo stupro" (questo è il titolo del brano) almeno duemila volte. E via, anche il secondo nodo si stava sciogliendo. Mio figlio dice: "sei andata in analisi davanti a migliaia di persone." Poi l'ho recitato anche in Fantastico, quello di Celentano. E' andata così. Gli atti di violenza sessuale contro ragazze erano all'ordine del giorno. Processi, stupri, violenze fisiche e morali contro le donne. Sono sempre più impegnata in questo campo. Propongo il brano a Celentano. Accetta. Ci sono resistenze da parte della prima rete, ma lui ha un contratto di ferro. e alle 20, 30 finalmente mi comunicano che prenderò parte alla trasmissione.. La voce è circolata in sala stampa. Due giornaliste vengono in delegazione e mi chiedono una conferenza stampa dopo la trasmissione. Va bene. Eseguo il brano, precisando come sempre che è una testimonianza di una donna che ho trovato su di un giornale. Sono molto tesa. I fotografi non stanno fermi un attimo. Per riuscire ad 625 arrivare alla fine mi devo concentrare completamente. Ci sono dentro in pieno. Soffro come allora. Rabbia, umiliazione, terrore. Un brutto momento. Alla conferenza stampa qualcuno accenna al fatto che quella storia era la mia.( a suo tempo ci fu gran chiasso e solidarietà sui giornali) Ho negato molto decisa ma egualmente qualcuno privo di sentimenti e di rispetto me l'ha attribuita sui giornali del giorno dopo. Per me è stato duro. Fin che la gente non sapeva, diciamo, magari qualcuno lo intuiva ma con me non ne parlavano, io potevo portare quell'esperienza in teatro, ma da quando si è saputo ho deciso di non farlo più. Non avrei potuto, a parte che sarebbe stato anche di cattivo gusto. Sala 8 - 8 - 93 Non è per riprendere vecchi discorsi, ne per recriminare, ma alla tua lettera devo una risposta, per tutti e due. Parto dicendoti subito che non sono in guerra con te. Sono calma e tranquilla, come sai 626 dormo addirittura senza sonnifero, ed erano anni che non succedeva. Ma come ti dissi in una telefonata il giorno del mio compleanno (che per almeno una decina d'anni ho passato da sola - la prima volta è stato per la storia con Maria, la maestra di ginnastica che stava ad Alcatraz) la situazione da marremotata com'è non può più, col passar del tempo ristabilirsi tranquilla, come è sempre successo. "Tra un po' le passa.". Non più, alle stesse condizioni. Per pochi minuti mi occorre la tua attenzione. Fai uno sforzo, ma concedimela tutta. Vorrei che per una volta le mie parole non ti passassero davanti agli occhi, come sempre è capitato in passato, ma che ti entrassero nel cervello. Il contenuto della tua lettera, come tu stesso dici, è identico al contenuto di altre, ripeti le stesse cose che mi dici da anni, e senza offesa, ritengo le tue, lacrime da coccodrillo. Io, con questa mia, cercherò di fare un passo avanti, nell'ultimo 627 tentativo di raggiungere un accordo. Tu: "Non ho mai smesso di volerti bene, anzi di amarti come la persona più cara importante insostituibile che io abbia mai conosciuto"... "sei l'unica donna che conti per me". Beh... per troppe volte mi hai cancellata completamente, (e non sto drammatizzando, ti assicuro) per crederci. Il fatto che tu ti sia dato da fare nel lavoro per aiutarmi, non è così importante per me, dal momento che m'hai tolto l'essenza del rapporto tra di noi, cioè l'amore. Non parlo di quello fisico, anche se è importatnte. E non mi giudicare ingrata. Per le tue storie d'amore chiedi il perdono, vuoi l'assoluzione. Ti perdono, ma non posso cancellare 25 anni di solitudine e morte. (Non l'hai mai provato, quindi non puoi sapere fin dove può arrivare la disperazione. Meglio sarebbe stato morire quando ci ho provato. A tanto sono arrivata, ma tu non ne hai tenuto conto: non sono per te importante come dici, credimi). Peggio per me se non sono stata capace di risolvere la mia vita 628 per il meglio. Non ti posso rimproverare perché hai smesso d'amarmi. Mi chiedi di aiutarti.Volentieri, ma a me, chi mi aiuta? Chiedi di aiurtarti a diventare migliore, sereno e disteso. Devi trovarla dentro di te la serenità, a 'sto punto io non ci posso fare più niente. Non ti chiedo di rinunciare alle tue storie, (hai detto a Ja. che senza ragazze muori) ma se vuoi continuare a stare con me devi viverle con misura, per Dio, senza conseguente perdita di testa e cadute verticali, condite di intollerabili meschinità, perdita di stile, e il tutto sulle mie spalle. E c'è dell'altro: il non tenere conto che faccio questo lavoro da una vita, (64 anni) il farmi osservazioni (e nota bene, solo quando siamo in pubblico. Il culmine l'hai raggiunto con il Ruzzante) come ad una principiante, m'è diventato insopportabile. Non che io disdegni i tuoi suggerimenti, le tue indicazioni per arroganza, no, è che esigo siano intelligenti: non mi puoi 629 spiegare il significato di una battuta traducendomela dal dialetto. E' una vita che preparo la traduzione dei tuoi testa per noi e per Einaudi e per Giunti. Sei ancora lì, dopo 40 anni di lavoro insieme a non aver capito che io, se non so la parte, non parlo. Non sarebbe ora di smetterla di fare il "regista" con me e non mettermi sempre in inbarazzo? Io ti porto rispetto e quindi lo pretendo per me. Questo è il punto a cui è arrivata la nostra situazione. Perché continui a vivere e a lavorare con te, occorre che tarriviamo ad un accordo e rispettarlo. Se non ho la garanzia di non trovarmi mai più in queste tristissime situazioni, donne, lavoro, non ci sto. Se non te la senti di darmi la certezza di poter invecchiare con un po' di serenità, lascia perdere. Non ci dividiamo (una separazione alla nostra età... c'è anche il senso del ridicolo... C'è anche Jacopo al quale non intendo dare più malinconie e dolori) 630 continueremo a vivere insieme come fanno tanti altri disperati. Sì, anche noi, separati in casa! Siamo tanto moderni! Se anni fa mi avessero fatto vedere il film di questa nostra vita, non ci avrei proprio creduto. Pazienza. Non ho rancore alcuno nei tuoi confronti, sono andata oltre... Sappiami dire, tenendo presente che così com'è, la storia, non m'interessa davvero più. LA SINISTRA ARTISTI (!!!) E INTELLETTUALE OGGI Marcare la grande irriducibile differenza di pochissimi, mi riferisco ai “celebri” e il disimpegno qualunquista di tanti “amici” di un tempo… cantanti autori, intellettuali, giornalisti… tutti compagni, che conquistata un po’ di fama e soldi magari tanti tanti, cantando e piangendo con convinzione sulle disgrazie degli “oppressi” hanno blindato la loro vita, “non sento, non vedo” e da lì guardano il mondo e si proteggono avvolti nel muro di Berlino dalle sue pulsioni. 631 quando nasce saccorso rosso? 1970 manca mia regia Carolina bruxelles quando va in scena a Londra L’anarchico? non riesco a leggere il dischetto di Cesenatico cenacolo brera 11 ottobre ‘62 RAI Primo canale “Canzonissima” Dario scrive i testi, dirige con Vito Molinari e presenta con Franca Rame la popolarissima trasmissione legata alla lotteria nazionale. Gli sketches di Fo-Rame diventano un caso nazionale, scatenando violente polemiche. È la prima volta che si trattano in televisione problemi legati alla vita reale come le malattie professionali dell’intera famiglia di una casellante, i muratori che muoiono, precipitando dalle impalcature ecc... Per la prima volta in televisione si odono pronuniciare parole come “mafia”,”morti bianche”, “serrata” e “sciopero”. 632 Il successo popolare è incredibile. La direzione della Rai, sotto la pressione dei politici più reazionari, inizia a dimostrare un certo nervosismo preoccupato e, nonostante i testi siano già stati approvati dal direttore generale dott. Puglesi, iniziano a piovere tagli su tagli. In particolare, uno sketch sulla mafia nel quale una donna siciliana racconta in modo apparentemente paradossale ad un giornalista il susseguirsi di ammazzamenti di sindacalisti, contadini ecc., genera un finimondo. Malagodi, senatore liberale, interviene alla commissione di vigilanza sulla televisione del Parlamento italiano, protestando perché: “Si insulta l'onore del popolo siciliano sostenendo l'esistenza di un'organizzazione criminale chiamata mafia!”. La coppia Fo, Rame riceve anche minacce di morte scritte col sangue e la tipica bara di legno in miniatura. La famiglia Fo (il figlio di sette anni compreso) viene messa sotto scorta dalla polizia. 633 Inizia un braccio di ferro con la Rai sulla censura: poche ore prima che l’ottava puntata vada in onda, la direzione Rai comunica il taglio di tre skechs. Dario e Franca ricordando che erano già stati approvati dal Dott. Puglesi. Propongono come soluzione la sosta di una settimana, (adducendo come pretesto la forzata sospensione causa malattia di Fo), per avere il tempo di rimpiazzare i brani censurati. Durante quest’incontro con due alti dirigenti vengono velatamente minacciati di denuncia per danni e anche di probabile arresto. Con molta tensione, con i loro avvocati attendono la decisione RAI che arriva a 15 minuti dall’inizio della trasmissione. O si va in onda con i tagli o niente. Decidono per il”NIENTE”. Un’annunciatrice a inizio trasmissione comunicherà il loro ritiro. All’uscita del Palazzo della Fiera, migliaia sono le persone che li attendono. Manifestazioni e attestati di solidarietà sono espressi in migliaia di telegrammi, lettere ecc. La Rai 634 tenta, ma non riesce a sostituire Fo e Rame perché tutti gli attori italiani e stranieri come Ive Montan e……………, seguendo le indicazioni della SAI (Sindacato-attori), rifiutano di prendere il loro posto. Cinque saranno i processi a loro carico, una assoluzione, e quattro condanne con richiesta di danni per miliardi che i Fo non pagano. Per 16 anni saranno totalmente esclusi sia dai programmi Rai-TV che dalle campagne pubblicitarie. Per 16 anni il nome Fo-Rame non è mai stato pronunciato. Ricordiamo che Radio e televisione a quei tempi monopolio esclusivo dello Stato democristiano. Dicembre Parigi: Théatre de L'Est Parisien “Mistero buffo” e "Tutta casa letto e chiesa" dicembre tournée di Franca in germania: Francoforte Volksschoschschule di, 635 Deutsches Schauspielhaus di Bochum ed Amburgo, con "Tutta casa letto e chiesa". RAI 2 (20 puntate) “Buonasera con Franca Rame” di e con Fo 1981 - Gli Accademici dell'Università di Danimarca assegnano a Dario Fo il Premio Sonning (Il Nobel danese), premio che Dario dedicherà a Franca. DATA ‘81 Teatro Odeon Milano: “Tutta casa letto…” nuova edizione, e tournée. Franca scrive “Lo stupro” e “Una madre” (problema torture detenuti politici) due monologhi che saranno inseriti in vari spettacoli. PUBBLICAZIONI Einaudi vol I: “Gli arcangeli non giocano a flipper”-”Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri”- “Chi ruba un piede è fortunato in amore” 1997 Torino Collana: Struzzi Einaudi vol II: “Isabella, tre caravelle e un cacciaballe” - “Settimo ruba un po’ meno” 636 - “La colpa è sempre del diavolo” 1983 Torino Collana: Struzzi Einaudi vol III: “Grande pantomima con bandiere e pupazzi piccoli e medi” “L’operaio conosce trecento parole, il padrone mille, per questo lui è il padrone” “Legami pure che tanto io spacco tutto lo stesso” 1997 Torino Collana: Struzzi Einaudi vol IV: “Vorrei morire anche stasera se dovessi pensare che non è servito a niente” “Tutti uniti! Tutti insieme! Ma scusa quello non è il padrone?” “Fedayn” 1997 Torino Collana: Struzzi Einaudi vol V: “Mistero buffo” “Ci ragiono e canto” 1997 Torino Collana: Struzzi Einaudi vol VI: “La Marcolfa” “Gli imbianchini non hanno ricordi” “I tre bravi” “Non tutti i ladri vengono per nuocere” “Un morto da vendere” “I cadaveri si spediscono e le donne si spogliano” “L’uomo nudo e l’uomo in frak” “Canzoni e ballate” 1997 Torino Collana: Struzzi 637 Einaudi vol VII: “Morte accidentale di un anarchico” La signora è da buttare” 1997 Torino Collana: Struzzi Einaudi vol VIII: “Venticinque monologhi per una donna di Dario Fo e Franca Rame” 1997 Torino Collana: Struzzi Einaudi vol IX: “Coppia aperta, quasi spalancata” di Dario Fo e Franca Rame e altre quattordici commedie 1997 Torino Collana: Struzzi Einaudi vol X: “Il Papa e la Strega” e altre commedie 1997 Torino Collana: Struzzi Einaudi vol XI: “Storia vera di Pietro d’Angera, che alla crociata non c’era” “L’opera dello sghignazzo” “Quasi per caso una donna: Elisabetta” 1997 Torino Collana: Struzzi Einaudi vol XII: “Non si paga! Non si paga!” “La marijuana della mamma è la più bella” “Dio li fa e poi li accoppa” “Il braccato” “Zitti! Stiamo precipitando!” “Mamma! I sanculotti!” 1998 Torino Collana: Struzzi 638 Einaudi vol XIII: “L’eroina” “Grasso è bello!” “Sesso? Grazie, tanto per gradire” 1998 Torino Collana: Struzzi Einaudi: “Mistero Buffo” 1997 Torino Collana: tascabile Stile libero (con video) Einaudi: “Manuale minimo dell’attore” 1997 Torino Collana: tascabile Stile libero Einaudi: “Marino libero! Marino è innocente!” 1998 Torino Collana: tascabile Stile libero Einaudi: “Il diavolo con le zinne” 1998 Torino Collana: Collezione di teatro Einaudi: “La signora è da buttare” 1977 Torino Collana: Collezione di teatro Einaudi: “Morte accidentale di un anarchico” 1982 Torino Collana: Nuovi Coralli Einaudi: “Lu Santo Jullàre Françesco” 1999 Torino Collana: Stile libero (Cofanetto video-libro) Einaudi: “Gli arcangeli non giocano a flipper” “Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri” “Chi ruba un piede è fortunato in amore” “Isabella, tre caravelle e un cacciaballe” “Setttimo: ruba un po’ 639 meno” “La colpa è sempre del diavolo” 1966 Torino Ed Kaos: “Parliamo di donne” 1992 Milano Ed Kaos: “Fabulazzo” 1997 Milano Ed Panini: “La vera storia di Ravenna” 1999 Modena Ed Il Girasole: “La fine del mondo” 1990 Valverde (CT) Ed Garzanti: “Teatro comico di Dario Fo” 1962 Milano Ed Giunti: “Johan Padan alla descoverta de le Americhe” 1992 Prato Ed Garzanti: “Non tutti i ladri vengono per nuocere” 1971 Milano Ed La Comune: “Parti femminili” “Una giornata qualunque” “Una coppia aperta” 1987 Milano Ed La Comune: “Il ratto della Francesca” 1986 Milano Ed La Comune: “Fabulazzo osceno” 1982 Sesto San Giovanni (MI) Ed La Comune: “Storia vera di Piero d’Angera, che alla crociata non c’era” 1981 Milano 640 Ed La Comune: “Storia della tigre e altre storie” 1980 Milano Ed La Comune: “L’opera dello sghignazzo” 1982 Milano Ed La Comune: “Clacson, trombette e pernacchi” 1981 Milano Ed La Comune: “Titta casa, letto e chiesa” 1981 Milano Ed La Comune: “Non si paga! Non si paga!” 1974 Milano Ed Bertani (La Comune): “Tutta casa, letto e chiesa” 1978 Verona Ed Bertani (La Comune): “La marijuana della mamma è la più bella” 1976 Verona Ed Bertani (La Comune): “Non basta una bandiera, dietro ci vuole un popolo e davanti ci vuole un partito” 1973 Verona Ed Bertani (La Comune): “Morte accidentale di un anarchico” 1972 Verona Ed Bertani (La Comune): “Il Fanfani rapito” 1975 Verona Ed Bertani (La Comune): “Ma scusa, quello non è il padrone?” 1972 Verona Ed Bertani (La Comune): “Pum, pum! chi è? La polizia!” 1973 Verona 641 Ed Bertani (La Comune): “La Giullarata” 1975 Verona Ed Bertani (La Comune): “Ci ragiono e canto 1” 1972 Verona Ed Bertani (La Comune): “Ci ragiono e canto 2” 1972 Verona Ed Bertani (La Comune): “Ci ragiono e canto 3” 1973 Verona Ed Bertani: “Ballate e canzoni” 1974 Verona Ed Bertani (La Comune): “Mistero Buffo” 1977 Verona Ed Bertani (La Comune): “Mistero Buffo” 1973 Verona Ed Sapere (La Comune): “Morte e resurrezione di un pupazzo” 1971 VareseMilano Ed Mondadori: “Gli imbianchini non hanno ricordi” 1977 Milano Ed Nuova Scena: “L’operaio conosce trecento parole, il padrone mille, per questo lui è il padrone” 1969 Cremona Ed Mazzotta: Il teatro politico di Dario Fo “Mistero Buffo” “Isabella, tre caravelle e un cacciaballe” Franca Rame: da 642 “Isabella” a “Parliamo di donne” “La sigla televisiva” 1977 Milano Ed Mazzotta: Il teatro politico di Dario Fo “Compagni senza censura: “Mistero Buffo” “Legami pure che tanto io spacco tutto lo stesso” “L’operaio conosce trecento parole, il padrone mille, per questo lui è il padrone” “Isabella, tre caravelle e un cacciaballe” “Pum! Pum! Chi è? La polizia” 1° Volume 1977 Milano Ed Mazzotta: Il teatro politico di Dario Fo “Compagni senza censura: “Tutti uniti! Tutti insieme! Ma scusa quello non è il padrone?” “Vorrei morire anche stasera se dovessi pensare che non è servito a niente” “Morte accidentale di un anarchico” “Fedayn” 2° volume 1977 Milano Ed Ridotto (Mensile di teatro): “Quasi per caso una donna: Elisabetta” 1984 Roma Ed Ridotto (Mensile di teatro): “Dio li fa e poi li accoppa” 1986 Roma Sipario (Mensile di teatro): “Settimo: ruba un po’ meno 2” 1992 Milano 643 Fra gennaio e maggio 2000 diverse città italiane ospitano la mostra degli arazzi per ricordare le “stragi di Stato” Ma la donna avrà compiuto per intero la sua “missione” quando riuscirà a riprendersi il posto che le spetta: il governo totale del Paese, la conquista della dignità e del rispetto per tutte. E perché mai ciò dovrebbe accadere? Perché noi, picchiamocelo bene in testa donne, a martellate, siamo esseri superiori. Sì avete capito bene. Superiori! Chiediamo agli uomini le “pari opportunuta”, senza renderci conto che dovremmo essere noi a doverle concedere a loro. Non sono impazzita ne mi sono montata la testa. Noi siamo in grado di far “miracoli”, e non è il miracolo di arrivare a fine mese. Ma un grande vero miracolo. 644 Gli uomini possono essere i più potenti del mondo, muovere eserciti, bombardare, massacrare migliai di innocenti, torturare, ma solo noi, noi donne, abbiamo la possibiltà di fare qualcosa a cui loro, con tutta la loro boria, non potranno mai arrivare: CREARE UNA VITA. E se non è un miracolo questo… Il movimento femminista ha il grandissimo merito di aver sconfitto l’oscurantismo padrone (il termine esatto sarebbe imperante, ma mi fa schifo) del nostro Paese che ci voleva ad occhi bassi “onorate” di essere sfruttate, picchiate a sangue dal buon padre, dal buon marito, violentate in famiglia e fuori, relegate, sottomesse, silenziose. Abbiamo vinto battaglie straordinarie, (scusate questi due termini insopportabili, ma non me ne vengono altri) assai costose 645 per l’impegno assoluto, il sacrificio e la totale dedizione, ALTRA STESURA CHE HO SCARTATO. Alcatraz 8 agosto 2004 Una luna esagerata. Settembre. Da fuori viene un’aria ancora tiepida. Guardo il cielo e le sue stelle. Tante e non mi danno nulla. Il giorno è lontano. Non ho sonno. Gli occhi mi bruciano, ma non ho sonno. Sono rientrata da poco. Ho recitato un po’ distratta, col pensiero in questra cameretta. Mi appoggio meglio alla poltrona. Ho posato in grembo il detergente per il trucco. I clinex. Inizio a struccarmi con sospiri lunghi. Di quelli che ti sconquassano l’anima. Non avrei voluto mai vivere questo momento. La guardo. Lei è lì che sta faticando per morire. Un rantolo costante da giorni ci segue in ogni stanza. La sua mano che tengo più che posso nella mia, è tiepida, se non fosse per quel respiro strozzato che le esce e le labbra 646 spaccate per l’arsura potrebbe sembrare una bellissima anziana signora addormentata. Sì, mamma, ora te le inumidisco. Da una tazza prendo la garza intinta nell’acqua, delicatamente gliela passo sulle labbra. Sulle gengive. Qualche goccia sulla lingua. Mi sembra che ne succhi un po. Chissà. Sono qui, mamma. Sono qui, dammi la mano. La casa dorme. Anche l’infermiera della notte, riposa. In questi lunghi solitari silenziosi momenti il pensiero fa salti qua e là nella nostra vita. La mia famiglia. Non ho conosciuto nessun nonno e da piccola invidiavo le bambine che li avevano. Cerco di immaginare mia madre tra i suoi. Il padre ingegnere del comune di Bobbio, o forse solo geometra, la madre casalinga. Undici figli: sette femmine quattro 647 maschi. Poveri come l’acqua, dignitosi, di una certa classe sociale, ma troppe bocche da sfamare e da far studiare. Maschi e femmine non potevano mai uscire tutti insieme: mancavano le scarpe. L’Emilia, la mia mamma, a 17 anni diventa maestra. Per quei tempi era già tanto. La mandano a insegnare in una scuola sperduta in montagna. Viene ospitata da un giovane cugino prete. Il povero pretino si innamora perdutamente di lei. Per quanto cercasse aiuto nel Signore un bel momento, bruttissimo per la giovane cattolica, fervente e praticante Emilia, le palesa il suo perdimento. Tenta pure di baciarla. Vola un ceffone sul faccino pallido dell’impunito e quasi soffocando per l’indignazione, l’integerrima maestrina, se ne torna a casa che era già scuro. E c’era pure la neve. Questo avvenimento è rimasto nella testa di mia madre, indelebile. Fotografia mai ingiallita. Credo sia stato l’unico momento “vergognoso” come lei lo definisce, della 648 sua vita. “Ma mamma, quel povero pretino, in quel paesino sperduto in momtagna… potevi anche darglielo un bacino…” le dicevo ridendo. “Mai. Si vergogni!” Chissà da quanto è morto. “All’inferno, sarà certamente all’inferno!” A 85 anni, e non era la prima volta a Cesenatico, chiede di confessarsi. Dario, in bicicletta va a chiamare il prete. Lo vedevamo tutte le estati, sempre a confessare mammà. Aperto, intelligente, un buon cristiano. Li lasciavamo soli. Parlottavano per una mezz’oretta. Lei, seduta, compunta, seria, con gli occhi bassi come se provasse vergogna. Lui la rincuorava con la bocca piena di biscotti. Li spiavo dalla finestra sciogliendomi di tenerezza. Quando usciva gli chiedevo: “Ha vistio che peccati tremendi ha fatto la mia mamma? E’ sempre quello eh… il povero pretino… e il ceffone…” Lui se ne andava ridendo intascando l’offerta per la chiesa. In bicicletta. 649 Di mio padre si innamora poco dopo la storia del pretino. Me la immagino. La vedo giovane, bellissima. E quando dico bellissima voglio proprio dire "bellissima" senza un ombra di aiuto. (Nessuno di noi, quattro figli, pur assomigliandole, s'è avvicinato a tanto). Arriva il principe azzurro. Mio padre Domenico Rame: "marionettista girovago" con il suo carro, il fratello Tommaso, la sorella Stella, il padre Pio, grande estimatore di Garibaldi tanto da portare una barba come la sua. L'unico ritratto in nostro possesso lo raffigura vestito e somigliante all'eroe! A quel tempo, in un paesotto come Bobbio, l’arrivo delle marionette era certamente un evento. Si conoscono a carnevale ad un gran ballo, le sette sorelle Baldini con costumi d’epoca cuciti da loro stesse, folgoravano, sotto lo sguardo attento di tutta la famiglia i maschi presenti. Lui… il mio papà … “Era bellissimo! Aveva un costume 650 azzurro… M’ha invitato a ballare sette volte. E mi stringeva anche!” cinguettava mia madre illuminata dal ricordo. Fulminati. Lui, finita la stagione in quel di Bobbio, se ne va. Lei sicuramente piangeva. Dopo un anno di lettere d’amore il Domenico torna. Si sposano con grande scandalo della famiglia e del paese. E sì, perché tutte le altre sorelle erano fidanzate con professori, giudici, impiegati di banca. Lei no: il marionettista, col suo carro e senza fissa dimora. Altro che scandalo. Bellissima, giovane, innamorata, cerca con tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova vita, tanto diversa da quella che aveva condotto sino a quel giorno. Aiuta la famiglia come può. Non sa manovrare le marionette, ma si ingegna a cucire vestiti, e rinnnova tutto il vestiario delle pupazzi di legno. E’ molto orgogliosa di quello che fa. Più avanti, dirà qualche battuta. Con l'avvento del cinema (1920) i due fratelli intuiscono che "il teatro delle 651 marionette" sarà presto messo in crisi, schiacciato da questo nuovo magico mezzo di spettacolo. Decidono un cambiamento radicale (con grande dolore del nonno Pio): “Entreremo in scena noi, al posto delle marionette, reciteremo noi i nostri spettacoli". Così mio padre con l’Emilia, la zia Stella, lo zio Tommaso con la moglie Maria, si sostituiscono ai pupazzi di legno, vere e proprie sculture, tre delle quali sono esposte al Museo della Scala di Milano. Debuttano nel teatro di" persona", recitano loro stessi i testi, i personaggi che avevano fino allora interpretato muovendo e doppiando le marionette, e lei, la mia mamma, diventa la prima attrice della compagnia. Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li aiutava a studiare, si occupava della casa, e come una più che provetta casalinga (a tutti gli effetti) teneva l'amministrazione della compagnia come fosse quella di un normale menage familiare. E alla sera, via!… e Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la Fantina dei Miserabili, tutti 652 ruoli che via via, abbiamo interpretato anche noi figlie e le cugine Ines e Lucia. Mi vedo a percorrere l'apprendistato dei teatranti interpretando tutti i ruoli che crescendo erano adatti alla mia età, maschili o femminili che fossero. Il vantaggio della compagnia di mio padre rispetto alle altre compagnie di giro, (così si chiamavano le piccole compagnie di provincia) è l'invenzione di impiegare tutti i trucchi scenici del teatro magico delle marionette, nel "teatro di persona": montagne che si spaccano in quattro a vista, palazzi che crollano, un treno che appare piccolissimo lassù, nella montagna e che man mano che scende s'ingrandisce fino ad entrare in scena con il muso della locomotiva a grandezza quasi naturale. Mari in tempesta, nubi che solcano minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che vola, scene in tulle in proscenio, che illuminate a dovere ti facevano vedere come il paradiso. Insomma tutti gli espedienti tecnici dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva 653 ancora, dentro la scenotecnica delle marionette. Soltanto che in quel teatro tutto era stato miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire una operazione da Gulliver alla rovescia: da minuto che era, ingrandire ogni oggetto, aggeggio, marchingegno fino a renderlo simile alla realtà. In questa nuova veste la compagnia di mio padre realizza un successo insperato. Si lavora tutte le sere, 363 giorni l’anno. Si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre. O se c'era il funerale di un defunto importante del paese: il prefetto, il podestà, il dottore, il prete il farmacista. La domenica, la compagnia si divideva in due e si faceva doppio spettacolo, pomeriggio se sera. Mio padre, il capo, con il ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo dell'antagonista o del comicobrillante a secondo dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia; le mogli, i figli, gli attori scritturati, i dilettanti, gli amici componevano la nostra 654 compagnia. Giravamo cittadine, paesotti e paesini del nord Italia su di una corriera che chiamavamo "Balorda" a causa del comportamento bizzarro che aveva, che più che al suo cattivo carattere andava attribuito agli anni. In certi paesi nei quali ad una certa ora del giorno si passava, nei turnichè particolarmente ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci aspettavano. Ci spingevano fra tante risate, poi la sera ci raggiungevano ed entravano a godersi lo spettacolo gratis. "Siamo quelli che abbiamo spinto." "Passate". Mio padre, amava la Balorda, e zingarone com'era, gioiva tutto nel vedersela rilucente di colori sgargianti. Mia madre, la maestrina-cattolica-di buonafamiglia ogni volta che lui le cambiava colore: "non sposeremo mai le nostre figlie!" lamentava col pianto in gola. "Hai ragione Milietta… domani le cambio colore". E l'indomani quando "Emilietta" si affacciava in cortile, ecco la Balorda ridipinta… d'argento! Si ritirava bisbigliando ormai rassegnata: 655 "Non sposeremo mai le nostre figlie!" Cos’è?… m’ha stretto la mano?… Trattengo il fiato. Giro appena la lampada del comiodino. No, mi è solo parso… Ma forse… Che debbo mai aspettarmi, in che spero? Ha 88 anni, è in coma profondo da oltre 20 giorni. Fuori è ancora buio. Guardo l’ora. E’ passato poco tempo. Com’è che la mente ti porta davanti agli occhi storie di una vita in un attimo? Finisce la guerra. Bombardamenti non ne avevamo avuti. Qualche bomba sulla fabbrica di aerei: la Macchi, alla periferia di Varese, a Masnago. Masnago… Ricordo una notte che stava tornando a casa dopo lo spettacolo e veniamo fermati, sia noi che tutti quelli che passavano per quella strada dopo di noi, da un gruppo di fascisti e S.S. Ci hanno fatto entrare in un cortile, (era quello dove abitava uno dei nostri dilettanti, chiamato "Luigino-cassada morto”, perchè suo padre le fabbricava) 656 dove siamo stati per ore bloccati. Solo all'alba ci hanno lasciati andare. Non è stato per niente drammatico, per noi giovani. Dopo poco la serietà degli adulti l’abbiamo buttata dietro le spalle. L'aria, era di festa. La mamma del Luigino-cassada-morto, ci aveva offerto qualcosa da mangiare. Si parlava, si rideva, nonostante i tedeschi e i fascisti con i loro mitra, giù nel cortile. “E’ arrivata altra gente… stanno fermando tutti.” Cominciamo ad avere sonno, si parla e si ride di meno. Si sà, i giovani trovano sempre la maniera di di superare le tensioni. Sarebbe però questa strana notte finita in tragedia se quell'alba avesse portato la notizia di una missione tedesca andata male. Ci avrebbero fucilati tutti. L'abbiamo saputo qualche giorno dopo. L'abbiamo scampata. Altre volte, capitava che ci fermassero dei partigiani. Non dicevano "siamo partigiani" ma erano in borghese con i mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio?" Ci strigevamo e li facevamo salire e via 657 che si riprendeva a cantare. Più avanti, a volte capitava d'incontrare un picchetto di fascisti che ci fermavano, non chiedevano i documenti. Ci conoscevano. Avevamo un permesso speciale per il coprifuoco. "Buona sera signor Rame. Com'è andata?" "Benissimo!" "Buona notte”. Ce ne andavamo riprendendo a cantare col fiato che si strozzava in gola. “Come va?” “Bene, dorme…” Non mi veniva di dire COMA. Dario mi dà un bacio. “Va a dormire, ci sto io.” “Non ho sonno…” Come se ne va mi mettevo a piangere. Che momento orribile. Appoggio la testa. Poi mi rimetto dritta. Ho paura di addormentarmi. "E' ora che Franca incominci a recitare, ormai è grande”. Avevo 3 anni." E’ mia madre che parla. Me la ricordo mentre mi insegnava la parte: "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot-a mot, parola per parola. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in 658 famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva interpretato da mia sorella Pia in "La passione del Signore" atto V, orto dei Getzemani. "Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti! Pentiti!” recitava Pia e io dovevo ripetere gridando subito dopo la stessa battuta: “Pentiti! Pentiti! Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore!” Non era una gran parte, non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e ancora "ripeti" diceva la mamma, paziente mentre pelava le patate per il minestrone. "Ripeti!" Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima. Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle. Seppur credente non andava mai in chiesa ma aveva il famoso cugino prete. Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre, ormai 659 entrato nel gioco, mi fabbricò una coroncina di lampadine con una pila infilata nelle mutandine, e me la mise in testa. E' ora d'andare in scena e tutti: "Ma che bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda e io, lì pronta con le mie ali e le lampadine in testa. Non mi avevano fatto fare nessuna prova. Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti-pentiti…". Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva immaginare fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa… gli occhi che lanciavano saette tra un minaccioso tuonar e lampeggiar, che 660 disperato gridava: "possano i corvi divorarmi le budella, le aquile strapparmi gli occhi!" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua", mi fece un terribile effetto. Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando?! Ero stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella, solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i colori! Una sfuriata in piena regola che trascinava il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera. "Ma cosa sta capitando? Perchè lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare. Mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentori, le sue labbra ripetevano pentiti pentiti. Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose. No, io no, allo zio Tommaso non dico proprio un bel niente! Non so cosa gli sia capitato, poverino. Forse è impazzito. Anzi. A 661 piccoli passi, camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai, proprio fuori di testa. Dio che paura! Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci. Insomma cercavo, con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico. Pia era ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prospettavano niente di buono. Lo zio-Giuda si blocca per non più di cinque secondi, lo giuro. E poi con voce profonda (intanto con la mano solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice: “Dio, sei grande! A questo orrendo peccatore mandi il conforto... un piccolo angelo… mi tendi la mano… No, no, non me lo merito!” e , dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto “M'impicco! Dov’è l’albero più alto? 662 M’impicco!!” Deve usare un po' di forza per liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo andare ad impiccarsi. Cosa vuol dire impiccarsi? Non lo sapevo ma ero certa fosse una cosa brutta. "L'albero più alto… dov'è l'albero più alto… Lasciami andare angiolino… Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di scena. Mia sorella (l'unica volta nella sua vita, credo) non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue. Grande applauso. Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni. Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a infastidirmi la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio, raddrizzandomi la coroncina di lampadine che nel trambusta stava per cadermi, con voce chiara e mesta, quel tanto che serve dico “S'impicca! Non s'è pentito… Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore… Non s'è 663 pentito!" e via che esco. Ce l'avevo fatta: l'avevo detta tutta! Da allora in poi, "La passione del Signore" ha sempre avuto due angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio. E tutti giù a piangere. “Signora, vada a dormire, è mattina.” E’ l’infermiera del turno di giorno. Mi corico vestita. “Mi raccomando, mi chiami se…” E’ ora di pranzo. Tutta la famiglia riunita. La mia testa è divisa in due pensieri fissi: lo spettacolo all 15 al Teatro Odeon, mia madre in agonia. So che andiamo a pochi. Lo sento. L’infermiera arriva da laggiù. Senza complimenti mi chiede: “Ha un fulard?” Domanda bizzarra. Non capisco. Mi fa un gesto veloce che dal mento va alla testa. Mi occorre qualche secondo per afferrare il senso della sua richiesta. Corro da mia madre. Nulla è cabiato. Me la guardo per un po’. 