ELENCO BRANI FINITI Sodalizio infame 1 680 STO MALE DI

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ELENCO BRANI FINITI
Sodalizio infame 1
680 STO MALE DI SALUTE....
782 il suicidio
1573 STUPRO COLOGNO
FUNERALE INES
LA MORTE DEL PADR
L’impegno l’ho preso
Carceri
Parto da turbat e arrivo al 63
La mamma muore
STUPRO
PRESENTAZIONE MILLENNI
PREFAZ FABULAZZO.
VOGLIA DI GIUSTIZIA
ARTICOLO REPUBBLICA DARIO SU
jacopo
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IL SODALIZIO INFAME! dialogo col
marito:ò vattene. Plastica. Suicidio.
L’AVEVO SCRITTO PER LO
SPETTACOLO, TAGLIA PARENTES.
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Sto uscendo da un periodo di almeno 20
anni di coma profondo. Sì, avete capito
bene. Coma profondo - in piedi.- Si può?
Si può.
Guardatevi intorno. C'è un sacco di gente
che ha 'sta malattia, il "coma profondo in
piedi"...
Non li vedete? Nessuno di voi è in coma?
(Come a rispondere ad una domanda del
pubblico) Com'è il coma profondo in
piedi?
Io ho sempre camminato,
parlato,
mangiato, dormito - ma in coma - e
profondo.
Che so... parli con la gente, ma non ci sei
- non ti accorgi se c'è il sole o piove - e se
c'è il sole, non te ne importa niente.
Somatizzi tutto quello che ti succede
intorno, senza accorgertene... Stai male
da morire ma nessuno lo vede. Sorridi, ma
solo con la bocca, così: (esegue)
meccanicamente. Non c'è nulla che ti
emozioni o emozionerà, nulla che ti
scuota, che ti interessi, né i figli, il
lavoro, le vacanze, il successo, l'amore.
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Niente. Il tempo passa e niente cambia.
Non c'è niente, che ti spinga a fare niente.
Cammini, mangi, parli, dormi, ma non
ci sei.
Dormi sul tuo letto sospesa senza manco
toccarlo... tutta tesa.
Quando dormi pensi alla morte senza
accorgerti di pensarci. Una mattina ti
svegli e di colpo ti rendi conto che sì,
oggi, lo farai.
Ma andiamo con ordine.
"Come
hai
dormito..."
mi
fa..."Bene....""Scendi a fare colazione?"...
"No, non subito... - mi schiarisco la voce
- Ti devo parlare.... - lui sa di che. Stiamo calmi però..."
Si siede sul letto passandosi una mano
sulla fronte.
Ogni qualvolta gli dico ti devo parlare, lui
sa di che. In un secondo è madido di
sudore... ma proprio bagnato fradicio. Mai
vista una cosa così repentina. Come girare
un interruttore. Gli prende un'emozione
che gli parte dal profondo... diciamo...
della coscienza... e tutti i suoi sensi di
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colpa, gli affiorano insieme: BUM! ecco
l'effetto "sauna"!
"Caro, vorrei che te ne andassi.... "
"Perché?!" Gli manca il respiro.
"Non mi va più di stare con te... Non
reggo più la vita che stiamo facendo.
Negli ultimi 20 anni sei sempre stato
innamorato. Di un'altra... e mai la stessa.
E d'estate di più. Ed ora siamo in giugno.
Non
tollero
"più"
l’evidenziare
inconsciamente, ogni tuo rapporto con
l'altro sesso con irrazionali movimenti
telefonici... senza misura... e sopratutto
senza tenere conto che sono ancora viva,
che ho occhi ed orecchie. Respire, ci vedo
e sento benissimo. Va bene che stiamo
insieme, ma non stiamo più insieme... da
20 anni.
Voglio dire da 20 anni non facciamo più
l'amore... (Al marito) Non mi disturba più
il tuo crederti innamorato pazzo... perché
so benissimo che non sei innamorato di
questa o di quella, ma che sei innamorato
dei vent'anni che non hai più. Mi
disturbano troppo le scuse che tiri fuori
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per uscire a telefonare... mi fanno
imbestialire perché sono un oltraggio alla
mia
intelligenza...:
"vado
dal
parrucchiere" - "ma è lunedì..." "Ah sì?..."
- pausa - "Ti andrebbe di mangiare del
pesce ?"-"Ho gli ossibuchi pronti..."-"Ma
m'è venuta voglia di un bel pesce... vado a
comprarlo... così mi sgranchisco anche un
po'..."-"Sta
diluviando...""L'acqua
fa
bene... fa diventare più alti"-"Guarda che
a 68 anni... non si cresce più..." Non mi
sta già più ascoltando... Una toccatina alla
tasca posteriore dei pantaloni per essere
certi che l'agendina nera con i “numeri
dell'amore” sia lì... anche la tesserina della
Sip... sì, c'è... bene. "Torno subito... Vuoi
qualcosa cara?..." e tornava quasi subito...
con pesce per 30 persone. Non s'è mai
saputo regolare con la spesa... e 24 rose
rosa del "nostro" colore... e un bigliettino
"Ti amo cara, tanto tanto!!"
Il bello è che è vero. E' vero! Lui mi ama.
Tanto tanto. Qualche volta mi viene da
pensare: "Chissà cosa succederebbe se mi
odiasse. Mi trapanerebbe i denti lento
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lento... poi me li strapperebbe ad uno ad
uno senza anestesia... anche le unghie.”
Tu hai il fuoco di Sant'Antonio nel..."
Mi sono interrotta. Non mi piace mai
essere volgare in momenti così... anzi, mi
disturbano molto quelle donne che
perdono il controllo... il senso della
misura, che danno fuori, che spaccano
oggetti in casa. “Ma che dici... non ho il
fuoco di Sant'Antonio... sto benissimo!
Vado a far colazione.” e si avvia alla porta
per andarsene... Ma come? Gli dico calma
vorrei che te ne andassi e lui va a far
colazione?!. Ma che cazzo!
Ho sentito nello stomaco una cosa proprio
brutta. L'istinto omicida che ognuno di
noi ha in fondo all'anima... Ma sì, che ce
l'avete anche voi!
Dai... Proprio mai avete pensato in un
momento di disperazione estrema... di
esasperazione
estrema,
"adesso
l'ammazzo"? Non importa chi: il marito,
il padre, il professore, uno stronzo in un
momento "no" che vi sbava addosso un
complimento troppo pesante... o il capo
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ufficio... o una ingiustizia subita... No?
No... zitti, zitte!, non dite niente. Ora,
mentireste. Pensateci, riflettete prima di
addormentarvi.
E se invece non mentite, e siete presi da una improvvisa ondata di
sincerità, mi mettete paura. Stiamo calmi. Non vorrei che qualcuno si
alzasse e si mettesse ad urlare: "Sì!!!!! l'ammazzo!!!" e via che salta
addosso al vicino, alla vicina di poltrona e lo o la strozza, qui in mezzo
a tutti.
Zitti, calmi e fermi.
Continuiamo a mentire per ora,
rimandiamo: lo farete questa sera a casa vostra.
"E' meglio, caro che ti sieda
immediatamente o entro cinque minuti hai
la casa distrutta... demolita... rompo tutto,
forse anche te."
Non ho alzato la voce. Ci conosciamo da
quaranta anni.
Capisce che non sto
scherzando. Torna a sedersi sul letto... si
passa la mano sul viso sempre più
sudato... poi rassegnato si stende...
"Ti stavo dicendo che vorrei che te ne
andassi. Il nostro, ormai è un sodalizio
infame... è ora di romperlo."
"Oh, esagerata... perché infame... Io sto
bene con te..."
"Io no, io non sto bene con te. Sai come
mi sento con te"? Agli arresti domiciliari...
da più di vent'anni. Un condannato a
morte in attesa di essere graziato."
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Lui fa un sospiro proprio di quelli che mi
hanno sempre straziato, ma che ora non ha
effetto alcuno su di me. Lo guardo con
una ndfferenza impensbile. Lo vedo
pccolo... lontano...lontano.
E sì... proprio così.
Non era la prima volta che dicevo "adesso
basta". Non che l'abbia ripetuta tante volte
‘sta frase... ma almeno 3 volte sì...
A quei tempi a 'sto punto,
mi
commuovevo talmente per quello che
stavo dicendo... che non riuscivo a
trattenere le lacrime... lui sospirava...
allungava una mano in una carezza
timida... "ma io ti amo!... topolina mia...
micna
dolce..amore
unico..."
mi
sussurrava... e io giù a piangere senza
ritegno... felice come una pasqua, meglio
dire una scema... ma continuavo sulle mie
possizioni: "sì...condannata a morte
sono!" Mi usciva costruita così la frase...
non "sono condannata a morte" ma
"condannata a morte sono!"
Chissà perché... mi veniva di dirlo in
siciliano. Sempre piangendo "condannata
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a morte sogno... voglio dire... sono..." e
lentamente strisciavo verso di lui
millimetro dopo millimetro... pronta ad
essere afferrata tra le braccia incantatrici...
Maledizione a me! "Amore ma perché dici
così... lo sai che ti amo... lo sai che conti
solo tu... lo sai che le altre sono solo..." "No, no... lasciami... lasciami... Voglio
morire!..." ma ero già con la testa sulla sua
spalla e singhiozzavo rilassata... "Micina
mia... bambinona..." "Amore... non farmi
più soffrire... Ti amo tanto... TANTO!"
"Anch'io ti amo TANTO TANTO!"
FINITO, TORNATO IL SERENO, col
cuore che batte.. no: trema.
No, non finiva con una scopata... come
state pensando. Pardon, volevo dire... non
facevamo l'amore... Io e mio marito
l'amore non lo facciamo da 20 anni, per
l'esattezza da 22 anni.
Perché?
Non lo so.
Non saprei proprio spiegare come ci si sia
arrivati... fatto è che ad un certo punto non
ci siamo più interessati sessualmente.
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Veramente
non
so
chi
abbia
incominciato... A pensarci bene... forse
lui. Il fatto è che era scoppiata la
"rivoluzione". Sì... sto parlando del 68.
Mamma mia è stato veramente un
Sessantotto per me! Una gran confusione
di pensieri idee ideologie, falsi ideali... e
le manifestazioni e la polizia e le botte e
ragazzi in galera, e ragazzi che morivano e
le occupazioni e le canzoni... e i ragazzi
che morivano e gli operai che venivano
licenziati e il blocco dei cancelli alla Fiat
all'Alfa e l'amore libero e la liberazione
sessuale e i ragazzi che morivano... e il
Vietnam e le ragazze di 16 anni col bidet
fatto e le mutandine in mano pronte come
il Nescafé... e le galere e la polizia e le
ragazze... e le manifestazioni e le
occupazioni e i ragazzi pronti come il
Nescafè... e le manifestazioni e le... e
ragazzi che morivano...
Scusate, mi sono fatta prendere un po' la
mano... è che mi è difficile tenere il filo
del discorso... Dove eravamo... A sì... che
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io e lui non facevamo più l'amore... Beh,
ora che importanza ha stabilire chi dei due
si sia stancato dell'altro o se ci siamo
stancati tutti e due... o se uno ha sofferto
perché l'altro s'è stancato... Non serve a
nulla... Fatto stà che: basta. Abbiamo
sublimato il rapporto. Questa bella frase
l’ha inventata lui. LUI.
Abbiamo chiuso col sesso. Tra di noi.
L'abbiamo fatto con altri "sesso".
Tutta la pazzia sta proprio qui.
Aver
accettato che quell'"AMORE tra noi fosse
finito... "... e continuare a vivere insieme.
Finisce sempre che uno dei due paga un
po' di più dell'altro. Purtroppo sono stata
io a pagare... e con interessi altissimi!
Attenzione, non è che mi stia piangendo
addosso. E' che per una donna è diverso.
Siamo diverse. veramente.
Dunque dicevo che 'sto fatto di fare
l'amore con altri...
"Vedi caro"... io sono molto più creativa.
Mi muovo meglio... voglio dire... mi sono
"sempre" mossa, quando mi muovevo...
meglio di te. Ora sono immobile.... - qui
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ho dato giù un po' con la voce, bassa
intensa, sofferta... ma attenti, soffrivo
davvero - immobile come un palazzone
orribile... pieno di stanze vuote... pronto
per "l'IMPLOSIONE"
Come mi sia uscita una frase così, di
luglio... con quasi 40 gradi e il 95%
d'umidità, a Sala di Cesenatico non lo
saprò mai.
Ci devo far sopra una canzone...
"Disperazione di una donna che sta
invecchiando e il maito va scodinzolando
tra giovan, giovanissime. Speriamo non
l’arrestini per pedofilia."
Come è finita la storia? Come sempre.
Continuando a vivre insieme
"Qui... nel palazzo vuoto del mio cuore...
ieri...
ho avuto...
ho avuto...
una caldana...
tremenda... la prima!
Oggi...
anche oggi...
ancora caldana.. ancora caldana...
una caldana tremenda...
è finita.... è finita... è finita!
La menopausa!
Ero un fiore così... rosa verde e lillà
e poi... e poi... ho scoperto che
vecchia e sola son..
perché... perché...
ho un marito coglion!"
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E' tutto da mettere in discussione, si fa presto a dire marito
coglione... (insero codina- menopausa- pipistrelli, Consigli
sulla menopausa, proseguire, pillole cerotti.
Continuare
insomma.)
PARIGI.
Il diavolo fa le pentole e non i coperchi.
Sono andata a trovarlo, stava fuori Italia
per lavoro, dopo sua, più che insistente
richiesta "via fax",
11 fogli,
per
convincermi a raggiungerlo... (che, visti
gli avvenimenti del proseguo, mai ne
capirò il perché.) che finiva con " Vieni ti
prego, ti voglio vedere stare con te amore
vienivienivieni." Il fatto è che stava
mettendo in scena scrivere pezzo comedi
f.
Vado. Tutto bene, sembravamo persino
felici.
Come al solito, le cose più noiose le
faccio io, (forse m'ha fatto venire per
quello): prenotare gli aerei,
fare le
valigie, pagare il conto... e col conto, mi
ammollano 5 fogli con la trascrizione
elettronica delle telefonate.
Do una
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guardata ai 5 fogli 5 e mi siedo... Sono
molto emotiva... Sto per svenire.
Ma sì, lo so che ha la ragazza, lo so che
le telefona, ma non vi nascondo che fa
una certa impressione vedere nero su
bianco, per pagine e pagine ore 23 e 5
numero telefonico mio....
ore 23 e 8
numero telefonico della ragazza... ore 10 e
15 il mio, ore 10 e 21 ... A me, sempre la
precedenza... eh... sono la moglie. E via
così per telefonate e telefonate... ore 5, e
27 numero della ragazza... Meno male che
non ha chiamato me, alle 5 e 20 che lo
ammazzavo. Perché la chiama alle 5 e
27?!! Poi ore 4 e 50... ma che cazzo di
lavoro fa questa fanciulla?... Poi di colpo
nessuna telefonata al numero amato: per
tre giorni solo telefonate a me e tante,
come sempre.
Ecco, l'aveva raggiunto.
Come in un film a doppia velocità mi sono
rivista tutta la mia vita e la sua dell'ultimo
periodo attraverso quelle telefonate. E
anche tutta la nostra vita.
Sono stata
seduta una ventina di minuti. Mi girava
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tutto. Mi sentivo svenire. Come quella
volta che eravamo al mare... In quel
periodo lui stava "assolutamente" "solo"
con me... Eravamo sposati da poco... No,
non ridete... per almeno 20 anni mio
marito m'è stato fedelissimo.
Forse.
E' negli ultimi 20 anni che... Vi stavo
dicendo del mare... io stavo a riva con mio
figlio che aveva come un 5 anni... mio
marito faceva il bagno, appena un cento
metri più in là, con la mia migliore
amica... un'amica vera.
Ne esistono sapete.
Beh... ad un certo punto, non so per quale
effetto ottico... li ho visto avvinghiati.
Forse stavo avendo una visione negativa
mandatami dal diavolo o dal Signore per
mettermi alla prova... Non so... Per anni
sono stata certa di essere santa.
Sono svenuta. Veramente: svenuta!
Mi sono ripresa con le urla strazianti del
mio bambino "mamma mamma... aiuto la
mamma annega" e stavo proprio
annegando in quanto ero caduta in avanti
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con la testa in acqua... mi stavo autoaffogando per amore.
Io voglio molto bene mio marito... anzi...
lo amo... Il disastro sta tutto qui: Che lo
amo ancora dopo 40 anni.
Mio figlio dice: "guarda che non è più
quello che hai conosciuto... sono passati
molti anni... Anche tu sei cambiata...
anche tu non sei più quella che lui ha
conosciuto.
Tu sei innamorata di una
persona che non esiste più.
Tu sei
innamorata di un ricordo. " "No, io sono
innamorata di lui!" No, caro figlio mio,
io lo amo il tuo papà, altro che storie...
"amo lui"... lo amo così com'è.
Che
m'importa se è invecchiato... anch'io sono
invecchiata... Lui è i miei ricordi, la mia
vita... Sono i sentimenti che contano... In
quel famoso fax di 11 pagine m'ha scritto:
"non lasciarmi, le altre non contano,
conti solo tu, dobbiamo stare insieme, è
con te che sono stato al mondo."
Ho pianto. E' quello che mi dà, che
conta... Sì è vero... lavoro tanto per lui...
quando è a casa mi sembra di avere
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intorno un bambino spastico...:"e dov'è
questo? e dov'è quello? Mi dai la gomma
grazie, vorrei un paio di calze... farei il
bagno ma solo tu sai dov'è il costume..."
Certo, è un segreto di famiglia!
Lui... vorrei che lo conosceste tutti...
Gentile, generoso, lui è veramente
extra... Delicato, spiritoso, ironico, di
una intelligenza superiore... canta,
dipinge, scia... le ha tutte... eclettico...
geniale, anzi è un genio...
Sempre svagato... distrattissimo.
Solo
quando deve organizzarsi le storie con le
sue ragazze, diventa attento, memorizza
tutto, pare uno della CIA.
intelligente... ma devo dire che in questi
ultimi dieci anni è diventato un po' più
pesante dei primi trenta... Non si può dire
che sia bello... ma ha un gran fascino...
Ma oggi... in questa mattinata dove sono
decisa a dire "basta", penso che forse ha
ragione mio figlio: sono innamorata di un
ricordo.
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Guardo mio marito... e di colpo lo vedo
com'è... non come l'ho "sempre" visto...
come è realmente.
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Rivedere c’è da cambiare e tagliare
Di colpo vedo le sue gambette corte...
Beh, le ha sempre avute corte, non è che
gli si siano accorciate con l'età... è che
quando era snello... non si notavano
tanto... le sue braccia... che quando mi
abbracciava mi facevano impazzire... Ma
erano quelle cose lì? Due braccettine
senza tono muscolare... da imprenditorintellettual...
stomaco
e
ventre
prominente... un po' ... (si esprime con un
gesto) pettorali che… insomma, un po'
giù... Gli occhi così intensi, neri come il
carbon... che quando si perdevano nei
miei, mi facevano tremare... svenire... ora
li vedo sbiaditi... quattro capelli in testa...
la faccia stanca... le guance... che se gira
la testa di colpo... vola via.
Ciò
nonostante c'è una parte di me... che anche
in questo momento, sente una grande
tenerezza per lui.
Maledizione, ma perché s'invecchia?
Dovrebbe farsi la plastica - penso...
dovrebbe farla.
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Io l'ho fatta... mi sono tirata via di colpo
quei dieci anni che m'intristivano... è stato
quando lui si era fidanzato ufficialmente
con...
Quando ho avuto la certezza che mio
marito faceva sul serio con una ragazza di
37 anni... più giovane di lui... che si
faceva vedere in giro... che frequentava gli
amici comuni che" attenti a non fare gaffe,
che stassera arriva la moglie" ho fatto il
giro delle farmacie di Milano... una
bustina per volta, e Veronal e Veramon e
Gibalgina e Optalidon... poi sono andata
da lui e gli ho detto che partivo. "Dove
vai?..." "Non so.... " "Ma perché te ne
vai... io ti amo... tu conti più di tutti al
mondo..." "Sì. Ciao".
Sbatto la borsa con tre cose dentro - in
macchina - e vado . Duecento metri dopo mi fermo - Poi riparto - poi mi rifermo. Penso a tutti i posti che conosco - alla città
- alle persone amiche - Penso.
Senza accorgermene mi trovo in ufficio.
Nel mio ufficio. Non ho più voglia di
andarmene da nessuna parte. Non c'è
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luogo né persona che mi attiri. Nulla che
senta amico. Vuoto totale.
Penso a "lui", che sicuramente ha già
telefonato alla ragazza del momento:
Maria, Stella, o... non mi ricordo più...:"è
partita puoi venire".
Tolgo dalla borsetta tutto quello che ho,
libretti degli assegni, chiavi di casa, della
cassaforte.
Non mi viene da scrivere
niente. Dovrei chiedere perdono? Perché?
A chi? A mio figlio forse... Ma no... io
non servo più nemmeno a lui.
Forse ero un po' depressa (ride). Brutta
storia.
Casermona
popolare
di
trecento
appartamenti con nessuno dentro.
(ACCENNARE
CANZONI,
RICORDARSI SEMPRE AUTOIRONIA)
Ho tolto dal cartoncino...tutte le mie
pastiglie... ne ho fatto un bel mucchietto
davanti a me.
Ho preso una scodella, l'ho riempita
d'acqua ne ho messe tre o quattro in bocca
e giù a bere.
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Su un foglietto ho annotato: 3 e giù a bere,
più 3.... e, fanno 6... più 3 e fanno nove...
Devo arrivare almeno a cento. Si fa una
gran fatica... ti si impasta la bocca... non
riesci a deglutire... ti viene voglia di
smettere... ancora 5... Ma cosa sto
facendo?! ancora tre... e 5... Credo di
essere arrivata a 50...
Forza, ora 5. Forza - mi viene da
vomitare - ancora 7.
E' meglio che mi stenda. Non voglio
cascare per terra. Lunedì si riapre l'ufficio.
Penso alle persone che lavorano qui. Non
me ne importa niente. Di nessuno
m'importa. Non sento niente. Ancora una
manciata. Che fatica. Mi stendo.
Non ricordo nessun "ultimo pensiero".
Chiudo gli occhi. Sto morendo.
Invece no.
Sento che mi sollevano di peso, mi
costringono a camminare... mi parlano,
gridano, io mi lascio andare non reagisco,
non voglio reagire "Deve camminare non
fermarti! Falla camminare!" ma chi parla?
...Chiama il marito... telefona all'
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ambulanza ..."Quante ne hai prese parla!"
E' la voce di mia sorella... "Pensa a tuo
figlio, maledizione quante ne hai prese?"
chi è questo...mio marito... Ci sono
proprio tutti. Tutti uniti.
Una festa di famiglia.
"Sbrighiamoci... ha 21 pulsazioni...
portiamola via"
Chi
ha
parlato...
gli
infermieri
dell'autoambulanza.
M'infilano in un
lenzuolo per trasportarmi... mi sento
urlare... e non so proprio forse la rabbia
mi faceva uscire il fiato o forse l'ho
sognato
"voglio
morire!!!
(CONTROLLARE
ORIGINALE)
Lasciatemi maledetti voglio morire!!!" Per
un anno intiero non sono andata nel mio
ufficio. Morivo di vergogna. Non capita
tutti i giorni di essere trasportata per le
scale avvolta in un lenzuola perché la
barella non ci passa, tra gli sguardi degli
inquilini allibiti "una signora così per
bene!...pensa te!..." Finire al Pronto
soccorso seguita da una decina di parenti
mariti sorelle e la gente che ti guarda e i
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medici gentili che ti fanno iniezioni da
ogni parte, una flebo nel braccio... ti
fanno bere un 700 litri d'acqua con dentro
non so che... "vomiti signora coraggio" e
tu che tiri su l'anima e tutti sono contenti e
non ti ricoverano perché sei persona
conosciuta... sì, capiscono.... ma certo lo
scandalo, i giornali... si figuri... e via che
torni a casa e dormi per un 5 giorni e
quando ti svegli sei così debole che non
capisci se è bene che ti sia andata bene, e
se ti è andata bene "veramente".
Riprendi a vivere la tua bella vita di
merda... un po' imbarazzata... senza il
coraggio di guardare la gente negli occhi...
e tutti che ti trattano come una che è
matta... e non come una che è disperata...
che ha bisogno d'amore... Anche voi, no?
Ho sempre avuto un morboso bisogno
d'amore.
Da piccola, avevo un 5, 6 anni e per
attirare l'attenzione dei miei,
ho
rovesciato qualche goccia d'inchiostro
rosso nel mio vasino della pipì. La mia
mamma,
sconvolta... "mio dio,
s'è
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sviluppata a sei anni!..." - "No, no, forse
è un fatto renale un'emorragia, chiama il
dottore,
chiama il dottore!" Tutti
gridavano, piangevano... e quando, felice
di tanta attenzione ho tirato fuori la
bottiglietta d'inchiostro rosso, e hanno
capito... m'è arrivato un ceffone dalla mia
mamma, che ogni volta che sento l'odore
dell'inchiostro, mi tocco una guancia.
Meno male che hanno inventato le biro!
"La prossima volta mi andrà meglio." Ho
avuto addosso per anni la voglia di
ammazzarmi...
specialmente
quando
scoprivo un nuovo amore di mio marito.
Maledicevo la mia debolezza...la mia
incapacità di reazione, di prendere su,
come si dice, e andarmene. Stavo lì
come una lumacona... senza forza ne
idee... a crogiolarmi nelle mie disperazioni
invece di... che so,
andarmene...
ammazzarlo... bruciarlo...
Cos'è?... non mi verrete a dire che voi
mai... mai neanche una volta avete
pensato o tentato di ammazzarvi.
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E allora ho fatto il lifting... ovunque! Mi
sono fatta tirare su tutta!
Mi fa ridere il restauro della Cappella
Sistina.
Appena uscita mi sentivo di una bellezza
un po' disumana... un po' "2001 ritorno
dallo spazio" Tirataaa! I seni che
guardavano in su, ventre piatto come
quello delle mannequin di Versace, cosce
affusolate, stagne da Kabausoki, il
recordman keniota dei 10.000; i glutei: un
incrocio tra una negra e i guerrieri di
Riace. Bella ero, bella!... con l'anima!
Peccato che non mi abbiate conosciuto
allora.
Quando mio marito m'ha vista.. non mi ha
riconosciuta... Ho dovuto mostrargli la
carta d'identità e le impronte dei pollici
per convincerlo che ero io.
L'intervento? Una sciocchezza: 8 ore.
Ma cosa vuoi che sia... taglio, permanete,
messa in piega, ceretta, pulizia del viso,
maschera,
lampada abbronzante... ti
tengon sotto almeno sei ore...
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Un'esperienza...
forse
un
po'
traumatizzante.
Vedermi davanti e di dietro 5 chirurghi
travestiti
da
extra-terrestri...
uno
messicano, uno indiano, , due brasiliani,
uno stregone svizzero , che ti disegnano
tutta... ti fanno le "pence", ti tirano, ti
staccano, ti scuoiano, ti ritagliano, ti
cuciono e ricuciono... ero molto nervosa...
preoccupata... io ho l'anestesia difficile...
ho il terrore di addormentarmi e non
svegliarmi più.
"E se poi muoio sotto ricucitura?"
pensavo.
Ma lo svizzero m'ha tranquillizzata:
"Faccio te nuovo anestetico di America,
droga fantastica... tu vai diritta in
paradiso... pardon, tu senti come in
paradiso... niente senti, quando svegli tu
bellissimo!"
Oddio, mi cambia anche sesso?!
Alla mia entrata in sala operatoria col mio
lettino scorrevole ho incrociato quello di
un
famoso
uomo
politico
tutto
incerottato... s'era fatto fare il lifting...
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ormai è di moda nell'ambiente... non solo
tra gli attori... Mastroianni, Manfredi...
Regan pare se lo faccia ancora adesso un
mese sì e uno no... Dicono che ormai è
tanto tirato che se appena sorride gli si
strizza il sedere e gli viene il singhiozzo.
Ieri sera avete visto De Mita in
televisione... l'ho trovato, nonostante le
preoccupazioni... ringiovanito... stupendo!
Per me l'ha fatto anche lui.
Appena sistemata sul tavolo operatorio,
m'hanno spogliata nuda, tutta l'équippe
armata di pennarelli di vari colori ha
cominciato a disegnarmi dappertutto:
righe che andavano di qua e di là,
s'incrociavano sull'addome, si superavano
sui fianchi... fin sulle spalle. Zone
tratteggiate... Evidentemente erano le fette
di pelle da ritagliare... parevo la carta
d'Italia divisa per regioni, con i fiumi , i
laghi... Roma era l'ombelico, il capezzolo
sinistro Torino, quello destro Venezia...
Speriamo che non mi si allaghi la
Valtellina e non mi frani la Calabria,
pensavo.
29
Ero così immersa nei miei pensieri che
non mi sono nemmeno accorta che mi
stavano iniettando la droga americana. Mi
sono addormentata a picco sognante.
Sognavo che dei bambini giocavano con
le palline di vetro al giro d'Italia sul mio
corpo.
Ma ahimè... io ho il sonno ribelle anche
con l'anestesia... mi sono risvegliata a
metà lifting. Oddio, e che è quello?! Un
orecchio! Ho visto il mio orecchio posato
sul mio décolté... l'ombelico tirato su
all'altezza dei capezzoli... i seni sotto le
ascelle... e sentivo i glutei spostati sopra le
reni!
"Frankestein! Assassini, che mi state
combinando!!". Urlavo come una pazza.
Hanno dovuto farmi un'overdose di
Pentothal.
L'intervento è durato 8 ore... ma io mi
sono svegliata 18 ore dopo... tutta
bendata... la mummia Nefertiti.
Dalla fessura strettissima degli occhi ad
un certo punto t'indovino la sagoma dello
stregone svizzero: " Tu fatto anche cura
30
dimagrante veloce... spolpata 10 chili...
buttato via."
Non avrà esagerato? Speriamo di
dimostrare non meno di 38 anni,
altrimenti avrei dei guai con il passaporto.
Sono stata nascosta per un mese... avrei
dovuto raccontare di essere stata travolta
da un camion. Poi mi sono sentita, sono
stata benissimo. Rinata!
Dovrebbero passarlo come servizio
sociale,
il lifting... invece dei
tranquillanti... sì, con la mutua... sai
quanta gente triste tornerebbe a ridere?
Conosco un medico che li fa a rate... che
una, ora che ha finito di pagarlo è già
tutta ricrollata e deve ricominciare da
capo. Tira su sederi, toglie le "borse"
(accenna gli occhi) la pappagorgia... ti tira
su... ti tira via tanta di quella pelle in più
da ricoprirci una poltrona.
Ti
ringiovanisce anche le mani, se vuoi...
tutta... che se incontri la tua mamma, ti
porta a fare la prima comunione.
Se penso che da quarantanni sto sempre
con lo stesso uomo mi sento prendere da
31
un'ondata d'ira omicida.
Ma perché?!
Colpa della mia mamma... dell'educazione
che mi ha dato... Del "cattivo eselmpio"
che m'ha dato: fedele a suo marito come
una suora di clausura! (cambia tono) Non
che io sia stata fedele a mio marito come
una suora... Per la carità!
Ho avuto eccome le mie storie, ma non
abbastanza... e per fortuna che le ho
avute!, altrimenti adesso starei tutto il
giorno a sputarmi in faccia. Vediamo un
pò, chi ha il coraggio di dire qui, ad alta
voce, davanti a tutti, come sto facendo il.
HO TRADITO MIO MARITO.
Però diciamo che vivevo malissimo i miei
tradimenti... le mie "trasgressioni".
Sensi di colpa da perdere sonno, appetito,
pianti
disperati
in
segretitudine...
singhiozzi tra le braccia di lui, del
tradente... "oddio cosa sto facendo?!..."
singhiozzi tra le braccia di lui, del tradito:
"Oddio che ho fatto!" "Micina amore
tesoro perché piangi?!"-"...non so... così...
per niente... sono una sciocca"-"Calmati
32
amore... non piangere micino mio... Mi
ami?"
Mi usciva tra i singhiozzi un urlo
strozzato. "Tanto!!!" "Non gridare così...
ti sente tutto il palazzo" Come soffrivo!
L'ho tradito, ma non ho mai pensato di
lasciarlo, lui ha sempre occupato il primo
posto nella mia vita. Il primo! E non l'ho
mai fatto soffrire!
(Cambia tono) Sì, dovrebbe proprio farsi
la plastica... non tanto... una tiratina... No,
non per me... io lo amo così com'è... ma
per le ragazze... anche per non essere
scambiato per il padre. (si può inserire
brano "DONNA SOLA - RAGAZZO
CIMITERO MADRE) Lui va pazzo per le
ragazze... C'è chi va pazzo dei bomboloni,
lui...
E' questo l'argomento del mio bloccarlo in
camera questa mattina. Le ragazze.
E lui lo sa e suda.
Mi spiace farlo stare male... ma.... non
posso più rimandare. (Prende il fiato)
Devo assolutamente parlare. (riprende il
33
fiato) Definire... (C.
S.
) Finire.
Inderogabilel.
(PENSIERO: la gente vuole sempre
mettere la gente sui binari). "Ma via!...
dopo 40 anni di matrimonio stai ancora a
rompere perché lui... Ma lascialo
tranquillo... lascia che si sfoghi... tanto lui
ti ama! Non se ne andrà mai da te!"
Chi è che parla? Tutti quelli che conosco.
E' quel "non se ne andrà mai" che ora
m'ha messo in crisi. Un po' di tempo fa
ho chiesto al mio medico: "quando, gli
uomini smettono di fare all'amore?" "Hai
voglia, ragazza, (sono 40 anni che mi
chiama "ragazza": tu hai due età, quella
anagrafica e quella biologica,
cara
"ragazza"...) hai voglia! Gli uomini fanno
l'amore fino a 80 anni!" E' orgoglioso.
"Fino a 80 anni???!!! Dunque, lui ne ha
66 e io dovrei andare avanti ancora per 14
anni così? NO. "
"Tu hai il fuoco di sant' Antonio nello
stomaco... per non dire nel .... "
Seppur umano il bisogno di avere
distrazioni, più che comprensibile... ma
34
negli ultimi 20 anni gli è scoppiata come
una pazzia. A poco per volta, sempre più
intrepido, deciso... spavaldo: innamorato
di un'altra, poi un'altra ecc. poi un'altra,
ecc. ma sempre con me. "Non ti lascerò
mai amore... Tu per me sei tutto... come
mia
madre!"
(INSERTO
COPIA
APERTA) Non mi ha mai lasciata. Forse
una volta era sul punto di farlo... ma poi...
Dunque dicevo che 'sto fatto di fare
l'amore con altri... 'sta stronzata della
coppia aperta è stata proprio una
stronzata. Chi arriva alla coppia aperta
senza soffrire vuol dire che non ama più...
o che è stato educato in una certa maniera
in una famiglia speciale. Io non conosco
nessuno, dico nessuno, che abbia vissuto
questa esperienza senza morirci dentro.
Non sto facendo la tragica.
Ho detto
"morirci".
E' un fatto culturale da centinaia di anni...
forse un duemila... di una certa
educazione... ma vedo che anche quelli
che hanno 20 anni, non ci vivono bene
dentro a 'sta storia... soffrono come cani
35
sgozzati.
Solo uno dei due,
naturalmente.
Fingendo oltre tutto di
stare benissimo... poi si trovano con 4000
pastiglie di Veronal nello stomaco e hai
voglia a fare lavande gastriche, che poi si
sta malissimo.
Si sta malissimo.
(cambia tono) Poi ci penso su... e allora
quando tu... Questo pensiero mi viene
ogni volta che sono presa da un'ondata di
gelosia terribile. Ma per me era un'altra
cosa. "Lui non lo sapeva!" Questo è un
concetto magnifico, l'unico che abbia
espresso in tutta la sua vita, da una mia
mica, l'Antonia, una stupenda tutta
sedere e seno occhi blu, sempre piena di
storie tormentate, di amori straordinari
con conti e quasi re, giocatori di ragby e
sciatori, una "allegra" insomma, non che
fosse una puttana, scherziamo?... era una
che amava!... Quando ha saputo, dicevo,
che il marito che credeva fedelissimo, la
tradiva, al mio farle notare -"però anche
tu... lei m'ha risposto tra disperati
singhiozzi:"MA LUI NON LO SAPEVA"
36
che è poi un alto concetto filosofico: non
lo sa,
quindi non soffre.
Punto.
Semplice. l'importante, ricordatevi è che
l'altro, non sappia! Invece io, sapevo e
soffrivo come un cane. Anche se cercavo
di farmene una ragione... di capire: sta
invecchiando, sono gli ultimi... - GLI
ULTIMI? Speriamo!-... colpi...
Mette i fiori nel vaso... chissà perché è un
lavoro che gli piace fare.
L'unico,
"casalingo"...sì,
qualche volta fa da
mangiare anche cose buone,
ma
dobbiamo stargli intorno in diciotto e ci
vogliono quelle 6 ore a riordinare la
cucina e a lavare pentole ecc. Mette i
fiori nel vaso..." Guarda che belle... le
NOSTRE ROSE!!! Ti amo tanto!!!"
Una vampata mi va alla testa.
Menopausa?
Ira?
Pazzia?
Vorrei
sgozzarlo, incendiarlo triturarlo, brutto
schifoso-traditore-cane-bastardoinfingardo! (riprende il dialogo col
marito) Mi sembri il bambino che dice la
bugia alla mamma, ma porco Giuda io
37
non sono la tua mamma anche se tu sei
convinto che io lo sia!!!!
Sto male di salute
680 Sto male di salute, ma mi sembra di
stare molto bene d'umore, mentre invece
mio figlio dice che tutte le malattie che io
sono riuscita (un vero primato!) ad
accumulare negli anni,
che vanno
dall'onicofagia-mangiarsi
le
unghie,
tricotillomania-strapparsi i
capelli,
attorcigliarli stretti al dito anulare e infine
nasconderli sotto ai mobili. Quando uno è
in ansia, si strappa i capelli, se sola. Si
mangia le unghie in presenza di altri. E
me l'ha dimostrato enumerandomi tutto
quello che ho avuto negli ultimi due mesi.
"Oh, ma come sono felice, rilassata! Mi
dicevo... e mi sembrava proprio di
esserlo." Un bubbone della grandezza di
un mandarino nel seno sinistro, proprio
sopra al cuore, dolore ai reni con perdita
di sangue durante la... minzione, cioè
quando faccio pipì... Radiografia: calcoli
frantumati,
tracce anche in vescica.
38
Dolorosi crampi muscolari alle gambe
durante il sonno; gamba sinistra, dopo
immobilità di qualche ora, non regge...
cado.
"Cos'è, il Lazzaretto, tutto di un colpo?
"NO, è che il tuo fisico si difende come
può, lanciandoti campanelle d'allarme da
una situazione che tu vivi male. Fai
l'elenco di tutte le malattie che hai avuto
negli ultimi anni, gli interventi, malattie
inimmaginabili ma ben tangibili che
vanno da una congiuntivite che ti scoppia
oggi, che ti sparisce il giorno dopo
l'ultimo spettacolo. Tu come un
pappagallo ripeti "sto bene" e sei pure
convinta, invece "credi" di star bene, ma
nel tuo subconscio stai malissimo.
"Tutta la colpa è del subconscio. Freud ha
detto un sacco di cose relativamente
importanti, cose che anche altri avevano
detto, l'unica sua scoperta "essenziale per
la vita dell'uomo" per la sua mente è 'sta
storia del subconscio". 'Sta storia del
subconscio deve essere vera.
39
Mi viene in mente una tipa di Torino che
lavora all'Einaudi, si chiama Emilia, l'ho
conosciuta tanto tempo fa, mi raccontava
della sua vita passata nel dibattersi tra i
problemi del marito da cui si era separata,
dell'amante del marito, la seconda moglie
del marito, il figlio, la moglie del figlio, il
bambino del figlio che lei, la moglie non
gli fa vedere perché lui ha un amante. E
non è finita: La suocera, il suocero e
l'amante del suocero.
Tutti questi problemi le procuravano
fenomeni fisici stregoneschi, reazioni sul
suo corpo che nessun medico aveva mai
registrato in alcun paziente. Che so, le
lenti a contatto che si gonfiavano a
dismisura fino a scoppiare, oppure che si
bucherellavano tutte. Robe mai viste,
tanto che l'assicurazione si rifiutava di
rimborsargliele.
Mio figlio ha certamente ragione. "Tu
devi sbatterti, riuscire a scavare, a
ricordare, a scoprire cosa hai dentro
realmente, quale fatto vicino o lontano ti
ha portato a questo malessere. Devi
40
andare indietro, indietro mamma. "Mi
sono presa un registratore e via a parlare a
ruota libera. Come premo il tasto per
registrare, non mi viene in mente niente.
Cerco di rilassarmi. Vediamo... il primo
trauma... per me è stato un trauma e
grosso. Anche se poi, ora, 30 anni dopo,
mi rendo conto di aver guardato i fatti con
eccessiva enfasi. Ho scambiato una storia
del tutto naturale per una mancanza
d'amore. L'ho vissuta malissimo. Ho
cercato di parlarne con lui, ma subito mi
sono interrotta,
imbarazzata dal suo
imbarazzo. Impreparata, incolta sul
sesso: è la prima cosa che ricordo in
questa incursione nella mia vita.
Il mio rapporto con l'altro sesso è stato
per moltissimi anni un rapporto "al
servizio"; mai avuto stimoli sessuali, la
voglia di fare all'amore mi veniva se ci si
abbracciava e baciava... scivolando nel
rapporto senza un grande desiderio di
sesso... ero portata ad assecondare il suo
di desiderio, nessuno mi aveva spiegato
che potevo averne anch'io di desideri. Del
41
sesso, non sapevo nulla. Quello che
facevamo, era venuto da solo, l'avevamo
scoperto insieme. Autodidatti. Ora, per
fortuna è diverso. I giovani sanno tutto,
prima ancora di avvicinarsi ad una donna.
Mio figlio aveva un 13 anni e già se ne
stava con un libro di anatomia in mano.
(IMENE, vedevo soltanto un orecchio).
L'orgasmo, l'ho raggiunto molto dopo che
praticavo sesso. Prima fingevo.... come
tutte.
Non me ne sono mai fatta un problema.
SUICIDIO
782 il suicidio
_o, quando ho avuto la certezza che mio
marito faceva sul serio con una ragazza di
37 anni più giovane di lui, che se ne
andava in giro, che si faceva vedere che
frequentava gli amici comuni che "attenti
a non fare gaffe, che stasera arriva la
moglie" ho fatto il giro delle farmacie di
Milano... una bustina per volta, e veronal
e veramon e gibalgina e optalidon... Le
comperavo così... senza determinazione...
42
Non si sa mai. Sempre meglio essere
pronti all'occorrenza... Per tre giorni ho
girato farmacie. Poi sono andata da lui e
gli ho detto che partivo. "Dove vai?..."
"Non so.... " "Ma perché te ne vai... io ti
amo... tu conti più di tutti al mondo..." "Io
vado. Ciao"
Salita in macchina di colpo non mi è
venuto in mente neanche un posto dove
mi sarebbe piaciuto andare. Li ho fatti
passare tutti. Ho pensato anche all'estero
vado a Parigi... Londra... Bruxelles...
Dopo un'ora di riflessioni e giri turistici
col cervello, decido di prendere tempo e
vado in ufficio. E' sabato pomeriggio.
Non c'è nessuno ne deve venire nessuno.
Sì, nel mio ufficio: 480 metri quadrati,
11 stanze.
Mio marito questo luogo che avevo
comperato, l’ha visto un anno dopo,
perché erano venuti i ladri e io non ero a
Milano... ha dovuto andarci per la
denuncia.
Beh, a parte questo fatto, vado nel mio
ufficio.
43
Imprevisto! C'è mio nipote e un nostro
collaboratore: Walter. "Che fate qui?"
"Nulla... avevamo da chiudere una storia...
stavamo andandocene.
E tu che fai?"
"Devo mettere a posto l'archivio... ho da
fare..." Loro se ne vanno.
Mi sono
guardata intorno... guardavo guardavo e
tutto quello che vedevo non mi dava
niente.
Né la più piccola spinta a
lavorare, né un spintarella emotiva.
Non sentivo nulla. Casermona popolare
di trecento appartamenti con nessuno
dentro.
Non ci ho pensato molto. Ho tirato fuori
tutte le mie pastiglie... le ho tolte dal
cartoncino... ne ho fatto un bel
mucchietto. Ho preso una scodella, l'ho
riempita d'acqua ne ho messe tre o quattro
in bocca e giù a bere.
Su un foglietto annotavo: più 3 e giù a
bere, più 3.... e, fanno 6... più 3 e fanno
nove... Devo dire che si fa una gran
fatica... ti si impasta la bocca... non riesci
a degluttire... ti viene voglia di smettere...
ancora 5... Ma cosa sto facendo?! ancora
44
tre... e 5... Credo di essere arrivata a
50...Da un pò non segnavo nulla sul
foglietto... Chissà perché mi era venuta
questa idea del segnare... forse per
potermo regolAre???quando stendermi.
Ora mi vado a stendere... mi gira la testa...
continuerò a prenderle da stesa... Arrivo al
divano... mi gira tutto... bevo un po'
d&acqua ancora... poi la scodella mi
cade... e non ci sono più... Che bellezza è
finita credo sia stato l'ultimo pensiero.
Invece no. Mi sollevano di peso, mi
costringono a camminare... mi parlano
gridano io mi lascio andare non reagisco,
non voglio reagire"deve cammibare non
fermarti" ma chi parla?...Chiama il
marito...
teklefona
all'ambulanza..."Quante ne hai prese
parla!"E' la voce di mia sorelle... Pensa a
tuo figlio, maledizione quqnte ne ghai
prese... chi è questo...mio marito... Ci
sono proprio tutti,
maledizione.
"sbrighiamici... ha 21 pulsazioni...
portiamola via"Chi ha parlato... sono gli
infermieri. M'infilano in un lenzuolo per
45
trasportarmi... mi sento urlare... e non so
proprio forse la rabbia mi faceva uscire il
fiato o forse l'ho sognato "voglio morire!!!
Lasciatemi maledetti voglio morire!!!" Per
un anno intirop non sono andata nel mio
ufficio. Morivo di vergogna. Non capita
tuttii i giorni di essere trasportata per le
scale avvolta in un lenzuola perché la
barella non passa, tra gli sguardi diegli
inquilini "una signora così oper
bene!...pensa te!..." finire al Pronto
soccorso seguita da una decina di parenti
mariti sorelle e la gente che ti guarda e i
medici gentili che ti fanno bere un 700
litri d'acqua... e la voglia di vomitare e
"vomiti signora coraggio" e tu che tiru su
l'anima e tutti sono contenti e non ti
trattengono perché sei persona conosciuta
sì, capiscono .... ma verto lo scandalo si
figuri... e via che torni a casa dormi per un
5 giorni e quando ti svegli sei così debole
che non ti pìuoi neanche incazzare perché
non ti hanno lasciato morire e pensi che sì,
forse é meglio così. Riprendi a vivere la
tua bella vita di merda... "La prossima
46
volta mi andrà meglio. " Ho avuto
addosso per anni la voglia di
ammazzarmi...
specialmente
quando
scoprivo un nuovo amore di mio marito.
Maledicevo la mia debolezza...la mia
capacità di reazione di prendere su, come
si dice, e andarmene. Stavo lì come una
lumacona... senza forza ne idee... mi
crogiolavo nelle mie disperazioni invece
di...
STUPRO COLOGNO
1573 parole
Inserire con articolo apparso su
Repubblica il 19 marzo se non sbaglio, poi
cancellare con bianchetto questo appunto:
Pensionata (58 anni) e ha lavorato come
sarta, poi come bidella al Politecnico
“Maria” anni 58 stuprata alle due del
mattino sul ciglio della strada da un
47
giovane, cosiddetto “per bene, di buona
famiglia”
Testimonianza raccolta, riscritta e
sappresentata in numerose occasioni da
Franca Rame
Milano 20 marzo 2001
Fin da piccola la mia passione è sempre
stato ballare… Mi piace tanto il liscio.
Sono separata da mio marito e vivo sola…
adesso però mia figlia sta con me e mi
aiuta a pagare le spese.
Quel sabato lì… sono andata come quasi
tutti i sabati a ballare in un locale in
piazzale Loreto. Di solito mi accompagna
mia figlia, poi lì incontro le amiche. È un
posto che frequentiamo da tanto tempo…
ci conosciamo quasi tutti. Per rientrare, se
non trovo un passaggio tra le mie
conoscenti, prendo un taxi che mi lascia
sotto casa. Quella sera lì, ero già
all’ascensore: “Mamma mia che fame che
ho! Quasi, quasi vado a farmi fare delle
patate fritte… non ho sonno, poi mi figlia
rientra tardi.”
48
Nella mia via a duecento metri c’è un pub.
Anche se erano le due non avevo paura.
“Cosa mi può capitare alla mia età.”
Entro, vedo che è pienissimo di ragazze e
ragazzi, saluto i camerieri che conosco –
spesso ci vado con le mie amiche. Mi
dirigo verso la cucina, a destra. Una
ragazza mi saluta: “Oh signora, come
va?… È andata a ballare anche ‘sta sera?”
“Eh sì, però senti, ho una voglia matta di
patatine! C’è tanto da aspettare? Come
sono pronte le vado a mangiare a casa, qui
c’è un sacco di fumo”
Mentre parlo con la ragazza vedo un tipo
giovane al banco che parla con alcuni
camerieri e ride. Ho notato che mi
guardava con insistenza. Mi sono detta:
“ma guarda che insolente che è ‘sto
ragazzo!” Io però non ci ho dato retta… e
mi sono seduta. Quello continuava a
fissarmi. “Che scemo… “ sono rimasta ad
aspettare le mie patatine più di dieci
minuti, quasi un quarto d’ora… mi ero un
po’ agitata, infatti ho chiesto alla ragazza:
“Ma sono pronte ‘ste patatine?”
49
“Tra poco”
Mi sono seduta di nuovo, ho preparato le
£5000 e le ho messe sul tavolo ed ho
pensato: “Così faccio prima!” Mentre
aspettavo queste benedette patate il
ragazzo mi fa segno di uscire. Mi sono
spaventata, ma non immaginavo quello
che sarebbe successo. Esce. Ho preso le
patatine, ho salutato: “Buona sera” –
“Buona sera”.
Vado.
Anche fuori, all’esterno del pub, c’era un
sacco di gente, di ragazzi… e ho visto lui,
che era girato sulla destra con un cellulare
e parlava. “Non mi ha visto”, mi son detta.
Ero un po’ preoccupata, agitata. Ho preso
le chiavi dalla borsetta e me le sono messe
in tasca: “Così faccio prima”. Ho preso gli
scalini – come scorciatoia- e ho accelerato
il passo. Nella mia via, che a soli duecento
metri dal pub, devo guardare a destra e a
sinistra se arrivano macchine. Ho notato,
con un gran respiro di sollievo, che ero
sola. Nessuno mi seguiva. Come arrivo
all’angolo, dove c’è una concessionaria di
50
automobili, un cane abbaia… lo conosco
questo cane, abbaia sempre quando passa
qualcuno. Come ho girato l’angolo, ho
sentito uno alle spalle… vicinissimo. Il
cuore mi si ferma. Mi giro: è lui.
“Cosa vuoi? Perché mi vieni dietro?” Non
mi ha risposto, mi ha preso per la gola e
mi ha tirata sulla siepe. Io dicevo: “No!
Lasciami!”
Lui non parava e ha cominciato a farmene
di tutti colori… picchiandomi, un pugno
qua, uno là. Me ne ha fatte di tutte:
davanti, di dietro… per mezz’ora buona.
Ad un certo punto è arrivata una
macchina. Ha fatto i fari e ha sentito che
gridavo aiuto. Oltretutto il cane era come
impazzito, ma nessuno ha aperto una
finestra.
La macchina ha fatto manovra e se ne è
andata… e lui andava avanti, bello
tranquillo come fosse a casa sua,
riempiendomi di pugni, in faccia, in testa,
dappertutto… lividi ovunque… mi
sbatteva contro la siepe, su e giù.
51
Poi si è arrabbiato perché non riusciva nei
suoi scopi… mi ha strappato il cappotto,
la giacca, la gonna… mi ha rotto tutto,
proprio con rabbia perché non riusciva a
fare i comodi suoi.
Ho pensato: “Per me è la fine!” Ero
convinta di morire e gli ho persino detto:
“Dai ti prego, fai il bravo, farò tutto quello
che vuoi. Basta che non mi ammazzi.”
E lui mi diceva: “Zitta! Zitta!” E intanto
mi picchiava. Io lì praticamente nuda sulla
siepe e lui: “Forza, dai! Fammelo
diventare duro!”
Io ad un certo punto gli ho detto: “Ma tu
ce l’hai una mamma?” Quando gli ho
detto “mamma”, mi ha dato un pugno
secco in faccia… mi ha spaccato lo
zigomo… mi sono sentita svenire.
In quel mentre, arriva un furgone e allora
io ho pensato “Adesso mi violentano
anche loro!”
Lui non si è neanche girato: continuava
tranquillissimo come se fosse a casa sua.
Dal furgone sono scesi due ragazzi.
52
“Ragazzi aiutatemi! Aiutatemi - avevo lui
sopra – Mi sta violentando!” Loro hanno
guardato proprio bene la scena, poi si sono
tirati giù la cerniera e sono andati a fare la
pipì… tutti e due a un passo da noi.
Lui si è rigirato… li ha guardati bene…
poi si è alzato con comodo, si è preso la
mia borsetta con quei pochi soldi che
avevo e se n’è andato.
M’ha pure scippata quel bastardo!
Sono rimasta lì, massacrata di botte che
non riuscivo neanche ad alzarmi, mi
trascinavo gattoni… prendo le chiavi dal
cappotto. A questo punto ho chiesto
nuovamente ai ragazzi.
“Ma vaffanculo, troia!”
Rintracciati dai Carabineri diranno:
“Credevamo fosse un albanese”
Sono saliti sul furgone, hanno messo della
musica a tutto volume… e se ne sono
andati.
Mi sono fatta forza, mi sono tirata su…
cadevo.
53
Mi ritiravo su e cadevo… ho raccolto una
scarpa qua, una là, il cappotto, l’orologio e
la biancheria.
Nuda… a piedi sono riuscita ad arrivare al
portone. Ho aperto, ho aspettato
l’ascensore e sono salita in casa. Stavo
morendo, stavo morendo… ho chiamato
mia figlia al cellulare: non rispondeva. Ho
fatto il 113 e la centralinista che mi dice:
“Signora si calmi… non capisco niente…
cosa le è successo?”
“Mi hanno violentata. Aiutatemi, sto
male… sto male! Sto per svenire, sto per
morire!”
“Si calmi signora… non si capisce
niente… parli piano…”
“Ho uno zigomo rotto… faccio fatica…”
“Dove si trova? Dove abita, in che via.”
Ho dato il mio indirizzo.
“Stia tranquilla… adesso arriva la Croce
Rossa.”
Erano le tre e un quarto, le tre e mezza.
Ho bevuto un po’ d’acqua, mi sono messa
nel letto: piangevo e aspettavo.
54
Sono arrivati i Carabinieri insieme a quelli
della croce Rossa e mi hanno portata al
San Raffaele. Per tutta la notte, a
vomitare… sono svenuta… mi hanno
trovato uno zigomo rotto, lividi
dappertutto, un taglio in testa, mi hanno
medicato tutte le ecchimosi che avevo su
tutto il corpo… avevo pure un occhio
pieno di sangue. Dal San Raffaele mi
hanno portata la notte stessa alla
Mangiagalli per degli accertamenti
ginecologici, tampone vaginale eccetera.
Alle sette mi riportano al Pronto Soccorso
del San Raffaele… lì da sola in corridoio,
sulla barella, senza lavarmi, senza niente.
Per molte ore nessun medico mi ha
visitato nuovamente, solo un’infermiera
mi ha sistemato le medicazioni. Dal San
Raffaele all’ospedale San Paolo per fare
una radiografia al viso per lo zigomo
rotto. Come mi hanno vista, hanno decisa
di operami subito. Io ero agitatissima, per
fortuna c’era mia figlia con me.
Poi sono arrivati i Carabinieri a
interrogarmi. Stavo malissimo, piangevo
55
disperata. Mia figlia mi teneva la mano e
piangeva con me.
Dopo quattro giorni e una notte di
ricovero trasferendomi da un ospedale
all’altro, sono finalmente tornata a casa.
Nel frattempo i Carabinieri di Cologno
Monzese cercano lo stupratore. Fanno
un’indagine al pub, vanno sul luogo e
recuperano un pacchetto di sigarette –
Cammel Light – e tramite il pacchetto
riescono a risalire a questa persona in casa
della quale trovano la mia borsetta e le
mie case… e altri vari oggetti femminili.
I Carabinieri in ospedale mi invitano al
riconoscimento tramite delle foto.
Io me lo ricordavo benissimo… stava
sopra di me, faccia a faccia, e l’ho
descritto in maniera dettagliata.
Martedì mattina alle dieci i Carabinieri mi
dicono: “Deve venire in caserma per il
riconoscimento.” “Subito?” “Sì, subito.
Abbiamo premura di prendere questo
tipo.”
56
Io non stavo bene e non me la sentivo di
seguirli “Signora, deve per forza venire
con noi se no ci scappa!”
Sono andata in camicia da notte con copra
il platò a vedere altre foto… mentre
guardavo le foto su un libo… loro sono
andati a prenderlo. Quando è arrivato ho
dovuto
fare
il
riconoscimento
all’americana.
Una volta arrestato, lui sostiene di non
ricordare niente.
Questo ragazzo è di una famiglia per bene,
di chiesa… agiata. Una famiglia
conosciuta qui a Cologno Monzese.
Ha detto: ”So di aver fatto del male a
qualcuno però non mi ricordo niente.”
Te la caverai con poco, come tanti altri.
Per quanto tu possa ripensare a
quell’orribile momento… mai potrai
capire quanto male mi hai fatto. Un male
che brucia continuamente nel mio
cervello… nel mio cuore… un male che
nulla potrà mai cancellare.
Mi hai bruciato la vita, ragazzo.
57
FUNERALE INES
“Questi quanto costano?” “ 1 e 95…”. Mi
sembra tanto, penso. Lei lo capisce…
“Cosa vuole spendere signora?” “Ma…
sono per un funerale” “Eh… è la vita… si
nasce e si muore…è una ruota che gira,,,
oggi a te domani a me… l’uomo e dio
provvede…” Già alla mattina presto ti
ammazzano con frasi di tal peso. Ma che
cazzo!
La guardo: piccolotta, avvolta nel suo
grasso che le mangia anche gli occhi,
bitorzoluta… peluria sopra al labbro,
messaimpiegata di fresco… credo non sia
stata bella nemmeno a 20 anni. Qualcuno
l’ha sposata?
“Cosa vuole spendere signora? - ripete Facciamo 1,50, va bene?” “Sì, me ne dia
sei.”
E’ piena di buona volontà. Tempi magri,
si dà un gran daffare. “Ci metto un po’
d’erbetta…” Poi senza dir nulla, prende
una rosa, in tinta con i fiori scelti. “Questa
ci sta proprio bene!”
58
E’ proprio contenta. Incarta… bollino col
nome del negozio, cordicina di
paglia…“Grazie”- dico senza simpatia e
non so perché - Quanto le devo?” “Trenta
euro.” sussurra senza battere ciglio.
“Trenta?! Aveva detto un euro e cinquanta
l’uno… uno e cinquanta per sei, fa nove…
perché trenta?” “La rosa… l’erbetta…”
“L’erbetta solitamente è compresa con i
fiori… la rosa costa ventun euro? 42 mila
lire una rosa come due pizze e una birra?!
Le pare il modo di imbrogliare la gente? E
sono solo le 9 e dieci… Cosa farà ora di
sera? Tolga la rosa… tolga le erbette…
Quanto le devo, e faccia attenzione che
chiamo i vigili…”- non scherzavo niente.
“Mi dia quello che vuole…”- tiene gli
occhi bassi. Le butto 10 euro con tutto il
mio disprezzo. “Ecco. Uno di mancia,
disonesta signora” e me ne vado.
Ecco perché non avevo simpatia per lei,
perché, come mi succede sempre, la
sentivo non sincera con i suoi detti stantii.
Mi avvio alla chiesa con i fiori. Il mio
umore già buio. La signora mi ha
59
rattristato. Sì, ogni volta che incontro un
furbo, mi rattristo. Sono anni di
malinconia continua. Sono anni che
continuo a rimbrottare la gente. Serve?
Ma…io continuo.
Arrivo davanti alla chiesa. Piove. Manca
tempo. C’è un bar sotto ai portici.
Tavolini. Fa freddo. 20 agosto. Che strana
estate. Mi siedo. “Un caffè” “Signora
scuosi… sono della Prealpina… mi
concede due parole?” Sono stata tranquilla
sino ad ora, anche battagliera con la
fiorista grassa… Cos’è? Perché di colpo
un nodo alla gola? Rifletto un attimo
prima di parlare. Ehh… è la vita… si
nasce e si muore…è una ruota che gira…
oggi a te domani a me… tanto va la gatta
al lardo che ci lascia lo zampino.
Parlo, racconto qualcosa senza entusiamo.
Si ferma, a qualche passo da noi una
signora che ci guarda con domande negli
occhi. Faccio fatica a ravvisare in lei un
volto conosciuto… sono titubante…
“Dina?… Sei la Dina?…” Le si allarga il
cuore in un gran sorriso. Ci abbracciamo.
60
La Dina! Ho 76 anni, quando l’ho
conosciuta ne avevo 10, facevo la quinta
elementare. Erano due sorelle. Le
chiamavamo le figlie del cieco. Il padre,
un omone grande, cieco, girava per
ristoranti, bar, piazze, feste, con la sua
fisarmonica accompagnato dalla moglie.
Vestiti tutte e due di nero. E chiedevano
l’elemosina. Lui si appoggiava al muro,
alla porta, un tavolo, e lei girava col
piattino. M’è capitato una volta di
trovarmi tra quelli che ascoltavano la
musica. Ero molto imbarazzata.
Erano le figlie del cieco, ma erano
simpatiche, generose… amiche.
L’appuntamento con Lucia, la sorella di
Ines era alle dieci e un quarto. Parla di qui
parla di là non l’ho vista entrare in chiesa.
“È già arrivata Ines?” chiedo. Ne parlavo
come fosse ancora viva.
Con Dina entro in chiesa. Sono
emozionata. Ci sono venuta un sacco di
volte in questa chiesetta, cent’anni fa.
A messa la domenica e tutte le sere a
maggio durante il mese mariano. Eravamo
61
tutte innamorate di un certo Puccio. Un
ragazzino che partecipava alla funzione
con la madre. Tutte dedute dietro a lui, un
fila di almeno 10 ragazzine sui 14, 15. Il
clou dell’avvenimento era il momento in
cui si giravano le sedie e ci si
inginocchiava sopra. Pucci, noon girava la
sedia stando rivolto verso l’altare come
facevan tutti, ma si girava con la sedia.
Faceva una giravolta lenta. Ci guardava
tutte, poi il suo sguardo tornava da me, e il
mio cuore si fermava. Io ero la preferita.
Io ero quella per cui tutti i giorni di
maggio, al vespro si trovava in quella
chiesa. Certamente mi sposerà. Prima di
addormentarmi pensavo a lui, delicato…
pallido… dolcissimo… con gli occhi nei
miei… per un istante e poi le spalle… la
schiena il collo i capelli… Dio, che
ammmmmore! Ci sposeremo di maggio…
avremo una … e via che mi
addormentavo.
In centro davanti all’altare c’è mia cugina
nella sua bella bara di legno chiaro
62
coperta di fiori. Cerco Lucia. Eccola lì,
seduta in un banco di destra. Composta.
Lo sguardo lontano. Certamente anche lei
sta ripassando la vita. Ha mantenuto la
fisionomia di quando era giovane con i
suoi
83
anni.
Ci
abbracciamo
intensamente senza lacrime. Cerco il
marito di Ines, Angelo. Sta seduto
Sul lato opposto. Senza motivo. E’ lì,
intontito, meravogliato spaurito. 43 anni
di matrimonio: amato, curato, servito,
sorretto.
Era bellissimo da giovane. Ora se ne sta
piegato
dall’artrosi,
magro
come
un’acciuga, decisamente un’altra persona.
Dove sono finiti i toip begli occhi azzurri
cobalto? Che sfacelo.
Seduta accanto a Lucia una signora senza
età. Parlotta intensamente. “Chi è?”
domando. “Valeria, non ti ricordi di
Valeria?” Eh sì che me ne ricordo. E con
un certo turbamento. Era bellissima.
Oddio, anch’io mi sono tanto cambiata?
Arriva Luisa. Più larga che lunga. E’ lei
che ha tenuto le fila telefoniche in questi
63
giorni. E’ lei, che m’ha comunicato la
morte di Ines, tra le lacrime. Si sente
importante. Si siede accanto a me.
La Luisa. Me la ricordo bambina, figlia di
un tapezziere con, mi pare due fratelli.
Occhi azzurri, capelli castani striati di
biondo, con due lunghe trecce che
finivano in un cannellotto. Era molto
carina, piccola, ma con un gran pepe
addosso. La cedo cresciuta con l primo
amore: un giovane riccone che se la
pèortava a spaso nella sua grande
macchina. Che lusso. “Quando mi siedo in
quella macchina così bella, mi tolgo
sempre le scarpe, ho paura di sporcarla.
Lui ride, ma io mi sento in soggezione.”
Poi si è sposata con un avvocato. Ed ora
eccola qui, piena di malattie di cui parla
con grande piacere.
“Vedi quella là… quella sull’altare? È
l’Elvira. Ora reciterà un pezzo di messa.”
Un pezzo di messa? Ma che modo è di
èarlare? E chi è l’Elvira? Mi vede. Scende
i tre gradini che ci separano. Mi stringe
forte. Ah sì, l’Elvira. Di colpo me la vedo
64
davanti. Non assomiglia certo alla
bellissima di tanti anni fa. Un tipo. Bruna,
pelle bianca, occhi allungati. Me la
ricordo in lacrime. “Oddio, sono
sicuramente in cinta. Mi ammazzo!” E ci
racconta di un rapporto pasticciato… “Gli
è uscita una cosa bianca… proprio vicino
vicino a… Sono sicuramente in cinta”
Siamo tutte spaventate. Non sappiamo
niente, non sappiamo che dire. Ci
lasciamo preoccupate. In attesa. Dopo un
po’ di giorni arriva nel gruppo riunito in
chiesa aspettando lo sguardo di Pucci.
Sprizza felicità da tutti pori: “Sono
venute! Mi sono venuto. Quando ho visto
il sangue ho baciato le mie mutandine.” E’
il ricordo che ho di lei.
Si fa un gran silenzio. Che succede? Ah,
là di lato all’altare, fermo c’è il parroco
con dietro il suo chierichetto. Aspetta in
silenzio, raccolto. Inizia la messa. Il
discorso che fa durante la predica è
bellissimo. Parla di Ines da uno che l’ha
conosciuta e seguita per tanti anni.
Racconta di quanto fosse modesta e
65
presente in Varese: faceva spettacoli con il
marito e le amiche per gli anziani. Parla
con tristezza, da uno che ha perso non una
parrocchiana ma un’amica.
E’ da tanto che non vado a messa. Seguo
il rito con interesse. Sottolineo dentro di
me i gesti un po’ plateali del parroco.
COnTINUARE
E’ il momento della comunione. In molte
donne si muovono lente, si portano ai
piedi dell’altare. Prendono nella mano
destra l’ostia. Anche Lucia fa la
comunione. L’osservo mentre torna
accanto a me: cammina diritta ed elegante
nel suo vestito nero.
Nell’ultimo lungo addio del prete
qualcosa ai piedi della bara attira la mia
attenzione. I fiori della discordia nella loro
carta di cellofan pare mi chiamino. Li
guardo attentamente: alla base, proprio
alla base la carta trema, scintillando. Mi
guardo intorno alla ricerca di una candela
che si rifletta. Niente. Nulla di luminoso
trema. Eppure non sto sognando. Mi giro
e mi rigiro. Nulla. E la carta trema. Trema
66
e brilla. Pocanzi il parroco ha detto: Ines
non se ne è andata. E’ qui con noi. Ci
guarda, ci vede, ci ama.” Sì, reverendo. E’
vero. Ines, burluna, mi sta salutando a
modo suo, con uno scherzo… un
centimetro di tremolio scintillante tra tanti
fiori per lei.
Mi girano le parole nella testa… cerco di
fissarmi su qualcuna… ci penso… è come
fosse senza senso: cosa vuol dire?
42871
IL PADRE MORTO: IL GIORNO DEL
FUNERALE
ricordo le morti di Lina e Enrico
Cercavo il coraggio di toccarlo. Volevo
dargli un bacio. Non avevo mai osato farlo
in tutta la mia vita. Per pudore. Per
timidezza. Ho allungato una mano,
incerta, per arrivare alla sua.Quando l'ho
sentita sotto le dita, ho avuto l'impulso di
ritirarla. No, è tuo padre, pìoi non o verai
più.Ho vinto la repulsione e sono rimasta
67
lì, padrona, sulla sua mano di marmo: ho
toccato la morte. Ci ho preso confidenza.
poi un bacio lieve su una guancia e
finalmente ho pianto seduta vicino a lui.
Quante cose mi sono venute in mente, fatti
dimenticati nella memoria.
Con mia sorella Lina è stato diverso ero
adulta: 40 anni. Mi sono occupata di ogni
cosa, dalle coroni di fiori alla scelta della
bara: raso bianco trapuntato. E ricevere gli
amici, i conoscenti, e parlare.
Anche in quel caso, le sono rimasta
vicina, da sola. La guardavo. Triste da
viva, incazzata da morta per via di una
vita vissuta con un marito ignorante e
rozzo che l'aveva spesso umiliata. La sua
vita senza gioie mi passava innanzi. E al
dolore per la sua perdita mi cresceva
dentro la rabbia di non essere riuscita a
strapparla da una inutile condizione di
sottomissione, di abbozzare, di non
coraggio.
Di quando in quando il commento banale
di qualcuno che entrava: "pare che
sorrida". Macché imbecille, è il freddo che
68
le tira la faccia. Negli ultimi anni non ha
mai sorriso.
E' stato lì che ho giurato a me stessa che
nessuno m'avrebbe vista da morta.
Di mio fratello ho visto solo la bara già
chiusa in partenza per l'Italia da N.Y.
Che bizzarria questa di mio fratello di
venirle a morire tanto lontano da casa.
Lui, che da vivo non avrebbe mai
disturbato nessuno, da morto s'è trovato al
centro di una difficoltà dietro l'altra.
Dario e io stavamo effettuando una turné
negli Stati Uniti. Il debutto a N.Y. era
importante, parenti e amici erano tutti lì
per farci festa. La sera prima avevamo
cenato insieme. "Domani andiamo a
vedere...." fa a Pia, ci vediamo alle sei.
Arrivano le sei, le sei e trenta... niente.
Enrico non si vede. Telefoniamo all'Hotel.
"Siete dei parenti?" - "Sì." - "E' morto."
E' uno scherzo? No, era morto davvero.
Nel sonno. Una cameriera l'ha trovato.
Dario, con un giornalista si precipita
all'hotel.
Io non potevo accompagnarli: avevo lo
69
spettacolo dopo un ora. Non ho recitato
molto bene quella sera. Ho anche
maledetto questo lavoro.
45832 27 luglio 2002
STAMPATOL'unico posto, luogo dove io
mi senta a mio agio è il palcoscenico. No,
non per via: ama la polvere del
palcoscenico. No. Sono allergica alla
polvere, alle banalità, alla rettorica. Sto
bene in palcoscenico perché è casa mia. In
qualsiasi città mi trovi, quando sono in
teatro sono a casa. Entrando nella hall di
un teatro non mi è mai capitato di dovere
chiedere "scusi, dov'è il palcoscenico?"
Conosco automaticamente la strada, dove
sono i camerini, il gabinetto. "Ma ci sei
già stata qui?" "No, è la prima volta" "Non
ti credo" "Si, forse ci sono già stata." Sto
bene nei camerini anche se squallidi. No,
non li addobbo con sete colorate. L'ho
fatto qualche volta... senza accorgermi
andavo dietro all'onda, voglio dire alle
usanze deghli attori... ma erano 100 anni
fa. Poi ho scoperto che non mi ci trovavo
con quegli addobbi intorno, non sentivo il
70
bisogno di ricostruirmi il "salotto" di casa
mia, anche se il camerino era un cesso. E
Dio sa che camerini trovano gli attori nei
teatri e nei cinema di casa nostra. L'unica
cosa alla quale non rinuncio è la luce.
"Lino!! (è il tecnico delle luci) La luce"
Lino arriva e mi piazza certi 500 da
accecare. Io ci sto bene. La luce e il mio
baule, ora i miei bauli. Mi piacciono i miei
bauli. E' un classico baule armadio
d'attori, verde fuori a fiorellini l'interno.
Ci sono i cassetti e nei cassetti di tutto:
golf, libri, fogli, macchina da scriverecomputer, pennarelli, lettere e cianferi
d'ogni genere. Il mio baule, il suo
contenuto, il camerino, il palcoscenico:
sono a casa. Io non mi considero
un'attrice. Sono "anche" un'attrice. In casa
mia ho imparato tutto quello che può
servire per poter fare questo lavoro:
attrice, elettricista, fonico, costumista,
trovarobe, direttore di scena, servo di
scena, piazzare le luci, suggerire, sarta,
vendere i biglietti, truccare, pettinare,
ballare, cantare, la ricerca delle piazze,
71
l'amministratore, fare un borderò, (ora è
però diventato difficilissimo). I miei
avevano addirittura una propria tipografia
dove si stampavano i manifestini,
insomma i volantini di adesso. Avevamo
centinaia di scene bellissime, dipinte da
un pittore della Scala, Lualdi che veniva a
passare le sue vacanze da noi, ogni tanto
le rinfrescavamo tutti insieme. Ogni
giorno cambiavamo piazza (dico piazza
per dire paese, non recitavamo in piazza
ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori,
quindi ogni giorno si dovevano montare
scene e luci. Anche i nostri costumi erano
belli. Figuriamoci! Mio padre, tramite
l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal
Teatro della Scala. Percorro così
l'apprendistato dei teatranti interpretando
via via che cresco, tutti i ruoli maschili e
femminili adatti alla mia età. Il vantaggio
della compagnia di mio padre rispetto alle
altre compagnie di giro, (così si
chiamavano le piccole compagnie di
provincia) è l'invenzione di impiegare tutti
i trucchi scenici del teatro magico delle
72
marionette, nel "teatro di persona":
montagne che si spaccano in quattro a
vista, palazzi che crollano, un treno che
appariva
piccolissimo
lassù
nella
montagna e che man mano che scendeva
s'ingrandiva fino ad entrare in scena con il
muso della locomotiva a grandezza
naturale. Mari in tempesta, nubi che
solcavano minacciose il cielo tra lampi e
tuoni, gente che volava, scene in tulle in
proscenio, che illuminate a dovere ti
facevano vedere come era il paradiso.
Insomma tutti gli espedienti tecnici
dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena,
che viveva ancora, dentro la scenotecnica
delle marionette, soltanto che in quel
teatro tutto era stato miniaturizzato, si
trattava adesso di eseguire un'operazione
da Gulliver alla rovescia: da minuto che
era ingrandire ogni oggetto, aggeggio,
marchingegno, fino a renderlo identico
alla realtà. In questa nuova veste "il teatro
di persona" la compagnia di mio padre
realizza un successo insperato. Si lavora
come sempre a tempo pieno. Mio padre, il
73
capo, con il ruolo di primo attore,
manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo
dell'antagonista, del comico-brillante a
secondo dei testi e di drammaturgo-poeta
di compagnia; le mogli, i figli, gli attori
scritturati; i dilettanti gli amici
componevano la nostra compagnia.
1932 - "E' ora che Franca incominci a
recitare." E' mia madre che parla. La
prima parte che ho imparato a memoria
me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca",
così si diceva a casa mia, mot-a mot,
parola per parola. Non sapevo leggere.
Avevo tre anni. Aveva deciso (era sempre
lei che prendeva le decisioni importanti in
famiglia) che avrei fatto un angiolino di
supporto all'angelo vero, che veniva
recitato da mia sorella Pia in "La passione
del Signore" atto V, orto dei Gezzemani.
"Pentiti Giuda traditore che per trenta
monete d'argento hai venduto il tuo
Signore! Pentiti! Pentiti!" dovevo gridare
di quando in quando. La parte non era
lunga, non ci devo aver messo molto ad
impararla. "Ripeti!" e ancora e ancora
74
"Ripeti" diceva la mia mamma paziente
mentre pelava le patate per il minestrone.
"Ripeti!" Mia madre per i suoi figli era
ambiziosissima. Per l'occasione mi aveva
cucito un bellissimo abito bianco da
angelo, con due grandi ali bianche e oro
appoggiate sulle spalle, seppur credente
non andava mai in chiesa ma aveva uno
zio prete. Lei lo sapeva benissimo che gli
angeli non erano vestiti così! Mio padre,
ormai entrato nel gioco, mi mise in testa
una coroncina di lampadine. E' ora
d'andare in scena e tutti: "ma che
bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La
mia mamma faceva andare la coda. Non
avevo fatto nessuna prova. Sapevo solo
che ad un certo punto avrei dovuto seguire
mia sorella Pia nell'entrata in scena ad ad
un segnale della mia mamma sistemata in
quinta avrei dovuto gridare "pentiti
Giuda" e quel che segue. Il guaio,
l'imprevisto, che più imprevisto di così
non si poteva immaginare, fu che il
personaggio di Giuda era interpretato da
mio zio Tommaso, un uomo che avevo
75
sempre visto calmo, sorridente, che mi
raccontava storie bellissime, mi regalava
un sacco di divertimenti, al quale volevo
molto bene e vedermelo lì, proprio vicino
vicino, con una parruccaccia nera in testa,
gli occhi che lanciavano saette tra un
tuonar e lampeggiar minaccioso, che
disperato gridava: "Possano i corvi
divorarmi le budella, le aquile strapparmi
gli occhi!" e altri animali che non ricordo
"mi divorino un pezzetto alla volta ad
incominciare dalla lingua", mi fece un
terribile effetto. Mamma mia che
spavento! Cosa stava capitando?! Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma
quello che mi buttò completamente fuori,
fu il vedere mia sorella, solitamente
rispettosa ed educata, che per nulla
intimorita gliene stava dicendo di tutti i
colori! Una sfuriata in piena regola e che
trascinavano il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera. "Ma cosa
sta capitando? Perché lo zio Tommaso fa
così?" Il groppo che mi sentivo in gola
stava per scoppiare; Mia madre dalla
76
quinta mi faceva gesti più che perentori.
Giuro che avrei potuto parlare, ma non me
la sentivo proprio di rincarare la dose.
"No, io no, allo zio Tommaso non dico
proprio un bel niente! Non so cosa gli sia
capitato. Forse è impazzito." Anzi, a
piccoli passi, camminando come pensavo
camminassero
gli
angeli,
seppur
spaventatina, gli sono andata vicino, lui
era in ginocchio e gridava più che mai.
Dio che paura! Senza dire una parola mi
sono arrampicata al suo collo e l'ho
abbracciato, tempestandogli la faccia di
baci. Insomma cercavo con i mezzi che
avevo a disposizione, di calmarlo e
piangevo nel silenzio che era calato in
palcoscenico. Pia s'è ammutolita. In quinta
mia madre faceva segnali che non
prospettavano niente di buono. Lo zioGiuda si blocca per non più di tre secondi,
lo giuro, e poi con voce profonda (intanto
con la mano mi solleticava la mia e con
gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi)
dice: "Dio, sei grande! a quest’orrendo
peccatore mand il conforto!.. un piccolo
77
angelo..mi tendi la mano..No, no, non me
lo merito!- e dal momento che lo
spettacolo doveva pur terminare, taglia
corto- M'impicco!". Deve usare un po' di
forza per liberarsi da me che proprio non
ne voglio sapere di lasciarlo andare.
Grida: "L'albero più alto.. dov'è l'albero
più
alto.
Lasciami
andare
angiolino..Lasciami.." e con un urlo
agghiacciante esce di scena. Mia sorella
(l'unica volta nella sua vita, credo) non
sapendo più che fare, camminando anche
lei sulle punte, immediatamente lo segue.
Grande applauso. Tutti mi chiamano in
quinta con grandi cenni. Non so se la
paura d'essere sgridata o il "senso del
dovere" che maledizione da che sono nata
è lì, a spingermi (a pigiarmi) la coscienza,
fatto si è che dopo un attimo di silenzio
con voce chiara e mesta, quel tanto che
serve, dico: "S'impicca! Non s'è pentito..
Giuda traditore che per trenta monete
d'argento ha venduto il suo Signore.. Non
s'è pentito!" e via che esco.. Ce l'avevo
fatta: l'avevo detta tutta! Da allora in poi,
78
"la passione del Signore" ha sempre avuto
due angiolini, con il più piccolo che
abbraccia Giuda a mostrare la grandezza
di Dio. E tutti giù a piangere. Com'è che
succedeva? Come arrivavo la prima volta
in scena con un personaggio che non
avevo mai interpretato prima? Non me lo
ricordo, ma so con certezza di non aver
mai provato prima di un nuovo spettacolo.
A 5 anni: "Gli spazzacamini della valle
d'Aosta". La parte come sempre fino a che
ho imparato a leggere, me la insegnava la
mia
mamma,
la
imparavo
velocissimamente, era come se la sapessi
già. Anzi, la sapevo già. Quante volte mi
ero addormentata nella cassa dei costumi,
o nella bara di Giulietta, quella di Romeo,
o in qualsiasi altro posto che mi
permettesse di addormentarmi, mentre i
miei recitavano una sera dopo l'altra? "Gli
spazzacamini" un drammone, ma alla fine
tutto finisce in gloria tra lacrime,
singhiozzi e applausi, in 5 atti, con la
comica finale per non mandare a casa la
gente con il magone.
79
Il nostro era un teatro realmente e
totalmente "all'improvviso" che si basava
su trame semplici e stringate, teatro
popolare appunto, nella tradizione della
Commedia
dell’arte,
completamente
opposto al teatro letterario e naturalista
messo in scena dalle grandi e illustri
compagnie che agivano nelle grandi città e
imitato in tutto il suo negativo dalle
piccole compagnie, come la nostra, che
agivano in provincia. Il nostro successo
stava tutto in questa differenza. Il nostro
repertorio era vastissimo: dalle più famose
tragedie di Shakespeare ai drammoni
ottocenteschi, alle commedie di autori
moderni a quei tempi: Niccodemi,
Giacosa, Rosso di San Secondo, alle
comiche finali. Il tutto senza aver mai
studiato una parte a memoria su di un
copione. Non esistevano copioni di testi
teatrali veri e propri, ma una specie di
canovacci e per molti testi non esisteva
nemmeno il canovaccio. Ce li avevamo
nella testa da sempre. Eravamo bravi?
Non lo so. So solo che i teatri eran sempre
80
pieni, che si lavorava tutti i giorni, si
riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei
morti, a novembre. O se c'era il funerale
di un defunto importante del paese: il
prefetto, il sindaco, il dottore, il prete, il
farmacista. E quando in un paese avevamo
fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6
sere la Giulietta, 6 la passione, "il povero
fornaretto di Venezia" e non mi ricordo
più quali altri drammoni avessero
successo) mio padre o mio zio leggevano
un romanzo, ci riunivano e ce lo
raccontavano. "Tu fai questo, tu questo e
tu questo...", e via che il giorno dopo si
andava in scena. Sulle quinte laterali, in
bella calligrafia, la scaletta dei punti
chiave,
il
susseguirsi
degli
avvenimenti:"L'assassino del corriere di
Lione". Scena Prima:la ragazza s'incontra
col padre, che non aveva mai conosciuto,
partito povero, tanti anni addietro, torna
ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei
non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo
repulsione. Manifestare freddezza e
81
imbarazzo. Ricordarsi che la madre è
morta.
Scena seconda: un uomo (lo stesso attore
che interpreta la parte del padre) languisce
in una cella, è un innocente caduto in un
errore giudiziario terribile. Accenni
all'assassinio di un corriere a Lione.
Accenni alla moglie morta e alla piccola
bimba lasciate al paese. Saranno ancora
vive?
Solo nel V atto tutto si risolverà: il buono
premiato con la libertà e l'onore restituito
mentre il cattivo (fratello gemello del
buono), smascherato da una collana rubata
al corriere di Lione, sarà punito con la
forca. Gaudio e felicità. Ricordarsi della
madre morta.Comica finale.
Non c'è personaggio nel repertorio della
mia famiglia che a secondo dell'età non
abbia interpretato. Neonati (8 giorni in
braccio alla mia mamma in la Genoveffa
di Brabante), bambini o bambine,
ragazzini, signorine, giovanotti, suore,
cortigiane, prostitute. Una volta ho fatto
persino, il cuciniere Dracco. La storia nel
82
ricordo, mi fa ancora ridere. Ero cresciuta
e la Genoveffa (che dio la maledica,
quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo
io. Giovane e bella moglie del re alla
guerra, sola nella reggia viene insidiata da
Golo, un primo ministro della situazione,
che lei respinge furente e offesa. La
giovane donna decide di inviare una
missiva al marito tramite il cuciniero
Dracco: l'unico che a corte le sia rimasto
fedele, per avvertirlo del tradimento del
suo braccio destro. "Torna o mio dolce
sposo, torna! che quel maialone del Golo
vuole fare con me, proprio quella cosa là!"
Golo che è sempre lì a origliare, scopre
tutto e zak!, pugnala il poveraccio e
manda a dire al re che Genoveffa è incinta
del cuciniero. "Ti ha tradito o mio re, che
vergogna con un cuciniero!" Il re ci casca,
fuori dalla grazia di dio "un cuciniero no!"
ordina il taglio della testa della fedigrafa e
anche del bambino nato nel frattempo
(tranquilli che poi tutto, come sempre,
finisce in gloria). Arriviamo sulla piazza e
ci rendiamo conto che ci manca l'attore
83
che avrebbe dovuto interpretare il
cuciniero. D'accordo, sono due parole che
si possono anche tagliare, ma fisicamente
deve essere in scena. Ci ragioniamo sopra
un attimo per vedere come risolvere.
Bene. Ci siamo. Facciamo così. Al
momento cruciale, vado alla quinta di
destra. Il perfido Golo mi spia dalla quinta
di sinistra. Parlo, guardando fuori scena,
con il cuciniero che non c'è, fingo di
consegnargli il messaggio e poi, affranta,
esco. Velocissima mi mettono sulle spalle
un mantellaccio con cappuccio che mi
copre dalla testa ai piedi. Rientro in scena
con la missiva bene in evidenza in mano,
faccio qualche passo come se ora io
parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su
di me, "muori, spione di un cuciniero!" E
via che mi pugnala. Cado morta. Golo mi
trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla
parte opposta da cui sono entrata. Mi
tolgono il mantello, mi raddrizzo la
parrucca bionda dalle lunghe trecce, corro
velocissima dall'altra parte. Rientro in
scena e vedo Golo che pulisce il pugnale
84
assassino nel mantellaccio che indossavo
fino ad un secondo fa. "L'avete ucciso!
Assassino!!" Ansimo un po', per via della
corsa, ma sono perfettamente in parte e
nessuno s'è accorto di niente.
Noi eravamo in grado di andare in
scena senza prova alcuna, con un testo
nuovo allestito di sana pianta. Arrivavamo
ad esempio in una piazza nel giorno in cui
in paese si festeggiava la santa patrona,
ebbene, debuttavamo con la storia di
quella santa sulla quale mio padre e mio
zio avevano giorni prima letto e ascoltato
dalla gente, vita, morte e miracoli.
Avevano riunito la compagnia, raccontato
a sommi capi l'intreccio, distribuiti i ruoli
se i costumi adatti non c'erano si
rimediavano, e via che si debuttava. Senza
prove. Se si confronta con i 90 o
addirittura i 180 giorni di prova delle
compagnie di oggi... Ma certo che allora,
sovvenzioni ministeriali o regionali o
provinciali o comunali, non ce ne erano,
quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi
sbrigare eccome!
85
A 20 anni, seguendo l'esempio di mia
sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la
nostra compagnia e inizio la mia carriera
nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si
possono immaginare le difficoltà di una
simile scelta in quel periodo del
dopoguerra, siamo negli anni 50 e quindi
alterno momenti neri a buone scritture
nelle compagnie di varietà più famose. E'
proprio in una di queste compagnie che
conosco il Dario Fo.
Da sempre il teatro ha vissuto la mia vita
ora come lavoro ora come impegno
sociale.
E’ stato proprio insieme con Dario che ad
un certo punto della nostra storia, negli
anni ‘60-’70 in cui la situazione sociale e
politica era piuttosto inquietante ed
estremamente tesa, dopo i primi lavori
sulla satira di costume, che faceva già
tanto discutere e scomodare la critica
come con “Gli arcangeli non giocano a
flipper”, siamo passati alla satira politica
che si traduceva in un impegno continuo
di controinformazione fuori dai circuiti
86
ufficiali, a diretto contatto con platee
numerosissime. Come sempre i nostri
spettacoli, che si ispiravano a situazioni
reali di disagi, di soprusi, di abusi, di
ingiustizie sociali, nascevano da un
costante lavoro di inchiesta e venivano
puntualmente aggiornati e proposti ad un
pubblico che quei disagi viveva per cui,
dopo la rappresentazione, si aprivano
dibattiti anche vivaci e così, attraverso
quel confronto diretto, tutti, dal palco alla
platea, si prendeva cosienza di quanto
accadeva e così, allo stesso tempo la
rappresentazione, nelle sue repliche, si
giovava di questa fortunata occasione di
dialogo fino a ricomporre talvolta per
intero il testo e tornava a misurare le
variazioni davanti alla platea. Quelli sono
stati anni di grande partecipazione
collettiva. Gli aneddoti di quando
rappresentavamo i nostri spettacoli nelle
Case del popolo, nelle fabbriche occupate
tra operai in sciopero, sono tanti e tutti
tanto comici quanto drammatici. Spesso
racconto di tutto questo, più difficile è
87
che, pur sollecitata da molti e dallo stesso
Dario, io mi soffermi a scrivere, ma
putroppo non trovo mai il tempo di farlo.
Ricordo, tra le tante nostre avventure, un
episodio alla Camera del Lavoro in
Milano dove, per rimediare una acustica
che fosse decente, Dario pensò di cucire
insieme un certo numero di contenitori di
uova e attaccarli al soffitto e alle pareti.
Allora ci impegnammo lì a cucire di
buona volontà e non era neanche tanto
facile. Sembrava che non si finisse più, ed
ecco che uno dei compagni, guardando
noi lì che cucivamo con il sangue alle
mani, disse: “ma ci vogliono aghi grandi!”
e noi lo sapevamo bene ma dove trovarli?
Così lui chiamò gli altri: “Avete raggi di
bicicletta?” e propose: “Facciamone degli
aghi!” E con quei grandi aghi, tutti ci
aiutarono a cucire quei cartoni. Purtroppo
quando, orgogliosi del nostro lavoro,
abbiamo cercato di attaccarli al soffitto,
sono cascati tutti. Intorno alla nostra
compagnia teatrale cresceva sempre più il
numero di collaboratori militanti che
88
insieme a noi si davano un gran da fare
nell’organizzare spazi. Si respirava
intorno un’atmosfera esaltante e una
grande tensione politica e ideologica nel
lavoro teatrale. Davamo i nostri spettacoli
in luoghi fuori dalle convenzioni teatrali:
nelle scuole, nei palazzetti dello sport,
nelle fabbriche occupate, nelle chiese
sconsacrate, nei manicomi, nelle carceri.
Si può dire che il rivoluzionario, il nuovo
che è alla base del nostro teatro, abbia
ragione soprattutto nel fatto che la rottura
con la tradizione intimistico-naturalisticoletteraria di sapore ottocentesco che
ancora oggi vive, anzi prospera sulle
scene italiane, è avvenuta, si è
determinata, fin dal momento in cui
abbiamo pensato di far compagnia, cioè
una rivoluzione di nascita, più che in
divenire.
Dario e io siamo sempre pronti a incitare i
giovani, che intendono fare questo
mestiere, a preoccuparsi di raccontare il
proprio tempo per un teatro che solleciti
l’interesse, la partecipazione, la solidarietà
89
e perché no, anche l’indignazione senza
mai dimenticare alla base di tutto il
divertimento perché tutto possa essere
fruibile ricordando che il comico è un’arte
di precisione matematica. Là dove la
forma satirica non possiede come
corrispettivo la tragedia tutto si trasforma
in buffoneria vuota, nasce il lazzo fine a
se stesso, spesso triviale, una volgarità
gratuita, senza niente da comunicare.
21-5-94
CAPITOLI CON VARI ARGOMENTI
CARCERE
Da anni, esattamente 15, mi
occupo di carceri, processi, difesa
dei diritti civili. Per ottenere
permessi di colloquio con i
detenuti ho dovuto fare salti
mortali, gabole varie, ogni volta.
Arrampicandomi sui muri della
90
burocrazia
giudiziaria,
sono
riuscita ad entrare in molte carceri
d'Italia, parlare con i detenuti, i
direttori, giudici di sorveglianza.
Sono riuscita persino ad entrare e
visitare la "famigerata isola del
diavolo": l'Asinara in Sardegna, ed
ho conosciuto personalmente il
tristemente famoso dott. Cardullo,
direttore
del
carcere,
vera
macchina per l'annientamento
psicofisico
dei
detenuti.
Onnipotente Molok, classico
paranoico da studio psichiatrico.
(ricordarsi che anche lui è stato
messo
sotto
inchiesta
per
ammanchi nell'amministrazione)
91
Quante sono state le denuncie di
orrori, di vere e proprie torture
perpetrate nelle varie carceri, nelle
carceri speciali, braccetti della
morte, manicomi criminali, veri e
propri mattatoi degli inermi che ho
portato a conoscenza dell'opinione
pubblica. Quante sono state le
campagne che ho organizzato,
affinché i diritti civili di donne e
uomini, fossero rispettati? Quanti
sono stati gli spettacoli, gli
interventi nelle fabbriche che con
Dario abbiamo tenuto in sostegno
a lotte rivendicative....
92
STAMPATO La punteggiatura serve per
dare le intonazioneSe devo essere sincera,
non ne posso proprio più. Sono cheoppure
fogli usati da una sola parte che io
conservo per appunti, colpa della mia
mamma che m'ha insegnato l'economia.
Non ad essere economa, proprio
"l'economia".
e il buché di gigli che una "amica" m'ha
messo
in mano un secondo prima
d'entrare in chiesa che così io ho dovuto
tenerlo che se avessi potuto me lo sarei
mangiato in quanto tutti, meno mia madre
sapevano che con D. facevo l'amore da
due anni- le
nostre mamme che
piangevanoConosco: i ritmi, i tempi, la sintesi,
l'economia, il tutto indispensabile che ce
l'ha uguale il direttore dell'Operà di Parigi
IRSCH, che però io l'ho avuta un nove
anni prima di lui, (ne ho una in ogni
stanza occupata dai miei collaboratori)
perchè mio nipote Galeazzo le vende e
questa faceva parte di uno stock che ho
93
pagato due lire forse me le ha regalate e
che invece lui chissà quanto l'avrà
pagata(!) che sembravo proprio una
business-woman
Anche con "Gli arcangeli" l'anno prima,
(stagione 59-60) abbiamo avuto grane con
i censori, che pur avendo avuto il testo un
mesi prima del debutto, pretendevano di
imporci dei tagli il giorno dell'anteprima.
Come avremmo potuto farcela? Ci siamo
rifiutati di portare modifiche al copione.
Così ogni sera venivano due poliziotti in
palcoscenico constatavano seguendo lo
spettacolo che non rispettavamo i tagli,
stendevano il loro bel verbale: abbiamo
totalizzato in 9 mesi di turné,
duecentocinquanta denunce. Un bel
record. Poi però, non è successo niente.
94
STAMPATO IL PADRE MORTO: IL
GIORNO DEL FUNERALE
ricordo le morti di Lina e Enrico
Cercavo il coraggio di toccarlo. Volevo
dargli un bacio. Non avevo mai osato farlo
in tutta la mia vita. Per pudore. Per
timidezza. Ho allungato una mano,
incerta, per arrivare alla sua.Quando l'ho
sentita sotto le dita, ho avuto l'impulso di
ritirarla. No, è tuo padre, pìoi non o verai
più.Ho vinto la repulsione e sono rimasta
lì, padrona, sulla sua mano di marmo: ho
toccato la morte. Ci ho preso confidenza.
poi un bacio lieve su una guancia e
finalmente ho pianto seduta vicino a lui.
Quante cose mi sono venute in mente, fatti
dimenticati nella memoria.
Con mia sorella Lina è stato diverso ero
adulta: 40 anni. Mi sono occupata di ogni
cosa, dalle coroni di fiori alla scelta della
bara: raso bianco trapuntato. E ricevere gli
amici, i conoscenti, e parlare.
Anche in quel caso, le sono rimasta
vicina, da sola. La guardavo. Triste da
95
viva, incazzata da morta per via di una
vita vissuta con un marito ignorante e
rozzo che l'aveva spesso umiliata. La sua
vita senza gioie mi passava innanzi. E al
dolore per la sua perdita mi cresceva
dentro la rabbia di non essere riuscita a
strapparla da una inutile condizione di
sottomissione, di abbozzare, di non
coraggio.
Di quando in quando il commento banale
di qualcuno che entrava: "pare che
sorrida". Macché imbecille, è il freddo che
le tira la faccia. Negli ultimi anni non ha
mai sorriso.
E' stato lì che ho giurato a me stessa che
nessuno m'avrebbe vista da morta.
Di mio fratello ho visto solo la bara già
chiusa in partenza per l'Italia da N.Y.
Che bizzarria questa di mio fratello di
venirle a morire tanto lontano da casa.
Lui, che da vivo non avrebbe mai
disturbato nessuno, da morto s'è trovato al
centro di una difficoltà dietro l'altra.
Dario e io stavamo effettuando una turné
negli Stati Uniti. Il debutto a N.Y. era
96
importante, parenti e amici erano tutti lì
per farci festa. La sera prima avevamo
cenato insieme. "Domani andiamo a
vedere...." fa a Pia, ci vediamo alle sei.
Arrivano le sei, le sei e trenta... niente.
Enrico non si vede. Telefoniamo all'Hotel.
"Siete dei parenti?" - "Sì." - "E' morto."
E' uno scherzo? No, era morto davvero.
Nel sonno. Una cameriera l'ha trovato.
Dario, con un giornalista si precipita
all'hotel.
Io non potevo accompagnarli: avevo lo
spettacolo dopo un ora. Non ho recitato
molto bene quella sera. Ho anche
maledetto questo lavoro.
IL 68
Nell'autunno del 68 decidiamo di
abbandonare il circuito teatrale
tradizionale, ufficiale e mettere a
disposizione il nostro lavoro, la nostra vita
(e non sto enfatizzando) con un impegno
diretto di quella parte di pubblico che
normalmente viene ignorata dal teatro
ufficiale: operai, casalinghe, studenti,
97
contadini. Pubblico che solo in questi
ultimi anni viene intruppato e portato con
pulman nei teatri del centro, organizzati
da Cral e Sindacato. Riprendendo la
tradizione di mio padre portiamo il nostro
teatro in piccoli centri, nei quartieri
periferici, nelle fabbriche occupate, nei
palazzetti dello sport. Insomma,
decidiamo di metterci a disposizione della
classe alla quale sentivamo di appartenere.
il promletariato. Detto oggi, così, a
distanza di anni suona un po'
tromboneggiante, allora no. Suonava
bene. Otteniamo una risposta
straordinaria: una folla di giovani,
studenti, operai ragazze, donne sono ogni
sera presenti. In qualsiasi posto si svolga
lo spettacolo i locali sono gremiti
all'inverosimile. Nei palazzetti dello sport,
ci abbiamo messo anche 12 mila persone.
Che testi recitavamo? Il quotidiano. La
vita della gente, le difficoltà. Il materiale
lo trovavamo a iosa. Erano tempi brutti.
Gli incasi spesso vanno a fabbriche in
occupazione, che grazie alla
98
sopravvivenza cjhe gli è garantita dagli
spettacoli, in certi casi, come per la
Sampas di Milano, tengono duro e alla
fine vincono la sentenza col padrone.
(ricevute fabbriche).
Quando Dario mi ha proposto di lasciare
le strutture tradizionali e di portare il
nostro teatro per "boschi" non mi diceva
niente di nuovo, per tanto l'avevo fatto
con mio padre.
STAMPATO Turbata, con una gran
voglia di piangere. Corro indietro
velocemente lungo la mia vita: rabbia,
paura angoscia, commozione, meraviglia,
furore, amore, solitudine, felicita piccole
e grandi... inaspettate, inaudite, così i
dolori, ma in questa gamma di sentimenti,
sensazioni, quello che sto provando ora,
non c'e.
Rossella (tra le moltissime donne
incontrate è un'amica che non ho perso per
strada) m'ha regalato un libro "Le lettere
del mio nome" di Grazia Livi, "é
importante, leggilo".
99
Il titolo cosi ermetico non mi sollecita.
Leggo
in
contro-copertina
la
presentazione dell'editore: "Il tema
appasionato di questo romanzo-saggio é il
divenire della donna". Mi blocco. Oddio,
ci risiamo. La solita "menata" femminista
socialpolitica,
scritta
dalla
solita
intellettuale per altre intellettuali, quasi
tutte saccenti, esibenti, compiaciute dello
sfoggiar "cultura", usanti un linguaggio da
casta per "quella" casta, senza la minima
preoccupazione di essere capite da chi
aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la
donna cercava di crescere e di "liberarsi")
la necessità urgente di capire, protese a
correre una più dell'altra per essere lì,
pronte a brancarsi" il primo posto,
dirigere, liderscippare un po' arroganti o
troppo offensivamente accondiscendenti,
che gridavano "siamo sorelle" e in nome
della sorellanza alla prima occasione ti
fregavano. Esagero?
Sì.Ma ho visto e conosciuto molte donne
troppo simili all'uomo nel loro modo di
essere, parlo delle intellettuali, che
100
esprimevano comportamenti che ho
sempre rifiutato. Parto a leggere
indifferente e diffidente. Qualche pagina e
poi smetto, mi dico. E invece no, qualche
pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é?
La conosco? Non lo so. Conosco tanta
gente, ma i nomi non me li ricordo, di
molti non li ho nemmeno saputi.
M'ha tirato dentro la chiarezza, ne facile
ne semplicistica, seppur colta con cui ti
racconta la vita, le scelte, le fatiche la
crescita di un personaggio-donna, come te
lo ripropone tutto, secca e piena, leggera,
meticolosa delicata, mai invadente, umile,
poetica quel tanto che non disturba, è una
magnifica scrittura, priva di elucubrazioni
intellettualistiche, priva di fronzoli, con
una gran sintesi.
Di ogni donna di cui parla, ti presenta le
più remote sensazioni, ogni personaggio è
da lei scandagliare nel profondo, c'è tutto
quello che hanno detto gli altri e quello
che ne hanno scritto, i sentimenti, i dolori,
le insicurezze, le certezze e molto altro
che ora non mi riesce di esprimere. Poche
101
pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De
Beauvoir.NON
mi
é
mai
stata
completamente simpatica.A volte m'é
capitato di giudicare qualche sua scelta
egoista.Il suo evidente essere una
intellettuale aristocratica m'e l'ha sempre
allontanata.In casa di Sartre a Parigi, dopo
un girar di chiavi nella toppa ce la siamo
trovata davanti:borsa della spesa in mano,
fazzoletto in testa .Ha lanciato un"pas
fumée" a Sartre e si é ritirata in
cucina.Dario ed io ci siamo guardati
interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come
un bambino scoperto a rubare la
marmellata, ha spento la sigaretta o il
sigaro, non ricordo, "Simon..", ha
mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io
ci sono rimasta un po' male.forse credevo
che il fatto di essere una donna mi desse il
diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del
ragionato-Livi é una donna che capisco e
ammiro di più.Altre biografie di donne.
Leggere, conoscere, approfondire, passare
il tempo con loro, con la loro forza, la loro
caparbietà
persistenza,
lucidità,
102
intelligenza, sapere, donne che sono
riuscite ad emergere dallo sterminato
femminile sommerso, in un modo al
maschile, mi costringe ad interrompere la
lettura e a ragionarmi addosso.Il mio
"dentro"s'é messo in movimento e non
riesco a bloccarlo.Mi sento come se
queste signore abbiano espresso, pensieri
miei, situazioni mie;
insicurezze,
certezze, domande, scelte mie. Mi sento
"loro", e allo steso tempo le sento
discoste da me, lontano, in alto,
irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a
disagio, turbata, scombussolate. Di colpo
mi sento come se non
avessi mai
pensato.Non ho visto, non ho notato, non
ho desiderato.Mi sento addosso il peso di
non essermi mai sentita in lizza con
nessuno, non perché mancasse la gara,
figuriamoci!, ma perché ero certa di non
averne i numeri, le capacità per poter
partecipare. Mi sembra di essere passata
tra le cose senza emozione.Sono certa di
non aver mai voluto con forza, qualcosa
per me .Già arresa, prima di essere
103
vinta.Mi sento come se in questa mia
frenetica vita non avessi vissuto.Mi sento
inutile, banale, vuota come un libro
rilegato con nelle pagine bianche solo il
numero in calce.I giorni della mia vita
:22.630 , sessantadue anni. Quanti!
Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto
mi hai scombussolata, cara Grazia
Livi.Possibile? E' così.Sento l'esigenza di
esprimermi,
di
puntualizzarmi,
di
cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando
me stessa?..Il mio io?..Ci ho tanto
ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma
ora qualcosa di concreto mi urge.Devo
fissare qualche punto.
Me ne sto a guardare fuori dalla finestra
con il cervello completamente vuoto,
come se per tutti questi anni, e sono tanti,
non avessi
vissuto, lavorato incontrato
gente, parlato, riso, fatto all'amore,
pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la
testa pressata da pensieri confusi, suoni,
rumori, parole, facce, e fra tanto disordine
non riesco a trovare la parola giusta, il
ricordo giusto che mi dia modo di iniziare
104
con un minimo di coerenza.Forse potrei
partire dalla prima grande emozione che
ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita;
sono arrivati i "liberatori".Li avevamo
visti sui camions il pomeriggio, intorno
per la città.Erano arrivati anche nella mia
strada. Ci buttavano cioccolato e
sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi
buttata con gli altri per tentare di
raccogliere qualcosa.La sera, nel cortile di
casa mia, gran festa.Un giradischi, e
ballare e ridere. Poi guardo su, verso la
finestra buia del primo piano, casa mia.
Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì,
ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri,
il suo tormento:mio fratello deportato in
campo di concentramento in Germania,
non dà notizie da oltre due anni.In un
attimo le sono vicina vergognandomi della
mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due
mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta
su di un gradino della scala di casa nostra
, perché le gambe non la reggono.Si
stringe addosso il figlio, pallido, magro,
105
impolverato che si é fatto centinaia di
chilometri a piedi.Quel gridare intenso che
esprimeva gioia, l'ho sentito identico
molto anni dopo(1973) in circostanza ben
diversa
,
per
dolore
e
drammaticità.Ancora seduta, su di una
sedia ora, con la testa buttata all' indietro,
grida senza controllo, come allora, dopo
che ha indovinato più dalla mia faccia che
dalle mie reticenti parole che mia sorella
Lina era morta.
Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo
( che non ho terminato) di Varese, con i
fascisti che entrano in classe, in silenzio
ci guardano a una a una. Poi mi chiamano,
dicono proprio il mio nome, e mi portano
nello studio del preside. Non so di che
colore fosse la mia faccia, ma ma avevo
paure che tutti potessero sentire il battito
del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a
"Villa triste.."Villa triste era una villetta
all'inizio della strada che portava alla mia
scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano ,
venivano interrogati e torturati i partigiani.
Ma io, non sapevo niente, non c'entravo
106
niente con loro, non avevo fatto
niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai
tranquilla"Poi di colpo, alla prima
domanda ho capito tutto.E il cuore a
battere più forte."Forse muoio"."Conosci
Enrico
Mazzucchetti?
"Si",
"Dov'é?""Non lo so".Enrico, detto Bubi,
era il mio amore dei quindici anni: il
primo."non lo vedo da un po'", sapevo che
era andato nei partigiani, ma qualche
giorno prima l'avevo visto, era venuto
sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio,
che
era
successo?"Allora?"Erano
minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo
lasciati da un sacco di tempo."Lì, nello
studio del preside mi hanno frugato in
tasca . La mia aria innocente li aveva
convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non
ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe
con la testa staccata dal corpo e le mani
sudate."Sei una incosciente, sei una
disgraziata.Se lo viene a sapere tuo padre
ti ammazza e fa bene.E con il cuore mi
accarezzavo il biglietto piegato in quattro
che avevo stracciato prima di passare
107
davanti a "villa triste", dopo essermelo
imparato a memoria la mattina andando a
scuola.Incoscienza, più che coscienza
politica.
I GIORNALI
Nei primi 18 anni della mia vita, non ho
mai letto un giornale.E questo che
c'entra?Nulla.Sto cercando di tirar fuori
fatti lontani, che disordinatamente
affiorano al mio cervello vuoto
Non ho mai letto i giornali.Lo dico con
meraviglia.Possibile?In casa mia c'erano,
la mia era una famiglia socialista quando
esserlo costava qualche cosa.Si pagava,
senza ricevere nulla in cambio:con quella
tessera in tasca allora carriera o posti di
comando, non ne ricevevi.I giornali
c'erano, li toccavo quando li raccoglievo
da terra dopo che mio padre li aveva
letti.(incredibile quanto mio marito
assomigli a mio padre:anche lui, li butta
per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono
sicura di non averne mai aperto uno fino
ad un certo giorno.cioè quando sono
andata a sbattere con la mia bicicletta
108
addosso ad una Topolino (in realtà gli ho
sfiorato un parafango).La reazione del
"guidante" è terribile e immediata e
assolutamente fuori posto/"Ecco chi
rovina
l'Italia!""No,
guardi
io..""Silenzio!Voi
giovani
che
delegate.Delegate e non leggete i
giornali!".Allibita, senza parole.E' da quel
giorno che dei giornali leggo tutto..dalle
inserzioni agli annunci mortuari.Grazie
isterico signore della topolino.Grazie.
Forse ora posso correre all'inizio della mia
vita.
1932_ "E' ora che Franca incominci a
recitare."è mia madre che parla. La prima
parte che ho imparato a memoria, me l'ha
insegnata lei, "bocca a bocca", così si
diceva a casa mia, mot- a mot, parola per
parola. Non sapevo leggere .Avevo tre
anni.. Aveva deciso (era sempre lei che
prendeva le decisioni importanti in
famiglia) che avrei fatto un angiolino di
supporto all'angelo vero, che veniva
recitato da mia sorella Pia in "la passione
del
Signore"atto V, orto dei
109
Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che
per trenta monete d'argento hai venduto il
tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo
gridare di quando in quando. La parte non
era lunga.. non ci devo aver messo molto
ad impararla. "Ripeti!"e ancora e
ancora."ripeti" diceva la mia mamma
paziente mentre pelava le patate per il
minestrone."Ripeti!"Mia madre per i suoi
figli era ambiziosissima .Per l'occasione
mi aveva cucito un bellissimo abito bianco
da angelo, con due grandi ali bianche e
oro appoggiate sulle spalle. seppur
credente non andava mai in chiesa ma
aveva uno zio prete.Lei, lo sapeva
benissimo che gli angeli erano vestiti così!
Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi
mise in testa una coroncina di lampadine
.E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che
bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia
mamma faceva andare la coda.Non avevo
fatto nessuna prova.Sapevo solo che ad un
certo punto avrei dovuto seguire mia
sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un
segnale della mia mamma sistemata in
110
quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda
"e quel che segue.Il guaio, l'imprevisto
che più imprevisto di così non si poteva
immaginare fu che il personaggio di
Giuda era interpretato
da mio zio
Tommaso, un uomo che avevo sempre
visto calmo,
sorridente,
che mi
raccontava storie bellissime, mi regalava
un sacco di divertimenti, al quale volevo
molto bene e vedermelo lì, proprio vicino
vicino, con una parruccaccia nera in
testa..gli occhi che lanciavano saette tra
un tuonar e lampeggiar minaccioso , che
disperato gridava:"possano i corvi
divorarmi le budella
, le
aquile
strapparmi gli occhi !" e altri animali che
non ricordo "mi divorino un pezzetto alla
volta ad incominciare dalla lingua" , mi
fece un terribile effetto.Mamma mia che
spavento! Cosa stava capitando?!Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma
quello che mi buttò completamente fuori,
fu il vedere mia sorella , solitamente
rispettosa ed educata, che per nulla
intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i
111
colori!Una sfuriata in piena regola e che
trascinavano il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera."Ma cosa
sta capitando?Perchè lo zio Tommaso fa
così?" Il groppo che mi sentivo in gola
stava per scoppiare;Mia madre dalla
quinta mi faceva gesti più che
perentori.Giuro che avrei potuto parlare,
ma non me la sentivo proprio di rincarare
la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non
dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli
sia capitato.Forse è impazzito." Anzi.A
piccoli passi, camminando come pensavo
camminassero
gli
angeli,
seppur
spaventatina, gli sono andata vicino, lui
era in ginocchio e gridava più che mai.Dio
che paura!Senza dire una parola mi sono
arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato,
tempestandogli la faccia di baci.Insomma
cercavo con i mezzi che avevo a
disposizione, di calmarlo e piangevo nel
silenzio che era calato in palcoscenico.Pia
s'è
ammutolita. In quinta mia madre faceva
segnali che non prospettavano niente di
112
buono..Lo zio-Giuda si blocca per non più
di tre secondi, lo giuro.e poi con voce
profonda (intanto con la mano mi
solleticava la mia e con gli occhi mi
rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei
grande!A
QUEST'ORRENDO
PECCATORE
MANDI
IL
CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi
la mano..No, no, non me lo merito!-e , dal
momento che lo spettacolo doveva pur
terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve
usare un po' di forza per liberarsi da me
che proprio non ne voglio sapere di
lasciarlo andare.Grida:"L'albero
più
alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami
andare angiolino..Lasciami.." e con un
urlo agghiacciante esce di scena.Mia
sorella(l'unica volta nella sua vita ,
credo)non sapendo più che fare,
camminando anche lei sulle punte,
immediatamente
lo
segue.Grande
applauso.Tutti mi chiamano in quinta con
grandi cenni.Non so se la paura d'essere
sgridata o il "senso del dovere" che
maledizione da che sono nata è lì, a
113
spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto
si è che dopo un attimo di silenzio con
voce chiara e mesta quel tanto che serve
dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda
traditore che per trenta monete d'argento
ha venduto il suo Signore..Non s'è
pentito!" e via che esco..Ce l'avevo
fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi,
"la passione del Signore" ha sempre avuto
due
angiolini, con il più piccolo che abbraccia
Giuda a mostrare la grandezza di Dio.E
tutti giù a piangere.
A 5 anni:"gli spazzacamini della valle
d'Aosta.Com'è che succedeva? Come
arrivavo la prima volta in scena con un
personaggio che non avevo mai
interpretato prima? Non me lo ricordo, ma
so con certezza di non aver mai provato
prima di un nuovo spettacolo.La parte
come sempre fino a che ho
4 imparato a leggere, me la insegnava la
mia
mamma,
la
imparavo
velocissimamente , era come se la sapessi
già.Anzi, la sapevo già.Quante volte mi
114
ero addormentata nella cassa dei costumi,
o nella bara di Giulietta quella del Romeo,
o in qualsiasi altro posto che mi
permettesse di addormentarmi, mentre i
miei recitavano una sera dopo l'altra?"Gli
spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il
protagonista, figlio di una povera ma
bella incintata e poi abbandonata dal
figlio del conte..vengo, a causa della
miseria in cui nascono quasi sempre
quelle
incintate
dai
"contini",
NONOSTANTE LA TENERA età
affidato ad un "mercante di carne
umana"!, un delinquente che specula sui
bambini che gli vengono
affidati,
mandandoli spesso a morire nel tentativo
di pulire, in quanto smilzi e denutriti
(quanto piangeva la gente!) la cappa di un
camino.E' quando, la mia mamma che per
fortuna era venuta a trovarmi a Torino col
mio nonno sennò chissà come avrebbe
mai fatto a tornarsene a casa, crede che il
suo Gino sia morto nella cappa del
camino "Oh che tremendo dolore!" e via
che Impazzisce. La ragazza in questione
115
era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che
quel giorno lì in quanto ammalato, era
stato sostituito nel lavoro da un
compagno, certo Carletto, che muore al
suo posto. (Mai essere generosi!) Questa è
per Gino una giornata davvero fortunata.Il
vecchio conte è schiattato nel frattempo,
ed il contino, vale a dire il suo papà,
decide in quanto sempre innamorato della
mia mamma, di riparare al malfatto e di
sposarla.Ci sono un po' di problemi per far
rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma
alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime e
singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica
finale per non mandare a casa la gente con
il magone.
Il nostro era un teatro realmente e
totalmente "all'improvviso" che si basava
su trame semplici e stringate, TEATRO
POPOLARE appunto, nella tradizione
della COMMEDIA DELL'ARTE ,
completamente opposto al teatro letterario
e naturalista messo in scena dalle grandi e
illustri compagnie che agivano nelle
grandi città e imitato in tutto il suo
116
negativo dalle piccole compagnie , come
la nostra , che agiva no in provincia.Il
nostro successo stava tutto in questa
differenza.Il
nostro
repertorio
era
vastissimo: dalle più famose tragedie di
Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi,
alle commedie di autori moderni a quei
tempi (Niccodemi, Giacosa, Rosso di
San Secondo, alle comiche finali. Il tutto
senza aver mai studiato una parte a
memoria su di un copione. Non esistevano
copioni di testi teatrali veri e propri, ma
una specie di canovacci e per molti testi
non esisteva nemmeno il canovaccio. Ce li
avevamo nella testa da sempre. Eravamo
bravi?Non lo so.So solo che i teatri eran(
sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni,
si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei
morti, a novembre.O se c'era il funerale di
un defunto importante del paese:il
prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il
farmacista.E quando in un paese avevamo
fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6
sere la Giulietta, 6 la passione, "il povero
fornaretto di Venezia e non mi ricordo più
117
quali
altri
drammoni
avessero
successo)mio padre o mio zio, si
leggevano un romanzo, ci riunivano e ce
lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo
e tu questo., .e via che il giorno dopo si
andava in scena. Sulle quinte laterali, in
bella calligrafia, la scaletta dei punti
chiave, il susseguirsi degli avvenimenti.
"L'assassino del corriere di Lione"
.Scena PRIMA:
la ragazza s'incontra col padre, che non
aveva mai conosciuto , partito povero ,
tanti anni addietro, torna ricco, riempie la
ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire
nulla per lui, anzi solo repulsione.
Manifestare
freddezza
e
imbarazzo.Ricordarsi che la madre è
morta.
Scena seconda:un uomo(lo stesso attore
che interpreta il personaggio del padre)
languisce in una cella, è un innocente
caduto in un errore giudiziario
terribile.Accenni all'assassinio di un
corriere a Lione.Accenni alla moglie
morta e alla piccola bimba lasciate al
118
paese.Saranno ancora vive?
Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono
premiato con la libertà e l'onore restituito
mentre il cattivo (fratello gemello del
buono), smascherato da una collana rubata
al corriere di Lione, sarà punito con la
forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della
madre morta.
Comica finale.Non c'è personaggio nel
repertorio della mia famiglia che a
secondo
dell'età
non
abbia
interpretato.Neonati(8 giorni in braccio
alla mia mamma-in la Genoveffa di
Brabante), bambini o bambine, ragazzini
signorine, giovanotti, suore, cortigiane,
prostitute.Una volta ho fatto persino, il
cuciniere Dracco. La storia nel ricordo, mi
fa ancora ridere.Ero cresciuta e la
Genoveffa(che dio la maledica, quanto ho
odiato sta noiosa!) ora la facevo
io.Giovane e bella moglie del re alla
guerra, sola nella raggia viene insidiata da
Golo, un primo ministro della situazione,
che lei respinge furente e offesa. La donna
giovane donna decide di inviare una
119
missiva al marito tramite il cuciniero
Dracco:l'unico che a corte le sia rimasto
fedele. per avvertirlo del tradimento del
suo braccio destro."Torna o mio dolce
sposo, torna! che quel maialone del Golo
vuole fare con me, proprio quella cosa là!"
Golo che è sempre lì a origliare , scopre
tutto e zak!, pugnala il poveraccio e
manda a dire al re che Genoveffa è
incinta del cuciniero."Ti ha tradito o mio
re, che vergogna con un cuciniero!"Il re ci
casca, fuori dalla grazia di dio "un
cuciniero no!"ordina il taglio della testa
della la fedifraga e anche del bambino
nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE
POI TUTTO , COME SEMPRE,
FINISCE IN GLORIA ) Arriviamo sulla
piazza e ci rendiamo conto che ci manca
l'attore che avrebbe dovuto interpretare il
ruoli del cuciniero .D'accordo, sono due
parole che si possono anche tagliare, ma
fisicamente deve essere in scena.Ci
ragioniamo sopra un attimo per vedere
come risolvere. Bene.Ci siamo.Facciamo
così.Al momento cruciale, vado alla
120
quinta di destra.Il perfido Golo mi spia
dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando
fuori scena con il cuciniere che non c'è,
fingo di consegnargli il messaggio e poi,
affranta, esco. Velocissimi mi mettono
sulle spalle un mantellaccio con capuccio,
che mi copre dalla testa ai piedi.Rientro in
scena con la missiva bene in evidenza in
mano, faccio qualche passo come se ora io
parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su
di me"muori, spione di un cuciniero!E via
che mi pugnala.Cado morta.Golo mi
trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla
parte opposta da cui sono entrata. Mi
tolgono il mantello, mi raddrizzo la
parrucca bionda dalle lunghe trecce,
corro velocissima dall'altra parte.Rientro
in scena e vedo Golo che pulisce il
pugnale assassino nel mantellaccio che
indossavo fino ad un secondo fa."L'avete
ucciso!Assassino!!"Ansimo un pò, per via
della corsa, ma sono perfettamente in
parte e nessuno s'è accorto di niente.Noi
eravamo in grado di andare in scena senza
prova alcuna, con un testo nuovo allestito
121
di sana pianta.Arrivavamo ad esempio in
una piazza nel giorno in cui in paese si
festeggiava la santa patrona, ebbene,
debuttavamo con la storia di quella santa
sulla quale mio padre e mio zio avevano
giorni prima letto e ascoltato dalla gente,
vita morte e miracoli.Avevano riunito la
compagnia, raccontato a sommi capi
l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi
adatti non c'erano si rimediavano, e via
che si debuttava.Senza prove.Se si
confronta con i 90 o addirittura i 180
giorni di prova delle compagnie di
oggi..Ma certo che allora, sovvenzioni
ministeriali o regionali o provinciali o
comunali,
non ce ne erano, quindi
giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare
eccome.
L'unico posto, luogo dove io mi senta a
mio agio è il palcoscenico.No, non per
via:ama
la
polvere
del
palcoscenico.No.Sono
allergica
alla
polvere, alle banalità, alla rettorica.Sto
bene in palcoscenico perchè è casa mia.In
qualsiasi città mi trovi, quando sono in
122
teatro sono a casa.Entrando nella hall di
un teatro, non m'è mai capitato di dovere
chiedere"scusi,
dov'è
il
palcoscenico?"Conosco automaticamente
la strada, dove sono i camerini, il
gabinetto."Ma ci sei già stata qui?""No, è
la prima volta""Non ti credo""Sì, forse ci
sono già stata".Sto bene nei camerini,
anche se squallidi.No, non li addobbo con
sete
colorate.L'ho
fatto
qualche
volta..senza accorgermi andavo dietro
all'onda, voglio dire alle usanze degli
attori..ma erano 100 anni fa.Poi ho
scoperto che non mi ci trovavo con
QUEGLI addobbi intorno, non sentivo il
bisogno di ricostruirmi il "salotto"di casa
mia, anche se il camerino era un cesso.E
DIO sa quanti camerini "cesso" trovano
gli attori nei teatri e nei cinema di casa
nostra.L'unica cosa alla quale non
rinuncio è la luce."Lino!!(è il tecnico delle
luci) La luce"Lino arriva e mi piazza certi
5OO da accecare.Io ci sto bene. La luce e
il mio baule, ora i miei bauli..Mi
piacciono i miei bauli.E' un classico baule
123
armadio d'attori, verde fuori a fiorellini
l'interno.Ci sono i cassetti e nei cassetti di
tutto:golf, libri, fogli, macchina da
scrivere-computer, pennarelli, lettere e
cianferi d'ogni genere.Il primo baule della
mia vita l'ho comperato a rate nel 51, non
appena
arrivava
in
compagnia
primaria.Dentro non c'era quasi niente, ma
quel sacramento , che si apre all'impiedi
dividendosi in due e diventa un armadio,
con cassetti e reparto per i cappotti, con
tanto di targhetta in metallo con il mio
nome, mi dava una gran sicurezza.Per la
verità era una sicurezza del tutto
speciale:la sicurezza di avere anch'io il
baule come tutti gli altri.Credo che quella
sia stata l'unica sicurezza di quegli anni e
per molti anni dopo.Credo anche di essere
la persona più insicura che io conosca.Il
mio baule, il suo contenuto, il camerino il
palcoscenico:sono a casa. Io non mi
considero un'attrice.Sono "anche "
un'attrice.In casa mia ho imparato tutto
quello che può servire per poter fare
questo lavoro:attrice, elettricista, fonico,
124
costumista, trovarobe, direttore di scena,
servo di scena, piazzare le
luci,
suggerire,
sarta, vendere i biglietti,
truccare, pettinare, ballare, cantare (sono
un po' troppo timida, seppur molto
intonata!Me l'ha detto 10 -14 Giovanna
Marini, e se lo dice lei..)la ricerca delle
piazza l'amministratore, fare un borderò,
(ora è però diventato difficilissimo)I miei
avevano addirittura una propria tipografia
dove si stampavano i manifestini,
insomma i volantini di adesso.Avevamo
centinaia di scene belissime, dipinte da un
pittore della Scala, Lualdi che veniva a
passare le sue vacanze da noi, ogni tanto,
le rinfrescavamo tutti insieme.Ogni giorno
cambiavamo piazza, (dico piazza per dire
"paese, non recitavamo in piazza ma in
locali chiusi, teatri, cinema, oratori, quindi
ogni giorno si dovevano montare scene e
luci.Anche i nostri costumi erano
belli.Figuriamoci!Mio padre, tramite
l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal
Teatro della Scala.E se per un nuovo testo
mancava qualche costume, ce lo facevamo
125
in quattro e quattrotto.Mia madre, maestra
diciottenne, figlia dell'ingegnere del
comune dove risiedeva(Bobbio) e di una
casalinga si era innamorata di questo
"girovago marionettista"che un giorno era
passato di lì, e con grande scandalo dalla
famiglia-(povera come l'acqua, ma di una
classe sociale superiore a quella di mio
padre)e del paese se l'era sposato.Mia
madre, era bellissima e quando dico
bellissima
voglio
proprio
dire"bellissima"senza artificio alcuno.
Nessuno di noi, quattro figli, pur
assomigliandole,
s'è
avvicinato
a
tanto;Bellissima, giovane, innamorata,
aiuta Domenico (il marito)e Tommaso
(fratello del marito e Stella, (sorella del
marito)in tutto quello che può .Cerca con
tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova
vita, tanto diversa da quella che aveva
condotto sino a quel giorno.Non sa
manovrare le marionette, ma si ingegna a
vestirle.Poi, più avanti, dirà qualche
battuta.Con l'avvento del cinema (1920)) i
due fratelli intuiscono che "il teatro delle
126
marionette" sarà presto messo in crisi,
subissato, da questo nuovo fantastico
mezzo di spettacolo. Decidono un
cambiamento radicale(con grande dolore
del nonno Pio, un amate di Garibaldi,
l'unico ritratto in nostro possesso lo
raffigura
vestito
e
somigliante
all'eroe!)"Entreremo in scena noi, al posto
delle marionette, reciteremo noi inostri
spettacoli"Così mio padre con la propria
famiglia aggiunta alla famiglia di mio zio
Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di
legno, vere e proprie sculture, tre delle
quali sono esposte al Museo del teatro
della Scala di Milano.E quando
inizieranno a recitare di" persona", a
portare loro stessi in palcoscenico i testi, i
personaggi
che avevano fino allora
interpretato muovendo e doppiando
pupazzi di legno, lei, la mia mamma ,
diventa
la
prima
attrice
della
compagnia.Un'attrice che di giorno tirava
su i figli, li faceva studiare, si occupava
della casa, e come una più che provetta
casalinga( a tutti gli effetti)teneva
127
l'amministrazione della compagnia come
fosse quella di un normale menage
familiare, si occupava dei costumi, aveva
imparato pure a cucire, e alla sera, via!, E
Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la
Fantina dei Miserabili, tutti ruoli che via
via, abbiamo interpretato anche noi figlie
e le cugine Ines e Lucia.Percorro così
l'apprendistato dei teatranti interpretando
via via che cresco, tutti i ruoli maschili e
femminili adatti alla mia età.Il vantaggio
della compagnia di mio padre rispetto alle
altre compagnie di giro, (così si
chiamavano le piccole compagnie di
provincia) è l'invenzione di impiegare tutti
i trucchi scenici del teatro magico delle
marionette,
nel
"teatro
di
persona"":montagne che si spaccano in
quattro a vista, palazzi che crollano, un
treno che appariva piccolissimo lassù
nella montagna e che man mano che
scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in
scena con il muso della locomotiva a
grandezza naturale.Mari in tempesta, nubi
che solcavano minacciose il cielo tra
128
lampi e tuoni, gente che volava.scene in
tulle in proscenio, che illuminate a dovere
ti facevano vedere come era il
paradiso.Insomma tutti gli espedienti
tecnici dell'antico teatro seicentesco dei
Bibbiena, che viveva ancora, dentro la
scenotecnica delle marionette.soltanto che
in quel teatro tutto era stato
miniaturizzato, si trattava adesso di
eseguire una operazione da Gulliver alla
rovescia:da minuto che era ingrandire
ogni oggetto, aggeggio, marchingegno
fino a renderlo identico alla realtà.In
questa nuova veste"il teatro di persona" la
compagnia di mio padre realizza un
successo insperato.Si lavora come sempre
a tempo pieno.Mio padre , il capo, con il
ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio
Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del
comico-brillante a secondo dei testi e di
drammaturgo-poeta
di
compagnia;le
mogli, i figli, gli attori scritturati;i
dilettanti gli amici componevano la nostra
compagnia.Giravamo cittadine, paesotti e
paesini del nord Italia su di una corriera
129
che chiamavamo "Balorda" a causa del
comportamento bizzarro che aveva, che
più che al suo cattivo carattere andava
attribuito agli anni. In certi paesi nei quali
ad una certa ora del giorno si passava, nei
turnichè particolarmente ripidi, c'erano
sempre dei ragazzi che ci aspettavano.Ci
spingevano fra tante risate, poi la sera ci
raggiungevano ed entravano a godersi lo
spettacolo gratis."Siamo quelli che
abbiamo spinto." "Passate".Mio padre,
amava la Balorda , e zingarone com'era,
gioiva tutto nel vedersela rilucente di
colori sgargianti. Mia madre, ogni volta
che lui le cambiava colore:"non
sposeremo mai le nostre figlie !" "Hai
ragione Milietta..domani le cambio
colore"E l'indomani quando "Emilietta" si
affacciava in cortile, ecco la Balorda
ridipinta:d'argento!"Non sposeremo mai le
nostre figlie!"Arriva la guerra, finisce la
guerra.Bombardamenti non ne avevamo
avuti.Qualche bomba sulla fabbrica di
aerei:la Macchi, lontana dal centro, alla
periferia di Varese, a Masnago.Ricordo a
130
proposito di questo paese, una sera che si
tornava a casa dopo lo spettacolo veniamo
fermati, sia noi che tutti quelli che
passavano per quella strada dopo di noi,
da un gruppo di fascisti e S.S.Ci hanno
fatto entrare in un cortile, (era quello dove
abitava uno dei nostri dilettanti,
chiamato"Luigino cassa da morto, perchè
suo padre le fabbricava) dove siamo stati
per ore bloccati.Solo all'alba ci hanno
lasciati andare.Non è stato per niente
drammatico.L'aria, nonostante i tedeschi
era di festa a causa della inconsuetudine
dell'avvenimento.Si sà, i giovani trovano
sempre la maniera di di superare le
tensioni. Sarebbe però, tanta allegria finita
in tragedia se quell'alba avesse portato la
notizia di una missione tedesca andata
male.Ci avrebbero fucilati tutti. l'abbiamo
saputo qualche giorno dopo.Per fortuna
l'abbiamo scampata.Altre volte, capitava
che ci fermassero dei partigiani.Non
dicevano "siamo partigiani" ma erano in
borghese con i mitra "Signor Rame, ci dà
un passaggio?" Li facevamo salire.Più
131
avanti capitava d'incontrare
picchetti
fascisti
che ci fermavano. Ci
conoscevano.Avevamo
un
permesso
speciale per il coprifuoco."Buona sera
signor
Rame,.Com'è
andata?"
"Benissimo!" "buona notte."Ce ne
andavamo;nonostante il
FINE
132
STAMPATO GENTE:
FRANCA, TORNIAMO INDIETRO DI
40 ANNI, RACCONTACI IL TUO
PRIMO INCONTRO CON DARIO.
457 Le nostre strade s'incontrano ad un
certo punto delle nostre vite, ma partono
da punti assai diversi.
Io nasco da una famiglia d'attori
girovaghi, ed ho debuttato ad otto giorni,
ne il figlio della "Genoveffa di Brabante",
in braccio alla mia mammma. Via via che
crescevo, ho interpretato tutti i ruoli
possibili ed immaginabili maschili e
femminili, finche, dopo i vent'anni ho
lasciato la mia famiglia per seguire mia
sorella Pia che abitava a Milano in quel
tempo ed era prima attrice giovane con
Renzo Ricci. Il mio desiderio era di
riuscire a mia volta entrare in una
compagnia primaria. Un gran salto! Dario
invece,
studiava architettura al
politecnico, e per passione raccontava
favole grottesche agli amici, racconta
oggi,
racconta domani,
s'è trovato
scritturato nella compagnia di rivista,
133
"Franco Parenti sorelle Nava". Nella
stessa compagnia c'ero io. Il capocomico
era di Carlo Mezzadri, l'allora marito di
mia sorella Pia, che per strada ha lasciato
il mestiere d'attrice per aprire una sartoria
teatrale. Oggi Pia è una affermatissima
creatrice ed esecutrice di costumi teatrali.
E' arrivata fino a Las Vega con le sue
creazioni. Ha fatto una figlia, ha scritto
un libro sulla nostra famiglia, gioca a
poker, ama il tennis seguendolo sul
teleschermo, la musica classica, legge
molto, è curiosa, dimostra un vent'anni in
meno di quelli che ha, ma quello che più
conta, è che è generosa, spiritosa,
caustica, insomma è il personaggio più
divertente,
poliedrico che io abbia
intorno. Ci vogliamo molto bene.
Abitiamo nella stessa casa, ci capita
anche di litigare a volte, ma ci siamo
l'una per l'altra, sempre.
E' lì che io e Dario ci siamo incontrati. Lui
s'innamora subito di "questa sventola
dolcissima", così mi chiamava. Si prende
un imbesuimento di terzo grado.
134
S'innamora subito, ma se lo tiene per se.
Anzi non mi guarda per niente e se mi
guarda non mi vede: come fossi
trasparente! Com'è?! Seni tondi, gambe
lunghe, capelli biondi eccetera eccetara...
piena di ragazzi che mi giravano intorno e
lui , 'sto spillungone anche bruttino, (ora
è bellissimo!) niente. Non faceva una
piega! Non mi guardi? Ti castigo! Una
sera, si provava lo spettacolo al cinema
Colosseo, l'ho preso per le mani, l'ho
messo contro il muro, e gli ho dato un
gran bacio, ma proprio un bacio bacio! E
mi sono scoperta innamorata pazza. Il "da
ridere" è che tutto è successo per
scommessa. Siamo andati avanti per due
anni tra baci e litigi.... classico degli
innamorati, fino al giorno che ci siamo
sposati: 24 giugno 1954 in Sant
Ambrogio! Dario, metterà una battuta,
per il fatto di essersi sposato in chiesa (lui,
quasi ateo-marxista) addirittura
nello
spettacolo "Gli arcangeli non giocano al
flipper" : "Sposato in chiesa per
accontentare madre di lei molto credente."
135
STAMPATO
SALTO
SALTO
FOTOCOPIARE PAGINE
siamo siatemati alla bellemeglio. Il
bambino ha pianto per quattro giorni di
fila. Per quanto spirito di adattamento
avessimo noi, non riuscivamo proprio a
comunicarlo a questo tipo appena nato che
non sapeva niente della vita. Comunque
faticavamo anche noi a cavarcela e per le
scomodità e per la mia totale inesperienza
"Piange? Avrà fame" Lo attaccavo al
seno, lui ciucciava un po' e poi di nuovo
"uhèèè uuuhèèèè!""Oddio,
forse è
ammalato!" Al quinto giorno decidiamo
di tornare in clinica e stabilirci lì. Il nostro
ritorno è stato festeggiato dal personale
con brindisi e abbracci. S'è scoperto subito
la causa degli uhè del bambino: io avevo
poco latte e lui aveva fame.