664 Da anni mi son sempre detta: Lei deve morire con la sua mano nella mia. Ma ora, sprofondata in questo sonno senza coscienza, non servo a nulla. Mi strazio e basta. Ci siamo quasi. Un lungo bacio. Ho finito le lacrime. “I vestiti…. Datemi i vestiti.” Dico a fatica. Mi vesto sul pianerottolo, mentre viene chiamato l’ascensore. “Vuoi proprio andare a lavorare?” “Sì Dario, tornerò in tempo.” Arrivo a teatro, mi trucco, mi vesto. Silenzio assoluto intorno a me. Vado in scena. Faccio fatica a non scoppiare a piangere a quel grande applauso che mi accoglie. Via che vado. “Tutta casa, letto e chiesa”. Monologo comico. Le risate arrivano, gli applausi anche. Tutto normale. Guardo in quinta di quando in quando. Solitamente mio fratello Enrico, è lì. Non c’è. Intervallo. Non chiedo. Nessuno parla. Secondo tempo. Vado avanti a macchina. Giro la chiavetta della professione. Mio 665 fratello non si vede. Tiro fino in fondo. Come si chiude il sipario, mi sento male. Mi portano in camerino. La gente batte le mani. Ma chi ce la fa ad uscire a ringraziare? Chiudono il sipario di ferro. Gli applausi continuano. La gente non sa e non capisce cosa stia succedendo. Arriva ungram silenzio a un tratto. Mi sono rispresa. Sento Roberto Anselmino, il direttore di scena che parla: “Scusate ma Franca non può uscire. E’ morta sua madre. L’ho saputo così. Quando sono uscita davanti all’ingresso degli attori, c’era tutto il pubblico, più di mille persone ad aspettarmi. Tutte lì, in un silenzio che non dimenticherò mai. E’ il 4 ottobre. San FRANCESCO. Medico per il certificato di morte. Telefonate. Gente. Amici. E io che parlo, parlo ad alta voce. Ma proprio alta. Non so perché. La notte, il giorno del funerale ho continuato il tragitto nella mia vita con la 666 mia famiglia. Era un modo come un altro per averla ancora con me. PREFAZIONE LIBRO V Alcatraz Prefazione a SETTE UNIVERSI DI PASSIONE. Turbata, corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura angoscia, commozione, furore, amore, solitudine, felicità piccole e grandi... inaspettate, attese, così i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazioni, quello che sto provando ora, non c'e. Che mi sta capitando? Una voce maschile educata al telefono, mi propone con grande gentilezza la prefazione a un libro. Ne parla entusiasta. Sto attraversando un momento nero. Non ne ho voglia alcuna. E’ una vita che per amore o educazione leggo testi di altri. Non so come uscirne. “Grazie… ma non posso prometterle niente, mi mandi pure le bozze… le farò avere una risposta.” 667 Riattacco certa di un mio prossimo educatissimo “No spiacente, ma proprio...” Quando m’arriva il testo, lo sbatto nella borsona che mi accompagna sempre. Mi trovo da Jacopo, mio figlio. Un verde intorno pazzesco col quale non ho filig alcuno. La mattina mi sveglio e devo fare molti sforzi per superare la voglia di tirarmi il lenzuola sulla faccia e non muovermi più. Estate bizzarra. Tempo mutevole. Ora piovere. Magnifico! Il cielo scuro, di mattina presto è in sintonia con il mio umore. Che fare? Mi ritorna in mente il libro. Di malavoglia lo prendo. "Sette universi di passione" di Aida Stoppa. Universi di passione! Ha detto niente questa. Dio, come mi sento antipatica, negativa.. Il titolo non mi sollecita. Senza interesse leggo il sommario: 668 Ipazia e la rete d’oro. Teodora e i potere. Teresa e il castello interiore. Emily e la solitudine. Isadora e lo spirito della danza. Frida e la passione dell’immagine. Scorro quanto dovrebbe finire in controcopertina. Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita "menata" femminista social-politica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, esibenti, compiaciute dello loro sfoggiar "cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta, senza la minima preoccupazione di essere capite (mi riferisco agli anni 70) da chi avevala necessità urgente di “capire”. Tutte protese a correre sgomitando per essere lì, pronte a “brancarsi" il posto di comando. Contare. Dirigere. Liderscippare. Vestite di finta umiltà e sorellanza. E in nome della sorellanza alla prima occasione confermavano quello che da 669 anni andavo constatando e dicendo frutto di storie e storie e storie di donne di ogni età, cioè: “la peggior nemica della donna è proprio la donna”. Fra queste sette donne mi scelgo il nome che mi suona meglio. Teresa. Pagina… E chi sarà mai sta Teresa con il suo castello interiore? Parto a leggere indifferente e diffidente. Oh bella, guarda chi si vede: Teresa d’Avila. Mi era stato proprosta anni fa dal prof. Marotti, docente di storia del teatro alla Sapienza di Roma, di portare questo fantastico personaggio in scena. Me l’ero studiato bene. Letto libri su libri. Poi non se ne è fatto niente. Mi fa effetto ritrovarmela sotto gli occhi dopo tanto tempo. Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. M'ha coinvolto la chiave di scrittura. Sono biografie ma l’autrice interpreta il personaggio in prima persona, entra nella sua vita. Lo scalda, lo fa 670 splendere. Con chiarezza colta, in quanto conoscenza, né facile né semplicistica. Ti fa rivivere la vita, le scelte, le fatiche, la crescita, il dolore, la presa di coscienza, la creatività, la modestia, il peso del valore di un personaggio-donna. Passioni, amori da sconquasso, insicurezze, dubbi, certezze, dignità e dignità e dignità e scelte e scelte e dignità e scelte e dolore e dolore, e dignità e amore amore… per una donna, un uomo… per Dio. Il “personaggio” è lì, davanti ai tuoi occhi. Ti entra nel cuore, nella testa. Lo vedi, lo senti, tutto, asciutto e pieno. Come ha fatto Aida ad entrarci dentro con tanta leggerezza, meticolosità, delicatezza, umiltà, forza e, fragilità? Pure poetica quel tanto che non disturba. E’ una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, come può apparire ad un primo momento, senza fronzoli, compiacimeti, con una grande sintesi. Non una parola in più. 671 Di ogni donna che interpreta, ti offre le più remote sensazioni, scopri che è entrata in ognuna di esse scandagliandole nel profondo. La storia di queste donne è conosciuta, ma la fotografia dell’anima e del cervello che ti regala la signorina Stoppa, non l’avevo mai trovata da nessun altra parte. Limite mio, certamente. Storie di donne. Sette donne importanti, passate in questo mondo in tempi diversi: La “favola”di Ipazia di Alessandria, dove i fatti e personaggi si vestono di fantasia. Siamo nell’anno 370 di Cristo. Ipazia, la “donna” dai tratti umani con la passione per la filosofia e la scienza, “la cultura della ragione e della libertà di pensiero”. “La brama di dominio, l’invidia per la mia fama, lo sdegno per aver spezzato, donna, il riserbo e il silenzio, scatenarono (…) i nemici contro di me. (…) Mi strapparono dal carro, lacerarono le mie vesti, 672 trascinarono per i capelli il mio corpo ignudo (…) irruppero nel tempio e qui fecero strazio di me (…) davanti all’altare del mite Gesù.” (…) “Il mio assassinio è stato il prezzo pagato dall’amore per il sapere e dalla libertà di pensiero ai mostri dell’odio e dell’intolleranza.” Tutto chiaro? Teodora di Bisanzio che da “postribola” e strega si fa “piissima Augusta”, “femminista ante litteram”, illuminata ispiratrice di leggi, in tempi bui, a favore delle donne schiacciate. Teresa d’Avila: i pensieri della giovinezza. “Avvertivo in me prepotente il bisogno d’amare e di essere amata” “Amavo l’amore e dell’amore il clima fantastico, avventuroso” e poi, più avanti nella vita: “Lentamente ma tenacemente l’idea di consacrarmi a Dio si insinuò e consolidò nel mio cuore: Dio, l’invisibile evidente.” Teresa sfida i rigori dell’Inquisizione, sorretta dalla fede incrollabile; offre la sua esistenza fondando monasteri, riconducendo la 673 regola alla primitiva purezza. E siamo intorno 1540! Teresa, una rara e vera cristiana, fra i molti cattolici che ho conosciuto. Emily Dickinson, la voce più alta della poesia americana del ‘900, sopravvive alla soltudine, all’“immane dolore del dio perduto” rifugiandosi nella poesia. “La mia vita fu una storia tutta interiore, scarsa di eventi esterni e fatti concreti, ricca di intimi segreti, oscuri palpiti, enigmi visioni rivelazioni folgoranti.” Emily, Emily… “La solitudine che m’imposi fu il silenzio che la resistenza del reale opponeva alla mia esigenza di assoluto. Sarei stata sola senza la mia solitudine.” “… la mia vita precipitava giù da un angoscioso parapetto. Se non avessi visto il sole, avrei potuto accettare l’ombra. Ma la notte rende più deserto il deserto.” “Mio unico, vero, immortale amore fu la poesia.” Vi basta? Isadora Duncan, sacerdotessa della danza, libera espressione del corpo e dell’anima. 674 Isadora che rifiuta le nozze col ricchissimo Singer e sposa Esenin, “raffinatissimo barbaro”, poeta “di fuoco e di tenebre”, Isadora che danza al Bolscjoi l’ “internazionale”, davanti a Lenin, avvolta nella bandiera rossa, e suscita il delirio. Mamma mia che storia! Peccato non essere stata lei. Apollonie Sabatier. ‘800. “Parigi dona a chi vi dimora una magica linfa, lo scintillio della vita (…) ogni evento si accende di gaiezza e di languore, sensi preziosi e segreti, gioie improvvise e rare, vizi delizie e seduzioni proibite, brama di assidersi sul trono di miraggio e realtà d’amore.” Affascinata dalla passione epistolare di un adoratore misterioso che si rivela dopo cinque anni… Baudelaire, come se niente fosse: “fisionomia tenebrosa, enigmatica, lo sguardo febbrile dei grandi occhi lucenti (…) Lo sguardo è lo 675 strumento del mondo interiore: affascina, seduce, fulmina, nel momento stesso in cui si esprime.” Apollonie brucia sull’altare dell’amore una notte di passione e ne decreta la fine: “Egli voleva amarmi, non avermi”. Osservo la scultura di Clésinger che la ritrae. C’è proprio tutta lei, la sua personalità, in tanta dura bellezza. Frida Kahlo: “Messico d’oro, d’argento e di rame!”, nasce nel 1907. Di luglio. Vita segnata da eventi implacabili, come un terribile incidente che la costringe in carrozzina e l’affligge “… con ben 33 interventi, cocaina e morfina contro il dolore: un calvario che durò per tutta la vita”. Trova salvezza nella sua pittura che consegna all’umanità come diario intimo: sentimento, dolore, testimonianza. E poi l’impegno politico: “con la mia arte volevo essere d’aiuto alla diffusione dell’idea socialista. Tra le mie nature morte c’erano “nature vive”, inserivo 676 bandiere, colombe della pace e messaggi politici”. A differenza di Apollonie non ama Parigi “… era falsa e artificiosa, un gioco di apparenze, un pianeta “altro”; mi sottraevo più che potev o alle merdose feste borghesi. I surrealisti erano troppo intellettuali e teorici, posatori parolai e lunatici”. Ama forsennatamente tutto: dolore e vita. Del tradimento di suo marito Diego con la sorella dice: “… ero pietra, sangue e sudore mortale. (…) L’ira, lo sdegno, la gelosia, l’orgoglio, il disgusto, il disprezzo, lo strazio ruppero gli argini: Tu, Diego assassino! Tu, Giuda! Tu, con quella coda, quel pendaglio, quel cazzo ballerino che ti trovi davanti!…” Nessun commento. “Amai, amai, amai… Ma solo Diego era il nome dell’amore”. E ancora: “Non ho mai dipinto sogni. Ho dipinto la mia realtà.” E ancora: “Fino all’ultimo amai la vita e desiderai la morte. Nulla è peggiore del 677 nulla. “Viva la vida” e insieme addio a questo fottutissimo mondo dove spero di non tornare mai più. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà, persistenza, lucidità, intelligenza, sapere. Donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso in un mondo al maschile, che sono riuscite a reagire, combattere, rifiutare, mi costringe dopo aver letto sino all’utima parola a ragionarmi addosso. Il mio "dentro" s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo. Mi sento come se queste signore abbiano espresso pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono confusa. Confusa, a disagio, turbata, scombussolata. Meravigliata. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato. 678 Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato. Mi sento addosso il peso di non essermi mai sentita in lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non avere i numeri, le capacità per poter gareggiare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione. Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me. M’hai messo addosso il terremoto cara Aida. Penso e ripenso… Oh tu guarda… non piove più. Vado a far due passi. Ma sì… sorrido. Che dirre ancora? Leggetelo, donne e uomini. caselle della vicenda umana sette figure femminili di grande spessore psicologico, sociale, artistico; sette personalità, come si dice, “forti” che, fuori della deriva esistenziale, hanno costruito in proprio la loro vita, rispondendo solo alla singolarità 679 della carica interiore, imperativa ed appagante. Donne la cui forza risalta nell’essere riuscite, tutte, a realizzare integralmente se stesse. Mi viene una frase che se la leggessi scritta da qualche parte la giudicherei “letteraria” fastidiosa anche un po’ fasulla. Ma me la sento proporio addosso: già arresa, prima di essere vinta. Mi vergogno a un tratto. Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto. Mi sento inutile, banale, vuota. Vedo un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce. I giorni della mia vita :27.375 , 75 anni. Quanti! "Tu fai questo, tu questo e tu questa e tu... e via che il giorno dopo si andava in scena e se mancava un costume, un abito, la mamma con qualche aiuto lo cuciva. Pensieri su un libro letto 680 Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura angoscia, commozione, meraviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi... inaspettate, inaudite, così i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazioni, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate è un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato un libro "Le lettere del mio nome" di Grazia Livi, "é importante, leggilo". Il titolo cosi ermetico non mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore: "Il tema appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna". Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita "menata" femminista social-politica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, esibenti, compiaciute dello sfoggiar "cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta, senza la minima preoccupazione di essere capite da chi 681 aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberarsi") la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì, pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare, un po' arroganti o troppo offensivamente accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uomo nel loro modo di essere, parlo delle intellettuali, che esprimevano comportamenti che ho sempre rifiutato. Parto a leggere indifferente e diffidente. Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li ho mai saputi. M'ha tirato dentro la chiarezza, né facile né semplicistica, seppur colta con cui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche, la crescita di un personaggio-donna come te 682 lo ripropone tutto, secca e piena, leggera, meticolosa, delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba. E’ una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi. Di ogni donna di cui parla, ti presenta le più remote sensazioni. Ogni personaggio è da lei scandagliato nel profondo, c'è tutto quello che hanno detto gli altri e quello che ne hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certezze e molto altro che ora non mi riesce di esprimere. Poche pagine e te ne dà l'essenza. Ecco Simone De Beauvoir. Non mi é mai stata completamente simpatica. A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta, egoista. Il suo evidente essere una intellettuale aristocratica m'e l'ha sempre allontanata. In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti: borsa della spesa in mano, fazzoletto in testa .Ha lanciato un "pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina. 683 Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e questa chi é?". Sartre, come un bambino scoperto a rubare la marmellata, spegne la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon…", ha mormorato. Ah, era lei! Dario meno, ma io ci sono rimasta un po' male. Forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto. Ma ora, la Simon, del ragionato-Livi é una donna che finalmente capisco e ammiro. Altre biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidità, intelligenza, sapere. Donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addosso. Il mio "dentro" s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo. Mi sento come se queste signore abbiano espresso pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le 684 sento discoste da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono confusa. Confusa, a disagio, turbata, scombussolata. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato. Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato. Mi sento addosso il peso di non essermi mai sentita in lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non avere i numeri, le capacità per poter gareggiare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione. Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me. Mi viene una frase che se la leggessi scritta da qualche parte la giudicherei “letteraria” anche un po’ fasulla. Ma me la sento proporio addosso: già arresa, prima di essere vinta. Mi vergogno a un tratto. Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto. Mi sento inutile, banale, vuota. Vedo un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce. I giorni della mia vita :27.375 , 75 685 anni. Quanti! Appresso, non mi sento nessun bagaglio. Possibile? A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi. Possibile? E' così. Sento l'esigenza di esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi. Oh mio dio, cos'è, sto cercando me stessa?… Il mio io?… Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri spettacoli... No, non cerco “me stessa” Mi urge però qualcosa di concreto. Devo fissare qualche punto. Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi numerosi anni, non avessi vissuto, lavorato incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore, pianto. Niente. Non mi viene niente. Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare 686 con un minimo di coerenza. Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo. 25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori". Li avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per Varese. Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette. Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di raccogliere qualcosa. La sera, nel cortile di casa mia, gran festa. Un giradischi, e ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra buia del primo piano: casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento: mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie da oltre due anni. In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono. Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, 687 impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi. Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni dopo (1973) in circostanza ben diversa, per dolore e drammaticità. Ancora seduta, su di una sedia ora, con la testa buttata all'indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo (che non ho terminato) di Varese, con i fascisti che entrano in classe. In silenzio ci guardano a una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma avevo paura che tutti potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa triste."Villa triste era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, era risaputo, venivano interrogati e torturati i partigiani. Ma io 688 non non c'entravo niente con quelli, non avevo fatto niente. "Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla". Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto. E il cuore a battere più forte. "Forse muoio"."Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so". Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo."Non lo vedo da un po'", sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio, che era successo? "Allora?". Erano minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo lasciati da un sacco di tempo." Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti. Poi mi hanno lasciata andare. Non ricordo altro. Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo e le mani sudate."Sei una incosciente, sei una disgraziata. Se lo venisse a sapere tuo padre ti ammazza e farebbe bene. E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in quattro che avevo stracciato prima di 689 passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria due giorni prima andando a scuola e aver riferito il contenuto a chi di dovere. Incoscienza, più che coscienza politica. 184 I GIORNALI Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai letto un giornale. E questo che c'entra? Nulla. Sto cercando di tirar fuori fatti lontani, che disordinatamente affiorano nel mio cervello vuoto, Non ho mai letto i giornali. Lo dico con meraviglia. Possibile? In casa mia c'erano, la mia era una famiglia socialista quando esserlo costava qualche cosa. Si pagava, senza ricevere nulla in cambio: con quella tessera in tasca allora carriera o posti di comando, non ne ricevevi. I giornali c'erano, li toccavo quando li raccoglievo da terra dopo che mio padre li aveva letti per buttarli. (Incredibile quanto mio marito assomigli a mio padre: anche lui, dopo averli letti, li butta a terra!) Li raccoglievo ma sono sicura di non averne 690 mai aperto uno fino ad un certo giorno, cioè quando sono andata a sbattere con la mia bicicletta addosso ad una Topolino (in realtà gli ho sfiorato un parafango). La reazione del "guidante" è stata terribile e immediata da fuori di testa. "Ecco chi rovina l'Italia!""No, guardi io.."-"Silenzio! Voi giovani che delegate. Delegate e non leggete i giornali!". Allibita, senza parole. E’ pazzo? Ma da quel giorno dei giornali leggo tutto, dalle inserzioni agli annunci mortuari. Grazie isterico signore della Topolino. Grazie. Allora, sovvenzioni ministeriali regionali-provinciali o comunali, non ce ne erano, quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare eccome. L'unico posto, luogo dove io mi senta a mio agio è il palcoscenico. No, non per via: ama la polvere del palcoscenico. No. Sono allergica alla polvere, alle banalità, alla rettorica. Sto bene in palcoscenico 691 perchè è casa mia. In qualsiasi città mi trovi, quando mi trovo lì, sono a casa. Entrando nella hall di un teatro, non m'è mai capitato di dovere chiedere "scusi, dov'è il palcoscenico?"Conosco automaticamente la strada, dove sono i camerini, il gabinetto."Ma ci sei già stata qui?""No, è la prima volta""Non ti credo""Sì, forse ci sono già stata" taglio corto. Sto bene nei camerini, anche se squallidi. No, non li addobbo con sete colorate. L'ho fatto qualche volta cent’anni fa, senza accorgermi andavo dietro all'onda, voglio dire alle usanze degli attori... Poi ho scoperto che non mi ci trovavo con QUEGLI addobbi intorno, non sentivo il bisogno di ricostruirmi il "salotto"di casa mia, anche se il camerino era un cesso. E DIO sa quanti "cessi" trovano nei teatri e nei cinema di casa nostra. L'unica cosa alla quale non rinuncio è la luce. "Lino!! (è il tecnico delle luci) La luce"! Lino arriva e mi piazza certi 5OO da accecare. Io ci sto bene. Riscaldano anche. 692 La luce e il mio baule. Mi piacce il mio baule. E' un classico baule armadio d'attori, verde fuori a fiorellini dentro. Ci sono i cassetti e nei cassetti di tutto: golf, libri, fogli, macchina da scrivere, pennarelli, lettere e cianferi d'ogni genere. Il primo baule della mia vita l'ho comperato a rate nel 51, non appena arrivava in compagnia primaria. Dentro non c'era quasi niente, ma quel sacramento, che si apre all'impiedi dividendosi in due e diventa un armadio, con tanto di targhetta in metallo con il mio nome, mi dava una gran sicurezza. Per la verità era una sicurezza del tutto speciale: la sicurezza di avere anch'io il baule come tutti gli altri. Credo che quella sia stata l'unica sicurezza di quegli anni e per molti anni dopo. Credo anche di essere la persona più insicura che io conosca. Il mio baule, il camerino, il palcoscenico: sono una signora! Non mi considero un'attrice. Sono "anche 693 " un'attrice. In casa mia ho imparato tutto quello che può servire per poter fare questo lavoro: attrice, elettricista, fonico, costumista, trovarobe, direttore di scena, servo di scena, piazzare le luci, suggerire, sarta, vendere i biglietti, truccare, pettinare, ballare, cantare (sono un po' troppo timida, seppur molto intonata! Me l'ha detto Giovanna Marini, e se lo dice lei...). Organizzare una tirnée, l'amministratore, fare un borderò, (ora è però diventato difficilissimo). I miei avevano addirittura una propria tipografia dove si stampavano i manifestini, insomma i volantini di adesso. Avevamo centinaia di scene belissime, dipinte da un pittore della Scala, Lualdi che veniva a passare le sue vacanze da noi, ogni tanto, le rinfrescavamo tutti insieme. Ogni giorno cambiavamo piazza, (dico piazza per dire "paese”, non recitavamo in piazza ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori, quindi ogni giorno si dovevano montare scene e luci. Anche i nostri costumi erano belli. Figuriamoci! Mio padre, tramite 694 l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal Teatro della Scala. E se per un nuovo testo mancava qualche costume, ce lo facevamo in quattro e quattrotto. Doppio rileggere e buttare v FRANCA Mia madre, maestra diciottenne, figlia dell'ingegnere del comune dove risiedeva(Bobbio) e di una casalinga si era innamorata di questo "girovago marionettista"che un giorno era passato di lì, e con grande scandalo dalla famiglia-(povera come l'acqua, ma di una classe sociale superiore a quella di mio padre)e del paese se l'era sposato.Mia madre, era bellissima e quando dico bellissima voglio proprio dire"bellissima"senza artificio alcuno. Nessuno di noi, quattro figli, pur assomigliandole, s'è avvicinato a tanto;Bellissima, giovane, innamorata, aiuta Domenico (il marito)e Tommaso (fratello del marito e Stella, (sorella del marito)in tutto quello che può. Cerca con tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova 695 vita, tanto diversa da quella che aveva condotto sino a quel giorno. Non sa manovrare le marionette, ma si ingegna a vestirle.Poi, più avanti, dirà qualche battuta.Con l'avvento del cinema (1920)) i due fratelli intuiscono che "il teatro delle marionette" sarà presto messo in crisi, subissato, da questo nuovo fantastico mezzo di spettacolo. Decidono un cambiamento radicale(con grande dolore del nonno Pio, un amate di Garibaldi, l'unico ritratto in nostro possesso lo raffigura vestito e somigliante all'eroe!)"Entreremo in scena noi, al posto delle marionette, reciteremo noi inostri spettacoli"Così mio padre con la propria famiglia aggiunta alla famiglia di mio zio Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di legno, vere e proprie sculture, tre delle quali sono esposte al Museo del teatro della Scala di Milano.E quando inizieranno a recitare di" persona", a portare loro stessi in palcoscenico i testi, i personaggi che avevano fino allora interpretato muovendo e doppiando 696 pupazzi di legno, lei, la mia mamma , diventa la prima attrice della compagnia.Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li faceva studiare, si occupava della casa, e come una più che provetta casalinga( a tutti gli effetti)teneva l'amministrazione della compagnia come fosse quella di un normale menage familiare, si occupava dei costumi, aveva imparato pure a cucire, e alla sera, via!, E Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la Fantina dei Miserabili, tutti ruoli che via via, abbiamo interpretato anche noi figlie e le cugine Ines e Lucia.Percorro così l'apprendistato dei teatranti interpretando via via che cresco, tutti i ruoli maschili e femminili adatti alla mia età.Il vantaggio della compagnia di mio padre rispetto alle altre compagnie di giro, (così si chiamavano le piccole compagnie di provincia) è l'invenzione di impiegare tutti i trucchi scenici del teatro magico delle marionette, nel "teatro di persona"":montagne che si spaccano in quattro a vista, palazzi che crollano, un 697 treno che appariva piccolissimo lassù nella montagna e che man mano che scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in scena con il muso della locomotiva a grandezza naturale.Mari in tempesta, nubi che solcavano minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che volava.scene in tulle in proscenio, che illuminate a dovere ti facevano vedere come era il paradiso.Insomma tutti gli espedienti tecnici dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva ancora, dentro la scenotecnica delle marionette.soltanto che in quel teatro tutto era stato miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire una operazione da Gulliver alla rovescia:da minuto che era ingrandire ogni oggetto, aggeggio, marchingegno fino a renderlo identico alla realtà.In questa nuova veste"il teatro di persona" la compagnia di mio padre realizza un successo insperato.Si lavora come sempre a tempo pieno.Mio padre , il capo, con il ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del 698 comico-brillante a secondo dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia;le mogli, i figli, gli attori scritturati;i dilettanti gli amici componevano la nostra compagnia.Giravamo cittadine, paesotti e paesini del nord Italia su di una corriera che chiamavamo "Balorda" a causa del comportamento bizzarro che aveva, che più che al suo cattivo carattere andava attribuito agli anni. In certi paesi nei quali ad una certa ora del giorno si passava, nei turnichè particolarmente ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci aspettavano.Ci spingevano fra tante risate, poi la sera ci raggiungevano ed entravano a godersi lo spettacolo gratis."Siamo quelli che abbiamo spinto." "Passate".Mio padre, amava la Balorda , e zingarone com'era, gioiva tutto nel vedersela rilucente di colori sgargianti. Mia madre, ogni volta che lui le cambiava colore:"non sposeremo mai le nostre figlie !" "Hai ragione Milietta..domani le cambio colore"E l'indomani quando "Emilietta" si affacciava in cortile, ecco la Balorda 699 ridipinta:d'argento!"Non sposeremo mai le nostre figlie!"Arriva la guerra, finisce la guerra. Bombardamenti non ne avevamo avuti. Qualche bomba sulla fabbrica di aerei:la Macchi, lontana dal centro, alla periferia di Varese, a Masnago.Ricordo a proposito di questo paese, una sera che si tornava a casa dopo lo spettacolo veniamo fermati, sia noi che tutti quelli che passavano per quella strada dopo di noi, da un gruppo di fascisti e S.S.Ci hanno fatto entrare in un cortile, (era quello dove abitava uno dei nostri dilettanti, chiamato"Luigino cassa da morto, perchè suo padre le fabbricava) dove siamo stati per ore bloccati.Solo all'alba ci hanno lasciati andare.Non è stato per niente drammatico.L'aria, nonostante i tedeschi era di festa a causa della inconsuetudine dell'avvenimento.Si sà, i giovani trovano sempre la maniera di di superare le tensioni. Sarebbe però, tanta allegria finita in tragedia se quell'alba avesse portato la notizia di una missione tedesca andata male.Ci avrebbero fucilati tutti. l'abbiamo 700 saputo qualche giorno dopo.Per fortuna l'abbiamo scampata.Altre volte, capitava che ci fermassero dei partigiani.Non dicevano "siamo partigiani" ma erano in borghese con i mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio?" Li facevamo salire. Più avanti capitava d'incontrare picchetti fascisti che ci fermavano. Ci conoscevano.Avevamo un permesso speciale per il coprifuoco."Buona sera signor Rame, .Com'è andata?""Benissimo!"-"Buona notte. 5046 Una chiaccherata con ... Ancora una volta eccomi qui, con la penna in mano, (si fa per dire visto che sono al computer), ad occuparmi Dario: cognome Fo. Dario Fo oltre ad essere un pittore, scrittore, regista, attore, individuo ,pieno di humor, di generosità, per carità anche di egoismi come tutti, di umiltà come pochi , ricco di fantasia, astratto come nessuno, sempre mezzo metro sopra al 701 mondo tanto che qualche volta sono costretta a tirarlo per la giacca, pardon per il pullover, per farlo scendere in terra, e mi spiace; dicevo, oltre essere tutto questo e non so che altro, è anche mio marito. Ci siamo sposati quarant'anni fa, in chiesa. Il fatto straordinario per lui ateo, di essersi sposato in chiesa,l'ha messo addirittura in una commedia:"Gli arcangeli non giocano al flipper": "... sposato in chiesa per accontentare madre di lei molto credente". Eravamo emozionati tutti e due, quel giorno lì in Sant'Ambrogio a Milano tra parenti-giornalisti-amici-fans-curiosi-e tanto riso addosso che chissà che bel risotto avrei potuto fare- e io che piangevo-e il Dario "Nanina (mi chiamava così) non piangere..."- e poi fa cadere la vera e tutti a cercarla-e quando l'ha trovata me la voleva infilare a forza nel dito sbagliato che è dovuto intervenire il vescovo che ci stava sposando ad aiutarloe tutti i confetti che mi sono mangiata- e lo spettacolo alla sera lui al Piccolo Teatro col "Dito nell'occhio" e io in televisione in 702 una trasmissione di Marcello Marchesi di cui non mi ricordo il titolo. Sì eravamo proprio emozionati! Una emozione che ci siamo tenuti appresso per tutta la nostra vita. "Ti amo. Non posso stare senza di te -m'ha scritto Dario in un Fax (per quanto astratto s'è adeguato ai tempi) dall'Operà di Parigi dove si trovava per la regia del "Barbiere di Siviglia" in aprile di quest'anno - al mondo ci sono stato con te. Tu sei tutta la mia vita." Dopo quarant'anni di matrimonio, (Dio che spavento! O no?) che non ci siamo accoltellati nemmeno una volta, una frase così, che so sincera, (anche se come ogni maschio italiano e non, che si rispetti, non disdegna "il superfluo indispensabile", come lo chiama lui, cioè "risate", chiamiamole così, fuori casa) una frase così dicevo "nero su bianco", che fa una moglie? Può forse rifiutare a un amico editore due parole di presentazione ad una libro su suo marito che ha voluto lei? Eh no, non può. 703 E' buffa la storia di come è nato questo libro: Domenico Rodari, il mio amico editore, mi contatta per una mia biografia. Sì, proprio mia, sulla mia vita ecc. (In genere odio gli eccetera, ma parlando di me, mi stanno bene). "La tua è una storia anomala, sei nata in teatro, reciti da quando avevi otto giorni, hai vissuto con un uomo così, e così, e così, hai avuto anche un tragitto politico del tutto particolare in anni assai difficili per il nostro paese, hai da raccontare "perché" hai organizzato, portato avanti per tanti anni il Soccorso rosso ai detenuti politici in Italia e all'estero... il sostegno "concreto", lasciando tutto l'incasso delle serate agli operai in occupazione,(*) gli spettacoli nelle fabbriche, i testi politici, come sono nati, il perché, da "Morte accidentale di un anarchico" al "Il Fanfani rapito", "La marjuana della mamma è la più bella", "Non si paga! Non si paga!" (Ma quando tira il fiato- pensavo) - "Tutta casa letto e chiesa". Insomma devi raccontare tutto quello che ti è successo, la 704 repressione che avete subito, tu in particolare l'hai pagato molto caro il tuo far politica, le bombe che vi hanno messo in Palazzina e in casa, i personaggi che hai conosciuto da Sartre in giù... Sei un pezzo di memoria storica (sì, ha detto proprio così! Me ne hanno dette tante, ma memoria storica mai!) Hai il dovere, parlando della tua vita, del vostro lavoro di far conoscere sopratutto ai giovani una pagina di un periodo buio della nostra storia, di cui non parla più nessuno. Scrivi! Scrivi! Scrivi!" Era paonazzo! E Dario a fargli eco: "Sì, bravo Domenico, insisti! Devi convincerla! Io non ci sono riuscito. Deve scrivere! Ha un sacco di cose da raccontare." E poi a me: "Franca sei una lazzarona!!" (Dario mi fa ridere spesso e non perché sia un attore comico. "Lazzarona!"Mi si può dire di tutto, ma lazzarona no. Lavoro quelle 1O-16 ore giornaliere, anche d'estate e se non ho spettacolo anche di più). Se mi avrete seguita sin qui, avrete notato 705 l'abbondante uso di virgole, virgolette, puntini, punti esclamativi, parentesi, interrogativi. Stravedo per la punteggiatura. C'é chi è goloso di gelati, chi di tramonti, amore, viaggi, passerine intese come sesso, canzoni, malinconie, disperazione, denaro, egoismo, cattiverie, superficialità, miserabilità (vi piace questo termine? Ve lo regalo.) di tutti i tipi, leadership, tangenti, arroganza, potere... io sono golosa di punteggiatura. (Orizzonti limitati?). La punteggiatura dà il tono di voce al pensiero scritto. Come rende l'umore del momento, un bel punto esclamativo non lo rende certamente un misero punto. M'è sempre piaciuto il punto esclamativo. Nelle elementari lo mettevo ovunque, a volte anche ad inizio di frase come gli spagnoli, loro ci mettono pure l'interrogativo. A parte gli scherzi questa mia della punteggiature è una deformazione professionale. Il fatto è che vedo tutto quello che leggo, in chiave di copione 706 teatrale (tanto che sarei tentata di propormi come "punteggiatrice" a Pansa e Bocca, due tra i giornalisti che amo e ammiro di più, per rendere i loro articoli ancora più efficaci). La "decifrazione" di ogni scritto di Dario, da mettere in "bella copia" o per i giornali o per le prove di una nuova commedia, la correzione delle bozze per l'edizioni dei testi, è tutta "roba mia". Riecco che salta fuori la mia mania di sbattermi giù con tutte le mie insicurezze. Non ci credete che sia insicura? È così. Sono timida e insicura e in fondo all'anima ho la certezza di essere niente. (Lo so che state pensando che anche voi, in certi momenti vi sentite come me. Lo so. O no?) Per fortuna Dario è convinto del contrario, altrimenti mi sarei già uccisa. Parlo seriamente. Ora mi ridimensiono. Via, non solo il "a cura" di un testo è a mio carico, ma anche la discussione sulla validità o meno di una scena, quando addirittura non è dell'intera l'opera. Quando nasce un nuovo testo vivo 707 momenti di grande tensione. D. mi legge tutto quello che scrive pagina dopo pagina. Se ne sta anche per venti ore al giorno attaccato ad un testo, a battere a macchina (ha superato la "Olivetti lettera 21" è passato all' Olivetti elettronica!, sempre macchina da scrivere, però, mai computer) con un accanimento, che dopo tanti anni mi meraviglia sempre, dimenticandosi persino di mangiare. La notte nel letto, non dorme, pensa così intensamente, che fa rumore. Giuro! Tant'è che da almeno trent'anni dormo con i tappi. Ad ogni commedia che scrive gli si imbianchiscono un po' di più i capelli, ed è proprio duro per me certe volte dovergli dire:" Sì, è molto interessante, ma mi sembra un po' letteraria...", " è un po' lunga... taglierei qui e qui...". D'altro canto non posso permettermi di cavarmela con un complimento come potrebbe fare uno qualsiasi che ci passa vicino. I testi che lui scrive dobbiamo poi metterli in scena insieme, quindi non 708 posso mentire. Posso sbagliare nel mio giudizio ma, senza presunzione, è capitato raramente. Mi sono conquistata la sua fiducia dopo "Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri" del 61, andato in scena al Teatro Odeon di Milano. La chiave della commedia era buona, ma non "volava", c'erano lungaggini sopratutto nel secondo tempo che, come si dice in gergo, si sedeva. "Mi sembra che ci sia qualcosa che non funzioni... io taglierei qui, e qui e qui... qui, invece stringerei... e qui..." accenno timidamente col copione in mano e i tagli che proponevo ben evidenziati. Era la prima volta che mi permettevo di esprimere un giudizio su un testo, ero molto imbarazzata e agitata. "Puoi avere ragione, ma io aspetto di provarlo sul pubblico" mi risponde cortese ma fermo, Dario. Bene, lui è un Ariete, e gli Arieti sono testardi e io ero troppo giovane per insistere, per impormi. La serata è andata bene ma gli applausi 709 erano di stima, simpatia, solidarietà... non c'era l'entusiasmo di sempre. Dopo la prima D. è venuto nel mio camerino: "Domani si prova alle due, facciamo i tuoi tagli". Da quel giorno devo fare molta attenzione ad esprimere un giudizio su quello che scrive, se non ci ho "ragionato" sopra. Capace che si blocca e lascia perdere, come è capitato. Mille complimenti non servono se non sono confermati da me. Ogni mia parola ha un grosso peso per lui. Si fida del mio "rezo occhio" come dice lui,per tutto quello che è teatro. Devo dire che l'essere diventata così importante per lui mi ripaga delle mille e mille ore spese attorno al suo lavoro. (Questo che segue si può tagliare, che ne dici? Taglerei. oppure si può aggiungere a **. Sappiami dire.)che ha molte "isole" collegate l'una all'altra da un locomotore sempre in movimento: io. Quali sono le isole? Quelle dove risiedono i 18 agenti che si occupano della diffusione dei nostri testi all'estero, i traduttori. Quanti sono? 710 Non lo so. A volte lo stesso testo viene tradotto da più persone. Il fatto è che questo mestiere lo faccio da tutta la vita, 63 anni, è il "mio mestiere" e lo conosco. Come lavora Dario? Ha uno studio? Sì, ha uno studio, ma non ci sta mai... lavora davanti alla televisione (capace che la tiene anche accesa) seduto su di un divano, scomodissimo, ma lui sta bene così. Forse il disagio lo stimola. Chissà. Una prima stesura la "butta giù" (non trovo un termine più aggraziato che renda l'idea) a mano dove gli capita. In un giorno fortunato su un bel foglio nuovo, tutto bianco, dipende dal "fato" altrimenti può anche essere uno di quei cartoncini grigi che si trovano nelle camicie nuove da uomo che io conservo perché li trovo bellissimi. Questo però succedeva fino a qualche anno fa, ora usa i quadernoni di Alcatraz, la "libera Università che ha messo in piedi nostro figlio Jacopo. Per me è una festa! Non devo più rincorrere pezzetti di carta 711 seminati per la casa. Dove eravamo rimasti? Ah sì: "Sei una lazzarona"e poi ha anche aggiunto "vergognati!". Forse hanno ragione loro, mi son detta, pensando che anche mio figlio Jacopo da anni mi ripete la stessa cosa, anzi, di più: "Mamma tu non hai bisogno di un testo teatrale, se tu vai in scena e racconti la tua vita tieni la gente inchiodata alla poltrona... li fai piangere e ridere... Mamma, tu sei riuscita a far ridere parlando di menopausa!" "Mi avete convinta..." Qualche giorno dopo ho detto a Domenico:"Intanto che raccolgo le idee per la mia biografia, perché non ti guardi tutto quello che Dario ha scritto, le interviste che ha fatto... Ho tutto in archivio. E' un lavoro che piacerebbe fare a me, ma non ho tempo, c'è un sacco di materiale, sarebbe interessante fare una scelta e riunirlo in un libro. Che ne pensi?" Non ha fatto una piega... "Sì... possiamo vedere... ma a me interessi 712 tu..." Era imbarazzato. Se avesse potuto dirmi di no subito senza far la figura del maleducato, l'avrebbe fatto. Gli l'ho letto negli occhi. Io sono un dolcissimo Cancro (ma com'è che oggi mi viene di parlare così bene di me?) dolce ma tenace, purché non ci sia io di mezzo. Così l'ho invitato nel mio ufficio, 11 stanze 11, di cui 5 di archivio, (Dario ci è entrato la prima volta un anno dopo che l'avevo comperato perchè c'erano stati i ladri e io non ero a Milano) Cosa archivio? Tutto! (Ditemi voi se qui il punto esclamativo non è indispensabile). La stanza dei manifesti è la numero uno: tutti i manifesti delle nostre turné in Italia e all' estero e quelli delle molte compagnie che sono andate in scena con i nostri testi, nei vari paesi del mondo. Sono in bell'ordine in certi contenitoroni e speriamo che il pavimento regga. Stanza numero due : manoscritti di testi, 713 chiavi teatrali, testi scritti ma mai rappresentati, articoli, appunti, prima stesura dattiloscritta di copioni, le correzioni che via via sono state portate alle varie scene durante le repliche, testi stampati da noi (**) o da altri in Italia, la rassegna stampa in ordine di data dal 51 ad oggi, (i primi 10 anni me li sono incollata tutti da sola), le fotografie di tutti gli spettacoli, le tesi di laurea sul nostro lavoro. Poi c'è la stanza numero tre: dischi, cassette audio e video, le registrazioni originali delle musiche per i vari spettacoli, documentazione filmata di spettacoli, manifestazioni, dibattiti, riprese televisive ecc., Nella stanza numero quattro ho collocato la sezione estero: i dattiloscritti che ci inviano da oltre 57 Paesi per il benestare alla traduzione, le edizioni di libri stampati in quasi tutte le lingue, la corrispondenza con gli agenti, i traduttori, i contratti, le fotografie degli spettacoli andati in scena (chiedere dati a Walter e Daniela quante messinscene sono 714 state fatte e altri dati che possono interessare). Nella n.5 la corrispondenza di 43 anni di vita. Non quella tra me e Dario, quella la tengo in cassaforte. Quando scriverò la mia biografia le pubblicherò tutte. Scoprirete un Dario inedito, che nessuno conosce. Lui, che non ha firmato più di cinque assegni in tutta la sua vita, che non sa il costo del pane, ne dov'è la chiave della cassaforte, tanto che ogni volta che parto mi tocca lasciare una lettera: "caro Dario, in caso di morte e se me ne andassi in Patagonia per non tornare più, può capitare, sappi che la nostra banca è... che ci abbiamo pure una cassetta di sicurezza la cui chiave ce l'ha il nostro notaio ecc. ecc. , lui dicevo, appena sposati, quando era in turné e io a casa a fare il bambino tra un conato di vomito e l'altro, ricevevo ogni giorno una lettera, (mi piaceva molto, ora mi scrive molto raramente e solo in momenti "gravi" della nostra vita) dove, dopo le parole d'amore mi dava un rendiconto dettagliato degno di un 715 ragioniere, di tutto quello che spendeva: albergo £... cappuccino e brioche £... giornali £.... Giuro che non ho mai capito perché. Davvero bizzarro ed inimmaginabile questo Dario, no? Mi rendo conto che divago in continuazione. E' che un pensiero chiama l'altro e m' è venuta addosso una gran voglia di parlare. Vi stavo dicendo che ho portato il Domenico nel mio ufficio, tra le cose della mia vita, gli ho mostrato tutto quello che ho archiviato poi gli ho piazzato sul tavolone della stanza dove lavoro, contenitori vari strazzeppi di interviste e manoscritti:"Dacci una guardata... magari qualcosa t'interessa..." gli ho detto. Mi sono seduta dietro la mia scrivania che sembravo proprio una business-woman e l'ho lasciato nel suo brodo. Ora il libro, anzi il librone "storicoantologico" interviste e scritti di Dario, è pronto, la mia biografia chissà quando lo sarà. E io qui a fare una chiaccherata con voi 716 per introdurvi a 400 pagine di "chiacchere di Dario Fo". Qui ancora una volta a spendere il mio tempo per il mio maritaccio. In uno atto unico intitolato "La donna grassa" il personaggio da me interpretato, una donna strabordante di ciccia e disperazione, una "sfigata" come tante, sfiancata dalle delusioni, dai fallimenti, dal rapporto col marito (di cui s'è finalmente liberata), dandosi una "sguardata" ( non è bello, ma rende l'idea) alle spalle, parla di sè in questi termini: "Ho sbagliato tutto nella mia vita...Tutto! Colpa della mia mamma... Perbene... Com'era perbeeeene la mia mamma! Una santa! Guai a parlare di sesso, il sesso in casa mia non esisteva... eravamo fatti come le bambole.. il didietro si chiamava "sedere", il davanti, "sedere davanti". E quando sentivo dire "vai a dar via il sedere", non sapevo mai se fosse il didietro o il davanti. Mi ha insegnato tutte cose sbagliate la mia mamma. La più grave? Accettare tutto quello che mi 717 arrivava da mio marito senza ribellarmi mai... Sì, urlate, scenate.. "Va via!!!" Che è pericolosissimo dire "va via!"... perché: vanno! Lì, a dedicargli tutta la vita! Insomma ad essere una incrocio tra una pecora e una gallina... Magari, avanguardia politica... fuori casa. Magari, femminista convinta, fuori casa... Tutta teoria e niente pratica. Una gallina di città! Cocococodè! Ne conoscete anche voi no? Cococococodè!! (Grande applauso delle donne in platea) Quando ci siamo sposati mio marito era un fisico nucleare, anch'io ero una fisica nucleare... lavorava lui, lavoravo io... poi sono arrivati i figli... Ho smesso di lavorare. Quando i figli saranno un po' cresciuti riprenderò, mi dicevo. Ma poi... non so com'è, non ce l'ho fatta. A poco a poco, senza accorgermene ho cominciato a lavoravo per lui... l'aiutavo nelle ricerche, gli battevo a macchina i saggi da pubblicare, i discorsi per le conferenze, i congressi... ai quali lui andava sempre accompagnato dalla sua "assistente"... Insomma facevo quello che 718 ogni moglie fa, sempre pensando:"Tra un po' riprendo..." invece non sono mai riuscita a "schiodarmi" da lui, dalla casa... dai figli. Nel frattempo mio marito è diventato sempre più importante, così importante da essere anche proposto per il Nobel... (lo sapevate che Dario è stato proposto per il Nobel? Questo lo sto dicendo a voi, non lo dicevo in scena) A poco a poco è diventato un monumento. I monumenti però hanno bisogno di un piedestallo su cui posarsi per stare in piedi... bene, sono 4O anni che vivo così:" (mi piegavo in due, testa in avanti tra gli applausi delle donne in platea che si riconoscevano in quella signora, che raccontava una storia un po' esasperata certo, ma per mille versi simile a quella di tante donne, simile alla loro... alla mia. Yes! Franca, l'ultima schiava bianca. Ho scherzato un po' sulla nostra vita e ora non so come fare per dirvi due parole seriamente. Ci provo. 719 Rileggendo questa raccolta realizzate in quarant'anni da professionisti, d'interviste, scritti, registrazioni d'interventi tenuti da D. in Italia e all'estero, vedo passare la nostra vita. Il lavoro sotterraneo di tanti anni che mi sono sobbarcata per scelta, oggi, con l'uscita di questo libro, parzialmente premia la mia anima d'archivista, la mia dedizione. Che sia amore? La vita con un uomo così impegnativo, anche se qualche volta m'ha fatto gridare non ne posso più!- è stata una buona vita... coerente nel bene e nel male. Raramente banale, piena di tensione, di ansie vissute mano nella mano, di lotte anche dure fianco a fianco e di emozioni... quell'emozione di cui vi parlavo all'inizio e che certamente ci resterà incollata addosso anche nei prossimi quarant'anni. Questo, e solo questo, è quello che conta. Franca Forse ho parlato un po' troppo anche di me. Ma "noi" come dice D. "siamo stati al 720 mondo insieme". * (potete mettere come nota redazionale) "oltre 1 miliardo degli anno 70 ** Ho messo in piedi dal 75 una piccolissima casa editrice, pubblico quasi unicamente i testi che mettiamo in scena, nella quale svolgo tutte le mansioni (che io sia una centralizzatrice? Ma no...) che vanno dell'aggiornamento del copione rispetto all'ultima rappresentazione in computer, corredarlo delle didascalie e foto e documentazione, consegnarlo alla tipografia scegliendo carta caratteri impaginazione, correggere le prime bozze, le seconde, decidere la copertina, se sono fortunata Dario mi dà una mano per la scelta del colore e il disegno da metterci sopra (quello lo fa subito!). Quando esce il libro, lo guarda e dice "bello!" Credo che non abbia mai sfogliato una delle nostre edizioni. Questo non significa che non gliene importi niente. Anzi,gli fa molto 721 piacere vederli ben allineati sul nostro banco di vendita durante gli spettacoli. "Li h fatti Franca" dice e dentro c'è anche orgoglio per me. (Che piacere mi fa!!) Ma se fosse per lui non avremmo nulla in archivio, nulla stampato, nessun tipo di registrazione. E' fatto così. Non ha interesse per il suo "passato prossimo". Dopo tanti anni di vita in comune, ma sopratutto di lavoro in comune, dopo mille arrabbiature per tanta indifferenza verso le sue "cose", sono arrivata alla conclusione di aver vissuto con l'uomo meno ambizioso della terra. Un testo gli interessa quando nasce, crearlo, costruirlo, muoverlo. E quando è passato, è passato. 722 La punteggiatura serve per dare le intonazione Se devo essere sincera, non ne posso proprio più. Sono che oppure fogli usati da una sola parte che io conservo per appunti, colpa della mia mamma che m'ha insegnato l'economia. Non ad essere economa, proprio "l'economia". e il buché di gigli che una "amica" m'ha messo in mano un secondo prima d'entrare in chiesa che così io ho dovuto tenerlo che se avessi potuto me lo sarei mangiato in quanto tutti, meno mia madre sapevano che con D. facevo l'amore da due anni- le nostre mamme che piangevano- 723 Conosco: i ritmi, i tempi, la sintesi, l'economia, il tutto indispensabile che ce l'ha uguale il direttore dell'Operà di Parigi IRSCH, che però io l'ho avuta un nove anni prima di lui, (ne ho una in ogni stanza occupata dai miei collaboratori) perchè mio nipote Galeazzo le vende e questa faceva parte di uno stock che ho pagato due lire forse me le ha regalate e che invece lui chissà quanto l'avrà pagata(!) che sembravo proprio una business-woman Anche con "Gli arcangeli" l'anno prima, (stagione 59-60) abbiamo avuto grane con i censori, che pur avendo avuto il testo un mesi prima del debutto, pretendevano di imporci dei tagli il giorno dell'anteprima. Come avremmo potuto farcela? Ci siamo rifiutati di portare modifiche al copione. Così ogni sera venivano due poliziotti in 724 palcoscenico constatavano seguendo lo spettacolo che non rispettavamo i tagli, stendevano il loro bel verbale: abbiamo totalizzato in 9 mesi di turné, duecentocinquanta denunce. Un bel record. Poi però, non è successo niente. 725 IL PADRE MORTO: IL GIORNO DEL FUNERALE ricordo le morti di Lina e Enrico Cercavo il coraggio di toccarlo. Volevo dargli un bacio. Non avevo mai osato farlo in tutta la mia vita. Per pudore. Per timidezza. Ho allungato una mano, incerta, per arrivare alla sua.Quando l'ho sentita sotto le dita, ho avuto l'impulso di ritirarla. No, è tuo padre, pìoi non o verai più.Ho vinto la repulsione e sono rimasta lì, padrona, sulla sua mano di marmo: ho toccato la morte. Ci ho preso confidenza. poi un bacio lieve su una guancia e finalmente ho pianto seduta vicino a lui. Quante cose mi sono venute in mente, fatti dimenticati nella memoria. Con mia sorella Lina è stato diverso ero adulta: 40 anni. Mi sono occupata di ogni cosa, dalle coroni di fiori alla scelta della bara: raso bianco trapuntato. E ricevere gli amici, i conoscenti, e parlare. Anche in quel caso, le sono rimasta 726 vicina, da sola. La guardavo. Triste da viva, incazzata da morta per via di una vita vissuta con un marito ignorante e rozzo che l'aveva spesso umiliata. La sua vita senza gioie mi passava innanzi. E al dolore per la sua perdita mi cresceva dentro la rabbia di non essere riuscita a strapparla da una inutile condizione di sottomissione, di abbozzare, di non coraggio. Di quando in quando il commento banale di qualcuno che entrava: "pare che sorrida". Macché imbecille, è il freddo che le tira la faccia. Negli ultimi anni non ha mai sorriso. E' stato lì che ho giurato a me stessa che nessuno m'avrebbe vista da morta. Di mio fratello ho visto solo la bara già chiusa in partenza per l'Italia da N.Y. Che bizzarria questa di mio fratello di venirle a morire tanto lontano da casa. Lui, che da vivo non avrebbe mai disturbato nessuno, da morto s'è trovato al centro di una difficoltà dietro l'altra. Dario e io stavamo effettuando una turné 727 negli Stati Uniti. Il debutto a N.Y. era importante, parenti e amici erano tutti lì per farci festa. La sera prima avevamo cenato insieme. "Domani andiamo a vedere...." fa a Pia, ci vediamo alle sei. Arrivano le sei, le sei e trenta... niente. Enrico non si vede. Telefoniamo all'Hotel. "Siete dei parenti?" - "Sì." - "E' morto." E' uno scherzo? No, era morto davvero. Nel sonno. Una cameriera l'ha trovato. Dario, con un giornalista si precipita all'hotel. Io non potevo accompagnarli: avevo lo spettacolo dopo un ora. Non ho recitato molto bene quella sera. Ho anche maledetto questo lavoro. IL 68 Nell'autunno del 68 decidiamo di abbandonare il circuito teatrale tradizionale, ufficiale e mettere a disposizione il nostro lavoro, la nostra vita (e non sto enfatizzando) con un impegno diretto di quella parte di pubblico che normalmente viene ignorata dal teatro 728 ufficiale: operai, casalinghe, studenti, contadini. Pubblico che solo in questi ultimi anni viene intruppato e portato con pulman nei teatri del centro, organizzati da Cral e Sindacato. Riprendendo la tradizione di mio padre portiamo il nostro teatro in piccoli centri, nei quartieri periferici, nelle fabbriche occupate, nei palazzetti dello sport. Insomma, decidiamo di metterci a disposizione della classe alla quale sentivamo di appartenere. il promletariato. Detto oggi, così, a distanza di anni suona un po' tromboneggiante, allora no. Suonava bene. Otteniamo una risposta straordinaria: una folla di giovani, studenti, operai ragazze, donne sono ogni sera presenti. In qualsiasi posto si svolga lo spettacolo i locali sono gremiti all'inverosimile. Nei palazzetti dello sport, ci abbiamo messo anche 12 mila persone. Che testi recitavamo? Il quotidiano. La vita della gente, le difficoltà. Il materiale lo trovavamo a iosa. Erano tempi brutti. Gli incasi spesso vanno a fabbriche in 729 occupazione, che grazie alla sopravvivenza cjhe gli è garantita dagli spettacoli, in certi casi, come per la Sampas di Milano, tengono duro e alla fine vincono la sentenza col padrone. (ricevute fabbriche). Quando Dario mi ha proposto di lasciare le strutture tradizionali e di portare il nostro teatro per "boschi" non mi diceva niente di nuovo, per tanto l'avevop fatto con mio padre. Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia 730 vita: rabbia, paura angoscia, commozione, meraviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi... inaspettate, inaudite, così i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazioni, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate è un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato un libro "Le lettere del mio nome" di Grazia Livi, "é importante, leggilo". Il titolo cosi ermetico non mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore: "Il tema appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna". Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita "menata" femminista socialpolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, esibenti, compiaciute dello sfoggiar "cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta, senza la minima preoccupazione di essere capite da chi aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberarsi") 731 la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì, pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po' arroganti o troppo offensivamente accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uomo nel loro modo di essere, parlo delle intellettuali, che esprimevano comportamenti che ho sempre rifiutato. Parto a leggere indifferente e diffidente. Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li ho nemmeno saputi. M'ha tirato dentro la chiarezza, ne facile ne semplicistica, seppur colta con cui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche la crescita di un personaggio-donna, come te 732 lo ripropone tutto, secca e piena, leggera, meticolosa delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi. Di ogni donna di cui parla, ti presenta le più remote sensazioni, ogni personaggio è da lei scandagliare nel profondo, c'è tutto quello che hanno detto gli altri e quello che ne hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certezze e molto altro che ora non mi riesce di esprimere. Poche pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De Beauvoir.NON mi é mai stata completamente simpatica.A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta egoista.Il suo evidente essere una intellettuale aristocratica m'e l'ha sempre allontanata.In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa della spesa in mano, fazzoletto in testa .Ha lanciato un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.Dario ed io ci siamo guardati 733 interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come un bambino scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon..", ha mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io ci sono rimasta un po' male.forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del ragionato-Livi é una donna che capisco e ammiro di più.Altre biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidità, intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addosso.Il mio "dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo.Mi sento come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, 734 irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a disagio, turbata, scombussolate. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato.Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato.Mi sento addosso il peso di non essermi mai sentita in lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non averne i numeri, le capacità per poter partecipare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione.Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me .Già arresa, prima di essere vinta.Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto.Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce.I giorni della mia vita :22.630 , sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi.Possibile? E' così.Sento l'esigenza di esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando me stessa?..Il mio io?..Ci ho tanto 735 ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma ora qualcosa di concreto mi urge.Devo fissare qualche punto. Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono tanti, non avessi vissuto, lavorato incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore, pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza.Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo. 25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori".Li avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città.Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di raccogliere qualcosa.La sera, nel cortile di casa mia, gran festa.Un giradischi, e 736 ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie da oltre due anni.In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono.Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi.Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni dopo(1973) in circostanza ben diversa , per dolore e drammaticità.Ancora seduta, su di una sedia ora, con la testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo 737 ( che non ho terminato) di Varese, con i fascisti che entrano in classe, in silenzio ci guardano a una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa triste.."Villa triste era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro, non avevo fatto niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto.E il cuore a battere più forte."Forse muoio"."Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so".Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo."non lo vedo da un po'", sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio, 738 che era successo?"Allora?"Erano minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo lasciati da un sacco di tempo."Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo e le mani sudate."Sei una incosciente, sei una disgraziata.Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa bene.E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in quattro che avevo stracciato prima di passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a scuola.Incoscienza, più che coscienza politica. I GIORNALI Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai letto un giornale.E questo che c'entra?Nulla.Sto cercando di tirar fuori fatti lontani, che disordinatamente affiorano al mio cervello vuoto Non ho mai letto i giornali.Lo dico con meraviglia.Possibile?In casa mia c'erano, 739 la mia era una famiglia socialista quando esserlo costava qualche cosa.Si pagava, senza ricevere nulla in cambio:con quella tessera in tasca allora carriera o posti di comando, non ne ricevevi.I giornali c'erano, li toccavo quando li raccoglievo da terra dopo che mio padre li aveva letti.(incredibile quanto mio marito assomigli a mio padre:anche lui, li butta per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono sicura di non averne mai aperto uno fino ad un certo giorno.cioè quando sono andata a sbattere con la mia bicicletta addosso ad una Topolino (in realtà gli ho sfiorato un parafango).La reazione del "guidante" è terribile e immediata e assolutamente fuori posto/"Ecco chi rovina l'Italia!""No, guardi io..""Silenzio!Voi giovani che delegate.Delegate e non leggete i giornali!".Allibita, senza parole.E' da quel giorno che dei giornali leggo tutto..dalle inserzioni agli annunci mortuari.Grazie isterico signore della topolino.Grazie. Forse ora posso correre all'inizio della mia 740 vita. 1932_ "E' ora che Franca incominci a recitare."è mia madre che parla. La prima parte che ho imparato a memoria, me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot- a mot, parola per parola. Non sapevo leggere .Avevo tre anni.. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva recitato da mia sorella Pia in "la passione del Signore"atto V, orto dei Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo gridare di quando in quando. La parte non era lunga.. non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e ancora."ripeti" diceva la mia mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone."Ripeti!"Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima .Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e 741 oro appoggiate sulle spalle. seppur credente non andava mai in chiesa ma aveva uno zio prete.Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine .E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda.Non avevo fatto nessuna prova.Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda "e quel che segue.Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva immaginare fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa..gli occhi che lanciavano saette tra 742 un tuonar e lampeggiar minaccioso , che disperato gridava:"possano i corvi divorarmi le budella , le aquile strapparmi gli occhi !" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua" , mi fece un terribile effetto.Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando?!Ero stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella , solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i colori!Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera."Ma cosa sta capitando?Perchè lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare;Mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentori.Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli sia capitato.Forse è impazzito." Anzi.A 743 piccoli passi, camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai.Dio che paura!Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci.Insomma cercavo con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico.Pia s'è ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prospettavano niente di buono..Lo zio-Giuda si blocca per non più di tre secondi, lo giuro.e poi con voce profonda (intanto con la mano mi solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei grande!A QUEST'ORRENDO PECCATORE MANDI IL CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi la mano..No, no, non me lo merito!-e , dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve usare un po' di forza per liberarsi da me 744 che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo andare.Grida:"L'albero più alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami andare angiolino..Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di scena.Mia sorella(l'unica volta nella sua vita , credo)non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue.Grande applauso.Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni.Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e mesta quel tanto che serve dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore..Non s'è pentito!" e via che esco..Ce l'avevo fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi, "la passione del Signore" ha sempre avuto due angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio.E 745 tutti giù a piangere. A 5 anni:"gli spazzacamini della valle d'Aosta.Com'è che succedeva? Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio che non avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con certezza di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo.La parte come sempre fino a che ho 4 imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente , era come se la sapessi già.Anzi, la sapevo già.Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi permettesse di addormentarmi, mentre i miei recitavano una sera dopo l'altra?"Gli spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il protagonista, figlio di una povera ma bella incintata e poi abbandonata dal figlio del conte..vengo, a causa della miseria in cui nascono quasi sempre quelle incintate dai "contini", NONOSTANTE LA TENERA età 746 affidato ad un "mercante di carne umana"!, un delinquente che specula sui bambini che gli vengono affidati, mandandoli spesso a morire nel tentativo di pulire, in quanto smilzi e denutriti (quanto piangeva la gente!) la cappa di un camino.E' quando, la mia mamma che per fortuna era venuta a trovarmi a Torino col mio nonno sennò chissà come avrebbe mai fatto a tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia morto nella cappa del camino "Oh che tremendo dolore!" e via che Impazzisce. La ragazza in questione era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che quel giorno lì in quanto ammalato, era stato sostituito nel lavoro da un compagno, certo Carletto, che muore al suo posto. (Mai essere generosi!) Questa è per Gino una giornata davvero fortunata.Il vecchio conte è schiattato nel frattempo, ed il contino, vale a dire il suo papà, decide in quanto sempre innamorato della mia mamma, di riparare al malfatto e di sposarla.Ci sono un po' di problemi per far rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma 747 alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime e singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica finale per non mandare a casa la gente con il magone. Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, TEATRO POPOLARE appunto, nella tradizione della COMMEDIA DELL'ARTE , completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie , come la nostra , che agiva no in provincia.Il nostro successo stava tutto in questa differenza.Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacosa, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma 748 una specie di canovacci e per molti testi non esisteva nemmeno il canovaccio. Ce li avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi?Non lo so.So solo che i teatri eran( sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre.O se c'era il funerale di un defunto importante del paese:il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il farmacista.E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulietta, 6 la passione, "il povero fornaretto di Venezia e non mi ricordo più quali altri drammoni avessero successo)mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo e tu questo., .e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti. "L'assassino del corriere di Lione" .Scena PRIMA: la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto , partito povero , 749 tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo repulsione. Manifestare freddezza e imbarazzo.Ricordarsi che la madre è morta. Scena seconda:un uomo(lo stesso attore che interpreta il personaggio del padre) languisce in una cella, è un innocente caduto in un errore giudiziario terribile.Accenni all'assassinio di un corriere a Lione.Accenni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al paese.Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta. Comica finale.Non c'è personaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato.Neonati(8 giorni in braccio 750 alla mia mamma-in la Genoveffa di Brabante), bambini o bambine, ragazzini signorine, giovanotti, suore, cortigiane, prostitute.Una volta ho fatto persino, il cuciniere Dracco. La storia nel ricordo, mi fa ancora ridere.Ero cresciuta e la Genoveffa(che dio la maledica, quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo io.Giovane e bella moglie del re alla guerra, sola nella raggia viene insidiata da Golo, un primo ministro della situazione, che lei respinge furente e offesa. La donna giovane donna decide di inviare una missiva al marito tramite il cuciniero Dracco:l'unico che a corte le sia rimasto fedele. per avvertirlo del tradimento del suo braccio destro."Torna o mio dolce sposo, torna! che quel maialone del Golo vuole fare con me, proprio quella cosa là!" Golo che è sempre lì a origliare , scopre tutto e zak!, pugnala il poveraccio e manda a dire al re che Genoveffa è incinta del cuciniero."Ti ha tradito o mio re, che vergogna con un cuciniero!"Il re ci casca, fuori dalla grazia di dio "un 751 cuciniero no!"ordina il taglio della testa della la fedifraga e anche del bambino nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE POI TUTTO , COME SEMPRE, FINISCE IN GLORIA ) Arriviamo sulla piazza e ci rendiamo conto che ci manca l'attore che avrebbe dovuto interpretare il ruoli del cuciniero .D'accordo, sono due parole che si possono anche tagliare, ma fisicamente deve essere in scena.Ci ragioniamo sopra un attimo per vedere come risolvere. Bene.Ci siamo.Facciamo così.Al momento cruciale, vado alla quinta di destra.Il perfido Golo mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando fuori scena con il cuciniere che non c'è, fingo di consegnargli il messaggio e poi, affranta, esco. Velocissimi mi mettono sulle spalle un mantellaccio con capuccio, che mi copre dalla testa ai piedi.Rientro in scena con la missiva bene in evidenza in mano, faccio qualche passo come se ora io parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su di me"muori, spione di un cuciniero!E via che mi pugnala.Cado morta.Golo mi 752 trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla parte opposta da cui sono entrata. Mi tolgono il mantello, mi raddrizzo la parrucca bionda dalle lunghe trecce, corro velocissima dall'altra parte.Rientro in scena e vedo Golo che pulisce il pugnale assassino nel mantellaccio che indossavo fino ad un secondo fa."L'avete ucciso!Assassino!!"Ansimo un pò, per via della corsa, ma sono perfettamente in parte e nessuno s'è accorto di niente.Noi eravamo in grado di andare in scena senza prova alcuna, con un testo nuovo allestito di sana pianta.Arrivavamo ad esempio in una piazza nel giorno in cui in paese si festeggiava la santa patrona, ebbene, debuttavamo con la storia di quella santa sulla quale mio padre e mio zio avevano giorni prima letto e ascoltato dalla gente, vita morte e miracoli.Avevano riunito la compagnia, raccontato a sommi capi l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi adatti non c'erano si rimediavano, e via che si debuttava.Senza prove.Se si confronta con i 90 o addirittura i 180 753 giorni di prova delle compagnie di oggi..Ma certo che allora, sovvenzioni ministeriali o regionali o provinciali o comunali, non ce ne erano, quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare eccome. L'unico posto, luogo dove io mi senta a mio agio è il palcoscenico.No, non per via:ama la polvere del palcoscenico.No.Sono allergica alla polvere, alle banalità, alla rettorica.Sto bene in palcoscenico perchè è casa mia.In qualsiasi città mi trovi, quando sono in teatro sono a casa.Entrando nella hall di un teatro, non m'è mai capitato di dovere chiedere"scusi, dov'è il palcoscenico?"Conosco automaticamente la strada, dove sono i camerini, il gabinetto."Ma ci sei già stata qui?""No, è la prima volta""Non ti credo""Sì, forse ci sono già stata".Sto bene nei camerini, anche se squallidi.No, non li addobbo con sete colorate.L'ho fatto qualche volta..senza accorgermi andavo dietro all'onda, voglio dire alle usanze degli attori..ma erano 100 anni fa.Poi ho 754 scoperto che non mi ci trovavo con QUEGLI addobbi intorno, non sentivo il bisogno di ricostruirmi il "salotto"di casa mia, anche se il camerino era un cesso.E DIO sa quanti camerini "cesso" trovano gli attori nei teatri e nei cinema di casa nostra.L'unica cosa alla quale non rinuncio è la luce."Lino!!(è il tecnico delle luci) La luce"Lino arriva e mi piazza certi 5OO da accecare.Io ci sto bene. La luce e il mio baule, ora i miei bauli..Mi piacciono i miei bauli.E' un classico baule armadio d'attori, verde fuori a fiorellini l'interno.Ci sono i cassetti e nei cassetti di tutto:golf, libri, fogli, macchina da scrivere-computer, pennarelli, lettere e cianferi d'ogni genere.Il primo baule della mia vita l'ho comperato a rate nel 51, non appena arrivava in compagnia primaria.Dentro non c'era quasi niente, ma quel sacramento , che si apre all'impiedi dividendosi in due e diventa un armadio, con cassetti e reparto per i cappotti, con tanto di targhetta in metallo con il mio nome, mi dava una gran sicurezza.Per la 755 verità era una sicurezza del tutto speciale:la sicurezza di avere anch'io il baule come tutti gli altri.Credo che quella sia stata l'unica sicurezza di quegli anni e per molti anni dopo.Credo anche di essere la persona più insicura che io conosca.Il mio baule, il suo contenuto, il camerino il palcoscenico:sono a casa. Io non mi considero un'attrice.Sono "anche " un'attrice.In casa mia ho imparato tutto quello che può servire per poter fare questo lavoro:attrice, elettricista, fonico, costumista, trovarobe, direttore di scena, servo di scena, piazzare le luci, suggerire, sarta, vendere i biglietti, truccare, pettinare, ballare, cantare (sono un po' troppo timida, seppur molto intonata!Me l'ha detto 10 -14 Giovanna Marini, e se lo dice lei..)la ricerca delle piazza l'amministratore, fare un borderò, (ora è però diventato difficilissimo)I miei avevano addirittura una propria tipografia dove si stampavano i manifestini, insomma i volantini di adesso.Avevamo centinaia di scene belissime, dipinte da un 756 pittore della Scala, Lualdi che veniva a passare le sue vacanze da noi, ogni tanto, le rinfrescavamo tutti insieme.Ogni giorno cambiavamo piazza, (dico piazza per dire "paese, non recitavamo in piazza ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori, quindi ogni giorno si dovevano montare scene e luci.Anche i nostri costumi erano belli.Figuriamoci!Mio padre, tramite l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal Teatro della Scala.E se per un nuovo testo mancava qualche costume, ce lo facevamo in quattro e quattrotto.Mia madre, maestra diciottenne, figlia dell'ingegnere del comune dove risiedeva(Bobbio) e di una casalinga si era innamorata di questo "girovago marionettista"che un giorno era passato di lì, e con grande scandalo dalla famiglia-(povera come l'acqua, ma di una classe sociale superiore a quella di mio padre)e del paese se l'era sposato.Mia madre, era bellissima e quando dico bellissima voglio proprio dire"bellissima"senza artificio alcuno. Nessuno di noi, quattro figli, pur 757 assomigliandole, s'è avvicinato a tanto;Bellissima, giovane, innamorata, aiuta Domenico (il marito)e Tommaso (fratello del marito e Stella, (sorella del marito)in tutto quello che può .Cerca con tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova vita, tanto diversa da quella che aveva condotto sino a quel giorno.Non sa manovrare le marionette, ma si ingegna a vestirle.Poi, più avanti, dirà qualche battuta.Con l'avvento del cinema (1920)) i due fratelli intuiscono che "il teatro delle marionette" sarà presto messo in crisi, subissato, da questo nuovo fantastico mezzo di spettacolo. Decidono un cambiamento radicale(con grande dolore del nonno Pio, un amate di Garibaldi, l'unico ritratto in nostro possesso lo raffigura vestito e somigliante all'eroe!)"Entreremo in scena noi, al posto delle marionette, reciteremo noi inostri spettacoli"Così mio padre con la propria famiglia aggiunta alla famiglia di mio zio Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di legno, vere e proprie sculture, tre delle 758 quali sono esposte al Museo del teatro della Scala di Milano.E quando inizieranno a recitare di" persona", a portare loro stessi in palcoscenico i testi, i personaggi che avevano fino allora interpretato muovendo e doppiando pupazzi di legno, lei, la mia mamma , diventa la prima attrice della compagnia.Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li faceva studiare, si occupava della casa, e come una più che provetta casalinga( a tutti gli effetti)teneva l'amministrazione della compagnia come fosse quella di un normale menage familiare, si occupava dei costumi, aveva imparato pure a cucire, e alla sera, via!, E Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la Fantina dei Miserabili, tutti ruoli che via via, abbiamo interpretato anche noi figlie e le cugine Ines e Lucia.Percorro così l'apprendistato dei teatranti interpretando via via che cresco, tutti i ruoli maschili e femminili adatti alla mia età.Il vantaggio della compagnia di mio padre rispetto alle altre compagnie di giro, (così si 759 chiamavano le piccole compagnie di provincia) è l'invenzione di impiegare tutti i trucchi scenici del teatro magico delle marionette, nel "teatro di persona"":montagne che si spaccano in quattro a vista, palazzi che crollano, un treno che appariva piccolissimo lassù nella montagna e che man mano che scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in scena con il muso della locomotiva a grandezza naturale.Mari in tempesta, nubi che solcavano minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che volava.scene in tulle in proscenio, che illuminate a dovere ti facevano vedere come era il paradiso.Insomma tutti gli espedienti tecnici dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva ancora, dentro la scenotecnica delle marionette.soltanto che in quel teatro tutto era stato miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire una operazione da Gulliver alla rovescia:da minuto che era ingrandire ogni oggetto, aggeggio, marchingegno fino a renderlo identico alla realtà.In 760 questa nuova veste"il teatro di persona" la compagnia di mio padre realizza un successo insperato.Si lavora come sempre a tempo pieno.Mio padre , il capo, con il ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del comico-brillante a secondo dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia;le mogli, i figli, gli attori scritturati;i dilettanti gli amici componevano la nostra compagnia.Giravamo cittadine, paesotti e paesini del nord Italia su di una corriera che chiamavamo "Balorda" a causa del comportamento bizzarro che aveva, che più che al suo cattivo carattere andava attribuito agli anni. In certi paesi nei quali ad una certa ora del giorno si passava, nei turnichè particolarmente ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci aspettavano.Ci spingevano fra tante risate, poi la sera ci raggiungevano ed entravano a godersi lo spettacolo gratis."Siamo quelli che abbiamo spinto." "Passate".Mio padre, amava la Balorda , e zingarone com'era, gioiva tutto nel vedersela rilucente di 761 colori sgargianti. Mia madre, ogni volta che lui le cambiava colore:"non sposeremo mai le nostre figlie !" "Hai ragione Milietta..domani le cambio colore"E l'indomani quando "Emilietta" si affacciava in cortile, ecco la Balorda ridipinta:d'argento!"Non sposeremo mai le nostre figlie!"Arriva la guerra, finisce la guerra.Bombardamenti non ne avevamo avuti.Qualche bomba sulla fabbrica di aerei:la Macchi, lontana dal centro, alla periferia di Varese, a Masnago.Ricordo a proposito di questo paese, una sera che si tornava a casa dopo lo spettacolo veniamo fermati, sia noi che tutti quelli che passavano per quella strada dopo di noi, da un gruppo di fascisti e S.S.Ci hanno fatto entrare in un cortile, (era quello dove abitava uno dei nostri dilettanti, chiamato"Luigino cassa da morto, perchè suo padre le fabbricava) dove siamo stati per ore bloccati.Solo all'alba ci hanno lasciati andare.Non è stato per niente drammatico.L'aria, nonostante i tedeschi era di festa a causa della inconsuetudine 762 dell'avvenimento.Si sà, i giovani trovano sempre la maniera di di superare le tensioni. Sarebbe però, tanta allegria finita in tragedia se quell'alba avesse portato la notizia di una missione tedesca andata male.Ci avrebbero fucilati tutti. l'abbiamo saputo qualche giorno dopo.Per fortuna l'abbiamo scampata.Altre volte, capitava che ci fermassero dei partigiani.Non dicevano "siamo partigiani" ma erano in borghese con i mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio?" Li facevamo salire.Più avanti capitava d'incontrare picchetti fascisti che ci fermavano. Ci conoscevano.Avevamo un permesso speciale per il coprifuoco."Buona sera signor Rame,.Com'è andata?" "Benissimo!" "buona notte."Ce ne andavamo;nonostante il FINE 763 GENTE: FRANCA, TORNIAMO INDIETRO DI 40 ANNI, RACCONTACI IL TUO PRIMO INCONTRO CON DARIO. Le nostre strade s'incontrano ad un certo punto delle nostre vite, ma partono da punti assai diversi. Io nasco da una famiglia d'attori girovaghi, ed ho debuttato ad otto giorni, ne il figlio della "Genoveffa di Brabante", in braccio alla mia mammma. Via via che crescevo, ho interpretato tutti i ruoli possibili ed immaginabili maschili e femminili, finche, dopo i vent'anni ho lasciato la mia famiglia per seguire mia sorella Pia che abitava a Milano in quel tempo ed era prima attrice giovane con Renzo Ricci. Il mio desiderio era di riuscire a mia volta entrare in una compagnia primaria. Un gran salto! Dario invece, studiava architettura al politecnico, e per passione raccontava favole grottesche agli amici, racconta oggi, racconta domani, s'è trovato 764 scritturato nella compagnia di rivista, "Franco Parenti sorelle Nava". Nella stessa compagnia c'ero io. Il capocomico era di Carlo Mezzadri, l'allora marito di mia sorella Pia, che per strada ha lasciato il mestiere d'attrice per aprire una sartoria teatrale. Oggi Pia è una affermatissima creatrice ed esecutrice di costumi teatrali. E' arrivata fino a Las Vega con le sue creazioni. Ha fatto una figlia, ha scritto un libro sulla nostra famiglia, gioca a poker, ama il tennis seguendolo sul teleschermo, la musica classica, legge molto, è curiosa, dimostra un vent'anni in meno di quelli che ha, ma quello che più conta, è che è generosa, spiritosa, caustica, insomma è il personaggio più divertente, poliedrico che io abbia intorno. Ci vogliamo molto bene. Abitiamo nella stessa casa, ci capita anche di litigare a volte, ma ci siamo l'una per l'altra, sempre. E' lì che io e Dario ci siamo incontrati. Lui s'innamora subito di "questa sventola dolcissima", così mi chiamava. Si prende 765 un imbesuimento di terzo grado. S'innamora subito, ma se lo tiene per se. Anzi non mi guarda per niente e se mi guarda non mi vede: come fossi trasparente! Com'è?! Seni tondi, gambe lunghe, capelli biondi eccetera eccetara... piena di ragazzi che mi giravano intorno e lui , 'sto spillungone anche bruttino, (ora è bellissimo!) niente. Non faceva una piega! Non mi guardi? Ti castigo! Una sera, si provava lo spettacolo al cinema Colosseo, l'ho preso per le mani, l'ho messo contro il muro, e gli ho dato un gran bacio, ma proprio un bacio bacio! E mi sono scoperta innamorata pazza. Il "da ridere" è che tutto è successo per scommessa. Siamo andati avanti per due anni tra baci e litigi.... classico degli innamorati, fino al giorno che ci siamo sposati: 24 giugno 1954 in Sant Ambrogio! Dario, metterà una battuta, per il fatto di essersi sposato in chiesa (lui, quasi ateo-marxista) addirittura nello spettacolo "Gli arcangeli non giocano al flipper" : "Sposato in chiesa per 766 accontentare madre di lei molto credente." SALTO SALTO FOTOCOPIARE PAGINE siamo siatemati alla bellemeglio. Il bambino ha pianto per quattro giorni di fila. Per quanto spirito di adattamento avessimo noi, non riuscivamo proprio a comunicarlo a questo tipo appena nato che non sapeva niente della vita. Comunque faticavamo anche noi a cavarcela e per le scomodità e per la mia totale inesperienza "Piange? Avrà fame" Lo attaccavo al seno, lui ciucciava un po' e poi di nuovo "uhèèè uuuhèèèè!""Oddio, forse è ammalato!" Al quinto giorno decidiamo di tornare in clinica e stabilirci lì. Il nostro ritorno è stato festeggiato dal personale con brindisi e abbracci. S'è scoperto subito la causa degli uhè del bambino: io avevo poco latte e lui aveva fame. Dopo aver nutrito il fantolino, ci hanno sistemati in una bellissima camera vicinissima alla sala parto. Ci siamo addormentati immediatamente tutti e tre 767 ed abbiamo dormito per almeno giorno intiero, finalmente rilassati. Ci siamo insriti molto bene in questa nostra insolita vita, abitavamo lì e cercavamo casa. Come vedevamo in carridoio davanti alla porta della sala parto un padre in angosciosa attesa Dario subito s'informava: "Sa è un parto cesareo!" E Dario: "non si preoccupi, anche Franca ha avuto un cesareo...Vero Franca?" e io "Sì, sì... è una sciocchezza, vedrà" E quello si calmava. E un altro: è messo di piedi"... "Non si preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi...e tutto è andato benissimo. Vero Franca?" Solo quando un padre era preoccupato perché la moglie stava partorendo 2 gemelli siamo rimasti senza parole. Tutti sapevano che avevamo un figlio solo. Ci siamo stati tre mesi in quella clinica. Quanti padtri e quante madri abbiamo rinfrancato. Qualcuno ci viene ancora a trovare con i figlio nato proprio in quei giorni. Che benissimo! Finalmente abbiamo trovato una casa in 768 via Bruno Buozzi e ci siamo trasferiti. Una casa piccola con un terrazzo enorme. Nel palazzo vicino al nostro vivevano Roberto Rossellini ed Ingrid Bergam al tempo della loro "colpevole" passione. Avevamo sempre amici fotografi che ci scongiuravano di poter stare nel nostro terrazzo per poter riprendere i due importantissimi innamorati. ed ero sempre la vamp del casta, la padrona di un night, qualche volta sola, qualche volta con un amante delinquente. Indossavo grepier, calze nere o abiti talmente stretti che spesso me li cucivano lettaralmente addosso al mattino e me li scucivano la sera. Non potevo fare la pipì, non potevo sedermi ed in più mi sentivo frustata dalla testa ai piedi. Ho avuto in quegli anni, due grandi occasioni cinematografiche. Michelangeli Antognoni e Luchino Visconti. Per "Cronaca di un amore" Antognoni aveva scelto me. Io, allora, avevo un grande complesso (complesso che in parte, 769 nonostante varie operazioni ho ancora oggi): ero strabica - strabica, timida e insicura. Nascondevo i miei occhi sotto a degli occhialini lunghi, stretti e scuri. "Lo so che sei strabica, ma per farti fare il film, devo vedere i tuoi occhi. Su... coraggio, togliti gli occhiali". Me lo ha chiesto almeno tre volte, paziente e gentile. Beh, non ce l'ho fatta e la parte la interpretò Lucia Bosé. Visconti si era intestardito su di me, per un ruolo in "senso". Io stavo in tournée con Dario a Trieste. Telefonate sopra telefonate. E mi spiaceva lasciare la compagnia, Dario e mi sentivo come sempre insicura. "Sì, scendo, faccio il provino poi magari mi dicono di no..." "No, ti prende a scatola chiusa gli abbiamo portato tutte le bionde d'Italia, non gliene va bene nessuna. Se vuoi ti mandiamo il contratto." Niente non me la sono sentita, qualcosa mi ha bloccato. Il ruolo è andato a Marcella Mariani bruna, fragile, ex miss Italia, completamente diversa da me. Visconti 770 aveva cambiato tipo. Il giorno della prima del film a Bruxelles, Marcella Mariani è partita in aereo per quella città. Se io avessi interpretato quel personaggio quasi sicuramente sarei stata al suo posto. L'aereo è precipitato. Tutti morti. Ecco cosa mi aveva bloccato. Il mio sesto senso mi aveva salvato la vita, come è capitato altre volte.Da quel giorno, se qualcosa mi salta nel lavoro od altro, penso che così doveva essere, il negativo diventa positivo "doveva andare così". Nel '57 mi sembra vengo scritturata dal Teatro Arlecchino a Roma, per interpretare un testo di Feydeau che sembrava scritto per me: "Non andartene in giro tutta nuda". Dario scrive per i fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla, un atto unico "Gli imbianchini non hanno ricordi" Ci prende gusto e ne scrive altri. A quel punto gli propongo di ritornare a Milano e farci una compagnia nostra. Interpelliamo Paolo Grassi allora direttore del Piccolo 771 Dopo la clamorosa rottura per Canzonissima, la TV ci era proibita, ma c'era sempre il teatro. Nel '63 ci fu il nostro spettacolo su Colombo "Isabella, tre caravelle e un cacciaballe", che quest'anno verrà presentato per le Colombiadi, in spagnolo a Valencia, con la regia di Arturo Corso e anche trasmesso dalla II rete in ottobre. L'anno dopo "Settimo ruba un po' meno" e via via, ogni anno uno spettacolo nuovo, di successo, fino al '68, alla decisione, presa con Dario di lasciare il teatro tradizionale e di mettere a disposizione il nostro lavoro per sollecitare una presa di coscienza. La simpatia per la classe operaia non bastava più. La lezione ci veniva direttamente dalle straordinarie lotte operaie, dal nuovo impulso che tutti i giovani stavano dando nelle scuole alla lotta contro l'autoritarismo, l'ingiustizia sociale, le spinte per un nuovo rapporto con le classi sfruttate, per creare una 772 nuova cultura. Dovevamo smettere di fare gli intellettuali che, comodamente sistemati dentro e sopra i propri privilegi di casta, si degnano, bontà loro, di trattare anche i problemi degli sfruttati. Dovevamo deciderci a metterci interamente al loro servizio: diventare i giullari degli sfruttati? Questo voleva dire andare a recitare in strutture che fossero gestite da loro, dalla classe operaia. Ecco perché subito pensammo alle case del popolo. Facemmo teatro nelle case del popolo, nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una capanna di via Colletta a Milano, alla famosa palazzina Liberty, sempre a Milano, che ristrutturammo completamente e che poi ci fu tolta.Nel '73 ci fu anche un episodio terribile nella sua vita. Vuole parlarne? Non ne parlo volentieri. Sono passati quasi 20 anni, ma mi basta un niente per ritrovarmici dentro di colpo. Nessuna donna che abbia subito violenza sessuale, 773 potrà mai staccarsi completamente da quel momento orribile. Sono stata caricata su di un furgoncino da tre individui e poi scaricata stravolta e sanguinante vicino alla metropolitana di via Dante. Non ho detto a nessuno quello che mi era realmente accaduto. Nemmeno a mio marito. L'umiliazione della violenza sessuale, lo sfregio, era sopratutto per lui e per mio figlio. No, me ne sono stata zitta: più dignitose "le botte". Mi sono tenuta tutto dentro, ma ho sbagliato. Il non averne parlato con nessuno , l'essermi tenuta tutto dentro (anche se tutti avevano intuito quello che realmente mi era successo) mi teneva in una continua tensione. Un caro amico, il professor MACACCARO, che mi era stato molto vicino con gli avvocati in quei giorni così pesanti, mi ha consigliato un' analista donna, ma io non me la sono senita. Dopo tre anni ho deciso di scrivere quanto mi era successo... Senza una parola ho passato i fogli a Dario. Li ha letti. Senza una parola mi ha abbracciato. Finalmente 774 ce l'avevo fatta! Un nodo, il primo, si era sciolto. Poi, in appoggio alla campagna che si stava facendo in quegli anni per l'approvazione di una legge contro la violenza sessuale, ho deciso di portare quanto avevo scritto in teatro. Andai di colpo in scena, senza provarlo (non riuscivo) e senza che nessuno della compagnia lo sapesse. Solo Dario ed io ne eravamo al corrente. All'ultimo momento, invece di recitare "il risveglio" annunciai un brano nuovo." Ho trovato questa testimonianza su di un giornale e ve la recito" Da quella sera ho replicato "lo stupro" (questo è il titolo del brano) almeno duemila volte. E via, anche il secondo nodo si stava sciogliendo. Mio figlio dice: "sei andata in analisi davanti a migliaia di persone." Poi l'ho recitato anche in Fantastico, quello di Celentano. E' andata così. Gli atti di violenza sessuale contro ragazze erano all'ordine del giorno. Processi, stupri, violenze fisiche e morali contro le donne. Sono sempre più impegnata in questo campo. Propongo il 775 brano a Celentano. Accetta. Ci sono resistenze da parte della prima rete, ma lui ha un contratto di ferro. e alle 20, 30 finalmente mi comunicano che prenderò parte alla trasmissione.. La voce è circolata in sala stampa. Due giornaliste vengono in delegazione e mi chiedono una conferenza stampa dopo la trasmissione. Va bene. Eseguo il brano, precisando come sempre che è una testimonianza di una donna che ho trovato su di un giornale. Sono molto tesa. I fotografi non stanno fermi un attimo. Per riuscire ad arrivare alla fine mi devo concentrare completamente. Ci sono dentro in pieno. Soffro come allora. Rabbia, umiliazione, terrore. Un brutto momento. Alla conferenza stampa qualcuno accenna al fatto che quella storia era la mia.( a suo tempo ci fu gran chiasso e solidarietà sui giornali) Ho negato molto decisa ma egualmente qualcuno privo di sentimenti e di rispetto me l'ha attribuita sui giornali del giorno dopo. Per me è stato duro. Fin che la gente non sapeva, diciamo, magari 776 qualcuno lo intuiva ma con me non ne parlavano, io potevo portare quell'esperienza in teatro, ma da quando si è saputo ho deciso di non farlo più. Non avrei potuto, a parte che sarebbe stato anche di cattivo gusto. in fondo a questo testo c'è un pezzetto l'inizio che ho estrapolato a DONNE 777 NOTE PER BIOGRAFIA -1Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura angoscia, commozione meraviviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi, inaspetate, inaudite, cosiì i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazione, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate ' e un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato un libro"Le lettere del mio nome"di Grazia LIVI, "é imporTANTE , leggilo".Il titolo cosi ermetico non mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore:Il tema appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna. Mi blocco. Oddio, ci risiamo.La solita "menata" femminista socialsocoplogopolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, asibento con sfoogio"cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta , senza la minima 778 preoccupazione di 2 2 essere capite da chi aveva (sto parlandodegli anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberArsi")la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì, pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po' arroganti o troppo accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uono nel loro modo di essere, insomma, tutto quello che ho sempre rifiutato.Parto a leggere indifferente e diffidente.Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li nemmeno saputi.M'ha tirato dentro la chiarezza ne facile ne semplecistica concui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche la crescita di un personaggio donna, come te lo ripropone tutto, secca e 779 piena, leggera, meticolosa delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi.Di ogni donna di cui parla, ti presenta le piu remote sensaziuioni, ogni personaggio é da lei scandagfliato nel profondo, c'e tutto quello che hanno detto gli altri e quello che no hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certesze e molto altro che ora non mi riesce di esprilere. Poche pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De Beauvoir.NON Mì é mai stata completamente simpatica.A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta egoista.Il suo evidente essere una intellettuale aristocrarica m'e l'ha sempre allontanata.In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa della spesa in mano, fazzolette in testa .Ha lanciato un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come 780 un bambino scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon..", ha mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io ci sono rimasta un po' male.forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del ragionato-Livi é una donna che capisco e ammiro di più.Altre biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidita, intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addoso.Il mio "dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo.Mi sento come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a 781 disagio, turbata, sconbussolata. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato.Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato.Mi sento addoso il peso di non essermi mai sentita in lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non avererne i numeri, le capacità per poter participare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione.Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me .Gia arresa, prima di essere vinta.Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto.Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce.I giorni della mia vita :22.630 , sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi.Possibilie? E' così.Sento l'esigenza di esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando me stessa?..Il mio io?..Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma 782 ora qualcosa di concreto mi urge.Devo fissare qualche punto. Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono tanti, non avessi vissuto, lavorato incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore, pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza.Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo. 25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori".Li avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città.Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di raccogliere qualcosa.La sera, nel cortile di casa mia, gran festa.Un giradischi, e ballare e ridere. Poi guardo su, verso la 783 finestra buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie da oltre due anni.In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono.Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi.Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni dopo(1973) in circostanza ben divera , per dolore e drammaticità.Ancora seduta, su di una sedia ora, con la testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non ho terminato) di Varese, con i fascisti che entrano in classe, in silenzio 784 ci guardano a una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa triste.."Villa triste era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro, non avevo fatto niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto.E il cuore a battere più forte."Forse muoio"."Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so".Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo."non lo vedo da un po'", sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio, che era successo?"Allora?"Erano minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo 785 lasciati da un sacco di tempo."Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo e le mani sudate."Sei una incosciente, sei una disgraziata.Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa bene.E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in quattro che avevo stracciato prima di passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a scuola.Incoscienza, più che coscienza politica. I GIORNALI Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai letto un giornale.E questo che c'entra?Nulla.Sto cercando di tirar fuori fatti lontani, che disordinatamente affiorano al mio cervello vuoto Non ho mai letto i giornali.Lo dico con meraviglia.Possibile?In casa mia c'erano, la mia era una famiglia socialista quando esserlo costava qualche cosa.Si pagava, 786 senza ricevere nulla in cambio:con quella tessera in tasca allora carriera o posti di comando, non ne ricevevi.I giornali c'erano, li toccavo quando li raccoglievo da terra dopo che mio padre li aveva letti.(incredibile quanto mio marito assomigli amio padre:anche lui, li butta per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono sicura di non averne mai aperto uno fino ad un certo giorno.cioè quando sono andata a sbattere con la mia bicicletta addosso ad una Topolino (in realtà gli ho sfiorato un parafango).La reazione del "guidante" è terribile e immediata e assolutamente fuori posto/"Ecco chi rovina l'Italia!""No, guardi io..""Silenzio!Voi giovani che delegate.Delegate e non leggete i giornali!".Allibita, senza parole.E' da qul giorno che dei giornali leggo tutto..dalle inserzioni agli annunci mortuari.Grazie isterico signore della topolino.Grazie. Forse ora posso correre all'inizio della mia vita. 1932_ "E' ora che Franca incominci a 787 recitare."è mia madre che parla. La prima parte che ho imparato a memoria, me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot- a mot, parola per parola. Non sapevo leggere .Avevo tre anni.. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva recitato da mia sorella Pia in "la passione del Signore"atto V, orto dei Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo gridare di quando in quando. La parte non era lunga.. non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e ancora."ripeti" diceva la mia mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone."Ripeti!"Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima .Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle. seppur credente non andava mai in chiesa ma 788 aveva uno zio prete.Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine .E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda.Non avevo fatto nessuna prova.Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda "e quel che segue.Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva immaginare fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa..gli occhi che lanciavano saette tra un tuonar e lampeggiar minaccioso , che disperato gridava:"possano i corvi 789 divorarmi le budella , le aquile strapparmi gli occhi !" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua" , mi fece un terribile effetto.Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando?!Ero stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella , solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i colori!Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera."Ma cosa 13sta capitando?Perchè lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare;Mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentoi.Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli sia capitato.Forse è impazzito." Anzi.A piccoli passi, camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur 790 spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai.Dio che paura!Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci.Insomma cercavo con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico.Pia s'è ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prespettavano niente di buono..Lo zio-Giuda si blocca per non più di tre secondi, lo giuro.e poi con voce profonda (intanto con la mano mi solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei grande!A QUEST'ORRENDO 14 14PECCATORE MANDI IL CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi la mano..No, no, non me lo merito!-e , dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve usare un po' di forza per liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo andare.Grida:"L'albero più 791 alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami andare angiolino..Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di scena.Mia sorella(l'unica volta nella sua vita , credo)non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue.Grande applauso.Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni.Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e mesta quel tanto che serve dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore..Non s'è pentito!" e via che esco..Ce l'avevo fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi, "la passione del Signore" ha sempre avuto due angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio.E tutti giù a piangere. A 5 anni:"gli spazzacamini della valle 792 d'Aosta.Com'è che succedeva? Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio che non avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con certezza di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo.La parte come sempre fino a che ho 4 imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente , era come se la sapessi già.Anzi, la sapevo già.Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi permettesse di addormentarmi, mentre i miei recitavano una sera dopo l'altra?"Gli spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il protagonista, figlio di una povera ma bella incintata e poi abbandonata dal figlio del conte..vengo, a causa della miseria in cui nascono quasi sempre quelle incintate dai "contini", NONOSTANTE LA TENERA ETà affidato ad un "mercante di carne umana"!, un delinquente che specula sui 793 bambini che gli vengono affidati, mandandoli spesso a morire nel tentativo di pulire, in quanto smilzi e denutriti (quanto piangeva la gente!) la cappa di un camino.E' quando, la mia mamma che per fortuna era venuta a trovarmi a Torino col mio nonno sennò chissaà come avrebbe mai fatto a tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia morto nella cappa del camino "Oh che tremendo dolore!" e via che Impazzisce. La ragazza in questione era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che quel giorno lì in quanto ammalato, era stato sotituito nel lavoro da un compagno, certo Carletto, che muore al suo posto. (Mai essere generosi!) Questa è per Gino una giornata davvero fortunata.Il vecchio conte è schiattato nel frattempo, ed il contino, vale a dire il suo papà, decide in quanto sempre innamorato della mia mamma, di riparare al malfatto e di sposarla.Ci sono un po' di problemi per far rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime e singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica 794 finale per non mandare a casa la gente con il magone. Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, TEATRO POPOLARE appunto, nella tradizione della COMMEDIA DELL'ARTE , completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie , come la nostra , che agiva no in provincia.Il nostro successo stava tutto in questa differenzenza.Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di cannovacci e per molti testi non esisteva nemmeno il cannovacccio. 795 Ce li avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi?Non lo so.So solo che i teatri eran( sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre.O se c'era il funerale di un defunto importante del paese:il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il farmacista.E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione, "il povero fornaretto di venezia e non mi ricordo più quali altri drammoni avessere successo)mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo e tu questo., .e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti. "L'assassino del corriere di Lione" .Scena PRIMA: la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto , partito povero , tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire 796 nulla per lui, anzi solo repulsione. Manifestare freddezza e imbarazzo.Ricordarsi che la madre è morta. Scena seconda:un uomo(lo stesso attore che interpreta il personaggio delpadre) languisce in una cella, è un innocente caduto in un errore giudiziario terribile.Accenni all'assassinio di un corriere a Lione.Acceni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al paese.Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta. Comica finale.Non c'è pesonaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato.Neonati(8 giorni in braccio alla mia mamma-in la Genoveffa di Brabante), 797 NOTE PER BIOGRAFIA -1Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura, angoscia, commozione, meraviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi, inaspettate, inaudite, così i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazione, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate ' e un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato un libro"Le lettere del mio nome"di Grazia LIVI, "é imporTANTE , leggilo". Il titolo cosi ermetico non mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore:Il tema appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna. Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita "menata" femminista socialsocioplogopolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, asibento con 798 sfogio"cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta , senza la minima preoccupazione di essere capite da chi aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberArsi")la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì, pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po' arroganti o troppo accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uomo nel loro modo di essere, insomma, tutto quello che ho sempre rifiutato. Parto a leggere indifferente e diffidente. Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li nemmeno saputi. M'ha tirato dentro la chiarezza ne facile ne semplicistica con cui ti racconta la vita, le 799 scelte, le fatiche la crescita di un personaggio donna, come te lo ripropone tutto, secca e piena, leggera, meticolosa delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi. Di ogni donna di cui parla, ti presenta le più remote sensazioni, ogni personaggio é da lei scandagliato nel profondo, c'e tutto quello che hanno detto gli altri e quello che no hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certezze e molto altro che ora non mi riesce di esprimere. Poche pagine te ne dà l'essenza. Ecco Simone De Beauvoir. NON mi é mai stata completamente simpatica. A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta egoista. Il suo evidente essere una intellettuale aristocrarica m'e l'ha sempre allontanata. In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa della spesa in mano, fazzoletto in testa . Ha lanciato un"pas 800 fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina. Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come un bambino scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon. . ", ha mormorato. Ah, era lei! Dario meno, ma io ci 4 4 sono rimasta un po' male. forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto. Ma ora, la Simon, del ragionatoLivi é una donna che capisco e ammiro di più. Altre biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidità, intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addosso. Il mio "dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo. Mi sento come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento 801 "loro", e allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono confusa. Confusa, a disagio, sconbussolata. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato. Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato. Mi sento addosso il peso di non essermi mai sentita in 5 lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non averne i numeri, le capacità per poter partecipare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione. Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me. Già arresa, prima di essere vinta. Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto. Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce. I giorni della mia vita: 22.630, sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi. Possibilie? E' così. Sento l'esigenza di esprimermi, di puntualizzarmi, di 802 cercarmi. Oh mio dio, cos'è, 'sto cercando me stessa? Il mio io? Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma ora qualcosa di concreto mi urge. Devo fissare qualche punto. Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono davvero tanti, non avessi vissuto, lavorato, incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore, pianto. Niente. Non mi viene niente. Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza. Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo. 25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori". Li avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città. Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette. Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di 803 raccogliere qualcosa. La sera, nel cortile di casa mia, gran festa. Un giradischi, e ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie da oltre due anni. In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono. Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi. Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni dopo(1973) in circostanza ben diversa , per dolore e drammaticità. Ancora seduta, su di una sedia ora, con la testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole 804 che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non ho terminato) di Varese, con i fascisti che entrano in classe, in silenzio ci guardano a una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa 8 triste. . "Villa triste era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro, non avevo fatto niente. "Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto. E il cuore a battere più forte. "Forse muoio". "Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so". Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo. "non lo vedo da un po'", sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche 805 giorno prima l'avevo visto, era venuto sotto casa mia a darmi dei baci. Dio mio, che era successo?"Allora?"Erano minacciosi. "Non lo vedo più, ci siamo lasciati da un sacco di tempo. "Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti. Poi mi hanno lasciata andare. Non ricordo altro. Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo e le mani sudate. "Sei una incosciente, sei una disgraziata. Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa bene. E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in 9 9 9 9 9 quattro che avevo stracciato prima di passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a scuola. Incoscienza, più che coscienza politica. Una chiaccherata con ... Ancora una volta eccomi qui, con la penna in mano, (si fa per dire visto che sono al computer), ad occuparmi Dario: cognome Fo. Dario Fo oltre ad essere un pittore, scrittore, regista, attore, individuo ,pieno di humor, di ge per carità anche di egoismi come tutti, di umiltà come pochi , ricco di fantasia, astra nessuno, sempre mezzo metro sopra al mondo tanto che qualche volta sono costretta a tirar giacca, pardon per il pullover, per farlo scendere in terra, e mi spiace; dicevo, oltre essere tut 806 e non so che altro, è anche mio marito. Ci siamo sposati quarant'anni fa, in chiesa. Il fatto straordinario per lui ateo, di essersi sp chiesa,l'ha messo addirittura in una commedia:"Gli arcangeli non giocano al flipper": "... s chiesa per accontentare madre di lei molto credente". Eravamo emozionati tutti e due, quel giorno lì in Sant'Ambrogio a Milano tra parenti-gi amici-fans-curiosi-e tanto riso addosso che chissà che bel risotto avrei potuto fare- e io che p e il Dario "Nanina (mi chiamava così) non piangere..."- e poi fa cadere la vera e tutti a c quando l'ha trovata me la voleva infilare a forza nel dito sbagliato che è dovuto intervenire il che ci stava sposando ad aiutarlo- e tutti i confetti che mi sono mangiata- e lo spettacolo all al Piccolo Teatro col "Dito nell'occhio" e io in televisione in una trasmissione di Marcello di cui non mi ricordo il titolo. Sì eravamo proprio emozionati! Una emozione che ci siamo tenuti appresso per tutta la nostra vita. "Ti amo. Non posso stare senza di te -m'ha scritto Dario in un Fax (per quanto astratto s'è ad tempi) dall'Operà di Parigi dove si trovava per la regia del "Barbiere di Siviglia" in quest'anno - al mondo ci sono stato con te. Tu sei tutta la mia vita." Dopo quarant'anni di matrimonio, (Dio che spavento! O no?) che non ci siamo accoltellati n una volta, una frase così, che so sincera, (anche se come ogni maschio italiano e non, che s non disdegna "il superfluo indispensabile", come lo chiama lui, cioè "risate", chiamiamole c casa) una frase così dicevo "nero su bianco", che fa una moglie? Può forse rifiutare a u editore due parole di presentazione ad una libro su suo marito che ha voluto lei? Eh no, non p E' buffa la storia di come è nato questo libro: Domenico Rodari, il mio amico editore, mi con una mia biografia. Sì, proprio mia, sulla mia vita ecc. (In genere odio gli eccetera, ma parlando di me, mi stanno "La tua è una storia anomala, sei nata in teatro, reciti da quando avevi otto giorni, hai vissut uomo così, e così, e così, hai avuto anche un tragitto politico del tutto particolare in a difficili per il nostro paese, hai da raccontare "perché" hai organizzato, portato avanti per tan Soccorso rosso ai detenuti politici in Italia e all'estero... il sostegno "concreto", lascian l'incasso delle serate agli operai in occupazione,(*) gli spettacoli nelle fabbriche, i testi polit sono nati, il perché, da "Morte accidentale di un anarchico" al "Il Fanfani rapito", "La marju mamma è la più bella", "Non si paga! Non si paga!" - (Ma quando tira il fiato- pensavo) - "T letto e chiesa". Insomma devi raccontare tutto quello che ti è successo, la repressione c subito, tu in particolare l'hai pagato molto caro il tuo far politica, le bombe che vi hanno Palazzina e in casa, i personaggi che hai conosciuto da Sartre in giù... Sei un pezzo di storica (sì, ha detto proprio così! Me ne hanno dette tante, ma memoria storica mai!) Hai i parlando della tua vita, del vostro lavoro di far conoscere sopratutto ai giovani una pagi periodo buio della nostra storia, di cui non parla più nessuno. Scrivi! Scrivi! Scrivi!" Era paonazzo! E Dario a fargli eco: "Sì, bravo Domenico, insisti! Devi convincerla! Io non ci sono riusci scrivere! Ha un sacco di cose da raccontare." E poi a me: "Franca sei una lazzarona!!" (Da ridere spesso e non perché sia un attore comico. "Lazzarona!"Mi si può dire di tutto, ma l no. Lavoro quelle 1O-16 ore giornaliere, anche d'estate e se non ho spettacolo anche di più). Se mi avrete seguita sin qui, avrete notato l'abbondante uso di virgole, virgolette, punti esclamativi, parentesi, interrogativi. Stravedo per la punteggiatura. 807 C'é chi è goloso di gelati, chi di tramonti, amore, viaggi, passerine intese come sesso, malinconie, disperazione, denaro, egoismo, cattiverie, superficialità, miserabilità (vi piac termine? Ve lo regalo.) di tutti i tipi, leadership, tangenti, arroganza, potere... io sono g punteggiatura. (Orizzonti limitati?). La punteggiatura dà il tono di voce al pensiero scritto. Com l'umore del momento, un bel punto esclamativo non lo rende certamente un misero punto. M' piaciuto il punto esclamativo. Nelle elementari lo mettevo ovunque, a volte anche ad inizio di fr gli spagnoli, loro ci mettono pure l'interrogativo. A parte gli scherzi questa mia della punteggiature è una deformazione professionale. Il fa vedo tutto quello che leggo, in chiave di copione teatrale (tanto che sarei tentata di propor "punteggiatrice" a Pansa e Bocca, due tra i giornalisti che amo e ammiro di più, per rende articoli ancora più efficaci). La "decifrazione" di ogni scritto di Dario, da mettere in "bella per i giornali o per le prove di una nuova commedia, la correzione delle bozze per l'edizioni è tutta "roba mia". Riecco che salta fuori la mia mania di sbattermi giù con tutte le mie insicurezze. Non ci cre sia insicura? È così. Sono timida e insicura e in fondo all'anima ho la certezza di essere ni so che state pensando che anche voi, in certi momenti vi sentite come me. Lo so. O no?) Pe Dario è convinto del contrario, altrimenti mi sarei già uccisa. Parlo seriamente. Ora mi ridimensiono. Via, non solo il "a cura" di un testo è a mio carico, ma anche la dis sulla validità o meno di una scena, quando addirittura non è dell'intera l'opera. Quando nuovo testo vivo momenti di grande tensione. D. mi legge tutto quello che scrive pagina dop Se ne sta anche per venti ore al giorno attaccato ad un testo, a battere a macchina (ha su "Olivetti lettera 21" è passato all' Olivetti elettronica!, sempre macchina da scrivere, p computer) con un accanimento, che dopo tanti anni mi meraviglia sempre, dimenticandosi p mangiare. La notte nel letto, non dorme, pensa così intensamente, che fa rumore. Giuro! T da almeno trent'anni dormo con i tappi. Ad ogni commedia che scrive gli si imbianchiscono un po' di più i capelli, ed è proprio dur certe volte dovergli dire:" Sì, è molto interessante, ma mi sembra un po' letteraria...", " lunga... taglierei qui e qui...". D'altro canto non posso permettermi di cavarmela con un complimento come potrebbe qualsiasi che ci passa vicino. I testi che lui scrive dobbiamo poi metterli in scena insieme, qu posso mentire. Posso sbagliare nel mio giudizio ma, senza presunzione, è capitato raramente. Mi sono conquistata la sua fiducia dopo "Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri andato in scena al Teatro Odeon di Milano. La chiave della commedia era buona, ma non c'erano lungaggini sopratutto nel secondo tempo che, come si dice in gergo, si sedeva. "M che ci sia qualcosa che non funzioni... io taglierei qui, e qui e qui... qui, invece stringerei... accenno timidamente col copione in mano e i tagli che proponevo ben evidenziati. Era la pri che mi permettevo di esprimere un giudizio su un testo, ero molto imbarazzata e agitata. "P ragione, ma io aspetto di provarlo sul pubblico" mi risponde cortese ma fermo, Dario. Bene, lui è un Ariete, e gli Arieti sono testardi e io ero troppo giovane per insistere, per impo La serata è andata bene ma gli applausi erano di stima, simpatia, solidarietà... non c'era l'en di sempre. Dopo la prima D. è venuto nel mio camerino: "Domani si prova alle due, facciamo i tuoi t quel giorno devo fare molta attenzione ad esprimere un giudizio su quello che scrive, se n "ragionato" sopra. Capace che si blocca e lascia perdere, come è capitato. 808 Mille complimenti non servono se non sono confermati da me. Ogni mia parola ha un gro per lui. Si fida del mio "rezo occhio" come dice lui,per tutto quello che è teatro. Devo dire che l'essere diventata così importante per lui mi ripaga delle mille e mille ore spes al suo lavoro. (Questo che segue si può tagliare, che ne dici? Taglerei. oppure si può ag a **. Sappiami dire.)che ha molte "isole" collegate l'una all'altra da un locomotore se movimento: io. Quali sono le isole? Quelle dove risiedono i 18 agenti che si occupa diffusione dei nostri testi all'estero, i traduttori. Quanti sono? Non lo so. A volte lo ste viene tradotto da più persone. Il fatto è che questo mestiere lo faccio da tutta la vita, 63 anni, è il "mio mestiere" e lo conos Come lavora Dario? Ha uno studio? Sì, ha uno studio, ma non ci sta mai... lavora dav televisione (capace che la tiene anche accesa) seduto su di un divano, scomodissimo, ma lui così. Forse il disagio lo stimola. Chissà. Una prima stesura la "butta giù" (non trovo un ter aggraziato che renda l'idea) a mano dove gli capita. In un giorno fortunato su un bel fogli tutto bianco, dipende dal "fato" altrimenti può anche essere uno di quei cartoncini grigi che s nelle camicie nuove da uomo che io conservo perché li trovo bellissimi. Questo però succedeva fino a qualche anno fa, ora usa i quadernoni di Alcatraz, la "libera U che ha messo in piedi nostro figlio Jacopo. Per me è una festa! Non devo più rincorrere p carta seminati per la casa. Dove eravamo rimasti? Ah sì: "Sei una lazzarona"e poi ha anche aggiunto "vergognati!". Forse hanno ragione loro, mi son detta, pensando che anche mio figlio Jacopo da anni mi stessa cosa, anzi, di più: "Mamma tu non hai bisogno di un testo teatrale, se tu vai in scena e la tua vita tieni la gente inchiodata alla poltrona... li fai piangere e ridere... Mamma, tu sei far ridere parlando di menopausa!" "Mi avete convinta..." Qualche giorno dopo ho detto a Domenico:"Intanto che raccolgo le idee per la mia biografi non ti guardi tutto quello che Dario ha scritto, le interviste che ha fatto... Ho tutto in archiv lavoro che piacerebbe fare a me, ma non ho tempo, c'è un sacco di materiale, sarebbe int fare una scelta e riunirlo in un libro. Che ne pensi?" Non ha fatto una piega... "Sì... possiamo vedere... ma a me interessi tu..." Era imbarazzato. Se avesse potuto dirmi di no subito senza far la figura del maleducato, fatto. Gli l'ho letto negli occhi. Io sono un dolcissimo Cancro (ma com'è che oggi mi viene di parlare così bene di me?) tenace, purché non ci sia io di mezzo. Così l'ho invitato nel mio ufficio, 11 stanze 11, di cui 5 di archivio, (Dario ci è entrato la pri un anno dopo che l'avevo comperato perchè c'erano stati i ladri e io non ero a Milano) Cosa a Tutto! (Ditemi voi se qui il punto esclamativo non è indispensabile). La stanza dei manifesti è la numero uno: tutti i manifesti delle nostre turné in Italia e all' quelli delle molte compagnie che sono andate in scena con i nostri testi, nei vari paesi de Sono in bell'ordine in certi contenitoroni e speriamo che il pavimento regga. Stanza numero due : manoscritti di testi, chiavi teatrali, testi scritti ma mai rappresentati appunti, prima stesura dattiloscritta di copioni, le correzioni che via via sono state portate a scene durante le repliche, testi stampati da noi (**) o da altri in Italia, la rassegna stampa in data dal 51 ad oggi, (i primi 10 anni me li sono incollata tutti da sola), le fotografie di spettacoli, le tesi di laurea sul nostro lavoro. 809 Poi c'è la stanza numero tre: dischi, cassette audio e video, le registrazioni originali delle mu i vari spettacoli, documentazione filmata di spettacoli, manifestazioni, dibattiti, riprese t ecc., Nella stanza numero quattro ho collocato la sezione estero: i dattiloscritti che ci inviano 57 Paesi per il benestare alla traduzione, le edizioni di libri stampati in quasi tutte le l corrispondenza con gli agenti, i traduttori, i contratti, le fotografie degli spettacoli andati (chiedere dati a Walter e Daniela quante messinscene sono state fatte e altri dati che interessare). Nella n.5 la corrispondenza di 43 anni di vita. Non quella tra me e Dario, quella la cassaforte. Quando scriverò la mia biografia le pubblicherò tutte. Scoprirete un Dario ine nessuno conosce. Lui, che non ha firmato più di cinque assegni in tutta la sua vita, che non s del pane, ne dov'è la chiave della cassaforte, tanto che ogni volta che parto mi tocca lasc lettera: "caro Dario, in caso di morte e se me ne andassi in Patagonia per non tornare capitare, sappi che la nostra banca è... che ci abbiamo pure una cassetta di sicurezza la cui c l'ha il nostro notaio ecc. ecc. , lui dicevo, appena sposati, quando era in turné e io a casa bambino tra un conato di vomito e l'altro, ricevevo ogni giorno una lettera, (mi piaceva molt scrive molto raramente e solo in momenti "gravi" della nostra vita) dove, dopo le parole d'a dava un rendiconto dettagliato degno di un ragioniere, di tutto quello che spendeva: alb cappuccino e brioche £... giornali £.... Giuro che non ho mai capito perché. Davvero biz inimmaginabile questo Dario, no? Mi rendo conto che divago in continuazione. E' che un pensiero chiama l'altro e m' è venuta una gran voglia di parlare. Vi stavo dicendo che ho portato il Domenico nel mio ufficio, tra le cose della mia vit mostrato tutto quello che ho archiviato poi gli ho piazzato sul tavolone della stanza dov contenitori vari strazzeppi di interviste e manoscritti:"Dacci una guardata... magari t'interessa..." gli ho detto. Mi sono seduta dietro la mia scrivania che sembravo proprio una business-woman e l'ho las suo brodo. Ora il libro, anzi il librone "storico-antologico" interviste e scritti di Dario, è pronto, la mia chissà quando lo sarà. E io qui a fare una chiaccherata con voi per introdurvi a 400 pagine di "chiacchere di Dario ancora una volta a spendere il mio tempo per il mio maritaccio. In uno atto unico intitolato "La donna grassa" il personaggio da me interpretato, un strabordante di ciccia e disperazione, una "sfigata" come tante, sfiancata dalle delus fallimenti, dal rapporto col marito (di cui s'è finalmente liberata), dandosi una "sguardata" bello, ma rende l'idea) alle spalle, parla di sè in questi termini: "Ho sbagliato tutto n vita...Tutto! Colpa della mia mamma... Perbene... Com'era perbeeeene la mia mamma! U Guai a parlare di sesso, il sesso in casa mia non esisteva... eravamo fatti come le bambole.. i si chiamava "sedere", il davanti, "sedere davanti". E quando sentivo dire "vai a dar via il sed sapevo mai se fosse il didietro o il davanti. Mi ha insegnato tutte cose sbagliate la mia ma più grave? Accettare tutto quello che mi arrivava da mio marito senza ribellarmi mai... S scenate.. "Va via!!!" Che è pericolosissimo dire "va via!"... perché: vanno! Lì, a dedicargl vita! Insomma ad essere una incrocio tra una pecora e una gallina... Magari, avanguardia p fuori casa. Magari, femminista convinta, fuori casa... Tutta teoria e niente pratica. Una g città! Cocococodè! Ne conoscete anche voi no? Cococococodè!! (Grande applauso delle 810 platea) Quando ci siamo sposati mio marito era un fisico nucleare, anch'io ero una fisica n lavorava lui, lavoravo io... poi sono arrivati i figli... Ho smesso di lavorare. Quando i figli sa po' cresciuti riprenderò, mi dicevo. Ma poi... non so com'è, non ce l'ho fatta. A poco a poc accorgermene ho cominciato a lavoravo per lui... l'aiutavo nelle ricerche, gli battevo a m saggi da pubblicare, i discorsi per le conferenze, i congressi... ai quali lui andava accompagnato dalla sua "assistente"... Insomma facevo quello che ogni moglie fa, pensando:"Tra un po' riprendo..." invece non sono mai riuscita a "schiodarmi" da lui, dalla c figli. Nel frattempo mio marito è diventato sempre più importante, così importante da esse proposto per il Nobel... (lo sapevate che Dario è stato proposto per il Nobel? Questo lo sto d voi, non lo dicevo in scena) A poco a poco è diventato un monumento. I monumenti pe bisogno di un piedestallo su cui posarsi per stare in piedi... bene, sono 4O anni che vivo c piegavo in due, testa in avanti tra gli applausi delle donne in platea che si riconoscevano signora, che raccontava una storia un po' esasperata certo, ma per mille versi simile a quella donne, simile alla loro... alla mia. Yes! Franca, l'ultima schiava bianca. Ho scherzato un po' sulla nostra vita e ora non so come fare per dirvi due parole seriamente. Ci provo. Rileggendo questa raccolta realizzate in quarant'anni da professionisti, d'interviste registrazioni d'interventi tenuti da D. in Italia e all'estero, vedo passare la nostra vita. sotterraneo di tanti anni che mi sono sobbarcata per scelta, oggi, con l'uscita di ques parzialmente premia la mia anima d'archivista, la mia dedizione. Che sia amore? La vita con un uomo così impegnativo, anche se qualche volta m'ha fatto gridare -non ne po è stata una buona vita... coerente nel bene e nel male. Raramente banale, piena di tensione vissute mano nella mano, di lotte anche dure fianco a fianco e di emozioni... quell'emozione parlavo all'inizio e che certamente ci resterà incollata addosso anche nei prossimi quarant'ann Questo, e solo questo, è quello che conta. Franca Forse ho parlato un po' troppo anche di me. Ma "noi" come dice D. "siamo stati al mondo ins * (potete mettere come nota redazionale) "oltre 1 miliardo degli anno 70 ** Ho messo in piedi dal 75 una piccolissima casa editrice, pubblico quasi unicamente i mettiamo in scena, nella quale svolgo tutte le mansioni (che io sia una centralizzatrice? Ma n vanno dell'aggiornamento del copione rispetto all'ultima rappresentazione in computer, c delle didascalie e foto e documentazione, consegnarlo alla tipografia scegliendo carta impaginazione, correggere le prime bozze, le seconde, decidere la copertina, se sono fortun mi dà una mano per la scelta del colore e il disegno da metterci sopra (quello lo fa subito!) esce il libro, lo guarda e dice "bello!" Credo che non abbia mai sfogliato una delle nostre Questo non significa che non gliene importi niente. Anzi,gli fa molto piacere vederli ben all nostro banco di vendita durante gli spettacoli. "Li h fatti Franca" dice e dentro c'è anche org me. (Che piacere mi fa!!) Ma se fosse per lui non avremmo nulla in archivio, nulla stampato 811 tipo di registrazione. E' fatto così. Non ha interesse per il suo "passato prossimo". Dopo tan vita in comune, ma sopratutto di lavoro in comune, dopo mille arrabbiature per tanta ind verso le sue "cose", sono arrivata alla conclusione di aver vissuto con l'uomo meno ambizi terra. Un testo gli interessa quando nasce, crearlo, costruirlo, muoverlo. E quando è p passato. 812 La punteggiatura serve per dare le intonazione Se devo essere sincera, non ne posso proprio più. Sono che oppure fogli usati da una sola parte che io conservo per appunti, colpa della mia mamma insegnato l'economia. Non ad essere economa, proprio "l'economia". e il buché di gigli che una "amica" m'ha messo in mano un secondo prima d'entrare in ch così io ho dovuto tenerlo che se avessi potuto me lo sarei mangiato in quanto tutti, meno m sapevano che con D. facevo l'amore da due anni- le nostre mamme che piangevano- Conosco: i ritmi, i tempi, la sintesi, l'economia, il tutto indispensabile che ce l'ha uguale il direttore dell'Operà di Parigi IRSCH, che però io l'ho avuta un nove an di lui, (ne ho una in ogni stanza occupata dai miei collaboratori) perchè mio nipote Galeazzo e questa faceva parte di uno stock che ho pagato due lire forse me le ha regalate e che in chissà quanto l'avrà pagata(!) che sembravo proprio una business-woman Anche con "Gli arcangeli" l'anno prima, (stagione 59-60) abbiamo avuto grane con i censori avendo avuto il testo un mesi prima del debutto, pretendevano di imporci dei tagli dell'anteprima. Come avremmo potuto farcela? Ci siamo rifiutati di portare modifiche al Così ogni sera venivano due poliziotti in palcoscenico constatavano seguendo lo spettacolo rispettavamo i tagli, stendevano il loro bel verbale: abbiamo totalizzato in 9 mesi duecentocinquanta denunce. Un bel record. Poi però, non è successo niente. 813 Intervista con Franca Rame su “Lo stupro” (1975) – 19/10/2004 Il monologo “Lo stupro” l’hai scritto a due anni dall’aggressione che hai subito, poi l’hai tenuto nel cassetto fino al 1979 un momento in cui il movimento femminista e tutte le donne si “spingevano”, per ottenere una legge “sensata” sullo stupro contro la violenza sessuale. Poi, a sorpresa nel 1987, hai reso pubblico il fatto di averla subita tu la violenza... 814 FR: Di questa tragedia subìta da migliai, che dico, milioni di donne, non sono mai riuscita a parlarne con nessuno, nemmeno con Dario. Meglio le botte e le torture piuttosto di un fatto così umiliante. Tutti, medici, avvocati arrivati in casa nostra, immediatamente dopo il mio rientro, avevano intuito, ma rispettavano il mio silenzio. Tacevo, ma stavo male, molto male. Ero sempre spaventata, da quel giorno non sono più uscire da sola. Bastava un nonnulla perché mi scattasse una crisi… che so… un accendino che mi scatta sotto al naso, una sigaretta accesa che mi 815 sfiora… ho un ricordo orribile di quel periodo. Un mio carissimo amico, prof. Maccaccaro, mi consigliava di andare da uno psicanalista. Aveva intuito tutto, me lo fece capire, con grande delicatezza, “devi tirar fuori tutto quello che stai comprimendo… ti fa male… lasciati aiutare.” “No, non me la sento”. ma io non ne volevo saperne… non mi sentivo di parlarne, provavo vergogna. Quando è successo, ero una donna adulta, avevo un figlio grande, meglio, come ho già detto, botte e torture Più dignitoso. Le 816 donne mi possono capire. Forse anche gli uomini. Un giorno, in treno, ho buttato giù quello che era successo, di getto, su dei fogli di un’agenda. Poi con molto imbarazzo consegno l’agenda a Dario. Ecco, solo in quel momento ha “saputo” con certezza quello che mi era successo. Ricordo la sua faccia sconvolta, il groppo in gola, lo sforzo per non piangere… mi stringeva e lo sentivo trematre in tutto il corpo. Indimnticabile. Non ne abbiamo mai parlato. Non potevo. 