Dopo aver nutrito il fantolino, ci hanno
sistemati in una bellissima camera
vicinissima alla sala parto. Ci siamo
addormentati immediatamente tutti e tre
ed abbiamo dormito per almeno giorno
intiero, finalmente rilassati. Ci siamo
136
insriti molto bene in questa nostra insolita
vita, abitavamo lì e cercavamo casa.
Come vedevamo in carridoio davanti alla
porta della sala parto un padre in
angosciosa
attesa
Dario
subito
s'informava: "Sa è un parto cesareo!" E
Dario: "non si preoccupi, anche Franca ha
avuto un cesareo...Vero Franca?" e io "Sì,
sì... è una sciocchezza, vedrà" E quello si
calmava. E un altro: è messo di piedi"...
"Non si preoccupi, anche nostro figlio è
nato di piedi...e tutto è andato benissimo.
Vero Franca?" Solo quando un padre era
preoccupato perché la moglie stava
partorendo 2 gemelli siamo rimasti senza
parole. Tutti sapevano che avevamo un
figlio solo.
Ci siamo stati tre mesi in quella clinica.
Quanti padtri e quante madri abbiamo
rinfrancato. Qualcuno ci viene ancora a
trovare con i figlio nato proprio in quei
giorni. Che benissimo!
Finalmente abbiamo trovato una casa in
via Bruno Buozzi e ci siamo trasferiti.
Una casa piccola con un terrazzo enorme.
137
Nel palazzo vicino al nostro vivevano
Roberto Rossellini ed Ingrid Bergam al
tempo della loro "colpevole" passione.
Avevamo sempre amici fotografi che ci
scongiuravano di poter stare nel nostro
terrazzo per poter riprendere i due
importantissimi innamorati.
ed ero sempre la vamp del casta, la
padrona di un night, qualche volta sola,
qualche volta con un amante delinquente.
Indossavo grepier, calze nere o abiti
talmente stretti che spesso me li cucivano
lettaralmente addosso al mattino e me li
scucivano la sera. Non potevo fare la pipì,
non potevo sedermi ed in più mi sentivo
frustata dalla testa ai piedi.
Ho avuto in quegli anni, due grandi
occasioni cinematografiche. Michelangeli
Antognoni e Luchino Visconti. Per
"Cronaca di un amore" Antognoni aveva
scelto me. Io, allora, avevo un grande
complesso (complesso che in parte,
nonostante varie operazioni ho ancora
oggi): ero strabica - strabica, timida e
138
insicura. Nascondevo i miei occhi sotto a
degli occhialini lunghi, stretti e scuri. "Lo
so che sei strabica, ma per farti fare il
film, devo vedere i tuoi occhi. Su...
coraggio, togliti gli occhiali". Me lo ha
chiesto almeno tre volte, paziente e
gentile. Beh, non ce l'ho fatta e la parte la
interpretò Lucia Bosé.
Visconti si era intestardito su di me, per
un ruolo in "senso". Io stavo in tournée
con Dario a Trieste. Telefonate sopra
telefonate. E mi spiaceva lasciare la
compagnia, Dario e mi sentivo come
sempre insicura. "Sì, scendo, faccio il
provino poi magari mi dicono di no..." "No, ti prende a scatola chiusa gli
abbiamo portato tutte le bionde d'Italia,
non gliene va bene nessuna. Se vuoi ti
mandiamo il contratto." Niente non me la
sono sentita, qualcosa mi ha bloccato.
Il ruolo è andato a Marcella Mariani
bruna,
fragile,
ex miss Italia,
completamente diversa da me. Visconti
aveva cambiato tipo.
Il giorno della prima del film a Bruxelles,
139
Marcella Mariani è partita in aereo per
quella città. Se io avessi interpretato quel
personaggio quasi sicuramente sarei stata
al suo posto. L'aereo è precipitato. Tutti
morti. Ecco cosa mi aveva bloccato. Il
mio sesto senso mi aveva salvato la vita,
come è capitato altre volte.Da quel giorno,
se qualcosa mi salta nel lavoro od altro,
penso che così doveva essere, il negativo
diventa positivo "doveva andare così".
Nel '57 mi sembra vengo scritturata dal
Teatro Arlecchino a Roma,
per
interpretare un testo di Feydeau che
sembrava scritto per me: "Non andartene
in giro tutta nuda". Dario scrive per i
fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto
nulla, un atto unico "Gli imbianchini non
hanno ricordi" Ci prende gusto e ne scrive
altri. A quel punto gli propongo di
ritornare a Milano e farci una compagnia
nostra.
Interpelliamo Paolo Grassi allora direttore
del Piccolo
Dopo
la
clamorosa
rottura
per
140
Canzonissima, la TV ci era proibita, ma
c'era sempre il teatro. Nel '63 ci fu il
nostro spettacolo su Colombo "Isabella,
tre caravelle e un cacciaballe",
che
quest'anno verrà presentato per le
Colombiadi, in spagnolo a Valencia, con
la regia di Arturo Corso e anche trasmesso
dalla II rete in ottobre. L'anno dopo
"Settimo ruba un po' meno" e via via,
ogni anno uno spettacolo nuovo, di
successo, fino al '68, alla decisione,
presa con Dario di lasciare il teatro
tradizionale e di mettere a disposizione il
nostro lavoro per sollecitare una presa di
coscienza.
La simpatia per la classe operaia non
bastava più. La lezione ci veniva
direttamente dalle straordinarie lotte
operaie, dal nuovo impulso che tutti i
giovani stavano dando nelle scuole alla
lotta contro l'autoritarismo, l'ingiustizia
sociale, le spinte per un nuovo rapporto
con le classi sfruttate, per creare una
nuova cultura. Dovevamo smettere di fare
gli intellettuali che,
comodamente
141
sistemati dentro e sopra i propri privilegi
di casta, si degnano, bontà loro, di
trattare anche i problemi degli sfruttati.
Dovevamo
deciderci
a
metterci
interamente al loro servizio: diventare i
giullari degli sfruttati? Questo voleva dire
andare a recitare in strutture che fossero
gestite da loro, dalla classe operaia. Ecco
perché subito pensammo alle case del
popolo.
Facemmo teatro nelle case del popolo,
nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una
capanna di via Colletta a Milano, alla
famosa palazzina Liberty,
sempre a
Milano,
che
ristrutturammo
completamente e che poi ci fu tolta.Nel
'73 ci fu anche un episodio terribile nella
sua vita. Vuole parlarne?
Non ne parlo volentieri. Sono passati
quasi 20 anni, ma mi basta un niente per
ritrovarmici dentro di colpo. Nessuna
donna che abbia subito violenza sessuale,
potrà mai staccarsi completamente da quel
momento orribile.
142
Sono stata caricata su di un furgoncino da
tre individui e poi scaricata stravolta e
sanguinante vicino alla metropolitana di
via Dante. Non ho detto a nessuno quello
che mi era realmente accaduto. Nemmeno
a mio marito. L'umiliazione della violenza
sessuale, lo sfregio, era sopratutto per lui
e per mio figlio. No, me ne sono stata
zitta: più dignitose "le botte". Mi sono
tenuta tutto dentro, ma ho sbagliato. Il
non averne parlato con nessuno ,
l'essermi tenuta tutto dentro (anche se tutti
avevano intuito quello che realmente mi
era successo) mi teneva in una continua
tensione. Un caro amico, il professor
MACACCARO, che mi era stato molto
vicino con gli avvocati in quei giorni così
pesanti, mi ha consigliato un' analista
donna, ma io non me la sono senita. Dopo
tre anni ho deciso di scrivere quanto mi
era successo... Senza una parola ho
passato i fogli a Dario. Li ha letti. Senza
una parola mi ha abbracciato. Finalmente
ce l'avevo fatta! Un nodo, il primo, si era
sciolto. Poi, in appoggio alla campagna
143
che si stava facendo in quegli anni per
l'approvazione di una legge contro la
violenza sessuale, ho deciso di portare
quanto avevo scritto in teatro. Andai di
colpo in scena, senza provarlo (non
riuscivo) e senza che nessuno della
compagnia lo sapesse. Solo Dario ed io ne
eravamo al corrente. All'ultimo momento,
invece di recitare "il risveglio" annunciai
un brano nuovo." Ho trovato questa
testimonianza su di un giornale e ve la
recito" Da quella sera ho replicato "lo
stupro" (questo è il titolo del brano)
almeno duemila volte. E via, anche il
secondo nodo si stava sciogliendo. Mio
figlio dice: "sei andata in analisi davanti a
migliaia di persone." Poi l'ho recitato
anche in Fantastico, quello di Celentano.
E' andata così. Gli atti di violenza sessuale
contro ragazze erano all'ordine del giorno.
Processi, stupri, violenze fisiche e
morali contro le donne. Sono sempre più
impegnata in questo campo. Propongo il
brano a Celentano. Accetta. Ci sono
resistenze da parte della prima rete, ma
144
lui ha un contratto di ferro. e alle 20, 30
finalmente mi comunicano che prenderò
parte alla trasmissione.. La voce è
circolata in sala stampa. Due giornaliste
vengono in delegazione e mi chiedono una
conferenza stampa dopo la trasmissione.
Va bene. Eseguo il brano, precisando
come sempre che è una testimonianza di
una donna che ho trovato su di un
giornale. Sono molto tesa. I fotografi non
stanno fermi un attimo. Per riuscire ad
arrivare alla fine mi devo concentrare
completamente. Ci sono dentro in pieno.
Soffro come allora. Rabbia, umiliazione,
terrore. Un brutto momento. Alla
conferenza stampa qualcuno accenna al
fatto che quella storia era la mia.( a suo
tempo ci fu gran chiasso e solidarietà sui
giornali) Ho negato molto decisa ma
egualmente qualcuno privo di sentimenti e
di rispetto me l'ha attribuita sui giornali
del giorno dopo. Per me è stato duro. Fin
che la gente non sapeva, diciamo, magari
qualcuno lo intuiva ma con me non ne
parlavano,
io
potevo
portare
145
quell'esperienza in teatro, ma da quando
si è saputo ho deciso di non farlo più.
Non avrei potuto, a parte che sarebbe
stato anche di cattivo gusto.
in fondo a questo testo c'è un pezzetto
l'inizio che ho estrapolato a DONNE
146
STAMPATO NOTE PER BIOGRAFIA
-1Turbata, con una gran voglia di piangere.
Corro indietro velocemente lungo la mia
vita: rabbia, paura angoscia, commozione
meraviviglia, furore, amore, solitudine,
felicita piccole e grandi, inaspetate,
inaudite, cosiì i dolori, ma in questa
gamma di sentimenti, sensazione, quello
che sto provando ora, non c'e. Rossella
(tra le moltissime donne incontrate ' e
un'amica che non ho perso per strada)
m'ha regalato un libro"Le lettere del mio
nome"di Grazia LIVI, "é imporTANTE ,
leggilo".Il titolo cosi ermetico non mi
sollecita. Leggo in contro-copertina la
presentazione
dell'editore:Il
tema
appasionato di questo romanzo-saggio é il
divenire della donna. Mi blocco. Oddio,
ci risiamo.La solita "menata" femminista
socialsocoplogopolitica,
scritta dalla
solita intellettuale per altre intellettuali,
quasi tutte saccenti, asibento con
sfoogio"cultura", usanti un linguaggio da
casta per "quella" casta , senza la minima
147
preoccupazione di 2 2 essere capite da chi
aveva (sto parlandodegli anni 70 in cui la
donna cercava di crescere e di
"liberArsi")la necessità urgente di capire,
protese a correre una più dell'altra per
essere lì, pronte a brancarsi" il primo
posto, dirigere, liderscippare un po'
arroganti o troppo accondiscendenti, che
gridavano "siamo sorelle" e in nome della
sorellanza alla prima occasione ti
fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e
conosciuto molte donne troppo simili
all'uono nel loro modo di essere,
insomma, tutto quello che ho sempre
rifiutato.Parto a leggere indifferente e
diffidente.Qualche pagina e poi smetto, mi
dico. E invece no, qualche pagina e ci
sono dentro. Ma questa chi é? La
conosco? Non lo so. Conosco tanta gente,
ma i nomi non me li ricordo, di molti non
li nemmeno saputi.M'ha tirato dentro la
chiarezza ne facile ne semplecistica
concui ti racconta la vita, le scelte, le
fatiche la crescita di un personaggio
donna, come te lo ripropone tutto, secca e
148
piena, leggera, meticolosa delicata, mai
invadente, umile, poetica quel tanto che
non disturba, è una magnifica scrittura,
priva di elucubrazioni intellettualistiche,
priva di fronzoli, con una gran sintesi.Di
ogni donna di cui parla, ti presenta le piu
remote sensaziuioni, ogni personaggio é
da lei scandagfliato nel profondo, c'e tutto
quello che hanno detto gli altri e quello
che no hanno scritto, i sentimenti, i dolori,
le insicurezze, le certesze e molto altro
che ora non mi riesce di esprilere. Poche
pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De
Beauvoir.NON
Mì
é
mai
stata
completamente simpatica.A volte m'é
capitato di giudicare qualche sua scelta
egoista.Il suo evidente essere una
intellettuale aristocrarica m'e l'ha sempre
allontanata.In casa di Sartre a Parigi, dopo
un girar di chiavi nella toppa ce la siamo
trovata davanti:borsa della spesa in mano,
fazzolette in testa .Ha lanciato un"pas
fumée" a Sartre e si é ritirata in
cucina.Dario ed io ci siamo guardati
interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come
149
un bambino scoperto a rubare la
marmellata, ha spento la sigaretta o il
sigaro, non ricordo, "Simon..", ha
mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io
ci sono rimasta un po' male.forse credevo
che il fatto di essere una donna mi desse il
diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del
ragionato-Livi é una donna che capisco e
ammiro di più.Altre biografie di donne.
Leggere, conoscere, approfondire, passare
il tempo con loro, con la loro forza, la loro
caparbietà
persistenza,
lucidita,
intelligenza, sapere, donne che sono
riuscite ad emergere dallo sterminato
femminile sommerso, in un modo al
maschile, mi costringe ad interrompere la
lettura e a ragionarmi addoso.Il mio
"dentro"s'é messo in movimento e non
riesco a bloccarlo.Mi sento come se
queste signore abbiano espresso, pensieri
miei, situazioni mie;
insicurezze,
certezze, domande, scelte mie. Mi sento
"loro", e allo steso tempo le sento
discoste da me, lontano, in alto,
irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a
150
disagio, turbata, sconbussolata. Di colpo
mi sento come se non
avessi mai
pensato.Non ho visto, non ho notato, non
ho desiderato.Mi sento addoso il peso di
non essermi mai sentita in lizza con
nessuno, non perché mancasse la gara,
figuriamoci!, ma perché ero certa di non
avererne i numeri, le capacità per poter
participare. Mi sembra di essere passata
tra le cose senza emozione.Sono certa di
non aver mai voluto con forza, qualcosa
per me .Gia arresa, prima di essere
vinta.Mi sento come se in questa mia
frenetica vita non avessi vissuto.Mi sento
inutile, banale, vuota come un libro
rilegato con nelle pagine bianche solo il
numero in calce.I giorni della mia vita
:22.630 , sessantadue anni. Quanti!
Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto
mi hai scombussolata, cara Grazia
Livi.Possibilie? E' così.Sento l'esigenza di
esprimermi,
di
puntualizzarmi,
di
cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando
me stessa?..Il mio io?..Ci ho tanto
ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma
151
ora qualcosa di concreto mi urge.Devo
fissare qualche punto.
Me ne sto a guardare fuori dalla finestra
con il cervello completamente vuoto,
come se per tutti questi anni, e sono tanti,
non avessi
vissuto, lavorato incontrato
gente, parlato, riso, fatto all'amore,
pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la
testa pressata da pensieri confusi, suoni,
rumori, parole, facce, e fra tanto disordine
non riesco a trovare la parola giusta, il
ricordo giusto che mi dia modo di iniziare
con un minimo di coerenza.Forse potrei
partire dalla prima grande emozione che
ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita;
sono arrivati i "liberatori".Li avevamo
visti sui camions il pomeriggio, intorno
per la città.Erano arrivati anche nella mia
strada. Ci buttavano cioccolato e
sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi
buttata con gli altri per tentare di
raccogliere qualcosa.La sera, nel cortile di
casa mia, gran festa.Un giradischi, e
ballare e ridere. Poi guardo su, verso la
152
finestra buia del primo piano, casa mia.
Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì,
ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri,
il suo tormento:mio fratello deportato in
campo di concentramento in Germania,
non dà notizie da oltre due anni.In un
attimo le sono vicina vergognandomi della
mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due
mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta
su di un gradino della scala di casa nostra
, perché le gambe non la reggono.Si
stringe addosso il figlio, pallido, magro,
impolverato che si é fatto centinaia di
chilometri a piedi.Quel gridare intenso che
esprimeva gioia, l'ho sentito identico
molto anni dopo(1973) in circostanza ben
divera , per dolore e drammaticità.Ancora
seduta, su di una ssedia ora, con la testa
buttata all' indietro, grida senza controllo,
come allora, dopo che ha indovinato più
dalla mia faccia che dalle mie reticenti
parole che mia sorella Lina era morta.
Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo
( che non ho terminato) di Varese, con i
fascisti che entrano in classe, in silenzio
153
ci guardano a una a una. Poi mi chiamano,
dicono proprio il mio nome, e mi portano
nello studio del preside. Non so di che
colore fosse la mia faccia, ma ma avevo
paure che tutti potessero sentire il battito
del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a
"Villa triste.."Villa triste era una villetta
all'inizio della strada che portava alla mia
scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano ,
venivano interrogati e torturati i partigiani.
Ma io, non sapevo niente, non c'entravo
niente con loro, non avevo fatto
niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai
tranquilla"Poi di colpo, alla prima
domanda ho capito tutto.E il cuore a
battere più forte."Forse muoio"."Conosci
Enrico
Mazzucchetti?
"Si",
"Dov'é?""Non lo so".Enrico, detto Bubi,
era il mio amore dei quindici anni: il
primo."non lo vedo da un po'", sapevo che
era andato nei partigiani, ma qualche
giorno prima l'avevo visto, era venuto
sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio,
che
era
successo?"Allora?"Erano
minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo
154
lasciati da un sacco di tempo."Lì, nello
studio del preside mi hanno frugato in
tasca . La mia aria innocente li aveva
convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non
ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe
con la testa staccata dal corpo e le mani
sudate."Sei una incosciente, sei una
disgraziata.Se lo viene a sapere tuo padre
ti ammazza e fa bene.E con il cuore mi
accarezzavo il biglietto piegato in quattro
che avevo stracciato prima di passare
davanti a "villa triste", dopo essermelo
imparato a memoria la mattina andando a
scuola.Incoscienza, più che coscienza
politica.
I GIORNALI
Nei primi 18 anni della mia vita, non ho
mai letto un giornale.E questo che
c'entra?Nulla.Sto cercando di tirar fuori
fatti lontani, che disordinatamente
affiorano al mio cervello vuoto
Non ho mai letto i giornali.Lo dico con
meraviglia.Possibile?In casa mia c'erano,
la mia era una famiglia socialista quando
esserlo costava qualche cosa.Si pagava,
155
senza ricevere nulla in cambio:con quella
tessera in tasca allora carriera o posti di
comando, non ne ricevevi.I giornali
c'erano, li toccavo quando li raccoglievo
da terra dopo che mio padre li aveva
letti.(incredibile quanto mio marito
assomigli amio padre:anche lui, li butta
per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono
sicura di non averne mai aperto uno fino
ad un certo giorno.cioè quando sono
andata a sbattere con la mia bicicletta
addosso ad una Topolino (in realtà gli ho
sfiorato un parafango).La reazione del
"guidante" è terribile e immediata e
assolutamente fuori posto/"Ecco chi
rovina
l'Italia!""No,
guardi
io..""Silenzio!Voi
giovani
che
delegate.Delegate e non leggete i
giornali!".Allibita, senza parole.E' da qul
giorno che dei giornali leggo tutto..dalle
inserzioni agli annunci mortuari.Grazie
isterico signore della topolino.Grazie.
Forse ora posso correre all'inizio della mia
vita.
1932_ "E' ora che Franca incominci a
156
recitare."è mia madre che parla. La prima
parte che ho imparato a memoria, me l'ha
insegnata lei, "bocca a bocca", così si
diceva a casa mia, mot- a mot, parola per
parola. Non sapevo leggere .Avevo tre
anni.. Aveva deciso (era sempre lei che
prendeva le decisioni importanti in
famiglia) che avrei fatto un angiolino di
supporto all'angelo vero, che veniva
recitato da mia sorella Pia in "la passione
del
Signore"atto V, orto dei
Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che
per trenta monete d'argento hai venduto il
tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo
gridare di quando in quando. La parte non
era lunga.. non ci devo aver messo molto
ad impararla. "Ripeti!"e ancora e
ancora."ripeti" diceva la mia mamma
paziente mentre pelava le patate per il
minestrone."Ripeti!"Mia madre per i suoi
figli era ambiziosissima .Per l'occasione
mi aveva cucito un bellissimo abito bianco
da angelo, con due grandi ali bianche e
oro appoggiate sulle spalle. seppur
credente non andava mai in chiesa ma
157
aveva uno zio prete.Lei, lo sapeva
benissimo che gli angeli erano vestiti così!
Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi
mise in testa una coroncina di lampadine
.E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che
bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia
mamma faceva andare la coda.Non avevo
fatto nessuna prova.Sapevo solo che ad un
certo punto avrei dovuto seguire mia
sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un
segnale della mia mamma sistemata in
quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda
"e quel che segue.Il guaio, l'imprevisto
che più imprevisto di così non si poteva
immaginare fu che il personaggio di
Giuda era interpretato
da mio zio
Tommaso, un uomo che avevo sempre
visto calmo,
sorridente,
che mi
raccontava storie bellissime, mi regalava
un sacco di divertimenti, al quale volevo
molto bene e vedermelo lì, proprio vicino
vicino, con una parruccaccia nera in
testa..gli occhi che lanciavano saette tra
un tuonar e lampeggiar minaccioso , che
disperato gridava:"possano i corvi
158
divorarmi le budella
, le
aquile
strapparmi gli occhi !" e altri animali che
non ricordo "mi divorino un pezzetto alla
volta ad incominciare dalla lingua" , mi
fece un terribile effetto.Mamma mia che
spavento! Cosa stava capitando?!Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma
quello che mi buttò completamente fuori,
fu il vedere mia sorella , solitamente
rispettosa ed educata, che per nulla
intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i
colori!Una sfuriata in piena regola e che
trascinavano il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera."Ma cosa
13sta capitando?Perchè lo zio Tommaso
fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola
stava per scoppiare;Mia madre dalla
quinta mi faceva gesti più che
perentoi.Giuro che avrei potuto parlare,
ma non me la sentivo proprio di rincarare
la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non
dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli
sia capitato.Forse è impazzito." Anzi.A
piccoli passi, camminando come pensavo
camminassero
gli
angeli,
seppur
159
spaventatina, gli sono andata vicino, lui
era in ginocchio e gridava più che mai.Dio
che paura!Senza dire una parola mi sono
arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato,
tempestandogli la faccia di baci.Insomma
cercavo con i mezzi che avevo a
disposizione, di calmarlo e piangevo nel
silenzio che era calato in palcoscenico.Pia
s'è
ammutolita. In quinta mia madre faceva
segnali che non prespettavano niente di
buono..Lo zio-Giuda si blocca per non più
di tre secondi, lo giuro.e poi con voce
profonda (intanto con la mano mi
solleticava la mia e con gli occhi mi
rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei
grande!A
QUEST'ORRENDO
14
14PECCATORE
MANDI
IL
CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi
la mano..No, no, non me lo merito!-e , dal
momento che lo spettacolo doveva pur
terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve
usare un po' di forza per liberarsi da me
che proprio non ne voglio sapere di
lasciarlo andare.Grida:"L'albero
più
160
alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami
andare angiolino..Lasciami.." e con un
urlo agghiacciante esce di scena.Mia
sorella(l'unica volta nella sua vita ,
credo)non sapendo più che fare,
camminando anche lei sulle punte,
immediatamente
lo
segue.Grande
applauso.Tutti mi chiamano in quinta con
grandi cenni.Non so se la paura d'essere
sgridata o il "senso del dovere" che
maledizione da che sono nata è lì, a
spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto
si è che dopo un attimo di silenzio con
voce chiara e mesta quel tanto che serve
dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda
traditore che per trenta monete d'argento
ha venduto il suo Signore..Non s'è
pentito!" e via che esco..Ce l'avevo
fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi,
"la passione del Signore" ha sempre avuto
due
angiolini, con il più piccolo che abbraccia
Giuda a mostrare la grandezza di Dio.E
tutti giù a piangere.
A 5 anni:"gli spazzacamini della valle
161
d'Aosta.Com'è che succedeva? Come
arrivavo la prima volta in scena con un
personaggio che non avevo mai
interpretato prima? Non me lo ricordo, ma
so con certezza di non aver mai provato
prima di un nuovo spettacolo.La parte
come sempre fino a che ho
4 imparato a leggere, me la insegnava la
mia
mamma,
la
imparavo
velocissimamente , era come se la sapessi
già.Anzi, la sapevo già.Quante volte mi
ero addormentata nella cassa dei costumi,
o nella bara di Giulietta quella del Romeo,
o in qualsiasi altro posto che mi
permettesse di addormentarmi, mentre i
miei recitavano una sera dopo l'altra?"Gli
spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il
protagonista, figlio di una povera ma
bella incintata e poi abbandonata dal
figlio del conte..vengo, a causa della
miseria in cui nascono quasi sempre
quelle
incintate
dai
"contini",
NONOSTANTE LA TENERA ETà
affidato ad un "mercante di carne
umana"!, un delinquente che specula sui
162
bambini che gli vengono
affidati,
mandandoli spesso a morire nel tentativo
di pulire, in quanto smilzi e denutriti
(quanto piangeva la gente!) la cappa di un
camino.E' quando, la mia mamma che per
fortuna era venuta a trovarmi a Torino col
mio nonno sennò chissaà come avrebbe
mai fatto a tornarsene a casa, crede che il
suo Gino sia morto nella cappa del
camino "Oh che tremendo dolore!" e via
che Impazzisce. La ragazza in questione
era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che
quel giorno lì in quanto ammalato, era
stato sotituito nel lavoro da un compagno,
certo Carletto, che muore al suo posto.
(Mai essere generosi!) Questa è per Gino
una giornata davvero fortunata.Il vecchio
conte è schiattato nel frattempo, ed il
contino, vale a dire il suo papà, decide in
quanto sempre innamorato della mia
mamma, di riparare al malfatto e di
sposarla.Ci sono un po' di problemi per far
rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma
alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime e
singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica
163
finale per non mandare a casa la gente con
il magone.
Il nostro era un teatro realmente e
totalmente "all'improvviso" che si basava
su trame semplici e stringate, TEATRO
POPOLARE appunto, nella tradizione
della COMMEDIA DELL'ARTE ,
completamente opposto al teatro letterario
e naturalista messo in scena dalle grandi e
illustri compagnie che agivano nelle
grandi città e imitato in tutto il suo
negativo dalle piccole compagnie , come
la nostra , che agiva no in provincia.Il
nostro successo stava tutto in questa
differenzenza.Il nostro repertorio era
vastissimo: dalle più famose tragedie di
Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi,
alle commedie di autori moderni a quei
tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San
Secondo, alle comiche finali. Il tutto
senza aver mai studiato una parte a
memoria su di un copione. Non esistevano
copioni di testi teatrali veri e propri, ma
una specie di cannovacci e per molti testi
non esisteva nemmeno il cannovacccio.
164
Ce li avevamo nella testa da sempre.
Eravamo bravi?Non lo so.So solo che i
teatri eran( sempre pieni, che si lavorava
tutti i giorni, si riposava solo il venerdì
santo, e il 2 dei morti, a novembre.O se
c'era il funerale di un defunto importante
del paese:il prefetto, il sindaco, il dottore,
il prete il farmacista.E quando in un paese
avevamo fatto tutto il nostro repertorio,
(replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione,
"il povero fornaretto di venezia e non mi
ricordo più quali altri drammoni avessere
successo)mio padre o mio zio, si
leggevano un romanzo, ci riunivano e ce
lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo
e tu questo., .e via che il giorno dopo si
andava in scena. Sulle quinte laterali, in
bella calligrafia, la scaletta dei punti
chiave,
il
susseguirsi
degli
avvenimenti."L'assassino del corriere di
Lione"
.Scena
PRIMA:la
ragazza
s'incontra col padre, che non aveva mai
conosciuto , partito povero , tanti anni
addietro, torna ricco, riempie la ragazza di
doni, ma lei non riesce a sentire nulla per
165
lui, anzi solo repulsione.
Manifestare
freddezza
e
imbarazzo.Ricordarsi che la madre è
morta.
Scena seconda:un uomo(lo stesso attore
che interpreta il personaggio delpadre)
languisce in una cella, è un innocente
caduto in un errore giudiziario
terribile.Accenni all'assassinio di un
corriere a Lione.Acceni alla moglie morta
e alla piccola bimba lasciate al
paese.Saranno ancora vive? Solo nel V
atto tutto si risolverà:il buono premiato
con la libertà e l'onore restituito mentre il
cattivo (fratello gemello del buono),
smascherato da una collana rubata al
corriere di Lione, sarà punito con la
forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della
madre morta. Comica finale.Non c'è
pesonaggio nel repertorio della mia
famiglia che a secondo dell'età non abbia
interpretato.Neonati(8 giorni in braccio
alla mia mamma-in la Genoveffa di
Brabante),
STAMPATO �NOTE PER BIOGRAFIA
166
-1Turbata, con una gran voglia di piangere.
Corro indietro velocemente lungo la mia
vita:
rabbia,
paura,
angoscia,
commozione, meraviglia, furore, amore,
solitudine,
felicita piccole e grandi,
inaspettate, inaudite, così i dolori, ma in
questa gamma di sentimenti, sensazione,
quello che sto provando ora, non c'e.
Rossella (tra le moltissime donne
incontrate ' e un'amica che non ho perso
per strada) m'ha regalato un libro"Le
lettere del mio nome"di Grazia LIVI, "é
imporTANTE , leggilo". Il titolo cosi
ermetico non mi sollecita.
Leggo in
contro-copertina
la
presentazione
dell'editore:Il tema appasionato di questo
romanzo-saggio é il divenire della donna.
Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita
"menata"
femminista
socialsocioplogopolitica,
scritta dalla
solita intellettuale per altre intellettuali,
quasi tutte saccenti,
asibento con
sfogio"cultura", usanti un linguaggio da
casta per "quella" casta , senza la minima
167
preoccupazione di essere capite da chi
aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la
donna cercava di crescere e di
"liberArsi")la necessità urgente di capire,
protese a correre una più dell'altra per
essere lì, pronte a brancarsi" il primo
posto, dirigere, liderscippare un po'
arroganti o troppo accondiscendenti, che
gridavano "siamo sorelle" e in nome della
sorellanza alla prima occasione ti
fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e
conosciuto molte donne troppo simili
all'uomo nel loro modo di essere,
insomma, tutto quello che ho sempre
rifiutato. Parto a leggere indifferente e
diffidente. Qualche pagina e poi smetto,
mi dico. E invece no, qualche pagina e ci
sono dentro.
Ma questa chi é? La
conosco? Non lo so.
Conosco tanta
gente, ma i nomi non me li ricordo, di
molti non li nemmeno saputi. M'ha tirato
dentro la chiarezza ne facile ne
semplicistica con cui ti racconta la vita, le
scelte, le fatiche la crescita di un
personaggio donna, come te lo ripropone
168
tutto, secca e piena, leggera, meticolosa
delicata, mai invadente, umile, poetica
quel tanto che non disturba, è una
magnifica scrittura, priva di elucubrazioni
intellettualistiche, priva di fronzoli, con
una gran sintesi. Di ogni donna di cui
parla, ti presenta le più remote sensazioni,
ogni personaggio é da lei scandagliato nel
profondo, c'e tutto quello che hanno detto
gli altri e quello che no hanno scritto, i
sentimenti, i dolori, le insicurezze, le
certezze e molto altro che ora non mi
riesce di esprimere. Poche pagine te ne
dà l'essenza. Ecco Simone De Beauvoir.
NON mi é mai stata completamente
simpatica.
A volte m'é capitato di
giudicare qualche sua scelta egoista. Il
suo evidente essere una intellettuale
aristocrarica m'e l'ha sempre allontanata.
In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di
chiavi nella toppa ce la siamo trovata
davanti:borsa della spesa in mano,
fazzoletto in testa . Ha lanciato un"pas
fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.
Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e
169
questa chi é?" Sartre, come un bambino
scoperto a rubare la marmellata, ha
spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo,
"Simon. . ", ha mormorato. Ah, era lei!
Dario meno, ma io ci 4 4 sono rimasta un
po' male. forse credevo che il fatto di
essere una donna mi desse il diritto ad un
saluto. Ma ora, la Simon, del ragionatoLivi é una donna che capisco e ammiro di
più. Altre biografie di donne. Leggere,
conoscere,
approfondire,
passare il
tempo con loro, con la loro forza, la loro
caparbietà
persistenza,
lucidità,
intelligenza, sapere, donne che sono
riuscite ad emergere dallo sterminato
femminile sommerso, in un modo al
maschile, mi costringe ad interrompere la
lettura e a ragionarmi addosso. Il mio
"dentro"s'é messo in movimento e non
riesco a bloccarlo. Mi sento come se
queste signore abbiano espresso, pensieri
miei, situazioni mie;
insicurezze,
certezze, domande, scelte mie. Mi sento
"loro", e allo steso tempo le sento
discoste da me,
lontano,
in alto,
170
irraggiungibili. Sono confusa. Confusa, a
disagio, sconbussolata.
Di colpo mi
sento come se non avessi mai pensato.
Non ho visto, non ho notato, non ho
desiderato. Mi sento addosso il peso di
non essermi mai sentita in 5 lizza con
nessuno, non perché mancasse la gara,
figuriamoci!, ma perché ero certa di non
averne i numeri, le capacità per poter
partecipare. Mi sembra di essere passata
tra le cose senza emozione. Sono certa di
non aver mai voluto con forza, qualcosa
per me. Già arresa, prima di essere vinta.
Mi sento come se in questa mia frenetica
vita non avessi vissuto. Mi sento inutile,
banale, vuota come un libro rilegato con
nelle pagine bianche solo il numero in
calce. I giorni della mia vita: 22.630,
sessantadue anni. Quanti! Appresso,
nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai
scombussolata,
cara Grazia Livi.
Possibilie? E' così. Sento l'esigenza di
esprimermi,
di puntualizzarmi,
di
cercarmi. Oh mio dio,
cos'è,
'sto
cercando me stessa? Il mio io? Ci ho tanto
171
ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma
ora qualcosa di concreto mi urge. Devo
fissare qualche punto.
Me ne sto a guardare fuori dalla finestra
con il cervello completamente vuoto,
come se per tutti questi anni, e sono
davvero tanti,
non avessi vissuto,
lavorato, incontrato gente, parlato, riso,
fatto all'amore, pianto. Niente. Non mi
viene niente. Ho la testa pressata da
pensieri confusi, suoni, rumori, parole,
facce, e fra tanto disordine non riesco a
trovare la parola giusta, il ricordo giusto
che mi dia modo di iniziare con un
minimo di coerenza. Forse potrei partire
dalla prima grande emozione che ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita;
sono arrivati i "liberatori". Li avevamo
visti sui camions il pomeriggio, intorno
per la città. Erano arrivati anche nella mia
strada.
Ci buttavano cioccolato e
sigarette.
Arrossisco al pensiero di
essermi buttata con gli altri per tentare di
raccogliere qualcosa. La sera, nel cortile
di casa mia, gran festa. Un giradischi, e
172
ballare e ridere. Poi guardo su, verso la
finestra buia del primo piano, casa mia.
Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì,
ci sta guardando.
Conosco i suoi
pensieri, il suo tormento:mio fratello
deportato in campo di concentramento in
Germania, non dà notizie da oltre due
anni.
In un attimo le sono vicina
vergognandomi della mia allegria. Mi
strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo
lei che grida, grida seduta su di un gradino
della scala di casa nostra , perché le
gambe non la reggono. Si stringe addosso
il figlio, pallido, magro, impolverato che
si é fatto centinaia di chilometri a piedi.
Quel gridare intenso che esprimeva gioia,
l'ho sentito identico molto anni
dopo(1973) in circostanza ben diversa ,
per dolore e drammaticità. Ancora seduta,
su di una sedia ora, con la testa buttata all'
indietro, grida senza controllo, come
allora, dopo che ha indovinato più dalla
mia faccia che dalle mie reticenti parole
che mia sorella Lina era morta. Mi vedo a
15 anni ad un banco del Liceo ( che non
173
ho terminato) di Varese, con i fascisti che
entrano in classe, in silenzio ci guardano
a una a una. Poi mi chiamano, dicono
proprio il mio nome, e mi portano nello
studio del preside. Non so di che colore
fosse la mia faccia, ma ma avevo paure
che tutti potessero sentire il battito del mio
cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa 8
triste. . "Villa triste era una villetta
all'inizio della strada che portava alla mia
scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano ,
venivano interrogati e torturati i partigiani.
Ma io, non sapevo niente, non c'entravo
niente con loro, non avevo fatto niente.
"Stai tranquilla, mi dicevo,
stai
tranquilla"Poi di colpo, alla prima
domanda ho capito tutto. E il cuore a
battere più forte.
"Forse muoio".
"Conosci Enrico Mazzucchetti?
"Si",
"Dov'é?""Non lo so". Enrico, detto Bubi,
era il mio amore dei quindici anni: il
primo. "non lo vedo da un po'", sapevo
che era andato nei partigiani, ma qualche
giorno prima l'avevo visto, era venuto
sotto casa mia a darmi dei baci. Dio mio,
174
che
era
successo?"Allora?"Erano
minacciosi. "Non lo vedo più, ci siamo
lasciati da un sacco di tempo. "Lì, nello
studio del preside mi hanno frugato in
tasca . La mia aria innocente li aveva
convinti. Poi mi hanno lasciata andare.
Non ricordo altro. Mi sono ritrovata in
classe con la testa staccata dal corpo e le
mani sudate. "Sei una incosciente, sei una
disgraziata. Se lo viene a sapere tuo padre
ti ammazza e fa bene. E con il cuore mi
accarezzavo il biglietto piegato in quattro
che avevo stracciato prima di passare
davanti a "villa triste", dopo essermelo
imparato a memoria la mattina andando a
scuola. Incoscienza, più che coscienza
politica.
175
STAMPATO 3299, luogo dove io mi
senta a mio agio è il palcoscenico. No,
non per via: ama la polvere del
palcoscenico. No. Sono allergica alla
polvere, alle banalità, alla retorica. Sto
bene in palcoscenico perché è casa mia. In
qualsiasi città mi trovi, quando sono in
teatro sono a casa. Entrando nella hall di
un teatro non mi è mai capitato di dovere
chiedere "scusi, dov'è il palcoscenico?"
Conosco automaticamente la strada, dove
sono i camerini, il gabinetto. "Ma ci sei
già stata qui?" "No, è la prima volta" "Non
ti credo" "Si, forse ci sono già stata." Sto
bene nei camerini anche se squallidi. No,
non li addobbo con sete colorate. L'ho
fatto qualche volta... senza accorgermi
andavo dietro all'onda, voglio dire alle
usanze deghli attori... ma erano 100 anni
fa. Poi ho scoperto che non mi ci trovavo
con quegli addobbi intorno, non sentivo il
bisogno di ricostruirmi il "salotto" di casa
mia, anche se il camerino era un cesso. E
Dio sa che camerini trovano gli attori nei
teatri e nei cinema di casa nostra. L'unica
176
cosa alla quale non rinuncio è la luce.
"Lino!! (è il tecnico delle luci) La luce"
Lino arriva e mi piazza certi 500 da
accecare. Io ci sto bene. La luce e il mio
baule, ora i miei bauli. Mi piacciono i miei
bauli. E' un classico baule armadio
d'attori, verde fuori a fiorellini l'interno.
Ci sono i cassetti e nei cassetti di tutto:
golf, libri, fogli, macchina da scriverecomputer, pennarelli, lettere e cianferi
d'ogni genere. Il mio baule, il suo
contenuto, il camerino, il palcoscenico:
sono a casa. Io non mi considero
un'attrice. Sono "anche" un'attrice. In casa
mia ho imparato tutto quello che può
servire per poter fare questo lavoro:
attrice, elettricista, fonico, costumista,
trovarobe, direttore di scena, servo di
scena, piazzare le luci, suggerire, sarta,
vendere i biglietti, truccare, pettinare,
ballare, cantare, la ricerca delle piazze,
l'amministratore, fare un borderò, (ora è
però diventato difficilissimo). I miei
avevano addirittura una propria tipografia
dove si stampavano i manifestini,
177
insomma i volantini di adesso. Avevamo
centinaia di scene bellissime, dipinte da
un pittore della Scala, Lualdi che veniva a
passare le sue vacanze da noi, ogni tanto
le rinfrescavamo tutti insieme. Ogni
giorno cambiavamo piazza (dico piazza
per dire paese, non recitavamo in piazza
ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori,
quindi ogni giorno si dovevano montare
scene e luci. Anche i nostri costumi erano
belli. Figuriamoci! Mio padre, tramite
l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal
Teatro della Scala. Percorro così
l'apprendistato dei teatranti interpretando
via via che cresco, tutti i ruoli maschili e
femminili adatti alla mia età. Il vantaggio
della compagnia di mio padre rispetto alle
altre compagnie di giro, (così si
chiamavano le piccole compagnie di
provincia) è l'invenzione di impiegare tutti
i trucchi scenici del teatro magico delle
marionette, nel "teatro di persona":
montagne che si spaccano in quattro a
vista, palazzi che crollano, un treno che
appariva
piccolissimo
lassù
nella
178
montagna e che man mano che scendeva
s'ingrandiva fino ad entrare in scena con il
muso della locomotiva a grandezza
naturale. Mari in tempesta, nubi che
solcavano minacciose il cielo tra lampi e
tuoni, gente che volava, scene in tulle in
proscenio, che illuminate a dovere ti
facevano vedere come era il paradiso.
Insomma tutti gli espedienti tecnici
dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena,
che viveva ancora, dentro la scenotecnica
delle marionette, soltanto che in quel
teatro tutto era stato miniaturizzato, si
trattava adesso di eseguire un'operazione
da Gulliver alla rovescia: da minuto che
era ingrandire ogni oggetto, aggeggio,
marchingegno, fino a renderlo identico
alla realtà. In questa nuova veste "il teatro
di persona" la compagnia di mio padre
realizza un successo insperato. Si lavora
come sempre a tempo pieno. Mio padre, il
capo, con il ruolo di primo attore,
manager P.r., lo zio Tommaso nel ruolo
dell'antagonista, del comico-brillante a
secondo dei testi e di drammaturgo-poeta
179
di compagnia; le mogli, i figli, gli attori
scritturati; i dilettanti gli amici
componevano la nostra compagnia.
1932 - "E' ora che Franca incominci a
recitare." E' mia madre che parla. La
prima parte che ho imparato a memoria
me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca",
così si diceva a casa mia, mot-a mot,
parola per parola. Non sapevo leggere.
Avevo tre anni. Aveva deciso (era sempre
lei che prendeva le decisioni importanti in
famiglia) che avrei fatto un angiolino di
supporto all'angelo vero, che veniva
recitato da mia sorella Pia in "La passione
del Signore" atto V, orto dei Gezzemani.
"Pentiti Giuda traditore che per trenta
monete d'argento hai venduto il tuo
Signore! Pentiti! Pentiti!" dovevo gridare
di quando in quando. La parte non era
lunga, non ci devo aver messo molto ad
impararla. "Ripeti!" e ancora e ancora
"Ripeti" diceva la mia mamma paziente
mentre pelava le patate per il minestrone.
"Ripeti!" Mia madre per i suoi figli era
ambiziosissima. Per l'occasione mi aveva
180
cucito un bellissimo abito bianco da
angelo, con due grandi ali bianche e oro
appoggiate sulle spalle, seppur credente
non andava mai in chiesa ma aveva uno
zio prete. Lei lo sapeva benissimo che gli
angeli non erano vestiti così! Mio padre,
ormai entrato nel gioco, mi mise in testa
una coroncina di lampadine. E' ora
d'andare in scena e tutti: "ma che
bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La
mia mamma faceva andare la coda. Non
avevo fatto nessuna prova. Sapevo solo
che ad un certo punto avrei dovuto seguire
mia sorella Pia nell'entrata in scena ad ad
un segnale della mia mamma sistemata in
quinta avrei dovuto gridare "pentiti
Giuda" e quel che segue. Il guaio,
l'imprevisto, che più imprevisto di così
non si poteva immaginare, fu che il
personaggio di Giuda era interpretato da
mio zio Tommaso, un uomo che avevo
sempre visto calmo, sorridente, che mi
raccontava storie bellissime, mi regalava
un sacco di divertimenti, al quale volevo
molto bene e vedermelo lì, proprio vicino
181
vicino, con una parruccaccia nera in testa,
gli occhi che lanciavano saette tra un
tuonar e lampeggiar minaccioso, che
disperato gridava: "Possano i corvi
divorarmi le budella, le aquile strapparmi
gli occhi!" e altri animali che non ricordo
"mi divorino un pezzetto alla volta ad
incominciare dalla lingua", mi fece un
terribile effetto. Mamma mia che
spavento! Cosa stava capitando?! Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma
quello che mi buttò completamente fuori,
fu il vedere mia sorella, solitamente
rispettosa ed educata, che per nulla
intimorita gliene stava dicendo di tutti i
colori! Una sfuriata in piena regola e che
trascinavano il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera. "Ma cosa
sta capitando? Perché lo zio Tommaso fa
così?" Il groppo che mi sentivo in gola
stava per scoppiare; Mia madre dalla
quinta mi faceva gesti più che perentori.
Giuro che avrei potuto parlare, ma non me
la sentivo proprio di rincarare la dose.
"No, io no, allo zio Tommaso non dico
182
proprio un bel niente! Non so cosa gli sia
capitato. Forse è impazzito." Anzi, a
piccoli passi, camminando come pensavo
camminassero
gli
angeli,
seppur
spaventatina, gli sono andata vicino, lui
era in ginocchio e gridava più che mai.
Dio che paura! Senza dire una parola mi
sono arrampicata al suo collo e l'ho
abbracciato, tempestandogli la faccia di
baci. Insomma cercavo con i mezzi che
avevo a disposizione, di calmarlo e
piangevo nel silenzio che era calato in
palcoscenico. Pia s'è ammutolita. In quinta
mia madre faceva segnali che non
prospettavano niente di buono. Lo zioGiuda si blocca per non più di tre secondi,
lo giuro, e poi con voce profonda (intanto
con la mano mi solleticava la mia e con
gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi)
dice: "Dio, sei grande! a quest’orrendo
peccatore mand il conforto!.. un piccolo
angelo..mi tendi la mano..No, no, non me
lo merito!- e dal momento che lo
spettacolo doveva pur terminare, taglia
corto- M'impicco!". Deve usare un po' di
183
forza per liberarsi da me che proprio non
ne voglio sapere di lasciarlo andare.
Grida: "L'albero più alto.. dov'è l'albero
più
alto.
Lasciami
andare
angiolino..Lasciami.." e con un urlo
agghiacciante esce di scena. Mia sorella
(l'unica volta nella sua vita, credo) non
sapendo più che fare, camminando anche
lei sulle punte, immediatamente lo segue.
Grande applauso. Tutti mi chiamano in
quinta con grandi cenni. Non so se la
paura d'essere sgridata o il "senso del
dovere" che maledizione da che sono nata
è lì, a spingermi (a pigiarmi) la coscienza,
fatto si è che dopo un attimo di silenzio
con voce chiara e mesta, quel tanto che
serve, dico: "S'impicca! Non s'è pentito..
Giuda traditore che per trenta monete
d'argento ha venduto il suo Signore.. Non
s'è pentito!" e via che esco.. Ce l'avevo
fatta: l'avevo detta tutta! Da allora in poi,
"la passione del Signore" ha sempre avuto
due angiolini, con il più piccolo che
abbraccia Giuda a mostrare la grandezza
di Dio. E tutti giù a piangere. Com'è che
184
succedeva? Come arrivavo la prima volta
in scena con un personaggio che non
avevo mai interpretato prima? Non me lo
ricordo, ma so con certezza di non aver
mai provato prima di un nuovo spettacolo.
A 5 anni: "Gli spazzacamini della valle
d'Aosta". La parte come sempre fino a che
ho imparato a leggere, me la insegnava la
mia
mamma,
la
imparavo
velocissimamente, era come se la sapessi
già. Anzi, la sapevo già. Quante volte mi
ero addormentata nella cassa dei costumi,
o nella bara di Giulietta, quella di Romeo,
o in qualsiasi altro posto che mi
permettesse di addormentarmi, mentre i
miei recitavano una sera dopo l'altra? "Gli
spazzacamini" un drammone, ma alla fine
tutto finisce in gloria tra lacrime,
singhiozzi e applausi, in 5 atti, con la
comica finale per non mandare a casa la
gente con il magone.
Il nostro era un teatro realmente e
totalmente "all'improvviso" che si basava
su trame semplici e stringate, teatro
popolare appunto, nella tradizione della
185
Commedia
dell’arte,
completamente
opposto al teatro letterario e naturalista
messo in scena dalle grandi e illustri
compagnie che agivano nelle grandi città e
imitato in tutto il suo negativo dalle
piccole compagnie, come la nostra, che
agivano in provincia. Il nostro successo
stava tutto in questa differenza. Il nostro
repertorio era vastissimo: dalle più famose
tragedie di Shakespeare ai drammoni
ottocenteschi, alle commedie di autori
moderni a quei tempi: Niccodemi,
Giacosa, Rosso di San Secondo, alle
comiche finali. Il tutto senza aver mai
studiato una parte a memoria su di un
copione. Non esistevano copioni di testi
teatrali veri e propri, ma una specie di
canovacci e per molti testi non esisteva
nemmeno il canovaccio. Ce li avevamo
nella testa da sempre. Eravamo bravi?
Non lo so. So solo che i teatri eran sempre
pieni, che si lavorava tutti i giorni, si
riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei
morti, a novembre. O se c'era il funerale
di un defunto importante del paese: il
186
prefetto, il sindaco, il dottore, il prete, il
farmacista. E quando in un paese avevamo
fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6
sere la Giulietta, 6 la passione, "il povero
fornaretto di Venezia" e non mi ricordo
più quali altri drammoni avessero
successo) mio padre o mio zio leggevano
un romanzo, ci riunivano e ce lo
raccontavano. "Tu fai questo, tu questo e
tu questo...", e via che il giorno dopo si
andava in scena. Sulle quinte laterali, in
bella calligrafia, la scaletta dei punti
chiave, il susseguirsi degli avvenimenti:
"L'assassino del corriere di Lione".
Scena Prima:
la ragazza s'incontra col padre, che non
aveva mai conosciuto, partito povero, tanti
anni addietro, torna ricco, riempie la
ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire
nulla per lui, anzi solo repulsione.
Manifestare freddezza e imbarazzo.
Ricordarsi che la madre è morta.
Scena seconda: un uomo (lo stesso
attore che interpreta la parte del padre)
languisce in una cella, è un innocente
187
caduto in un errore giudiziario terribile.
Accenni all'assassinio di un corriere a
Lione. Accenni alla moglie morta e alla
piccola bimba lasciate al paese. Saranno
ancora vive?
Solo nel V atto tutto si risolverà: il
buono premiato con la libertà e l'onore
restituito mentre il cattivo (fratello
gemello del buono), smascherato da una
collana rubata al corriere di Lione, sarà
punito con la forca. Gaudio e felicità.
Ricordarsi della madre morta.
Comica finale.
Non c'è personaggio nel repertorio
della mia famiglia che a secondo dell'età
non abbia interpretato. Neonati (8 giorni
in braccio alla mia mamma in la
Genoveffa di Brabante), bambini o
bambine, ragazzini, signorine, giovanotti,
suore, cortigiane, prostitute. Una volta ho
fatto persino, il cuciniere Dracco. La
storia nel ricordo, mi fa ancora ridere. Ero
cresciuta e la Genoveffa (che dio la
maledica, quanto ho odiato sta noiosa!)
ora la facevo io. Giovane e bella moglie
188
del re alla guerra, sola nella reggia viene
insidiata da Golo, un primo ministro della
situazione, che lei respinge furente e
offesa. La giovane donna decide di inviare
una missiva al marito tramite il cuciniero
Dracco: l'unico che a corte le sia rimasto
fedele, per avvertirlo del tradimento del
suo braccio destro. "Torna o mio dolce
sposo, torna! che quel maialone del Golo
vuole fare con me, proprio quella cosa là!"
Golo che è sempre lì a origliare, scopre
tutto e zak!, pugnala il poveraccio e
manda a dire al re che Genoveffa è incinta
del cuciniero. "Ti ha tradito o mio re, che
vergogna con un cuciniero!" Il re ci casca,
fuori dalla grazia di dio "un cuciniero no!"
ordina il taglio della testa della fedigrafa e
anche del bambino nato nel frattempo
(tranquilli che poi tutto, come sempre,
finisce in gloria). Arriviamo sulla piazza e
ci rendiamo conto che ci manca l'attore
che avrebbe dovuto interpretare il
cuciniero. D'accordo, sono due parole che
si possono anche tagliare, ma fisicamente
deve essere in scena. Ci ragioniamo sopra
189
un attimo per vedere come risolvere.
Bene. Ci siamo. Facciamo così. Al
momento cruciale, vado alla quinta di
destra. Il perfido Golo mi spia dalla quinta
di sinistra. Parlo, guardando fuori scena,
con il cuciniero che non c'è, fingo di
consegnargli il messaggio e poi, affranta,
esco. Velocissima mi mettono sulle spalle
un mantellaccio con cappuccio che mi
copre dalla testa ai piedi. Rientro in scena
con la missiva bene in evidenza in mano,
faccio qualche passo come se ora io
parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su
di me, "muori, spione di un cuciniero!" E
via che mi pugnala. Cado morta. Golo mi
trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla
parte opposta da cui sono entrata. Mi
tolgono il mantello, mi raddrizzo la
parrucca bionda dalle lunghe trecce, corro
velocissima dall'altra parte. Rientro in
scena e vedo Golo che pulisce il pugnale
assassino nel mantellaccio che indossavo
fino ad un secondo fa. "L'avete ucciso!
Assassino!!" Ansimo un po', per via della
190
corsa, ma sono perfettamente in parte e
nessuno s'è accorto di niente.
Noi eravamo in grado di andare in
scena senza prova alcuna, con un testo
nuovo allestito di sana pianta. Arrivavamo
ad esempio in una piazza nel giorno in cui
in paese si festeggiava la santa patrona,
ebbene, debuttavamo con la storia di
quella santa sulla quale mio padre e mio
zio avevano giorni prima letto e ascoltato
dalla gente, vita, morte e miracoli.
Avevano riunito la compagnia, raccontato
a sommi capi l'intreccio, distribuiti i ruoli
se i costumi adatti non c'erano si
rimediavano, e via che si debuttava. Senza
prove. Se si confronta con i 90 o
addirittura i 180 giorni di prova delle
compagnie di oggi... Ma certo che allora,
sovvenzioni ministeriali o regionali o
provinciali o comunali, non ce ne erano,
quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi
sbrigare eccome!
A 20 anni, seguendo l'esempio di mia
sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la
nostra compagnia e inizio la mia carriera
191
nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si
possono immaginare le difficoltà di una
simile scelta in quel periodo del
dopoguerra, siamo negli anni 50 e quindi
alterno momenti neri a buone scritture
nelle compagnie di varietà più famose. E'
proprio in una di queste compagnie che
conosco il Dario Fo.
Da sempre il teatro ha vissuto la mia vita
ora come lavoro ora come impegno
sociale.
E’ stato proprio insieme con Dario che ad
un certo punto della nostra storia, negli
anni ‘60-’70 in cui la situazione sociale e
politica era piuttosto inquietante ed
estremamente tesa, dopo i primi lavori
sulla satira di costume, che faceva già
tanto discutere e scomodare la critica
come con “Gli arcangeli non giocano a
flipper”, siamo passati alla satira politica
che si traduceva in un impegno continuo
di controinformazione fuori dai circuiti
ufficiali, a diretto contatto con platee
numerosissime. Come sempre i nostri
spettacoli, che si ispiravano a situazioni
192
reali di disagi, di soprusi, di abusi, di
ingiustizie sociali, nascevano da un
costante lavoro di inchiesta e venivano
puntualmente aggiornati e proposti ad un
pubblico che quei disagi viveva per cui,
dopo la rappresentazione, si aprivano
dibattiti anche vivaci e così, attraverso
quel confronto diretto, tutti, dal palco alla
platea, si prendeva cosienza di quanto
accadeva e così, allo stesso tempo la
rappresentazione, nelle sue repliche, si
giovava di questa fortunata occasione di
dialogo fino a ricomporre talvolta per
intero il testo e tornava a misurare le
variazioni davanti alla platea. Quelli sono
stati anni di grande partecipazione
collettiva. Gli aneddoti di quando
rappresentavamo i nostri spettacoli nelle
Case del popolo, nelle fabbriche occupate
tra operai in sciopero, sono tanti e tutti
tanto comici quanto drammatici. Spesso
racconto di tutto questo, più difficile è
che, pur sollecitata da molti e dallo stesso
Dario, io mi soffermi a scrivere, ma
putroppo non trovo mai il tempo di farlo.
193
Ricordo, tra le tante nostre avventure, un
episodio alla Camera del Lavoro in
Milano dove, per rimediare una acustica
che fosse decente, Dario pensò di cucire
insieme un certo numero di contenitori di
uova e attaccarli al soffitto e alle pareti.
Allora ci impegnammo lì a cucire di
buona volontà e non era neanche tanto
facile. Sembrava che non si finisse più, ed
ecco che uno dei compagni, guardando
noi lì che cucivamo con il sangue alle
mani, disse: “ma ci vogliono aghi grandi!”
e noi lo sapevamo bene ma dove trovarli?
Così lui chiamò gli altri: “Avete raggi di
bicicletta?” e propose: “Facciamone degli
aghi!” E con quei grandi aghi, tutti ci
aiutarono a cucire quei cartoni. Purtroppo
quando, orgogliosi del nostro lavoro,
abbiamo cercato di attaccarli al soffitto,
sono cascati tutti. Intorno alla nostra
compagnia teatrale cresceva sempre più il
numero di collaboratori militanti che
insieme a noi si davano un gran da fare
nell’organizzare spazi. Si respirava
intorno un’atmosfera esaltante e una
194
grande tensione politica e ideologica nel
lavoro teatrale. Davamo i nostri spettacoli
in luoghi fuori dalle convenzioni teatrali:
nelle scuole, nei palazzetti dello sport,
nelle fabbriche occupate, nelle chiese
sconsacrate, nei manicomi, nelle carceri.
Si può dire che il rivoluzionario, il nuovo
che è alla base del nostro teatro, abbia
ragione soprattutto nel fatto che la rottura
con la tradizione intimistico-naturalisticoletteraria di sapore ottocentesco che
ancora oggi vive, anzi prospera sulle
scene italiane, è avvenuta, si è
determinata, fin dal momento in cui
abbiamo pensato di far compagnia, cioè
una rivoluzione di nascita, più che in
divenire.
Dario e io siamo sempre pronti a incitare i
giovani, che intendono fare questo
mestiere, a preoccuparsi di raccontare il
proprio tempo per un teatro che solleciti
l’interesse, la partecipazione, la solidarietà
e perché no, anche l’indignazione senza
mai dimenticare alla base di tutto il
divertimento perché tutto possa essere
195
fruibile ricordando che il comico è un’arte
di precisione matematica. Là dove la
forma satirica non possiede come
corrispettivo la tragedia tutto si trasforma
in buffoneria vuota, nasce il lazzo fine a
se stesso, spesso triviale, una volgarità
gratuita, senza niente da comunicare.
196
STAMPATO PENSIERI:LA COPPIA
Riuscirò fino alla morte a tenere per me
che tu sei solo un uomo? Io cerco di
capire tutto. . i tuoi bisogni. . mi sforzo
di non dare maggior significato alle "cose"
di quanto in realtà non abbiano..; di
leggerle per quello che sono: SESSO E
GRATIFICAZIONE ma non mi posso
impedire di soffrireper queste nostre due
vite così unite e così irreversibilmente
staccate. Due vite tronche, che vivono
solo se congiunte ma si logorano e
muoiono nella congiunzione. E' molto
che sono morta. E' il saperti distratto da
altro che mi ha tolto la vita. Senza di te
non posso vivere, ma quanto pago questo
mio vitale bisogno. Sono riuscita a
superare tutto ciò che ho subito. Mi
credevo armai forte. ma il dolore torna
ogni volta come trentaanni fa.
Sto
vivendo un disperata e allo stesso tempo
afettuosa solitudine. Gironzolo per questo
mondo come un ombra;pensieri bui mi
schiacciano. Brontola la mia anima, il
mio cuore, i miei sentimenti ti si rivoltano
197
contro, il mio orgoglio di essere
donna?Umiliato.
E il non sentirmi
"nessuno". Non mi accontenta essere
"prima" nella tua vita. . è nel mio sesso a
ridere che ti voglio tenere. Ti guardo
davanti ad una ragazza qualsiasi,
trasformato, ti rappresenti, ti dai un gra
daffare, senza misura ne controllo. Ed io
sono condannata da me stessa a starti a
guardare, come tu, per tua scelta sei
condannato a vivere con me. Che fare?
STAMPATO 452 Intervista GENTE:
FRANCA, TORNIAMO INDIETRO DI
40 ANNI, RACCONTACI IL TUO
PRIMO INCONTRO CON DARIO.
Le nostre strade s'incontrano ad un certo
punto delle nostre vite, ma partono da
punti assai diversi.
Io nasco da una famiglia d'attori
girovaghi, ed ho debuttato ad otto giorni,
ne il figlio della "Genoveffa di Brabante",
in braccio alla mia mammma. Via via
che crescevo, ho interpretato tutti i ruoli
possibili ed immaginabili maschili e
198
femminili, finche, dopo i vent'anni ho
lasciato la mia famiglia per seguire mia
sorella Pia che abitava a Milano in quel
tempo ed era prima attrice giovane con
Renzo Ricci.
Il mio desiderio era di
riuscire a mia volta entrare in una
compagnia primaria.
Un gran salto!
Dario invece, studiava architettura al
politecnico, e per passione raccontava
favole grottesche agli amici, racconta
oggi,
racconta domani,
s'è trovato
scritturato nella compagnia di rivista,
"Franco Parenti sorelle Nava".
Nella
stessa compagnia c'ero io. Il capocomico
era di Carlo Mezzadri, l'allora marito di
mia sorella Pia, che per strada ha lasciato
il mestiere d'attrice per aprire una sartoria
teatrale. Oggi Pia è una affermatissima
creatrice ed esecutrice di costumi teatrali.
E' arrivata fino a Las Vega con le sue
creazioni. Ha fatto una figlia, ha scritto
un libro sulla nostra famiglia, gioca a
poker, ama il tennis seguendolo sul
teleschermo, la musica classica, legge
molto, è curiosa, dimostra un vent'anni in
199
meno di quelli che ha, ma quello che più
conta, è che è generosa, spiritosa,
caustica, insomma è il personaggio più
divertente,
poliedrico che io abbia
intorno.
Ci vogliamo molto bene.
Abitiamo nella stessa casa, ci capita
anche di litigare a volte, ma ci siamo
l'una per l'altra, sempre.
E' lì che io e Dario ci siamo incontrati.
Lui s'innamora subito di "questa sventola
dolcissima", così mi chiamava.
Si
prende un imbesuimento di terzo grado.
S'innamora subito, ma se lo tiene per se.
Anzi non mi guarda per niente e se mi
guarda non mi vede: come fossi
trasparente! Com'è?! Seni tondi, gambe
lunghe, capelli biondi eccetera eccetara...
piena di ragazzi che mi giravano intorno e
lui , 'sto spillungone anche bruttino, (ora
è bellissimo!) niente. Non faceva una
piega! Non mi guardi? Ti castigo! Una
sera, si provava lo spettacolo al cinema
Colosseo, l'ho preso per le mani, l'ho
messo contro il muro, e gli ho dato un
gran bacio, ma proprio un bacio bacio! E
200
mi sono scoperta innamorata pazza. Il
"da ridere" è che tutto è successo per
scommessa. Siamo andati avanti per due
anni tra baci e litigi... . classico degli
innamorati, fino al giorno che ci siamo
sposati: 24 giugno 1954 in Sant
Ambrogio! Dario, metterà una battuta,
per il fatto di accontentare madre di lei
molto credente. "
STAMPATO SALTO-FOTOCOPIARE
PAGINE
siamo sistemati alla bellemeglio.
Il
bambino ha pianto per quattro giorni di
fila. Per quanto spirito di adattamento
avessimo noi, non riuscivamo proprio a
comunicarlo a questo tipo appena nato che
non sapeva niente della vita. Comunque
faticavamo anche noi a cavarcela e per le
scomodità e per la mia totale inesperienza
"Piange? Avrà fame" Lo attaccavo al
seno, lui ciucciava un po' e poi di nuovo
"uhèèè uuuhèèèè!""Oddio,
forse è
ammalato!" Al quinto giorno decidiamo
di tornare in clinica e stabilirci lì.
Il
201
nostro ritorno è stato festeggiato dal
personale con brindisi e abbracci.
S'è
scoperto subito la causa degli uhè del
bambino: io avevo poco latte e lui aveva
fame.
Dopo aver nutrito il fantolino, ci hanno
sistemati in una bellissima camera
vicinissima alla sala parto.
Ci siamo
addormentati immediatamente tutti e tre
ed abbiamo dormito per almeno giorno
intiero, finalmente rilassati. Ci siamo
insriti molto bene in questa nostra insolita
vita, abitavamo lì e cercavamo casa.
Come vedevamo in carridoio davanti alla
porta della sala parto un padre in
angosciosa
attesa
Dario
subito
s'informava: "Sa è un parto cesareo!" E
Dario: "non si preoccupi, anche Franca ha
avuto un cesareo... Vero Franca?" e io "Sì,
sì... è una sciocchezza, vedrà" E quello si
calmava. E un altro: è messo di piedi"...
"Non si preoccupi, anche nostro figlio è
nato di piedi... e tutto è andato benissimo.
Vero Franca?" Solo quando un padre era
preoccupato perché la moglie stava
202
partorendo 2 gemelli siamo rimasti senza
parole. Tutti sapevano che avevamo un
figlio solo.
Ci siamo stati tre mesi in quella clinica.
Quanti padtri e quante madri abbiamo
rinfrancato. Qualcuno ci viene ancora a
trovare con i figlio nato proprio in quei
giorni. Che benissimo!
Finalmente abbiamo trovato una casa in
via Bruno Buozzi e ci siamo trasferiti.
Una casa piccola con un terrazzo enorme.
Nel palazzo vicino al nostro vivevano
Roberto Rossellini ed Ingrid Bergam al
tempo della loro "colpevole" passione.
Avevamo sempre amici fotografi che ci
scongiuravano di poter stare nel nostro
terrazzo per poter riprendere i due
importantissimi innamorati.
ed ero sempre la vamp del casta, la
padrona di un night, qualche volta sola,
qualche volta con un amante delinquente.
Indossavo grepier, calze nere o abiti
talmente stretti che spesso me li cucivano
lettaralmente addosso al mattino e me li
scucivano la sera. Non potevo fare la
203
pipì, non potevo sedermi ed in più mi
sentivo frustata dalla testa ai piedi.
Ho avuto in quegli anni, due grandi
occasioni
cinematografiche.
Michelangeli Antognoni e Luchino
Visconti.
Per "Cronaca di un amore"
Antognoni aveva scelto me. Io, allora,
avevo un grande complesso (complesso
che in parte, nonostante varie operazioni
ho ancora oggi): ero strabica - strabica,
timida e insicura.
Nascondevo i miei
occhi sotto a degli occhialini lunghi,
stretti e scuri. "Lo so che sei strabica,
ma per farti fare il film, devo vedere i
tuoi occhi. Su... coraggio, togliti gli
occhiali". Me lo ha chiesto almeno tre
volte, paziente e gentile. Beh, non ce
l'ho fatta e la parte la interpretò Lucia
Bosé.
Visconti si era intestardito su di me, per
un ruolo in "senso". Io stavo in tournée
con Dario a Trieste. Telefonate sopra
telefonate.
E mi spiaceva lasciare la
compagnia, Dario e mi sentivo come
sempre insicura. "Sì, scendo, faccio il
204
provino poi magari mi dicono di no... " "No, ti prende a scatola chiusa gli
abbiamo portato tutte le bionde d'Italia,
non gliene va bene nessuna. Se vuoi ti
mandiamo il contratto. " Niente non me la
sono sentita, qualcosa mi ha bloccato.