817 QUI PUOI DOMANDA INSERIRE UNA Da anni le donne, sia in parlamento che fuori, si mobilitavano per “una legge umana” contro la violenza sessuale. In quegli anni, 70, ogni giorno veniva denunciato dai media uno stupro. Una mia cara amica, “compagna di ferro”, una delle mamme del centro sociale Leoncavallo, l’unica oltre a Dario che avesse letto il mio pezzo, mi ripeteva: “Devi portarlo in scena, devi, devi…è una denuncia importante, può servire, specie ai 818 ragazzi…”.C’erano tanti stupri – è un fenomeno che va a “ondate” Aveva ragione. Mi sono decisa. In quel periodo ero in scena con “Tutta casa, letto e chiesa”. Con Dario decidiamo di inserirlo nello spettacolo. Provavamo, al pomeriggio, soli in palcoscenico. Provavamo… tentavo di provare… ma dopo poche battute scoppiavo a piangere. Una sera, così, senza avvertire nessuno della compagnia, ho anunciato al pubblico: “Ho trovato su di un giornale, la testimonianza di una donna che racconta, minuto 819 per minuto, la violenza sessuale da lei subita… mi sembra importante portarvela ecc. ecc.. Il cuore mi batteva forte. L’ho recitato, a soggetto. Non mi era difficile improvvisare su qualcosa che mi era così addoso. Che mi pesava sul cuore. E’ stato molto duro, sia quella sera che durante le oltre mille repliche. Mi ci è voluto parecchio tempo prima di riuscire a recitarlo senza troppa sofferenza. Era un periodo pazzesco e quindi importante rappresentarlo portarlo in teatro, meglio sarebbe stato fare arrivare il problema al grande 820 pubblico televisivo. Ma non speravo proprio di riuscirci. Chiamai Claudia Mori, la moglie di Celentano, che in quel priodo era il mattatore di una trasmissione su RAI1 vista da un minimo di 15 milioni di persone, “Fantastico” e le dissi che sarebbe stato importante inserire “lo stupro” nella trasmissione. bisognava fare qualcosa e le presentai il mio monologo. Mi richiamarono poco dopo: “OK, vai in onda dicendomi che sarebbe andato in onda dopodomani, sabato sera. 821 La RAI tentò di bloccarlo: “In prima serata un argomnto del genere?! Non è possibile.” Per fortuna Celentano aveva un contratto di ferro e poteva: “No, non lo taglio. Se mi censurate faccio saltare la trasmissione”. fare quello che voleva. Comunque, io ho aspettato fino Alle 8,50 non sapevo ancora se sarei andata in onda o no. Poi finalmente è arrivato l’OK. e all’ultimo minuto sono andata in scena. Il giorno dopo i giornali erano pieni di articoli in merito, chi ne parlava bene, chi “fuori dalla grazie di dio”: un vespaio assurdo 822 perché era andata in onda su RAI1 “testimonianza di uno stupro vissuto in prima persona, rappresentazione in un orario in cui potevano esserci dei bambini a guardare. il quale io ho dichiarato di aver subito di persona la violenza. NON avevo ancora DETTO DI AVERLO SUBITO IO, ne stampa ne TELEVISINE. DOPO,ne ho parlato MOLTO DOPO… Nelle numerose interviste, risposi, che occorre parlare, spiegare l’orrore della violenza sessuale ai maschi, educarli sin da piccoli. Nel mio monologo, 823 poi, non c’è nulla di volgare… è terribile, questo sì, ma porto il problema senza compiacimento alcuno. E’ certamente duro, ma è la raltà. Nel prologo ti distanzi sempre dai fatti... FR: Sì, perché sarebbe assai più pesante per me, recitare quel brano sapendo che la gente sa che è la mia storia. Molti tra il pubblico, mi riconosce nei fatti alcuni possono anche sapere che è la mia storia, ma i giovani no. Ed io posso mettermi a gambe divaricate, anche 824 se solo per pochi minuti, senza imbarazzo eccessivo. larghe Sto recitando la storia di un’altra, non la mia... Il prologo lo adatti alla situazione del momento o rimane sempre molto fedele all’edizione stampata dove denunci le violenze fatte dal sistema giudiziario alle vittime di violenza sessuale? FR: Come sai io recito all’improvviso, per cui il prologo non è mai esattamente uguale alla versione stampata ma si incentra basa sempre sulla ulteriori violenze 825 cui una donna vittima di stupro, deve sottostare per tentare di ottenere, giustizia. Seguo ovviamente anche la cronaca. Se c’ è un episodio eclatante, come lo stupro della donna di cinquant’anni di Cologno Monzese, violentata e picchiata a sangue, per strada da un ragazzo giovane, che ha voluto parlare con me subito dopo, faccio riferimento anche a lei, la sera stessa dello spettacolo. all’attualità.a fatti recentemente avvenuti. Mi ero molto enozionata a quell’incontro, tanto che immediatamente ho scritto la sua storia, vera tragedia, piena di 826 violenza bruta, rabbia e umiliazione… e perché no, anche follia. E’ stato molto emozionante per me, recitarlo con lei in platea, anonima tra il pubblico. un monologo direttamente ispirato ai fatti. Tu hai continuato a rappresentare il monologo “Lo stupro” anche dopo la ratificazione della nuova legge sulla violenza sessuale del 1996. Come mai? FR: Sì, l’ho integrato nello spettacolo Sesso? Grazie, tanto per gradire, di cui è il monologo finale, 827 perché è un argomento che riguarda il sesso, ma nella sua eccezione più orrenda. e di cui la gente dovrebbe essere al corrente. L’ho recito ancora oggi, bisogna parlare di violenza sessuale, ieri come oggi. Parlare, parlare, senza mai stancarsi. Per scopi pedagogici, quindi... FR: Sì, lo ripropongo per adulti e soprattutto per i giovani. Non sai quanti giovani, giovanisimi mi hanno detto, scritto, di essere stati sul punto di compiere quella violenza e che si sono bloccati 828 ricordandosi di quello che avevano visto da me... Avere questo impatto sul pubblico mi rende felice. Una rappresentazione importante, quindi. Il silenzio che cade in platea durante questo monologo è impressionante… tanto più che ti arriva dopo due ore di risate. Gli uomini, giovani e vecchi, in sala ammutoliscono, a volte le donne svengonno, donne che hanno subìto violenza e se la sono tenuta tutta per loro. Capita anche che tante altre vengano a trovarmi in camerino per raccontarmi le loro esperienze, sempre dure, sempre 829 drammatiche, sempre indimenticabili. Per molte era la prima volta che ne parlavano. Anche per questo ho continuato a recitarlo. Cosa hai pensato quando si è avuta la conferma che lo Stato era coinvolto nel tuo stupro (1998)? FR: Noi lo sapevamo da sempre. È stato comunque terribile avere certezze di questo tipo a distanza i 30 anni. Non vorrei sembrare troppo drammatica, ma credimi, è un tipo di cicatrice che non si rimargina 830 mai. Sono passati cent’anni e ancora... Scusami, non riesco a parlare. Non passa mai... Quando sono “uscite” queste notizie non hanno fatto che confermare un sospetto che avevamo da anni. Io non sono una persona che fa tutti i giorni la stessa cosa, quindi avrebbero dovuto appostarsi sotto casa mia per chissà quanto tempo. Invece loro sono andati a colpo sicuro, sapevano che sarei uscita quella sera – infatti dopo trovarono, in casa nostra, delle spolette, cimici, per le intercettazioni telefoniche. Inoltre, mi hanno sequestrata proprio vicino alla 831 caserma dei Carabinieri... In quegli anni eravamo sotto stretto controllo per via della scelta politica che avevamo fatto e degli spettacoli che scrivevamo, in quei giorni era in scena Pum, pum chi e’? La polizia!, e per l’attività che portavo avanti con i detenuti politici e comuni : Soccorso Rosso. E lo Stato cosa ha fatto? Ricordo che Dario ha spedito una lettera al presidente della repubblica Scalfaro... FR: Sì, Dario ha scritto una lettera ma non solo per me, riguardava 832 tutti i “misteri” dello Stato italiano. Da parte del Quirinale, silenzio. I giornalisti continuavano a chiedere notizie su un eventuale risposta. Uscirono articoli che commentavano il silenzio del Presidente. E allora successe una cosa comica: una mattina arrivò a casa nostra il direttore Delle Poste di Milano, con la risposta del Presidente. Per un disguido la lettera era rimasta bloccata, ecco la ragione del ritardo. Ci furono comunque molte dimostrazioni di solidarietà, sia nel 99 come nel 73. I muri delle città di tutta Italia vennero letteralmente 833 coperti da grandi manifesti, dove si denunciava la violenza fascsta da me subita, firmato da quasi tutta la sinistra. Ci fu tantissima gente che venne al Palalido a Milano alla manifestazione popolare indetta da “la Comune” ma io non riuscivo a parlarne... [a voce spezzata] Scusami... Franca, cosa pensi della legge del 1996? FR: Meglio di niente! Era dovuta, anche se non è perfetta. La violenza sessuale è finalmente diventata un crimine contro la 834 persona e non più un reato contro la morale. Forse in un futuro diverso da questo che stiamo vivendo si potrà migliorare... Eppure ci sono delle contraddizioni lampanti, come la possibilità di accorpare la pena per il reato di violenza sessuale a quella per i sequestri, nei casi gravi, e sentenze come quella della ragazza il cui stupro non è stato riconosciuto perché, secondo i giudici, sarebbe stato impossibile usarle violenza in quanto indossava i jeans. 835 FR: C’è necessità impellente di cambiare la mentalità, la testa della gente, degli uomini soprattutto. Si arriverà mai al momento in cui le donne potranno rivolgersi alla legge senza il timore di venire nuovamente violentate? Lo strupro non è un reato che viene denunciato facilmente, proprio perché è difficile ammettere e accettare che sia avvenuto sulla propria persona. Bisogna creare le condizioni, anche psicologiche, per cui una donna possa non aver paura né di parlarne in famiglia, né alle alle autorità. Una donna deve 836 essere sicura di venir tutelata dalla giustizia e non processata. Sui media si parla solo dei casi eclatanti… ma quanti stupri vengono perpetrati in silenzio? Abbiamo paura. E questo non fa che diminuire il numero delle denunce e quindi falsare anche i dati statistici che riguardano questo crimine, perché di crimine si tratta. Una donna violentata, ripeto, porta con sé una ferita che non si rimargina mai... anche se l’accantoni nel più remoto angolo del cervello, ogni tanto, per un nonnulla salta fuori… È fragile... Lo sarà sempre... 837 Quando ti hanno chiesto di una possibile punizione hai suggerito un marchio in fronte, in modo che lo sapessero tutti... FR: Sì, credo sia la punizione più giusta. Devono portarsi in giro la loro vergogna… o farsi crescere la frangetta. perché non hai modo di sapere chi è la persona che hai di fronte. Non sto parlando del mio caso, lì lo sapevo benissimo, parlo in genete. Non sai di chi fidarti. Se un uomo ha già violentato sarebbe un bene saperlo... per proteggersi. 838 Cosa ne pensi della proposta di Calderoli, della castrazione fisica dello stupratore – un po’ vecchiotta in quanto del 2002... FR: Mah, Calderoli ne tira fuori tante... Non c’è bisogno di arrivare a tanto. E’ un discorso culturale. Cultura non è solo sapere quando è nato Garibaldi. bisogna parlare ai bambini… spiegare il sesso, la sessualità. informare maggiore educazione sessuale nelle scuole, che spieghi cosa sia il sesso, la sessualità, la differenza tra i due sessi, e affini la sensibilità dei 839 giovani. Inculcare nei loro cervelli il concetto del RISPETTO, sia verso le cose, le persone, e le donne. Ci sono state molte scuole in Italia dove ho recitato “lo stupro”… il dibattito alla fine, dopo alcuni minuti di silenzio, si è sempre scatenato… Giovani, maschi e femmine uno contro l’altra per le mille sopraffazioni quotidiane… alla fine lasciavo tutti quanti, pieni di buoni propositi. Esperienza molto interessante. Nel passato avevi interpretato il ruolo di una donna, staffetta partigiana della Resistenza, che 840 viene torturata e stuprata durante un interrogatorio da parte dei tedeschi e fascisti. ti ha aiutato a scrivere il tuo pezzo? FR: Quello era un fatto politico, come il mio. E’ un pezzo magnifico, una testimonianza storica che ho raccolto direttamente dall’interessata. Ci sono delle similitudini, ma quando ho scritto questa mia memoria, non m’è venuto in mente. Ti ha aiutata a trovare la chiave? 841 Dario Fo parla di stupro nel Mistero buffo, in Rosa fresca e aulentissima, e nel grammelot dell’Avvocato inglese. FR: Sì, ma sono precedenti alla mia storia... Certo, ma ha continuato a rappresentarli. Lo ha fatto con una certa “veemenza”? FR: No, veemenza no. Certo con molta convinzione… anche se i pezzi sono un comico grottesco, c’è sempre in lui una sofferenza riguardo a questo argomento. 842 Dario e mio figlio Jacopo, quando recito “lo stupro” escono dalla sala. Jacopo Fo ha scritto un articolo recentemente nel quale parla di come tu ti sia “guarita” le ferite con la rappresentazione di questo pezzo... FR: Sì, Jacopo mi dice sempre: “Mamma sei stata fortisima, sei andata in analisi davati a mille persone per sera.” una specie di terapia, ma lo è solo per gli altri. Aiuta gli altri. Non si guarisce... NUOVA PRESENTAZIONE 7 Novembre 2000 Ancora una volta eccomi qui, con la penna in mano (si fa per dire, visto che sono al computer), a occuparmi di Dario: cognome Fo. Dario Fo, oltre a essere pittore, scrittore, regista, attore, individuo pieno di humour, di generosità, per carità anche di egoismi come tutti, di umiltà come pochi, ricco di fantasia, astratto come nessuno, sempre mezzo metro sopra al mondo, tanto che qualche volta sono costretta a tirarlo per la giacca, pardon per il pullover, per farlo scendere a terra (e mi spiace), dicevo, oltre a essere tutto questo e non so che altro, è anche mio marito. 843 Ci siamo sposati quarantacinque anni fa, in San Ambrogio. Il fatto straordinario, per lui ateo, di essersi sposato in una basilica, l’ha messo addirittura in una commedia, Gli arcangeli non giocano a flipper: “Sposato in chiesa, per accontentare madre di lei molto credente”. Oltre che il ruolo di moglie - condizione spesso alquanto mortificante - il mio compito nella compagnia non si è mai limitato solo a quello di attrice o capocomica. Fin dall’inizio mi è capitata sulle spalle una funzione davvero greve di “contrappuntista”, cioè proprio il contrario del cantare all’unisono: “Che bravo, stupendo! Sei un genio!”. No, a me è toccata l’altra canzone: “Mi spiace, non ci siamo. La chiave non regge, i ruoli sono approssimativi, i personaggi non affascinano. Il tema è svolto in modo non credibile e soprattutto poco graffiante. Manca di sarcasmo negli affondi politici!” Provate voi ad affrontare un disgraziato che ha messo giù un testo, lavorandoci sopra per un mese, giorno e notte, disegnando addirittura le scene, uno per uno tutti i costumi e l’attrezzeria necessaria... viene a leggertelo e tu gli vai a dare una mazzata del genere! Sì, questo è stato per quarantacinque anni il mio ruolo. Ed è straordinario che non mi abbia mai tirato una coltellata in pieno petto o cosparsa di benzina, quindi… OPLA’, un bel falò della rompiscatole! Dario riconosce che io sia l’unica persona con questo coraggio, cioè di sparare la verità in modo anche spietato. In questa maniera - ripete - l’ho salvato un sacco di volte dal trovarsi sul palcoscenico con una commedia che franava come una torre di sabbia costruita dai bambini in riva al mare. Per me, esagera. In un saggio sulla scrittura teatrale Dario racconta che, al momento di leggermi un progetto di testo, si sente sempre come il ragazzino all’esame di maturità: gli sudano le mani, gli manca il respiro e gli escono dalla gola strani toni in falsetto. A mia volta, conoscendo lo stato d’animo in cui si sente precipitare al momento “dell’esame”, io cerco di inventarmi giudizi positivi, addirittura entusiasti... ma lui mi guarda subito con un sorriso molto triste: “Non ho bisogno di adulazione, quando ci troveremo davanti ad un pubblico attonito, senza una reazione, non potrò certo dire: «Che vi succede? Come è possibile? A Franca piaceva molto!»” Ed è con questo stesso spirito - di collaborazione critica, di controllo e di attenzione nei confronti del pubblico - che è nato questo volume del Teatro di Dario (…e anche un po’ mio. Ecco perché la seconda parte è tutta al femminile). Le commedie che qui abbiamo raccolto (oltre mille pagine: che faticata!) sono, secondo noi, le più rappresentative dei diversi momenti - teatrali, storici, politici - del nostro lavoro daGLI anni 50 a oggi. Lavoro che inevitabilmente è cambiato e cambia, si trasforma a seconda del tempo, degli spettatori, dell’ambiente culturale e sociale in cui avviene la messa in scena. 844 I lettori troveranno così, ad esempio per Mistero Buffo, anche alcune presentazioni che sono state scritte in occasione dei successivi allestimenti (oltre cinquemila). Ma con ciò, naturalmente, non voglio giurare che questa sia l’edizione “definitiva” del nostro teatro. Perché domani andremo nuovamente in scena, con Coppia Aperta o con Françesco, e, sicuramente, qualche cosa cambierà... Franca Rame Milano, novembre 2000 845 VERSIONE VECCHIA (PAOLO COLLO) Nella presentazione al volume Pupazzi con rabbia e sentimento. La vita e l’arte di Dario +Fo e Franca Rame, edito da Scheiwiller nel 1998, avevo scritto: “In questi ultimi anni, molto è cambiato anche per il mio ruolo nella critica e nella discussione dei testi che Dario propone. Inizialmente, portavo, molto timidamente, le mie osservazioni e lui replicava: ‘Aspetto il pubblico, forse hai ragione, ma aspettiamo di recitarlo sul palcoscenico’. Poi, dopo la verifica col pubblico, di solito doveva ammettere: ‘Porco Giuda, hai ragione!’ Perchè succede così? Credo che sia per il fatto che io sono nata in teatro e quindi il senso del taglio teatrale, l’intuire il giusto ritmo di una scena, lo stringere un pezzo, mi sono naturali come bere o mangiare. Nel teatro di Dario io ho avuto, da sempre e sempre di più, un ruolo di collaborazione, di controllo critico”. Ed è con questo stesso spirito - di collaborazione, di controllo e di attenzione nei confronti del pubblico - che è nato il presente volume dei Capolavori di Dario (e anche un po’ miei). Le commedie che qui abbiamo raccolto sono, secondo noi, le più rappresentative dei diversi momenti - teatrali, storici, politici del nostro lavoro dal 1959 a oggi. Lavoro che inevitabilmente è cambiato, cambia e si trasforma, a seconda del tempo, degli spettatori, dell’ambiente culturale e sociale in cui avviene la messa in scena. I lettori troveranno così, ad esempio per Mistero Buffo, anche le diverse presentazioni che sono state scritte in occasione dei successivi allestimenti. Ma con ciò, naturalmente, non voglio giurare che questa sia l’edizione “definitiva” del nostro teatro. Perchè domani andremo 846 nuovamente in scena, con l’Anarchico o con Francesco, e, sicuramente, qualche cosa cambierà... Milano, novembre 2000 Franca Rame P.S.: un grazie a Roberto Cerati e a Silvia Varale Una chiaccherata con ... Ancora una volta eccomi qui, con la penna in mano, (si fa per dire visto che sono al computer), ad occuparmi Dario: cognome Fo. Dario Fo oltre ad essere un pittore, scrittore, regista, attore, individuo ,pieno di humor, di ge per carità anche di egoismi come tutti, di umiltà come pochi , ricco di fantasia, astra nessuno, sempre mezzo metro sopra al mondo tanto che qualche volta sono costretta a tirar giacca, pardon per il pullover, per farlo scendere in terra, e mi spiace; dicevo, oltre essere tut e non so che altro, è anche mio marito. Ci siamo sposati quarant'anni fa, in chiesa. Il fatto straordinario per lui ateo, di essersi sp chiesa,l'ha messo addirittura in una commedia:"Gli arcangeli non giocano al flipper": "... s chiesa per accontentare madre di lei molto credente". Eravamo emozionati tutti e due, quel giorno lì in Sant'Ambrogio a Milano tra parenti-gi amici-fans-curiosi-e tanto riso addosso che chissà che bel risotto avrei potuto fare- e io che p e il Dario "Nanina (mi chiamava così) non piangere..."- e poi fa cadere la vera e tutti a c quando l'ha trovata me la voleva infilare a forza nel dito sbagliato che è dovuto intervenire il che ci stava sposando ad aiutarlo- e tutti i confetti che mi sono mangiata- e lo spettacolo all al Piccolo Teatro col "Dito nell'occhio" e io in televisione in una trasmissione di Marcello di cui non mi ricordo il titolo. Sì eravamo proprio emozionati! Una emozione che ci siamo tenuti appresso per tutta la nostra vita. "Ti amo. Non posso stare senza di te -m'ha scritto Dario in un Fax (per quanto astratto s'è ad tempi) dall'Operà di Parigi dove si trovava per la regia del "Barbiere di Siviglia" in quest'anno - al mondo ci sono stato con te. Tu sei tutta la mia vita." Dopo quarant'anni di matrimonio, (Dio che spavento! O no?) che non ci siamo accoltellati n una volta, una frase così, che so sincera, (anche se come ogni maschio italiano e non, che s non disdegna "il superfluo indispensabile", come lo chiama lui, cioè "risate", chiamiamole c casa) una frase così dicevo "nero su bianco", che fa una moglie? Può forse rifiutare a u editore due parole di presentazione ad una libro su suo marito che ha voluto lei? Eh no, non p 847 E' buffa la storia di come è nato questo libro: Domenico Rodari, il mio amico editore, mi con una mia biografia. Sì, proprio mia, sulla mia vita ecc. (In genere odio gli eccetera, ma parlando di me, mi stanno "La tua è una storia anomala, sei nata in teatro, reciti da quando avevi otto giorni, hai vissut uomo così, e così, e così, hai avuto anche un tragitto politico del tutto particolare in a difficili per il nostro paese, hai da raccontare "perché" hai organizzato, portato avanti per tan Soccorso rosso ai detenuti politici in Italia e all'estero... il sostegno "concreto", lascian l'incasso delle serate agli operai in occupazione,(*) gli spettacoli nelle fabbriche, i testi polit sono nati, il perché, da "Morte accidentale di un anarchico" al "Il Fanfani rapito", "La marju mamma è la più bella", "Non si paga! Non si paga!" - (Ma quando tira il fiato- pensavo) - "T letto e chiesa". Insomma devi raccontare tutto quello che ti è successo, la repressione c subito, tu in particolare l'hai pagato molto caro il tuo far politica, le bombe che vi hanno Palazzina e in casa, i personaggi che hai conosciuto da Sartre in giù... Sei un pezzo di storica (sì, ha detto proprio così! Me ne hanno dette tante, ma memoria storica mai!) Hai i parlando della tua vita, del vostro lavoro di far conoscere sopratutto ai giovani una pagi periodo buio della nostra storia, di cui non parla più nessuno. Scrivi! Scrivi! Scrivi!" Era paonazzo! E Dario a fargli eco: "Sì, bravo Domenico, insisti! Devi convincerla! Io non ci sono riusci scrivere! Ha un sacco di cose da raccontare." E poi a me: "Franca sei una lazzarona!!" (Da ridere spesso e non perché sia un attore comico. "Lazzarona!"Mi si può dire di tutto, ma l no. Lavoro quelle 1O-16 ore giornaliere, anche d'estate e se non ho spettacolo anche di più). Se mi avrete seguita sin qui, avrete notato l'abbondante uso di virgole, virgolette, punti esclamativi, parentesi, interrogativi. Stravedo per la punteggiatura. C'é chi è goloso di gelati, chi di tramonti, amore, viaggi, passerine intese come sesso, malinconie, disperazione, denaro, egoismo, cattiverie, superficialità, miserabilità (vi piac termine? Ve lo regalo.) di tutti i tipi, leadership, tangenti, arroganza, potere... io sono g punteggiatura. (Orizzonti limitati?). La punteggiatura dà il tono di voce al pensiero scritto. Com l'umore del momento, un bel punto esclamativo non lo rende certamente un misero punto. M' piaciuto il punto esclamativo. Nelle elementari lo mettevo ovunque, a volte anche ad inizio di fr gli spagnoli, loro ci mettono pure l'interrogativo. A parte gli scherzi questa mia della punteggiature è una deformazione professionale. Il fa vedo tutto quello che leggo, in chiave di copione teatrale (tanto che sarei tentata di propor "punteggiatrice" a Pansa e Bocca, due tra i giornalisti che amo e ammiro di più, per rende articoli ancora più efficaci). La "decifrazione" di ogni scritto di Dario, da mettere in "bella per i giornali o per le prove di una nuova commedia, la correzione delle bozze per l'edizioni è tutta "roba mia". Riecco che salta fuori la mia mania di sbattermi giù con tutte le mie insicurezze. Non ci cre sia insicura? È così. Sono timida e insicura e in fondo all'anima ho la certezza di essere ni so che state pensando che anche voi, in certi momenti vi sentite come me. Lo so. O no?) Pe Dario è convinto del contrario, altrimenti mi sarei già uccisa. Parlo seriamente. Ora mi ridimensiono. Via, non solo il "a cura" di un testo è a mio carico, ma anche la dis sulla validità o meno di una scena, quando addirittura non è dell'intera l'opera. Quando nuovo testo vivo momenti di grande tensione. D. mi legge tutto quello che scrive pagina dop Se ne sta anche per venti ore al giorno attaccato ad un testo, a battere a macchina (ha su 848 "Olivetti lettera 21" è passato all' Olivetti elettronica!, sempre macchina da scrivere, p computer) con un accanimento, che dopo tanti anni mi meraviglia sempre, dimenticandosi p mangiare. La notte nel letto, non dorme, pensa così intensamente, che fa rumore. Giuro! T da almeno trent'anni dormo con i tappi. Ad ogni commedia che scrive gli si imbianchiscono un po' di più i capelli, ed è proprio dur certe volte dovergli dire:" Sì, è molto interessante, ma mi sembra un po' letteraria...", " lunga... taglierei qui e qui...". D'altro canto non posso permettermi di cavarmela con un complimento come potrebbe qualsiasi che ci passa vicino. I testi che lui scrive dobbiamo poi metterli in scena insieme, qu posso mentire. Posso sbagliare nel mio giudizio ma, senza presunzione, è capitato raramente. Mi sono conquistata la sua fiducia dopo "Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri andato in scena al Teatro Odeon di Milano. La chiave della commedia era buona, ma non c'erano lungaggini sopratutto nel secondo tempo che, come si dice in gergo, si sedeva. "M che ci sia qualcosa che non funzioni... io taglierei qui, e qui e qui... qui, invece stringerei... accenno timidamente col copione in mano e i tagli che proponevo ben evidenziati. Era la pri che mi permettevo di esprimere un giudizio su un testo, ero molto imbarazzata e agitata. "P ragione, ma io aspetto di provarlo sul pubblico" mi risponde cortese ma fermo, Dario. Bene, lui è un Ariete, e gli Arieti sono testardi e io ero troppo giovane per insistere, per impo La serata è andata bene ma gli applausi erano di stima, simpatia, solidarietà... non c'era l'en di sempre. Dopo la prima D. è venuto nel mio camerino: "Domani si prova alle due, facciamo i tuoi t quel giorno devo fare molta attenzione ad esprimere un giudizio su quello che scrive, se n "ragionato" sopra. Capace che si blocca e lascia perdere, come è capitato. Mille complimenti non servono se non sono confermati da me. Ogni mia parola ha un gro per lui. Si fida del mio "rezo occhio" come dice lui,per tutto quello che è teatro. Devo dire che l'essere diventata così importante per lui mi ripaga delle mille e mille ore spes al suo lavoro. (Questo che segue si può tagliare, che ne dici? Taglerei. oppure si può ag a **. Sappiami dire.)che ha molte "isole" collegate l'una all'altra da un locomotore se movimento: io. Quali sono le isole? Quelle dove risiedono i 18 agenti che si occupa diffusione dei nostri testi all'estero, i traduttori. Quanti sono? Non lo so. A volte lo ste viene tradotto da più persone. Il fatto è che questo mestiere lo faccio da tutta la vita, 63 anni, è il "mio mestiere" e lo conos Come lavora Dario? Ha uno studio? Sì, ha uno studio, ma non ci sta mai... lavora dav televisione (capace che la tiene anche accesa) seduto su di un divano, scomodissimo, ma lui così. Forse il disagio lo stimola. Chissà. Una prima stesura la "butta giù" (non trovo un ter aggraziato che renda l'idea) a mano dove gli capita. In un giorno fortunato su un bel fogli tutto bianco, dipende dal "fato" altrimenti può anche essere uno di quei cartoncini grigi che s nelle camicie nuove da uomo che io conservo perché li trovo bellissimi. Questo però succedeva fino a qualche anno fa, ora usa i quadernoni di Alcatraz, la "libera U che ha messo in piedi nostro figlio Jacopo. Per me è una festa! Non devo più rincorrere p carta seminati per la casa. Dove eravamo rimasti? Ah sì: "Sei una lazzarona"e poi ha anche aggiunto "vergognati!". Forse hanno ragione loro, mi son detta, pensando che anche mio figlio Jacopo da anni mi stessa cosa, anzi, di più: "Mamma tu non hai bisogno di un testo teatrale, se tu vai in scena e 849 la tua vita tieni la gente inchiodata alla poltrona... li fai piangere e ridere... Mamma, tu sei far ridere parlando di menopausa!" "Mi avete convinta..." Qualche giorno dopo ho detto a Domenico:"Intanto che raccolgo le idee per la mia biografi non ti guardi tutto quello che Dario ha scritto, le interviste che ha fatto... Ho tutto in archiv lavoro che piacerebbe fare a me, ma non ho tempo, c'è un sacco di materiale, sarebbe int fare una scelta e riunirlo in un libro. Che ne pensi?" Non ha fatto una piega... "Sì... possiamo vedere... ma a me interessi tu..." Era imbarazzato. Se avesse potuto dirmi di no subito senza far la figura del maleducato, fatto. Gli l'ho letto negli occhi. Io sono un dolcissimo Cancro (ma com'è che oggi mi viene di parlare così bene di me?) tenace, purché non ci sia io di mezzo. Così l'ho invitato nel mio ufficio, 11 stanze 11, di cui 5 di archivio, (Dario ci è entrato la pri un anno dopo che l'avevo comperato perchè c'erano stati i ladri e io non ero a Milano) Cosa a Tutto! (Ditemi voi se qui il punto esclamativo non è indispensabile). La stanza dei manifesti è la numero uno: tutti i manifesti delle nostre turné in Italia e all' quelli delle molte compagnie che sono andate in scena con i nostri testi, nei vari paesi de Sono in bell'ordine in certi contenitoroni e speriamo che il pavimento regga. Stanza numero due : manoscritti di testi, chiavi teatrali, testi scritti ma mai rappresentati appunti, prima stesura dattiloscritta di copioni, le correzioni che via via sono state portate a scene durante le repliche, testi stampati da noi (**) o da altri in Italia, la rassegna stampa in data dal 51 ad oggi, (i primi 10 anni me li sono incollata tutti da sola), le fotografie di spettacoli, le tesi di laurea sul nostro lavoro. Poi c'è la stanza numero tre: dischi, cassette audio e video, le registrazioni originali delle mu i vari spettacoli, documentazione filmata di spettacoli, manifestazioni, dibattiti, riprese t ecc., Nella stanza numero quattro ho collocato la sezione estero: i dattiloscritti che ci inviano 57 Paesi per il benestare alla traduzione, le edizioni di libri stampati in quasi tutte le l corrispondenza con gli agenti, i traduttori, i contratti, le fotografie degli spettacoli andati (chiedere dati a Walter e Daniela quante messinscene sono state fatte e altri dati che interessare). Nella n.5 la corrispondenza di 43 anni di vita. Non quella tra me e Dario, quella la cassaforte. Quando scriverò la mia biografia le pubblicherò tutte. Scoprirete un Dario ine nessuno conosce. Lui, che non ha firmato più di cinque assegni in tutta la sua vita, che non s del pane, ne dov'è la chiave della cassaforte, tanto che ogni volta che parto mi tocca lasc lettera: "caro Dario, in caso di morte e se me ne andassi in Patagonia per non tornare capitare, sappi che la nostra banca è... che ci abbiamo pure una cassetta di sicurezza la cui c l'ha il nostro notaio ecc. ecc. , lui dicevo, appena sposati, quando era in turné e io a casa bambino tra un conato di vomito e l'altro, ricevevo ogni giorno una lettera, (mi piaceva molt scrive molto raramente e solo in momenti "gravi" della nostra vita) dove, dopo le parole d'a dava un rendiconto dettagliato degno di un ragioniere, di tutto quello che spendeva: alb cappuccino e brioche £... giornali £.... Giuro che non ho mai capito perché. Davvero biz inimmaginabile questo Dario, no? Mi rendo conto che divago in continuazione. E' che un pensiero chiama l'altro e m' è venuta una gran voglia di parlare. 850 Vi stavo dicendo che ho portato il Domenico nel mio ufficio, tra le cose della mia vit mostrato tutto quello che ho archiviato poi gli ho piazzato sul tavolone della stanza dov contenitori vari strazzeppi di interviste e manoscritti:"Dacci una guardata... magari t'interessa..." gli ho detto. Mi sono seduta dietro la mia scrivania che sembravo proprio una business-woman e l'ho las suo brodo. Ora il libro, anzi il librone "storico-antologico" interviste e scritti di Dario, è pronto, la mia chissà quando lo sarà. E io qui a fare una chiaccherata con voi per introdurvi a 400 pagine di "chiacchere di Dario ancora una volta a spendere il mio tempo per il mio maritaccio. In uno atto unico intitolato "La donna grassa" il personaggio da me interpretato, un strabordante di ciccia e disperazione, una "sfigata" come tante, sfiancata dalle delus fallimenti, dal rapporto col marito (di cui s'è finalmente liberata), dandosi una "sguardata" bello, ma rende l'idea) alle spalle, parla di sè in questi termini: "Ho sbagliato tutto n vita...Tutto! Colpa della mia mamma... Perbene... Com'era perbeeeene la mia mamma! U Guai a parlare di sesso, il sesso in casa mia non esisteva... eravamo fatti come le bambole.. i si chiamava "sedere", il davanti, "sedere davanti". E quando sentivo dire "vai a dar via il sed sapevo mai se fosse il didietro o il davanti. Mi ha insegnato tutte cose sbagliate la mia ma più grave? Accettare tutto quello che mi arrivava da mio marito senza ribellarmi mai... S scenate.. "Va via!!!" Che è pericolosissimo dire "va via!"... perché: vanno! Lì, a dedicargl vita! Insomma ad essere una incrocio tra una pecora e una gallina... Magari, avanguardia p fuori casa. Magari, femminista convinta, fuori casa... Tutta teoria e niente pratica. Una g città! Cocococodè! Ne conoscete anche voi no? Cococococodè!! (Grande applauso delle platea) Quando ci siamo sposati mio marito era un fisico nucleare, anch'io ero una fisica n lavorava lui, lavoravo io... poi sono arrivati i figli... Ho smesso di lavorare. Quando i figli sa po' cresciuti riprenderò, mi dicevo. Ma poi... non so com'è, non ce l'ho fatta. A poco a poc accorgermene ho cominciato a lavoravo per lui... l'aiutavo nelle ricerche, gli battevo a m saggi da pubblicare, i discorsi per le conferenze, i congressi... ai quali lui andava accompagnato dalla sua "assistente"... Insomma facevo quello che ogni moglie fa, pensando:"Tra un po' riprendo..." invece non sono mai riuscita a "schiodarmi" da lui, dalla c figli. Nel frattempo mio marito è diventato sempre più importante, così importante da esse proposto per il Nobel... (lo sapevate che Dario è stato proposto per il Nobel? Questo lo sto d voi, non lo dicevo in scena) A poco a poco è diventato un monumento. I monumenti pe bisogno di un piedestallo su cui posarsi per stare in piedi... bene, sono 4O anni che vivo c piegavo in due, testa in avanti tra gli applausi delle donne in platea che si riconoscevano signora, che raccontava una storia un po' esasperata certo, ma per mille versi simile a quella donne, simile alla loro... alla mia. Yes! Franca, l'ultima schiava bianca. Ho scherzato un po' sulla nostra vita e ora non so come fare per dirvi due parole seriamente. Ci provo. Rileggendo questa raccolta realizzate in quarant'anni da professionisti, d'interviste registrazioni d'interventi tenuti da D. in Italia e all'estero, vedo passare la nostra vita. sotterraneo di tanti anni che mi sono sobbarcata per scelta, oggi, con l'uscita di ques 851 parzialmente premia la mia anima d'archivista, la mia dedizione. Che sia amore? La vita con un uomo così impegnativo, anche se qualche volta m'ha fatto gridare -non ne po è stata una buona vita... coerente nel bene e nel male. Raramente banale, piena di tensione vissute mano nella mano, di lotte anche dure fianco a fianco e di emozioni... quell'emozione parlavo all'inizio e che certamente ci resterà incollata addosso anche nei prossimi quarant'ann Questo, e solo questo, è quello che conta. Franca Forse ho parlato un po' troppo anche di me. Ma "noi" come dice D. "siamo stati al mondo ins * (potete mettere come nota redazionale) "oltre 1 miliardo degli anno 70 ** Ho messo in piedi dal 75 una piccolissima casa editrice, pubblico quasi unicamente i mettiamo in scena, nella quale svolgo tutte le mansioni (che io sia una centralizzatrice? Ma n vanno dell'aggiornamento del copione rispetto all'ultima rappresentazione in computer, c delle didascalie e foto e documentazione, consegnarlo alla tipografia scegliendo carta impaginazione, correggere le prime bozze, le seconde, decidere la copertina, se sono fortun mi dà una mano per la scelta del colore e il disegno da metterci sopra (quello lo fa subito!) esce il libro, lo guarda e dice "bello!" Credo che non abbia mai sfogliato una delle nostre Questo non significa che non gliene importi niente. Anzi,gli fa molto piacere vederli ben all nostro banco di vendita durante gli spettacoli. "Li h fatti Franca" dice e dentro c'è anche org me. (Che piacere mi fa!!) Ma se fosse per lui non avremmo nulla in archivio, nulla stampato tipo di registrazione. E' fatto così. Non ha interesse per il suo "passato prossimo". Dopo tan vita in comune, ma sopratutto di lavoro in comune, dopo mille arrabbiature per tanta ind verso le sue "cose", sono arrivata alla conclusione di aver vissuto con l'uomo meno ambizi terra. Un testo gli interessa quando nasce, crearlo, costruirlo, muoverlo. E quando è p passato. 