Il ruolo è andato a Marcella Mariani
bruna,
fragile,
ex miss Italia,
completamente diversa da me. Visconti
aveva cambiato tipo.
Il giorno della prima del film a Bruxelles,
Marcella Mariani è partita in aereo per
quella città. Se io avessi interpretato quel
personaggio quasi sicuramente sarei stata
al suo posto. L'aereo è precipitato. Tutti
morti. Ecco cosa mi aveva bloccato. Il
mio sesto senso mi aveva salvato la vita,
come è capitato altre volte. Da quel
giorno, se qualcosa mi salta nel lavoro od
altro, penso che così doveva essere, il
negativo diventa positivo "doveva andare
così".
Nel '57 mi sembra vengo scritturata dal
Teatro Arlecchino a Roma,
per
interpretare un testo di Feydeau che
205
sembrava scritto per me: "Non andartene
in giro tutta nuda". Dario scrive per i
fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto
nulla, un atto unico "Gli imbianchini non
hanno ricordi" Ci prende gusto e ne scrive
altri.
A quel punto gli propongo di
ritornare a Milano e farci una compagnia
nostra.
Interpelliamo Paolo Grassi allora direttore
del Piccolo
Dopo
la
clamorosa
rottura
per
Canzonissima, la TV ci era proibita, ma
c'era sempre il teatro. Nel '63 ci fu il
nostro spettacolo su Colombo "Isabella,
tre caravelle e un cacciaballe",
che
quest'anno verrà presentato per le
Colombiadi, in spagnolo a Valencia, con
la regia di Arturo Corso e anche trasmesso
dalla II rete in ottobre.
L'anno dopo
"Settimo ruba un po' meno" e via via,
ogni anno uno spettacolo nuovo, di
successo, fino al '68, alla decisione,
presa con Dario di lasciare il teatro
tradizionale e di mettere a disposizione il
206
nostro lavoro per sollecitare una presa di
coscienza.
La simpatia per la classe operaia non
bastava più.
La lezione ci veniva
direttamente dalle straordinarie lotte
operaie, dal nuovo impulso che tutti i
giovani stavano dando nelle scuole alla
lotta contro l'autoritarismo, l'ingiustizia
sociale, le spinte per un nuovo rapporto
con le classi sfruttate, per creare una
nuova cultura.
Dovevamo smettere di
fare gli intellettuali che, comodamente
sistemati dentro e sopra i propri privilegi
di casta, si degnano, bontà loro, di
trattare anche i problemi degli sfruttati.
Dovevamo
deciderci
a
metterci
interamente al loro servizio: diventare i
giullari degli sfruttati? Questo voleva dire
andare a recitare in strutture che fossero
gestite da loro, dalla classe operaia.
Ecco perché subito pensammo alle case
del popolo.
Facemmo teatro nelle case del popolo,
nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una
capanna di via Colletta a Milano, alla
207
famosa palazzina Liberty,
sempre a
Milano,
che
ristrutturammo
completamente e che poi ci fu tolta. Nel
'73 ci fu anche un episodio terribile nella
sua vita. Vuole parlarne?
Non ne parlo volentieri.
Sono passati
quasi 20 anni, ma mi basta un niente per
ritrovarmici dentro di colpo.
Nessuna
donna che abbia subito violenza sessuale,
potrà mai staccarsi completamente da quel
momento orribile.
Sono stata caricata su di un furgoncino da
tre individui e poi scaricata stravolta e
sanguinante vicino alla metropolitana di
via Dante. Non ho detto a nessuno quello
che mi era realmente accaduto.
Nemmeno a mio marito. L'umiliazione
della violenza sessuale, lo sfregio, era
sopratutto per lui e per mio figlio. No,
me ne sono stata zitta: più dignitose "le
botte". Mi sono tenuta tutto dentro, ma
ho sbagliato. Il non averne parlato con
nessuno , l'essermi tenuta tutto dentro
(anche se tutti avevano intuito quello che
208
realmente mi era successo) mi teneva in
una continua tensione. Un caro amico, il
professor MACACCARO, che mi era
stato molto vicino con gli avvocati in quei
giorni così pesanti, mi ha consigliato un'
analista donna, ma io non me la sono
senita.
Dopo tre anni ho deciso di
scrivere quanto mi era successo... Senza
una parola ho passato i fogli a Dario. Li
ha letti.
Senza una parola mi ha
abbracciato. Finalmente ce l'avevo fatta!
Un nodo, il primo, si era sciolto. Poi, in
appoggio alla campagna che si stava
facendo in quegli anni per l'approvazione
di una legge contro la violenza sessuale,
ho deciso di portare quanto avevo scritto
in teatro. Andai di colpo in scena, senza
provarlo (non riuscivo) e senza che
nessuno della compagnia lo sapesse.
Solo Dario ed io ne eravamo al corrente.
All'ultimo momento, invece di recitare "il
risveglio" annunciai un brano nuovo. "
Ho trovato questa testimonianza su di un
giornale e ve la recito" Da quella sera ho
replicato "lo stupro" (questo è il titolo del
209
brano) almeno duemila volte.
E via,
anche il secondo nodo si stava
sciogliendo. Mio figlio dice: "sei andata
in analisi davanti a migliaia di persone. "
Poi l'ho recitato anche in Fantastico,
quello di Celentano. E' andata così. Gli
atti di violenza sessuale contro ragazze
erano all'ordine del giorno.
Processi,
stupri, violenze fisiche e morali contro le
donne. Sono sempre più impegnata in
questo campo.
Propongo il brano a
Celentano. Accetta. Ci sono resistenze
da parte della prima rete, ma lui ha un
contratto di ferro.
e alle 20, 30
finalmente mi comunicano che prenderò
parte alla trasmissione. .
La voce è
circolata in sala stampa. Due giornaliste
vengono in delegazione e mi chiedono una
conferenza stampa dopo la trasmissione.
Va bene. Eseguo il brano, precisando
come sempre che è una testimonianza di
una donna che ho trovato su di un
giornale. Sono molto tesa. I fotografi
non stanno fermi un attimo. Per riuscire
ad arrivare alla fine mi devo concentrare
210
completamente. Ci sono dentro in pieno.
Soffro come allora. Rabbia, umiliazione,
terrore.
Un brutto momento.
Alla
conferenza stampa qualcuno accenna al
fatto che quella storia era la mia. ( a suo
tempo ci fu gran chiasso e solidarietà sui
giornali) Ho negato molto decisa ma
egualmente qualcuno privo di sentimenti e
di rispetto me l'ha attribuita sui giornali
del giorno dopo. Per me è stato duro.
Fin che la
211
STAMPATO SALTO A parlar di
DONNE.
Non è una storia mia... è mia (indica il
pubblico) è tua e sua ... tante storie messe
insieme... ecc.
���IL SODALIZIO INFAME!
Sto uscendo da un periodo di almeno 20
anni di coma profondo. Sì, avete capito
bene. Coma profondo - in piedi.- Si può?
Si può.
Guardatevi intorno. C'è un sacco di gente
che ha 'sta malattia, il "coma profondo in
piedi"...
Non li vedete? Nessuno di voi è in coma?
(Come a rispondere ad una domanda del
pubblico) Com'è il coma profondo in
piedi?
Io ho sempre camminato,
parlato,
mangiato, dormito - ma in coma - e
profondo Che so...parli con la gente, ma non ci sei non ti accorgi se c'è il sole o piove - e se
c'è il sole, non te ne importa niente.
Somatizzi tutto quello che ti succede
intorno, senza accorgertene... Stai male
212
da morire ma nessuno lo vede. Sorridi,
ma solo con la bocca, così: (esegue)
meccanicamente. Non c'è nulla che ti
emozioni o emozionerà, nulla che ti
squota, che ti interessi, né i figli, il
lavoro, le vacanze, il successo, l'amore.
Niente. Il tempo passa e niente cambia.
Non c'è niente, che ti spinga a fare niente.
Cammini, mangi, parli, dormi, ma non
ci sei.
Dormi sul tuo letto sospesa senza manco
toccarlo... tutta tesa.
Quando dormi pensi alla morte senza
accorgerti di pensarci. Una mattina ti
svegli e di colpo ti rendi conto che sì,
oggi, lo farai.
Ma andiamo con ordine.
"Come hai dormito..." mi fa..."Bene.... "
"Scendi a fare colazione?"... "No, non
subito... (si schiarirsi la voce) Ti devo
parlare.... Stiamo calmi però..."
"Lui" si siede sul letto passandosi una
mano sulla fronte.
Ogni qualvolta si affronta questo
argomento e lui "sa qual'è", in un secondo
213
è madido di sudore... ma proprio bagnato
fradicio. Mai vista una cosa così
repentina. Come girare un interruttore. Gli
prende un'emozione che gli parte... dal
profondo... diciamo della coscienza... sono
tutti i suoi sensi di colpa, che gli affiorano
insieme: BUM! ecco l'effetto "sauna"!
"Caro, vorrei che te ne andassi.... "
"Perché?!" Gli manca il fiato.
" Non mi va più di stare con te... Non
reggo più la vita che stiamo facendo.
Negli ultimi 20 anni sei sempre stato
innamorato. Sempre di un'altra... e mai la
stessa. E d'estate di più. Ed ora siamo in
pieno luglio!
Non sopporto "più" il tuo evidenziare,
senza volerlo per carità, ogni rapporto
con l'altro sesso con irrazionali movimenti
telefonici... senza misura... e sopratutto
senza tenere conto che ho occhi ed
orecchie. Va bene che stiamo insieme, ma
non stiamo più insieme... da 20 anni.
(al pubblico) Io e mio marito non
facciamo più l'amore... (A marito) Non mi
disturba più il tuo credere di essere
214
innamorato pazzo... perché so benissimo
che non sei innamorato di questa o di
quella,
ma che sei innamorato dei
vent'anni che non hai più. Mi disturbano
troppo... le scuse che tiri fuori per uscire a
telefonare... mi fanno imbestialire perché
sono un oltraggio alla mia intelligenza...:
"vado dal parrucchiere" - "ma è lunedì..."
"Ah sì?..." - pausa - "Ti andrebbe di
mangiare del pesce ?"-"Ho gli ossibuchi
pronti..."-"Ma m'è venuta voglia di un bel
pesce... vado a comprarlo... così mi
sgranchisco
anche
un
po'..."-"Sta
diluviando...""L'acqua fa bene... fa
diventare più alti"-"Guarda che a 68
anni...non si cresce più..." (al pubblico)
Non mi sta già più ascoltando...Una
toccatina alla tasca posteriore dei
pantaloni per essere certi che l'agendina
nera con i numeri dell'amore sia lì...
anche la tesserina della Sip... sì, c'è...
bene... "Torno subito... Vuoi qualcosa
cara?..." e tornava quasi subito... con
pesce per 30 persone... non s'è mai saputo
regolare con la spesa... e 24 rose rosa del
215
"nostro" colore... e un bigliettino "Ti amo
cara, tanto tanto!!"
Il bello è che è vero. E' vero! Lui mi ama.
Tanto tanto. Qualche volta mi viene da
pensare: "Chissà cosa succederebbe se mi
odiasse. Mi trapanerebbe i denti me li
strapperebbe ad uno ad uno senza
anestesia... le unghie.
Al marito: "Tu hai il fuoco di
Sant'Antonio nel ..."
Mi sono intelrrotta. Non mi piace mai
essere volgare in momenti così... anzi, mi
disturbano molto quelle donne che
perdono il controllo... il senso della
misura, che danno fuori, che spaccano
oggetti in casa. Per la verità, quando lui
ha detto dopo che io gli ho detto del fuoco
di Sant'Antonio:
"No, guarda che ti sbagli... io..." e si stava
avviando alla porta per andarsene... ho
sentito nello stomaco una cosa proprio
brutta. L'istinto omicida che ognuno di
noi ha in fondo all'anima... Ma sì, che ce
l'avete anche voi! Dai... Proprio mai avete
pensato in un momento di disperazione
216
estrema... di esasperazione
estrema,
"adesso l'ammazzo"? Non importa chi: il
marito, il padre, la madre, il professore,
uno stronzo in un momento "no" che vi
sbava addosso un complimento troppo
pesante... o il capo ufficio... o una
ingiustizia... No, no... zitti, zitte!, non
dite niente.
Ora, mentireste.
E se
invece non mentite, e siete presi da una
improvvisa ondata di sincerità, mi mettete
paura. Stiamo calmi. Non vorrei che
qualcuno si alzasse e si mettesse ad urlare:
"Sì!!!!! l'ammazzo!!!" e via che salta
addosso al vicino, alla vicina di poltrona
e lo o la strozza, qui in mezzo a tutti.
Zitti, calmi e fermi.
Continuiamo a
mentire per ora, rimandiamo: lo farete
questa sera a casa vostra.
"E' meglio che ti sieda immediatamente o
entro cinque minuti hai la casa distrutta....
rompo tutto il rompibile, vetri compresi e
forse rompo anche te. "
Non ho alzato la voce. Ci conosciamo da
quarant 'anni.
Capisce che non sto
scherzando. Lui torna a sedersi sul letto...
217
si passa la mano sulla faccia sempre più
sudata... poi rassegnato si stende... "Ti
stavo dicendo che vorrei che te ne andassi.
Il nostro, ormai è un sodalizio infame... è
ora di romperlo. "
"Oh, esagerata... perché infame... Io sto
bene con te..."
"Io no, io non sto bene con te. Sai come
mi sento "con te"? Agli arresti
domiciliari... da più di vent'anni.
Un condannato a morte in attesa di essere
graziato. " Lui fa un sospiro proprio di
quelli che straziano... pardon, che mi
straziavano. E sì... non era la prima volta
che dicevo "adesso basta". Non che l'abbia
ripetuta tante volte... ma qualche volta sì...
Di solito a 'sto punto, mi commuovevo
talmente per quello che stavo dicendo...
che non riuscivo a trattenere le lacrime...
lui sospirava... allungava una mano... "ma
io ti amo!..." e io giù a caragnare senza
ritegno... "sì...condannata a morte sono!"
Mi usciva costruita così la frase...non
"sono condannata a morte" ma
"condannata a morte sono!" Chissà
218
perché... mi veniva di dirlo alla
meridionale.
(piange) "condannata a
morte sogno... voglio dire... sono..."
strisciando lentamente verso di lui
millimetro dopo millimetro..., pronta ad
essere afferrata tra le braccia incantatrici...
"Amore ma perché dici così... lo sai che ti
amo... lo sai che conti solo tu... lo sai che
le altre sono solo..." - "No, no...lasciami...
lasciami... Voglio morire!..." ma ero già
con la testa sulla sua spalla e singhiozzavo
rilassata... "Micina mia... bambinona..."
"Amore... non farmi più soffrire...Ti amo
tanto..." "Anch'io ti amo..." E via che tutto
ricominciava da capo. No, non finiva
con una scopata... Come state pensando.
Pardon, volevo dire... non facevamo
l'amore... Io e mio marito l'amore non lo
facciamo da 20 anni, per l'esattezza da 22
anni. Perché? Non lo so. Non saprei
proprio spiegare come ci si sia arrivati...
fatto è che ad un certo punto non ci siamo
più interessati sessualmente. Veramente
non so chi abbia incominciato... A
pensarci bene... forse lui. Il fatto è che era
219
scoppiata la "rivoluzione".
Sì... sto
parlando del 68. Mamma mia è stato
veramente un Sessantotto per me! Una
gran confusione di pensieri idee ideologie
falsi ideali... e le manifestazioni e la
polizia e le botte e ragazzi che morivano e
le occupazioni e le canzoni... e i ragazzi
che morivano e gli operai che venivano
licenziati e il blocco dei cancelli alla Fiat
all'Alfa e l'amore libero e la liberazione
sessuale e i ragazzi che morivano... e il
Vietnam e le ragazze di 16 anni col bidet
fatto e le mutande in mano pronte come il
Nescafé... e le galere e la polizia e le
ragazze... e le manifestazioni e le
occupazioni e i ragazzi pronti come il
Nescafè... e le manifestazioni e le... e
ragazzi che morivano... Scusate, mi sono
fatta prendere un po' la mano... è che mi è
difficile tenere il filo del discorso... Dove
eravamo... A sì... che io e lui non
facevamo più l'amore... Beh, ora che
importanza ha stabilire chi dei due s'è
stancato dell'altro o se ci siamo stancati
tutti e due... o se uno ha sofferto perché
220
l'altro s'è stancato... Non serve a nulla...
Fatto stà che: basta. Abbiamo sublimato il
rapporto.
Abbiamo chiuso col sesso. Tra di noi.
L'abbiamo fatto con altri "sesso". Tutta la
pazzia sta proprio qui. Aver accettato che
"l'amore"
tra
noi
fosse
finito...
quell'"AMORE"... e continuare a vivere
insieme. Finisce sempre che uno dei due
paga un po' di più dell'altro. Purtroppo
sono stata io a pagare... e con gli interessi!
Attenzione, non è che mi stia piangendo
addosso. E' che per una donna è diverso.
Lo è veramente. Non abbiamo per niente,
i seni prominenti e i fianchi larghi.
Veramente ci sono sempre più ragazze
con il fisico da ragazzo... se ne vedono
sempre meno con i fianchi larghi... Chissà
perché...Chissà da che dipende questo
cambiamento di razza... forse è genetico.
Non so. Dunque dicevo che 'sto fatto di
fare l'amore con altri...
"Vedi caro"... io sono molto più creativa.
Mi muovo meglio... voglio dire... mi sono
"sempre" mossa, quando mi muovevo...
221
meglio di te. (QUI E' SALTATO UN
PEZZO) Ora sono immobile - qui ho dato
giù un po' con la voce, bassa intensa,
sofferta... ma attenti, soffrivo davvero immobile come un palazzone orribile...
pieno di stanze vuote... pronto per
"l'autocrollo"
Come mi sia uscita una frase così, di
luglio... con quasi 40 gradi e il 95%
d'umidità, non lo saprò mai.
Ci devo far sopra una canzone...
"Disperazione di una donna che sta
invecchiando"
"Qui... nel palazzo vuoto del mio cuore...
ieri...
ho avuto...
ho avuto...
una caldana...
tremenda... la prima!
Oggi...
anche oggi...
ancora caldana.. ancora caldana...
una caldana tremenda...
è finita.... è finita... è finita!
Ero un fiore così... rosa verde e lillà
222
e poi... e poi... ho scoperto che
vecchia e sola son..
perché... perché...
ho un marito coglion!"
E' tutto da mettere in discussione, si fa
presto a dire marito coglione... (insero
codina- menopausa- pipistrelli, Consigli
sulla menopausa, proseguire, pillole
cerotti. Continuare insomma.)
Il diavolo fa le pentole e non i coperchi.
Sono andata a trovarlo, stava fuori Italia
per lavoro, dopo sua, più che insistente
richiesta "via fax",
11 fogli,
per
convincermi a raggiungerlo... (che, visti
gli avvenimenti del proseguo, mai ne
capirò il perché. ) che finiva con " Vieni
ti prego, ti voglio vedere stare con te
amore vienivienivieni." ecc. Vado. Tutto
bene, sembravamo persino felici.
Come al solito, le cose più noiose le
faccio io, (forse m'ha fatto venire per
quello): prenotare gli aerei,
fare le
valigie, pagare il conto... e col conto, mi
ammollano 5 fogli con la trascrizione
elettronica delle telefonate.
Do una
223
guardata ai 5 fogli 5 e mi siedo... Sono
molto emotiva... Sto per svenire.
Ma sì, lo so che ha la ragazza, lo so che
le telefona, ma non vi nascondo che fa
una certa impressione vedere nero su
bianco, per pagine e pagine ore 23 e 5
numero telefonico mio....
ore 23 e 8
numero telefonico della ragazza... ore 10 e
15 il mio, ore 10 e 21 ... A me, sempre la
precedenza... eh... sono la moglie. e via
così per telefonate e telefonate... ore 5, e
27 numero della ragazza... Meno male che
non ha chiamato me, alle 5 e 20 che lo
ammazzavo. Perché la chiama alle 5 e
27?!! Poi ore 4 e 50... ma che cazzo di
lavoro fa?... Poi di colpo nessuna
telefonata al numero amato: per tre giorni
solo telefonate a me e tante, come
sempre.
Ecco, l'aveva raggiunto.
Come in un film a doppia velocità mi sono
rivista tutta la mia vita e la sua dell'ultimo
periodo attraverso quelle telefonate. E
anche tutta la nostra vita.
Sono stata
seduta una ventina di minuti. Mi girava
224
tutto. Mi sentivo svenire. Come quella
volta che eravamo al mare... In quel
periodo lui stava "assolutamente" "solo"
con me... Eravamo sposati da poco... No,
non ridete... per almeno 20 anni mio
marito m'è stato fedelissimo.
Forse.
E' negli ultimi 20 anni che... Vi stavo
dicendo del mare... io stavo a riva con mio
figlio che aveva come un 5 anni... mio
marito faceva il bagno, appena appena un
cento metri più in là, con la mia migliore
amica... un'amica vera.
Ne esistono
sapete. Beh... ad un certo punto, non so
per quale effetto ottico... li ho visto
avvinghiati.
Forse stavo avendo una
visione negativa mandatami dal diavolo o
dal Signore per mettermi alla prova... Non
so... Per anni sono stata certa di essere
santa.
Sono svenuta. Veramente: svenuta!
Mi sono ripresa con le urla strazianti del
mio bambino "mamma mamma... aiuto la
mamma annega" e stavo proprio
annegando in quanto ero caduta in avanti
225
con la testa in acqua... mi stavo autoaffogando per amore.
Io voglio molto bene mio marito... anzi...
lo amo... Il disastro sta tutto qui: Che lo
amo ancora dopo 40 anni. Mio figlio
dice: "guarda che non è più quello che hai
conosciuto... sono passati molti anni...
Anche tu sei cambiata... anche tu non sei
più quella che lui ha conosciuto. Tu sei
innamorata di una persona che non esiste
più. Tu sei innamorata di un ricordo. "
"No, io sono innamorata di lui!" No, caro
figlio mio, io lo amo il tuo papà, altro
che storie... "amo lui"... lo amo così
com'è. Che m'importa se è invecchiato...
anch'io sono invecchiata... Lui è i miei
ricordi, la mia vita... Sono i sentimenti
che contano... In quel famoso fax di 11
pagine m'ha scritto: "non lasciarmi, le
altre non contano,
conti solo tu,
dobbiamo stare insieme, è con te che
sono stato al mondo. " Ho pianto. E'
quello che mi dà, che conta... Sì è vero...
lavoro tanto per lui... quando è a casa mi
sembra di avere intorno un bambino
226
spastico...:"e dov'è questo? e dov'è quello?
Mi dai la gomma grazie, vorrei un paio di
calze... farei il bagno ma solo tu sai dov'è
il costume..." Certo, è un segreto di
famiglia! Lui... vorrei che lo conosceste
tutti... Gentile, generoso, lui è veramente
extra... Delicato, spiritoso, ironico, di
una intelligenza superiore... canta,
dipinge, scia... le ha tutte... eclettico...
geniale, anzi è un genio... Per bene...
Sempre svagato... distrattissimo.
Solo
quando deve organizzarsi le storie con le
sue ragazze, diventa attento, memorizza
tutto, pare uno della CIA.
intelligente... ma devo dire che in questi
ultimi dieci anni è diventato un po' più
pesante dei primi trenta... Non si può dire
che sia bello... ma ha un gran fascino...
Ma oggi... in questa mattinata dove sono
decisa a dire "basta", penso che forse ha
ragione mio figlio: sono innamorata di un
ricordo. Guardo mio marito... e di colpo
lo vedo com'è... non come l'ho "sempre"
visto... come è realmente.
227
Di colpo vedo le sue gambette corte...
Beh, le ha sempre avute corte, non è che
gli si siano accorciate con l'età... è che
quando era snello... non si notavano
tanto... le sue braccia... che quando mi
abbracciava mi facevano impazzire... Ma
erano quelle cose lì? Due braccettine
senza tono muscolare... da imprenditorintellettual...
stomaco
e
ventre
prominente... un po' ... (si esprime con un
gesto) pettorali che. . insomma, un po'
giù... Gli occhi così intensi, neri come il
carbon... che quando si perdevano nei
miei, mi facevano tremare... svenire... ora
li vedo sbiaditi... quattro capelli in testa...
la faccia stanca... le guance... che se gira
la testa di colpo... vola via.
Ciò
nonostante c'è una parte di me... che anche
in questo momento, sente una grande
tenerezza per lui.
Maledizione, ma perché s'invecchia?
Dovrebbe farsi la plastica - penso...
dovrebbe farla.
Io l'ho fatta... mi sono tirata via di colpo
quei dieci anni che m'intristivano... è stato
228
quando lui si era fidanzato ufficialmente
con...
Quando ho avuto la certezza che mio
marito faceva sul serio con una ragazza di
37 anni... più giovane di lui... che si
faceva vedere in giro... che frequentava gli
amici comuni che" attenti a non fare gaffe,
che stassera arriva la moglie" ho fatto il
giro delle farmacie di Milano... una
bustina per volta, e Veronal e Veramon e
Gibalgina e Optalidon... poi sono andata
da lui e gli ho detto che partivo. "Dove
vai?..." "Non so.... " "Ma perché te ne
vai... io ti amo... tu conti più di tutti al
mondo..." "Sì. Ciao".
Sbatto la borsa con tre cose dentro - in
macchina - e vado . Duecento metri dopo mi fermo - Poi riparto - poi mi rifermo. Penso a tutti i posti che conosco - alla città
- alle persone amiche - Penso.
Senza accorgermene mi trovo in ufficio.
Nel mio ufficio. Non ho più voglia di
andarmene da nessuna parte. Non c'è
luogo né persona che mi attiri. Nulla che
senta amico. Vuoto totale.
229
Penso a "lui", che sicuramente ha già
telefonato alla ragazza del momento:
Maria, Stella, o... non mi ricordo più...:"è
partita puoi venire".
Tolgo dalla borsetta tutto quello che ho,
libretti degli assegni, chiavi di casa, della
cassaforte.
Non mi viene da scrivere
niente. Dovrei chiedere perdono? Perché?
A chi? A mio figlio forse... Ma no... io
non servo più nemmeno a lui.
Forse ero un po' depressa (ride). Brutta
storia.
Casermona
popolare
di
trecento
appartamenti con nessuno dentro.
(ACCENNARE
CANZONI,
RICORDARSI SEMPRE AUTOIRONIA)
Ho tolto dal cartoncino...tutte le mie
pastiglie... ne ho fatto un bel mucchietto
davanti a me.
Ho preso una scodella, l'ho riempita
d'acqua ne ho messe tre o quattro in bocca
e giù a bere.
Su un foglietto ho annotato: 3 e giù a bere,
più 3.... e, fanno 6... più 3 e fanno nove...
Devo arrivare almeno a cento. Si fa una
230
gran fatica... ti si impasta la bocca... non
riesci a deglutire... ti viene voglia di
smettere... ancora 5... Ma cosa sto
facendo?! ancora tre... e 5... Credo di
essere arrivata a 50...
Forza, ora 5. Forza - mi viene da
vomitare - ancora 7.
E' meglio che mi stenda. Non voglio
cascare per terra. Lunedì si riapre l'ufficio.
Penso alle persone che lavorano qui. Non
me ne importa niente. Di nessuno
m'importa. Non sento niente. Ancora una
manciata. Che fatica. Mi stendo.
Non ricordo nessun "ultimo pensiero".
Chiudo gli occhi. Sto morendo.
Invece no.
Sento che mi sollevano di peso, mi
costringono a camminare... mi parlano,
gridano, io mi lascio andare non reagisco,
non voglio reagire "Deve camminare non
fermarti! Falla camminare!" ma chi parla?
...Chiama il marito... telefona all'
ambulanza ..."Quante ne hai prese parla!"
E' la voce di mia sorella... "Pensa a tuo
figlio, maledizione quante ne hai prese?"
231
chi è questo...mio marito... Ci sono
proprio tutti. Tutti uniti.
Una festa di famiglia.
"Sbrighiamoci... ha 21 pulsazioni...
portiamola via"
Chi
ha
parlato...
gli
infermieri
dell'autoambulanza.
M'infilano in un
lenzuolo per trasportarmi... mi sento
urlare... e non so proprio forse la rabbia
mi faceva uscire il fiato o forse l'ho
sognato
"voglio
morire!!!
(CONTROLLARE
ORIGINALE)
Lasciatemi maledetti voglio morire!!!" Per
un anno intiero non sono andata nel mio
ufficio. Morivo di vergogna. Non capita
tutti i giorni di essere trasportata per le
scale avvolta in un lenzuola perché la
barella non ci passa, tra gli sguardi degli
inquilini allibiti "una signora così per
bene!...pensa te!..." Finire al Pronto
soccorso seguita da una decina di parenti
mariti sorelle e la gente che ti guarda e i
medici gentili che ti fanno iniezioni da
ogni parte, una flebo nel braccio... ti
fanno bere un 700 litri d'acqua con dentro
232
non so che... "vomiti signora coraggio" e
tu che tiri su l'anima e tutti sono contenti e
non ti ricoverano perché sei persona
conosciuta... sì, capiscono.... ma certo lo
scandalo, i giornali... si figuri... e via che
torni a casa e dormi per un 5 giorni e
quando ti svegli sei così debole che non
capisci se è bene che ti sia andata bene, e
se ti è andata bene "veramente".
Riprendi a vivere la tua bella vita di
merda... un po' imbarazzata... senza il
coraggio di guardare la gente negli occhi...
e tutti che ti trattano come una che è
matta... e non come una che è disperata...
che ha bisogno d'amore... Anche voi, no?
Ho sempre avuto un morboso bisogno
d'amore.
Da piccola, avevo un 5, 6 anni e per
attirare l'attenzione dei miei,
ho
rovesciato qualche goccia d'inchiostro
rosso nel mio vasino della pipì. La mia
mamma,
sconvolta... "mio dio,
s'è
sviluppata a sei anni!..." - "No, no, forse
è un fatto renale un'emorragia, chiama il
dottore,
chiama il dottore!" Tutti
233
gridavano, piangevano... e quando, felice
di tanta attenzione ho tirato fuori la
bottiglietta d'inchiostro rosso, e hanno
capito... m'è arrivato un ceffone dalla mia
mamma, che ogni volta che sento l'odore
dell'inchiostro, mi tocco una guancia.
Meno male che hanno inventato le biro!
"La prossima volta mi andrà meglio. " Ho
avuto addosso per anni la voglia di
ammazzarmi...
specialmente
quando
scoprivo un nuovo amore di mio marito.
Maledicevo la mia debolezza...la mia
incapacità di reazione, di prendere su,
come si dice, e andarmene. Stavo lì
come una lumacona... senza forza ne
idee... a crogiolarmi nelle mie disperazioni
invece di... che so,
andarmene...
ammazzarlo... bruciarlo...
Cos'è?... non mi verrete a dire che voi
mai... mai neanche una volta avete
pensato o tentato di ammazzarvi.
E allora ho fatto il lifting... ovunque! Mi
sono fatta tirare su tutta!
Mi fa ridere il restauro della Cappella
Sistina.
234
Appena uscita mi sentivo di una bellezza
un po' disumana... un po' "2001 ritorno
dallo spazio" Tirataaa! I seni che
guardavano in su, ventre piatto come
quello delle mannequin di Versace, cosce
affusolate, stagne da Kabausoki, il
recordman keniota dei 10.000; i glutei: un
incrocio tra una negra e i guerrieri di
Riace. Bella ero, bella!... con l'anima!
Peccato che non mi abbiate conosciuto
allora.
Quando mio marito m'ha vista.. non mi ha
riconosciuta... Ho dovuto mostrargli la
carta d'identità e le impronte dei pollici
per convincerlo che ero io.
L'intervento? Una sciocchezza: 8 ore.
Ma cosa vuoi che sia... taglio, permanete,
messa in piega, ceretta, pulizia del viso,
maschera,
lampada abbronzante... ti
tengon sotto almeno sei ore...
Un'esperienza...
forse
un
po'
traumatizzante.
Vedermi davanti e di dietro 5 chirurghi
travestiti
da
extra-terrestri...
uno
messicano, uno indiano, , due brasiliani,
235
uno stregone svizzero , che ti disegnano
tutta... ti fanno le "pence", ti tirano, ti
staccano, ti scuoiano, ti ritagliano, ti
cuciono e ricuciono... ero molto nervosa...
preoccupata... io ho l'anestesia difficile...
ho il terrore di addormentarmi e non
svegliarmi più.
"E se poi muoio sotto ricucitura?"
pensavo.
Ma lo svizzero m'ha tranquillizzata:
"Faccio te nuovo anestetico di America,
droga fantastica... tu vai diritta in
paradiso... pardon, tu senti come in
paradiso... niente senti, quando svegli tu
belissimo!"
Oddio, mi cambia anche sesso?!
Alla mia entrata in sala operatoria col mio
lettino scorrevole ho incrociato quello di
un
famoso
uomo
politico
tutto
incerottato... s'era fatto fare il lifting...
ormai è di moda nell'ambiente... non solo
tra gli attori... Mastroianni, Manfredi...
Regan pare se lo faccia ancora adesso un
mese sì e uno no... Dicono che ormai è
236
tanto tirato che se appena sorride gli si
strizza il sedere e gli viene il singhiozzo.
Ieri sera avete visto De Mita in
televisione... l'ho trovato, nonostante le
preoccupazioni...
ringiovanito...
stupendo! Per me l'ha fatto anche lui.
Appena sistemata sul tavolo operatorio,
m'hanno spogliata nuda, tutta l'équippe
armata di pennarelli di vari colori ha
cominciato a disegnarmi dappertutto:
righe che andavano di qua e di là,
s'incrociavano sull'addome, si superavano
sui fianchi... fin sulle spalle. Zone
tratteggiate... Evidentemente erano le fette
di pelle da ritagliare... parevo la carta
d'Italia divisa per regioni, con i fiumi , i
laghi... Roma era l'ombelico, il capezzolo
sinistro Torino, quello destro Venezia...
Speriamo che non mi si allaghi la
Valtellina e non mi frani la Calabria,
pensavo.
Ero così immersa nei miei pensieri che
non mi sono nemmeno accorta che mi
stavano iniettando la droga americana. Mi
sono addormentata a picco sognante.
237
Sognavo che dei bambini giocavano con
le palline di vetro al giro d'Italia sul mio
corpo.
Ma ahimè... io ho il sonno ribelle anche
con l'anestesia... mi sono risvegliata a
metà lifting. Oddio, e che è quello?! Un
orecchio! Ho visto il mio orecchio posato
sul mio décolté... l'ombelico tirato su
all'altezza dei capezzoli... i seni sotto le
ascelle... e sentivo i glutei spostati sopra le
reni!
"Frankestein! Assassini, che mi state
combinando!!". Urlavo come una pazza.
Hanno dovuto farmi un'overdose di
Pentothal.
L'intervento è durato 8 ore... ma io mi
sono svegliata 18 ore dopo... tutta
bendata... la mummia Nefertiti.
Dalla fessura strettissima degli occhi ad
un certo punto t'indovino la sagoma dello
stregone svizzero: " Tu fatto anche cura
dimagrante veloce... spolpata 10 chili...
buttato via."
Non avrà esagerato? Speriamo di
dimostrare non meno di 38 anni,
238
altrimenti avrei dei guai con il passaporto.
Sono stata nascosta per un mese... avrei
dovuto raccontare di essere stata travolta
da un camion. Poi mi sono sentita, sono
stata benissimo. Rinata!
Dovrebbero passarlo come servizio
sociale,
il lifting... invece dei
tranquillanti... sì, con la mutua... sai
quanta gente triste tornerebbe a ridere?
Conosco un medico che li fa a rate... che
una, ora che ha finito di pagarlo è già
tutta ricrollata e deve ricominciare da
capo. Tira su sederi, toglie le "borse"
(accenna gli occhi) la pappagorgia... ti tira
su... ti tira via tanta di quella pelle in più
da ricoprirci una poltrona.
Ti
ringiovanisce anche le mani, se vuoi...
tutta... che se incontri la tua mamma, ti
porta a fare la prima comunione.
Se penso che da quarantanni sto sempre
con lo stesso uomo mi sento prendere da
un'ondata d'ira omicida.
Ma perché?!
Colpa della mia mamma... dell'educazione
che mi ha dato... Del "cattivlo elselmpio"
che m'ha dato: fedele a suo marito come
239
una suora di clausura! (cambia tono) Non
che io sia stata fedele a mio marito come
una suora... Per la carità!
Ho avuto eccome le mie storie, ma non
abbastanza... e per fortuna che le ho
avute!, altrimenti adesso starei tutto il
giorno a sputarmi in faccia. Vediamo un
pò, chi ha il coraggio di dire qui, ad alta
voce, davanti a tutti, come sto facendo il.
HO TRADITO MIO MARITO.
Però diciamo che vivevo malissimo i miei
tradimenti... le mie "trasgressioni".
Sensi di colpa da perdere sonno, appetito,
pianti
disperati
in
segretitudine...
singhiozzi tra le braccia di lui, del
tradente... "oddio cosa sto facendo?!..."
singhiozzi tra le braccia di lui, del tradito:
"Oddio che ho fatto!" "Micina amore
tesoro perché piangi?!"-"...non so... così...
per niente... sono una sciocca"-"Calmati
amore... non piangere micino mio... Mi
ami?"
Mi usciva tra i singhiozzi un urlo
strozzato. "Tanto!!!" "Non gridare così...
ti sente tutto il palazzo" Come soffrivo!
240
L'ho tradito, ma non ho mai pensato di
lasciarlo, lui ha sempre occupato il primo
posto nella mia vita. Il primo! E non l'ho
mai fatto soffrire!
(Cambia tono) Sì, dovrebbe proprio farsi
la plastica... non tanto... una tiratina... No,
non per me... io lo amo così com'è... ma
per le ragazze... anche per non essere
scambiato per il padre. (si può inserire
brano "DONNA SOLA - RAGAZZO
CIMITERO MADRE) Lui va pazzo per le
ragazze... C'è chi va pazzo dei bomboloni,
lui...
E' questo l'argomento del mio bloccarlo in
camera questa mattina. Le ragazze.
E lui lo sa e suda.
Mi spiace farlo stare male... ma.... non
posso più rimandare. (Prende il fiato)
Devo assolutamente parlare. (riprende il
fiato) Definire... (C.
S.
) Finire.
Inderogavbilel.
(PENSIERO: la gente vuole sempre
mettere la gente sui binari). "Ma via!...
dopo 40 anni di matrimonio stai ancora a
rompere perché lui... Ma lascialo
241
tranquillo... lascia che si sfoghi... tanto lui
ti ama! Non se ne andrà mai da te!"
Chi è che parla? Tutti quelli che conosco.
E' quel "non se ne andrà mai" che ora
m'ha messo in crisi. Un po' di tempo fa
ho chiesto al mio medico: "quando, gli
uomini smettono di fare all'amore?" "Hai
voglia, ragazza, (sono 40 anni che mi
chiama "ragazza": tu hai due età, quella
anagrafica e quella biologica,
cara
"ragazza"...) hai voglia! Gli uomini fanno
l'amore fino a 80 anni!" E' orgoglioso.
"Fino a 80 anni???!!! Dunque, lui ne ha
66 e io dovrei andare avanti ancora per 14
anni così? NO. "
"Tu hai il fuoco di sant' Antonio nello
stomaco... per non dire nel .... "
Seppur umano il bisogno di avere
distrazioni, più che comprensibile... ma
negli ultimi 20 anni gli è scoppiata come
una pazzia. A poco per volta, sempre più
intrepido, deciso... spavaldo: innamorato
di un'altra, poi un'altra ecc. poi un'altra,
ecc. ma sempre con me. "Non ti lascerò
mai amore... Tu per me sei tutto... come
242
mia
madre!"
(INSERTO
COPIA
APERTA) Non mi ha mai lasciata. Forse
una volta era sul punto di farlo... ma poi...
Dunque dicevo che 'sto fatto di fare
l'amore con altri... 'sta stronzata della
coppia aperta è stata proprio una
stronzata. Chi arriva alla coppia aperta
senza soffrire vuol dire che non ama più...
o che è stato educato in una certa maniera
in una famiglia speciale. Io non conosco
nessuno, dico nessuno, che abbia vissuto
questa esperienza senza morirci dentro.
Non sto facendo la tragica.
Ho detto
"morirci".
E' un fatto culturale da centinaia di anni...
forse un duemila... di una certa
educazione... ma vedo che anche quelli
che hanno 20 anni, non ci vivono bene
dentro a 'sta storia... soffrono come cani
sgozzati.
Solo uno dei due,
naturalmente.
Fingendo oltre tutto di
stare benissimo... poi si trovano con 4000
pastiglie di Veronal nello stomaco e hai
voglia a fare lavande gastriche, che poi si
sta malissimo.
243
Si sta malissimo.
(cambia tono) Poi ci penso su... e allora
quando tu... Questo pensiero mi viene
ogni volta che sono presa da un'ondata di
gelosia terribile. Ma per me era un'altra
cosa. "Lui non lo sapeva!" Questo è un
concetto magnifico, l'unico che abbia
espresso in tutta la sua vita, da una mia
mica, l'Antonia, una stupenda tutta
sedere e seno occhi blu, sempre piena di
storie tormentate, di amori straordinari
con conti e quasi re, giocatori di ragby e
sciatori, una "allegra" insomma, non che
fosse una puttana, scherziamo?... era una
che amava!... Quando ha saputo, dicevo,
che il marito che credeva fedelissimo, la
tradiva, al mio farle notare -"però anche
tu... lei m'ha risposto tra disperati
singhiozzi:"MA LUI NON LO SAPEVA"
che è poi un alto concetto filosofico: non
lo sa,
quindi non soffre.
Punto.
Semplice. l'importante, ricordatevi è che
l'altro, non sappia! Invece io, sapevo e
soffrivo come un cane. Anche se cercavo
di farmene una ragione... di capire: sta
244
invecchiando, sono gli ultimi... - GLI
ULTIMI? Speriamo!-... colpi...
Mette i fiori nel vaso... chissà perché è un
lavoro che gli piace fare.
L'unico,
"casalingo"...sì,
qualche volta fa da
mangiare anche cose buone,
ma
dobbiamo stargli intorno in diciotto e ci
vogliono quelle 6 ore a riordinare la
cucina e a lavare pentole ecc. Mette i
fiori nel vaso..." Guarda che belle... le
NOSTRE ROSE!!! Ti amo tanto!!!"
Una vampata mi va alla testa.
Menopausa?
Ira?
Pazzia?
Vorrei
sgozzarlo, incendiarlo triturarlo, brutto
schifoso-traditore-cane-bastardoinfingardo! (riprende il dialogo col
marito) Mi sembri il bambino che dice la
bugia alla mamma, ma porco Giuda io
non sono la tua mamma anche se tu sei
convinto che io lo sia!!!!
245
STAMPATO
BIOGRAFIA FRANCATENTATIVO
1) 633 Sto male di salute, ma mi sembra
di stare molto bene d'umore, mentre
invece mio figlio dice che tutte le malattie
che io sono riuscita(un vero primato!) ad
accumulare
negli
anni(che
vanno
dall'onicofagia-mangiarsi le unghie-,
tricotillomania-strapparsi
capelli,
attorciliarli stretti al dito anulare e infine
nasconderli sotto ai mobili. Quando uno è
in ansia, si strappa i capelli , se sola, si
mangia le unghie in presenza di altri. )E
me l'ha dimostrato enumerandomi tutto
quello che ho avuto negli ultimi due mesi
a Boston. "Oh, ma come sono felice,
rilassata!"Un bubbone della grandezza di
un mandarino nel seno sinistro, proprio
sopra a quello che chiamiamo cuore,
dolore ai reni con perdita di sangue, lastre,
calcoli frantumati, tracce anche in vescica,
dolori muscolari alle gambe, crampi
durante il sonno, gamba sinistra, dopo
immobilità di qualche ora, non rene e
duole. "Cos'è, il lazzaretto tutto di un
246
colpo?"NO, è che il tuo fisico si fifende
come può.
lanciandoti campanelle
d'allarme da una situazione che tu vivi
male. Fai l'elenco di tutte le malattie che
hai avuto negli ultimi anni, gli interventi,
malattie inimmaginabili ma ben tangibili
che vanno da una congiuntivite che ti
scoppia oggi, inizio di una commedia
che non ti piace e che ti sparisce il giorno
dopo l'ultimo spettacolo. Tu come un
pappagallo ripeti"sto bene"e sei pure
convinta, invece"credi" di star bene, ma
nel tuo subconscio stai malissimo?Tutta la
colpa è del subconscio. Froid ha detto un
sacco di cose relativammente importanti,
cose che anche altri avevano detto, l'unica
sua scoperta essenziale per la vita
dell'uomo per la sua mente è 'sta storia del
subconscio. 'Sta storia del subconscio
deve essere vera. Mi viene in mente una
tipa di Torino che lavora all'Einaudi, si
chiama Emilia, l'ho conosciuta tanto
tempo fa, mi raccontava della sua vita, nel
dibattersi nei problemi col marito da cui si
era separata, i figli, la suocere, l'amante
247
del marito, la moglie del marito. Tutti
questi problemi le procuravano fenomeni
fisici stregoneschi, reazioni sul suo corpo
che nessun medico aveva mai registrato su
alcun paziente. Che so, le lenti a contatto
che si gonfiavano a dismisura fino a
scoppiare, oppure che si bucherellavano
tutte.
Robe mai viste, tanto che
l'assicurazione
si
rifiutava
di
rimborsargliele. Mio figlio ha certamente
ragione. "Tu devi sbatterti, riuscire a
scavare, a ricordare, a scoprire cosa hai
dentro realmente, quale fatto vicino o
lontano ti ha portato a questo malessere.
Devi andare indietro, indietro mamma.
"Mi sono presa un registratore e via a
parlare a ruota libera. Come premo il
tasto per la registrazione, non mi viene in
mente niente.
Cerco di ralassarmi.
Vediamo. . il primo trauma. . per me è
stato un trauma e grosso. anche se poi,
ora, 30 anni dopo, mi rendo conto di aver
guardato i fatti con ecessiva enfasi. HO
scambiato una storia del tutto naturale per
una mancanza d'amore. L'ho vissuta
248
malissimo. Ho cercato di parlarne con lui,
ma subito mi sono interrotta, imbarazzata
dal suo imbarazzo. Impreparata, incolta
sul sesso:è la prima cosa che ricordo in
questa incursione nella mia vita.
Il mio rapporto con l'altro sesso è statoo
per moltissimi anni un rapporto "al
servizio";mai avuto stimoli sessuali, la
voglia di fare all'amore mi veniva se ci si
abbracciava e baciava... ma scivolavo nel
rapporto senza un grande desiderio di
sesso. . ero portata ad assecondare il suo
di desiderio. Del sesso, non sapevo nulla.
quello che facevamo, era venuto da solo,
l'avevamo scoperto insieme. autodidatti.
Ora, per fortuna è diverso. I giovani
sanno tutto. prima ancora di avicinar si ad
una donna. Mio figlio aveva un 13 anni e
già se ne stava con un libro di anatomia in
mano.
(IMENE, vedevo soltanto un
orecchio).
L'orgasmo, l'ho raggiunto
molto dopo che praticavo il sesso. Prima
fingevo.
Non me ne sono mai fatta un problema.
249
STAMPATO
NOTE PER BIOGRAFIA 21-5-93
� 1) L'impegno l"ho preso, ma da un'ora
almeno, me ne sto a guardare fuori dalla
finestra con il cervello completamente
vuoto, come se per tutti questi anni, e sono
tanti, non avessi vissuto, lavorato,
incontrato gente parlato, riso, pianto ecc.
Niente. Non mi viene niente. Ho la testa
affollata di pensieri confusi, suoni, rumori,
parole, facce(si scrive con la i, o no?)e fra
tanto disordine, non riesco a trovare la
parola giusta che mi dia modo di iniziare
con un minimo di coerenza. Da cosa
parto? Da dove? Sono nata eccetere
eccetera... Cosa faccio, anno dopo anno,
avvenimento dopo avvenimento in ordine
cronologico... Per l'amor del cielo. Sono
certa che arrivata alla prima elementare,
spengo la macchina e non ci penso più.
Non mi viene propio niente. Forse potrei
partire dalla prima grande emozione che
non ho mai dimenticato. . Veramente
sono due le grandi emozioni della mia
vita. Ma che dico, due. . Molte di più,
250
ma queste due sono le più grandi. La
prima:"Dario, sono in cinta".
1951.
Inutile spendere parole per
raccontare le difficolta in cui ci
siamotrovati, mi sono trovata. Immaturi,
impreparati in tutti i sensi. Spaventati.
Non in condizionedi fare un figlio, senza
contare mia madre, cattolica convinta.
ecc. ecc. Inutile spendere parole. Ho
abortito. 30.000 lire più la paura, e
qualcosa addoso e negli occhi, che per
mesi non m'ha lasciato. Di quell'ora
passata in una specie di ambulatorio, non
certo atrezzato per un intervento
chirurgico, ricordo il freddo, il buio che
c'era fuori, era notte, l'indifferenza e la
tensione del medico e dell'infermiera-non
gridi per favore, altrimente non la opero.
C'era paura in quella stanza, la loro e la
mia.
1951. Per l'aborto si finiva in carcere.
Oltre a "quella" paura per me c'era il
terrore per l'intervento che affrontavo
senza saperne assolutamente niente.
Niente altro che mi sarebbe stato fatto
251
senza anestesia, per me, e tutto per me,
c'era anche il peso di quello che stavo
facendo. Pensavo a mia madre, e ho
veramente desiderato di morire. Se ha
paura se ne vada. Non ho gridato. Credo
di aver pianto, ma non me lo ricordo.
Sicuramente ho pianto dopo, quando
Dario che stava ad aspettarmi m'ha
abbraciata. Stavamo male tutti e due, in
più io mi sentivo così colpevole d'essere
certa che non avrei più osato guardare
negli occhi mia madre. 2000 anni di
pregiudizi erano il pane quotidiano che
molta gente ha mangiato. Io, con mia
madre onestamente cattolica osservante e
convintapoi ne ho fatto indigestione. Per
Dario era diverso. (parlare di Brera
architettura, lotte operaie; blu di metilene
ecc. ) Ho incontrato altre volte quel
medico. Non ci siamo mai nemmeno
salutati.
Lui e diventato famoso.
Ricchissimo. Non ha mai fatto obiezione
di coscienza, dopo la legalizzazione
dell'aborto. Ho saputo che nulla era
cambiato nella sua attivita abortista. Solo
252
la tariffa. "Sono in cinta!". Il punto
esclamativo sta a sottolineare il
cambiamento dei miei sentimenti nel
comunicare questa notizia a Dario, mio
marito. . Siamo nel luglio del 1954. Mi
sono sposata il 24 giugno. Tutto è
regolare. Sono, in regola. Il giorno dopo
"la prima notte" legale che io e Dario
avevamo consumato già due anni prima,
telefonai appena sveglia alla mia mamma.
Nel sentire la sua voce, mi venne un nodo
di commozione. Ero uscita di casa...
avevo una casa mia. . insomma m'é
venuto il magone. "Che succede?C'era
apprensione, preoccupazione, imbarazzo e
non so che altro nella sua voce non ti ha
trovato in ordine?"Cara dolce mamma,
pulita, ingenua, tenera, così sicura di
quanto mi avevi insegnato da non essere
mai stata nemmeno sfiorata dal dubbio
che tua figlia, che se ne stava per mesi in
turné, potesse avere rapporti "stretti" con
il ragazzo con cui "filava" e col quale
lavorava.
Al "magone" s'é sostituito
l'imbarazzo d'aver tradito la sua fiducia.
253
Non lo vedevi di buon occhio quel
matrimonio, mamma:"é un attore, uno
spiantato, non fara mai niente nella vita.
Stai lontana dagli attori. Prendono in giro
le ragazze, si divertono e poi le piantano".
E dietro a quel"si divertono" si
nascondevano nefandezze innominabili.
1) A 20 anni, seguendo l'esempio di mia
sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la
nostra compagnia e inizio la mia carriera
nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si
possono immaginare le difficoltà di una
simile scelta in quel periodo del
dopoguerra , siamo negli anni 50 e quindi
alterno momenti neri a buone scritture
nelle compagnie di varietà più famose. E'
proprio in una di queste compagnie che
conosco il Dario Fo, anche lui alle prime
armi, che s'innamora subito di questa
"sventola
dolcissima",
(così
mi
chiamava)e si prende una cotta da
imbesuimento(così dice lui):"7 giorni a
Milano", ditta:le tre sorelle Nava e Franco
Parenti. M'é piombata addosso, é propio
il caso di dirlo senza che la cercassi, ne
254
sollecitassi nulla, per averla. Parlo di lei,
della notorietà. Di questo mio mestiere
non me ne é importato mai niente. Si
stenta a crederlo, ma é così. non ho mai
mosso un dito per avere di più, anzi, tutto
quello che negli anni ho ricevuto, di cui
ho beneficiato, l'ho avuto, "nonostante
me". Ora che ci penso bene, e mi
sconcerto, non posso nascondermi di non
aver mai desiderato qualcosa in
particolare. Non ricordo di aver mai
detto, ne pensato"se potessi avere. .
""vorrei""per avere quella cosa farei... "E
non perché avessi tutto, chi mai ha
tutto?Qualcosa certo l'ho desiderato, che
so, che non mi si ammalasse nessuno in
famiglia, che mia madre non morisse mai,
che i miei figli stessero bene... ma
insomma, tutte cose, normali. Del resto,
pellicce, vestiti, gioielli, parti, partone,
niente. Forse perché mi arrivava tutto di
da solo. Forse perché non mi restava il
tempo di desiderarle. Beh questo può
valere per quando ho iniziato a
guadagnare, ma per prima?Era così anche
255
prima?Sì. Era così. Forse mi ci vuole uno
psicanalista. Dicevo che m'é piombata
addosso la"notorieta", non che mi
dispiacesse, una certa sera a Cesena.
Compagnia Franco Parenti e le tre sorelle
Nava. Io dicevo una battuta:"Il Coriolano
é in cinque atti", ma ero lunga, bionda,
con i seni rotondi, e mi si vedeva. Alla
fine dello spettacolo, si presenta in
camerino un tipo con macchina
fotografica "sono un giornalista posso
farle una foto? Posso dire che un
produttore americano la lancerà come la
Rita Haiwort italiana?"
1953. Con Franco Parenti e Giustino
Durano Dario scrive il "Dito nell'occhio"
testo di critica politica e sociale che fece
grande scalpore e per i contenuti e per lo
stile di treatro ben diverso dagli steriotipi
del teatro così detto "leggero" di quegli
anni. Lo spettacolo ha un grandissimo
successo e gira per una stagione intiera
tutta Italia. Io debutto con loro nella
stagione invernale. (ricordarsi "spettacolo
sconsigliato" fuori dalle chiese. 1954 -
256
giugno.Dario debutta al Piccolo Teatro
sempre con Parenti e Durano con un altro
testo scritto da loro:"I sani da legare". Io
ho un gran magone, perché Parenti non mi
vuole in compagnia;Lo capisco anche se
nessuno esplicitamente me lo dice. Ma ad
un certo punto Dario, con molto
imbarazzo e malinconia, nel bar di una
piazzetta vicino a casa mia, me lo
comunica, ma in contemporanea mi
chiede di sposarlo. Lui dice di no, nega,
ma io sostengo, conoscendolo, che mi ha
chiesto di sposarlo per pareggiare il dolore
che sapeva che mi avrebbe procurato
l'essere scartata.
1954- 24 giugno. Ci sposiamo. In
sant'Ambrogio!Dario metterà il fatto di
essersi sposato in chiesa addirittura ne"gli
arcangeli non giocano al flipper":"sposato
in chiesa per accontentare
madre di lei molto credente".
Il
matrimonio è stato bellissimo. La notte
prima l'ho passata sveglia non per
l'emozione, ma perché stavamo nel lettone
della mia mamma in cinque. Io e quattro
257
amiche venute da Varese per farmi festa.
E a chiaccherare a ricordare, a ridere. E'
stata una bellissima notte. La mattina è
arrivato il Felice, padre di Dario, con una
macchinona presa a nolo, scendo le scale
della casa della mia mamma e lì, tutti gli
inquilini -del palazzo a buttarmi manciate
di riso... a farmi gli auguri, a strigermi la
mano... e io...giù a piangere. Poi arrivo in
chiesa. I giornali avevano da giorni
annunciato le nostre nozze, quindi, folla,
fotografi oltre ai parenti e agli amici. e
un'amica , che forse non mi era tanto
amica, mi allunga, proprio un secondo
prima che entrassi in chiesa, davanti a tutti
un magnifico buchè:gigli simbolo di
purezza. Facevo l'amore con Dario da due
anni, senza nasconderla altri che alla mia
mamma, e questi gigli li avrei mangiati
volentieri. Non ho potuto. Pranzo con gli
invitati all'Htel Milan, offriamo i confetti,
e poi ce la svignamo e andiamo a pranzo
col babbo di Dario. La "prima sera", io
sono in televisione, non ricordo più con
che spettacolo, Dario al Piccolo con "I
258
SANI". Sono andata ad abitare nella casa
dei genitori di Dario.
(controllare
archivio, c'è una foto simpatica"la sposa
d'italia")L'indomani mattina, telefono a
mia madre per salutarla... e non so com'è,
m'è venuto un gran magone. Mi sono
emozionata. Era veramente fatta. Ero
uscita di casa. E la mia mamma, e qui si
può leggere tutto il suo candore:"Che c'è?.
. Non ti ha trovato in ordine?".
L'impatto con la vita marito-casa-famiglia
è stato un gioco. Mi cimentavo con la
cucina, ma non avendo mai avuto niente
del genere come mia diretta e totale
responsabilità, avevo qualche problema.
Primo tra tutti, le dosi. Far da mangiare
per due. C'erano sempre tali quantità di
cibo bastanti per una caserma. Ricordo
una sera a cena Eugenio Tacchini, amico
di Dario d'infanzia che si mangiò almeno
sette piatti di minestrone. Io ero un pò
preoccupata. "Basta, Eugenio, starai
male. "No, no. E' tanto buono" Poi però
al cinema Orfeo, dove mi aveva
accompagnato a vedere "Roma città
259
aperta" durante la scena delle torture è
svenuto. "Accendete la luce-grido-c'è un
ragazzo che sta male". Arriva 23 la
polizia, lo portano fuori, nella hALL lui si
riprende... Si guarda intorno, vede i
poliziotti, e ancora sotto lo shok del film,
gridava"non
sono
stato
io!Sono
innocente!"Volevo morire. Poi s'è alzato,
è corso in bagno e ha vomitato totto il mio
minestrone. Gli ossibuchi mi venivano
bene. La prima volta che li ho fatti,
stando col filo telefonico diretto con mia
madre, Dario non finiva più di dirmi-che
buono che buono. Poi ha invitato i suoi
amici di Brera, Emilio Tadini, Alik
Cavaliere e altri . Ero un pò preocupata.
Un pranzo da sola, non l'avevo mai retto.
"Farò gli ossibuchi col risotto". Ho fatto
la mia bella figura. E Dario-ma che buoni
-ma che buoni!Ho continuato per almeno
tre settimane. E il povero Dario sempre a
dire ma che buoni-Poi, al ventesimo
giorno credo si sia finalmente ammutolito.
Ora, li mangiamo non più di tre volte
all'anno.
Al suo "ma che buono che
260
buono s'è aggiunto Jacopo. Lo dicono
insieme e poi scoppiano a ridere.
20 minuti dopo le nozze, si fa per dire,
resto incinta. Jacopo (un nome che mi
piace proprio come quasi tutte le cose che
fanno quei due tipi lì, dice nostro figlio) è
nato il 31 marzo del 55 a Roma.
Esattamente nove mesi e sei giorni dal 24
giugno dell'anno prima.
Gravidanza
terribile.
Ho vomitato sempre.
Mi
disturbavano gli odori, perfino i colori.
Mai più potuto mangiare ne vedere un
piatto di spaghetti. La sera del trenta,
stavo nel camerino del Teatro Quattro
Fontane dove Dario recitava. Chiedevo a
sua madre; la mamma Fo, "come sono le
doglie?Cosa si sente?Come si capisce che
è ora?"E lei, "quando senti una mano che
ti strappa le viscere... "e un'amica, anche
lei anziana"No Pina, non ti ricordi più.
Quando senti. . ". Nulla che mi
tranquillizzasse.
Anzi!Mi ritiro un pò
prima di Dario. Ormai ci dovremmo
essere... Preparo la valigia, roba per 25
me, vestaglia camicie ecc. e roba per il
261
bambino. (A quei tempi non si sapeva
prima se fosse maschio o femmina. Ti
dovevi fidare delle anziane:la pancia è
così, allora è maschio. No, per me è
femmina, non vedi come è messa?E via di
'sto passo. Comunque sempre"bambino"
si diceva. Se poi era femmina... Ero
emozionata. Arriva Dario. Baci baci.
Poi si mette a letto e si mette a leggere "il
Mondo" . Ho odiato molto quel giornale
per la sua grandezza. Ogni volta che D.
voltava pagina mi faceva un gran vento.
E io sternutivo. "Dario, mi sento strana...
""Dormi Nanina.
.
".
Dopo un
pò:"Dario..."-"Dormi Nanina". . e via a
girar pagine. . "Dario credo che mi si
sono rotte le acque. . ". "Dormi Nanina.
. ""Ma Dario!!!"Di corsa un taxi. Ora
siamo emozionati tutti e due. Clinica
Salus. Mi avevano promesso che mi
avrebbero dato dell'etere. In sala parto
grido;Etere!Etere!La levatrice mi dà una
carezza;"sì cara, sì, suo marito è
fuori"Etere!!"Il fatto è che la signora in
questione era veneta e pensava che nel
262
momento supremo io chiamassi mio
marito:Ettore!Ettore!Poi finalmente è
arrivato il medico. Sento un vagito.
"Brava signora. 3 chilogrammi e 9. "Ho
fregato la Clara. La Clara era una brava
ragazza moglie di mio cognato Fulvio, che
però era molto quotata all'interno della
famiglia, e quando dico famiglia intendo
mia suocera, in quanto professoressa di
lettere, non attrice. Quindi sicuramente
migliore di"quella lì che 26 non solo fa
l'attrice, ma mi ha anche portato via ei me
testun. "Sì, all'inizio mia suocera era solo
mia suocera;Non aveva simpatia per me e
devo dire chefaceva l'impossibile per
farmelo capire. Mi addolorava molto non
essere amata da lei. Ma si sa, gli inizi per
qualsiasi cosa tu intraprenda trovi
difficoltà, figuriamoci il rapporto con la
mamma di lui.
Mia suocera m'ha
conosciuto bene. E' diventata per me la
mamma
Fo,
e
mi
ha
amata
profondamente, come profondamente io
ho amato lei. La frase che mi diceva con
orgoglio era "io l'ho messo al mondo, tu
263
l'hai fatto". Ma pensa te!Ce ne vuole èh !!
Con la leggerezza dei pazzi usciamo dalla
clinica con il nostro fantolino in fasce e ci
"accasiamo" ospiti di un fotografo di cui
non ricordo il nome, che aveva una
splendida casa in via Parioni;Davvero
splendido appartamento. L'unico difetto
non indifferente per una coppia con un
bambino di 8 giorni che questa
principesca dimora, era completamente
priva di mobili, (se li era portati via il
padre dopo una lite. Ma erano mesi che
l'appartamento era in queste condizioni).
Due brande, una sedia per comodino;un
tavolo in cucina, qualche sedi, forse, e un
telefono con un fili chilometrico che il
nostro amico si portava sempre appresso.
Non volendo umiliare la sua generosità
(forse era ubriaco quando ce l'ha proposto,
non so) ci siamo sistemati alla
bellemeglio. Il bambino ha pianto per 8
giorni di fila.
Per quanto spirito di
adattamento avessimo non riuscivamo
proprio a comunicarlo a questo tipo
appena nato, che non sapeva proprio
264
niente della vita. a cavarcela e per le
scomodità e per la mia inesperienza. Al
nono giorno, decidiamo di tornare in
clinica. Ci hanno presi a braccia aperte.
Ci hanno dato una bellissima camera,
vicino alla sala parto.
Ci siamo
addormentati tutti e tre e abbiamo dormito
per almeno un giorno finalmente
rilassati;Dario come vedeva in corridoi un
padre in apprensione per la nascita del suo
bimbo si avvicinava e s'informava. parto
cesareo. 27 "Sa, è un . "E Dario:"non si
preoccupi anche Franca ha avuto
ilcesareo. . è una sciocchezza. . vedrà"E
quello si consolava. E un altro" è messo
di piedi!""Non si preoccupi, anche nostro
figlio è nato di piedi. . è andato tutto
benissimo.
.
il ginecologo è
straordinario" . Solo quando un padre era
preoccupato perché la moglie stava
facendo 2 gemelli D.
è stato senza
parole. Non poteva dire:anche Franca. .
E via di questo passo. Ci siamo stati tre
mesi.
Quanti padri e quante madri
abbiamo rinfrancato. Qualcuna ci viene
265
ancora a trovare con i il figlio nato proprio
in quei giorni. Che benissimo! Intanto,
abbiamo comperato una casa in via
Nomentana,
l'abbiamo
arredata
e
finalmente ci siamo andati ad abitare.
Tutti tre.
Il bambino cresce. Noi facciamo films. Il
primo "Lo svitato". Il soggetto era di
Dario. L'aveva letto a Zavattini che ne fu
entusiasta. Regia di Carlo Lizzani. Dario
era troppo inisperto per aver voce in
capitolo con gli sceneggiatori che gli
avevano messo al fianco"sei autori in
cerca del personaggio" li definì Nello
Santi, il produttore. Ne è uscito un film
sbagliato con qua e là momenti da
cineteca.
Avremmo dovuto avevre i
mezzi e la forza di ritiralo, rigirare quello
che ci sembrava sbagliato e riproporlo.
Ma non ci abbiamo nemmeno provato.
Forse non l'abbiamo nemmeno pensato.
Clamoroso insuccesso. (troppo avanti
_Ricordarsi TATI) Credo che sia il film
che incassato meno negli ultimo 50 anni.
Dopo lo svitato Dario alterna al lavoro di
266
attore quello di sceneggiatore, e viene
addirittura scritturato fisso alla Ponti de
Laurentis come gags-man a 2.000. 000 al
mese. La cifra era astronomica. Lavora
con sceneggiatori del calibro di Age
Scarpelli Pinelli(sceneggiatore di Fellini)
Antonio Pietrangeli.
(indicare films.
Titolo) Io interpreto partacce in films tutti
lacrime, core, cosce e zinne. Sono 28
quasi
sempre
in
cartello
come
"partecipazione
straordinari",
mi
pagavanp bene, ma quei films di
straordinario non avevano null'Altro che il
materiale umano col quale venivo, grazie
a loro, in contatto. TINA PICA-GIUDA.
POI VENGO SCRITTURATA DAL
TEATRO ARLECChino a Roma, per
interpretare un testo di Feiduau che
sembrava scritto per me:"non andartene in
giro tutta nuda"Dario scrive per i fratelli
Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla
un atto unico"gli imbianchini non hanno
ricordi". A quel punto gli propongo di
ritornare a Milano e farci una compagnia
nostra.
267
Ci proponiamo a Paolo Grassi allora
direttore del Piccolo teatro che ci regala
fiducia, amicizia dandoci il teatro per ben
tre mesi. Debuttiamo così, in un caldo
infernale, tutti soli, (sì, c'erano altri attori
da noi scritturati, ma la responsabilità
della compagnia era solo nostra) con
"Ladri, manichini donne nuda". Scritto
diretto e interpretato da Dario, sue erano
anche le scene e i costumi. Io facevo
l'attrice ma mi occupavo di un sacco di
cose;Mio fratello Enrico era il nostro
amministratore-attore se necessario. Ha
guidato la nostra compagnia con grande
abilità, riuscendo a farci stare in pieda
anche senza alcun aiuto ministeriale ne
dell'ETI(ente teatrale italiano che avrebbe
dovuto appoggiare più che mai la nosytra
compagnia in quanto recitava opere di
autore ITALIANO. Ma sia noi che
EDUARDO De FilippO abbiamo avuto
grazie alle nostre scelte politiche , vita
grama con tutte le forza statali e
parastatali).
1958:"Comica finale" quattro atti unici
268
scritti da Dario, su canovacci della mia
famiglia. Dario aveva sentito queste
storie mentre io le raccontavo a Jacopo
per farlo addormentare. Ma de gli atti,
che gli ho passato "bocca a bocca", il
migliore
era "un morto da vendere" che aveva
completamente
scritto, ambientandolo
nell'800 come gli altri. Il migliore. Non
si pensi che accecata dall'amore io possa
dare a Dario meriti che non ha. Non l'ho
mai fattao. D'altro canto basta leggersi le
"comica finale pubblicato da Einaudi per
vederlo.
RICORDARSI
DIFFICOLTà
FINANFIARIE.
STABILE
TORINO;EPISODIO
"CANNAS
L'AMORE è PIù FORTE
Siamo al teatro Gerolamo di Milano.
Andiamo avanti con grande fatica. Il
teatro è conosciuto come teatro delle
marionette. Se il mio cuore aveva un
fremito al ricordo della mia famiglia,
questo fremito non poteva riempirci il
teatro. La prima fu un disastro. Abituati
269
ai palcosceninci grandi, il trovarci senza
prova alcuna in uno spazio grande come il
bagno di casa mia, ci ha messi in grande
difficoltà. Devo riconoscere, che come
unica volta nella storia della nostra
compagnia, la critica ufficiale presente
allo spettacolo non ha menzionato i 3OOO
incidenti che si sono susseguiti nelle tre
ore. Proprio in quel teatro, quasi sempre
vuoto ci è arrivata inaspettata la possibilità
di debuttare in un grande teatro:il teatro
Odeo.
Stagione 1959-60-"Gli arcangeli non
giocano al flipper" teatro Odeon di
Milano. Mille posti. Grande successo di
critica e di pubblico. Tutte le sere "il
Bossino" che in realtà si chiamava Bossi
direttore del teatro,
non appena lo
spettacolo iniziava si metteva in quainta
con un foglio sistemato sulla fronte, con
scritto in grande l'incasso della serata. Il
copione di questo spettacolo ci fu
sequestrato per le troppe battute a soggetto
che abbiamo aggiunto, non autorizzati.
Abbiamo collezionato "rapporti
al
270
questore di ogni città dove si lavorava, per
un totale di 280, tanti, quanti furono le
repliche dello spettacolo.
questura"
Abbiamo girato tutta l'Italia facendo
esaurito ovunque. DATI STATISTICI E
INCASSI NUMERO SPETTACOLI
DENUNCIA POLIZIA PER CENSURA.
inpiù di una occasione rischiamo di non
poter andare in scena.
1960-61 -"Avevav due pistole con gli
occhi bianchi e neri". opera che tratta
della connivenza tra fascismo e borghesia,
tra malavita organizzata e potere.
L'intervento della censura è pesantissimo,
ci massacrò letteralmente Decidemmo di
andare in scena egualmente senza tenere
in conto alcuno i tagli. Ci fu un braccio di
ferro piuttosto teso tra noi e il prefetto di
Milano che ci minacciò di arresto
immediato, ma alla fine, preoccupato
dello scandalo che ne sarebbe venutoo, il
ministero tolse i tagli. il testoE' con
questo spettacolo che mi conquisto agli
occhi di mio marito, un ruolo diverso da
271
quello di sempre. Per la prima volta non
accetto il testo a scatola chiusa certa del
successo di sempre. Qualcosa non mi
convince. Lo comunico a Dario. Si è
discusso mica male. Mio figlio aveva sei
anni e ancora se lo ricorda. Credo sia
stata la prima discussione accesa alla
quale asssistesse. Non ci aveva mai visti
così, era un pò spaventato. "Dimmi cos'è
che non funziona!Dimmelo!"e io:"non lo
so". "più forte il Dario:"dimmelo!" "Non
lo so, ma c'è qualcosa che non va.
"(Quante volte negli anni futuri s'è
ripetuta questa scena?) Jacopo piange
senza gridare, e anch'io scppio a piangere
gridando come un bambino disperato. Era
la prima volta che vedevo Dario fuori
dalla grazia di Dio. "Ora, lo rileggo tutto.
. cercherò di individuare... di capire... poi
ti dirò...".
Leggo e prendo appunti.
Dario, per tutto il tempo ma guarda serio.
In piedi. Mi stavo innervosendo. Dopo
due ore, più imbarazzata che mai:"taflierei
qui, qu, e qui. "D. ci pensa un pò su, e
poi:"forse hai ragione, ma prima
272
preferisco provarlo col pubblico. "
Debutto: successo di stima. Il giorno
dopo D. mi dà il copione:"fai i tagli che
proponevi".
1961-62:"Chi ruba un piede è fortunato in
amore".
Dopo sporadiche apparizioni nella TV. di
stato approdiamo alla televisione sulla
neonata
seconda
rete,
(1962
PRIMAVERA) con sei puntate tutte
nostre:"Chi l'ha visto?". Subito dopo dalla
direzione Rai ci viene proposto di
condurre
"Canzonissima"il
grande
concorso canoro abbinato alla lotteria di
capodanno la trasmissione di maggior
interesse popolare dell'ente. D. scrive i
testi che prima dell'inizio della
trasmissione ricevono il benestare della
direzione nella persona del dott. Pugliese
direttore generale(?). Ma già alla prima
puntata la stampa reazionaria si scatena
criticando ferocemente la più che delicata
critica politico sociale contenuta neitesti.
Di puntata in puntata gli attacchi, le
polemiche sulla stampa non si contano.
273
L'indice di ascolto è altissimo (anche se al
processo, uno dei tanti che c'è stato la
direzione Rai tentava di
sminuirci.
dicendo che nessuno ci vedeva. TAXISTI
RICORDARSI) l'Italia era divisa in
due:chi ci ama, e chi ci odia, ma tutti lì,
davanti al televisore il sabato sera. Ad
ogni trasmissione
ci vengono imposti
tagli e censure sempre più pesanti.
(FIORI SENO. GAMBA SINISTRA)fino
a che all'ottava puntata decidiamo di
abbandonare la trasmissione. La famosa
"Canzonissima", il FANTASTICO DI
OGGI, va in obda senza presentatori.
(RICORDARSI WALTER CHIARI E
BRAMIERI)e quando l'annunciatrice
all'inizio della trasmissione dice:d. FO e
F. Rame si sono tritirati, una quantità
incredibile di telespettatori si rovescia
nelle strade di Milano, tutti quanti diretti
al palazzo della fiera dove si teneva la
trasmissione. Quando usciamo(eravamo
stati su consiglio dei nostri legali nei
camerini nostri fino alla fine della
trasmissione) ci troviamo davanti una
274
folla di gionalisti, fotografi e migliaia di
persone.
In molti erano venuti per
dimostrarci la loro calda e commossa
solidarietà.
Questa fu la prima e credo l'unica volta
nella storia della Rai che due "attori"
rifiutarono di "abbioccarsi" d'innanzi alle
imposizioni ai tagli, all'arroganza del
"padrone"ai soprusi.
SALA DI CESENATICO 29 LUGLIO
1992 ... e speriamo bene!
1) LIBERA ASSOCIAZIONE DI IDEE
scaletta avvenimenti da arricchire e
tagliare
Buona seraaaa! Da quando non partecipo
ad un festival dell'Unità...pardon.... del
PCI... Oddio ho sbagliato ancora... Beh,
insomma, ci siamo capiti. Vediamo un
po'... cos'era?... il 67... 68?... 25 anni fa!
(Cambia tono) Me ne sono fatta un sacco
di festival dell'Unità... c'era sempre Pajetta
per il comizio di chiusura, e io che gli
offrivo un cestino vietnamita. Tutti gli
anni col cestino vietnamita!... a parte che
sono sicura che il cestino fosse sempre
275
quello.
Mi facevo il mio stand... vendevo di tutto,
una volta libri... l'altra prodotti russi... Una
volta perfino scarpe, ho venduto al
Festival... scarpe per bambini. Era il 1966.
Ero andata in una ditta vicino a Como...
ed il Festival era per la sezione di
Cernobbio, il paese dove abitavo con mia
madre, Dario, e i miei figli. Sì, ho detto
"miei figli". Tre. Personalmente ne ho
confezionato uno solo... Jacopo, ma ho
tirato su altre due bambine; Gaia figlia di
mia sorella divisa dal marito e Enrica,
figlia di mio fratello diviso dalla moglie...
In 'sta ditta di scarpe, mi hanno fatto una
gran festa...: "Oh signora, che onore! Me
la ricordo in Canzonissima... "Tutti si
ricordano di Canzonissima. Come mio
suocero della guerra 15-18, s'è preso
anche una medaglia d'oro, e... un
ginocchio d'argento. "Brava, brava
com'era brava! Anche suo marito, bravo,
bravissimo!" "Grazie... grazie... Avrei
bisogno di comperare... delle scarpe non
troppo
costose...per...
una...
festa
276
benefica..." "Che festa benefica è?" "Ma...
per dei bambini..." Se avessi detto:
Festival dell'Unità, mi avrebbero aizzato
contro i cani.
"Le do tutto il campionario... a mille lire...
" 1000 lire?! In negozio le avrebbero
pagate almeno 20.000: scarpe magnifiche!
Io le ho vendevo a 10.000 e chi le
comperava, faceva un affare. Scarpe,
tortini dolci, "pesca" dopo aver girato casa
per casa a chiedere roba vecchia da
buttare... vasetti di fiori... Le solite cose,
insomma. Abbiamo lavorato come belve
per tre giorni. Ero contenta come una
Pasqua... avevamo incassato un sacco.
Contavo i soldi con i compagni...più di tre
milioni! Poi ho scoperto che tutto il
nostro attivo più "un debito" che ci siamo
dovuti accollare tutti noi iscritti, erano
serviti per pagare una cantante che il
segretario della sezione aveva ingaggiato
a una cifra astronomica senza dire niente a
nessuno.
"Ma come, qui ci siamo fatti un mazzo
così per tirare su quattro lire e tu le vai a
277
buttare, tutto per tuo conto... per di più ti
indebiti anche... per una che viene a
cantare... di cui a nessuno frega niente... e
tutto per sfiducia nelle nostre forze! E
tutto per scopiazzare quei megalomani dei
compagni delle città che sono loro che
sostengono il mercato del disco facendo
cantare i cantanti ai festival... per di più li
strapagano... in una sera si beccano cifre
che un operaio non vede in due anni.
(Cambia tono) Un po' di demagogia.
(riprende a gridare) Tutto da solo decidi!!
Bel centralismo democratico! Sai cosa
sei? Uno stronzo! E io straccio la tessera!"
E tutti che gridavano "Sì sei uno stronzo!!
Stracciamo la tessera stracciamo la
tessera!"
Alla fine per evitare un esodo in massa, ho
dovuto far da pacere e perdonare il
Rocca... si chiamava così il segretario
della sezione... Rocca... ma che però ha
dovuto fare l'autocritica, seduta stante,
davanti a tutti... Poi, abbiamo brindato alla
pace e hann fatto bere anche me
notoriamente astemia... stanchi morti e un
278
po' ciucchi, abbiamo cantato Bandiera
rossa e l'Internazionale ... e ci veniva da
piangere. A quei tempi ci si commuoveva
facile. La sezione di Cernobbio... Ci
venivano anche i miei figli... si
organizzavano serate... dibattiti... litigate...
Jacopo e le bambine erano i più giovani
iscritti alla F.G.C.I della Lombardia.
Avevano 11 anni e facevano la prima
media.
(JACOPO CERCA DI PRECISARE, non
mi ricordo bene) Erano molto attivi...
passavano tutte le loro ore libere dalla
scuola, a fare inchieste. In una zona
bianca come il comasco... la brianza, ad
esempio, con carta e penna o registratore
fermavano le donne del paese e candidi
chiedevano:"Cosa ne pensa signora della
pillola? Lei la prende?" Immaginatevi le
reazioni! Oppure tornavano a casa e: "Da
oggi, tutto quello che è americano...( si era
durante la guerra nel Vietnam in questa
casa non entrerà!" A conti fatti si poteva
mangiare solo pane riso spaghetti. Via la
Coca-cola, via questo via quello. Ogni
279
cibo confezionato veniva scrutato con
grande diffidenza e doveva essere solo
Made in Italy, massimo roba Svizzera.
Jacopo, s'è preso anche uno schiaffo da un
insegnante... c'era uno sciopero degli
studenti a livello nazionale... loro tre, gli
unici, stavano davanti ai cancelli della
scuola e cercavano di convincere i
compagni a scioperare, il professore di
ginnastica li tira per un braccio, li spintona
e cerca di farli entrare in classe... loro
fanno resistenza e via che vola un ceffone
sulla faccia del "mio bambino"!! Quel
che è successo dopo non ve lo posso
neanche descrivere. Sono venuti tutti i
professori, preside compreso, a casa
nostra a chiedere pietà per il malcapitato.
Avevano
saputo
che
stavamo
organizzando la " marcia sulla scuola" di
Cernobbio, anche con i miei compagni
della sezione Garibaldi... di Milano, la più
battagliera della città. Abbiamo perdonato,
ma abbiamo preteso un cartello affisso
davanti alla scuola dove il professore
chiedeva scusa ai ragazzi malmenati e
280
dove si ribadiva il diritto costituzionale di
sciopero anche del cittadino al di sotto dei
14 anni. Mi ricordo che per le elezioni
del... (non mi ricordo la data) mia
mamma, 80 anni era a Montecatini, mi
telefona e mi fa: "Devo tornare a votare..."
"Mamma, non preoccuparti... " dico senza
neanche un briciolo di vergogna "stai lì
tranquilla... gli anziani possono votare
anche dopo..." Che stesse pure a bersi le
acque. Sapevo che se fosse tornata in
tempo avrebbe votato D.C.! La sera in
sezione preoccupata ne parlo con i
compagni, ben decisa a non fare avere un
voto in più alla Dc. e sbotto solenne:
"Compagni!, se mia mamma torna,
facciamo un seggio finto qui, in sezione,
le diamo una scheda di quelle per la
propaganda.. e la faccio votare qui."
Silenzio di tomba! Pausa. Il il segretario
Rocca, con la sua faccia onesta e pulita
paonazza di indignazione, fa per parlare e
un compagno gli grida: "Zitto tu, che hai
speso i soldi per la cantante che ancora
stiamo pagando i debiti!" Ricade il
281
silenzio di tomba... Tutto il direttivo... che
erano poi in tre... quasi in coro
fa:"Pensiamoci su..." poi uno intona
"Avanti o popolo alla riscossa..." gli
facciamo coro, commossi da tanto ardire!
Poi, per fortuna mia madre se ne è
dimenticata... Mi sono iscritta al Pci... alla
fine degli anni 50... Ho debuttato a otto
giorni, ne il figlio della "Genoveffa di
Brabante", in braccio alla mia mamma.
Non parlavo tanto quella sera lì...Via via
che crescevo, ho interpretato tutti i ruoli
possibili ed immaginabili maschili e
femminili. Andavo a scuola, e lavoravo la
sera... Quante volte mi sono addormentata
nelle casse dei costumi? Poi è arrivata la
guerra. A Varese dove avevamo sede
fissa... i bombardamenti non si
sentivano... Sì, qualche volta buttavan
qualche bomba sulla fabbrica d'aerei, la
Macchi... ma non la beccavano mai. Si
recitava a Varese e nei paesi intorno. Si
circolava con un permesso speciale per le
ore del coprifuoco, ci spostavamo con una
corriera che chiamavamo "Balorda" a
282
causa del comportamento bizzarro che
aveva, che più che al suo cattivo carattere
andava attribuito agli anni. In certi paesi,
nei quali ad una certa ora del giorno si
passava, nei turnichè particolarmente
ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci
aspettavano... ci spingevano ridendo come
matti, poi la sera ci raggiungevano ed
entravano a godersi lo spettacolo gratis.
"Siamo quelli che abbiamo spinto la
"Balorda." "Passate". Non era bello girare
di notte... durante la guerra ma noi
ragazzi, non ce ne accorgevamo... si
cantava, si rideva... evitando di guardare
fuori dai finestrini... Non si vedeva una
luce! Una notte un gruppo di tedeschi e
camicie nere ci hanno tenuti bloccati sino
all'alba. Se quell'alba avesse portato la
notizia di una missione tedesca andata
male ci avrebbero fucilati tutti. L'abbiamo
saputo qualche giorno dopo. Altre
volte,capitava che ci fermassero dei
partigiani. Non dicevano
"siamo
partigiani" ma erano in borghese con i
mitra! "Signor Rame - facevano a mio
283
padre - ci dà un passaggio?" Li facevamo
salire. Più avanti capitava d'incontrare
picchetti fascisti
che ci fermavano.
Un'occhiata al lasciapassare "Buona sera
signor Rame... com'è andata la
serata?""Benissimo!" "Buona notte."...
"Buona notte" e via che ce ne andavamo...
senza un goccio di sangue in faccia a
cantare con più forza di prima. Anche i
partigiani cantavano. Gridavano più di
tutti! Dicevo che mi ero iscritta al PCI alla
fine degli anni 50. Mi ricordo che il
giorno
dell'iscrizione
ero
molto
emozionata. Ci sarebbero voluti due
compagni a presentarmi, ma ero
conosciuta... quindi se ne è fatto a meno.
Ho fatto il mio primo colloquio politico
con Tortorella... me lo ricordo dietro alla
scrivania... molto compreso nel suo
ruolo... un po' imbarazzato.. ma serio... fin
troppo. Quanti anni sono passati... quanti
salti all'indietro abbiamo fatto! Quanta
"roba" è crollata, muri... fede, ideali,
ideologie...
speranze...illusioni...(
Ricordarsi manifestazione blocco giro
284
d'Italia. "Siamo con te Dario").
Nei primi anni del settanta... non mi sono
più riconosciuta nel PCI. vedevo che
teoria e pratica se ne andavano per strade
diverse... che quello che mi capitava
intorno, non corrispondeva a quanto stava
scritto dietro la mia tessera... allora, come
tanti, me ne sono uscita. (1)
285
STAMPATOLA GOGNA: ognuno nella
piazza della sua città.
Ai colpevoli di truffa ai danni delle casse
della comunità, si imponeva il castigo
della "culata". Venivano sollevati di peso
a gambe ripiegate, da due giustizieri e
quindi lasciati cadere di schianto su una
pietra che, a furia di sederate, diventava
concava.
I castigatidi sedere si riconoscevano
all'istante in quanto, causa i contraccolpi
della culata gli si incassava il collo, la
testa si rincalcava fortemente fra le spalle
tanto da farli sembrare tartarughe col
vestito.
Vi ricorda qualcuno? V'è venuto in mente
Andreotti? Sì, parlo proprio di lui... Tra
parentesi... avete visto che da che è morto
Lima non ha più aperto bocca? Ha
aumentato solo, prima di andarsene, del
25% lo stipendio dei suoi amici Vip dei
baracconi statali.
Nella sua eterna carriera di governo ha
combinato truffalderie e imbrogli a non
finire... Un sacco di volte s'è tentato di
286
beccarlo in castagna,
ma lui,
con
straordinari colpi di reni, se l'è sempre
cavata. Credo che, uomo di cultura com'è,
sia a conoscenza del castigo della culata! e
addirittura soffra della sindrome... Sono
certa che il suo aspetto sia la conseguenza
di una memoria genetica... trasmessa dai
suoi avi, che sicuramente hanno subito
una serie notevole di culate... "nei secoli
dei secoli."
del lessico e dei valori, specie, di quella
comunemente detta "della morale civile."
287
Salita in macchina di colpo non mi è
venuto in mente neanche un posto dove
mi sarebbe piaciuto andare. Li ho fatti
passare tutti. Ho pensato anche all'estero
vado a Parigi... Londra... Bruxelles...
Dopo un'ora di riflessioni e giri turistici
col cervello, prendo tempo e vado in
ufficio. E' sabato pomeriggio. Non c'è
nessuno ne deve venire nessuno. Sì, nel
mio ufficio: 360 metro quadrati, 11
stanze. Beh, a parte questo fatto, vado
nel mio ufficio.
Imprevisto! C'è mio nipote e un nostro
collaboratore: Walter. "Che fate qui?"
"Nulla... avevamo da chiudere una storia...
stavamo andandocene. E tu che fai?" "ho
da fare..." Loro se ne vanno. Mi sono
guardata intorno...
Più avanti - dallo schermo che ripete
fedelmente le sue parole, il pubblico
capirà che si è bloccata, e che è arrivata
ad una lettura fedele di quello che è del
288
suo essere donna-persona. Via via la presa
di conoscenza, di se, attraverso i ricordi.
Sono stati anni di lotte fure,
manifestazioni, sindacato, licenziamenti,
Vietnam (vedi biografia), feste dell'Unita,
e i garofani rossi del P.C.I. ad ogni prima,
e Togliatti quando è venuto al Teatro
Eliseo 1962 e l'amicizia con Amendola e
sua moglie, e le migliaia di compagni che
si conoscevano, e gli spettacoli per le
fabbriche in occupazione... e ... e...(pezzo
manoscritto dietro la pagina numero 5
inserto 1 Cinzia)
Ma il mio partito era lì, immobile, senza
niente vedere, capace solo di sbraitare
contro i gruppi che loro chiamavano
gruppazzi... di chiedere che "si facesse
luce" ad ogni atto criminale sul quale la
289
luce già brillava a denunziare con
evidenza il colpevole... in coda su tutto,
arrancante ed elefantiaco... pieno di case
del popolo svuotate di ogni ideologia...
senza più una biblioteca... dove
importante era "incassare" fare soldi.
Il tutto con la persuasione che è inutile
sollecitare lo sviluppo di una cultura
proletaria, giacché non esiste né può
esistere. "Esiste una sola cultura, - dicono
quelli " che sanno ", - al di sopra delle
classi. La cultura è una, così come è una
la una e uno è il sole che splendono
indifferentemente per tutti quelli che se ne
vogliono e se ne sanno servire.
Facemmo teatro nelle case del popolo,
nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una
capanna di via Colletta a Milano, alla
famosa palazzina Liberty,
sempre a
Milano,
che
ristrutturammo
completamente e che poi ci fu tolta.
290
Ho tolto dal cartoncino... tutte le mie
pastiglie... ne ho fatto un bel mucchietto
davanti a me.
Ho preso una scodella, l'ho riempita
d'acqua ne ho messe tre o quattro in bocca
e giù a bere.
Su un foglietto ho annotato: 3 e giù a bere,
più 3.... e, fanno 6... più 3 e fanno nove...
Devo arrivare almeno a cento. Si fa una
gran fatica... ti si impasta la bocca... non
riesci a deglutire... ti viene voglia di
smettere... ancora 5... Ma cosa sto
facendo?! ancora tre... e 5... Credo di
essere arrivata a 50...
Forza, ora 5. Forza - mi viene da
vomitare - ancora 7.
E' meglio che mi stenda. Non voglio
cascare per terra. Lunedì si riapre l'ufficio.
Penso alle persone che lavorano qui. Non
me ne importa niente. Di nessuno
m'importa. Non sento niente. Ancora una
manciata. Che fatica. Mi stendo.
Chiudo gli occhi. Sto morendo.
Non ricordo nessun "ultimo pensiero".
291
Invece no.
���
DALL'AUTOBIOGRAFIA DI FRANCA
RAME di prossima pubblicazione: "Il
nostro era un teatro realmente e totalmente
"all'improvviso" che si basava su trame
semplici e stringate, Teatro Popolare
appunto, nella tradizione della Commedia
dell'arte, completamente opposto al teatro
letterario e naturalista messo in scena
dalle grandi e illustri compagnie che
agivano nelle grandi città e imitato in tutto
il suo negativo dalle piccole compagnie,
come
la nostra,
che agiva no in
provincia. Il nostro successo stava tutto in
questa differenza. Il nostro repertorio era
vastissimo: dalle più famose tragedie di
Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi,
alle commedie di autori moderni a quei
tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San
Secondo, alle comiche finali. Il tutto
senza aver mai studiato una parte a
memoria su di un copione. Nella mia
fimiglia non esistevano copioni di testi
teatrali veri e propri, ma una specie di
292
cannovacci e per molti testi non esisteva
nemmeno il cannovacccio.
Ce li
avevamo nella testa da sempre. Eravamo
bravi? Non lo so. So solo che i teatri erano
sempre pieni, che si lavorava tutti i
giorni, si riposava solo il venerdì santo, e
il 2 dei morti, a novembre. O se c'era il
funerale di un personaggio importante del
paese: il prefetto, il sindaco, il dottore, il
prete il farmacista. E quando in un paese
avevamo fatto tutto il nostro repertorio,
(replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione,
"Il povero fornaretto di Venezia " e non
mi ricordo più quali altri drammoni
avessere successo) mio padre o mio zio,
si leggevano un romanzo, ci riunivano e
ci raccontavano a sommi capi l'intreccio,
distribuivano i ruoli, se i costumi adatti
non c'erano, si rimediavano, e via che il
giorno dopo si andava in scena. Sulle
quinte laterali, in bella calligrafia, la
scaletta dei punti chiave, il susseguirsi
degli avvenimenti.
"L'assassino del corriere di Lione".
293
"Scena prima: la ragazza s'incontra col
padre, che non aveva mai conosciuto,
partito povero, tanti anni addietro, torna
ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei
non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo
repulsione. Manifestare freddezza e
imbarazzo. Ricordarsi che la madre è
morta.
Scena seconda:un uomo(lo stesso attore
che interpreta il personaggio delpadre)
languisce in una cella, è un innocente
caduto in un errore giudiziario terribile.
Accenni all'assassinio di un corriere a
Lione. Acceni alla moglie morta e alla
piccola bimba lasciate al paese. Saranno
ancora vive?
Solo nel V atto tutto si risolverà: il buono
premiato con la libertà e l'onore restituito
mentre il cattivo (fratello gemello del
buono),
smascherato da una collana
rubata al corriere di Lione, sarà punito
con la forca. Gaudio e felicità. Ricordarsi
della madre morta.Comica finale:I tre
gobbi."
294
Un altro esmpio di teatro "all'improvviso":
Arrivavamo in una paese nel giorno in cui
si festeggiava la santa patrona, ebbene,
debuttavamo con la storia di quella santa,
sulla quale mio padre e mio zio avevano
giorni prima letto e ascoltato dalla gente,
vita morte e miracoli. Anche lì, senza
prove. Non c'è pesonaggio nel repertorio
della mia famiglia che a secondo dell'età
non abbia interpretato. Neonati(8 giorni
in braccio alla mia mamma-in la
Genoveffa di Brabante), bambini o
bambine, ragazzini signorine, giovanotti,
suore, cortigiane, prostitute. Una volta ho
fatto persino, il cuciniere Dracco, alla
corte di Genoveffa di Brabante. La storia
nel ricordo, mi fa ancora ridere. Ero
cresciuta e la Genoveffa(che dio la
maledica, quanto ho odiato sta noiosa!)
ora la facevo io. Giovane e bella moglie
del re alla guerra, sola nella raggia viene
insidiata da Golo, un primo ministro della
situazione, che lei respinge furente e
offesa. La donna giovane donna decide
di inviare una missiva al marito tramite il
295
cuciniero Dracco:l'unico che a corte le sia
rimasto fedele.
per avvertirlo del
tradimento del suo braccio destro. "Torna
o mio dolce sposo, torna! che quel
maialone del Golo vuole fare con me,
proprio quella cosa là!"
Golo che è
sempre lì a origliare , scopre tutto e
zak!, pugnala il poveraccio e manda a
dire al re che Genoveffa è incinta del
cuciniero. "Ti ha tradito o mio re, che
vergogna con un cuciniero!"Il re ci casca,
fuori dalla grazia di dio "un cuciniero
no!"ordina il taglio della testa della la
fedifraga e anche del bambino nato nel
frattempo.
(TRANQUILLI CHE POI
TUTTO , COME SEMPRE, FINISCE IN
GLORIA ) - Arriviamo sulla piazza e ci
rendiamo conto che ci manca l'attore che
avrebbe dovuto interpretare il ruoli del
cuciniero D'accordo, sono due parole che
si possono anche tagliare, ma fisicamente
deve essere in scena. Ci ragioniamo sopra
un attimo per vedere come risolvere.
Bene. Ci siamo. Facciamo
così. Al
momento cruciale, vado alla quinta di
296
destra. Il perfido Golo mi spia dalla
quinta di sinistra. Parlo, guardando fuori
scena con il cuciniere che non c'è, fingo
di consegnargli il messaggio e poi,
affranta, esco. Velocissimi mi mettono
sulle spalle un mantellaccio con capuccio,
che mi copre dalla testa ai piedi. Rientro
in scena con la missiva bene in evidenza
in mano, faccio qualche passo come se ora
io parlassi a Genoveffa, Golo si precipita
su di me"muori, spione di un cuciniero!E
via che mi pugnala. Cado morta. Golo mi
trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla
parte opposta da cui sono entrata. Mi
tolgono il mantello, mi raddrizzo la
parrucca biona dalle lunghe trecce, corro
velocissima dall'altra parte.Rientro in
scena e vedo Golo che pulisce il pugnale
assassino nel mantellaccio che indossavo
fino ad un secondo fa. "L'avete ucciso!
Assassino!!"Ansimo un pò, per via della
corsa, ma sono perfettamente in parte e
nessuno s'è accorto di niente.
Noi
eravamo in grado di andare in scena senza
prova alcuna, con un testo nuovo allestito
297
di sana pianta. Arrivavamo ad esempio in
una piazza nel giorno in cui in paese si
festeggiava la santa patrona, ebbene,
debuttavamo con la storia di quella santa
sulla quale mio pdre e mio zio avevano
giorni prima letto e ascoltato dalla gente,
vita morte e miracoli. Avevavno riunito
la compagnia, raccontato a sommi capi
l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi
adatti non c'erano si rimediavano, e via
che si debuttava. Senza prove. Se si
confronta con i 90 o addirittura i 180
giorni di prova delle compagnie di oggi. .
Ma certo che allora, sovvenzioni
ministeriali o regionali o provinciali o
comunali,
non ce ne erano, quindi
giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare
eccome.
L'unico posto, luogo dove io mi senta a
mio agio è il palcoscenico. No, non per
via
"dell'ama la polvere
del
palcoscenico". No. Sono allergica alla
polvere, alle banalità, alla retorica. Sto
bene in palcoscenico perché ci sono nata,
298
perché è casa mia.In qualsiasi città mi
trovi, quando sono in teatro sono a casa.
20 minuti dopo le nozze, si fa per dire,
resto incinta. Jacopo (un nome che mi
piace proprio come quasi tutte le cose che
fanno quei due tipi lì, dice nostro figlio) è
nato il 31 marzo del 55 a Roma.
Esattamente nove mesi e sei giorni dal 24
giugno dell'anno prima.
Gravidanza
terribile.
Ho vomitato sempre.
Mi
disturbavano gli odori, perfino i colori.
Mai più potuto mangiare ne vedere un
piatto di spaghetti. La sera del trenta,
stavo nel camerino del Teatro Quattro
Fontane dove Dario recitava. Chiedevo a
sua madre;la mamma Fo, "come sono le
doglie?Cosa si sente?Come si capisce che
è ora?"E lei, "quando senti una mano che
ti strappa le viscere. . "e un'amica, anche
lei anziana"No Pina, non ti ricordi più.
Quando senti. . ". Nulla che mi
tranquillizzasse.
Anzi!Mi ritiro un pò
prima di Dario. Ormai ci dovremmo
essere... Preparo la valigia, roba per 25
me, vestaglia camicie ecc. e roba per il
299
bambino. (A quei tempi non si sapeva
prima se fosse maschio o femmina. Ti
dovevi fidare delle anziane:la pancia è
così, allora è maschio. No, per me è
femmina, non vedi come è messa?E via di
'sto passo. Comunque sempre"bambino"
si diceva. Se poi era femmina. . ) Ero
emozionata. Arriva Dario. Baci baci.
Poi si mette a letto e si mette a leggere "il
Mondo" . Ho odiato molto quel giornale
per la sua grandezza. Ogni volta che D.
voltava pagina mi faceva un gran vento.
E io sternutivo. "Dario, mi sento strana...
""Dormi Nanina.
.
".
Dopo un
pò:"Dario. . ""Dormi Nanina". . e via a
girar pagine. . "Dario credo che mi si
sono rotte le acque. . ". "Dormi Nanina.
. ""Ma Dario!!!"Di corsa un taxi. Ora
siamo emozionati tutti e due. Clinica
Salus. Mi avevano promesso che mi
avrebbero dato dell'etere. In sala parto
grido;Etere!Etere!La levatrice mi dà una
carezza;"sì cara, sì, suo marito è
fuori"Etere!!"Il fatto è che la signora in
questione era veneta e pensava che nel
300
momento supremo io chiamassi mio
marito:Ettore!Ettore!Poi finalmente è
arrivato il medico. Sento un vagito.
"Brava signora. 3 chilogrammi e 9. "Ho
fregato la Clara. La Clara era una brava
ragazza moglie di mio cognato Fulvio, che
però era molto quotata all'interno della
famiglia, e quando dico famiglia intendo
mia suocera, in quanto professoressa di
lettere, non attrice. Quindi sicuramente
migliore di"quella lì che 26 non solo fa
l'attrice, ma mi ha anche portato via ei me
testun. "Sì, all'inizio mia suocera era solo
mia suocera;Non aveva simpatia per me e
devo dire chefaceva l'impossibile per
farmelo capire. Mi addolorava molto non
essere amata da lei.
Ma si sa, gli inizi
per qualsiasi cosa tu intraprenda trovi
difficoltà, figuriamoci il rapporto con la
mamma di lui.
Mia suocera m'ha
conosciuto bene. E' diventata per me la
mamma
Fo,
e
mi
ha
amata
profondamente, come profondamente io
ho amato lei. La frase che mi diceva con
301
orgoglio era "io l'ho messo al mondo, tu
l'hai fatto". Ma pensa te!Ce ne vuole èh !!
Con la leggerezza dei pazzi usciamo dalla
clinica con il nostro fantolino in fasce e ci
"accasiamo" ospiti di un fotografo di cui
non ricordo il nome, che aveva una
splendida casa in via Parioni;Davvero
splendido appartamento. L'unico difetto
non indifferente per una coppia con un
bambino di 8 giorni che questa
principesca dimora, era completamente
priva di mobili, (se li era portati via il
padre dopo una lite. Ma erano mesi che
l'appartamento era in queste condizioni).
Due brande, una sedia per comodino;un
tavolo in cucina, qualche sedi, forse, e un
telefono con un fili chilometrico che il
nostro amico si portava sempre appresso.
Non volendo umiliare la sua generosità
(forse era ubriaco quando ce l'ha proposto,
non so) ci siamo sistemati alla
bellemeglio. Il bambino ha pianto per 8
giorni di fila.
Per quanto spirito di
adattamento avessimo non riuscivamo
proprio a comunicarlo a questo tipo
302
appena nato, che non sapeva proprio
niente della vita. a cavarcela e per le
scomodità e per la mia inesperienza. Al
nono giorno, decidiamo di tornare in
clinica. Ci hanno presi a braccia aperte.
Ci hanno dato una bellissima camera,
vicino alla sala parto.
Ci siamo
addormentati tutti e tre e abbiamo dormito
per almeno un giorno finalmente
rilassati;Dario come vedeva in corridoi un
padre in apprensione per la nascita del suo
bimbo si avvicinava e s'informava. parto
cesareo. 27 "Sa, è un . "E Dario:"non si
preoccupi anche Franca ha avuto
ilcesareo. . è una sciocchezza. . vedrà"E
quello si consolava. E un altro" è messo
di piedi!""Non si preoccupi, anche nostro
figlio è nato di piedi. . è andato tutto
benissimo.
.
il ginecologo è
straordinario" . Solo quando un padre era
preoccupato perché la moglie stava
facendo 2 gemelli D.
è stato senza
parole. Non poteva dire :anche Franca. .
E via di questo passo. Ci siamo stati tre
mesi.
Quanti padri e quante madri
303
abbiamo rinfrancato. Qualcuna ci viene
ancora a trovare con i il figlio nato proprio
in quei giorni. Che benissimo! Intanto,
abbiamo comperato una casa in via
Nomentana,
l'abbiamo
arredata
e
finalmente ci siamo andati ad abitare.
Tutti tre.
Il bambino cresce. Noi facciamo films. Il
primo "Lo svitato". Il soggetto era di
Dario. L'aveva letto a Zavattini che ne fu
entusiasta. Regia di Carlo Lizzani. Dario
era troppo inisperto per aver voce in
capitolo con gli sceneggiatori che gli
avevano messo al fianco"sei autori in
cerca del personaggio" li definì Nello
Santi, il produttore. Ne è uscito un film
sbagliato con qua e là momenti da
cineteca.
Avremmo dovuto avevre i
mezzi e la forza di ritiralo, rigirare quello
che ci sembrava sbagliato e riproporlo.
Ma non ci abbiamo nemmeno provato.
Forse non l'abbiamo nemmeno pensato.
Clamoroso insuccesso. (troppo avanti
_Ricordarsi TATI)Credo che sia il film
che incassato meno negli ultimo 5o anni.
304
Dopo lo svitato Dario alterna al lavoro di
attore quello di sceneggiatore, e viene
addirittura scritturato fisso alla Ponti de
Laurentis come gags-man a 2. 000. 000
al mese.
La cifra era astronomica.
Lavora con sceneggiatori del calibro di
Age Scarpelli Pinelli(sceneggiatore di
Fellini) Antonio Pietrangeli. (indicare
films. Titolo) Io interpreto partacce in
films tutti lacrime, core, cosce e zinne.
Sono 28 quasi sempre in cartello come
"partecipazione
straordinari",
mi
pagavanp bene, ma quei films di
straordinario non avevano null'Altro che il
materiale umano col quale venivo, grazie
a loro, in contatto. TINA PICA-GIUDA.
POI VENGO SCRITTURATA DAL
TEATRO ARLECChino a Roma, per
interpretare un testo di Feiduau che
sembrava scritto per me:"non andartene in
giro tutta nuda"Dario scrive per i fratelli
Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla
un atto unico"gli imbianchini non hanno
ricordi". A quel punto gli propongo di
305
ritornare a Milano e farci una compagnia
nostra.
Ci proponiamo a Paolo Grassi allora
direttore del Piccolo teatro che ci regala
fiducia, amicizia dandoci il teatro per ben
tre mesi. Debuttiamo così, in un caldo
infernale, tutti soli, (sì, c'erano altri attori
da noi scritturati, ma la responsabilità
della compagnia era solo nostra) con
"Ladri, manichini donne nuda". Scritto
diretto e interpretato da Dario, sue erano
anche le scene e i costumi. Io facevo
l'attrice ma mi occupavo di un sacco di
cose;Mio fratello Enrico era il nostro
amministratore-attore se necessario. Ha
guidato la nostra compagnia con grande
abilità, riuscendo a farci stare in pieda
anche senza alcun aiuto ministeriale ne
dell'ETI(ente teatrale italiano che avrebbe
dovuto appoggiare più che mai la nosytra
compagnia in quanto recitava opere di
autore ITALIANO. Ma sia noi che
EDUARDO De FilippO abbiamo avuto
grazie alle nostre scelte politiche , vita
306
grama con tutte le forza statali e
parastatali).
1958:"Comica finale" quattro atti unici
scritti da Dario, su canovacci della mia
famiglia. Dario aveva sentito queste
storie mentre io le raccontavo a Jacopo
per farlo addormentare. Ma de gli atti,
che gli ho passato "bocca a bocca", il
migliore
era "un morto da vendere" che aveva
completamente
scritto, ambientandolo
nell'800 come gli altri. Il migliore. Non
si pensi che accecata dall'amore io possa
dare a Dario meriti che non ha. Non l'ho
mai fattao. D'altro canto basta leggersi le
"comica finale pubblicato da Einaudi per
vederlo.
RICORDARSI DIFFICOLTà
FINANFIARIE.
STABILE
TORINO;EPISODIO
2CANNAS
L'AMORE è PIù FORTE;
Siamo al teatro Gerolamo di Milano.
Andiamo avanti con grande fatica. Il
teatro è conosciuto come teatro delle
marionette. Se il mio cuore aveva un
fremito al ricordo della mia famiglia,
307
questo fremito non poteva riempirci il
teatro. La prima fu un disastro. Abituati
ai palcosceninci grandi, il trovarci senza
prova alcuna in uno spazio grande come il
bagno di casa mia, ci ha messi in grande
difficoltà. Devo riconoscere, che come
unica volta nella storia della nostra
compagnia, la critica ufficiale presente
allo spettacolo non ha menzionato i 3OOO
incidenti che si sono susseguiti nelle tre
ore. Proprio in quel teatro, quasi sempre
vuoto ci è arrivata inaspettata la possibilità
di debuttare in un grande teatro:il teatro
Odeo.
Stagione 1959-60-"Gli arcangeli non
giocano al flipper" teatro Odeon di
Milano. Mille posti. Grande successo di
critica e di pubblico. Tutte le sere "il
Bossino" che in realtà si chiamava Bossi
direttore del teatro,
non appena lo
spettacolo iniziava si metteva in quainta
con un foglio sistemato sulla fronte, con
scritto in grande l'incasso della serata. Il
copione di questo spettacolo ci fu
sequestrato per le troppe battute a soggetto
308
che abbiamo aggiunto, non autorizzati.
Abbiamo collezionato "rapporti
al
questore di ogni città dove si lavorava, per
un totale di 280, tanti, quanti furono le
repliche dello spettacolo.
questura"
Abbiamo girato tutta l'Italia facendo
esaurito ovunque. DATI STATISTICI E
INCASSI NUMERO SPETTACOLI
DENUNCIA POLIZIA PER CENSURA.
in più di una occasione rischiamo di non
poter andare in scena.
1960-61 -"Avevav due pistole con gli
occhi bianchi e neri". opera che tratta
della connivenza tra fascismo e borghesia,
tra malavita organizzata e potere.
L'intervento della censura è pesantissimo,
ci massacrò letteralmente Decidemmo di
andare in scena egualmente senza tenere
in conto alcuno i tagli. Ci fu un braccio di
ferro piuttosto teso tra noi e il prefetto di
Milano che ci minacciò di arresto
immediato, ma alla fine, preoccupato
dello scandalo che ne sarebbe venutoo, il
ministero tolse i tagli. il testoE' con
309
questo spettacolo che mi conquisto agli
occhi di mio marito, un ruolo diverso da
quello di sempre. Per la prima volta non
accetto il testo a scatola chiusa certa del
successo di sempre. Qualcosa non mi
convince. Lo comunico a Dario. Si è
discusso mica male. Mio figlio aveva sei
anni e ancora se lo ricorda. Credo sia
stata la prima discussione accesa alla
quale asssistesse. Non ci aveva mai visti
così, era un pò spaventato. "Dimmi cos'è
che non funziona!Dimmelo!"e io:"non lo
so". "più forte il Dario:"dimmelo!" "Non
lo so, ma c'è qualcosa che non va.
"(Quante volte negli anni futuri s'è
ripetuta questa scena?) Jacopo piange
senza gridare, e anch'io scppio a piangere
gridando come un bambino disperato. Era
la prima volta che vedevo dario fuori dalla
grazia di Dio. "Ora, lo rileggo tutto. .
cercherò di individuare. . di capire. . poi
ti dirò. . ". Leggo e prendo appunti.
Dario, per tutto il tempo ma guarda serio.
In piedi. Mi stavo innervosendo. Dopo
due ore, più imbarazzata che mai:"taflierei
310
qui, qu, e qui. "D. ci pensa un pò su, e
poi:"forse hai ragione, ma prima
preferisco provarlo col pubblico. "
Debutto:successo di stima. Il giorno dopo
D. mi dà il copione:"fai i tagli che
proponevi".
1961-62:"Chi ruba un piede è fortunato in
amore".
Dopo sporadiche apparizioni nella TV. di
stato approdiamo alla televisione sulla
neonata
seconda
rete,
(1962
PRIMAVERA) con sei puntate tutte
nostre:"Chi l'ha visto?". Subito dopo dalla
direzione Rai ci viene proposto di
condurre
"Canzonissima"il
grande
concorso canoro abbinato alla lotteria di
capodanno la trasmissione di maggior
interesse popolare dell'ente. D. scrive i
testi che prima dell'inizio della
trasmissione ricevono il benestare della
direzione nella persona del dott. Pugliese
direttore generale(?). Ma già alla prima
puntata la stampa reazionaria si scatena
criticando ferocemente la più che delicata
critica politico sociale contenuta neitesti.
311
Di puntata in puntata gli attacchi, le
polemiche sulla stampa non si contano.
L'indice di ascolto è altissimo (anche se al
processo, uno dei tanti che c'è stato la
direzione Rai tentava di
sminuirci.
dicendo che nessuno ci vedeva. TAXISTI
RICORDARSI) l'Italia era divisa in
due:chi ci ama, e chi ci odia, ma tutti lì,
davanti al televisore il sabato sera. Ad
ogni trasmissione
ci vengono imposti
tagli e censure sempre più pesanti.
(FIORI SENO. GAMBA SINISTRA)fino
a che all'ottava puntata decidiamo di
abbandonare la trasmissione. La famosa
"Canzonissima", il FANTASTICO DI
OGGI, va in obda senza presentatori.
(RICORDARSI WALTER CHIARI E
BRAMIERI)e quando l'annunciatrice
all'inizio della trasmissione dice:d. FO e
F. Rame si sono tritirati, una quantità
incredibile di telespettatori si rovescia
nelle strade di Milano, tutti quanti diretti
al palazzo della fiera dove si teneva la
trasmissione. Quando usciamo(eravamo
stati su consiglio dei nostri legali nei
312
camerini nostri fino alla fine della
trasmissione) ci troviamo davanti una
folla di gionalisti, fotografi e migliaia di
persone.
In molti erano venuti per
dimostrarci la loro calda e commossa
solidarietà.
Questa fu la prima e credo l'unica volta
nella storia della Rai che due "attori"
rifiutarono di "abbioccarsi" d'innanzi alle
imposizioni ai tagli, all'arroganza del
"padrone"ai soprusi.
BIOGRAFIA PER ENCICLOPEDIA
TRECCANI SALA
DI CESENATICO 20 SETTEM. 1992
Franca Rame debutta in teatro a otto
giorni, tra le braccia di sua madre, nel
ruolo della figlia della Genoveffa del
Brabante. La sua è ultima ed una delle più
importanti famiglie di attori girovaghi.
Rappresentano, nell'Italia settentrionale,
un repertorio assai vasto.
Stralci dell'autobiografia di Franca Rame
di prossima pubblicazione:
"La mia famiglia è di origine lombarda,
nasce agli inizi del 600, con marionette e
313
burattini, (conoscevano entrambi le
tecniche assai diverse tra loro). Ho
debuttato ad 8 giorni in braccio alla mia
mamma. Nella mia famiglia era un fatto
naturale: appena nasceva un figlio lo si
metteva in palcoscenico. L'Accademia di
arte drammatica, l'ho fatta lì, con loro
(con mio padre, suo fratello le rispettive
mogli, i figli, gli scritturati).
314
Poi, abbiamo cantato Bandiera rossa e
l'Internazionale... e ci veniva da piangere.
A quei tempi, oltre ad essere onesti, ci si
commuoveva anche facile.
La sezione di Cernobbio...
Ci venivano anche i miei figli... si
organizzavano serate... dibattiti... litigate...
Jacopo e le bambine erano i più giovani
iscritti alla F.G.C.I. della Lombardia.
Avevano 12 anni
e facevano la prima media.
Erano molto attivi... politicamente
impegnati nonostante l'età; passavano
tutte le loro ore libere dalla scuola, a fare
inchieste.
In una zona bianca come il comasco... ad
esempio, con carta e penna o registratore
fermavano le donne e candidi chiedevano:
"Signora prende la pillola?
Che contraccettivo usa?"
Immaginatevi le reazioni!
315
M'ha chiamato persino
"Signora i suoi figli..."
il
Sindaco:
Oppure tornavano a casa e: "Da oggi,
tutto quello che è americano... ( si era
durante la guerra nel Vietnam) in questa
casa non entrerà!"
A conti fatti si poteva mangiare solo pane,
riso, spaghetti. Via la Coca-cola, via i
gins, via questo via quello.
Jacopo, s'è preso anche uno schiaffo da
un insegnante... c'era uno sciopero degli
studenti a livello nazionale... loro tre,
credo
gli unici in tutto il comasco, stavano
davanti ai cancelli della scuola e
cercavano di convincere i compagni a
scioperare,
(Si può inserire episodio "blocco del giro
d'italia in piazza Duomo con TV e Zavoli,
il commosso viaggiatore e carica polizia a
mezzanotte)
"Vedremo..." (canta sottovoce):"Avanti o
popolo alla riscossa.."
316
(Accennare incontro con Novelli allora
direttore Unità e giornalisti: non sapevano
niente,
non avevano letto Rinascita
articolo Amendola) Che vergogna! Siamo
diventati piccoli piccoli. Siamo diventati
come gli altri. Un pò come Woody Allen!
Qualche anno fa abbiamo messo su uno
spettacolo agile da recitare quasi
improvvisato, a base di provocazioni
dirette sul pubblico. Abbiamo debuttato al
Festival Nazionale dell'Unità di Bologna.
C'era ancora il vecchio P.C.I...e c'era
ancora Natta come segretario. S'è
cominciato,
tra la meraviglia dei
compagni del PCI,
con un elogio
sperticato in favore del partito socialista...
Barzelletta Craxi che mangia le patatine)
D'altra parte, bisogna mettersi in testa che
la ladroneria è legata alla nostra tradizione
popolare... anche religiosa... Non per
niente Cristo fu inchiodato in mezzo ai
ladroni: cioè fra gente simpatica, di
compagnia... mica fra due brave persone
noiose e rompiballe.
317
A proposito di tradizione, nei tempi
antichi,
il trattamento riservato agli
imbroglioni e ai ladri, specie della cosa
pubblica, era assolutamente severo.
- Tanto di cappello - levo il cappello frangetta- marchio sulla fronte.
LA GOGNA: ognuno nella piazza della
sua città.
Ai colpevoli di truffa ai danni delle casse
della comunità, si imponeva il castigo
della "culata". Venivano sollevati di peso
a gambe ripiegate, da due giustizieri e
quindi lasciati cadere di schianto su una
pietra che, a furia di sederate, diventava
concava.
I castigatidi sedere si riconoscevano
all'istante in quanto, causa i contraccolpi
della culata gli si incassava il collo, la
testa si rincalcava fortemente fra le spalle
tanto da farli sembrare tartarughe col
vestito.
Vi ricorda qualcuno? V'è venuto in mente
Andreotti? Sì, parlo proprio di lui... Tra
parentesi... avete visto che da che è morto
Lima non ha più aperto bocca? Ha
318
aumentato solo, prima di andarsene, del
25% lo stipendio dei suoi amici Vip dei
baracconi statali.
Nella sua eterna carriera di governo ha
combinato truffalderie e imbrogli a non
finire... Un sacco di volte s'è tentato di
beccarlo in castagna,
ma lui,
con
straordinari colpi di reni, se l'è sempre
cavata. Credo che, uomo di cultura com'è,
sia a conoscenza del castigo della culata! e
addirittura soffra della sindrome... Sono
certa che il suo aspetto sia la conseguenza
di una memoria genetica... trasmessa dai
suoi avi, che sicuramente hanno subito
una serie notevole di culate... "nei secoli
dei secoli."
del lessico e dei valori, specie, di quella
comunemente detta "della morale civile."
Sono stata violentata da mio padre a 10
anni, una volta sola. Dico, "violentata",
ma il termine è errato.
Più giusto dire:"Ho avuto un rapporto
sessuale con mio padre, senza nessun
trauma, senza capire quello che mi stava
capitando. Ripeto, avevo 10 anni. Volevo
319
molto bene a mio padre e lui voleva molto
bene a me. Troppo... Non c'è stata
violenza alcuna... non pensavo fosse
"male", solo da adulta ho capito tutto
l'orrore di quell'atto: una terribile violenza
alla mia innocenza.
Molte volte ci ho pensato da grande.
Allora,
in quel momento forse
incoscientemente, mi son detta: "E' mio
padre, mi vuole bene, da lui male non me
ne può arrivare. E' mio padre, se l'ha fatto
vuol dire che è naturale, che doveva farlo.
L'ho accettata come la varicella,
la
scarlattina, le mestruazioni. E' mio padre.
E non ci ho pensato più. In un attimo
avevo rimosso, cancellato tutto. E chi si
ricorda della varicella, del morbillo?
(SCHERMO)
320
Erano altri tempi quelli.
Poi, abbiamo cantato Bandiera rossa e
l'Internazionale... e ci veniva da piangere.
A quei tempi, oltre ad essere onesti, ci si
commuoveva anche facile.
La sezione di Cernobbio...
Ci venivano anche i miei figli... si
organizzavano serate... dibattiti... litigate...
Jacopo e le bambine erano i più giovani
iscritti alla F.G.C.I. della Lombardia.
Avevano 12 anni e facevano la prima
media. Erano molto attivi... politicamente
impegnati nonostante l'età; passavano
tutte le loro ore libere dalla scuola, a fare
inchieste. In una zona bianca come il
comasco... ad esempio, con carta e penna
o registratore fermavano le donne e
candidi chiedevano: "Signora prende la
pillola?
Che
contraccettivo
usa?"
Immaginatevi le reazioni! M'ha chiamato
persino il Sindaco: "Signora i suoi
figli..."Oppure tornavano a casa e: "Da
oggi, tutto quello che è americano... ( si
era durante la guerra nel Vietnam) in
questa casa non entrerà!"
321
A conti fatti si poteva mangiare solo pane,
riso, spaghetti. Via la Coca-cola, via i
gins, via questo via quello. Jacopo, s'è
preso anche uno schiaffo da un
insegnante... c'era uno sciopero degli
studenti
a livello nazionale... loro tre, credo gli
unici in tutto il comasco,
stavano
davanti ai cancelli della scuola e
cercavano di convincere i compagni a
scioperare, il professore di ginnastica li
tira per un braccio, li spintona e cerca di
farli entrare in classe... loro fanno
resistenza e via che vola un ceffone sulla
faccia del "mio bambino"!! Quel che è
successo dopo non ve lo posso neanche
descrivere.
Il preside ha dovuto affiggere un cartello
davanti alla scuola dove si ribadiva il
diritto costituzionale di sciopero anche del
cittadino al di sotto dei 12 anni.
(Si può inserire episodio "blocco del giro
d'italia in piazza Duomo con TV e Zavoli,
il commosso viaggiatore e carica polizia a
mezzanotte)
322
Mi ricordo, che per le elezioni... (non mi
ricordo la data) sempre a proposito della
mia sezione di Cernobbio, mia mamma,
80 anni era a Montecatini.
Mi telefona e mi fa: "Devo tornare a
votare..." "Mamma, non preoccuparti...
stai lì tranquilla...
gli anziani possono votare anche dopo..."
dico senza neanche un briciolo di
vergogna.
Che stesse pure a bersi le acque. Sapevo
che se fosse tornata avrebbe votato D.C.!
La sera in sezione preoccupata, ne parlo
con i compagni: "Compagni!, se mia
mamma torna, facciamo un seggio finto
qui, in sezione, le diamo una scheda di
quelle per la propaganda... e la faccio
votare qui."
Silenzio di tomba! Il segretario Rocca, fa
per parlare e un compagno gli grida:
"Zitto tu, che hai speso i soldi per la
cantante che ancora stiamo pagando i
debiti!" Ricade il silenzio di tomba... poi
un compagno del direttivo... che erano poi
in tre... fa: "Vedremo..." (canta
323
sottovoce):"Avanti
o
popolo
alla
riscossa.."
Poi, per fortuna mia madre se ne è
dimenticata...
Mi sono iscritta al Pci... alla fine degli
anni 50...
I miei avevano una compagnia teatrale...
giravano il nord Italia... erano socialisti,
quando essere socialisti era una cosa
seria... si andava in galera, e non per la
tangente!
Ho nel mio archivio documenti che so...
della Camera del lavoro di Castellanza,
Legnano... dove si ringrazia la mia
famiglia per aver fatto spettacoli,
lasciando l'incasso, in sostegno dei grandi
scioperi e occupazioni delle filandere
durante la guerra 15-18.
Ho debuttato a otto giorni, ne "Il figlio
della Genoveffa di Brabante", in braccio
alla mia mamma. Non parlavo tanto quella
sera lì... Nella mia famiglia era un fatto
naturale, appena nasceva un figlio, lo si
metteva in palcoscenico. Andavo a scuola,
324
e lavoravo la sera... Quante volte mi sono
addormentata nelle casse dei costumi? Era
bellissimo. Poi è arrivata la guerra nel 39.
Avevo 10 anni.... Sì, fate pure i conti, ne
ho 63... Abitavamo a Varese... Si recitava
lì e anche nei paesi intorno. Avevamo un
permesso speciale per girare nelle ore del
coprifuoco. Ci spostavamo con una
corriera che chiamavamo "Balorda" a
causa del comportamento bizzarro che
aveva, che, più che al suo cattivo
carattere andava attribuito agli anni. Non
era bello girare di notte durante la guerra,
ma noi giovani, non ce ne accorgevamo...
si cantava,
si rideva... evitando di
guardare fuori dai finestrini... Non si
vedeva una luce! Una notte un gruppo di
tedeschi e camicie nere ci hanno tenuti
bloccati sino all'alba.
Se quell'alba
avesse portato la notizia di una missione
tedesca andata male ci avrebbero fucilati
tutti. L'abbiamo saputo qualche giorno
dopo. Altre volte,
capitava che ci
fermassero dei partigiani. Non è che
dicessero "siamo partigiani" ma erano in
325
borghese con i mitra e neanche li
nascondevano! "Signor Rame - facevano a
mio padre - ci dà un passaggio?" Li
facevamo salire.
Più avanti capitava
d'incontrare picchetti fascisti che ci
fermavano. Un'occhiata al lasciapassare
"Buona sera signor Rame... com'è andata
la serata?" - "Benissimo!" "Buona notte. "
- "Buona notte" e via che ce ne
andavamo... senza un goccio di sangue in
faccia si riprendeva a cantare e i partigiani
gridavano più di tutti!
Dicevo che mi ero iscritta al PCI alla fine
degli anni 50. Mi ricordo che il giorno
dell'iscrizione ero molto emozionata.
Entrare in un partito come il "Partito
Comunista Italiano" era una scelta, una
decisione molto seria. Il mio primo
colloquio politico l'ho fatto con
Tortorella... me lo ricordo dietro alla
scrivania... molto compreso nel suo
ruolo... fin troppo.
Come mi sono iscritta a PCI,
mi
aspettavo che mi capitasse chissà che...
no, non che mi mandassero a dirigere il
326
comitato
centrale...
ma
riunioni,
discussioni, scuola quadri, questo sì.
Invece, niente. Solo il cestino a Pajetta al
festival dell'Unità, fare di quando in
quando uno spettacolo per raccogliere
denari per la sezione della tal città dove i
fascisti avevano spaccato tutti i vetri... e
dal momento che mi trovava a Torino con
Dario e la nostra compagnia per Natale,
mi hanno mandato intorno per la periferia,
accompagnata dai vari segretari di sezione
a raccogliete fondi per "la befana
dell'Unità",
e poter fare regali ai
bambini.(FORSE
QUESTO
DI
AMENDOLA E' INUTILE) Eravamo nel
64 tanto per capirci, quando Amendola,
scrisse il primo articolo su Rinascita,
dove parlava della necessità di "iniziare" il
"dialogo con i cattolici" ve lo ricordate,
no? (Accennare incontro con Novelli
allora direttore Unità e giornalisti: non
sapevano niente,
non avevano letto
Rinascita articolo Amendola) Erano anni
particolarmente duri quelli per gli operai...
tipo questi che verranno... e che forse
327
saranno pure peggiori. Giravo nelle
sezioni... le compagne i compagni mi
abbracciavano, mi ringraziavano come
stessi facendo chissà che, e poi uno ad
uno, mi davano quello che potevano. Chi
1000 lire, chi 5000 raccolte sul luogo di
lavoro. Un compagno mi fa:"Questa è la
mia macchina fotografica. Non ho soldi,
mi hanno licenziato." Che effetto avrà
fatto a quei compagni scoprire che i loro
dirigenti hanno rubato. Che vergogna!
Siamo diventati piccoli piccoli. Siamo
diventati come gli altri. Un pò come
Woody Allen!
A proposito di ladroneria e politica, quasi
trent'anni fa, nel 64, gli anni del boom
economico, delle grandi speculazioni
edilizie, era uscita sui giornali la notizia
di un probabile trasferimento del
centralissimo ed elegantissimo cimitero
comunale di Milano, il Monumentale.
Dario ci ha scritto sopra una commedia:
"Settimo ruba un po' meno" Spingendosi
fino
all'impossibile
con la fantasia, andando giù un pò
328
pesante, come si fa sempre nel teatro
satirico, aveva addirittura inventato nel
gioco al paradosso che che, grazie a una
delibera infame... si stava sgomberando
dai cadaveri tramite un "cadaverodotto",
una vasta area del centralissimo Cimitero
Monumentale per farne un bel parco e
così far triplicare il valore dei terreni
circostanti.
Si raccontava di commercio di cadaveri,
vendita di loculi sottobanco e speculazioni
sulle tombe. Un' iperbole!
Ebbene oggi, l'avrete letto su tutti i
giornali, l'hanno fatto davvero , ci hanno
copiato... ci hanno spudoratamente rubato
l'idea, e senza pagarci i diritti d'autore.E
sono andati pure oltre! Hanno imposto
pizzi sui cadaveri per conceder loro il
diritto di sepoltura. Hanno piazzato
tangenti sui funerali, tangenti sulle tombe
singole e comulative, hanno riciclato
vecchie lastre tombali rivendendole per
nuove...Hanno organizzato perfino il
riciclaggio delle nuove corone mortuarie.
Non era ancora finito il servizio funebre
329
che appositi addetti facevano sparire
corbelle di gigli, cuscini di rose, corone
rimpinzate di garofani e velocissimi,
trasportavano il tutto, agli appositi negozi
di arredi funebri...per essere rivenduti al
prossimo cadavere in transito... Bastava
cambiare il nastro col nome del defunto.
Spesso, le medesime decorazioni floreali
sono state smontate e rimontate per
matrimoni e battesimi. Credo che al
massimo dei grottesco si sia arrivati nel
momento in cui per la prima del Don
Carlos alla Scala ci fu un'esorbitante e
improvvisa richiesta di fiori confezionati a
mazzi di varie misure da lanciare alla fine
dell'opera. I procacciatori di plausi floreali
non si persero d'animo, caricarono mazzi,
corbelle e cuscini giunti freschi di ritorno
dai vari funerali e li portarono alla Scala.
Così nel grande tripudio del finale
Verdiano, nella esclusivissima prima dei
VIP, si sono visti piovere dai palchi e da
tutto il loggione una quantità incredibile di
mazzi, mazzolini e mazzoloni mortuari...
addosso ai tenori,
alla soprano ai
330
baritoni...
che
inchinandosi
li
raccoglievano
e
li
rigettavano
velocemente, sbalorditi e inorriditi, sulle
teste dei signori e delle signore plaudenti
in platea. Certamente i morti a Musocco e
al Monumentale
nelle loro tombe
strapagate, quella notte si son fatti delle
risate proprio da morire!
Qualche anno fa abbiamo messo su uno
spettacolo agile da recitare quasi
improvvisato, a base di provocazioni
dirette sul pubblico. Abbiamo debuttato al
Festival Nazionale dell'Unità di Bologna.
C'era ancora il vecchio P.C.I...e c'era
ancora Natta come segretario. S'è
cominciato,
tra la meraviglia dei
compagni del PCI,
con un elogio
sperticato
in
favore
del
partito
socialista..."il P.S.I. guadagna voti ad ogni
elezione perchè è più simpatico... ed è più
simpatico perchè i suoi dirigenti sono
sfacciati, si danno un sacco di fotte e
rubano a man bassa. Per di più sono
veramente vicini alla gente, sanno tutto
dei loro problemi più privati... si può ben
331
dire che conoscono le tasche dei cittadini
come fossero le loro.
Non cercano di nascondere la mano come
fanno i democristiani quando vengono
sorpresi a rubare "No, non è vero. Giuro
che non ho toccato una lira."
I socialisti sono leali!
"Ehi ma tu rubi!" E lui "Sì rubo! E
allora!?"
La gente pensa: "Quei socialisti
rubano...questo vuol dire che sono
spregiudicati, ma anche attivi, creativi..è
gente che sa rischiare....e alla fine riesce
pure a cascare sempre in piedi... a non
farsi sbattere in galera. Se ci sanno fare
per loro ci sapranno fare anche per me.
Quindi, io li voto!"
Invece quando la gente pensa a voi
Comunisti...così retti, per bene... perfino
modesti... con 'sta mania delle "mani
pulite": "Ma chi si fida di quelli..una razza
di moralisti romantici. E' gente incapace
di rubare... che non potrà mai andare al
governo... Gente di grinta, ci vuole!" E
giù a votare PSI.
332
Volete diventare simpatici anche voi,
avere successo? - si continuava - E allora:
rubate! Imparate a rubare, e a truffare
dentro e fuori delle Istituzioni, ricattate
gli imprenditori,
sgraffignate sugli
appalti, sui progetti, imponete il pizzo
sulle costruzioni,
sulle sovvenzioni
ministeriali,
sugli asili nido e sugli
orfanotrofi...MANGIATE! Il vostro nuovo
slogan deve essere: "Appropriazione
indebita continuata e senza pietà! Basta
con le mani pulite!" "MANI ZOZZE e
arraffa-tutto!"
Un attimo di perplessità e poi è scoppiato
un grande applauso compiaciuto. Avevano
capito la provocazione.
E' passato qualche anno... i comunisti si
sono tolti la falce e il martello di dosso...
si sono fatti chiamare con un altro nome
meno impegnativo, e: ALLEGRIA! Giù a
rubare anche loro come socialisti e
democristiani di gran mestiere!
Certo che essersi buttati via di dosso quel
simbolo
austero
della
falce
e
martello...così pregno di valori: Lotta di
333
classe, solidarietà, il mito glorioso del
sacrificio e dell'onestà con tutti i
trionfalismi della moralità proletaria... ha
aiutato molto.
Anche i vecchi socialisti....fin quando con
il simbolo del libro aperto, sopra, se pur
in piccolo avevano la falce e il martello,
al tempo dei Nenni per capirci, mica
riuscivano a rubare bene... rubacchiavano
perfino stitici, e poi gli prendevano dei
sensi di colpa da schiattare...
E qual'è stato il vero,
straordinario
cambiamento portato da Craxi nel partito
socialista?
Quello,
davvero
rivoluzionario, di togliere la falce e
martello dal simbolo e piazzarci un
garofano: "IL GAROFANO!"
Un fiore culinario.
Coi chiodi di garofano si fanno stracotti,
la ribollita, ogni tipo di cacciagione,
insomma un fiore simbolo del buon
appetito e della grande abbuffata... Così
me li ha spinti e incitati fino alla
furfanteria più smodata e inarrestabile,
fino allo sbragamento totale! Alla perdita
334
di ogni ritegno. Che se capitano in mano
alla base, li ammazzano a sassate... Come
la Maddalena. ( li cucinano a fuoco lento.
Barzelletta Craxi che mangia le patatine)
Li ha messi allo scoperto completo... tanto
da trasformarsi in una specie di tirassegno
per giudici fanatici della giustizia ad ogni
costo.
E il paradosso è che questa operazione da
ammazzasette si chiama proprio "mani
pulite". Per me l'hanno fatto apposta per
sfottere i compagni del vecchio P.C.I.! "Vi
vantavate delle mani pulite? E allora
eccovele! In galera i vostri dirigenti...più
intraprendenti e moderni."
A proposito di tradizione, nei tempi
antichi,
il trattamento riservato agli
imbroglioni e ai ladri, specie della cosa
pubblica, era assolutamente severo. Altro
che tempi bui! Davanti ad una condanna
per imbroglio, non scappava nessuno.
Negli antichi statuti comunali di Lucca,
Treviso e Milano scopriamo che agli
imbroglioni, colpevoli di truffa ai danni
335
delle casse della comunità, si imponeva il
castigo della "culata". Venivano sollevati
di peso a gambe ripiegate,
da due
giustizieri e quindi lasciati cadere di
schianto su una pietra che, a furia di
sederate, diventava concava. La condanna
si chiamava anche sacrasgnacca... per via
dell'osso-sacro sgnaccato.
I
pluri-sgnaccati
di
sedere
si
riconoscevano all'istante in quanto, causa
i contraccolpi della culata gli si incassava
il collo, la testa si rincalcava fortemente
fra le spalle tanto da farli sembrare
tartarughe col vestito.
Vi ricorda qualcuno? V'è venuto in mente
Andreotti? Sì, parlo proprio di lui... Tra
parentesi... avete visto che da che è morto
Lima non ha più aperto bocca? Ha
aumentato solo, prima di andarsene, del
25% lo stipendio dei suoi amici Vip dei
baracconi statali.
Nella sua eterna carriera di governo ha
combinato truffalderie e imbrogli a non
finire... Un sacco di volte s'è tentato di
beccarlo in castagna,
ma lui,
con
336
straordinari colpi di reni, se l'è sempre
cavata. Credo che, uomo di cultura com'è,
sia a conoscenza del castigo della culata! e
addirittura soffra della sindrome... Sono
certa che il suo aspetto sia la conseguenza
di una memoria genetica... trasmessa dai
suoi avi, che sicuramente hanno subito
una serie notevole di culate... "nei secoli
dei secoli."
Un altro castigo che si imponeva ai
furfanti pubblici nel medioevo era quello
dell'imbrattata di pece,
detta anche
l'incatramata.