852 La punteggiatura serve per dare le intonazione Se devo essere sincera, non ne posso proprio più. Sono che oppure fogli usati da una sola parte che io conservo per appunti, colpa della mia mamma insegnato l'economia. Non ad essere economa, proprio "l'economia". e il buché di gigli che una "amica" m'ha messo in mano un secondo prima d'entrare in ch così io ho dovuto tenerlo che se avessi potuto me lo sarei mangiato in quanto tutti, meno m sapevano che con D. facevo l'amore da due anni- le nostre mamme che piangevano- Conosco: i ritmi, i tempi, la sintesi, l'economia, il tutto indispensabile che ce l'ha uguale il direttore dell'Operà di Parigi IRSCH, che però io l'ho avuta un nove an di lui, (ne ho una in ogni stanza occupata dai miei collaboratori) perchè mio nipote Galeazzo e questa faceva parte di uno stock che ho pagato due lire forse me le ha regalate e che in chissà quanto l'avrà pagata(!) che sembravo proprio una business-woman Anche con "Gli arcangeli" l'anno prima, (stagione 59-60) abbiamo avuto grane con i censori avendo avuto il testo un mesi prima del debutto, pretendevano di imporci dei tagli dell'anteprima. Come avremmo potuto farcela? Ci siamo rifiutati di portare modifiche al Così ogni sera venivano due poliziotti in palcoscenico constatavano seguendo lo spettacolo rispettavamo i tagli, stendevano il loro bel verbale: abbiamo totalizzato in 9 mesi duecentocinquanta denunce. Un bel record. Poi però, non è successo niente. 853 IL PADRE MORTO: IL GIORNO DEL FUNERALE ricordo le morti di Lina e Enrico Cercavo il coraggio di toccarlo. Volevo dargli un bacio. Non avevo mai osato farlo in tutta la mia vita. Per pudore. Per timidezza. Ho allungato una mano, incerta, per arrivare alla sua.Quando l'ho sentita sotto le dita, ho avuto l'impulso di ritirarla. No, è tuo padre, pìoi non o verai più.Ho vinto la repulsione e sono rimasta lì, padrona, sulla sua mano di marmo: ho toccato la morte. Ci ho preso confidenza. poi un bacio lieve su una guancia e finalmente ho pianto seduta vicino a lui. Quante cose mi sono venute in mente, fatti dimenticati nella memoria. Con mia sorella Lina è stato diverso ero adulta: 40 anni. Mi sono occupata di ogni cosa, dalle coroni di fiori alla scelta della bara: raso bianco trapuntato. E ricevere gli amici, i conoscenti, e parlare. Anche in quel caso, le sono rimasta vicina, da sola. La guardavo. Triste da viva, incazzata da morta per via di una vita vissuta con un marito ignorante e rozzo che l'aveva spesso umiliata. La sua vita senza gioie mi passava innanzi. E al dolore per la sua perdita mi cresceva dentro la rabbia di non essere riuscita a strapparla da una inutile condizione di sottomissione, di abbozzare, di non coraggio. Di quando in quando il commento banale di qualcuno che entrava: "pare che sorrida". Macché imbecille, è il freddo che le tira la faccia. Negli ultimi anni non ha mai sorriso. E' stato lì che ho giurato a me stessa che nessuno m'avrebbe vista da morta. Di mio fratello ho visto solo la bara già chiusa in partenza per l'Italia da N.Y. Che bizzarria questa di mio fratello di venirle a morire tanto lontano da casa. Lui, che da vivo non avrebbe mai disturbato nessuno, da morto s'è trovato al centro di una difficoltà dietro l'altra. Dario e io stavamo effettuando una turné negli Stati Uniti. Il debutto a N.Y. era importante, parenti e amici erano tutti lì per farci festa. La 854 sera prima avevamo cenato insieme. "Domani andiamo a vedere...." fa a Pia, ci vediamo alle sei. Arrivano le sei, le sei e trenta... niente. Enrico non si vede. Telefoniamo all'Hotel. "Siete dei parenti?" - "Sì." - "E' morto." E' uno scherzo? No, era morto davvero. Nel sonno. Una cameriera l'ha trovato. Dario, con un giornalista si precipita all'hotel. Io non potevo accompagnarli: avevo lo spettacolo dopo un ora. Non ho recitato molto bene quella sera. Ho anche maledetto questo lavoro. IL 68 Nell'autunno del 68 decidiamo di abbandonare il circuito teatrale tradizionale, ufficiale e mettere a disposizione il nostro lavoro, la nostra vita (e non sto enfatizzando) con un impegno diretto di quella parte di pubblico che normalmente viene ignorata dal teatro ufficiale: operai, casalinghe, studenti, contadini. Pubblico che solo in questi ultimi anni viene intruppato e portato con pulman nei teatri del centro, organizzati da Cral e Sindacato. Riprendendo la tradizione di mio padre portiamo il nostro teatro in piccoli centri, nei quartieri periferici, nelle fabbriche occupate, nei palazzetti dello sport. Insomma, decidiamo di metterci a disposizione della classe alla quale sentivamo di appartenere. il promletariato. Detto oggi, così, a distanza di anni suona un po' tromboneggiante, allora no. Suonava bene. Otteniamo una risposta straordinaria: una folla di giovani, studenti, operai ragazze, donne sono ogni sera presenti. In qualsiasi posto si svolga lo spettacolo i locali sono gremiti all'inverosimile. Nei palazzetti dello sport, ci abbiamo messo anche 12 mila persone. Che testi recitavamo? Il quotidiano. La vita della gente, le difficoltà. Il materiale lo trovavamo a iosa. Erano tempi brutti. Gli incasi spesso vanno a fabbriche in occupazione, che grazie alla sopravvivenza cjhe gli è garantita dagli spettacoli, in certi casi, come per la Sampas di Milano, tengono duro e alla fine vincono la sentenza col padrone. (ricevute fabbriche). Quando Dario mi ha proposto di lasciare le strutture tradizionali e di portare il nostro teatro per "boschi" non mi diceva niente di nuovo, per tanto l'avevop fatto con mio padre. 855 Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura angoscia, commozione, meraviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi... inaspettate, inaudite, così i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazioni, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate è un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato un libro "Le lettere del mio nome" di Grazia Livi, "é importante, leggilo". Il titolo cosi ermetico non mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore: "Il tema appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna". Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita "menata" femminista socialpolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, esibenti, compiaciute dello sfoggiar "cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta, senza la minima preoccupazione di essere capite da chi aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberarsi") la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì, pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po' arroganti o troppo offensivamente accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? 856 Sì. Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uomo nel loro modo di essere, parlo delle intellettuali, che esprimevano comportamenti che ho sempre rifiutato. Parto a leggere indifferente e diffidente. Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li ho nemmeno saputi. M'ha tirato dentro la chiarezza, ne facile ne semplicistica, seppur colta con cui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche la crescita di un personaggio-donna, come te lo ripropone tutto, secca e piena, leggera, meticolosa delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi. Di ogni donna di cui parla, ti presenta le più remote sensazioni, ogni personaggio è da lei scandagliare nel profondo, c'è tutto quello che hanno detto gli altri e quello che ne hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certezze e molto altro che ora non mi riesce di esprimere. Poche pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De Beauvoir.NON mi é mai stata completamente simpatica.A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta egoista.Il suo evidente essere una intellettuale aristocratica m'e l'ha sempre allontanata.In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa della spesa in mano, fazzoletto in testa .Ha lanciato un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come un bambino scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon..", ha mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io ci sono rimasta un po' male.forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del ragionato-Livi é una donna che capisco e ammiro di più.Altre biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidità, intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere 857 dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addosso.Il mio "dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo.Mi sento come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a disagio, turbata, scombussolate. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato.Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato.Mi sento addosso il peso di non essermi mai sentita in lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non averne i numeri, le capacità per poter partecipare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione.Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me .Già arresa, prima di essere vinta.Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto.Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce.I giorni della mia vita :22.630 , sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi.Possibile? E' così.Sento l'esigenza di esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando me stessa?..Il mio io?..Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma ora qualcosa di concreto mi urge.Devo fissare qualche punto. Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono tanti, non avessi vissuto, lavorato incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore, pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza.Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo. 25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori".Li avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città.Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e 858 sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di raccogliere qualcosa.La sera, nel cortile di casa mia, gran festa.Un giradischi, e ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie da oltre due anni.In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono.Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi.Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni dopo(1973) in circostanza ben diversa , per dolore e drammaticità.Ancora seduta, su di una sedia ora, con la testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non ho terminato) di Varese, con i fascisti che entrano in classe, in silenzio ci guardano a una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa triste.."Villa triste era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro, non avevo fatto niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto.E il cuore a battere più forte."Forse muoio"."Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so".Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo."non lo vedo da un po'", sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio, che era successo?"Allora?"Erano minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo lasciati da un sacco di 859 tempo."Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo e le mani sudate."Sei una incosciente, sei una disgraziata.Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa bene.E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in quattro che avevo stracciato prima di passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a scuola.Incoscienza, più che coscienza politica. I GIORNALI Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai letto un giornale.E questo che c'entra?Nulla.Sto cercando di tirar fuori fatti lontani, che disordinatamente affiorano al mio cervello vuoto Non ho mai letto i giornali.Lo dico con meraviglia.Possibile?In casa mia c'erano, la mia era una famiglia socialista quando esserlo costava qualche cosa.Si pagava, senza ricevere nulla in cambio:con quella tessera in tasca allora carriera o posti di comando, non ne ricevevi.I giornali c'erano, li toccavo quando li raccoglievo da terra dopo che mio padre li aveva letti.(incredibile quanto mio marito assomigli a mio padre:anche lui, li butta per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono sicura di non averne mai aperto uno fino ad un certo giorno.cioè quando sono andata a sbattere con la mia bicicletta addosso ad una Topolino (in realtà gli ho sfiorato un parafango).La reazione del "guidante" è terribile e immediata e assolutamente fuori posto/"Ecco chi rovina l'Italia!""No, guardi io..""Silenzio!Voi giovani che delegate.Delegate e non leggete i giornali!".Allibita, senza parole.E' da quel giorno che dei giornali leggo tutto..dalle inserzioni agli annunci mortuari.Grazie isterico signore della topolino.Grazie. Forse ora posso correre all'inizio della mia vita. 1932_ "E' ora che Franca incominci a recitare."è mia madre che parla. La prima parte che ho imparato a memoria, me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot- a mot, parola per parola. Non sapevo leggere .Avevo tre anni.. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che 860 avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva recitato da mia sorella Pia in "la passione del Signore"atto V, orto dei Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo gridare di quando in quando. La parte non era lunga.. non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e ancora."ripeti" diceva la mia mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone."Ripeti!"Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima .Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle. seppur credente non andava mai in chiesa ma aveva uno zio prete.Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine .E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda.Non avevo fatto nessuna prova.Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda "e quel che segue.Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva immaginare fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa..gli occhi che lanciavano saette tra un tuonar e lampeggiar minaccioso , che disperato gridava:"possano i corvi divorarmi le budella , le aquile strapparmi gli occhi !" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua" , mi fece un terribile effetto.Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando?!Ero stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella , solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i colori!Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera."Ma cosa sta 861 capitando?Perchè lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare;Mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentori.Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli sia capitato.Forse è impazzito." Anzi.A piccoli passi, camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai.Dio che paura!Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci.Insomma cercavo con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico.Pia s'è ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prospettavano niente di buono..Lo zio-Giuda si blocca per non più di tre secondi, lo giuro.e poi con voce profonda (intanto con la mano mi solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei grande!A QUEST'ORRENDO PECCATORE MANDI IL CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi la mano..No, no, non me lo merito!-e , dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve usare un po' di forza per liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo andare.Grida:"L'albero più alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami andare angiolino..Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di scena.Mia sorella(l'unica volta nella sua vita , credo)non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue.Grande applauso.Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni.Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e mesta quel tanto che serve dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore..Non s'è pentito!" e via che esco..Ce l'avevo fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi, "la passione del Signore" ha sempre avuto due 862 angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio.E tutti giù a piangere. A 5 anni:"gli spazzacamini della valle d'Aosta.Com'è che succedeva? Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio che non avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con certezza di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo.La parte come sempre fino a che ho 4 imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente , era come se la sapessi già.Anzi, la sapevo già.Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi permettesse di addormentarmi, mentre i miei recitavano una sera dopo l'altra?"Gli spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il protagonista, figlio di una povera ma bella incintata e poi abbandonata dal figlio del conte..vengo, a causa della miseria in cui nascono quasi sempre quelle incintate dai "contini", NONOSTANTE LA TENERA età affidato ad un "mercante di carne umana"!, un delinquente che specula sui bambini che gli vengono affidati, mandandoli spesso a morire nel tentativo di pulire, in quanto smilzi e denutriti (quanto piangeva la gente!) la cappa di un camino.E' quando, la mia mamma che per fortuna era venuta a trovarmi a Torino col mio nonno sennò chissà come avrebbe mai fatto a tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia morto nella cappa del camino "Oh che tremendo dolore!" e via che Impazzisce. La ragazza in questione era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che quel giorno lì in quanto ammalato, era stato sostituito nel lavoro da un compagno, certo Carletto, che muore al suo posto. (Mai essere generosi!) Questa è per Gino una giornata davvero fortunata.Il vecchio conte è schiattato nel frattempo, ed il contino, vale a dire il suo papà, decide in quanto sempre innamorato della mia mamma, di riparare al malfatto e di sposarla.Ci sono un po' di problemi per far rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime e singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica finale per non mandare a casa la gente con il magone. 863 Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, TEATRO POPOLARE appunto, nella tradizione della COMMEDIA DELL'ARTE , completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie , come la nostra , che agiva no in provincia.Il nostro successo stava tutto in questa differenza.Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacosa, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di canovacci e per molti testi non esisteva nemmeno il canovaccio. Ce li avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi?Non lo so.So solo che i teatri eran( sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre.O se c'era il funerale di un defunto importante del paese:il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il farmacista.E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulietta, 6 la passione, "il povero fornaretto di Venezia e non mi ricordo più quali altri drammoni avessero successo)mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo e tu questo., .e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti. "L'assassino del corriere di Lione" .Scena PRIMA: la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto , partito povero , tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo repulsione. Manifestare freddezza e imbarazzo.Ricordarsi che la madre è morta. Scena seconda:un uomo(lo stesso attore che interpreta il personaggio del padre) languisce in una cella, è un innocente caduto in un errore giudiziario terribile.Accenni all'assassinio di un corriere a 864 Lione.Accenni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al paese.Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta. Comica finale.Non c'è personaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato.Neonati(8 giorni in braccio alla mia mamma-in la Genoveffa di Brabante), bambini o bambine, ragazzini signorine, giovanotti, suore, cortigiane, prostitute.Una volta ho fatto persino, il cuciniere Dracco. La storia nel ricordo, mi fa ancora ridere.Ero cresciuta e la Genoveffa(che dio la maledica, quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo io.Giovane e bella moglie del re alla guerra, sola nella raggia viene insidiata da Golo, un primo ministro della situazione, che lei respinge furente e offesa. La donna giovane donna decide di inviare una missiva al marito tramite il cuciniero Dracco:l'unico che a corte le sia rimasto fedele. per avvertirlo del tradimento del suo braccio destro."Torna o mio dolce sposo, torna! che quel maialone del Golo vuole fare con me, proprio quella cosa là!" Golo che è sempre lì a origliare , scopre tutto e zak!, pugnala il poveraccio e manda a dire al re che Genoveffa è incinta del cuciniero."Ti ha tradito o mio re, che vergogna con un cuciniero!"Il re ci casca, fuori dalla grazia di dio "un cuciniero no!"ordina il taglio della testa della la fedifraga e anche del bambino nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE POI TUTTO , COME SEMPRE, FINISCE IN GLORIA ) Arriviamo sulla piazza e ci rendiamo conto che ci manca l'attore che avrebbe dovuto interpretare il ruoli del cuciniero .D'accordo, sono due parole che si possono anche tagliare, ma fisicamente deve essere in scena.Ci ragioniamo sopra un attimo per vedere come risolvere. Bene.Ci siamo.Facciamo così.Al momento cruciale, vado alla quinta di destra.Il perfido Golo mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando fuori scena con il cuciniere che non c'è, fingo di consegnargli il messaggio e poi, affranta, esco. Velocissimi mi 865 mettono sulle spalle un mantellaccio con capuccio, che mi copre dalla testa ai piedi.Rientro in scena con la missiva bene in evidenza in mano, faccio qualche passo come se ora io parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su di me"muori, spione di un cuciniero!E via che mi pugnala.Cado morta.Golo mi trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla parte opposta da cui sono entrata. Mi tolgono il mantello, mi raddrizzo la parrucca bionda dalle lunghe trecce, corro velocissima dall'altra parte.Rientro in scena e vedo Golo che pulisce il pugnale assassino nel mantellaccio che indossavo fino ad un secondo fa."L'avete ucciso!Assassino!!"Ansimo un pò, per via della corsa, ma sono perfettamente in parte e nessuno s'è accorto di niente.Noi eravamo in grado di andare in scena senza prova alcuna, con un testo nuovo allestito di sana pianta.Arrivavamo ad esempio in una piazza nel giorno in cui in paese si festeggiava la santa patrona, ebbene, debuttavamo con la storia di quella santa sulla quale mio padre e mio zio avevano giorni prima letto e ascoltato dalla gente, vita morte e miracoli.Avevano riunito la compagnia, raccontato a sommi capi l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi adatti non c'erano si rimediavano, e via che si debuttava.Senza prove.Se si confronta con i 90 o addirittura i 180 giorni di prova delle compagnie di oggi..Ma certo che allora, sovvenzioni ministeriali o regionali o provinciali o comunali, non ce ne erano, quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare eccome. L'unico posto, luogo dove io mi senta a mio agio è il palcoscenico.No, non per via:ama la polvere del palcoscenico.No.Sono allergica alla polvere, alle banalità, alla rettorica.Sto bene in palcoscenico perchè è casa mia.In qualsiasi città mi trovi, quando sono in teatro sono a casa.Entrando nella hall di un teatro, non m'è mai capitato di dovere chiedere"scusi, dov'è il palcoscenico?"Conosco automaticamente la strada, dove sono i camerini, il gabinetto."Ma ci sei già stata qui?""No, è la prima volta""Non ti credo""Sì, forse ci sono già stata".Sto bene nei camerini, anche se squallidi.No, non li addobbo con sete colorate.L'ho fatto qualche volta..senza accorgermi andavo dietro all'onda, voglio dire alle usanze degli attori..ma erano 100 anni fa.Poi 866 ho scoperto che non mi ci trovavo con QUEGLI addobbi intorno, non sentivo il bisogno di ricostruirmi il "salotto"di casa mia, anche se il camerino era un cesso.E DIO sa quanti camerini "cesso" trovano gli attori nei teatri e nei cinema di casa nostra.L'unica cosa alla quale non rinuncio è la luce."Lino!!(è il tecnico delle luci) La luce"Lino arriva e mi piazza certi 5OO da accecare.Io ci sto bene. La luce e il mio baule, ora i miei bauli..Mi piacciono i miei bauli.E' un classico baule armadio d'attori, verde fuori a fiorellini l'interno.Ci sono i cassetti e nei cassetti di tutto:golf, libri, fogli, macchina da scrivere-computer, pennarelli, lettere e cianferi d'ogni genere.Il primo baule della mia vita l'ho comperato a rate nel 51, non appena arrivava in compagnia primaria.Dentro non c'era quasi niente, ma quel sacramento , che si apre all'impiedi dividendosi in due e diventa un armadio, con cassetti e reparto per i cappotti, con tanto di targhetta in metallo con il mio nome, mi dava una gran sicurezza.Per la verità era una sicurezza del tutto speciale:la sicurezza di avere anch'io il baule come tutti gli altri.Credo che quella sia stata l'unica sicurezza di quegli anni e per molti anni dopo.Credo anche di essere la persona più insicura che io conosca.Il mio baule, il suo contenuto, il camerino il palcoscenico:sono a casa. Io non mi considero un'attrice.Sono "anche " un'attrice.In casa mia ho imparato tutto quello che può servire per poter fare questo lavoro:attrice, elettricista, fonico, costumista, trovarobe, direttore di scena, servo di scena, piazzare le luci, suggerire, sarta, vendere i biglietti, truccare, pettinare, ballare, cantare (sono un po' troppo timida, seppur molto intonata!Me l'ha detto 10 -14 Giovanna Marini, e se lo dice lei..)la ricerca delle piazza l'amministratore, fare un borderò, (ora è però diventato difficilissimo)I miei avevano addirittura una propria tipografia dove si stampavano i manifestini, insomma i volantini di adesso.Avevamo centinaia di scene belissime, dipinte da un pittore della Scala, Lualdi che veniva a passare le sue vacanze da noi, ogni tanto, le rinfrescavamo tutti insieme.Ogni giorno cambiavamo piazza, (dico piazza per dire "paese, non recitavamo in piazza ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori, quindi ogni giorno si dovevano montare scene 867 e luci.Anche i nostri costumi erano belli.Figuriamoci!Mio padre, tramite l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal Teatro della Scala.E se per un nuovo testo mancava qualche costume, ce lo facevamo in quattro e quattrotto.Mia madre, maestra diciottenne, figlia dell'ingegnere del comune dove risiedeva(Bobbio) e di una casalinga si era innamorata di questo "girovago marionettista"che un giorno era passato di lì, e con grande scandalo dalla famiglia-(povera come l'acqua, ma di una classe sociale superiore a quella di mio padre)e del paese se l'era sposato.Mia madre, era bellissima e quando dico bellissima voglio proprio dire"bellissima"senza artificio alcuno. Nessuno di noi, quattro figli, pur assomigliandole, s'è avvicinato a tanto;Bellissima, giovane, innamorata, aiuta Domenico (il marito)e Tommaso (fratello del marito e Stella, (sorella del marito)in tutto quello che può .Cerca con tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova vita, tanto diversa da quella che aveva condotto sino a quel giorno.Non sa manovrare le marionette, ma si ingegna a vestirle.Poi, più avanti, dirà qualche battuta.Con l'avvento del cinema (1920)) i due fratelli intuiscono che "il teatro delle marionette" sarà presto messo in crisi, subissato, da questo nuovo fantastico mezzo di spettacolo. Decidono un cambiamento radicale(con grande dolore del nonno Pio, un amate di Garibaldi, l'unico ritratto in nostro possesso lo raffigura vestito e somigliante all'eroe!)"Entreremo in scena noi, al posto delle marionette, reciteremo noi inostri spettacoli"Così mio padre con la propria famiglia aggiunta alla famiglia di mio zio Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di legno, vere e proprie sculture, tre delle quali sono esposte al Museo del teatro della Scala di Milano.E quando inizieranno a recitare di" persona", a portare loro stessi in palcoscenico i testi, i personaggi che avevano fino allora interpretato muovendo e doppiando pupazzi di legno, lei, la mia mamma , diventa la prima attrice della compagnia.Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li faceva studiare, si occupava della casa, e come una più che provetta casalinga( a tutti gli effetti)teneva l'amministrazione della compagnia come fosse quella di un normale menage familiare, si occupava dei costumi, aveva imparato pure a 868 cucire, e alla sera, via!, E Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la Fantina dei Miserabili, tutti ruoli che via via, abbiamo interpretato anche noi figlie e le cugine Ines e Lucia.Percorro così l'apprendistato dei teatranti interpretando via via che cresco, tutti i ruoli maschili e femminili adatti alla mia età.Il vantaggio della compagnia di mio padre rispetto alle altre compagnie di giro, (così si chiamavano le piccole compagnie di provincia) è l'invenzione di impiegare tutti i trucchi scenici del teatro magico delle marionette, nel "teatro di persona"":montagne che si spaccano in quattro a vista, palazzi che crollano, un treno che appariva piccolissimo lassù nella montagna e che man mano che scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in scena con il muso della locomotiva a grandezza naturale.Mari in tempesta, nubi che solcavano minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che volava.scene in tulle in proscenio, che illuminate a dovere ti facevano vedere come era il paradiso.Insomma tutti gli espedienti tecnici dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva ancora, dentro la scenotecnica delle marionette.soltanto che in quel teatro tutto era stato miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire una operazione da Gulliver alla rovescia:da minuto che era ingrandire ogni oggetto, aggeggio, marchingegno fino a renderlo identico alla realtà.In questa nuova veste"il teatro di persona" la compagnia di mio padre realizza un successo insperato.Si lavora come sempre a tempo pieno.Mio padre , il capo, con il ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del comico-brillante a secondo dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia;le mogli, i figli, gli attori scritturati;i dilettanti gli amici componevano la nostra compagnia.Giravamo cittadine, paesotti e paesini del nord Italia su di una corriera che chiamavamo "Balorda" a causa del comportamento bizzarro che aveva, che più che al suo cattivo carattere andava attribuito agli anni. In certi paesi nei quali ad una certa ora del giorno si passava, nei turnichè particolarmente ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci aspettavano.Ci spingevano fra tante risate, poi la sera ci raggiungevano ed entravano a godersi lo spettacolo gratis."Siamo quelli che abbiamo spinto." "Passate".Mio padre, amava la Balorda , 869 e zingarone com'era, gioiva tutto nel vedersela rilucente di colori sgargianti. Mia madre, ogni volta che lui le cambiava colore:"non sposeremo mai le nostre figlie !" "Hai ragione Milietta..domani le cambio colore"E l'indomani quando "Emilietta" si affacciava in cortile, ecco la Balorda ridipinta:d'argento!"Non sposeremo mai le nostre figlie!"Arriva la guerra, finisce la guerra.Bombardamenti non ne avevamo avuti.Qualche bomba sulla fabbrica di aerei:la Macchi, lontana dal centro, alla periferia di Varese, a Masnago.Ricordo a proposito di questo paese, una sera che si tornava a casa dopo lo spettacolo veniamo fermati, sia noi che tutti quelli che passavano per quella strada dopo di noi, da un gruppo di fascisti e S.S.Ci hanno fatto entrare in un cortile, (era quello dove abitava uno dei nostri dilettanti, chiamato"Luigino cassa da morto, perchè suo padre le fabbricava) dove siamo stati per ore bloccati.Solo all'alba ci hanno lasciati andare.Non è stato per niente drammatico.L'aria, nonostante i tedeschi era di festa a causa della inconsuetudine dell'avvenimento.Si sà, i giovani trovano sempre la maniera di di superare le tensioni. Sarebbe però, tanta allegria finita in tragedia se quell'alba avesse portato la notizia di una missione tedesca andata male.Ci avrebbero fucilati tutti. l'abbiamo saputo qualche giorno dopo.Per fortuna l'abbiamo scampata.Altre volte, capitava che ci fermassero dei partigiani.Non dicevano "siamo partigiani" ma erano in borghese con i mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio?" Li facevamo salire.Più avanti capitava d'incontrare picchetti fascisti che ci fermavano. Ci conoscevano.Avevamo un permesso speciale per il coprifuoco."Buona sera signor Rame,.Com'è andata?" "Benissimo!" "buona notte."Ce ne andavamo;nonostante il FINE 870 GENTE: FRANCA, TORNIAMO INDIETRO DI 40 ANNI, RACCONTACI IL TUO PRIMO INCONTRO CON DARIO. Le nostre strade s'incontrano ad un certo punto delle nostre vite, ma partono da punti assai diversi. Io nasco da una famiglia d'attori girovaghi, ed ho debuttato ad otto giorni, ne il figlio della "Genoveffa di Brabante", in braccio alla mia mammma. Via via che crescevo, ho interpretato tutti i ruoli possibili ed immaginabili maschili e femminili, finche, dopo i vent'anni ho lasciato la mia famiglia per seguire mia sorella Pia che abitava a Milano in quel tempo ed era prima attrice giovane con Renzo Ricci. Il mio desiderio era di riuscire a mia volta entrare in una compagnia primaria. Un gran salto! Dario invece, studiava architettura al politecnico, e per passione raccontava favole grottesche agli amici, racconta oggi, racconta domani, s'è trovato scritturato nella compagnia di rivista, "Franco Parenti sorelle Nava". Nella stessa compagnia c'ero io. Il capocomico era di Carlo Mezzadri, l'allora marito di mia sorella Pia, che per strada ha lasciato il mestiere d'attrice per aprire una sartoria teatrale. Oggi Pia è una affermatissima creatrice ed esecutrice di costumi teatrali. E' arrivata fino a Las Vega con le sue creazioni. Ha fatto una figlia, ha scritto un libro sulla nostra famiglia, gioca a poker, ama il tennis seguendolo sul teleschermo, la musica classica, legge molto, è curiosa, dimostra un vent'anni in meno di quelli che ha, ma quello che più conta, è che è generosa, spiritosa, caustica, insomma è il personaggio più divertente, poliedrico che io abbia intorno. Ci vogliamo molto bene. Abitiamo nella stessa casa, ci capita anche di litigare a volte, ma ci siamo l'una per l'altra, sempre. E' lì che io e Dario ci siamo incontrati. Lui s'innamora subito di "questa sventola dolcissima", così mi chiamava. Si prende un imbesuimento di terzo grado. S'innamora subito, ma