Fino al sedicesimo secolo, a Venezia,
come un amministratore della Serenissima
veniva beccato a sgraffignare o a
truffaldare, veniva portato di peso in
piazza San Nicolò, sotto le arcate del
giudicario e lì, fra l'euforia sboccata del
popolino, gli veniva rovesciato in testa un
secchio di grasso da lampada o catrame da
calafatura. A Venezia. (pausa)Siete dei
maligni...
Io credo che, come Andreotti con l'effetto
della rincalcata, anche De Michelis detto,
337
per il gran turbinare di avvisi di reato che
gli danzano sempre più d'appresso:
l'avanzo di balera... soffra di una sindrome
analoga. Avete in mente De Michelis con
quei suoi capelli sempre imbrattati
impattacati? E' chiaro! Se la versa lui da
solo la secchiata! Ogni mattina si
incatrama la capigliatura... per bene. Così,
quando fra poco lo beccheranno,
finalmente, lui ci s'è già abituato. E
nessuno se n'accorgerà... della differenza.
- Tanto di cappello - levo il cappello frangetta- marchio sulla fronte.
LA GOGNA: ognuno nella piazza della
sua città.
Certo che a pensarci bene, c'è da restarci
allocchiti. In pochi anni le cose
(controllare originale) della morale e della
politica in tutto il mondo e, in particolare,
in Italia si sono trasformate al punto, che
se un compagno addormentatosi 15-20
anni fa, si dovesse risvegliare oggi, non
ci capirebbe più niente,
forse
impazzirebbe in quattro e quattrotto nello
scoprire il crollo del muro, i popoli del
338
grande impero russo che si scannano con
odio quasi religioso-fanatico,
la
Romania... la miseria disperata con
relativo sbarco degli albanesi, la fine del
comunismo nell'est... la Iugoslavia... il
travestimento sbragato di alcuni dirigenti
comunisti... il cambio del nome... E
perché? Di che cosa si doveva vergognare
il PCI? Una grande dimostrazione di
insicurezza, debolezza, paura. Se mai,
cambia la linea... poi con calma, magari
anche il nome. Immaginate gli occhi
sbarrati,
attoniti del nostro ipotetico
risorto alla luce: "Ma dove sono capitato?"
E per fargli saltare il cranio come un tappo
di spumante basterebbe portare il nostro
risvegliato di fresco a visitare un festival
dell'Unità oggi... per esempio quello di
Firenze che ha aperto la serie del
rinnovamento e della grande svolta DEL
CHI
SE
NE
FREGA-ORMAIFACCIAMOCI-GLI-AFFARI-NOSTRI!
L'avrete letto, sui giornali: a Firenze i
compagni hanno aperto un casinò, ripeto,
casinò, con l'accento sulla o, che l'altro
339
senza l'accento, sarebbe stato molto più
dignitoso e accettabile. Insomma m'hanno
messo giù un certo numero di roulette...
con tanto di banco e tappeto verde...
casella numerata e pallina che gira...
croupié in smoking che gridano il RienNe-Va-Plus... pile di fiches. Giocata
minima 5000 (roba popolare) "Forza!
Puntate compagni! Il pari vince,
il
proletario perde... pardon,
il dispari
perde... siamo a "cavallo e careé!"
Alla notizia della roulette di Firenze era
inevitabile che qualche vecchio compagno
vetero-moralista
si
indignasse...
stracciasse la tessere appena rinnovata con
tanto di quercia e ghiande, in faccia al
segretario di sezione... E' difficile per
gente che ha vissuto intrisa di ideali, di
favole e miti sulla rivoluzione... digerire
all'istante certe innovazioni!
Ancora c'è chi s'è divertito a sfotterli pure,
questi indignati: m'han raccontato che al
Festival di Firenze un compagno
buontempone cercare di calmare un
compagno fuori di sé per la roulette: "No,
340
compagno... hai letto male, non si tratta di
roulette ma di roulotte... cioè camper,
meglio, case viaggianti non per giochi
d'azzardo... ma per giochi erotici."
"Ma che dici giochi erotici?!?"
"Sì, il partito ha piazzato un centinaio di
queste roulotte nel parco, fra gli alberi... e
i compagni che amano il genere... se ne
servono...
100
mila...
profilattico
compreso, massima garanzia igienica."
"Mi vuoi dire che quelle roulotte sono dei
bordelli?" "Bordelli?! No, case chiuse
semoventi."
"E le puttane... dove le prendono?"
"Ma che dici, puttane! Mi meraviglio che
tu compagno ti esprima con certi
linguaggi... sono compagne che lavorano,
si sacrificano per il partito!"
"Mi stai a sfottere?"
"Beh, puoi sincerartene da te: in ogni
roulotte c'è la moglie o la figlia di un
nostro compagno generoso che ha firmato
tanto di concessione davanti al notaio."
"E l'introito... sì voglio dire, quello che
incassano, va tutto sempre per il partito?"
341
"Ah sì, su questa cosa il partito non
transige! Guai se una volontaria erotica
viene beccata a farsi la cresta sulle
marchette... viene immediatamente radiata
con ignominia... e disprezzo... come fosse
una puttana qualsiasi! Per questo il partito
ha ingaggiato dei finti clienti, che in
verità sono segretari di sezione truccati,
che entrano, si fanno il loro amplesso
erotico... pagano... e poi controllano se
non c'è stata cresta. E ti dirò - va giù
pesante il compagno burlone - che questa
campagna dal titolo: "Fornicate per il
partito" sta avendo successo enorme. Sta
prendendo davvero piede... meglio,
fianchi, glutei, zinne, e tutto il resto, in
ogni festival dell'Unità. Purtroppo data
l'enorme richiesta scarseggia la materia
prima..."
"Le femmine?" chiede candido il vecchio
compagno
"Sì, quelle... purtroppo molti compagni,
specie nel sud sono rimasti all'antica e son
restii a concedere mogli, sorelle e figlie...
così ci s'è dovuto rivolgersi all'estero.
342
Naturalmente a quei paesi che hanno un
passato di socialismo reale... così, ai
nostri festival, stanno arrivando un sacco
di ragazze polacche,
cecoslovacche,
serbe,
ungheresi e russe. Tutte
selezionate, s'intende... ragazze sane che
possono vantare un passato di militanza
seria nel partito.
"Sì d'accordo" fa il vecchio leninista, "mi
va bene l'ideologia... dico... ma son pure
belle?"
"Certo belle e preparate... all'amore libero
e appassionato!! Non ti crederai che con
queste ragazze si vada così: "Quant'è per
un'ora? D'accordo... allora mi calo i
pantaloni!" No, prima ci si commuove sui
bei tempi della lotta e della speranza... Si
parla della rivoluzione tradita... si fa
qualche triste considerazione, se uno
vuole può anche lasciarsi andare/scoppiare
perfino a piangere sconsolato... e poi,
ecco che lei ti rincuora, ti sbaciucchia...
"Non piangere compagno! Sulla breccia
ritorneremo!" Ti si stringe al petto... e si fa
343
l'amore... con un appropriato sottofondo
musicale... naturalmente."
"Qualche bella romanza napoletana? Un
blues?"
"Macché blues, roba classica... Chopin,
Brahms... C'è chi preferisce ascoltare inni
eroici: l'Iinternazionale per esempio... o
addirittura: "Bandiera rossa!" Avanti
popolo, alla riscossa, puttana rossa ci
salverà!!"
STRINGERE A proposito di gioco degli
equivoci, m'è venuto in mente che,
sempre restando in tema di roulette, si
potrebbe ricalcare il tormentone delle
vecchie quanto famose vignette di
Guareschi... Un pò pesanti sui trinariciuti
del P.C.I. ve li ricordate? "Contrordine
compagni... ecc." Ecco, anche con la
svolta del Festival di Firenze si potrebbe
fare altrettanto: "Contrordine compagni...
l'avviso apparso su l'Unità secondo cui i
partecipanti al Festival medesimo
potranno scommettere i propri quattrini
alla roulette, è sbagliato e incompleto, e
pertanto dovrà leggersi così. "I compagni
344
potranno scommettere i propri quattrini
alla roulette russa, cioè puntare a turno
una pistola a tamburo alla propria
tempia... o alla tempia del proprio
dirigente preferito... e scommettere che
partirà o non partirà il colpo.
Certo che nel caso dei dirigenti fareste
loro un enorme favore tanto la loro
tendenza al suicidio è così palese!
E' un'ansia che manifestano in ogni
occasione politica. Il loro slogan è "viva
l'abbiocco,
e l'astensione"! Lasciano
passare leggi infami, leggi a strozzo sul
lavoro,
rapine sulla busta paga,
cancellazione di tutte le posizioni
raggiunte in anni di battaglie sindacali.
E poi cos'è 'sto tormentone delle nuove
svolte politiche? Ogni giorno senti
l'Ochetto che ti viene a raccontare
festante: "Siamo alla grande svolta!
D'accordo è vero, anche i nostri dirigenti
rubano, ma niente paura! Facciamo una
bella svolta morale!"
Il P.D.S. entra al governo di Palermo con
la D.C.,
"tutti calmi è una svolta
345
transitoria a gomito con ritorno rovesciato.
Caliamo le braghe con le leggi antimafia,
molliamo come culinterra per la scala
mobile... Siamo ad una rapida svolta di
assestamento prima del grande Tourniché
di recupero! Niente di grave!"
Siamo davvero ad una grande svolta, ma
si tratta di una svolta del lessico e dei
valori, specie, di quella comunemente
detta "della morale civile."
Infatti ormai il termine, l'espressione
"persona per bene" non ha più senso
comune, non parliamo poi del "senso
dell'onore!"
Ci
basta
osservare
l'espressione che ci offrono questi inquisiti
arrestati, appena escono da S. Vittore. E'
come venissero fuori dal palazzo del
Festival
Del
Cinema
comico
a
Montecatini Terme... sono allegri e
soddisfatti, sfoderano sorrisi disinvolti e
compiaciuti, vanno stringendo mani e
concedendosi in spregiudicate interviste
alle TV, sia di Stato che private...
Hanno davvero del singolare! E sono pure
spiritosi!
346
"Beh sì, ci siamo fatti beccare come
dilettanti."
Giornalista: "Come si trovava là dentro?"
"Senz'altro al fresco. Ah, ah! Scherzi a
parte è stata un'esperienza di vita... che mi
ha fatto un gran bene. No, non mi ritiro
dalla politica, agirò con più grinta!!"
Sportivi eh!
"Com'è andata col giudice Di Pietro?"
"Gli devo gratitudine... grazie a lui mi
sono liberato, ho trovato in quel giudice
una persona davvero corretta e piena di
comprensione... Mi spiace quasi di non
incontrarlo più tutte le mattine per
l'interrogatorio. E' un uomo che sa
ascoltare, mi mancherà."
Quella di farsi arrestare, manette ai polsi
rischia di diventare una moda di grande
successo fra le classi del ceto medio alto.
Invece di sborsare 5 milioni per iscriversi
e partecipare ai cimenti di sopravvivenza,
durata un mese, nella savana... dentro
spaventosi torrenti zeppi di rapide, appesi
a ponti aerei nel Gran Canyon, uno si fa
arrestare, trascinare per quattro settimane
347
gratis a San Vittore: cella con bugliolo...
come massimo comfort: cesso alla turca...
lampadina accesa giorno e notte...
controlli
improvvisi...
cigolio
di
catenacci... puzzo a non finire, isolamento
una settimana, poi in compagnia di
tossico dipendente possibilmente siero
positivo in crisi d'astinenza, che urla tutta
la notte... Ti lamenti? Ti sistemano con un
marocchino mussulmano... che fa il
Ramadan e prega a voce alta con vocalizzi
un'ora sì e un'ora no... senza sosta notte e
dì!
Pensa cosa ne hai da raccontare dopo,
quando appena liberato te ne vai con tutti
gli amici della dorata società a Porto
Rotondo e alle Eolie! Per tutta l'estate sei
al centro d'ogni attenzione... tutti
t'invitano, tutti ti vogliono: "Racconta,
racconta!"
"Sai stasera viene da noi l'assessore
carcerato... non mancare... sarà uno
spasso!"
E' il trionfo! Ecco un uomo che ha
raggiunto il vero successo! Un grande
348
sociologo, Irvin-Moresson, diceva che la
nostra società non sente più vergogna
anche per le nefandezze più smaccate.
Importante è che la società le accetti e le
esalti, anzi l'unica vergogna, oggi,
consiste nel non essere nessuno... un nulla
sepolto fra la massa inodore e incolore.
"Ma dove si trova a viaggiare questo
nostro partito? esclama incazzato il nostro
compagno. Una svolta di qua,
una
controsvolta: è un labirinto di colon
discendenti
e
rimontanti
da
voltastomaco... Curve o controcurve del
genere si ritrovano solo dentro il budello
d'un intestino. E si sa dove va a sboccare
un intestino...! E poi l'intestino di chi?
Dell'internazionale socialista? Della D.C.?
Di 'sto governo? Certo che ritrovarsi
ingoiati, digeriti, e alla fine espulsi da un
simile sfintere,
non è un gran bel
programma, compagni!
Ad ogni modo sempre avanti: "Pugno
chiuso e naso tappato!"
7956
349
INIZIO BIOGRAFIA. ATTENZIONE
QUELLA DI EINAUDI È MEGLIO.
L'impegno l"ho preso, ma da un'ora
almeno, me ne sto a guardare fuori dalla
finestra con il cervello completamente
vuoto, come se per tutti questi anni, e sono
tanti, non avessi vissuto, lavorato,
incontrato gente parlato, riso, pianto ecc.
Niente. Non mi viene niente. Ho la testa
affollata di pensieri confusi, suoni, rumori,
parole, facce (e fra tanto disordine, non
riesco a trovare la parola giusta che mi dia
modo di iniziare con un minimo di
coerenza. Da cosa parto? Da dove? Sono
nata eccetere eccetera. Cosa faccio, anno
dopo
anno,
avvenimento
dopo
avvenimento in ordine cronologico. Per
l'amor del cielo. Sono certa che arrivata
alla prima elementare, spengo il computer
e non ci penso più.
Non mi viene propio niente.
Forse potrei partire dalla prima grande
emozione che non ho mai dimenticato.
Veramente sono due le grandi emozioni
della mia vita. Ma che dico, due. Molte
350
di più, ma queste due sono le più
grandissime.
La prima: "Dario, sono in cinta."
1951.
Inutile spendere parole per
raccontare le difficolta in cui ci siamo
trovati… mi sono trovata.
Immaturi, impreparati in tutti i sensi.
Spaventati.
Non in condizionedi fare un figlio… senza
contare mia madre, cattolica convinta e
convintissima che io fossi ancora più che
mai “illibata”ecc. ecc.
Inutile spendere parole.
Ho abortito.
30.000 lire più la paura, e qualcosa addoso
e negli occhi, che per mesi non m'ha
lasciato. Di quell'ora passata in una
specie di ambulatorio, non certo atrezzato
per un intervento chirurgico, ricordo il
freddo, il buio che c'era fuori, era notte, la
gelida indifferenza e la tensione del
medico e dell'infermiera “non gridi per
favore, altrimente non la opero.”
C'era paura in quella stanza, la loro e la
mia.
351
In quei tempi per l'aborto si finiva in
carcere.
Oltre a "quella" paura per me c'era il
terrore per l'intervento che affrontavo
senza saperne assolutamente nulla; solo
che mi sarebbe stato fatto con anestesia.
Per me, e tutto per me, c'era anche il peso
di quello che stavo facendo. Pensavo a
mia madre, e ho veramente desiderato di
morire. “Se ha paura se ne vada. Non ho
gridato. Credo di aver pianto, ma non me
lo ricordo. Sicuramente ho pianto dopo,
quando Dario che stava ad aspettarmi
m'ha abbraciata. Stavamo male tutti e
due, in più io mi sentivo così colpevole
d'essere certa che non avrei più osato
guardare negli occhi mia madre. 2000
anni di pregiudizi erano il pane quotidiano
che molta gente ha mangiato. Io, con mia
madre onestamente cattolica osservante e
convintapoi ne ho fatto indigestione. Per
Dario era diverso. (parlare di Brera
architettura, lotte operaie;blu di metilene
ecc. ) Ho incontrato altre volte quel
medico. Non ci siamo mai nemmeno
352
salutati.
Lui e diventato famoso.
Ricchissimo. Non ha mai fatto obiezione
di coscienza, dopo la legalizzazione
dell'aborto. Ho saputo che nulla era
cambiato nella sua attivita abortista. Solo
la tariffa. "Sono in cinta!". Il punto
esclamativo sta a sottolineare il
cambiamento dei miei sentimenti nel
comunicare questa notizia a Dario, mio
marito. Siamo nel luglio del 1954. Mi
sono sposata il 24 giugno. Tutto è
regolare. Sono, in regola. Il giorno dopo
"la prima notte" legale che io e Dario
avevamo consumato già due anni prima,
telefonai appena sveglia alla mia mamma.
Nel sentire la sua voce, mi venne un nodo
di commozione. Ero uscita di casa. .
avevo una casa mia. . insomma m'é
venuto il magone. "Che succede?C'era
apprensione, preoccupazione, imbarazzo e
non so che altro nella sua voce non ti ha
trovato in ordine?"Cara dolce mamma,
pulita, ingenua, tenera, così sicura di
quanto mi avevi insegnato da non essere
mai stata nemmeno sfiorata dal dubbio
353
che tua figlia, che se ne stava per mesi in
turné, potesse avere rapporti "stretti" con
il ragazzo con cui "filava" e col quale
lavorava.
Al "magone" s'é sostituito
l'imbarazzo d'aver tradito la sua fiducia.
Non lo vedevi di buon occhio quel
matrimonio, mamma:"é un attore, uno
spiantato, non fara mai niente nella vita.
Stai lontana dagli attori. Prendono in giro
le ragazze, si divertono e poi le piantano".
E dietro a quel"si divertono" si
nascondevano nefandezze innominabili.


I GIORNALI
Nei primi 18 anni della mia vita, non ho
mai letto un giornale. E questo che
c'entra? Nulla. Sto cercando di tirar fuori
fatti lontani,
che disordinatamente
affiorano al mio cervello vuoto.
Non ho mai letto i giornali. Lo dico con
meraviglia.
Possibile? In casa mia
c'erano, la mia era una famiglia socialista
quando esserlo costava qualche cosa. Si
pagava, senza ricevere nulla in cambio:
354
con quella tessera in tasca allora carriera
o posti di comando, non ne ricevevi. I
giornali c'erano, li toccavo quando li
raccoglievo da terra dopo che mio padre li
aveva letti.
(incredibile quanto mio
marito assomigli a mio padre: anche lui,
li butta per terra!) per riporli o buttarli,
ma io sono sicura di non averne mai
aperto uno fino ad un certo giorno. Cioè
quando sono andata a sbattere con la mia
bicicletta addosso ad una Topolino (in
realtà gli ho sfiorato un parafango). La
reazione del "guidante" è terribile e
immediata e assolutamente fuori posto
"Ecco chi rovina l'Italia!""No, guardi io"
"Silenzio! Voi giovani che delegate.
Delegate e non leggete i giornali!".
Allibita, senza parole. E' da quel giorno
che dei giornali leggo tutto,
dalle
inserzioni agli annunci mortuari. Grazie
isterico signore della topolino. Grazie.
Forse ora posso correre all'inizio della mia
vita.
355
1932 "E' ora che Franca incominci a
recitare. "è mia madre che parla. La
prima parte che ho imparato a memoria,
me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca",
così si diceva a casa mia, mot- a mot,
parola per parola. Non sapevo leggere.
Avevo tre anni. Aveva deciso (era sempre
lei che prendeva le decisioni importanti in
famiglia) che avrei fatto un angiolino di
supporto all'angelo vero, che veniva
recitato da mia sorella Pia in "la passione
del Signore" atto V, orto dei Gezzemani.
"Pentiti Giuda traditore che per trenta
monete d'argento hai venduto il tuo
Signore! Pentiti! Pentiti! "dovevo gridare
di quando in quando. La parte non era
lunga. Non ci devo aver messo molto ad
impararla. "Ripeti!" e ancora e ancora.
"Ripeti" diceva la mia mamma paziente
mentre pelava le patate per il minestrone.
"Ripeti!" Mia madre per i suoi figli era
ambiziosissima. Per l'occasione mi aveva
cucito un bellissimo abito bianco da
angelo, con due grandi ali bianche e oro
appoggiate sulle spalle. Seppur credente
356
non andava mai in chiesa ma aveva uno
zio prete. Lei, lo sapeva benissimo che gli
angeli erano vestiti così! Mio padre,
ormai entrato nel gioco, mi mise in testa
una coroncina di lampadine. E' ora
d'andare in scena e tutti: "ma che
bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La
mia mamma faceva andare la coda. Non
avevo fatto nessuna prova. Sapevo solo
che ad un certo punto avrei dovuto seguire
mia sorella Pia nell'entrata in scena ed ad
un segnale della mia mamma sistemata in
quinta avrei dovuto gridare "pentiti
Giuda" e quel che segue. Il guaio,
l'imprevisto che più imprevisto di così non
si poteva immaginare fu che il
personaggio di Giuda era interpretato da
mio zio Tommaso, un uomo che avevo
sempre visto calmo, sorridente, che mi
raccontava storie
bellissime, mi
regalava un sacco di divertimenti, al
quale volevo molto bene e vedermelo lì,
proprio vicino vicino,
con una
parruccaccia nera in testa. Gli occhi che
lanciavano saette tra un tuonar e
357
lampeggiar minaccioso, che disperato
gridava: "possano i corvi divorarmi le
budella, le aquile strapparmi gli occhi!"
e altri animali che non ricordo "mi
divorino un pezzetto alla
volta ad
incominciare dalla lingua", mi fece un
terribile effetto.
Mamma mia che
spavento! Cosa stava capitando?! Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma
quello che mi buttò completamente fuori,
fu il vedere mia sorella, solitamente
rispettosa ed educata, che per nulla
intimorita gliene stava dicendo di tutti i
colori! Una sfuriata in piena regola e che
trascinavano il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera. "Ma cosa
sta capitando? Perché lo zio Tommaso fa
così?" Il groppo che mi sentivo in gola
stava per scoppiare; mia madre dalla
quinta mi faceva gesti più che perentori.
Giuro che avrei potuto parlare, ma non
me la sentivo proprio di rincarare la dose.
No, io no, allo zio Tommaso. Non dico
proprio un bel niente.! Non so cosa gli sia
capitato. Forse è impazzito. "Anzi. A
358
piccoli passi, camminando come pensavo
camminassero gli angeli,
seppur
spaventatina, gli sono andata vicino, lui
era in ginocchio e gridava più che mai.
Dio che paura! Senza dire una parola mi
sono arrampicata al suo collo e l'ho
abbracciato, tempestandogli la faccia di
baci. Insomma cercavo con i mezzi che
avevo a disposizione, di calmarlo e
piangevo nel silenzio che era calato in
palcoscenico. Pia s'è ammutolita. In quinta
mia madre faceva segnali che non
prespettavano niente di buono. Lo zioGiuda si blocca per non più di tre secondi,
lo giuro. E poi con voce profonda (intanto
con la mano mi solleticava la mia e con
gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi)
dice:
"Dio,
sei
grande!
A
QUEST'ORRENDO
PECCATORE
MANDI IL CONFORTO... un piccolo
angelo... mi tendi la mano. No, no, non
me lo merito! e, dal momento che lo
spettacolo doveva pur terminare, taglia
corto, M'impicco!". Deve usare un po' di
forza per liberarsi da me che proprio non
359
ne voglio sapere di lasciarlo andare.
Grida: "L'albero più alto... dov'è l'albero
più alto... Lasciami andare angiolino.
Lasciami: "e con un urlo agghiacciante
esce di scena. Mia sorella (l'unica volta
nella sua vita, credo) non sapendo più che
fare, camminando anche lei sulle punte,
immediatamente lo segue. Grande
applauso. Tutti mi chiamano in quinta con
grandi cenni. Non so se la paura d'essere
sgridata o il "senso del dovere" che
maledizione da che sono nata è lì, a
spingermi ( a pigiarmi ) la coscienza,
fatto si è che dopo un attimo di silenzio
con voce chiara e mesta quel tanto che
serve dico "S'impicca! Non s'è pentito.
Giuda traditore che per trenta monete
d'argento ha venduto il suo Signore. Non
s'è pentito!" e via che esco. Ce l'avevo
fatta: l'avevo detta tutta! Da allora in poi,
"la passione del Signore" ha sempre avuto
due angiolini, con il più piccolo che
abbraccia Giuda a mostrare la grandezza
di Dio. E tutti giù a piangere.
360
A 5 anni: "gli spazzacamini della valle
d'Aosta. Com'è che succedeva? Come
arrivavo la prima volta in scena con un
personaggio che non avevo mai
interpretato prima? Non me lo ricordo,
ma so con certezza di non aver mai
provato prima di un nuovo spettacolo. La
parte come sempre fino a che ho imparato
a leggere,
me la insegnava la mia
mamma, la imparavo velocissimamente,
era come se la sapessi già. Anzi, la
sapevo già. Quante volte mi ero
addormentata nella cassa dei costumi, o
nella bara di Giulietta quella del Romeo,
o in qualsiasi altro posto che mi
permettesse di addormentarmi, mentre i
miei recitavano una sera dopo l'altra? "Gli
spazzacamini" un drammone. Gino, (io, )
il protagonista, figlio di una povera ma
bella incintata e poi abbandonata dal
figlio del conte... vengo, a causa della
miseria in cui nascono quasi sempre
quelle
incintate
dai
"contini",
NONOSTANTE LA TENERA ETA'
affidato ad un "mercante di carne
361
umana"!, un delinquente che specula sui
bambini che gli vengono
affidati,
mandandoli spesso a morire nel tentativo
di pulire, in quanto smilzi e denutriti
(quanto piangeva la gente!) la cappa di un
camino. E' quando, la mia mamma che
per fortuna era venuta a trovarmi a Torino
col mio nonno sennò chissà come avrebbe
mai fatto a tornarsene a casa, crede che il
suo Gino sia morto nella cappa del
camino "Oh che tremendo dolore!" e via
che impazzisce. La ragazza in questione
era proprio sfigata. Ma il suo Gino, che
quel giorno lì in quanto ammalato, era
stato sotituito nel lavoro da un compagno,
certo Carletto, che muore al suo posto.
(Mai essere generosi!) Questa è per Gino
una giornata davvero fortunata. Il vecchio
conte è schiattato nel frattempo, ed il
contino, vale a dire il suo papà, decide in
quanto sempre innamorato della mia
mamma, di riparare al malfatto e di
sposarla. Ci sono un po' di problemi per
far rinsavire la povera ma onesta sfigata,
ma alla fine tutto finisce in gloria tra
362
lacrime e singhiozzi e applausi. 5 atti, con
la comica finale per -17 - non mandare a
casa la gente con il magone.
Il nostro era un teatro realmente e
totalmente "all'improvviso" che si basava
su trame semplici e stringate, TEATRO
POPOLARE appunto, nella tradizione
della
COMMEDIA
DELL'ARTE,
completamente opposto al teatro letterario
e naturalista messo in scena dalle grandi e
illustri compagnie che agivano nelle
grandi città e imitato in tutto il suo
negativo dalle piccole compagnie, come
la nostra, che agiva no in provincia. Il
nostro successo stava tutto in questa
differenza. Il nostro repertorio era
vastissimo: dalle più famose tragedie di
Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi,
alle commedie di autori moderni a quei
tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San
Secondo, alle comiche finali. Il tutto
senza aver mai studiato una parte a
memoria su di un copione. Non esistevano
copioni di testi teatrali veri e propri, ma
una specie di cannovacci e per molti testi
363
non esisteva nemmeno il cannovacccio.
Ce li avevamo _18_ nella testa da sempre.
Eravamo bravi? Non lo so. So solo che i
teatri erano sempre pieni, che si lavorava
tutti i giorni, si riposava solo il venerdì
santo, e il 2 dei morti, a novembre. O se
c'era il funerale di un defunto importante
del paese: il prefetto, il sindaco, il
dottore, il prete il farmacista. E quando
in un paese avevamo fatto tutto il nostro
repertorio, (replicato 6 sere la Giulitta, 6
la passione, "il povero fornaretto di
venezia e non mi ricordo più quali altri
drammoni avessere successo) mio padre o
mio zio, si leggevano un romanzo, ci
riunivano e ce lo raccontavano. "Tu fai
questo, t u questo e tu questo, e via che il
giorno dopo si andava in scena. Sulle
quinte laterali, in bella calligrafia, la
scaletta dei punti chiave, il susseguirsi
degli avvenimenti.
"L'assassino del corriere di Lione". Scena
PRIMA:
la ragazza s'incontra col padre, che non
aveva mai conosciuto, partito povero,
364
tanti anni addietro, torna ricco, riempie la
ragazza di doni, ma lei non riesce a
sentire nulla per lui, anzi solo repulsione.
- 19Manifestare freddezza e imbarazzo.
Ricordarsi che la madre è morta.
Scena seconda:un uomo(lo stesso attore
che interpreta il personaggio delpadre)
languisce in una cella, è un innocente
caduto in un errore giudiziario terribile.
Accenni all'assassinio di un corriere a
Lione. Acceni alla moglie morta e alla
piccola bimba lasciate al paese. Saranno
ancora vive?
Solo nel V atto tutto si risolverà: il buono
premiato con la libertà e l'onore restituito
mentre il cattivo (fratello gemello del
buono),
smascherato da una collana
rubata al corriere di Lione, sarà punito
con la forca. Gaudio e felicità. Ricordarsi
della madre morta.
Comica finale. Non c'è pesonaggio nel
repertorio della mia famiglia che a
secondo dell'età non abbia interpretato.
Neonati(8 giorni in braccio alla mia
365
mamma-in la Genoveffa di Brabante),
bambini o bambine, ragazzini, signorine,
giovanotti, suore, cortigiane, prostitute.
Una volta ho fatto persino, il cuciniere
Dracco.
La storia nel ricordo, mi fa
ancora ridere.
Ero cresciuta e la
Genoveffa(che dio la maledica, quanto ho
odiato sta noiosa!) ora la facevo io.
Giovane e bella moglie del re alla guerra,
sola nella raggia viene insidiata da Golo,
un primo ministro della situazione, che lei
respinge furente e offesa.
La donna
giovane donna decide di inviare una
missiva al marito tramite il cuciniero
Dracco:l'unico che a corte le sia rimasto
fedele. per avvertirlo del tradimento del
suo braccio destro. "Torna o mio dolce
sposo, torna! che quel maialone del Golo
vuole fare con me, proprio quella cosa là!"
Golo che è sempre lì a origliare , scopre
tutto e zak!, pugnala il poveraccio e
manda a dire al re che Genoveffa è
incinta del cuciniero. "Ti ha tradito o mio
re, che vergogna con un cuciniero!"Il re ci
casca, fuori dalla grazia di dio "un
366
cuciniero no!"ordina il taglio della testa
della la fedifraga e anche del bambino
nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE
POI TUTTO , COME SEMPRE,
FINISCE IN GLORIA )Arriviamo sulla
piazza e ci rendiamo conto che ci manca
l'attore che avrebbe dovuto interpretare il
ruoli del cuciniero . D'accordo, sono due
parole che si possono anche tagliare, ma
fisicamente deve essere in scena. Ci
ragioniamo sopra un attimo per vedere
come risolvere.
Bene.
Ci siamo.
Facciamo
così. Al momento cruciale,
vado alla quinta di destra. Il perfido Golo
mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo,
guardando fuori scena con il cuciniere che
non c'è,
fingo di consegnargli il
messaggio e poi,
affranta,
esco.
Velocissimi mi mettono sulle spalle un
mantellaccio con capuccio, che mi copre
dalla testa ai piedi. Rientro in scena con
la missiva bene in evidenza in mano,
faccio qualche passo come se ora io
parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su
di me"muori, spione di un cuciniero!E via
367
che mi pugnala. Cado morta. Golo mi
trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla
parte opposta da cui sono entrata. Mi
tolgono il mantello, mi raddrizzo la
parrucca biona dalle lunghe trecce, corro
velocissima dall'altra parte. Rientro in
scena e_ 22 _ vedo Golo che pulisce il
pugnale assassino nel mantellaccio che
indossavo fino ad un secondo fa. "L'avete
ucciso!Assassino!!"Ansimo un pò, per via
della corsa, ma sono perfettamente in
parte e nessuno s'è accorto di niente.
Noi eravamo in grado di andare in scena
senza prova alcuna, con un testo nuovo
allestito di sana pianta. Arrivavamo ad
esempio in una piazza nel giorno in cui in
paese si festeggiava la santa patrona,
ebbene, debuttavamo con la storia di
quella santa sulla quale mio pdre e mio zio
avevano giorni prima letto e ascoltato
dalla gente, vita morte e miracoli.
Avevavno
riunito
la
compagnia,
raccontato
a sommi capi l'intreccio,
distribuiti i ruoli se i costumi adatti non
c'erano si rimediavano, e via che si
368
debuttava. Senza prove. Se si confronta
con i 90 o addirittura i 180 giorni di prova
delle compagnie di oggi.Ma certo che
allora, sovvenzioni ministeriali o regionali
o provinciali o comunali, non ce ne erano,
quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi
sbrigare eccome.
-23- L'unico posto,
luogo dove io mi senta a mio agio è il
palcoscenico. No, non per via:ama la
polvere del palcoscenico. No. Sono
allergica alla polvere, alle banalità, alla
rettorica. Sto bene in palcoscenico perché
è casa mia. In qualsiasi città mi trovi,
quando sono in teatro sono a casa.
Entrando nella hall di un teatro, non m'è
mai capitato di dovere chiedere"scusi,
dov'è
il
palcoscenico?"Conosco
automaticamente la strada, dove sono i
camerini, il gabinetto. "Ma ci sei già stata
qui?""No, è la prima volta""Non ti credo"
-"Sì, forse ci sono già stata".
Sto bene nei camerini, anche se squallidi.
No, non li addobbo con sete colorate.
L'ho fatto qualche volta. senza accorgermi
andavo dietro all'onda, voglio dire alle
369
usanze degli attori, ma erano 100 anni fa.
Poi ho scoperto che non mi ci trovavo con
QUEGLI addobbi intorno, non sentivo il
bisogno di ricostruirmi il "salotto"di casa
mia, anche se il camerino era un cesso. E
DIO sa quanti camerini "cesso" trovano
gli attori nei teatri e nei cinema di casa
nostra.
L'unica cosa alla quale non
rinuncio è la luce. "Lino!!(è il tecnico
delle luci)
La luce"Lino arriva e mi piazza certi 5OO
da accecare. Io ci sto bene. La luce e il
mio baule, ora i miei bauli. Mi piacciono
i miei bauli. E' un classico baule armadio
d'attori, verde fuori a fiorellini l'interno.
Ci sono i cassetti e nei cassetti di tutto:
golf, libri, fogli, macchina da scriverecomputer, pennarelli, lettere e cianferi
d'ogni genere. Il primo baule della mia
vita l'ho comperato a rate nel 51, non
appena arivata in compagnia primaria.
Dentro non c'era quasi niente, ma quel
sacramento, che si apre all'impiedi
dividendosi in due e diventa un armadio,
con cassetti e reparto per i cappotti, con
370
tanto di targhetta in metallo con il mio
nome, mi dava una gran sicurezza. Per la
verità era una sicurezza del tutto
speciale:la sicurezza di avere anch'io il
baule come tutti gli altri. Credo che
quella sia stata l'unica sicurezza di quesgli
anni e per molti anni dopo. Credo anche
di essere la persona più insicura che io
conosca. Il mio baule, il suo contenuto, il
camerino il palcoscenico:sono a casa. Io
non mi consiero un'attrice. Sono "anche "
un'attrice. In casa mia ho imparato tutto
quello che può servire per poter fare
questo lavoro: attrice, elettricista, fonico,
costumista, trovarobe, direttore di scena,
servo di scena,
piazzare le
luci,
suggerire, sarta, vendere i biglietti,
truccare, pettinare, ballare, cantare (sono
un po' troppo timida,
seppur molto
intonata!Me l'ha detto Giovanna Marini, e
se lo dice lei... )la ricerca delle piazza
l'amministratore, fare un borderò, (ora è
però diventato difficilissimo) I miei
avevano addirittura una propria tipografia
dove si stampavano i manifestini,
371
insomma i volantini di adesso. Avevamo
centinaia di scene belissime, dipinte da un
pittore della Scala, Lualdi che veniva a
apassare le sue vacanze da noi, ogni
tanto, le rinfrescavamo tutti insieme.
Ogni giorno cambiavamo piazza, (dico
piazza per dire "paese", non recitavamo
in piazza ma in locali chiusi, teatri,
cinema, oratori, quindi ogni giorno si
dovevano montare -26-scene e luci. Anche
i nostri costumi erano belli. Figuriamoci!
Mio padre, tramite l'amico Lualdi, li
comperava in blocco dal Teatro della
Scala. E se per un nuovo testo mancava
qualche costume, ce lo facevamo in
quattro e quattrotto. Mia madre, maestra
diciottenne, figlia dell'ingegnere del
comune dove risiedeva (Bobbio) e di una
casalinga si era innamorata di questo
"girovago marionettista"che un giorno era
passato di lì, e con grande scandalo dalla
famiglia-(povera come l'acqua, ma di una
classe sociale superiore a quella di mio
padre)e del paese se l'era sposato. Mia
madre, era bellissima e quando dico
372
bellissima
voglio
proprio
dire"bellissima"senza artificio alcuno.
Nessuno di noi,
quattro figli,
pur
assomigliandole, s'è avvicinato a tanto;
Bellissima, giovane, innamorata, aiuta
Domenico (il marito) e Tommaso (fratello
del marito e Stella, (sorella del marito) in
tutto quello che può . Cerca con tutte le
sue forze di adeguarsi alla nuova vita,
tanto diversa da quella che aveva condotto
sino a quel giorno. Non sa manovrare le
marionette, ma si ingegna a vestirle. Poi,
più avanti, dirà qualche battuta. Con
l'avvento del cinema (1920)) i due fratelli
intuiscono che "il teatro delle marionette"
sarà presto messo in crisi, subissato, da
questo nuovo fantasctico mezzo di
spettacolo. Decidono un cambiamento
radicale(con grande dolore del nonnno
Pio, un amate di Garibaldi, l'unico ritratto
in nostro possesso lo raffigura vestito e
somigliante all'eroe!)" Entreremo in scena
noi, al posto delle marionette, reciteremo
noi inostri spettacoli "Così mio padre con
la propria famiglia aggiunta alla famiglia
373
di mio zio Tommaso si sostituiscono ai
pupazzi di legno, vere e proprie sculture,
tre delle quali sono esposte al Museo del
teatro della Scala di Milano. E quando
inizieranno a recitAre di" persona", a
portare loro stessi in palcoscenico i testi, i
personaggi
che avevano fino allora
interpretato muovendo e doppiando
pupazzi di legno, lei, la mia mamma,
diventa la prima attrice della compagnia.
Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li
faceva-28- studiare, si occupava della
casa, e come una più che provetta
caslinga( a tutti gli effetti)teneva
l'amministrazione della compagnia come
fosse quella di un normale menage
familiare, si occupava dei costumi, aveva
imparato pure a cucire, e alla sera, via!, E
Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la
Fantina dei Miserabili, tutti -28- ruoli che
via via, abbiamo interpretato anche noi
figlie e le cugine Ines e Lucia. Percorro
così
l'apprendistato
dei
teatranti
interpretando via via che cresco, tutti i
ruoli maschili e femminili adatti alla mia
374
età. Il vantaggio della compagnia di mio
padre rispetto alle altre compagnie di giro,
(così si chiamavano le piccole compagnie
di provincia) è l'invenzione di impiegare
tutti i trucchi scenici del teatro magico
delle marionette, nel "teatro di
persona"":montagne che si spaccano in
quattro a vista, palazzi che crollano, unn
treno che appariva piccolissimo lassù
nella montagna e che man mano che
scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in
scena con il muso della locomotiva a
grandezza naturale. Mari in tempesta,
nubi che solcavano minacciose il cielo tra
lampi e tuoni, gente che volava. scene in
tulle in proscenio, che illuminate a dovere
ti facevano vedere come era il paradiso.
Insomma tutti gli espedienti tecnici
dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena,
che viveva ancora, dentro la scenotecnica
delle marionette. soltanto che in quel
teatro tutto era stato miniaturizzato, si
trattava adesso di eseguire una operazione
da Gulliver alla rovescia:da minuto che
era ingrandire ogni oggetto, aggeggio,
375
marchingegno fino a renderlo identico alla
realtà. In questa nuova veste"il teatro di
persona" la compagnia di mio padre
realizza un successo insperatoo. Si lavora
come sempre a tempo pieno. Mio padre ,
il capo, con il ruolo di primo attore,
menager P. r. , lo zio Tommaso nel ruolo
dell'antagonista, del comico-brillante a
secondo dei testi e di drammaturgo-poeta
di compagnia;le mogli, i figli, gli attori
scritturati;i
dilettanti
gli
amici
componevano la nostra compagnia.
Giravamo cittadine, paesotti e paesini del
nord Italia su di una corriera che
chiamavamo "Balorda" a causa del
comportamento bizzarro che aveva, che
più che al suo cattivo carattere andava
attribuiito agli anni. In certi paesi nei
quali ad una certa ora del giorno si
passava, nei turnichè particolarmente
ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci
aspettavano. Ci spingevano fra tante
risate, poi la sera ci raggiungevano ed
entravano a godersi lo spettacolo gratis.
"Siamo quelli che abbiamo spinto. "
376
"Passate". Mio padre, amava la Balorda ,
e zingarone com'era, gioiva tutto nel
vedersela rilucente di colori sgargianti.
Mia madre, ogni volta che lui le cambiava
colore:"non sposeremo mai le nostre figlie
!" "Hai ragione Milietta. domani le
cambio colore"E l'indomani quando
"Emilietta" si affacciava in cortile, ecco la
Balorda
ridipinta:d'argento!"Non
sposeremo mai le nostre figlie!"Arriva la
guerra, finisce la guerra. Bombardamenti
non ne avevamo avuti. Qualche bomba
sulla fabbrica di aerei: la Macchi, lontana
dal centro, alla periferia di Varese, a
Masnago. Ricordo a proposito di questo
paese, una sera che si tornava a casa dopo
lo spettacolo veniamo fermati, sia noio
che tutti quelli che passavano per quella
strada dopo di noi, da un gruppo di fascisti
e S. S. Ci hanno fatto entrare in un
cortile, (era quello dove anbitava uno dei
nostri dilettanti, chisamato"luigino cassa
da morto, perché suo padre le fabbricava)
dove siamo stati per ore bloccati. Solo
all'alba ci hanno lasciati andare. Non è
377
stato per niente drammatico.
L'aria,
nonostante i tedeschi era di festa a causa
della inconsuetudine dell'avvenimento. Si
sà, i giovani trovano sempre la maniera di
di superare le tensioni. Sarebbe però, tanta
allegia finita in tragedia se quell'alba
avesse portato la notizia di una missione
tedesca andata male. Ci avrebbero fucilati
tutti.
l'abbiamo saputo qualche giono
dopo. Per fortuna l'abbiamo scampata.
Altre volte, capitava che ci fermassero dei
partigiani.
Non dicevano
"siamo
partigiani" ma erano in borghese con i
mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio?"
Li facevamo salire. Più avanti capitava
d'incontrare picchetti fascisti che ci
fermavano. Ci conoscevano. Avevamo un
permesso speciale per il coprifuoco.
"Buona sera signor Rame.
Com'è
andata?" "Benissimo!" "buona notte. "Ce
ne andavamo;nonostante il buoio,
sicuramente pallidi.
Si riprendeva a
cantare con più forza di prima. E anche i
poartigiani cantavano. Gridavano più di
378
tutti. (ricordarsi inserire malattia-corso
infermiera-morte del padre)
A 20 anni, seguendo l'esempio di mia
sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la
nostra compagnia e inizio la mia carriera
nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si
possono immaginare le difficoltà di una
simile scelta in quel periodo del
dopoguerra , siamo negli anni 50 e quindi
alterno momenti neri a buone scritture
nelle compagnie di varietà più famose. E'
proprio in una di queste compagnie che
conosco il Dario Fo, anche lui alle prime
armi, che s'innamora subito di questa
"sventola
dolcissima",
(così
mi
chiamava)e si prende una cotta da
imbesuimento(così dice lui):"7 giorni a
Milano", ditta:le tre sorelle Nava e Franco
Parenti. M'é piombata addosso, é propio
il caso di dirlo senza che la cercassi, ne
sollecitassi nulla, per averla. Parlo di lei,
della notorietà. Di questo mio mestiere
non me ne é importato mai niente. Si
stenta a crederlo, ma é così. non ho mai
mosso un dito per avere di più, anzi, tutto
379
quello che negli anni ho ricevuto, di cui
ho beneficiato, l'ho avuto, "nonostante
me". Ora che ci penso bene, e mi
sconcerto, non posso nascondermi di non
aver mai desiderato qualcosa in
particolare. Non ricordo di aver mai
detto, ne pensato"se potessi avere. .
""vorrei""per avere quella cosa farei. . "E
non perché avessi tutto, chi mai ha tutto?
Qualcosa certo l'ho desiderato, che so, che
non mi si ammalasse nessuno in famiglia,
che mia madre non morisse mai, che i
miei figli stessero bene... ma insomma,
tutte cose, normali. Del resto, pellicce,
vestiti, gioielli, parti, partone, niente.
Forse perché mi arrivava tutto di da solo.
Forse perché non mi restava il tempo di
desiderarle. Beh questo può valere per
quando ho iniziato a guadagnare, ma per
prima?Era così anche prima?Sì. Era così.
Forse mi ci vuole uno psicanalista.
Dicevo che m'é piombata addosso
la"notorieta", non che mi dispiacesse, una
certa sera a Cesena. Compagnia Franco
Parenti e le tre sorelle Nava. Io dicevo
380
una battuta:"Il Coriolano é in cinque atti",
ma ero lunga, bionda, con i seni rotondi, e
mi si vedeva. Alla fine dello spettacolo, si
presenta in camerino un tipo con
macchina fotografica"sono un giornalista
posso farle una foto?Posso dire che un
produttore americano la lancerà come la
Rita Haiwort italiana?"
1953. Con Franco Parenti e Giustino
Durano Dario scrive il "Dito nell'occhio"
testo di critica-34- politica e sociale che
fece grande scalpore e per i contenuti e
per lo stile di treatro ben diverso dagli
steriotipi del teatro così detto "leggero" di
quegli anni.
Lo spettacolo ha un
grandissimo successo e gira per una
stagione intiera tutta Italia. Io debutto con
loro nella stagione invernale. (ricordarsi
"spettacolo sconsigliato" fuori dalle
chiese. )
1954 -giugno . Dario debutta al Piccolo
Teatro sempre con Parenti e Durano con
un altro testo scritto da loro:"I sani da
legare". Io ho un gran magone, perché
381
Parenti non mi vuole in compagnia;Lo
capisco anche se nessuno esplicitamente
me lo dice. Ma ad un certo punto Dario,
con molto imbarazzo e malinconia, nel
bar di una piazzetta vicino a casa mia, me
lo comunica, ma in contemporanea mi
chiede di sposarlo. Lui dice di no, nega,
ma io sostengo, conoscendolo, che mi ha
chiesto di sposarlo per pareggiare il dolore
che sapeva che mi avrebbe procurato
l'essere scartata.
1954- 24 giugno. Ci sposiamo. In
sant'Ambrogio!Dario metterà il fatto di
essersi sposato in chiesa addirittura ne"gli
arcangeli non giocano al flipper":"sposato
in chiesa per accontentare
madre di lei molto credente".
Il
matrimonio è stato bellissimo. La notte
prima l'ho passata sveglia non per
l'emozione, ma perché stavamo nel lettone
della mia mamma in cinque. Io e quattro
amiche venute da Varese per farmi festa.
E a chiaccherare a ricordare, a ridere. E'
stata una bellissima notte. La mattina è
arrivato il Felice, padre di Dario, con una
382
macchinona presa a nolo, scendo le scale
della casa della mia mamma e lì, tutti gli
inquilini -35-del palazzo a buttarmi
manciate di riso. . a farmi gli auguri, a
strigermi la mano. . e io. . giù a
piangere. Poi arrivo in chiesa. I giornali
avevano da giorni annunciato le nostre
nozze, quindi, folla, fotografi oltre ai
parenti e agli amici. e un'amica , che forse
non mi era tanto amica, mi allunga,
proprio un secondo prima che entrassi in
chiesa, davanti a tutti un magnifico
buchè:gigli simbolo di purezza. Facevo
l'amore con Dario da due anni, senza
nasconderla altri che alla mia mamma, e
questi gigli li avrei mangiati volentieri.
Non ho potuto. Pranzo con gli invitati
all'Htel Milan, offriamo i confetti, e poi ce
la svignamo e andiamo a pranzo col babbo
di Dario. La "prima sera", io sono in
televisione, non ricordo più con che
spettacolo, Dario al Piccolo
con "I
SANI". Sono andata ad abitare nella casa
dei genitori di Dario.
(controllare
archivio, c'è una foto simpatica"la sposa
383
d'italia")L'indomani mattina, telefono a
mia madre per salutarla. . e non so com'è,
m'è venuto un gran magone. Mi sono
emozionata. Era veramente fatta. Ero
uscita di casa. E la mia mamma, e qui si
può leggere tutto il suo candore:"Che c'è?.
. Non ti ha trovato in ordine?".
L'impatto con la vita marito-casa-famiglia
è stato un gioco. Mi cimentavo con la
cucina, ma non avendo mai avuto niente
del genere come mia diretta e totale
responsabilità, avevo qualche problema.
Primo tra tutti, le dosi. Far da mangiare
per due. C'erano sempre tali quantità di
cibo bastanti per una caserma. Ricordo
una sera a cena Eugenio Tacchini, amico
di Dario d'infanzia che si mangiò almeno
sette piatti di minestrone. Io ero un pò
preoccupata. "Basta, Eugenio, starai
male. "No, no. E' tanto buono" Poi però
al cinema Orfeo, dove -36- mi aveva
accompagnato a vedere "Roma città
aperta" durante la scena delle torture è
svenuto. "Accendete la luce-grido-c'è un
ragazzo che sta male". Arriva 23 la
384
polizia, lo portano fuori, nella hALL lui si
riprende... Si guarda intorno, vede i
poliziotti, e ancora sotto lo shok del film,
gridava"non
sono
stato
io!Sono
innocente!"Volevo morire. Poi s'è alzato,
è corso in bagno e ha vomitato totto il mio
minestrone. Gli ossibuchi mi venivano
bene. La prima volta che li ho fatti,
stando col filo telefonico diretto con mia
madre, Dario non finiva più di dirmi-che
buono che buono. Poi ha invitato i suoi
amici di Brera, Emilio Tadini, Alik
Cavaliere e altri . Ero un pò preocupata.
Un pranzo da sola, non l'avevo mai retto.
"Farò gli ossibuchi col risotto". Ho fatto
la mia bella figura. E Dario-ma che buoni
-ma che buoni!Ho continuato per almeno
tre settimane. E il povero Dario sempre a
dire ma che buoni-Poi, al ventesimo
giorno credo si sia finalmente ammutolito.
Ora, li mangiamo non più di tre volte
all'anno.
Al suo "ma che buono che
buono s'è aggiunto Jacopo. Lo dicono
insieme e poi scoppiano a ridere.
385
20 minuti dopo le nozze, si fa per dire,
resto incinta. Jacopo (un nome che mi
piace proprio come quasi tutte le cose che
fanno quei due tipi lì, dice nostro figlio) è
nato il 31 marzo del 55 a Roma.
Esattamente nove mesi e sei giorni dal 24
giugno dell'anno prima.
Gravidanza
terribile.
Ho vomitato sempre.
Mi
disturbavano gli odori, perfino i colori.
Mai più potuto mangiare ne vedere un
piatto di spaghetti. La sera del trenta,
stavo nel camerino del Teatro Quattro
Fontane dove Dario recitava. Chiedevo a
sua madre;la mamma Fo, "come sono le
doglie?Cosa si sente?Come si capisce che
è ora?"E lei, "quando senti una mano che
ti strappa le viscere. . "e un'amica, anche
lei anziana"No Pina, non ti ricordi più.
Quando senti. . ". Nulla che mi
tranquillizzasse.
Anzi!Mi ritiro un pò
prima di Dario. Ormai ci dovremmo
essere... Preparo la valigia, roba per 25
me, vestaglia camicie ecc. e roba per il
bambino. (A quei tempi non si sapeva
prima se fosse maschio o femmina. Ti
386
dovevi fidare delle anziane:la pancia è
così, allora è maschio. No, per me è
femmina, non vedi come è messa?E via di
'sto passo. Comunque sempre"bambino"
si diceva. Se poi era femmina. . ) Ero
emozionata. Arriva Dario. Baci baci.
Poi si mette a letto e si mette a leggere "il
Mondo" . Ho odiato molto quel giornale
per la sua grandezza. Ogni volta che D.
voltava pagina mi faceva un gran vento.
E io sternutivo. "Dario, mi sento strana...
""Dormi Nanina.
.
".
Dopo un
pò:"Dario. . ""Dormi Nanina". . e via a
girar pagine. . "Dario credo che mi si
sono rotte le acque. . ". "Dormi Nanina.
. ""Ma Dario!!!"Di corsa un taxi. Ora
siamo emozionati tutti e due. Clinica
Salus. Mi avevano promesso che mi
avrebbero dato dell'etere. In sala parto
grido;Etere!Etere!La levatrice mi dà una
carezza;"sì cara, sì, suo marito è
fuori"Etere!!"Il fatto è che la signora in
questione era veneta e pensava che nel
momento supremo io chiamassi mio
marito:Ettore!Ettore!Poi finalmente è
387
arrivato il medico. Sento un vagito.
"Brava signora. 3 chilogrammi e 9. "Ho
fregato la Clara. La Clara era una brava
ragazza moglie di mio cognato Fulvio, che
però era molto quotata all'interno della
famiglia, e quando dico famiglia intendo
mia suocera, in quanto professoressa di
lettere, non attrice. Quindi sicuramente
migliore di"quella lì che 26 non solo fa
l'attrice, ma mi ha anche portato via ei me
testun. "Sì, all'inizio mia suocera era solo
mia suocera;Non aveva simpatia per me e
devo dire chefaceva l'impossibile per
farmelo capire. Mi addolorava molto non
essere amata da lei.
Ma si sa, gli inizi
per qualsiasi cosa tu intraprenda trovi
difficoltà, figuriamoci il rapporto con la
mamma di lui.
Mia suocera m'ha
conosciuto bene. E' diventata per me la
mamma
Fo,
e
mi
ha
amata
profondamente, come profondamente io
ho amato lei. La frase che mi diceva con
orgoglio era "io l'ho messo al mondo, tu
l'hai fatto". Ma pensa te!Ce ne vuole èh !!
388
Con la leggerezza dei pazzi usciamo dalla
clinica con il nostro fantolino in fasce e ci
"accasiamo" ospiti di un fotografo di cui
non ricordo il nome, che aveva una
splendida casa in via Parioni;Davvero
splendido appartamento. L'unico difetto
non indifferente per una coppia con un
bambino di 8 giorni che questa
principesca dimora, era completamente
priva di mobili, (se li era portati via il
padre dopo una lite. Ma erano mesi che
l'appartamento era in queste condizioni).
Due brande, una sedia per comodino;un
tavolo in cucina, qualche sedi, forse, e un
telefono con un fili chilometrico che il
nostro amico si portava sempre appresso.
Non volendo umiliare la sua generosità
(forse era ubriaco quando ce l'ha proposto,
non so) ci siamo sistemati alla
bellemeglio. Il bambino ha pianto per 8
giorni di fila.
Per quanto spirito di
adattamento avessimo non riuscivamo
proprio a comunicarlo a questo tipo
appena nato, che non sapeva proprio
niente della vita. a cavarcela e per le
389
scomodità e per la mia inesperienza. Al
nono giorno, decidiamo di tornare in
clinica. Ci hanno presi a braccia aperte.
Ci hanno dato una bellissima camera,
vicino alla sala parto.
Ci siamo
addormentati tutti e tre e abbiamo dormito
per almeno un giorno finalmente
rilassati;Dario come vedeva in corridoi un
padre in apprensione per la nascita del suo
bimbo si avvicinava e s'informava. parto
cesareo. 27 "Sa, è un . "E Dario:"non si
preoccupi anche Franca ha avuto
ilcesareo. . è una sciocchezza. . vedrà"E
quello si consolava. E un altro" è messo
di piedi!""Non si preoccupi, anche nostro
figlio è nato di piedi. . è andato tutto
benissimo.
.
il ginecologo è
straordinario" . Solo quando un padre era
preoccupato perché la moglie stava
facendo 2 gemelli D.
è stato senza
parole. Non poteva dire:anche Franca. .
E via di questo passo. Ci siamo stati tre
mesi.
Quanti padri e quante madri
abbiamo rinfrancato. Qualcuna ci viene
ancora a trovare con i il figlio nato proprio
390
in quei giorni. Che benissimo! Intanto,
abbiamo comperato una casa in via
Nomentana,
l'abbiamo
arredata
e
finalmente ci siamo andati ad abitare.
Tutti tre.
Il bambino cresce. Noi facciamo films. Il
primo "Lo svitato". Il soggetto era di
Dario. L'aveva letto a Zavattini che ne fu
entusiasta. Regia di Carlo Lizzani. Dario
era troppo inisperto per aver voce in
capitolo con gli sceneggiatori che gli
avevano messo al fianco"sei autori in
cerca del personaggio" li definì Nello
Santi, il produttore. Ne è uscito un film
sbagliato con qua e là momenti da
cineteca.
Avremmo dovuto avevre i
mezzi e la forza di ritiralo, rigirare quello
che ci sembrava sbagliato e riproporlo.
Ma non ci abbiamo nemmeno provato.
Forse non l'abbiamo nemmeno pensato.
Clamoroso insuccesso. (troppo avanti
_Ricordarsi TATI) Credo che sia il film
che incassato meno negli ultimo 50 anni.
Dopo lo svitato Dario alterna al lavoro di
attore quello di sceneggiatore, e viene
391
addirittura scritturato fisso alla Ponti de
Laurentis come gags-man a 2.000. 000 al
mese. La cifra era astronomica. Lavora
con sceneggiatori del calibro di Age
Scarpelli Pinelli(sceneggiatore di Fellini)
Antonio Pietrangeli.
(indicare films.
Titolo) Io interpreto partacce in films tutti
lacrime, core, cosce e zinne. Sono 28
quasi
sempre
in
cartello
come
"partecipazione
straordinari",
mi
pagavanp bene, ma quei films di
straordinario non avevano null'Altro che il
materiale umano col quale venivo, grazie
a loro, in contatto. TINA PICA-GIUDA.
POI VENGO SCRITTURATA DAL
TEATRO ARLECChino a Roma, per
interpretare un testo di Feiduau che
sembrava scritto per me:"non andartene in
giro tutta nuda"Dario scrive per i fratelli
Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla
un atto unico"gli imbianchini non hanno
ricordi". A quel punto gli propongo di
ritornare a Milano e farci una compagnia
nostra.
392
Ci proponiamo a Paolo Grassi allora
direttore del Piccolo teatro che ci regala
fiducia, amicizia dandoci il teatro per ben
tre mesi. Debuttiamo così, in un caldo
infernale, tutti soli, (sì, c'erano altri attori
da noi scritturati, ma la responsabilità
della compagnia era solo nostra) con
"Ladri, manichini donne nuda". Scritto
diretto e interpretato da Dario, sue erano
anche le scene e i costumi. Io facevo
l'attrice ma mi occupavo di un sacco di
cose;Mio fratello Enrico era il nostro
amministratore-attore se necessario. Ha
guidato la nostra compagnia con grande
abilità, riuscendo a farci stare in pieda
anche senza alcun aiuto ministeriale ne
dell'ETI(ente teatrale italiano che avrebbe
dovuto appoggiare più che mai la nosytra
compagnia in quanto recitava opere di
autore ITALIANO. Ma sia noi che
EDUARDO De FilippO abbiamo avuto
grazie alle nostre scelte politiche , vita
grama con tutte le forza statali e
parastatali).
393
1958:"Comica finale" quattro atti unici
scritti da Dario, su canovacci della mia
famiglia. Dario aveva sentito queste
storie mentre io le raccontavo a Jacopo
per farlo addormentare. Ma de gli atti,
che gli ho passato "bocca a bocca", il
migliore
era "un morto da vendere" che aveva
completamente
scritto, ambientandolo
nell'800 come gli altri. Il migliore. Non
si pensi che accecata dall'amore io possa
dare a Dario meriti che non ha. Non l'ho
mai fattao. D'altro canto basta leggersi le
"comica finale pubblicato da Einaudi per
vederlo.
RICORDARSI DIFFICOLTà
FINANFIARIE.
STABILE
TORINO;EPISODIO
2CANNAS
L'AMORE è PIù FORTE;
Siamo al teatro Gerolamo di Milano.
Andiamo avanti con grande fatica. Il
teatro è conosciuto come teatro delle
marionette. Se il mio cuore aveva un
fremito al ricordo della mia famiglia,
questo fremito non poteva riempirci il
teatro. La prima fu un disastro. Abituati
394
ai palcosceninci grandi, il trovarci senza
prova alcuna in uno spazio grande come il
bagno di casa mia, ci ha messi in grande
difficoltà. Devo riconoscere, che come
unica volta nella storia della nostra
compagnia, la critica ufficiale presente
allo spettacolo non ha menzionato i 3OOO
incidenti che si sono susseguiti nelle tre
ore. Proprio in quel teatro, quasi sempre
vuoto ci è arrivata inaspettata la possibilità
di debuttare in un grande teatro:il teatro
Odeo.
Stagione 1959-60-"Gli arcangeli non
giocano al flipper" teatro Odeon di
Milano. Mille posti. Grande successo di
critica e di pubblico. Tutte le sere "il
Bossino" che in realtà si chiamava Bossi
direttore del teatro,
non appena lo
spettacolo iniziava si metteva in quainta
con un foglio sistemato sulla fronte, con
scritto in grande l'incasso della serata. Il
copione di questo spettacolo ci fu
sequestrato per le troppe battute a soggetto
che abbiamo aggiunto, non autorizzati.
Abbiamo collezionato "rapporti
al
395
questore di ogni città dove si lavorava, per
un totale di 280, tanti, quanti furono le
repliche dello spettacolo.
questura"
Abbiamo girato tutta l'Italia facendo
esaurito ovunque. DATI STATISTICI E
INCASSI NUMERO SPETTACOLI
DENUNCIA POLIZIA PER CENSURA.
inpiù di una occasione rischiamo di non
poter andare in scena.
1960-61 -"Avevav due pistole con gli
occhi bianchi e neri". opera che tratta
della connivenza tra fascismo e borghesia,
tra malavita organizzata e potere.
L'intervento della censura è pesantissimo,
ci massacrò letteralmente Decidemmo di
andare in scena egualmente senza tenere
in conto alcuno i tagli. Ci fu un braccio di
ferro piuttosto teso tra noi e il prefetto di
Milano che ci minacciò di arresto
immediato, ma alla fine, preoccupato
dello scandalo che ne sarebbe venutoo, il
ministero tolse i tagli. il testoE' con
questo spettacolo che mi conquisto agli
occhi di mio marito, un ruolo diverso da
396
quello di sempre. Per la prima volta non
accetto il testo a scatola chiusa certa del
successo di sempre. Qualcosa non mi
convince. Lo comunico a Dario. Si è
discusso mica male. Mio figlio aveva sei
anni e ancora se lo ricorda. Credo sia
stata la prima discussione accesa alla
quale asssistesse. Non ci aveva mai visti
così, era un pò spaventato. "Dimmi cos'è
che non funziona!Dimmelo!"e io:"non lo
so". "più forte il Dario:"dimmelo!" "Non
lo so, ma c'è qualcosa che non va.
"(Quante volte negli anni futuri s'è
ripetuta questa scena?) Jacopo piange
senza gridare, e anch'io scppio a piangere
gridando come un bambino disperato. Era
la prima volta che vedevo Dario fuori
dalla grazia di Dio. "Ora, lo rileggo tutto.
. cercherò di individuare. . di capire. .
poi ti dirò. . ". Leggo e prendo appunti.
Dario, per tutto il tempo ma guarda serio.
In piedi. Mi stavo innervosendo. Dopo
due ore, più imbarazzata che mai:"taflierei
qui, qu, e qui. "D. ci pensa un pò su, e
397
poi:"forse hai ragione, ma prima
preferisco provarlo col pubblico. "
Debutto:successo di stima. Il giorno dopo
D. mi dà il copione:"fai i tagli che
proponevi".
1961-62:"Chi ruba un piede è fortunato in
amore".
Dopo sporadiche apparizioni nella TV. di
stato approdiamo alla televisione sulla
neonata
seconda
rete,
(1962
PRIMAVERA) con sei puntate tutte
nostre:"Chi l'ha visto?". Subito dopo dalla
direzione Rai ci viene proposto di
condurre
"Canzonissima"il
grande
concorso canoro abbinato alla lotteria di
capodanno la trasmissione di maggior
interesse popolare dell'ente. D. scrive i
testi che prima dell'inizio della
trasmissione ricevono il benestare della
direzione nella persona del dott. Pugliese
direttore generale(?). Ma già alla prima
puntata la stampa reazionaria si scatena
criticando ferocemente la più che delicata
critica politico sociale contenuta neitesti.
Di puntata in puntata gli attacchi, le
398
polemiche sulla stampa non si contano.
L'indice di ascolto è altissimo (anche se al
processo, uno dei tanti che c'è stato la
direzione Rai tentava di
sminuirci.
dicendo che nessuno ci vedeva. TAXISTI
RICORDARSI) l'Italia era divisa in
due:chi ci ama, e chi ci odia, ma tutti lì,
davanti al televisore il sabato sera. Ad
ogni trasmissione
ci vengono imposti
tagli e censure sempre più pesanti.
(FIORI SENO. GAMBA SINISTRA)fino
a che all'ottava puntata decidiamo di
abbandonare la trasmissione. La famosa
"Canzonissima", il FANTASTICO DI
OGGI, va in obda senza presentatori.
(RICORDARSI WALTER CHIARI E
BRAMIERI)e quando l'annunciatrice
all'inizio della trasmissione dice:d. FO e
F. Rame si sono tritirati, una quantità
incredibile di telespettatori si rovescia
nelle strade di Milano, tutti quanti diretti
al palazzo della fiera dove si teneva la
trasmissione. Quando usciamo(eravamo
stati su consiglio dei nostri legali nei
camerini nostri fino alla fine della
399
trasmissione) ci troviamo davanti una
folla di gionalisti, fotografi e migliaia di
persone.
In molti erano venuti per
dimostrarci la loro calda e commossa
solidarietà.
Questa fu la prima e credo l'unica volta
nella storia della Rai che due "attori"
rifiutarono di "abbioccarsi" d'innanzi alle
imposizioni ai tagli, all'arroganza del
"padrone"ai soprusi.

CARCERE
Da anni, esattamente 15, mi occupo di
carceri, processi, difesa dei diritti civili.
Per ottenere permessi di colloquio con i
detenuti ho dovuto fare salti mortali, ogni
volta, gabole varie. Arrampicandomi sui
muri della burocrazia giudiziaria, sono
riuscita ad entrare in molte carceri d'Italia,
parlare con i detenuti, i direttori, giudici di
sorveglianza.Sono riuscita persino ad
entrare e visitare la "famigerata isola del
diavolo": l'Asinara in Sardegna, ed ho
conosciutop personalmente il tristemente
famoso dott. Cardullo, direttore del
400
carcere,
vera
macchina
per
l'annientamento psicofisico dei detenuti.
Onnipotente Molok, classico paranoico da
studio psichiatrico. (ricordarsi che anche
lui è stato messo sotto inchiesta per
ammanchi nell'amministrazione)
Quante sono state le denuncie di orrori, di
vere e proppeie torture perpetrate nelle
varie carceri, nelle carceri speciali,
braccetti della morte, manicomi criminali,
veri e propri mattatoi degli inermi che ho
portato a conoscienza dell'opinione
pubblica. Quante sono state le campagne,
perché i diritti civili degli individui
fossero rispettati? Quanti sono stati gli
spettacoli, gli interventi nelle fabbriche
che con Dario abbiamo tenuto in sostegno
a lotte rivendicative....
Da turbata al 1963
NOTE PER BIOGRAFIA
Turbata, con una gran voglia di piangere.
Corro indietro velocemente lungo la mia
vita: rabbia, paura angoscia, commozione
401
meraviviglia, furore, amore, solitudine,
felicita piccole e grandi,
inaspetate,
inaudite, cosiì i dolori, ma in questa
gamma di sentimenti, sensazione, quello
che sto provando ora, non c'e. Rossella
(tra le moltissime donne incontrate ' e
un'amica che non ho perso per strada)
m'ha regalato un libro"Le lettere del mio
nome"di Grazia LIVI, "é imporTANTE ,
leggilo". Il titolo cosi ermetico non mi
sollecita. Leggo in contro-copertina la
presentazione
dell'editore:Il
tema
appasionato di questo romanzo-saggio é il
divenire della donna. Mi blocco. Oddio,
ci risiamo. La solita "menata" femminista
socialsocoplogopolitica,
scritta dalla
solita intellettuale per altre intellettuali,
quasi tutte saccenti, asibento con
sfoogio"cultura", usanti un linguaggio da
casta per "quella" casta , senza la minima
preoccupazione di 2 2 essere capite da chi
aveva (sto parlandodegli anni 70 in cui la
donna cercava di crescere e di
"liberArsi")la necessità urgente di capire,
protese a correre una più dell'altra per
402
essere l^ì, pronte a brancarsi" il primo
posto, dirigere, liderscippare un po'
arroganti o troppo accondiscendenti, che
gridavano "siamo sorelle" e in nome della
sorellanza alla prima occasione ti
fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e
conosciuto molte donne troppo simili
all'uono nel loro modo di essere,
insomma, tutto quello che ho sempre
rifiutato. Parto a leggere indifferente e
diffidente. Qualche pagina e poi smetto,
mi dico. E invece no, qualche pagina e ci
sono dentro. Ma questa chi é? La
conosco? Non lo so. Conosco tanta
gente, ma i nomi non me li ricordo, di
molti non li nemmeno saputi. M'ha tirato
dentro la chiarezza ne facile ne
semplecistica concui ti racconta la vita, le
scelte, le fatiche la crescita di un
personaggio donna, come te lo ripropone
tutto, secca e piena, leggera, meticolosa
delicata, mai invadente, umile, poetica
quel tanto che non disturba, è una
magnifica scrittura, priva di elucubrazioni
intellettualistiche, priva di fronzoli, con
403
una gran sintesi. Di ogni donna di cui
parla, ti presenta le piu remote
sensaziuioni, ogni personaggio é da lei
scandagfliato nel profondo, c'e tutto
quello che hanno detto gli altri e quello
che no hanno scritto, i sentimenti, i dolori,
le insicurezze, le certesze e molto altro
che ora non mi riesce di esprilere. Poche
pagine te ne dà l'essenza. Ecco Simone De
Beauvoir. NON Mì é mai stata
completamente simpatica. A volte m'é
capitato di giudicare qualche sua scelta
egoista. Il suo evidente essere una
intellettuale aristocrarica m'e l'ha sempre
allontanata. In casa di Sartre a Parigi,
dopo un girar di chiavi nella toppa ce la
siamo trovata davanti:borsa della spesa in
mano, fazzolette in testa . Ha lanciato
un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in
cucina. Dario ed io ci siamo guardati
interdetti, "e questa chi é? " Sartre, come
un bambino scoperto a rubare la
marmellata, ha spento la sigaretta o il
sigaro, non ricordo, "Simon. . ", ha
mormorato. Ah, era lei! Dario meno, ma
404
io ci sono rimasta un po' male. forse
credevo che il fatto di essere una donna mi
desse il diritto ad un saluto. Ma ora, la
Simon, del ragionato-Livi é una donna che
capisco e ammiro di più. Altre biografie
di donne.
Leggere, conoscere, approfondire, passare
il tempo con loro, con la loro forza, la loro
caparbietà
persistenza,
lucidita,
intelligenza, sapere, donne che sono
riuscite ad emergere dallo sterminato
femminile sommerso, in un modo al
maschile, mi costringe ad interrompere la
lettura e a ragionarmi addoso. Il mio
"dentro"s'é messo in movimento e non
riesco a bloccarlo. Mi sento come se
queste signore abbiano espresso, pensieri
miei, situazioni mie;
insicurezze,
certezze, domande, scelte mie. Mi sento
"loro", e allo steso tempo le sento
discoste da me, lontano, in alto,
irraggiungibili.
405
Sono confusa. Confusa, a disagio, turbata,
sconbussolata. Di colpo mi sento come se
non avessi mai pensato. Non ho visto,
non ho notato, non ho desiderato. Mi
sento addoso il peso di non essermi mai
sentita in lizza con nessuno, non perché
mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché
ero certa di non avererne i numeri, le
capacità per poter participare. Mi
sembra di essere passata tra le cose senza
emozione. Sono certa di non aver mai
voluto con forza, qualcosa per me . Gia
arresa, prima di essere vinta.
Mi sento come se in questa mia frenetica
vita non avessi vissuto. Mi sento inutile,
banale, vuota come un libro rilegato con
nelle pagine bianche solo il numero in
calce: I giorni della mia vita :22. 630 ,
sessantadue anni. Quanti! Appresso,
nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai
scombussolata,
cara
Grazia
Livi.
Possibilie? E' così. Sento l'esigenza di
esprimermi,
di
puntualizzarmi,
di
cercarmi. Oh mio dio, cos'è, sto cercando
me stessa? Il mio io? . Mi viene da ridere.
406
Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri
spettacoli… Ma ora qualcosa di concreto
mi urge. Devo fissare qualche punto.
Me ne sto a guardare fuori dalla finestra
con il cervello completamente vuoto,
come se per tutti questi anni, e sono 6 6 6
tanti, non avessi vissuto, lavorato
incontrato gente, parlato, riso, fatto
all'amore, pianto. Niente. Non mi viene
niente. Ho la testa pressata da pensieri
confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra
tanto disordine non riesco a trovare la
parola giusta, il ricordo giusto che mi dia
modo di iniziare con un minimo di
coerenza. Forse potrei partire dalla prima
grande emozione che ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita;
sono arrivati i "liberatori". Li avevamo
visti sui camions il pomeriggio, intorno
per la città. Erano arrivati anche nella mia
strada.
Ci buttavano cioccolato e
sigarette. Arrossisco al pensiero di essermi
buttata con gli altri per tentare di
raccogliere qualcosa. La sera, nel cortile
di casa mia, gran festa. Un giradischi, e
407
ballare e ridere. Poi guardo su, verso la
finestra buia del primo piano, casa mia.
Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì,
ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri,
il suo tormento:mio fratello deportato in
campo di concentramento in Germania,
non dà notizie da oltre due anni. In un
attimo le sono vicina vergognandomi della
mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due
mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta
su di un gradino della scala di casa nostra
, perché le gambe non la reggono. Si
stringe addosso il figlio, pallido, magro,
impolverato che si é fatto centinaia di
chilometri a piedi. Quel gridare intenso
che esprimeva gioia, l'ho sentito identico
molto anni dopo(1973) in circostanza ben
divera , per dolore e drammaticità. Ancora
seduta, su di una ssedia ora, con la testa
buttata all' indietro, grida senza controllo,
come allora, dopo che ha indovinato più
dalla mia faccia che dalle mie reticenti
parole che mia sorella Lina era morta.
Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo
( che non ho terminato) di Varese, con i
408
fascisti che entrano in classe, in silenzio
ci guardano a una a una.
Poi mi
chiamano, dicono proprio il mio nome, e
mi portano nello studio del preside. Non
so di che colore fosse la mia faccia, ma
ma avevo paure che tutti potessero sentire
il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi
portano a "Villa 8 triste. . "Villa triste era
una villetta all'inizio della strada che
portava alla mia scuola, dove, ( tutti in
città lo sapevano , venivano interrogati e
torturati i partigiani. Ma io, non sapevo
niente, non c'entravo niente con loro, non
avevo fatto niente. "Stai tranquilla, mi
dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla
prima domanda ho capito tutto. E il cuore
a battere più forte. "Forse muoio".
"Conosci Enrico Mazzucchetti?
"Si",
"Dov'é? ""Non lo so". Enrico, detto Bubi,
era il mio amore dei quindici anni: il
primo. "non lo vedo da un po'", sapevo
che era andato nei partigiani, ma qualche
giorno prima l'avevo visto, era venuto
sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio,
che era successo? "Allora? "Erano
409
minacciosi. "Non lo vedo più, ci siamo
lasciati da un sacco di tempo. "Lì, nello
studio del preside mi hanno frugato in
tasca . La mia aria innocente li aveva
convinti. Poi mi hanno lasciata andare.
Non ricordo altro. Mi sono ritrovata in
classe con la testa staccata dal corpo e le
mani sudate. "Sei una incosciente, sei una
disgraziata. Se lo viene a
sapere tuo
padre ti ammazza e fa bene. E con il cuore
mi accarezzavo il biglietto piegato in
quattro che avevo stracciato prima di
passare davanti a "villa triste", dopo
essermelo imparato a memoria la mattina
andando a scuola. Incoscienza, più che
coscienza politica.
I GIORNALI
Nei primi 18 anni della mia vita, non ho
mai letto un giornale. E questo che
c'entra? Nulla. Sto cercando di tirar fuori
fatti lontani, che disordinatamente
affiorano al mio cervello vuoto
Non ho mai letto i giornali. Lo dico con
meraviglia. Possibile? In casa mia c'erano,
la mia era una famiglia socialista quando
410
esserlo costava qualche cosa. Si pagava,
senza ricevere nulla in cambio:con quella
tessera in tasca allora carriera o posti di
comando, non ne ricevevi. I giornali
c'erano, li toccavo quando li raccoglievo
da terra dopo che mio padre li aveva letti.
(incredibile quanto mio marito assomigli
amio padre:anche lui, li butta per
terra!)per riporli o buttarli, ma io sono
sicura di non averne mai aperto uno fino
ad un certo giorno. cioè quando sono
andata a sbattere con la mia bicicletta
addosso ad una Topolino (in realtà gli ho
sfiorato un parafango). La reazione del
"guidante" è terribile e immediata e
assolutamente fuori posto/"Ecco chi
rovina l'Italia!""No, guardi io. .
""Silenzio!Voi giovani che delegate.
Delegate e non leggete i giornali!".
Allibita, senza parole. E' da qul giorno che
dei giornali leggo tutto: dalle inserzioni
agli annunci mortuari. Grazie isterico
signore della topolino. Grazie.
Forse ora posso correre all'inizio della
mia vita.
411
1932_ "E' ora che Franca incominci a
recitare. "è mia madre che parla. La
prima parte che ho imparato a memoria,
me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca",
così si diceva a casa mia, mot- a mot,
parola per parola. Non sapevo leggere .
Avevo tre anni. . Aveva deciso (era
sempre lei che prendeva le decisioni
importanti in famiglia) che avrei fatto un
angiolino di supporto all'angelo vero, che
veniva recitato da mia sorella Pia in "la
passione del Signore"atto V, orto dei
Gezzemani. . "Pentiti Giuda traditore che
per trenta monete d'argento hai venduto il
tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo
gridare di quando in quando. La parte non
era lunga. . non ci devo aver messo
molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e
ancora. "ripeti" diceva la mia mamma
paziente mentre pelava le patate per il
minestrone. "Ripeti!"Mia madre per i suoi
figli era ambiziosissima . Per l'occasione
mi aveva cucito un bellissimo abito bianco
da angelo, con due grandi ali bianche e
oro appoggiate sulle spalle.
seppur
412
credente non andava mai in chiesa ma
aveva uno zio prete. Lei, lo sapeva
benissimo che gli angeli erano vestiti così!
Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi
mise in testa una coroncina di lampadine .
E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che
bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia
mamma faceva andare la coda. Non avevo
fatto nessuna prova. Sapevo solo che ad
un certo punto avrei dovuto seguire mia
sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un
segnale della mia mamma sistemata in
quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda
"e quel che segue. Il guaio, l'imprevisto
che più imprevisto di così non si poteva
immaginare fu che il personaggio di
Giuda era interpretato
da mio zio
Tommaso, un uomo che avevo sempre
visto calmo,
sorridente,
che mi
raccontava storie bellissime, mi regalava
un sacco di divertimenti, al quale volevo
molto bene e vedermelo lì, proprio vicino
vicino, con una parruccaccia nera in testa.
. gli occhi che lanciavano saette tra un
tuonar e lampeggiar minaccioso , che
413
disperato gridava:"possano i corvi
divorarmi le budella
, le
aquile
strapparmi gli occhi !" e altri animali che
non ricordo "mi divorino un pezzetto alla
volta ad incominciare dalla lingua" , mi
fece un terribile effetto. Mamma mia che
spavento! Cosa stava capitando? !Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma
quello che mi buttò completamente fuori,
fu il vedere mia sorella , solitamente
rispettosa ed educata, che per nulla
intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i
colori!Una sfuriata in piena regola e che
trascinavano il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera. "Ma cosa
sta capitando? Perchè lo zio Tommaso fa
così? " Il groppo che mi sentivo in gola
stava per scoppiare;Mia madre dalla
quinta mi faceva gesti più che perentoi.
Giuro che avrei potuto parlare, ma non
me la sentivo proprio di rincarare la dose.
No, io no, allo zio Tommaso . non dico
proprio un bel niente. !Non so cosa gli sia
capitato. Forse è impazzito. " Anzi. A
piccoli passi, camminando come pensavo
414
camminassero
gli
angeli,
seppur
spaventatina, gli sono andata vicino, lui
era in ginocchio e gridava più che mai.
Dio che paura!Senza dire una parola mi
sono arrampicata al suo collo e l'ho
abbracciato, tempestandogli la faccia di
baci. Insomma cercavo con i mezzi che
avevo a disposizione, di calmarlo e
piangevo nel silenzio che era calato in
palcoscenico. Pia s'è
ammutolita. In quinta mia madre faceva
segnali che non prespettavano niente di
buono. . Lo zio-Giuda si blocca per non
più di tre secondi, lo giuro. e poi con voce
profonda (intanto con la mano mi
solleticava la mia e con gli occhi mi
rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei
grande!A
QUEST'ORRENDO
PECCATORE MANDI IL CONFORTO. .
un piccolo angelo. . mi tendi la mano. .
No, no, non me lo merito!-e , dal
momento che lo spettacolo doveva pur
terminare, taglia corto-M'impicco!". Deve
usare un po' di forza per liberarsi da me
che proprio non ne voglio sapere di
415
lasciarlo andare. Grida:"L'albero più alto.
. dov'è l'albero più alto. . Lasciami andare
angiolino. . Lasciami. . " e con un urlo
agghiacciante esce di scena. Mia
sorella(l'unica volta nella sua vita ,
credo)non sapendo più che fare,
camminando anche lei sulle punte,
immediatamente lo segue. Grande
applauso. Tutti mi chiamano in quinta con
grandi cenni. Non so se la paura d'essere
sgridata o il "senso del dovere" che
maledizione da che sono nata è lì, a
spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto
si è che dopo un attimo di silenzio con
voce chiara e mesta quel tanto che serve
dico"S'impicca! Non s'è pentito. . Giuda
traditore che per trenta monete d'argento
ha venduto il suo Signore. . Non s'è
pentito!" e via che esco. . Ce l'avevo
fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi,
"la passione del Signore" ha sempre avuto
due
angiolini, con il più piccolo che abbraccia
Giuda a mostrare la grandezza di Dio. E
tutti giù a piangere.
416
A 5 anni:"gli spazzacamini della valle
d'Aosta. Com'è che succedeva? Come
arrivavo la prima volta in scena con un
personaggio che non avevo mai
interpretato prima? Non me lo ricordo,
ma so con certezza di non aver mai
provato prima di un nuovo spettacolo. La
parte come sempre fino a che ho
4 imparato a leggere, me la insegnava la
mia
mamma,
la
imparavo
velocissimamente , era come se la sapessi
già. Anzi, la sapevo già. Quante volte mi
ero addormentata nella cassa dei costumi,
o nella bara di Giulietta quella del Romeo,
o in qualsiasi altro posto che mi
permettesse di addormentarmi, mentre i
miei recitavano una sera dopo l'altra? "Gli
spazzacamini" un drammone. Gino, (io, )il
protagonista, figlio di una povera ma
bella incintata e poi abbandonata dal
figlio del conte. . vengo, a causa della
miseria in cui nascono quasi sempre
quelle
incintate
dai
"contini",
NONOSTANTE LA TENERA ETà
affidato ad un "mercante di carne
417
umana"!, un delinquente che specula sui
bambini che gli vengono
affidati,
mandandoli spesso a morire nel tentativo
di pulire, in quanto smilzi e denutriti
(quanto piangeva la gente!) la cappa di un
camino. E' quando, la mia mamma che per
fortuna era venuta a trovarmi a Torino col
mio nonno sennò chissaà come avrebbe
mai fatto a tornarsene a casa, crede che il
suo Gino sia morto nella cappa del
camino "Oh che tremendo dolore!" e via
che Impazzisce. La ragazza in questione
era proprio sfigata. Ma il suo GIno, che
quel giorno lì in quanto ammalato, era
stato sotituito nel lavoro da un compagno,
certo Carletto, che muore al suo posto.
(Mai essere generosi!) Questa è per Gino
una giornata davvero fortunata. Il vecchio
conte è schiattato nel frattempo, ed il
contino, vale a dire il suo papà, decide in
quanto sempre innamorato della mia
mamma, di riparare al malfatto e di
sposarla. Ci sono un po' di problemi per
far rinsavire la povera ma onesta sfigata,
ma alla fine tutto finisce in gloria tra
418
lacrime e singhiozzi e applausi. 5 atti, con
la comica finale per non mandare a casa la
gente con il magone.
Il nostro era un teatro realmente e
totalmente "all'improvviso" che si basava
su trame semplici e stringate, TEATRO
POPOLARE appunto, nella tradizione
della COMMEDIA DELL'ARTE ,
completamente opposto al teatro letterario
e naturalista messo in scena dalle grandi e
illustri compagnie che agivano nelle
grandi città e imitato in tutto il suo
negativo dalle piccole compagnie , come
la nostra , che agiva no in provincia. Il
nostro successo stava tutto in questa
differenzenza. Il nostro repertorio era
vastissimo: dalle più famose tragedie di
Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi,
alle commedie di autori moderni a quei
tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San
Secondo, alle comiche finali. Il tutto
senza aver mai studiato una parte a
memoria su di un copione.
Non
esistevano copioni di testi teatrali veri e
propri, ma una specie di cannovacci e per
419
molti testi non esisteva nemmeno il
cannovacccio. Ce li avevamo nella testa
da sempre. Eravamo bravi? Non lo so. So
solo che i teatri eran( sempre pieni, che si
lavorava tutti i giorni, si riposava solo il
venerdì santo, e il 2 dei morti, a
novembre. O se c'era il funerale di un
defunto importante del paese:il prefetto, il
sindaco, il dottore, il prete il farmacista. E
quando in un paese avevamo fatto tutto il
nostro repertorio, (replicato 6 sere la
Giulitta, 6 la passione, "il povero
fornaretto di venezia e non mi ricordo più
quali
altri
drammoni
avessere
successo)mio padre o mio zio, si
leggevano un romanzo, ci riunivano e ce
lo raccontavano. "Tu fai questo, tu questo
e tu questo. , . e via che il giorno dopo si
andava in scena. Sulle quinte laterali, in
bella calligrafia, la scaletta dei punti
chiave, il susseguirsi degli avvenimenti.
"L'assassino del corriere di Lione" .
Scena PRIMA:
la ragazza s'incontra col padre, che non
aveva mai conosciuto , partito povero ,
420
tanti anni addietro, torna ricco, riempie la
ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire
nulla per lui, anzi solo repulsione.
Manifestare freddezza e imbarazzo.
Ricordarsi che la madre è morta.
Scena seconda:un uomo(lo stesso attore
che interpreta il personaggio delpadre)
languisce in una cella, è un innocente
caduto in un errore giudiziario terribile.
Accenni all'assassinio di un corriere a
Lione. Acceni alla moglie morta e alla
piccola bimba lasciate al paese. Saranno
ancora vive?
Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono
premiato con la libertà e l'onore restituito
mentre il cattivo (fratello gemello del
buono), smascherato da una collana rubata
al corriere di Lione, sarà punito con la
forca. Gaudio e felicità. Ricordarsi della
madre morta.
Comica finale. Non c'è pesonaggio nel
repertorio della mia famiglia che a
secondo dell'età non abbia interpretato.
Neonati(8 giorni in braccio alla mia
mamma-in la Genoveffa di Brabante), 20
421
-bambini o bambine, ragazzini signorine,
giovanotti, suore, cortigiane, prostitute.
Una volta ho fatto persino, il cuciniere
Dracco. La storia nel ricordo, mi fa
ancora ridere. Ero cresciuta e la
Genoveffa(che dio la maledica, quanto ho
odiato sta noiosa!) ora la facevo io.
Giovane e bella moglie del re alla guerra,
sola nella raggia viene insidiata da Golo,
un primo ministro della situazione, che lei
respinge furente e offesa. La donna
giovane donna decide di inviare una
missiva al marito tramite il cuciniero
Dracco:l'unico che a corte le sia rimasto
fedele. per avvertirlo del tradimento del
suo braccio destro. "Torna o mio dolce
sposo, torna! che quel maialone del Golo
vuole fare con me, proprio quella cosa là!"
Golo che è sempre lì a origliare , scopre
tutto e zak!, pugnala il poveraccio e
manda a dire al re che Genoveffa è
incinta del cuciniero. "Ti ha tradito o mio
re, che vergogna con un cuciniero!"Il re ci
casca, fuori dalla grazia di dio "un
cuciniero no!"ordina il taglio della testa
422
della la fedifraga e anche del bambino
nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE
POI TUTTO , COME SEMPRE,
FINISCE IN GLORIA) Arriviamo sulla
piazza e ci rendiamo conto che ci manca
l'attore che avrebbe dovuto interpretare il
ruoli del cuciniero . D'accordo, sono due
parole che si possono anche tagliare, ma
fisicamente deve essere in scena. Ci
ragioniamo sopra un attimo per vedere
come risolvere.
Bene. Ci siamo.
Facciamo
così. Al momento cruciale,
vado alla quinta di destra. Il perfido Golo
mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo,
guardando fuori scena con il cuciniere che
non c'è,
fingo di consegnargli il
messaggio e poi,
affranta,
esco.
Velocissimi mi mettono sulle spalle un
mantellaccio con capuccio, che mi copre
dalla testa ai piedi. Rientro in scena con la
missiva bene in evidenza in mano, faccio
qualche passo come se ora io parlassi a
Genoveffa, Golo si precipita su di
me"muori, spione di un cuciniero!E via
che mi pugnala. Cado morta. Golo mi
423
trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla
parte opposta da cui sono entrata. Mi
tolgono il mantello, mi raddrizzo la
parrucca biona dalle lunghe trecce, corro
velocissima dall'altra parte. Rientro in
scena e vedo Golo che pulisce il pugnale
assassino nel mantellaccio che indossavo
fino ad un secondo fa. "L'avete
ucciso!Assassino!!"Ansimo un pò, per via
della corsa, ma sono perfettamente in
parte e nessuno s'è accorto di niente. Noi
eravamo in grado di andare in scena senza
prova alcuna, con un testo nuovo allestito
di sana pianta. Arrivavamo ad esempio in
una piazza nel giorno in cui in paese si
festeggiava la santa patrona, ebbene,
debuttavamo con la storia di quella santa
sulla quale mio pdre e mio zio avevano
giorni prima letto e ascoltato dalla gente,
vita morte e miracoli. Avevavno riunito la
compagnia, raccontato a sommi capi
l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi
adatti non c'erano si rimediavano, e via
che si debuttava. Senza prove. Se si
confronta con i 90 o addirittura i 180
424
giorni di prova delle compagnie di oggi. .
Ma certo che allora, sovvenzioni
ministeriali o regionali o provinciali o
comunali,
non ce ne erano, quindi
giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare
eccome. L'unico posto, luogo dove io mi
senta a mio agio è il palcoscenico. No,
non per via:ama la polvere
del
palcoscenico. No. Sono allergica alla
polvere, alle banalità, alla rettorica. Sto
bene in palcoscenico perchè è casa mia. In
qualsiasi città mi trovi, quando sono in
teatro sono a casa. Entrando nella hall di
un teatro, non m'è mai capitato di dovere
chiedere"scusi, dov'è il palcoscenico?
"Conosco automaticamente la strada, dove
sono i camerini, il gabinetto. "Ma ci sei
già stata qui? ""No, è la prima volta""Non
ti credo""Sì, forse ci sono già stata". Sto
bene nei camerini, anche se squallidi. No,
non li addobbo con sete colorate. L'ho
fatto qualche volta. . senza accorgermi
andavo dietro all'onda, voglio dire alle
usanze degli attori. . ma erano 100 anni fa.
Poi ho scoperto che non mi ci trovavo con
425
QUEGLI addobbi intorno, non sentivo il
bisogno di ricostruirmi il "salotto"di casa
mia, anche se il camerino era un cesso. E
DIO sa quanti camerini "cesso" trovano
gli attori nei teatri e nei cinema di casa
nostra. L'unica cosa alla quale non
rinuncio è la luce. "Lino!!(è il tecnico
delle luci) La luce"Lino arriva e mi piazza
certi 5OO da accecare. Io ci sto bene. La
luce e il mio baule, ora i miei bauli. . Mi
piacciono i miei bauli. E' un classico
baule armadio d'attori, verde fuori a
fiorellini l'interno. Ci sono i cassetti e nei
cassetti di tutto:golf, libri, fogli, macchina
da scrivere-computer, pennarelli, lettere e
cianferi d'ogni genere. Il primo baule della
mia vita l'ho comperato a rate nel 51, non
appena arivata in compagnia primaria.
Dentro non c'era quasi niente, ma quel
sacramento , che si apre all'impiedi
dividendosi in due e diventa un armadio,
con cassetti e reparto per i cappotti, con
tanto di targhetta in metallo con il mio
nome, mi dava una gran sicurezza. Per la
verità era una sicurezza del tutto
426
speciale:la sicurezza di avere anch'io il
baule come tutti gli altri. Credo che quella
sia stat l'unica sicurezza di quesgli anni e
per molti anni dopo. Credo anche di essere
la persona più insicura che io conosca. Il
mio baule, il suo contenuto, il camerino il
palcoscenico:sono a casa. Io non mi
consiero un'attrice. Sono "anche "
un'attrice. In casa mia ho imparato tutto
quello che può servire per poter fare
questo lavoro:attrice, elettricista, fonico,
costumista, trovarobe, direttore di scena,
servo di scena, piazzare le
luci,
suggerire,
sarta, vendere i biglietti,
truccare, pettinare, ballare, cantare (sono
un po' troppo timida, seppur molto
intonata!Me l'ha detto 10 -14 Giovanna
Marini, e se lo dice lei. . )la ricerca delle
piazza l'amministratore, fare un borderò,
(ora è però diventato difficilissimo)I miei
avevano addirittura una propria tipografia
dove si stampavano i manifestini,
insomma i volantini di adesso. Avevamo
centinaia di scene belissime, dipinte da un
pittore della Scala, Lualdi che veniva a
427
apassare le sue vacanze da noi, ogni
tanto, le rinfrescavamo tutti insieme. Ogni
giorno cambiavamo piazza, (dico piazza
per dire "paese, non recitavamo in piazza
ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori,
quindi ogni giorno si dovevano montare
scene e luci. Anche i nostri costumi erano
belli. Figuriamoci!Mio padre, tramite
l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal
Teatro della Scala. E se per un nuovo testo
mancava qualche costume, ce lo facevamo
in quattro e quattrotto. Mia madre,
maestra diciottenne, figlia dell'ingegnere
del comune dove risiedeva(Bobbio) e di
una casalinga si era innamorata di questo
"girovago marionettista"che un giorno era
passato di lì, e con grande scandalo dalla
famiglia-(povera come l'acqua, ma di una
classe sociale superiore a quella di mio
padre)e del paese se l'era sposato. Mia
madre, era bellissima e quando dico
bellissima
voglio
proprio
dire"bellissima"senza artificio alcuno.
Nessuno di noi, quattro figli, pur
assomigliandole,
s'è
avvicinato
a
428
tanto;Bellissima, giovane, innamorata,
aiuta Domenico (il marito)e Tommaso
(fratello del marito e Stella, (sorella del
marito)in tutto quello che può . Cerca con
tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova
vita, tanto diversa da quella che aveva
condotto sino a quel giorno. Non sa
manovrare le marionette, ma si ingegna a
vestirle. Poi, più avanti, dirà qualche
battuta. Con l'avvento del cinema (1920))
i due fratelli intuiscono che "il teatro delle
marionette" sarà presto messo in crisi,
subissato, da questo nuovo fantasctico
mezzo di spettacolo.
Decidono un
cambiamento radicale(con grande dolore
del nonnno Pio, un amate di Garibaldi,
l'unico ritratto in nostro possesso lo
raffigura
vestito
e
somigliante
all'eroe!)"Entreremo in scena noi, al posto
delle marionette, reciteremo noi inostri
spettacoli"Così mio padre con la propria
famiglia aggiunta alla famiglia di mio ziO
Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di
legno, vere e proprie sculture, tre delle
quali sono esposte al Museo del teatro
429
della Scala di Milano. E quando
inizieranno a recitAre di" persona", a
portare loro stessi in palcoscenico i testi, i
personaggi
che avevano fino allora
interpretato muovendo e doppiando
pupazzi di legno, lei, la mia mamma ,
diventa la prima attrice della compagnia.
Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li
faceva studiare, si occupava della casa, e
come una più che provetta caslinga( a
tutti gli effetti)teneva l'amministrazione
della compagnia come fosse quella di un
normale menage familiare, si occupava
dei costumi, aveva imparato pure a cucire,
e alla sera, via!, E Giulietta e Tosca, e la
Suora Bianca, e la Fantina dei Miserabili,
tutti ruoli che via via, abbiamo
interpretato anche noi figlie e le cugine
Ines e Lucia. Percorro così l'apprendistato
dei teatranti interpretando via via che
cresco, tutti i ruoli maschili e femminili
adatti alla mia età. Il vantaggio della
compagnia di mio padre rispetto alle altre
compagnie di giro, (così si chiamavano le
piccole compagnie di provincia) è
430
l'invenzione di impiegare tutti i trucchi
scenici del teatro magico delle marionette,
nel "teatro di persona"":montagne che si
spaccano in quattro a vista, palazzi che
crollano, unn treno
che appariva
piccolissimo lassù nella montagna e che
man mano che scendeva s'ingrandiva fino
ad entrare in scena _29_con il muso della
locomotiva a grandezza naturale. Mari in
tempesta, nubi che solcavano minacciose
il cielo tra lampi e tuoni, gente che volava.
scene in tulle in proscenio, che illuminate
a dovere ti facevano vedere come era il
paradiso. Insomma tutti gli espedienti
tecnici dell'antico teatro seicentesco dei
Bibbiena, che viveva ancora, dentro la
scenotecnica delle marionette. soltanto
che in quel teatro tutto era stato
miniaturizzato, si trattava adesso di
eseguire una operazione da Gulliver alla
rovescia:da minuto che era ingrandire
ogni oggetto, aggeggio, marchingegno
fino a renderlo identico alla realtà. In
questa nuova veste"il teatro di persona" la
compagnia di mio padre realizza un
431
successo insperatoo. Si lavora come
sempre a tempo pieno. Mio padre , il
capo, con il ruolo di primo attore,
menager P. r. , lo zio Tommaso nel ruolo
dell'antagonista, del comico-brillante a
secondo dei testi e di drammaturgo-poeta
di compagnia;le mogli, i figli, gli attori
scritturati;i
dilettanti
gli
amici
componevano la nostra compagnia.
Giravamo cittadine, paesotti e paesini del
nord Italia su di una corriera che
chiamavamo "Balorda" a causa del
comportamento bizzarro che aveva, che
più che al suo cattivo carattere andava
attribuiito agli anni. In certi paesi nei
quali ad una certa ora del giorno si
passava, nei turnichè particolarmente
ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci
aspettavano. Ci spingevano fra tante
risate, poi la sera ci raggiungevano ed
entravano a godersi lo spettacolo gratis.
"Siamo quelli che abbiamo spinto. "
"Passate". Mio padre, amava la Balorda , e
zingarone com'era, gioiva tutto nel
vedersela rilucente di colori sgargianti.
432
Mia madre, ogni volta che lui le cambiava
colore:"non sposeremo mai le nostre figlie
!" "Hai ragione Milietta. . domani le
cambio colore"E l'indomani quando
"Emilietta" si affacciava in cortile, ecco la
Balorda
ridipinta:d'argento!"Non
sposeremo mai le nostre figlie!"Arriva la
guerra, finisce la guerra. Bombardamenti
non ne avevamo avuti. Qualche bomba
sulla fabbrica di aerei:la Macchi, lontana
dal centro, alla periferia di Varese, a
Masnago. Ricordo a proposito di questo
paese, una sera che si tornava a casa dopo
lo spettacolo veniamo fermati, sia noio
che tutti quelli che passavano per quella
strada dopo di noi, da un gruppo di fascisti
e S. S. Ci hanno fatto entrare in un cortile,
(era quello dove anbitava uno dei nostri
dilettanti, chisamato"luigino cassa da
morto, perchè suo padre le fabbricava)
dove siamo stati per ore bloccati. Solo
all'alba ci hanno lasciati andare. Non è
stato per niente drammatico. L'aria,
nonostante i tedeschi era di festa a causa
della inconsuetudine dell'avvenimento. Si
433
sà, i giovani trovano sempre la maniera di
di superare le tensioni. Sarebbe però,
tanta allegia finita in tragedia se quell'alba
avesse portato la notizia di una missione
tedesca andata male. Ci avrebbero fucilati
tutti. l'abbiamo saputo qualche giono
dopo. Per fortuna l'abbiamo scampata.
Altre volte, capitava che ci fermassero dei
partigiani. Non dicevano
"siamo
partigiani" ma erano in borghese con i
mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio? "
Li facevamo salire. Più avanti capitava
d'incontrare picchetti fascisti che ci
fermavano. Ci conoscevano. Avevamo un
permesso speciale per il coprifuoco.
"Buona sera signor Rame,
. Com'è
andata? ""Benissimo!" "buona notte. "Ce
ne andavamo;nonostante il buoio,
sicuramente pallidi. Si riprendeva a
cantare con più forza di prima. E anche i
poartigiani cantavano. Gridavano più di
tutti. (ricordarsi inserire malattia-corso
infermiera-morte del padre)
A 20 anni, seguendo l'esempio di mia
sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la
434
nostra compagnia e inizio la mia carriera
nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si
possono immaginare le difficoltà di una
simile scelta in quel periodo del
dopoguerra , siamo negli anni 50 e quindi
alterno momenti neri a buone scritture
nelle compagnie di varietà più famose. E'
proprio in una di queste compagnie che
conosco il Dario Fo, anche lui alle prime
armi, che s'innamora subito di questa
"sventola
dolcissima",
(così
mi
chiamava)e si prende una cotta da
imbesuimento(così dice lui):"7 giorni a
Milano", ditta:le tre sorelle Nava e Franco
Parenti. M'é piombata addosso, é propio il
caso di dirlo senza che la cercassi, ne
sollecitassi nulla, per averla. Parlo di lei,
della notorietà. Di questo mio mestiere
non me ne é importato mai niente. Si
stenta a crederlo, ma é così. non ho mai
mosso un dito per avere di più, anzi, tutto
quello che negli anni ho ricevuto, di cui
ho beneficiato, l'ho avuto, "nonostante
me". Ora che ci penso bene, e mi
sconcerto, non posso nascondermi di non
435
aver mai desiderato qualcosa in
particolare. Non ricordo di aver mai detto,
ne
pensato"se
potessi
avere.
.
""vorrei""per avere quella cosa farei. . "E
non perché avessi tutto, chi mai ha tutto?
Qualcosa certo l'ho desiderato, che so, che
non mi si ammalasse nessuno in famiglia,
che mia madre non morisse mai, che i
miei figli stessero bene. . ma insomma,
tutte cose, normali. Del resto, pellicce,
vestiti, gioielli, parti, partone, niente.
Forse perché mi arrivava tutto di da solo.
Forse perché non mi restava il tempo di
desiderarle. Beh questo può valere per
quando ho iniziato a guadagnare, ma per
prima? Era così anche prima? Sì. Era così.
Forse mi ci vuole uno psicanalista. Dicevo
che m'é piombata addosso la"notorieta",
non che mi dispiacesse, una certa sera, a
Cesena. Compagnia Franco Parenti e le tre
sorelle Nava. Io dicevo una battuta:"Il
Coriolano é in cinque atti", ma ero lunga,
bionda, con i seni rotondi, e mi si vedeva.
Alla fine dello spettacolo, si presenta in
camerino un tipo con macchina
436
fotografica"sono un giornalista posso farle
una foto? Posso dire che un produttore
americano la lancerà come la Rita Haiwort
italiana? "
1953. Con Franco Parenti e Giustino
Durano Dario scrive il "Dito nell'occhio"
testo di critica politica e sociale che fece
grande scalpore e per i contenuti e per lo
stile di treatro ben diverso dagli steriotipi
del teatro così detto "leggero" di quegli
anni. Lo spettacolo ha un grandissimo
successo e gira per una stagione intiera
tutta Italia. Io debutto con loro nella
stagione invernale. (ricordarsi "spettacolo
sconsigliato" fuori dalle chiese. )
1954 -giugno . Dario debutta al Piccolo
Teatro sempre con Parenti e Durano con
un altro testo scritto da loro:"I sani da
legare". Io ho un gran magone, perchè
Parenti non mi vuole in compagnia;Lo
capisco anche se nessuno esplicitamente
me lo dice. Ma ad un certo punto Dario,
con molto imbarazzo e malinconia, nel
bar di una piazzetta vicino a casa mia, me
lo comunica, ma in contemporanea mi
437
chiede di sposarlo. Lui dice di no, nega,
ma io sostengo, conoscendolo, che mi ha
chiesto di sposarlo per pareggiare il dolore
che sapeva che mi avrebbe procurato
l'essere scartata.
1954- 24 giugno. Ci sposiamo. In
sant'Ambrogio!Dario metterà il fatto di
essersi sposato in chiesa addirittura ne"gli
arcangeli non giocano al flipper":"sposato
in chiesa per accontentare
madre di lei molto credente". Il
matrimonio è stato bellissimo. La notte
prima l'ho passata sveglia non per
l'emozione, ma perchè stavamo nel lettone
della mia mamma in cinque. Io e quattro
amiche venute da Varese per farmi festa.
E a chiaccherare a ricordare, a ridere. E'
stata una bellissima notte. La mattina è
arrivato il Felice, padre di Dario, con una
macchinona presa a nolo, scendo le scale
della casa della mia mamma e lì, tutti gli
inquilini -35-del palazzo a buttarmi
manciate di riso. . a farmi gli auguri, a
strigermi la mano. . e io. . giù a piangere.
Poi arrivo in chiesa. I giornali avevano da
438
giorni annunciato le nostre nozze, quindi,
folla, fotografi oltre ai parenti e agli amici.
e un'amica , che forse non mi era tanto
amica, mi allunga, proprio un secondo
prima che entrassi in chiesa, davanti a tutti
un magnifico buchè:gigli simbolo di
purezza. Facevo l'amore con Dario da due
anni, senza nasconderla altri che alla mia
mamma, e questi gigli li avrei mangiati
volentieri. Non ho potuto. Pranzo con gli
invitati all'Htel Milan, offriamo i confetti,
e poi ce la svignamo e andiamo a pranzo
col babbo di Dario. La "prima sera", io
sono in televisione, non ricordo più con
che spettacolo, Dario al Piccolo con "I
SANI". Sono andata ad abitare nella casa
dei genitori di Dario.
(controllare
archivio, c'è una foto simpatica"la sposa
d'italia")L'indomani mattina, telefono a
mia madre per salutarla. . e non so com'è,
m'è venuto un gran magone. Mi sono
emozionata. Era veramente fatta. Ero
uscita di casa. E la mia mamma, e qui si
può leggere tutto il suo candore:"Che c'è?
. . Non ti ha trovato in ordine? ".
439
L'impatto con la vita
marito-casafamiglia è stato un gioco. Mi cimentavo
con la cucina, ma non avendo mai avuto
niente del genere come mia diretta e totale
responsabilità, avevo qualche problema.
Primo tra tutti, le dosi. Far da mangiare
per due. C'erano sempre tali quantità di
cibo bastanti per una caserma. Ricordo
una sera a cena Eugenio Tacchini, amico
di Dario d'infanzia che si mangiò almeno
sette piatti di minestrone. Io ero un pò
preoccupata. "Basta, Eugenio, starai male.
""No, no. E' tanto buono" Poi però al
cinema Orfeo, dove -36- mi aveva
accompagnato a vedere "Roma città
aperta" durante la scena delle torture è
svenuto. "Accendete la luce-grido-c'è un
ragazzo che sta male". Arriva la polizia, lo
portano fuori, nella hall lui si riprende. . .
Si guarda intorno, vede i poliziotti, e
ancora sotto lo shok del film, gridava"non
sono stato io!Sono innocente!"Volevo
morire. Poi s'è alzato, è corso in bagno e
ha vomitato totto il mio minestrone. Gli
ossibuchi mi venivano bene. La prima
440
volta che li ho fatti, stando col filo
telefonico diretto con mia madre, Dario
non finiva più di dirmi-che buono che
buono. Poi ha invitato i suoi amici di
Brera, Emilio Tadini, Alik Cavaliere e
altri . Ero un pò preocupata. Un pranzo da
sola, non l'avevo mai retto. "Farò gli
ossibuchi col risotto". Ho fatto la mia
bella figura. E Dario-ma che buoni -ma
che buoni!Ho continuato per almeno tre
settimane. E il povero Dario sempre a dire
ma che buoni-Poi, al ventesimo giorno
credo si sia finalmente ammutolito. Ora, li
mangiamo non più di tre volte all'anno.
Al suo "ma che buono che buono s'è
aggiunto Jacopo. Lo dicono insieme e poi
scoppiano a ridere.
20 minuti dopo le nozze, si fa per dire,
resto incinta. Jacopo (un nome che mi
piace proprio come quasi tutte le cose che
fanno quei due tipi lì, dice nostro figlio) è
nato il 31 marzo del 55 a Roma.
Esattamente nove mesi e sei giorni dal 24
giugno dell'anno prima. Gravidanza
terribile. Ho vomitato sempre. Mi
441
disturbavano gli odori, perfino i colori.
Mai più potuto mangiare ne vedere un
piatto di spaghetti. La sera del trenta,
stavo nel camerino del Teatro Quattro
Fontane dove Dario recitava. Chiedevo a
sua madre;la mamma Fo, "come sono le
doglie? Cosa si sente? Come si capisce
che è ora? "E lei, "quando senti una mano
che ti strappa le viscere. . "e un'amica,
anche lei anziana"No Pina, non ti ricordi
più. Quando senti. . ". Nulla che mi
tranquillizzasse. Anzi!Mi ritiro un pò
prima di Dario. Ormai ci dovremmo
essere. . . Preparo la valigia, roba per 25
me, vestaglia camicie ecc. e roba per il
bambino. (A quei tempi non si sapeva
prima se fosse maschio o femmina. Ti
dovevi fidare delle anziane:la pancia è
così, allora è maschio. No, per me è
femmina, non vedi come è messa? E via
di
'sto
passo.
Comunque
sempre"bambino" si diceva. Se poi era
femmina. . ) Ero emozionata. Arriva
Dario. Baci baci. Poi si mette a letto e si
mette a leggere "il Mondo" . Ho odiato
442
molto quel giornale per la sua grandezza.
Ogni volta che D. voltava pagina mi
faceva un gran vento. E io sternutivo.
"Dario, mi sento strana. . . ""Dormi
Nanina. . ". Dopo un pò:"Dario. . ""Dormi
Nanina". . e via a girar pagine. . "Dario
credo che mi si sono rotte le acque. . ".
"Dormi Nanina. . ""Ma Dario!!!"Di corsa
un taxi. Ora siamo emozionati tutti e due.
Clinica Salus. Mi avevano promesso che
mi avrebbero dato dell'etere. In sala parto
grido;Etere!Etere!La levatrice mi dà una
carezza;"sì cara, sì, suo marito è
fuori"Etere!!"Il fatto è che la signora in
questione era veneta e pensava che nel
momento supremo io chiamassi mio
marito:Ettore!Ettore!Poi finalmente è
arrivato il medico. Sento un vagito.
"Brava signora. 3 chilogrammi e 9. "Ho
fregato la Clara. La Clara era una brava
ragazza moglie di mio cognato Fulvio, che
però era molto quotata all'interno della
famiglia, e quando dico famiglia intendo
mia suocera, in quanto professoressa di
lettere, non attrice. Quindi sicuramente
443
migliore di"quella lì che non solo fa
l'attrice, ma mi ha anche portato via ei me
testun. "Sì, all'inizio mia suocera era solo
mia suocera;Non aveva simpatia per me e
devo dire chefaceva l'impossibile per
farmelo capire. Mi addolorava molto non
essere amata da lei. Ma si sa, gli inizi per
qualsiasi cosa tu intraprenda trovi
difficoltà, figuriamoci il rapporto con la
mamma di lui. Mia suocera m'ha
conosciuto bene. E' diventata per me la
mamma
Fo,
e
mi
ha
amata
profondamente, come profondamente io
ho amato lei. La frase che mi diceva con
orgoglio era "io l'ho messo al mondo, tu
l'hai fatto". Ma pensa te!Ce ne vuole èh !!
Con la leggerezza dei pazzi usciamo dalla
clinica con il nostro fantolino in fasce e ci
"accasiamo" ospiti di un fotografo di cui
non ricordo il nome, che aveva una
splendida casa in via Parioni;Davvero
splendido appartamento. L'unico difetto
non indifferente per una coppia con un
bambino di 8 giorni che questa
principesca dimora, era completamente
444
priva di mobili, (se li era portati via il
padre dopo una lite. Ma erano mesi che
l'appartamento era in queste condizioni).
Due brande, una sedia per comodino;un
tavolo in cucina, qualche sedi, forse, e un
telefono con un fili chilometrico che il
nostro amico si portava sempre appresso.
Non
volendo
umiliare
la
sua
generosità(forse era ubriaco quando ce
l'ha proposto, non so)ci siamo sistemati
alla bellemeglio. Il bambino ha pianto per
8 giorni di fila. Per quanto spirito di
adattamento avessimo non riuscivamo
proprio a comunicarlo a questo tipo
appena nato, che non sapeva proprio
niente della vita. a cavarcela e per le
scomodità e per la mia inesperienza. Al
nono giorno, decidiamo di tornare in
clinica. Ci hanno presi a braccia aperte. Ci
hanno dato una bellissima camera, vicino
alla sala parto. Ci siamo addormentati tutti
e tre e abbiamo dormito per almeno un
giorno finalmente rilassati;Dario come
vedeva in corridoi un padre in apprensione
per la nascita del suo bimbo si avvicinava
445
e s'informava. parto cesareo."Sa, è un . "E
Dario:"non si preoccupi anche Franca ha
avuto ilcesareo. . è una sciocchezza. .
vedrà"E quello si consolava. E un altro" è
messo di piedi!""Non si preoccupi, anche
nostro figlio è nato di piedi. . è andato
tutto benissimo. .
il ginecologo è
straordinario" . Solo quando un padre era
preoccupato perchè la moglie stava
facendo 2 gemelli D. è stato senza parole.
Non poteva dire :anche Franca. . E via di
questo passo. Ci siamo stati tre mesi.
Quanti padri e quante madri abbiamo
rinfrancato. Qualcuna ci viene ancora a
trovare con i il figlio nato proprio in quei
giorni. Che benissimo! Intanto, abbiamo
comperato una casa in via Nomentana,
l'abbiamo arredata e finalmente ci siamo
andati ad abitare. Tutti tre.
Il bambino cresce. Noi facciamo films. Il
primo "Lo svitato". Il soggetto era di
Dario. L'aveva letto a Zavattini che ne fu
entusiasta. Regia di Carlo Lizzani. Dario
era troppo inisperto per aver voce in
capitolo con gli sceneggiatori che gli
446
avevano messo al fianco"sei autori in
cerca del personaggio" li definì Nello
Santi, il produttore. Ne è uscito un film
sbagliato con qua e là momenti da
cineteca. Avremmo dovuto avevre i mezzi
e la forza di ritiralo, rigirare quello che ci
sembrava sbagliato e riproporlo. Ma non
ci abbiamo nemmeno provato. Forse non
l'abbiamo nemmeno pensato. Clamoroso
insuccesso. (troppo avanti _Ricordarsi
TATI)Credo che sia il film che incassato
meno negli ultimo 5o anni. Dopo lo
svitato Dario alterna al lavoro di attore
quello di sceneggiatore, e viene addirittura
scritturato fisso alla Ponti de Laurentis
come gags-man a 2. 000. 000 al mese. La
cifra era astronomica.
Lavora con
sceneggiatori del calibro di Age Scarpelli
Pinelli(sceneggiatore di Fellini) Antonio
Pietrangeli. (indicare films. Titolo) Io
interpreto partacce in films tutti lacrime,
core, cosce e zinne. Sono 28 quasi sempre
in
cartello
come
"partecipazione
straordinari", mi pagavanp bene, ma quei
films di straordinario non avevano
447
null'Altro che il materiale umano col
quale venivo, grazie a loro, in contatto.
TINA PICA-GIUDA. POI VENGO
SCRITTURATA
DAL
TEATRO
ARLECChino a Roma, per interpretare un
testo di Feiduau che sembrava scritto per
me:"non andartene in giro tutta
nuda"Dario scrive per i fratelli Bonos, che
poi non ne hanno fatto nulla un atto
unico"gli imbianchini non hanno ricordi".
A quel punto gli propongo di ritornare a
Milano e farci una compagnia nostra.
Ci proponiamo a Paolo Grassi allora
direttore del Piccolo teatro che ci regala
fiducia, amicizia dandoci il teatro per ben
tre mesi. Debuttiamo così, in un caldo
infernale, tutti soli, (sì, c'erano altri attori
da noi scritturati, ma la responsabilità
della compagnia era solo nostra) con
"Ladri, manichini donne nuda". Scritto
diretto e interpretato da Dario, sue erano
anche le scene e i costumi. Io facevo
l'attrice ma mi occupavo di un sacco di
cose;Mio fratello Enrico era il nostro
amministratore-attore se necessario. Ha
448
guidato la nostra compagnia con grande
abilità, riuscendo a farci stare in pieda
anche senza alcun aiuto ministeriale ne
dell'ETI(ente teatrale italiano che avrebbe
dovuto appoggiare più che mai la nosytra
compagnia in quanto recitava opere di
autore ITALIANO. Ma sia noi che
EDUARDO De FilippO abbiamo avuto
grazie alle nostre scelte politiche , vita
grama con tutte le forza statali e
parastatali).
1958:"Comica finale" quattro atti unici
scritti da Dario, su canovacci della mia
famiglia. Dario aveva sentito queste storie
mentre io le raccontavo a Jacopo per farlo
addormentare. Ma de gli atti, che gli ho
passato "bocca a bocca", il migliore
era "un morto da vendere" che aveva
completamente
scritto, ambientandolo
nell'800 come gli altri. Il migliore. Non si
pensi che accecata dall'amore io possa
dare a Dario meriti che non ha. Non l'ho
mai fattao. D'altro canto basta leggersi le
"comica finale pubblicato da Einaudi per
vederlo. RICORDARSI DIFFICOLTà
449
FINANFIARIE.
STABILE
TORINO;EPISODIO
2CANNAS
L'AMORE è PIù FORTE;
Siamo al teatro Gerolamo di Milano.
Andiamo avanti con grande fatica. Il
teatro è conosciuto come teatro delle
marionette. Se il mio cuore aveva un
fremito al ricordo della mia famiglia,
questo fremito non poteva riempirci il
teatro. La prima fu un disastro. Abituati ai
palcosceninci grandi, il trovarci senza
prova alcuna in uno spazio grande come il
bagno di casa mia, ci ha messi in grande
difficoltà. Devo riconoscere, che come
unica volta nella storia della nostra
compagnia, la critica ufficiale presente
allo spettacolo non ha menzionato i 3OOO
incidenti che si sono susseguiti nelle tre
ore. Proprio in quel teatro, quasi sempre
vuoto ci è arrivata inaspettata la possibilità
di debuttare in un grande teatro:il teatro
Odeo.
Stagione 1959-60-"Gli arcangeli non
giocano al flipper" teatro Odeon di
Milano. Mille posti. Grande successo di
450
critica e di pubblico. Tutte le sere "il
Bossino" che in realtà si chiamava Bossi
direttore del teatro,
non appena lo
spettacolo iniziava si metteva in quainta
con un foglio sistemato sulla fronte, con
scritto in grande l'incasso della serata. Il
copione di questo spettacolo ci fu
sequestrato per le troppe battute a soggetto
che abbiamo aggiunto, non autorizzati.
Abbiamo collezionato "rapporti
al
questore di ogni città dove si lavorava, per
un totale di 280, tanti, quanti furono le
repliche dello spettacolo.
questura"
Abbiamo girato tutta l'Italia facendo
esaurito ovunque. DATI STATISTICI E
INCASSI NUMERO SPETTACOLI
DENUNCIA POLIZIA PER CENSURA.
inpiù di una occasione rischiamo di non
poter andare in scena.
1960-61 -"Avevav due pistole con gli
occhi bianchi e neri". opera che tratta
della connivenza tra fascismo e borghesia,
tra malavita organizzata e potere.
L'intervento della censura è pesantissimo,
451
ci massacrò letteralmente Decidemmo di
andare in scena egualmente senza tenere
in conto alcuno i tagli. Ci fu un braccio di
ferro piuttosto teso tra noi e il prefetto di
Milano che ci minacciò di arresto
immediato, ma alla fine, preoccupato
dello scandalo che ne sarebbe venutoo, il
ministero tolse i tagli. il testoE' con questo
spettacolo che mi conquisto agli occhi di
mio marito, un ruolo diverso da quello di
sempre. Per la prima volta non accetto il
testo a scatola chiusa certa del successo di
sempre. Qualcosa non mi convince. Lo
comunico a Dario. Si è discusso mica
male. Mio figlio aveva sei anni e ancora
se lo ricorda. Credo sia stata la prima
discussione accesa alla quale asssistesse.
Non ci aveva mai visti così, era un pò
spaventato. "Dimmi cos'è che non
funziona!Dimmelo!"e io:"non lo so". "più
forte il Dario:"dimmelo!" "Non lo so, ma
c'è qualcosa che non va. "(Quante volte
negli anni futuri s'è ripetuta questa scena?
) Jacopo piange senza gridare, e anch'io
scppio a piangere gridando come un
452
bambino disperato. Era la prima volta che
vedevo dario fuori dalla grazia di Dio.
"Ora, lo rileggo tutto. . cercherò di
individuare. . di capire. . poi ti dirò. . ".
Leggo e prendo appunti. Dario, per tutto il
tempo ma guarda serio. In piedi. Mi
stavo innervosendo. Dopo due ore, più
imbarazzata che mai:"taflierei qui, qu, e
qui. "D. ci pensa un pò su, e poi:"forse
hai ragione, ma prima preferisco provarlo
col pubblico. "
Debutto:successo di stima. Il giorno dopo
D. mi dà il copione:"fai i tagli che
proponevi".
1961-62:"Chi ruba un piede è fortunato in
amore".
Dopo sporadiche apparizioni nella TV. di
stato approdiamo alla televisione sulla
neonata
seconda
rete,
(1962
PRIMAVERA) con sei puntate tutte
nostre:"Chi l'ha visto? ". Subito dopo dalla
direzione Rai ci viene proposto di
condurre
"Canzonissima"il
grande
concorso canoro abbinato alla lotteria di
capodanno la trasmissione di maggior
453
interesse popolare dell'ente. D. scrive i
testi che prima dell'inizio della
trasmissione ricevono il benestare della
direzione nella persona del dott. Pugliese
direttore generale(? ). Ma già alla prima
puntata la stampa reazionaria si scatena
criticando ferocemente la più che delicata
critica politico sociale contenuta neitesti.
Di puntata in puntata gli attacchi, le
polemiche sulla stampa non si contano.
L'indice di ascolto è altissimo (anche se al
processo, uno dei tanti che c'è stato la
direzione Rai tentava di
sminuirci.
dicendo che nessuno ci vedeva. TAXISTI
RICORDARSI) l'Italia era divisa in
due:chi ci ama, e chi ci odia, ma tutti lì,
davanti al televisore il sabato sera. Ad
ogni trasmissione
ci vengono imposti
tagli e censure sempre più pesanti. (FIORI
SENO. GAMBA SINISTRA)fino a che
all'ottava
puntata
decidiamo
di
abbandonare la trasmissione. La famosa
"Canzonissima", il FANTASTICO DI
OGGI, va in obda senza presentatori.
(RICORDARSI WALTER CHIARI E
454
BRAMIERI)e quando l'annunciatrice
all'inizio della trasmissione dice:d. FO e
F. Rame si sono tritirati, una quantità
incredibile di telespettatori si rovescia
nelle strade di Milano, tutti quanti diretti
al palazzo della fiera dove si teneva la
trasmissione. Quando usciamo(eravamo
stati su consiglio dei nostri legali nei
camerini nostri fino alla fine della
trasmissione) ci troviamo davanti una
folla di gionalisti, fotografi e migliaia di
persone. In molti erano venuti per
dimostrarci la loro calda e commossa
solidarietà.
Questa fu la prima e credo l'unica volta
nella storia della Rai che due "attori"
rifiutarono di "abbioccarsi" d'innanzi alle
imposizioni, ai tagli, all' “arroganza del
padrone" ai soprusi.
47500 ARRIVATA A FRANCA
455
“LA VITA”
Alcatraz 8 agosto 2004
Una luna esagerata.
Settembre.
Da fuori viene un’aria ancora tiepida.
Guardo il cielo e le sue stelle. Tante e non
mi danno nulla.
Il giorno è lontano.
Non ho sonno. Gli occhi mi bruciano, ma
non ho sonno. Sono rientrata da poco. Ho
recitato un po’ distratta, col pensiero in
questa cameretta. Mi appoggio meglio alla
poltrona.
Ho posato in grembo il detergente per lo
strucco.
I clinex.
Me lo passo sul viso, con sospiri lunghi.
Di quelli che ti sconquassano l’anima.
Non avrei voluto mai vivere questo
momento.
La guardo. Lei è lì che sta faticando a
morire.
456
Un rantolo costante da giorni ci segue in
ogni stanza.
La sua mano che tengo più che posso nella
mia, è tiepida, se non fosse per quel
respiro strozzato che le esce e le labbra
spaccate per l’arsura, potrebbe sembrare
una bellissima anziana signora
addormentata.
“Sì, mamma, ora te le inumidisco” – mi
viene normale parlale come mi sentisse.
Da una tazza prendo la garza intinta
nell’acqua, delicatamente gliela passo
sulle labbra. Sulle gengive. Qualche
goccia sulla lingua. Mi sembra che ne
succhi un po. Chissà.
“Sono qui, mamma. Sono qui, dammi la
mano”.
La casa dorme. Anche l’infermiera della
notte, riposa.
In questi lunghi solitari silenziosi
momenti, il pensiero fa salti qua e là nella
nostra vita. Penso sia una cosa normale:
come tirare le somme, mettere in fila i
457
ricordi. Il passato ti viene davanti a
saltelloni, il bello e il brutto, sorridi e ti
rattristi in un attimo… tutto è così veloce.
“Che ragazzina generosa la Sgarbina,
figlia del nostro droghiere… quando
andavamo da lei subito si metteva una
caramella in bocca, la succhiava un po’,
poi che la regalava.”
Mi vedo la scena con un sorriso. Che m’è
venuto in mente?
La mia famiglia.
Non ho conosciuto nessun nonno e da
piccola invidiavo le bambine che li
avevano.
Cerco di immaginare mia madre tra i suoi.
Il padre ingegnere del comune di Bobbio,
o forse solo geometra, la madre casalinga.
Undici figli: sette femmine quattro
maschi. Poveri come l’acqua, dignitosi, di
una certa classe sociale, con troppe
bocche da sfamare e da far studiare.
Maschi e femmine non potevano mai
uscire tutti insieme: mancavano le
scarpe.
458
L’Emilia, la mia mamma, a 17 anni
diventa maestra. Per quei tempi era già
tanto. La mandano a insegnare in una
scuola sperduta in montagna. Viene
ospitata da un cugino prete, giovane,
grasso e gentile. Il povero pretino si
innamora perdutamente di lei. Per quanto
cercasse aiuto nel Signore un bel
momento, bruttissimo per la giovane
cattolica-fervente-praticante-Emilia, le
palesa il suo perdimento. Si vuole spretare
e tenta pure di baciarla. Vola un ceffone
sul facciotto pallido dell’impunito e quasi
soffocando per l’indignazione,
l’integerrima maestrina, se ne torna a casa
a piedi, che era già scuro.
E c’era pure la neve.
Quanto fervore nella tua voce, quanta
indignazione, mamma. Dopo tanti anni è
sempre come fosse ieri, nella tua testa,
indelebile. Fotografia mai ingiallita.
Credo sia stato l’unico momento
“vergognoso” come lei lo definisce, della
459
sua vita. “Ma mamma, quel povero
pretino, in quel paesino sperduto in
momtagna… potevi anche darglielo un
bacino…” le dicevo ridendo. “Mai. Si
vergogni!” Chissà da quanto è morto.
“All’inferno! Sarà certamente
all’inferno!” A 85 anni, e non era la prima
volta a Cesenatico, chiede di confessarsi.
Dario, in bicicletta va a chiamare il prete.
Lo vedevamo tutte le estati, sempre a
confessare mammà. Aperto, intelligente,
un buon cristiano. Li lasciavamo soli.
Parlottavano per una mezz’oretta. Lei,
seduta, compunta, seria, con gli occhi
bassi come bruciasse ancora di vergogna
per tanta offesa. Lui, con la bocca piena di
biscotti, la rincuorava. Li spiavo dalla
finestra sciogliendomi di tenerezza.
Quando usciva gli chiedevo: “Ha vistio
che peccati tremendi ha fatto la mia
mamma? E’ sempre quello eh… il povero
pretino… e il ceffone…” Lui se ne andava
ridendo intascando l’offerta per la chiesa.
In bicicletta.
460
Di mio padre si innamora poco dopo la
storia del pretino.
Me la immagino. La vedo giovane,
bellissima. E quando dico bellissima
voglio proprio dire "bellissima", senza
alcun aiuto. (Nessuno di noi, quattro figli,
pur assomigliandole, s'è avvicinato a tanta
autentica beltà).
Arriva il principe azzurro.
Mio padre Domenico Rame:
"marionettista girovago" con il suo carro,
il fratello Tommaso, la sorella Stella, il
padre Pio, grande estimatore di Garibaldi
tanto da portare una barba come la sua.
L'unico ritratto in nostro possesso lo
raffigura vestito e somigliante all'eroe! A
quel tempo, in un paesotto (ora cittadina)
come Bobbio, l’arrivo delle marionette
dovevav essere certamente un evento.
Si conoscono a carnevale ad un gran ballo,
le sette sorelle Baldini con costumi
d’epoca cuciti da loro stesse, folgoravano,
sotto lo sguardo attento di tutta la
famiglia, i maschi presenti. Lui… il mio
461
papà… “Era bellissimo! Aveva un
costume azzurro… M’ha invitato a ballare
sette volte. E mi stringeva anche!”
cinguettava mia madre illuminata dal
ricordo e per nulla imbarazzata da tanto
ardire.
Fulminati.
Lui, finita la stagione in quel di Bobbio, se
ne va. Lei sicuramente piange.
Dopo un anno di lettere d’amore il
Domenico torna. Si sposano con grande
scandalo della famiglia e del paese. E sì,
perché tutte le altre sorelle erano fidanzate
con tipi ben piazzati, il professore, il
giudice, il direttore di banca. Lei no: il
marionettista, col suo carro e senza fissa
dimora. Altro che scandalo.
Bellissima, giovane, innamorata, cerca
con tutte le sue forze di adeguarsi alla
nuova vita, tanto diversa da quella che
aveva condotto sino a quel giorno. Aiuta
la famiglia come può. Non sa manovrare
le marionette, ma si ingegna a cucire
vestiti, e rinnnova tutto il guardaroba dei
462
pupazzi di legno. A pensarci pare una
favola.
E’ molto orgogliosa di quello che fa. Più
avanti, dirà qualche battuta.
Con l'avvento del cinema (1920) i fratelli
Rame intuiscono che "il teatro delle
marionette" sarà presto messo in crisi,
schiacciato da questo nuovo magico
mezzo di spettacolo. Decidono un
cambiamento radicale (con grande dolore
del nonno Pio): “Reciteremo noi i nostri
spettacoli, entreremo in scena noi, al
posto delle marionette". Così mio padre
con l’Emilia, la zia Stella, lo zio
Tommaso con la moglie Maria (nuova
recluta della compagnia), si sostituiscono
ai pupazzi di legno, vere e proprie
sculture, tre delle quali sono esposte al
Museo della Scala di Milano. Debuttano
nel teatro di" persona", recitano loro stessi
i testi, i personaggi che avevano fino
allora interpretato muovendo e
doppiando le marionette, e lei, la mia
mamma, diventa la prima attrice.
Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li
463
aiutava a studiare, si occupava della casa,
e come una più che provetta casalinga (a
tutti gli effetti) teneva l'amministrazione
della compagnia come fosse quella di un
normale menage familiare. E alla sera,
via!… e Giulietta e Tosca, e la Suora
Bianca dei “Figli di nessuno”, e la Fantina
dei “Miserabili”, tutti ruoli che via via,
abbiamo interpretato anche noi figlie e le
cugine Ines e Lucia. Mi vedo a percorrere
l'apprendistato dei teatranti interpretando
tutti i ruoli che crescendo erano adatti alla
mia età, maschili o femminili che
fossero.
Il vantaggio della compagnia di mio
padre rispetto alle altre compagnie di giro,
(così si chiamavano le piccole compagnie
di provincia) era l'invenzione di impiegare
tutti i trucchi scenici del teatro fantastico
delle marionette, nel "teatro di persona":
montagne che si spaccano in quattro a
vista, palazzi che crollano, un treno che
appare piccolissimo lassù, nella montagna
e che man mano che scende s'ingrandisce
fino ad entrare in scena con il muso della
464
locomotiva a grandezza quasi naturale.
Mari in tempesta, nubi che solcano
minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente
che vola, scene in tulle in proscenio, che
illuminate a dovere ti facevano vedere
come era fatto il paradiso. Insomma tutti
gli espedienti tecnici dell'antico teatro
seicentesco dei Bibbiena, che viveva
ancora, dentro la scenotecnica delle
marionette.
Soltanto che in quel teatro tutto era stato
miniaturizzato, si trattava adesso di
eseguire una operazione da Gulliver alla
rovescia: da minuto che era, ingrandire
ogni oggetto, aggeggio, marchingegno
fino a renderlo simile alla realtà.
In questa nuova veste la compagnia di mio
padre realizza un successo insperato. Si
lavora tutte le sere, 363 giorni l’anno. Si
riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei
morti, a novembre. O se c'era il funerale
di un defunto importante del paese: il
prefetto, il podestà, il dottore, il prete, il
farmacista. La domenica, la compagnia si
465
divideva in due e si faceva doppio
spettacolo, pomeriggio e sera.
Mio padre, il capo, con il ruolo di primo
attore, manager P.r., lo zio Tommaso nel
ruolo dell'antagonista o del comicobrillante a secondo dei testi e di
drammaturgo-poeta di compagnia; le
mogli, i figli, gli attori scritturati, i
dilettanti, gli amici componevano la nostra
compagnia. Giravamo cittadine, paesotti e
paesini del nord Italia su di una corriera
che chiamavamo "Balorda" a causa del
comportamento bizzarro che aveva, che
più che al suo cattivo carattere andava
attribuito agli anni. In certi paesi nei quali
ad una certa ora del giorno si passava, nei
turnichè particolarmente ripidi, LEI, la
vecchia signora, NON CE LA FACEVA.
C'erano sempre dei ragazzi che ci
aspettavano. Ci spingevano fra tante
risate, poi la sera ci raggiungevano ed
entravano a godersi lo spettacolo gratis.
"Siamo quelli che abbiamo spinto la
Balorda." "Passate".
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Mio padre, amava la Balorda, e zingarone
com'era, gioiva tutto nel vedersela
rilucente di colori sgargianti. Mia madre,
la maestrina-cattolica-di buona famiglia
ogni volta che lui le cambiava colore:
"non sposeremo mai le nostre figlie!"
lamentava col pianto in gola. "Hai ragione
Milietta… domani le cambio colore". E
l'indomani quando "Milietta" si affacciava
in cortile, ecco la Balorda ridipinta…
d'argento!
"Non sposeremo mai le nostre figlie!"
bisbigliava rassegnata:
Cos’è?… m’ha stretto la mano?…
Trattengo il fiato. Giro appena la lampada
del comiodino. No, mi è solo parso… Ma
forse… Che debbo mai aspettarmi, in che
spero? Ha 88 anni, è in coma profondo da
oltre 20 giorni.
Fuori è ancora buio. Guardo l’ora. E’
passato poco tempo e mi pare un’eternità.