se lo tiene per se. Anzi non mi guarda per niente e se mi guarda non mi vede: come fossi trasparente! Com'è?! Seni tondi, gambe lunghe, capelli biondi eccetera eccetara... piena di ragazzi che mi giravano intorno e lui , 'sto spillungone anche bruttino, (ora è bellissimo!) niente. Non faceva una piega! Non mi guardi? Ti castigo! Una sera, si provava lo spettacolo al cinema Colosseo, l'ho preso per le mani, l'ho messo contro il muro, e gli ho dato un gran bacio, ma proprio un bacio bacio! E mi sono scoperta innamorata pazza. Il "da ridere" è che tutto è successo per scommessa. Siamo andati avanti per due anni tra baci e litigi.... classico degli innamorati, fino al giorno che ci siamo sposati: 24 giugno 1954 in Sant Ambrogio! Dario, metterà una battuta, per il fatto di essersi sposato in chiesa (lui, quasi ateo-marxista) addirittura nello spettacolo "Gli arcangeli non giocano al flipper" : "Sposato in chiesa per accontentare madre di lei molto credente." SALTO SALTO FOTOCOPIARE PAGINE siamo siatemati alla bellemeglio. Il bambino ha pianto per quattro giorni di fila. Per quanto spirito di adattamento avessimo noi, non riuscivamo proprio a comunicarlo a questo tipo appena nato che non sapeva niente della vita. Comunque faticavamo anche noi a cavarcela e per le scomodità e per la mia totale inesperienza "Piange? Avrà fame" Lo attaccavo al seno, lui ciucciava un po' e poi di nuovo "uhèèè uuuhèèèè!""Oddio, forse è ammalato!" Al quinto giorno decidiamo di tornare in clinica e stabilirci lì. Il nostro ritorno è stato festeggiato dal personale con brindisi e abbracci. S'è scoperto subito la causa degli uhè del bambino: io avevo poco latte e lui aveva fame. Dopo aver nutrito il fantolino, ci hanno sistemati in una bellissima camera vicinissima alla sala parto. Ci siamo addormentati immediatamente tutti e tre ed abbiamo dormito per almeno giorno intiero, finalmente rilassati. Ci siamo insriti molto bene in questa nostra insolita vita, abitavamo lì e cercavamo casa. Come vedevamo in carridoio davanti alla porta della sala parto un padre in angosciosa attesa Dario subito s'informava: "Sa è un parto cesareo!" E Dario: "non si preoccupi, anche Franca ha avuto un cesareo...Vero Franca?" e io "Sì, sì... è una sciocchezza, vedrà" E quello si calmava. E un altro: è messo di piedi"... "Non si preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi...e tutto è andato benissimo. Vero Franca?" Solo quando un padre era preoccupato perché la moglie stava partorendo 2 gemelli siamo rimasti senza parole. Tutti sapevano che avevamo un figlio solo. Ci siamo stati tre mesi in quella clinica. Quanti padtri e quante madri abbiamo rinfrancato. Qualcuno ci 871 viene ancora a trovare con i figlio nato proprio in quei giorni. Che benissimo! Finalmente abbiamo trovato una casa in via Bruno Buozzi e ci siamo trasferiti. Una casa piccola con un terrazzo enorme. Nel palazzo vicino al nostro vivevano Roberto Rossellini ed Ingrid Bergam al tempo della loro "colpevole" passione. Avevamo sempre amici fotografi che ci scongiuravano di poter stare nel nostro terrazzo per poter riprendere i due importantissimi innamorati. ed ero sempre la vamp del casta, la padrona di un night, qualche volta sola, qualche volta con un amante delinquente. Indossavo grepier, calze nere o abiti talmente stretti che spesso me li cucivano lettaralmente addosso al mattino e me li scucivano la sera. Non potevo fare la pipì, non potevo sedermi ed in più mi sentivo frustata dalla testa ai piedi. Ho avuto in quegli anni, due grandi occasioni cinematografiche. Michelangeli Antognoni e Luchino Visconti. Per "Cronaca di un amore" Antognoni aveva scelto me. Io, allora, avevo un grande complesso (complesso che in parte, nonostante varie operazioni ho ancora oggi): ero strabica - strabica, timida e insicura. Nascondevo i miei occhi sotto a degli occhialini lunghi, stretti e scuri. "Lo so che sei strabica, ma per farti fare il film, devo vedere i tuoi occhi. Su... coraggio, togliti gli occhiali". Me lo ha chiesto almeno tre volte, paziente e gentile. Beh, non ce l'ho fatta e la parte la interpretò Lucia Bosé. Visconti si era intestardito su di me, per un ruolo in "senso". Io stavo in tournée con Dario a Trieste. Telefonate sopra telefonate. E mi spiaceva lasciare la compagnia, Dario e mi sentivo come sempre insicura. "Sì, scendo, faccio il provino poi magari mi dicono di no..." - "No, ti prende a scatola chiusa gli abbiamo portato tutte le bionde d'Italia, non gliene va bene nessuna. Se vuoi ti mandiamo il contratto." Niente non me la sono sentita, qualcosa mi ha bloccato. Il ruolo è andato a Marcella Mariani bruna, fragile, ex miss Italia, completamente diversa da me. Visconti aveva cambiato tipo. Il giorno della prima del film a Bruxelles, Marcella Mariani è partita in aereo per quella città. Se io avessi interpretato quel personaggio quasi sicuramente sarei stata al suo posto. L'aereo è precipitato. Tutti morti. Ecco cosa mi aveva bloccato. Il mio sesto senso mi aveva salvato la vita, come è capitato altre volte.Da quel giorno, se qualcosa mi salta nel lavoro od altro, penso che così doveva essere, il negativo diventa positivo "doveva andare così". Nel '57 mi sembra vengo scritturata dal Teatro Arlecchino a Roma, per interpretare un testo di Feydeau che sembrava scritto per me: "Non andartene in giro tutta nuda". Dario scrive per i fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla, un atto unico "Gli imbianchini non hanno ricordi" Ci prende gusto e ne scrive altri. A quel punto gli propongo di ritornare a Milano e farci una compagnia nostra. Interpelliamo Paolo Grassi allora direttore del Piccolo Dopo la clamorosa rottura per Canzonissima, la TV ci era proibita, ma c'era sempre il teatro. Nel '63 ci fu il nostro spettacolo su Colombo "Isabella, tre caravelle e un cacciaballe", che quest'anno verrà presentato per le Colombiadi, in spagnolo a Valencia, con la regia di Arturo Corso e anche trasmesso dalla II rete in ottobre. L'anno dopo "Settimo ruba un po' meno" e via via, ogni anno uno spettacolo nuovo, di successo, fino al '68, alla decisione, presa con Dario di lasciare il teatro tradizionale e di mettere a disposizione il nostro lavoro per sollecitare una presa di coscienza. La simpatia per la classe operaia non bastava più. La lezione ci veniva direttamente dalle straordinarie lotte operaie, dal nuovo impulso che tutti i giovani stavano dando nelle scuole alla lotta contro l'autoritarismo, l'ingiustizia sociale, le spinte per un nuovo rapporto con le classi sfruttate, per creare una nuova cultura. Dovevamo smettere di fare gli intellettuali che, comodamente sistemati dentro e sopra i propri privilegi di casta, si degnano, bontà loro, di trattare anche i problemi degli sfruttati. Dovevamo deciderci a metterci interamente al loro servizio: diventare i giullari degli sfruttati? Questo voleva dire andare a recitare in strutture che fossero gestite da loro, dalla classe operaia. Ecco perché subito pensammo alle case del popolo. Facemmo teatro nelle case del popolo, nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una capanna di via Colletta a Milano, alla famosa palazzina Liberty, sempre a Milano, che ristrutturammo completamente e che poi ci fu tolta.Nel '73 ci fu anche un episodio terribile nella sua vita. Vuole parlarne? 872 Non ne parlo volentieri. Sono passati quasi 20 anni, ma mi basta un niente per ritrovarmici dentro di colpo. Nessuna donna che abbia subito violenza sessuale, potrà mai staccarsi completamente da quel momento orribile. Sono stata caricata su di un furgoncino da tre individui e poi scaricata stravolta e sanguinante vicino alla metropolitana di via Dante. Non ho detto a nessuno quello che mi era realmente accaduto. Nemmeno a mio marito. L'umiliazione della violenza sessuale, lo sfregio, era sopratutto per lui e per mio figlio. No, me ne sono stata zitta: più dignitose "le botte". Mi sono tenuta tutto dentro, ma ho sbagliato. Il non averne parlato con nessuno , l'essermi tenuta tutto dentro (anche se tutti avevano intuito quello che realmente mi era successo) mi teneva in una continua tensione. Un caro amico, il professor MACACCARO, che mi era stato molto vicino con gli avvocati in quei giorni così pesanti, mi ha consigliato un' analista donna, ma io non me la sono senita. Dopo tre anni ho deciso di scrivere quanto mi era successo... Senza una parola ho passato i fogli a Dario. Li ha letti. Senza una parola mi ha abbracciato. Finalmente ce l'avevo fatta! Un nodo, il primo, si era sciolto. Poi, in appoggio alla campagna che si stava facendo in quegli anni per l'approvazione di una legge contro la violenza sessuale, ho deciso di portare quanto avevo scritto in teatro. Andai di colpo in scena, senza provarlo (non riuscivo) e senza che nessuno della compagnia lo sapesse. Solo Dario ed io ne eravamo al corrente. All'ultimo momento, invece di recitare "il risveglio" annunciai un brano nuovo." Ho trovato questa testimonianza su di un giornale e ve la recito" Da quella sera ho replicato "lo stupro" (questo è il titolo del brano) almeno duemila volte. E via, anche il secondo nodo si stava sciogliendo. Mio figlio dice: "sei andata in analisi davanti a migliaia di persone." Poi l'ho recitato anche in Fantastico, quello di Celentano. E' andata così. Gli atti di violenza sessuale contro ragazze erano all'ordine del giorno. Processi, stupri, violenze fisiche e morali contro le donne. Sono sempre più impegnata in questo campo. Propongo il brano a Celentano. Accetta. Ci sono resistenze da parte della prima rete, ma lui ha un contratto di ferro. e alle 20, 30 finalmente mi comunicano che prenderò parte alla trasmissione.. La voce è circolata in sala stampa. Due giornaliste vengono in delegazione e mi chiedono una conferenza stampa dopo la trasmissione. Va bene. Eseguo il brano, precisando come sempre che è una testimonianza di una donna che ho trovato su di un giornale. Sono molto tesa. I fotografi non stanno fermi un attimo. Per riuscire ad arrivare alla fine mi devo concentrare completamente. Ci sono dentro in pieno. Soffro come allora. Rabbia, umiliazione, terrore. Un brutto momento. Alla conferenza stampa qualcuno accenna al fatto che quella storia era la mia.( a suo tempo ci fu gran chiasso e solidarietà sui giornali) Ho negato molto decisa ma egualmente qualcuno privo di sentimenti e di rispetto me l'ha attribuita sui giornali del giorno dopo. Per me è stato duro. Fin che la gente non sapeva, diciamo, magari qualcuno lo intuiva ma con me non ne parlavano, io potevo portare quell'esperienza in teatro, ma da quando si è saputo ho deciso di non farlo più. Non avrei potuto, a parte che sarebbe stato anche di cattivo gusto. in fondo a questo testo c'è un pezzetto l'inizio che ho estrapolato a DONNE 873 NOTE PER BIOGRAFIA -1Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura angoscia, commozione meraviviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi, inaspetate, inaudite, cosiì i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazione, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate ' e un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato un libro"Le lettere del mio nome"di Grazia LIVI, "é imporTANTE , leggilo".Il titolo cosi ermetico non mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore:Il tema appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna. Mi blocco. Oddio, ci risiamo.La solita "menata" femminista socialsocoplogopolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, asibento con sfoogio"cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta , senza la minima preoccupazione di 2 2 essere capite da chi aveva (sto parlandodegli anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberArsi")la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì, pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po' arroganti o troppo accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uono nel loro modo di essere, insomma, tutto quello che ho sempre rifiutato.Parto a leggere indifferente e diffidente.Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li nemmeno saputi.M'ha tirato dentro la chiarezza ne facile ne semplecistica concui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche la crescita di un personaggio donna, come te lo ripropone tutto, secca e piena, leggera, meticolosa delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi.Di ogni donna di cui parla, ti presenta le piu remote sensaziuioni, ogni personaggio é da lei scandagfliato nel profondo, c'e tutto quello che hanno detto gli altri e quello che no hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certesze e molto altro che ora non mi riesce di esprilere. Poche pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De Beauvoir.NON Mì é mai stata completamente simpatica.A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta egoista.Il suo evidente essere una intellettuale aristocrarica m'e l'ha sempre allontanata.In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa della spesa in mano, fazzolette in testa .Ha lanciato un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come un bambino scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon..", ha mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io ci sono rimasta un po' male.forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del ragionato-Livi é una donna che capisco e ammiro di più.Altre biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidita, intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addoso.Il mio "dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo.Mi sento come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a disagio, turbata, sconbussolata. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato.Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato.Mi sento addoso il peso di non essermi mai sentita in lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non avererne i numeri, le capacità per poter participare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione.Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me .Gia arresa, prima di essere vinta.Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto.Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce.I giorni della mia vita :22.630 , sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi.Possibilie? E' così.Sento l'esigenza di esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando me stessa?..Il mio io?..Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma ora qualcosa di concreto mi urge.Devo fissare qualche punto. 874 Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono tanti, non avessi vissuto, lavorato incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore, pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza.Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo. 25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori".Li avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città.Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di raccogliere qualcosa.La sera, nel cortile di casa mia, gran festa.Un giradischi, e ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie da oltre due anni.In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono.Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi.Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni dopo(1973) in circostanza ben divera , per dolore e drammaticità.Ancora seduta, su di una ssedia ora, con la testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non ho terminato) di Varese, con i fascisti che entrano in classe, in silenzio ci guardano a una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa triste.."Villa triste era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro, non avevo fatto niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto.E il cuore a battere più forte."Forse muoio"."Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so".Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo."non lo vedo da un po'", sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio, che era successo?"Allora?"Erano minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo lasciati da un sacco di tempo."Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo e le mani sudate."Sei una incosciente, sei una disgraziata.Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa bene.E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in quattro che avevo stracciato prima di passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a scuola.Incoscienza, più che coscienza politica. I GIORNALI Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai letto un giornale.E questo che c'entra?Nulla.Sto cercando di tirar fuori fatti lontani, che disordinatamente affiorano al mio cervello vuoto Non ho mai letto i giornali.Lo dico con meraviglia.Possibile?In casa mia c'erano, la mia era una famiglia socialista quando esserlo costava qualche cosa.Si pagava, senza ricevere nulla in cambio:con quella tessera in tasca allora carriera o posti di comando, non ne ricevevi.I giornali c'erano, li toccavo quando li raccoglievo da terra dopo che mio padre li aveva letti.(incredibile quanto mio marito assomigli amio padre:anche lui, li butta per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono sicura di non averne mai aperto uno fino ad un certo giorno.cioè quando sono andata a sbattere con la mia bicicletta addosso ad una Topolino (in realtà gli ho sfiorato un parafango).La reazione del "guidante" è terribile e immediata e assolutamente fuori posto/"Ecco chi rovina l'Italia!""No, guardi io..""Silenzio!Voi giovani che delegate.Delegate e non leggete i giornali!".Allibita, senza parole.E' da qul giorno che dei giornali leggo tutto..dalle inserzioni agli annunci mortuari.Grazie isterico signore della topolino.Grazie. Forse ora posso correre all'inizio della mia vita. 1932_ "E' ora che Franca incominci a recitare."è mia madre che parla. La prima parte che ho imparato a memoria, me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot- a mot, parola per 875 parola. Non sapevo leggere .Avevo tre anni.. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva recitato da mia sorella Pia in "la passione del Signore"atto V, orto dei Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che per trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo gridare di quando in quando. La parte non era lunga.. non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e ancora."ripeti" diceva la mia mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone."Ripeti!"Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima .Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle. seppur credente non andava mai in chiesa ma aveva uno zio prete.Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine .E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda.Non avevo fatto nessuna prova.Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda "e quel che segue.Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva immaginare fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa..gli occhi che lanciavano saette tra un tuonar e lampeggiar minaccioso , che disperato gridava:"possano i corvi divorarmi le budella , le aquile strapparmi gli occhi !" e altri animali che non ricordo "mi divorino un pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua" , mi fece un terribile effetto.Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando?!Ero stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma quello che mi buttò completamente fuori, fu il vedere mia sorella , solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i colori!Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro povero zio in una disperazione sempre più nera."Ma cosa 13sta capitando?Perchè lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola stava per scoppiare;Mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentoi.Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli sia capitato.Forse è impazzito." Anzi.A piccoli passi, camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino, lui era in ginocchio e gridava più che mai.Dio che paura!Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci.Insomma cercavo con i mezzi che avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico.Pia s'è ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prespettavano niente di buono..Lo zio-Giuda si blocca per non più di tre secondi, lo giuro.e poi con voce profonda (intanto con la mano mi solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei grande!A QUEST'ORRENDO 14 14PECCATORE MANDI IL CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi la mano..No, no, non me lo merito!-e , dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve usare un po' di forza per liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo andare.Grida:"L'albero più alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami andare angiolino..Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di scena.Mia sorella(l'unica volta nella sua vita , credo)non sapendo più che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo segue.Grande applauso.Tutti mi chiamano in quinta con grandi cenni.Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì, a spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e mesta quel tanto che serve dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo Signore..Non s'è pentito!" e via che esco..Ce l'avevo fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi, "la passione del Signore" ha sempre avuto due angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio.E tutti giù a piangere. A 5 anni:"gli spazzacamini della valle d'Aosta.Com'è che succedeva? Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio che non avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con certezza di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo.La parte come sempre fino a che ho 4 imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente , era come se la sapessi già.Anzi, la sapevo già.Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di 876 Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi permettesse di addormentarmi, mentre i miei recitavano una sera dopo l'altra?"Gli spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il protagonista, figlio di una povera ma bella incintata e poi abbandonata dal figlio del conte..vengo, a causa della miseria in cui nascono quasi sempre quelle incintate dai "contini", NONOSTANTE LA TENERA ETà affidato ad un "mercante di carne umana"!, un delinquente che specula sui bambini che gli vengono affidati, mandandoli spesso a morire nel tentativo di pulire, in quanto smilzi e denutriti (quanto piangeva la gente!) la cappa di un camino.E' quando, la mia mamma che per fortuna era venuta a trovarmi a Torino col mio nonno sennò chissaà come avrebbe mai fatto a tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia morto nella cappa del camino "Oh che tremendo dolore!" e via che Impazzisce. La ragazza in questione era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che quel giorno lì in quanto ammalato, era stato sotituito nel lavoro da un compagno, certo Carletto, che muore al suo posto. (Mai essere generosi!) Questa è per Gino una giornata davvero fortunata.Il vecchio conte è schiattato nel frattempo, ed il contino, vale a dire il suo papà, decide in quanto sempre innamorato della mia mamma, di riparare al malfatto e di sposarla.Ci sono un po' di problemi per far rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime e singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica finale per non mandare a casa la gente con il magone. Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e stringate, TEATRO POPOLARE appunto, nella tradizione della COMMEDIA DELL'ARTE , completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie , come la nostra , che agiva no in provincia.Il nostro successo stava tutto in questa differenzenza.Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie di autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi teatrali veri e propri, ma una specie di cannovacci e per molti testi non esisteva nemmeno il cannovacccio. Ce li avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi?Non lo so.So solo che i teatri eran( sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre.O se c'era il funerale di un defunto importante del paese:il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il farmacista.E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione, "il povero fornaretto di venezia e non mi ricordo più quali altri drammoni avessere successo)mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo e tu questo., .e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli avvenimenti. "L'assassino del corriere di Lione" .Scena PRIMA: la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto , partito povero , tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo repulsione. Manifestare freddezza e imbarazzo.Ricordarsi che la madre è morta. Scena seconda:un uomo(lo stesso attore che interpreta il personaggio delpadre) languisce in una cella, è un innocente caduto in un errore giudiziario terribile.Accenni all'assassinio di un corriere a Lione.Acceni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al paese.Saranno ancora vive? Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta. Comica finale.Non c'è pesonaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia interpretato.Neonati(8 giorni in braccio alla mia mamma-in la Genoveffa di Brabante), NOTE PER BIOGRAFIA -1Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura, angoscia, commozione, meraviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi, inaspettate, 877 inaudite, così i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazione, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate ' e un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato un libro"Le lettere del mio nome"di Grazia LIVI, "é imporTANTE , leggilo". Il titolo cosi ermetico non mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore:Il tema appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna. Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita "menata" femminista socialsocioplogopolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti, asibento con sfogio"cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta , senza la minima preoccupazione di essere capite da chi aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberArsi")la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì, pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po' arroganti o troppo accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uomo nel loro modo di essere, insomma, tutto quello che ho sempre rifiutato. Parto a leggere indifferente e diffidente. Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li nemmeno saputi. M'ha tirato dentro la chiarezza ne facile ne semplicistica con cui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche la crescita di un personaggio donna, come te lo ripropone tutto, secca e piena, leggera, meticolosa delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi. Di ogni donna di cui parla, ti presenta le più remote sensazioni, ogni personaggio é da lei scandagliato nel profondo, c'e tutto quello che hanno detto gli altri e quello che no hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certezze e molto altro che ora non mi riesce di esprimere. Poche pagine te ne dà l'essenza. Ecco Simone De Beauvoir. NON mi é mai stata 878 completamente simpatica. A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta egoista. Il suo evidente essere una intellettuale aristocrarica m'e l'ha sempre allontanata. In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa della spesa in mano, fazzoletto in testa . Ha lanciato un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina. Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come un bambino scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo, "Simon. . ", ha mormorato. Ah, era lei! Dario meno, ma io ci 4 4 sono rimasta un po' male. forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto. Ma ora, la Simon, del ragionato-Livi é una donna che capisco e ammiro di più. Altre biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidità, intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addosso. Il mio "dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo. Mi sento come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono confusa. Confusa, a disagio, sconbussolata. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato. Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato. Mi sento addosso il peso di non essermi mai sentita in 5 lizza con nessuno, non perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non averne i numeri, le capacità per poter partecipare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione. Sono certa di non aver mai voluto con forza, qualcosa per me. Già arresa, prima di essere vinta. Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi vissuto. Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il numero in calce. I giorni della mia vita: 22.630, sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi. Possibilie? E' così. Sento l'esigenza 879 di esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi. Oh mio dio, cos'è, 'sto cercando me stessa? Il mio io? Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma ora qualcosa di concreto mi urge. Devo fissare qualche punto. Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono davvero tanti, non avessi vissuto, lavorato, incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore, pianto. Niente. Non mi viene niente. Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza. Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo. 25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori". Li avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città. Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette. Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di raccogliere qualcosa. La sera, nel cortile di casa mia, gran festa. Un giradischi, e ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie da oltre due anni. In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono. Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi. Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni dopo(1973) in circostanza ben diversa , per dolore e drammaticità. Ancora seduta, su di una sedia ora, con la testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non ho terminato) di Varese, con i fascisti che entrano in classe, in silenzio ci guardano a 880 una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa 8 triste. . "Villa triste era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro, non avevo fatto niente. "Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto. E il cuore a battere più forte. "Forse muoio". "Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so". Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo. "non lo vedo da un po'", sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotto casa mia a darmi dei baci. Dio mio, che era successo?"Allora?"Erano minacciosi. "Non lo vedo più, ci siamo lasciati da un sacco di tempo. "Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti. Poi mi hanno lasciata andare. Non ricordo altro. Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal corpo e le mani sudate. "Sei una incosciente, sei una disgraziata. Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa bene. E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in 9 9 9 9 9 quattro che avevo stracciato prima di passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a scuola. Incoscienza, più che coscienza politica. Voglia di giustizia di dario fo Lattera al presidente della repubblica scalfaro Proprio in questi giorni è uscita la storia di come si è organizzata la violenza a Franca. Sapevamo che era una cosa che aveva dei precedenti e delle progressioni orribili, ma il fatto di venire a sapere che i carabinieri della Pastrengo avevano ordinato e organizzato questo atto criminale, quelli che dovrebbero proteggerci, che sono pagati per difenderci... che si scoprono criminali fino in fondo... e c’erano loro, i DC al governo, e loro hanno coperto, loro sapevano e hanno taciuto. 881 Questa è una cosa che mi indigna e chiederò al capo dello Stato in persona di rispondere di questa situazione. Come può andare all’estero con la bandiera di una nazione che si porta appresso la vergogna. Da una parte ci sono carabinieri che si fanno ammazzare per difendere il cittadino, che soffrono delle situazioni incredibili, che vengono trucidati... e dall’altra parte questi gruppi speciali, finanziati, tenuti in piedi addirittura dalla CIA... e uno va all’estero e dice: “Rappresento l’Italia!”. Con tutte le stragi ancora da risolvere, con milioni di persone che hanno sofferto direttamente o indirettamente, con centinaia, migliaia di morti, fatti saltare per aria per poter gestire in un modo infame il potere, per terrorizzare la gente. C’era una storia che io ho letto con grande attenzione quando ero ragazzo. Era “La magnanimità di Tito” ed è nelle “Decadi” di Livio raccontata. Tito stava partendo per la guerra nell’oriente, dove adesso c’è la Romania, per conquistarla. Sta per partire con tutto il suo esercito, ma una donna riesce a varcare il confine di allontanamento, si aggrappa alle briglie del cavallo dell’Imperatore e gli dice: “Tu non puoi andartene. Io chiedo giustizia!” - “Perché?” - “Io ho subito violenza e non soddisfatti mi hanno ucciso il marito!” - “Ma io sto partendo per la guerra... Ci sono i giudici, ti sei rivolta a loro?” - “Sì, ma non possono intervenire, sono anni ormai che aspetto, perché sono proprio quelli che ti stanno vicino, le tue guardie migliori, che hanno fatto violenza a me e mio marito! Tu non puoi partire così!”. Tito scende da cavallo e dice: “Hai ragione come posso presentarmi io ai popoli e dire: io porto la cività, io porto la giustizia, un nuovo mondo... se nella mia casa rimangono impuniti dei crimini così spaventosi. Io devo andare con la pulizia negli occhi; quando porto la bandiera della mia terra se ci sono morti impuniti, i cadaveri di costoro girano intorno alle mia bandiera. E girano anche nel nostro cervello, nelle nostre coscienze. Non posso parlare con orgoglio della mia terra, ma solo con vergogna!” Scende, inquisisce, trova i colpevoli, li punisce e poi sale a cavallo. Questa è la magnificenza di Tito, e io chiederò al nostro presidente: “Scendi da cavallo prima di andare intorno e cerca davvero se ti riesce di fare la giustizia che da anni si sta aspettando e non soltanto per quanto riguarda Franca ma per centinaia, migliaia di città che sono state colpite, treni saltati per aria, massacri che determinano la paura della gente e soprattutto il distacco totale che i giovani hanno per la propria 882 storia, perché i giovani cosa possono leggere e studiare della propria storia quando si trovano soltanto ingiustizie, coperture, vergogne e capiscono che c’è l’infamità del vendere la giustizia in ogni momento?! Non era uno sfogo, volevo soltanto evitare di mettere una pietra come se non sapessi e comunicarvi questo risentimento che è un risentimento da italiano non da persona che privatamente ha avuto un torto violento che mi ha ferito e continua a essere una ferita sanguinante per me e per Franca.