467
Finisce la guerra. Bombardamenti non ne
avevamo avuti. Qualche bomba sulla
fabbrica di aerei: la Macchi, alla periferia
di Varese, a Masnago. Masnago…
Ricordo una notte che si stava tornando a
casa dopo lo spettacolo e veniamo fermati,
sia noi che tutti quelli che passavano per
quella strada dopo di noi, da un gruppo di
fascisti e S.S. Ci hanno fatto entrare in un
cortile, (era quello dove abitava uno dei
nostri dilettanti, chiamato "Luigino-cassada morto”, perchè suo padre le fabbricava)
dove siamo stati bloccati per ore. Solo
intorno alle 7 ci hanno lasciati andare.
Non è stato per niente drammatico, per noi
giovani. Dopo poco la serietà degli adulti
l’abbiamo cancellata. L'aria, era di festa.
La mamma del Luigino-cassa-da-morto, ci
aveva offerto qualcosa da mangiare. Si
parlava, si rideva nonostante i tedeschi e i
fascisti con i loro mitra, giù nel cortile.
“E’ arrivata altra gente… stanno fermando
tutti.” Cominciamo ad avere sonno, si
parla e si ride di meno, qualcuno s’è
addormenato.
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Sarebbe, questa strana notte, finita in
tragedia se col mattino fosse arrivata la
notizia del fallimento di una missione
tedesca. Ci avrebbero fucilati tutti.
L'abbiamo saputo qualche giorno dopo, da
Lunardi, un prestigiatore fantastico amico
di mio padre, che bazzicava in ambienti
fascisti.
L'abbiamo scampata.
Altre volte, capitava che ci fermassero dei
partigiani. Non dicevano
"siamo
partigiani" ma erano in borghese con i
mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio?"
Ci strigevamo e li facevamo salire e via
che si riprendeva a cantare. Più avanti, a
volte capitava d'incontrare un picchetto di
fascisti che ci fermava, non chiedevano i
documenti. Ci conoscevano. Avevamo un
permesso speciale per girare con il
coprifuoco. "Buona sera signor Rame.
Com'è andata?"
Il cuore si fermava per un attimo.
"Benissimo! Grazie." "Buona notte”
"Buona notte”. Ce ne andavamo
riprendendo a cantare col fiato che si
469
strozzava in gola.
“Come va?” “Bene, dorme…” Non mi
veniva di dire COMA.
Dario mi dà un bacio. “Va a dormire, ci
sto io.” “Non ho sonno…” Come se ne va
mi metto a piangere. Che momento
orribile. Appoggio la testa. Poi mi rimetto
dritta. Non voglio addormentarmi.
"E' ora che Franca incominci a recitare,
ormai è grande”. Avevo 3 anni." E’ mia
madre che parla. Me la ricordo mentre mi
insegnava la parte: "bocca a bocca", così
si diceva a casa mia, mot-a mot, parola
per parola. Aveva deciso (era sempre lei
che prendeva le decisioni importanti in
famiglia) che avrei fatto un angiolino di
supporto all'angelo vero, che veniva
interpretato da mia sorella Pia in "La
passione del Signore" atto V, Orto dei
Getzemani. "Pentiti Giuda traditore che
per trenta monete d'argento hai venduto il
tuo Signore! Pentiti! Pentiti!” recitava Pia
470
e io dovevo ripetere gridando subito
dopo, la stessa battuta: “Pentiti! Pentiti!
Giuda traditore che per trenta monete
d'argento ha venduto il suo Signore!”
Non era una gran parte, non ci devo aver
messo molto ad impararla. "Ripeti!" e
ancora e ancora "ripeti" diceva la mamma
paziente mentre pelava le patate per il
minestrone. "Ripeti!"
Mia madre per i suoi figli era
ambiziosissima.
Per l'occasione mi aveva cucito un
bellissimo abito bianco da angelo, con due
grandi ali bianche e oro appoggiate sulle
spalle. Seppur credente non andava mai
in chiesa ma aveva il famoso cugino prete.
Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli
erano vestiti così! Mio padre, ormai
entrato nel gioco,
mi fabbricò una
coroncina di lampadine con una pila
infilata nelle mutandine, e me la mise in
testa.
E' ora d'andare in scena e tutti: "Ma che
bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La
mia mamma faceva andare la coda e io, lì
471
pronta con le mie ali e le lampadine in
testa, a ripetere la battuta. Non mi
avevano fatto fare nessuna prova. Sapevo
solo che ad un certo punto avrei dovuto
seguire mia sorella Pia nell'entrata in
scena ed ad un segnale della mia mamma
sistemata in quinta avrei dovuto gridare
"pentiti-pentiti…".
Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di
così non si poteva immaginare fu che il
personaggio di Giuda era interpretato da
mio zio Tommaso, un uomo che avevo
sempre visto calmo, sorridente, che mi
raccontava storie bellissime, mi regalava
un sacco di divertimenti, al quale volevo
molto bene e vedermelo lì, proprio vicino
vicino, con una parruccaccia nera in
testa… gli occhi che lanciavano saette tra
un minaccioso tuonar e lampeggiar nel
cielo… che disperato gridava: "Possano i
corvi divorarmi le budella, le aquile
strapparmi gli occhi!" e altri animali che
non ricordo "mi divorino un pezzetto alla
volta ad incominciare dalla lingua", mi
fece un terribile effetto. Mamma mia che
472
spavento! Cosa stava capitando?! Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma
quello che mi buttò completamente fuori,
fu il vedere mia sorella, solitamente
rispettosa ed educata, che per nulla
intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i
colori! Una sfuriata in piena regola che
trascinava il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera. "Ma cosa
sta capitando? Perchè lo zio Tommaso fa
così?" Il groppo che mi sentivo in gola
stava per scoppiare. Mia madre dalla
quinta mi faceva gesti più che perentori, le
sue labbra ripetevano “pentiti pentiti”.
Giuro che avrei potuto dire la mia battuta,
ma non me la sentivo proprio di rincarare
la dose. No, io no, allo zio Tommaso non
dico proprio un bel niente! Non so cosa gli
sia capitato, poverino. Forse è impazzito.
A piccoli passi, camminando come
pensavo camminassero gli angeli, seppur
spaventatina, gli sono andata vicino, lui
era in ginocchio e gridava più che mai,
proprio fuori di testa. Dio che paura!
Senza dire una parola mi sono arrampicata
473
al suo collo e l'ho abbracciato,
tempestandogli la faccia di baci. Insomma
cercavo, con i mezzi che avevo a
disposizione, di calmarlo e piangevo nel
silenzio che era calato in palcoscenico.
Pia era ammutolita. In quinta mia madre
faceva segnali che non prospettavano
niente di buono. Lo zio-Giuda si blocca
per non più di cinque secondi, giuro. E poi
con voce profonda (intanto con la mano
solleticava la mia e con gli occhi mi
rideva
per tranquillizzarmi) dice
rivolgendosi al cielo: “Dio, sei grande! A
questo orrendo peccatore mandi il
conforto... un piccolo angelo… mi tendi
la mano… No, no, non me lo merito!” e ,
dal momento che lo spettacolo doveva pur
terminare, taglia corto “M'impicco! Dov’è
l’albero più alto? M’impicco!!” Deve
usare un po' di forza per liberarsi da me
che proprio non ne voglio sapere di
lasciarlo andare ad impiccarsi. Cosa vuol
dire impiccarsi? Non lo sapevo ma ero
certa fosse una cosa brutta. "L'albero più
alto… dov'è l'albero più alto… Lasciami
474
andare angiolino… Lasciami.." e con un
urlo agghiacciante esce di scena. Mia
sorella (l'unica volta nella sua vita, credo)
non sapendo più che fare, camminando
anche lei sulle punte, immediatamente lo
segue. Grande applauso.
Tutti mi chiamano dalla quinta con grandi
cenni. Non so se la paura d'essere
sgridata o il "senso del dovere" che
maledizione da che sono nata è lì, a
infastidirmi la coscienza, fatto si è che
dopo
un
attimo
di
silenzio,
raddrizzandomi la coroncina di lampadine
che nel trambusta stava per cadermi, con
voce chiara e mesta, quel tanto che serve
dico “S'impicca! Non s'è pentito… Giuda
traditore che per trenta monete d'argento
ha venduto il suo Signore… Non s'è
pentito!" e via che esco.
Ce l'avevo fatta: l'avevo detta tutta! Non
so se mi abbiano detto qualcosa… so solo
che da allora in poi, "La passione del
Signore" ha sempre avuto due angiolini,
con il più piccolo che abbraccia Giuda a
mostrare la grandezza di Dio.
475
E tutti giù a piangere.
“Signora, vada a dormire, è mattina.” E’
l’infermiera del turno di giorno. Mi corico
vestita. “Mi raccomando, mi chiami se…”
E’ ora di pranzo. Tutta la famiglia riunita.
La mia testa è divisa in due pensieri fissi:
lo spettacolo alle 15 al Teatro Odeon, mia
madre in agonia.
So che andiamo a pochi. Lo sento.
L’infermiera arriva da laggiù. Senza
complimenti mi chiede: “Ha un fulard?”
Domanda bizzarra. Non capisco. Mi fa un
gesto veloce che dal mento va alla testa.
Mi occorre qualche secondo per afferrare
il significato della sua richiesta.
Corro da mia madre.
Nulla è cabiato.
Me la guardo per un po’. Da anni mi son
sempre detta: Lei deve morire con la sua
mano nella mia. Ma ora, sprofondata in
questo sonno senza coscienza, non servo a
nulla. Mi strazio e basta. Un lunghissimo
bacio. Ho finito le lacrime.
476
“I vestiti…. Datemi i vestiti.” Dico a
fatica. Sul pianerottolo m’infilo i
pantaloni, il golf. Arriva l’ascensore.
“Vuoi proprio andare a lavorare?” “Sì
Dario, tornerò in tempo.”
Teatro Odeon. Camerino. Mi trucco, mi
vesto.
Silenzio assoluto intorno a me. Vado in
scena.
Faccio fatica a non scoppiare a piangere a
quel grande applauso che mi accoglie. La
gente non sa nulla, ma io sì.
Strofino con forza i denti sul labbro
inferiore, ripetutamente.
Il groppo sparisce. “Tutta casa, letto e
chiesa”.
Monologo comico.
Le risate arrivano, gli applausi anche.
Tutto normale.
Guardo in quinta di quando in quando.
Solitamente mio fratello Enrico, è lì.
Non lo vedo.
Intervallo.
Non chiedo.
477
Nessuno parla.
Secondo tempo.
Vado avanti a macchina. Giro la chiavetta
della professione. Mio fratello non spunta.
Tiro fino in fondo. Come si chiude il
sipario, mi sento male. Mi portano in
camerino. La gente, felice, batte le mani.
Ma chi ce la fa ad uscire a ringraziare? Per
oggi ho già dato. Chiudono il sipario di
ferro. Gli applausi continuano. Il pubblico
non capisce cosa stia succedendo. Perché
non esce? Arriva un gram silenzio a un
tratto. Mi sono rispresa. Sento Roberto
Anselmino, il direttore di scena che parla:
“Scusate ma Franca non può uscire. E’
morta sua madre.” L’ho saputo così.
Quando all’uscita, mi sono trovata più di
mille persone che mi aspettavano. Non
sapevo che dire. Erano tutti lì, in un
silenzio che non dimenticherò mai.
Passavo tra loro, chi mi accarezzava un
braccio, chi si scostava. I denti incollati al
mio labbro mi facevano male. Avevo
voglia di abbracciarli tutti re lasciarmi
andare. Spesso, tornando a quel momento
478
mi dispiace molto di non averlo fatto.
E’ il 4 ottobre, 1988. San FRANCESCO.
Medico per il certificato di morte.
Telefonate. Gente. Amici. E io che parlo,
parlo ad alta voce. Ma proprio alta. Non
so perché.
La notte, il giorno.
Al funerale ho continuato il tragitto nella
mia vita passata con la mia famiglia. E’ un
bel modo per passare il tempo. Per non
pensare, per averla ancora con me.
"Gli spazzacamini della valle d'Aosta”.
1934. Avevo 5 anni. Com'è che
succedeva? Come arrivavo la prima volta
in scena con un personaggio protagonista
che non avevo mai provato né
interpretato? Non me lo ricordo, ma so
con certezza di non aver mai provato
prima di interpretare un nuovo
personaggio. La parte come sempre,
finché non ho imparato a leggere, me la
479
insegnava la mia mamma, la imparavo
velocissimamente, era come se la sapessi
già. Anzi, la sapevo già. Quante volte mi
ero addormentata nella cassa dei costumi,
o nella bara di Giulietta quella del Romeo,
o in qualsiasi altro posto dove si potesse
stare rannicchiati, al caldo, mentre i miei
recitavano una sera dopo l'altra?
“Gli spazzacamini della Valle D’Aosta"
un drammone. Gino, (io, ) il protagonista,
figlio di una bella ma povera incintata e
poi abbandonata dal “contino” ricco
rampollo di nobil famiglia… che l’ama
perdutamente ma che il padre costringe ad
abbandonare. Quindi, straziato dal dolore,
sparisce, come solo i nobil sanno farlo.
Miseria nera in casa della addolorata
incintata. L’unica soluzione è “affidare” in
cambio di poche lire, NONOSTANTE LA
TENERA età il piccolo Gino ad un
"mercante di carne umana"!, un
delinquente che specula sui bambini che
gli vengono quasi venduti, mandandoli
spesso a morire nel tentativo di pulire, in
quanto smilzi e denutriti (quanto piangeva
480
la gente!) la cappa di camini. E quando, la
mia mamma che per fortuna era venuta a
trovarmi a Torino col mio nonno sennò
chissà come avrebbe mai fatto a
tornarsene a casa, crede che il suo Gino
sia morto nella cappa del camino via che
impazzisce.
Ma il suo Gino, per fortuna della povera
sfigata, quel giorno lì era ammalato,
quindi sostituito nel lavoro da un generoso
compagno, certo Carletto, che, fatalità,
muore al suo posto. (Comè che la
generosità viene raramente premiata?).
Nel frattempo il contaccio schiatta, ed il
contino, vale a dire il mio papà, in quanto
sempre innamorato della povera sfigata,
decide di riparare al malfatto e proprio
quel giorno… guarda tu i casi della vita,
finalmente dopo peripezie varie, riesce a
trovare il figlioletto, denutrito e lacero.
Ci sono un po' di problemi per far
rinsavire la povera-ma-onesta, ma alla fine
tutto finisce in gloria tra lacrime e
singhiozzi e applausi.
5 atti, con comica finale per non mandare
481
a casa la gente con il magone.
Il nostro era un teatro realmente e
totalmente "all'improvviso" che si basava
su trame semplici e stringate, TEATRO
POPOLARE appunto, nella tradizione
della COMMEDIA DELL'ARTE, ancge
se io non lo sapevo, completamente
opposto al teatro letterario e naturalista
messo in scena dalle illustri compagnie
che agivano nelle grandi città, imitato in
tutto il suo negativo dalle piccole
compagnie, che agivano in provincia. Il
successo di cui godevamo stava tutto in
questa differenza.
Il nostro repertorio era vastissimo: dalle
più famose tragedie di Shakespeare ai
drammmoni ottocenteschi, alle comiche
finali. (Il tutto senza aver mai studiato una
parte a memoria su di un copione meno
che per le commedie di autori moderni a
quei tempi: Niccodemi, Giacosa, Rosso di
San Secondo, Ibsen, in quel caso si
studiava e si provava).
Non esistevano copioni di testi teatrali
veri e propri, ma una specie di canovacci e
482
per molti testi non esisteva nemmeno il
canovaccio.
Ce li avevamo nella testa da sempre.
Come si lavorava? Arrivavamo ad
esempio in una piazza nel giorno in cui in
paese si festeggiava la santa patrona,
ebbene, debuttavamo con la storia di
quella santa sulla quale mio padre e mio
zio avevano giorni prima letto e ascoltato
dalla gente, vita morte e miracoli.
Riunivano la compagnia, raccontavano a
sommi capi l'intreccio, distribuivano i
ruoli e se i costumi adatti non c'erano si
rimediavano, e via che si debuttava.
Senza prove.
Se si confronta con i 90 o addirittura i
180 giorni di prova delle compagnie di
oggi…
Eravamo bravi? Non lo so. So solo che i
teatri erano sempre pieni. E quando in un
paese avevamo fatto tutto il nostro
repertorio, (repplicato 6 sere la Giulietta, 6
la Passione del Signore, Il povero
fornaretto di Venezia e non mi ricordo più
483
quali altri drammoni di successo) mio
padre o mio zio, si leggevano un romanzo,
ci riunivano e ce lo raccontavano.
Esattamente come la santa patrona. Sulle
quinte laterali, in bella calligrafia, la
scaletta dei punti chiave, il susseguirsi
degli avvenimenti.
Per “Una causa celebreo, ovvero La
collana della morta" tragica storia di
fratelli gemelli, brevi accenni.
Scena prima: ragazza incontra padre,
sconosciuto, partito povero, anni fa, torna
ricco sfondato. Dimostrare freddezza e
repulsione. Ricordare madre morta.
Scena seconda: uomo innocente e
disperato languisce carcere (il fratello
gemello)
terribile errore giudiziario. Accennare
assassinio corriere a Lione. Accennare
moglie morta e figlia abbandonata al
paese. Saranno ancora vive?
Solo nel V atto tutto si risolve.
Buono, libertà e onore
cattivo smascherato da collana rubata:
taglio testa.
484
Gaudio e felicità.
Ricordarsi madre morta.
Comica finale.
Non c'è personaggio nel repertorio della
mia famiglia che a secondo dell'età non
abbia interpretato. Neonati, 8 giorni in
braccio alla mia mamma che mi
presentava all’affezzionato pubblico tutta
orgogliosa, in la Genoveffa di Brabante,
bambini o bambine, ragazzini, ragazzotti,
signorine, giovanotti, suore, cortigiane,
regine, principesse, contesse, prostitute.
Una volta ho fatto persino, il cuciniere
Dracco ne La Genoveffa di Brabante.
Giuro.
La storia nel ricordo, mi fa ancora ridere.
Ero cresciuta e la Genoveffa (che dio la
maledica! Quanto ho odiato sta noiosa!)
ora la facevo io. Giovane e bella moglie
del re alla guerra, sola nella raggia viene
insidiata da Golo, un primo ministro della
situazione, che lei respinge furente e
offesa. La giovane regina decide di inviare
una missiva al marito per avvertirlo del
485
tradimento del suo braccio destro, tramite
il cuciniero Dracco: l'unico che a corte le
sia rimasto fedele. "Torna o mio diletto,
torna! Che quel maialone del Golo vuole
fare con me, proprio quella cosa là!"
Golo, che è sempre lì a origliare, scopre
tutto e zak!, pugnala il poveraccio e
manda a dire al re che il bimbo che
aspettava con tanta gioia, non ha proprio
nulla di regale, ma è un plebeo schifoso,
figlio del cuciniero Dracco. Il re ci casca,
fuori dalla grazia di dio "un cuciniero
no!"ordina il taglio della testa della la
fedifraga e anche del bambino nato nel
frattempo. (TRANQUILLI CHE POI
TUTTO , COME SEMPRE, FINISCE IN
GLORIA)
Stiamo preparandoci per
andare in scena, ma era uno di quesgli
spettacoli domenicali in cui la compagnia
si divide in due, e ci rendiamo conto che
ci manca l’attore che avrebbe dovuto
interpretare il ruolo del cuciniero.
D'accordo, sono due parole che si possono
anche tagliare, ma fisicamente deve
proprio essere in scena, altrimenti Golo,
486
come fa ad ammazzarlo? Ci ragioniamo
sopra un attimo. Bene. Ci siamo.
Facciamo
così. Seguitemi bene. Al
momento cruciale, io Genoveffa, vado alla
quinta di destra. Il perfido Golo mi spia
dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando
fuori scena con il cuciniere che non c'è,
fingo di consegnargli il messaggio e poi,
affranta, esco di scena da quella parte.
Velocissimi mi mettono sulle spalle un
mantellaccio con capuccio, che mi copre
dalla testa ai piedi. Rientro in scena
ronculando con la missiva bene in
evidenza in mano, faccio qualche passo
come se ora io parlassi a Genoveffa
voltando le spalle al perfido Golo, che
immediatamente si precipita su di mecuciniero "Muori, spione di un cuciniero!”
e via che mi pugnala. Cado morta. Golo
con uno sghignazzo sinistro mi trascina
fuori scena a sinistra, cioè dalla parte
opposta da cui sono entrata. Mi tolgono il
mantello, mi raddrizzo la parrucca bionda
dalle lunghe trecce, corro velocissima a
destra. Rientro in scena e vedo Golo che
487
pulisce il pugnale assassino nel
mantellaccio che indossavo fino ad un
secondo
prima.
"L'avete
ucciso!
Assassino!!" Ansimo un pò, per via della
corsa, ma sono perfettamente in parte e
nessuno si accorge di niente.
Sto sorridendo, mentre il prete finisce la
messa. Hai vissuto 88 anni, mamma. Ho
cercato di darti il meglio che ho potuto.
Dedizione.
Tempo. Amore.
Tanto.
Sono serena. Ciao cara. Buon riposo.
488
Ricordi
Ecco Simone De Beauvoir.
Non mi é mai stata completamente
simpatica. A volte m'é capitato di
giudicare qualche sua scelta, egoista. Il
suo evidente essere una intellettuale
aristocratica m'e l'ha sempre allontanata.
In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di
chiavi nella toppa ce la siamo trovata
davanti: borsa della spesa in mano,
fazzoletto in testa .Ha lanciato un "pas
fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.
Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e
questa chi é?". Sartre, come un bambino
scoperto a rubare la marmellata, spegne la
sigaretta o il sigaro, non ricordo,
"Simon…", ha mormorato. Ah, era lei!
Dario meno, ma io ci sono rimasta un po'
male. Forse credevo che il fatto di essere
una donna mi desse il diritto ad un saluto.
Sono passati tanti anni da quel giorno.
Ora, dopo l’approfondimento, il ragionare
sul personaggio Simon me la fa pensare in
modo diverso, maturo: una donna, un
1)
489
intellettuale di ran valore, con le sue
stavaganze, il suo egoismo che finalmente
capisco e ammiro.
L'impegno l"ho preso, ma da almeno
un'ora, me ne sto a guardare fuori dalla
finestra con il cervello completamente
vuoto, come se per tutti questi anni, e sono
tanti, non avessi vissuto, lavorato,
incontrato gente parlato, riso, pianto fatto
all’amore. Niente. Non mi viene niente.
Ho la testa con pensieri confusi che fanno
a botte, suoni, rumori, parole, facce… e
fra tanto disordine, non riesco a trovare la
parola giusta che mi dia modo di iniziare
con un minimo di coerenza a raccontare la
mia vita.
Ho gran dubbio che alla fine non sia poi
così interessante. Da cosa parto? Da dove?
Vediamo, e se parlassi alle mie nipotine?
“Care bimbe, la vostra nonna è nata…
eccetere eccetera...”
Per l'amor del cielo. Sono certa che
arrivata alla prima elementare, spengo il
computer e non ci penso più.
490
Non mi viene propio niente.
Forse potrei partire dalla prima grande
emozione che non ho mai dimenticato.
Veramente sono due le grandi emozioni
della mia vita. Ma che dico, due… cento
mille…
ma queste due sono le più
grandi.
La prima: "Dario, sono in cinta".
1951.
Inutile spendere parole per raccontare le
difficolta in cui ci siamo trovati, mi sono
trovata. Immaturi, impreparati in tutti i
sensi. Spaventati. I miei 22 anni sono 15
anni di una ragazza di oggi. Non in
condizione di fare un figlio, senza contare
mia madre, cattolica fervente e praticante.
Inutile spendere parole.
Ho abortito.
30.000 lire più la paura, e qualcosa addoso
e negli occhi, che per mesi non m'ha
lasciato.
Di quell'ora passata in una specie di
ambulatorio, non certo atrezzato per un
intervento chirurgico, ricordo il freddo, il
buio che c'era fuori, era notte,
491
l'indifferenza e la tensione del medico e
dell'infermiera: “Non gridi per favore,
altrimente non la opero.” C'era paura in
quella stanza, la loro e la mia.
1951, in quegli anni (dobbiamo arrivare al
75 per guadagnarci il diritti di scegliere se
avere un figlio o no) per l'aborto si finiva
in carcere. Oltre a "quella" paura per me
c'era il terrore per l'intervento che
affrontavo senza saperne assolutamente
nulla. Niente altro, che mi sarebbe stato
fatto senza anestesia. Per me, e tutto solo
per me, c'era il peso di quello che stavo
facendo.
Pensavo a mia madre, e
desideravo morire.
“Se ha paura se ne vada.”
Un pezzo di ghiaccio, l’infermiera.
Eppure era una donna.
Non ho gridato. Credo di aver pianto, ma
non me lo ricordo. Sicuramente ho pianto
dopo, quando Dario che stava ad
aspettarmi sotto al portone, m'ha
abbraciata. Stavamo male tutti e due, in
più io mi sentivo così colpevole d'essere
certa che non avrei più osato guardare
492
negli occhi mia madre. 2000 anni di
pregiudizi erano il pane quotidiano che
molta gente ha mangiato. Io, con mia
madre onestamente cattolica osservante,
ne ho fatto indigestione.
Per Dario era diverso. Portava anche lui
parte del peso, ma aveva un’altra cultura,
altre vedute (parlare di Brera architettura,
lotte operaie; blu di metilene ecc.)
Ho incontrato altre volte quel medico. Ci
si guardava senza salutarci.
Era
famosissimo nel giro del teatro. Ha fatto
pure obiezione di coscienza, dopo la
legalizzazione
dell'aborto,
pur
continuando a svuotare uteri a tariffa
sempre più alte.
"Sono in cinta!".
Il punto esclamativo sta a sottolineare il
cambiamento dei miei sentimenti, della
mia situazione, nel dare questa notizia a
Dario, mio marito.
Siamo nel luglio del 1954. Mi sono
sposata il 24 giugno. Tutto è regolare.
Sono, in regola. Il giorno dopo “la prima
notte” legale che io e Dario avevamo
493
consumato già due anni prima, telefonai
appena sveglia alla mia mamma. Mi
saluta festosa. Mi viene un nodo alla gola.
Ero uscita di casa... avevo una casa mia…
insomma m'é venuto il magone. "Che
succede?”
C'era
apprensione,
preoccupazione, imbarazzo e non so che
altro nella sua voce “Non ti ha trovato….
in ordine?" Cara dolce mamma, pulita,
ingenua, tenera, così sicura di quanto mi
avevi insegnato da non essere mai stata
nemmeno sfiorata dal dubbio che tua
figlia, che se ne stava per mesi in turné,
potesse avere rapporti "stretti" con il
ragazzo con cui "filava" e col quale
lavorava.
Al "magone" s'é sostituito
l'imbarazzo d'aver tradito la sua fiducia.
Non lo vedevi di buon occhio quel
matrimonio, mamma: “E’ un attore, uno
spiantato, non fara mai niente nella vita.
Stai lontana dagli attori. Prendono in giro
le ragazze, si divertono e poi le piantano."
E dietro a quel “si divertono” si
nascondevano nefandezze innominabili.
494
A 20 anni, seguendo l'esempio di mia
sorella Pia e mio fratello Enrico, lascio la
nostra compagnia e inizio la mia carriera
nel mondo "ufficiale" dello spettacolo. Si
possono immaginare le difficoltà di una
simile scelta in quel periodo del
dopoguerra, siamo negli anni 50 e quindi
alterno momenti neri a buone scritture
nelle compagnie di varietà più famose. E'
proprio in una di queste compagnie che
conosco il Dario Fo, anche lui alle prime
armi, che s'innamora subito di questa
"sventola dolcissima", (così mi chiamava)
e si prende una cotta da imbesuimento
(così dice lui).
"7 giorni a Milano", ditta: le tre sorelle
Nava e Franco Parenti.
M'é piombata addosso, é propio il caso di
dirlo senza che la cercassi, ne sollecitassi
nulla, per averla. Parlo di lei, della
notorietà. Di questo mio mestiere non me
ne é importato mai niente. Si stenta a
crederlo, ma é così. Non l’ho scelto. Lo
faccio seriamente, grata al pubblico che
mi sta ad ascoltare, ma senza trasporto
495
alcuno. E’ il mio lavoro. OK. Non ho
mai mosso un dito per avere di più, anzi,
tutto quello che negli anni ho ricevuto, di
cui ho beneficiato, l'ho avuto, "nonostante
me". Ora che ci penso bene, e mi
sconcerto, non posso nascondermi di non
aver mai desiderato qualcosa in
particolare. Non ricordo di aver mai
detto, ne pensato "se potessi avere"
"vorrei" "per avere quella cosa farei... "
E non perché avessi tutto, chi mai ha
tutto? Qualcosa certo l'ho desiderato, che
so, che non mi si ammalasse nessuno in
famiglia, che mia madre non morisse mai,
che i miei figli stessero bene... ma
insomma, tutte cose, normali. Del resto:
pellicce, vestiti, gioielli, parti, partone,
niente. Forse perché mi arrivava tutto da
solo. Forse perché non mi restava il
tempo di desiderarle. Beh questo può
valere per quando ho iniziato a
guadagnare, ma prima? Era così anche
prima? Sì. Era così. Forse mi ci vuole
uno psicanalista.
Dicevo che m'é
piombata addosso la"notorieta" una certa
496
sera a Cesena.
Compagnia Franco Parenti e le tre sorelle
Nava. Io dicevo una battuta:"Il Coriolano
é in cinque atti", ma ero lunga, bionda,
con i seni rotondi, e mi si vedeva. Alla
fine dello spettacolo, si presenta in
camerino un tipo mongherlino, modesto in
tutti i sensi, assulutamente anonimo,
anche bruttino, smilzo, con macchina
fotografica. "Sono un giornalista… posso
farle una foto? Posso dire che un
produttore americano la lancerà come la
Rita Haiwort italiana?" “Ma certo!”
Questo è pazzo, pensa. Invece dopo due
giorni esce sul Resto del Carlino una mia
foto con un bellissimo abito di scena
bianco ricamato in oro: facevo la mia
figura. La didascalia “Franca Rame…”
Incredibile, una foto neanche tanto grande
e via che di colpo mi trovo giornalisti
intorno, interviste, e addirittura una
copertina sulla Settimana Incom! Il
fotografp-giornalista
era
nienye
popodimeno Sergio Zavoli. Che bizzarra
che è la vita, no?
497
Con Franco Parenti e Giustino Durano
Dario scrive il "Dito nell'occhio" testo di
satira politica e sociale che fece grande
scalpore e per i contenuti e per lo stile di
treatro ben diverso dagli steriotipi del
teatro così detto "leggero" di quegli anni.
Debuttano in estate al Piccolo Tearo di
Milano direttore amministrativo Paolo
Grassi, artistco, Giorgio Streler. Roba da
niente. e gira per una stagione intiera tutta
Italia, esaltato da una critica intelligente
che condivideva le il contenuto politico e
boicottato da da una destra retriva-sorda e
muta davanti al nuovo, al diverso,
allinconsueto (TROVARE ARTICOLI
GIORNALI). Addirittura fuori dalle
chiese stava in bella mostra tra gli
"spettacolo sconsigliati".
Lo spettacolo ha un grandissimo successo.
Dopo la stagione estiva, si riforma la
compagnia per il giro invernale. Io ho un
gran magone, perché Parenti non mi vuole
in compagnia. Lo capisco anche se
nessuno esplicitamente me lo dice. Ma ad
498
un certo punto Dario, con molto
imbarazzo e malinconia, nel bar di una
piazzetta vicino a casa mia, me lo
comunica. In contemporanea mi chiede di
sposarlo.
Lui dice di no, nega, ma io sostengo,
conoscendolo, che mi ha chiesto di
sposarlo per pareggiare il dolore che
sapeva che mi avrebbe procurato l'essere
scartata.
Alla fine, senza chiedere, ebbi la scrittura,
ma in seguito ad una buffoneria della vita.
Dario scrive un monologo, fatto su misuta
per me. “Attila e la puttana”. Le attrici
scritturate vennero messe alla prova. Non
funzionavano. Parenti, più per educazione
nei riguardi di Dario che per stima nei
miei confronti, mi propose una lettura del
pezzo. Iniziai a leggerlo, poi senza
accorgermene arrivai al finale andando a
soggetto. Franco mi ascoltava in silenzio,
senza reazione alcuna. Di gesso. Volevo
morire. Mi batteva il cuore? Ma
certamente!
All’ultima parola scoppia un applauso.
499
Non ci credevo. Mi volto all’indietro a
controllare se fosse successo qualcosa alle
mie spalle. “E’ proprio per te l’applauso.
La parte è tua, brava”
Il più contento di tutti era Dario. Quanta
roba ha scritto per me da allora?
VEDERE DATE, I SANI DA LEGARE.
(TROVARE TESTO INSERIRE).
1954- 24 giugno. Ci sposiamo. In
sant'Ambrogio! Dario metterà il fatto di
essersi sposato in chiesa addirittura ne "gli
arcangeli non giocano al flipper"
1959:"sposato in chiesa per accontentare
madre di lei molto credente".
Il mio matrimonio è l’unico che non mi
abbia annoiato.
E’ stato bellissimo.
La notte prima l'ho passata sveglia non per
l'emozione, ma perché stavamo nel lettone
della mia mamma in cinque. Io e quattro
amiche venute da Varese per farmi festa.
E a chiaccherare, a ricordare, a ridere. E'
stata una bellissima notte. La mattina è
arrivato il Felice, padre di Dario, con una
macchinona lunga da qui a là, presa a
500
nolo, scendo le scale della casa della mia
mamma e lì, tutti gli inquilini del palazzo
a buttarmi manciate di riso... a farmi gli
auguri, a strigermi la mano... e io... giù a
piangere. Mi dispiaccio un po’ di essere
tanto emotiva.
Arriviamo in chiesa.
Sulla stampa avevano da giorni
annunciato le nostre nozze, quindi, folla,
fotografi oltre ai parenti e agli amici. E
un'amica, che forse non mi era tanto
amica, mi allunga, proprio un secondo
prima che entrassi in chiesa, davanti a tutti
un magnifico buchè: gigli, simbolo di
purezza. Facevo l'amore con Dario da due
anni, senza nasconderlo altri che al mia
madre, e questi gigli li avrei mangiati
volentieri.
Non ho potuto.
Pranzo con gli invitati all'Hotel Milan,
offriamo i confetti, e poi ce la svignamo e
andiamo a pranzo col papà Fo.
La "prima sera", io sono in televisione,
non ricordo più con che spettacolo, Dario
al Piccolo con "I SANI da legare".
501
Sono andata ad abitare nella casa dei
genitori di Dario. (controllare archivio,
c'è una foto simpatica "la sposa d'italia")
1954 -giugno. Dario debutta al Piccolo
Teatro sempre con Parenti e Durano con
un altro testo scritto da loro: "I sani da
legare". L'indomani mattina, telefono a
mia madre per salutarla... e non so com'è,
m'è venuto un gran magone. Mi sono
emozionata. Era veramente fatta. Ero
uscita di casa. E la mia mamma, e qui si
può leggere tutto il suo candore: "Che c'è?
Non ti ha trovato in ordine?".
Un quarto d’ora dopo il matrimonio inizio
a vomitare. Che è? Sono in cinta. Ma che
bellezza.
L'impatto con la vita marito-casa-famiglia
è stato un gioco. Mi cimentavo con la
cucina, ma non avendo mai avuto niente
del genere come mia diretta e totale
responsabilità, avevo qualche problema.
Primo tra tutti, le dosi. Far da mangiare
per due. C'erano sempre tali quantità di
cibo bastanti per una caserma. Ricordo
una sera a cena Eugenio Tacchini, amico
502
di Dario d'infanzia che si mangiò almeno
sette piatti di minestrone. Io ero un pò
preoccupata. "Basta, Eugenio, starai
male. "No, no. E' tanto buono" Poi però
al cinema Orfeo, dove mi aveva
accompagnato a vedere "Roma città
aperta" durante la scena delle torture è
svenuto. "Accendete la luce-grido-c'è un
ragazzo che sta male". Arriva la polizia,
lo portano fuori, nella hall lui si riprende...
Si guarda intorno, vede i poliziotti, e
ancora sotto lo shok del film, grida: "non
sono stato io! Sono innocente!" Divento
rossa per l’imbarazzo.
Eugenio
frastornato corre in bagno e vomita totto il
mio minestrone.
I poliziotti ci caricano sulla gip e ci
portano al Piccolo dove Dario mi stava
aspettando.
Gli ossibuchi mi venivano bene. La prima
volta che li ho fatti, stando col contatto
telefonico con mia madre, Dario non
finiva più di dirmi-che buoni che buoni
503
ossibuchi. Ha invitato gli amici di Brera,
Emilio Tadini, Alik Cavaliere e altri.
Rtavamo in tanti. Tantissimi.
Ero un pò preocupata. Un pranzo da sola,
conospiti, non l'avevo mai sperimentato.
"Farò gli ossibuchi col risotto". Ho fatto
la mia bella figura. E Dario-ma che buoni
-ma che buoni! E tutti con l’eco: ma che
buoni -ma che buoni!
Per almeno tre settimane non si mangiava
altro. E il povero Dario sempre a dire ma
che buoni. Poi, al ventesimo giorno credo
si sia finalmente ammutolito.
Ora, li mangiamo non più di tre volte
all'anno. E ancora Dario “ma che buoni
che buoni”. Gli fa eco Jacopo e poi
scoppiano a ridere.
Da giovane ero molto permalosa… ma in
quel caso, ridevo anch’io.
Come ho detto un quarto dopo le nozze
resto incinta.
Jacopo (un nome che mi piace proprio
come quasi tutte le cose che fanno quei
due lì) è nato il 31 marzo del 55 a Roma.
Esattamente nove mesi e sei giorni dal 24
504
giugno dell'anno prima.
Gravidanza
terribile.
Ho vomitato sempre.
Mi
disturbavano gli odori, perfino i colori.
Mai più potuto mangiare ne vedere un
piatto di spaghetti. La sera del trenta,
stavo nel camerino del Teatro Quattro
Fontane dove Dario recitava. Chiedevo a
sua madre, la mamma Fo, "come sono le
doglie? Cosa si sente? Come si capisce
che è ora?" E lei, "quando senti una mano
che ti strappa le viscere... "e un'amica,
anche lei anziana: "No Pina, non ti ricordi
più. Quando senti…"
Nulla che mi tranquillizzasse. Anzi!
Mi ritiro un pò prima di Dario. Ormai ci
dovremmo essere... Preparo la valigia,
roba per me, vestaglia camicie ecc. e roba
per il bambino. (A quei tempi non si
sapeva prima se fosse maschio o femmina.
Ti dovevi fidare delle anziane: la pancia è
così, allora è maschio. No, per me è
femmina, non vedi come è messa? E via
di 'sto passo.
Comunque sempre
"bambino" si diceva.
Se poi era
femmina...
505
Ero un po’ nervosa. Arriva Dario. Baci
baci. Poi si infila a letto e si mette a
leggere "il Mondo".
Ho odiato molto quel giornale per la sua
grandezza. Ogni volta che D. voltava
pagina mi faceva un gran vento. E io
sternutivo. "Dario, mi sento strana... "
"Dormi Nanina". Dopo un pò: "Dario...""Dormi Nanina"… e via a girar pagine.
"Dario credo che mi si siano rotte le
acque… è come facessi pipì ma non mi
scappa…" "Dormi Nanina…" "Ma
Dario!!!" Di corsa un taxi. Ora siamo
agitati tutti e due. Clinica Salus.
Mi avevano promesso che per il parto mi
avrebbero dato l'etere. In sala parto grido
etere! etere!
La levatrice mi dà una carezza:"sì cara, sì,
suo marito è fuori. "Etere!!"
Niente di niente! Maledizione. Le doglie
stringono i tempi… uno spasmo appresso
all’altro. Sento un gran male. “Etere”
grido a squarciagola.
Il fatto è che la signora in questione era
veneta e pensava che nel momento
506
supremo io chiamassi mio marito: Ettore!
Ettore! Me l’ha detto dopo.
Poi finalmente è arrivato il medico:
“mascherina” ordina. Oh! Finalmente
l’etere. Oddio soffoco! Via sta roba! Che
male che male… spinga, forza, spinga.
Urlo. Sento un uhe uhe... "Brava signora.
3 chilogrammi e 9.
"Ho fregato la Clara”. La Clara era una
brava ragazza moglie di mio cognato
Fulvio, molto quotata in famiglia, e
quando dico famiglia intendo mia suocera,
in quanto professoressa di lettere, non
attrice, quindi sicuramente migliore di
"quella lì che non solo fa l'attrice, ma mi
ha anche portato via “el me testun”.
Sì, all'inizio mia suocera era solo mia
suocera. Non aveva simpatia per me e
devo dire che faceva l'impossibile per
farmelo capire. Mi addolorava molto non
essere amata da lei. Ma si sa, agli inizi
qualsiasi cosa tu intraprenda trovi
difficoltà, figuriamoci il rapporto con la
mamma di lui.
Ci ho messo un po di anni ma a poco a
507
poco, conoscendomi meglio da suocera
Fo, è diventata per me la mamma Fo. Mi
ha
amata
profondamente,
come
profondamente io ho amato lei.
La frase che mi diceva con orgoglio era
"io l'ho messo al mondo, tu l'hai fatto".
Ma pensa te! Ce ne vuole èh !!
Con la leggerezza dei pazzi usciamo dalla
clinica con il nostro fantolino in fasce e ci
"accasiamo" ospiti di un fotografo di cui
non ricordo il nome, che aveva una
splendida casa in via Parioni. Davvero
splendido appartamento. L'unico difetto,
non indifferente per una coppia con un
bambino di 8 giorni, che questa
principesca dimora, era completamente
priva di mobili, (se li era portati via il
padre dopo una lite per soldi). Due
brande, uno scatolone di cartone per
comodino, un tavolo in cucina, qualche
sedia, forse, e un telefono con un fili
chilometrico che il nostro amico si portava
sempre appresso.
Non volendo umiliare la sua generosità
(forse era ubriaco quando ce l'ha proposto,
508
non so) ci siamo sistemati alla
bellemeglio.
Pesa, borotalco, vestitini, bavaglini, fasce,
bacinella per il bagnetto, che non potevo
fargli perché l’acqua era fredda… (sì, la
riscaldavo, ma era un gran casino). Il
bambino ha pianto per 8 giorni di fila.
Per quanto spirito di adattamento
avessimo, non riuscivamo proprio a
comunicarlo a questi 4 chili urlanti, che
non sapevano niente della vita, e dei
disagi che a volte regala. Come fare a
cavarcela e per le scomodità e per la mia
inesperienza?
Il bimbo piangeva, io piangevo. Dario
camminava in su e giù per sta casa
proncipesca cercando una siluzione
possibile.
Al nono giorno, pronta a buttarmi dalla
finestra col bambino, il talco e la
bacinella, decidiamo di tornare in clinica.
Ci predono a braccia aperte sistemandoci
in una bellissima camera, confinante con
la sala parto.
Abbiao dormito tutti e tre per almeno un
509
giorno: era come se fossimo tornati a casa.
Non evevo latte. Ecco perché Jacopo
piangeva. Era affamato.
Ci siamo fermati per tre mesi. Proprio
come fosimo inun albergo.
Dario come vedeva in corridoi un padre in
apprensione per la nascita del suo bimbo
si avvicinava e s'informava. "Sa, è un
parto cesareo…" E Dario: "Non si
preoccupi anche Franca ha avuto il
cesareo… è una sciocchezza, vedrà" E
quello si consolava.
E un altro “E’ messo di piedi!" "Non si
preoccupi, anche nostro figlio è nato di
piedi… è andato tutto benissimo… il
ginecologo è straordinario… tranquillo,
andrà tutto bene". E’ restatosenza parole
solo quando si è trovato davanti un padre
preoccupato per il parto gemellare della
moglie.
Non poteva dire: anche Franca…
Quanti padri e quante madri abbiamo
rinfrancato? Qualcuna ci viene ancora a
trovare con il figlio nato proprio in quei
giorni. Che benissimo! Nel frattempo
510
abbiamo comperato una casa in via
Nomentana,
l'abbiamo
arredata
e
finalmente ci siamo andati ad abitare.
Il bambino cresce. Noi facciamo films. Il
primo "Lo svitato".
Il soggetto era di Dario.
L'aveva letto a Zavattini che ne fu
entusiasta. Regia di Carlo Lizzani. Dario
era troppo inesperto per aver voce in
capitolo con gli sceneggiatori che gli
avevano messo al fianco.
"Sei autore in cerca del personaggio" li
definì Nello Santi, produttore del film.
Ne è uscito un film sbagliato con qua e là
momenti da cineteca. Avremmo dovuto
avevre i mezzi e la forza di ritiralo,
rigirare quello che ci sembrava sbagliato e
riproporlo. Ma non ci abbiamo nemmeno
provato. Forse non l'abbiamo nemmeno
pensato. Clamoroso insuccesso.
(troppo avanti _Ricordarsi TATI) Credo
che sia il film che abbia incassato meno
negli ultimo 50 anni. Dopo “Lo Svitato”
Dario alterna al lavoro di attore quello di
sceneggiatore,
e
viene
addirittura
511
scritturato fisso alla Ponti de Laurentis
come gags-man a 2 milioni al mese. La
cifra era astronomica, per quel tempo.
Lavora con sceneggiatori del calibro di
Age
e
Scarpelli,
Tullio
Pinelli
(sceneggiatore di Fellini) Antonio
Pietrangeli. (indicare films. Titolo)
Io interpreto partacce in films tutti
lacrime, core, cosce e zinne. Sono quasi
sempre in manifesto come "partecipazione
straordinari", mi pagavano bene, ma quei
films di straordinario non avevano
null'altro che il materiale umano col quale
venivo, grazie a loro, in contatto. TINA
PICA-GIUDA.
POI
VENGO
SCRITTURATA
DAL
TEATRO
ARLECChino FRANCA a Roma, per
interpretare un testo di Feiduau che
sembrava scritto per me:"non andartene in
giro tutta nuda"Dario scrive per i fratelli
Bonos, che poi non ne hanno fatto nulla
un atto unico"gli imbianchini non hanno
ricordi". A quel punto gli propongo di
ritornare a Milano e farci una compagnia
nostra.
512
Ci proponiamo a Paolo Grassi allora
direttore del Piccolo teatro che ci regala
fiducia, amicizia dandoci il teatro per ben
tre mesi. Debuttiamo così, in un caldo
infernale, tutti soli, (sì, c'erano altri attori
da noi scritturati, ma la responsabilità
della compagnia era solo nostra) con
"Ladri, manichini donne nuda". Scritto
diretto e interpretato da Dario, sue erano
anche le scene e i costumi. Io facevo
l'attrice ma mi occupavo di un sacco di
cose;Mio fratello Enrico era il nostro
amministratore-attore se necessario. Ha
guidato la nostra compagnia con grande
abilità, riuscendo a farci stare in pieda
anche senza alcun aiuto ministeriale ne
dell'ETI(ente teatrale italiano che avrebbe
dovuto appoggiare più che mai la nosytra
compagnia in quanto recitava opere di
autore ITALIANO. Ma sia noi che
EDUARDO De FilippO abbiamo avuto
grazie alle nostre scelte politiche , vita
grama con tutte le forza statali e
parastatali).
1958:"Comica finale" quattro atti unici
513
scritti da Dario, su canovacci della mia
famiglia. Dario aveva sentito queste
storie mentre io le raccontavo a Jacopo
per farlo addormentare. Ma de gli atti,
che gli ho passato "bocca a bocca", il
migliore
era "un morto da vendere" che aveva
completamente
scritto, ambientandolo
nell'800 come gli altri. Il migliore. Non
si pensi che accecata dall'amore io possa
dare a Dario meriti che non ha. Non l'ho
mai fattao. D'altro canto basta leggersi le
"comica finale pubblicato da Einaudi per
vederlo.
RICORDARSI
DIFFICOLTà
FINANFIARIE.
STABILE
TORINO;EPISODIO
"CANNAS
L'AMORE è PIù FORTE
Siamo al teatro Gerolamo di Milano.
Andiamo avanti con grande fatica. Il
teatro è conosciuto come teatro delle
marionette. Se il mio cuore aveva un
fremito al ricordo della mia famiglia,
questo fremito non poteva riempirci il
teatro. La prima fu un disastro. Abituati
514
ai palcosceninci grandi, il trovarci senza
prova alcuna in uno spazio grande come il
bagno di casa mia, ci ha messi in grande
difficoltà. Devo riconoscere, che come
unica volta nella storia della nostra
compagnia, la critica ufficiale presente
allo spettacolo non ha menzionato i 3OOO
incidenti che si sono susseguiti nelle tre
ore. Proprio in quel teatro, quasi sempre
vuoto ci è arrivata inaspettata la possibilità
di debuttare in un grande teatro:il teatro
Odeo.
Stagione 1959-60-"Gli arcangeli non
giocano al flipper" teatro Odeon di
Milano. Mille posti. Grande successo di
critica e di pubblico. Tutte le sere "il
Bossino" che in realtà si chiamava Bossi
direttore del teatro,
non appena lo
spettacolo iniziava si metteva in quainta
con un foglio sistemato sulla fronte, con
scritto in grande l'incasso della serata. Il
copione di questo spettacolo ci fu
sequestrato per le troppe battute a soggetto
che abbiamo aggiunto, non autorizzati.
Abbiamo collezionato "rapporti
al
515
questore di ogni città dove si lavorava, per
un totale di 280, tanti, quanti furono le
repliche dello spettacolo.
questura"
Abbiamo girato tutta l'Italia facendo
esaurito ovunque. DATI STATISTICI E
INCASSI NUMERO SPETTACOLI
DENUNCIA POLIZIA PER CENSURA.
inpiù di una occasione rischiamo di non
poter andare in scena.
1960-61 -"Avevav due pistole con gli
occhi bianchi e neri". opera che tratta
della connivenza tra fascismo e borghesia,
tra malavita organizzata e potere.
L'intervento della censura è pesantissimo,
ci massacrò letteralmente Decidemmo di
andare in scena egualmente senza tenere
in conto alcuno i tagli. Ci fu un braccio di
ferro piuttosto teso tra noi e il prefetto di
Milano che ci minacciò di arresto
immediato, ma alla fine, preoccupato
dello scandalo che ne sarebbe venutoo, il
ministero tolse i tagli. il testoE' con
questo spettacolo che mi conquisto agli
occhi di mio marito, un ruolo diverso da
516
quello di sempre. Per la prima volta non
accetto il testo a scatola chiusa certa del
successo di sempre. Qualcosa non mi
convince. Lo comunico a Dario. Si è
discusso mica male. Mio figlio aveva sei
anni e ancora se lo ricorda. Credo sia
stata la prima discussione accesa alla
quale asssistesse. Non ci aveva mai visti
così, era un pò spaventato. "Dimmi cos'è
che non funziona!Dimmelo!"e io:"non lo
so". "più forte il Dario:"dimmelo!" "Non
lo so, ma c'è qualcosa che non va.
"(Quante volte negli anni futuri s'è
ripetuta questa scena?) Jacopo piange
senza gridare, e anch'io scppio a piangere
gridando come un bambino disperato. Era
la prima volta che vedevo Dario fuori
dalla grazia di Dio. "Ora, lo rileggo tutto.
. cercherò di individuare... di capire... poi
ti dirò...".
Leggo e prendo appunti.
Dario, per tutto il tempo ma guarda serio.
In piedi. Mi stavo innervosendo. Dopo
due ore, più imbarazzata che mai:"taflierei
qui, qu, e qui. "D. ci pensa un pò su, e
poi:"forse hai ragione, ma prima
517
preferisco provarlo col pubblico. "
Debutto: successo di stima. Il giorno
dopo D. mi dà il copione:"fai i tagli che
proponevi".
1961-62:"Chi ruba un piede è fortunato in
amore".
Dopo sporadiche apparizioni nella TV. di
stato approdiamo alla televisione sulla
neonata
seconda
rete,
(1962
PRIMAVERA) con sei puntate tutte
nostre:"Chi l'ha visto?". Subito dopo dalla
direzione Rai ci viene proposto di
condurre
"Canzonissima"il
grande
concorso canoro abbinato alla lotteria di
capodanno la trasmissione di maggior
interesse popolare dell'ente. D. scrive i
testi che prima dell'inizio della
trasmissione ricevono il benestare della
direzione nella persona del dott. Pugliese
direttore generale(?). Ma già alla prima
puntata la stampa reazionaria si scatena
criticando ferocemente la più che delicata
critica politico sociale contenuta neitesti.
Di puntata in puntata gli attacchi, le
polemiche sulla stampa non si contano.
518
L'indice di ascolto è altissimo (anche se al
processo, uno dei tanti che c'è stato la
direzione Rai tentava di
sminuirci.
dicendo che nessuno ci vedeva. TAXISTI
RICORDARSI) l'Italia era divisa in
due:chi ci ama, e chi ci odia, ma tutti lì,
davanti al televisore il sabato sera. Ad
ogni trasmissione
ci vengono imposti
tagli e censure sempre più pesanti.
(FIORI SENO. GAMBA SINISTRA)fino
a che all'ottava puntata decidiamo di
abbandonare la trasmissione. La famosa
"Canzonissima", il FANTASTICO DI
OGGI, va in obda senza presentatori.
(RICORDARSI WALTER CHIARI E
BRAMIERI)e quando l'annunciatrice
all'inizio della trasmissione dice:d. FO e
F. Rame si sono tritirati, una quantità
incredibile di telespettatori si rovescia
nelle strade di Milano, tutti quanti diretti
al palazzo della fiera dove si teneva la
trasmissione. Quando usciamo(eravamo
stati su consiglio dei nostri legali nei
camerini nostri fino alla fine della
trasmissione) ci troviamo davanti una
519
folla di gionalisti, fotografi e migliaia di
persone.
In molti erano venuti per
dimostrarci la loro calda e commossa
solidarietà.
Questa fu la prima e credo l'unica volta
nella storia della Rai che due "attori"
rifiutarono di "abbioccarsi" d'innanzi alle
imposizioni ai tagli, all'arroganza del
"padrone"ai soprusi.
SALA DI CESENATICO 29 LUGLIO
1992 ... e speriamo bene!
1) LIBERA ASSOCIAZIONE DI IDEE
scaletta avvenimenti da arricchire e
tagliare
Buona seraaaa! Da quando non partecipo
ad un festival dell'Unità...pardon.... del
PCI... Oddio ho sbagliato ancora... Beh,
insomma, ci siamo capiti. Vediamo un
po'... cos'era?... il 67... 68?... 25 anni fa!
(Cambia tono) Me ne sono fatta un sacco
di festival dell'Unità... c'era sempre Pajetta
per il comizio di chiusura, e io che gli
offrivo un cestino vietnamita. Tutti gli
anni col cestino vietnamita!... a parte che
sono sicura che il cestino fosse sempre
520
quello.
Mi facevo il mio stand... vendevo di tutto,
una volta libri... l'altra prodotti russi... Una
volta perfino scarpe, ho venduto al
Festival... scarpe per bambini. Era il 1966.
Ero andata in una ditta vicino a Como...
ed il Festival era per la sezione di
Cernobbio, il paese dove abitavo con mia
madre, Dario, e i miei figli. Sì, ho detto
"miei figli". Tre. Personalmente ne ho
confezionato uno solo... Jacopo, ma ho
tirato su altre due bambine; Gaia figlia di
mia sorella divisa dal marito e Enrica,
figlia di mio fratello diviso dalla moglie...
In 'sta ditta di scarpe, mi hanno fatto una
gran festa...: "Oh signora, che onore! Me
la ricordo in Canzonissima... "Tutti si
ricordano di Canzonissima. Come mio
suocero della guerra 15-18, s'è preso
anche una medaglia d'oro, e... un
ginocchio d'argento. "Brava, brava
com'era brava! Anche suo marito, bravo,
bravissimo!" "Grazie... grazie... Avrei
bisogno di comperare... delle scarpe non
troppo
costose...per...
una...
festa
521
benefica..." "Che festa benefica è?" "Ma...
per dei bambini..." Se avessi detto:
Festival dell'Unità, mi avrebbero aizzato
contro i cani.
"Le do tutto il campionario... a mille lire...
" 1000 lire?! In negozio le avrebbero
pagate almeno 20.000: scarpe magnifiche!
Io le ho vendevo a 10.000 e chi le
comperava, faceva un affare. Scarpe,
tortini dolci, "pesca" dopo aver girato casa
per casa a chiedere roba vecchia da
buttare... vasetti di fiori... Le solite cose,
insomma. Abbiamo lavorato come belve
per tre giorni. Ero contenta come una
Pasqua... avevamo incassato un sacco.
Contavo i soldi con i compagni...più di tre
milioni! Poi ho scoperto che tutto il
nostro attivo più "un debito" che ci siamo
dovuti accollare tutti noi iscritti, erano
serviti per pagare una cantante che il
segretario della sezione aveva ingaggiato
a una cifra astronomica senza dire niente a
nessuno.
"Ma come, qui ci siamo fatti un mazzo
così per tirare su quattro lire e tu le vai a
522
buttare, tutto per tuo conto... per di più ti
indebiti anche... per una che viene a
cantare... di cui a nessuno frega niente... e
tutto per sfiducia nelle nostre forze! E
tutto per scopiazzare quei megalomani dei
compagni delle città che sono loro che
sostengono il mercato del disco facendo
cantare i cantanti ai festival... per di più li
strapagano... in una sera si beccano cifre
che un operaio non vede in due anni.
(Cambia tono) Un po' di demagogia.
(riprende a gridare) Tutto da solo decidi!!
Bel centralismo democratico! Sai cosa
sei? Uno stronzo! E io straccio la tessera!"
E tutti che gridavano "Sì sei uno stronzo!!
Stracciamo la tessera stracciamo la
tessera!"
Alla fine per evitare un esodo in massa, ho
dovuto far da pacere e perdonare il
Rocca... si chiamava così il segretario
della sezione... Rocca... ma che però ha
dovuto fare l'autocritica, seduta stante,
davanti a tutti... Poi, abbiamo brindato alla
pace e hann fatto bere anche me
notoriamente astemia... stanchi morti e un
523
po' ciucchi, abbiamo cantato Bandiera
rossa e l'Internazionale ... e ci veniva da
piangere. A quei tempi ci si commuoveva
facile. La sezione di Cernobbio... Ci
venivano anche i miei figli... si
organizzavano serate... dibattiti... litigate...
Jacopo e le bambine erano i più giovani
iscritti alla F.G.C.I della Lombardia.
Avevano 11 anni e facevano la prima
media.
(JACOPO CERCA DI PRECISARE, non
mi ricordo bene) Erano molto attivi...
passavano tutte le loro ore libere dalla
scuola, a fare inchieste. In una zona
bianca come il comasco... la brianza, ad
esempio, con carta e penna o registratore
fermavano le donne del paese e candidi
chiedevano:"Cosa ne pensa signora della
pillola? Lei la prende?" Immaginatevi le
reazioni! Oppure tornavano a casa e: "Da
oggi, tutto quello che è americano...( si era
durante la guerra nel Vietnam in questa
casa non entrerà!" A conti fatti si poteva
mangiare solo pane riso spaghetti. Via la
Coca-cola, via questo via quello. Ogni
524
cibo confezionato veniva scrutato con
grande diffidenza e doveva essere solo
Made in Italy, massimo roba Svizzera.
Jacopo, s'è preso anche uno schiaffo da un
insegnante... c'era uno sciopero degli
studenti a livello nazionale... loro tre, gli
unici, stavano davanti ai cancelli della
scuola e cercavano di convincere i
compagni a scioperare, il professore di
ginnastica li tira per un braccio, li spintona
e cerca di farli entrare in classe... loro
fanno resistenza e via che vola un ceffone
sulla faccia del "mio bambino"!! Quel
che è successo dopo non ve lo posso
neanche descrivere. Sono venuti tutti i
professori, preside compreso, a casa
nostra a chiedere pietà per il malcapitato.
Avevano
saputo
che
stavamo
organizzando la " marcia sulla scuola" di
Cernobbio, anche con i miei compagni
della sezione Garibaldi... di Milano, la più
battagliera della città. Abbiamo perdonato,
ma abbiamo preteso un cartello affisso
davanti alla scuola dove il professore
chiedeva scusa ai ragazzi malmenati e
525
dove si ribadiva il diritto costituzionale di
sciopero anche del cittadino al di sotto dei
14 anni. Mi ricordo che per le elezioni
del... (non mi ricordo la data) mia
mamma, 80 anni era a Montecatini, mi
telefona e mi fa: "Devo tornare a votare..."
"Mamma, non preoccuparti... " dico senza
neanche un briciolo di vergogna "stai lì
tranquilla... gli anziani possono votare
anche dopo..." Che stesse pure a bersi le
acque. Sapevo che se fosse tornata in
tempo avrebbe votato D.C.! La sera in
sezione preoccupata ne parlo con i
compagni, ben decisa a non fare avere un
voto in più alla Dc. e sbotto solenne:
"Compagni!, se mia mamma torna,
facciamo un seggio finto qui, in sezione,
le diamo una scheda di quelle per la
propaganda.. e la faccio votare qui."
Silenzio di tomba! Pausa. Il il segretario
Rocca, con la sua faccia onesta e pulita
paonazza di indignazione, fa per parlare e
un compagno gli grida: "Zitto tu, che hai
speso i soldi per la cantante che ancora
stiamo pagando i debiti!" Ricade il
526
silenzio di tomba... Tutto il direttivo... che
erano poi in tre... quasi in coro
fa:"Pensiamoci su..." poi uno intona
"Avanti o popolo alla riscossa..." gli
facciamo coro, commossi da tanto ardire!
Poi, per fortuna mia madre se ne è
dimenticata... Mi sono iscritta al Pci... alla
fine degli anni 50... Ho debuttato a otto
giorni, ne il figlio della "Genoveffa di
Brabante", in braccio alla mia mamma.
Non parlavo tanto quella sera lì...Via via
che crescevo, ho interpretato tutti i ruoli
possibili ed immaginabili maschili e
femminili. Andavo a scuola, e lavoravo la
sera... Quante volte mi sono addormentata
nelle casse dei costumi? Poi è arrivata la
guerra. A Varese dove avevamo sede
fissa... i bombardamenti non si
sentivano... Sì, qualche volta buttavan
qualche bomba sulla fabbrica d'aerei, la
Macchi... ma non la beccavano mai. Si
recitava a Varese e nei paesi intorno. Si
circolava con un permesso speciale per le
ore del coprifuoco, ci spostavamo con una
corriera che chiamavamo "Balorda" a
527
causa del comportamento bizzarro che
aveva, che più che al suo cattivo carattere
andava attribuito agli anni. In certi paesi,
nei quali ad una certa ora del giorno si
passava, nei turnichè particolarmente
ripidi, c'erano sempre dei ragazzi che ci
aspettavano... ci spingevano ridendo come
matti, poi la sera ci raggiungevano ed
entravano a godersi lo spettacolo gratis.
"Siamo quelli che abbiamo spinto la
"Balorda." "Passate". Non era bello girare
di notte... durante la guerra ma noi
ragazzi, non ce ne accorgevamo... si
cantava, si rideva... evitando di guardare
fuori dai finestrini... Non si vedeva una
luce! Una notte un gruppo di tedeschi e
camicie nere ci hanno tenuti bloccati sino
all'alba. Se quell'alba avesse portato la
notizia di una missione tedesca andata
male ci avrebbero fucilati tutti. L'abbiamo
saputo qualche giorno dopo. Altre
volte,capitava che ci fermassero dei
partigiani. Non dicevano
"siamo
partigiani" ma erano in borghese con i
mitra! "Signor Rame - facevano a mio
528
padre - ci dà un passaggio?" Li facevamo
salire. Più avanti capitava d'incontrare
picchetti fascisti
che ci fermavano.
Un'occhiata al lasciapassare "Buona sera
signor Rame... com'è andata la
serata?""Benissimo!" "Buona notte."...
"Buona notte" e via che ce ne andavamo...
senza un goccio di sangue in faccia a
cantare con più forza di prima. Anche i
partigiani cantavano. Gridavano più di
tutti! Dicevo che mi ero iscritta al PCI alla
fine degli anni 50. Mi ricordo che il
giorno
dell'iscrizione
ero
molto
emozionata. Ci sarebbero voluti due
compagni a presentarmi, ma ero
conosciuta... quindi se ne è fatto a meno.
Ho fatto il mio primo colloquio politico
con Tortorella... me lo ricordo dietro alla
scrivania... molto compreso nel suo
ruolo... un po' imbarazzato.. ma serio... fin
troppo. Quanti anni sono passati... quanti
salti all'indietro abbiamo fatto! Quanta
"roba" è crollata, muri... fede, ideali,
ideologie...
speranze...illusioni...(
Ricordarsi manifestazione blocco giro
529
d'Italia. "Siamo con te Dario").
Nei primi anni del settanta... non mi sono
più riconosciuta nel PCI. vedevo che
teoria e pratica se ne andavano per strade
diverse... che quello che mi capitava
intorno, non corrispondeva a quanto stava
scritto dietro la mia tessera... allora, come
tanti, me ne sono uscita. (1)
ACCENNARE PERIODO STORICO,
MANIFESTAZIONI,
SALTO A parlar di DONNE.
Non è una storia mia... è mia (indica il
pubblico) è tua e sua ... tante storie messe
insieme... ecc.
1) IL SODALIZIO INFAME!
"Come hai dormito..." mi fa..."Bene...."
"Scendi a fare colazione?" ..."No, non
subito...(si schiarirsi la voce)Ti devo
parlare.... Stiamo calmi però... Siediti...
sopratutto non alziamo la voce... c'è gente
in casa e non vorrei...."
Lui si siede sul letto passandosi una mano
sulla fronte. Ogni qualvolta si affronta
(naturalmente sono sempre io che parto)
questo argomento e lui "sa qual'è", in un
530
secondo è madido di sudore... ma proprio
bagnato fradicio. Mai vista una cosa così
repentina. Come girare un interruttore. Gli
prende un'emozione che gli parte... dal
profondo... diciamo... della coscienza...
sono tutti i suoi sensi di colpa, che gli
affiorano insieme. BUM!: ecco l'effetto
sauna".
"Caro, vorrei che te ne andassi...."
"Perché?!" Gli manca il fiato.
"Non reggo più la vita che stiamo
facendo. Non ce la faccio più a stare con
te... Negli ultimi 20 anni sei sempre stato
innamorato. Sempre di un'altra... e mai la
stessa. E d'estate di più. Ed ora siamo in
pieno luglio!Non ce la faccio più a vederti
dalla mattina alla sera guardare l'orologio
per controllare se "è l'ora buona" per
telefonare... alla fidanzata di turno... Con
questa, dalle 11 alle 11 e mezza, non ti
tiene più nessuno... e poi anche dalle due
alle tre... la sera... dalle 7 alle 8. Non
sopporto più il tuo evidenziare, senza
volerlo per carità, ogni tuo rapporto con
l'altro sesso con movimenti telefonici...
531
senza misura... e sopratutto senza tenere
conto che ci sono anch'io al mono, e al tuo
fianco, per di più. Anche se sei
innamorato pazzo... ed è legittimo... anzi,
beato te!, mi disturbi troppo... le scuse che
tiri fuori per uscire a telefonare... mi fanno
imbestialire perché sono un oltraggio alla
mia intelligenza... : riprendo, "vado dal
parrucchiere"-"ma è lunedì...""Ah sì?..." pausa - "Ti andrebbe di mangiare del
pesce ?"-"Ho già fatto il lesso...""Ma m'è
venuta voglia di un bel pesce... vado a
comprarlo... così mi sgranchisco anche un
po'..."-"Sta
diluviando...""L'acqua
fa
bene... fa diventare più alti"-"Guarda che
a 66 anni...non si cresce più... ( al
pubblico) Una toccatina alla tasca
posteriore dei pantaloni per essere certi
che l'agendina nera dell'amore sia lì...
anche la tesserina della Sip... sì, c'è...
bene... "Torno subito... Vuoi qualcosa
cara?..." e tornava quasi subito... con
pesce per 30 persone, non è stato mai
capace a regolarsi con la spesa... e con 24
rose rosa del "nostro" colore... e un
532
bigliettino "Ti amo cara tanto tanto." Il
bello è che è vero. E' vero! Lui mi ama.
Tanto tanto. qualche volta mi viene da
pensare: "Chissà cosa succederebbe se mi
odiasse. Mi strapperebbe i denti ad uno ad
uno senza anestesia... gli occhi... le
unghie. Ho sofferto molto in questi ultimi
20 anni. Lui non se ne rende conto. Lui,
non capisce. "Tu hai il fuoco di
Sant'Antonio nello stomaco per non dire
nel ..."
"Vedi caro"... io sono molto più creativa.
Mi muovo meglio... voglio dire... mi sono
"sempre" mossa, quando mi muovevo...
meglio di te. Ora sono immobile - qui ho
dato giù un po' con la voce, bassa intensa,
sofferta... ma attenti, soffrivo davvero come una casa popolare senza nemmeno
un inquilino: un palazzone orribile pieno
di stanze vuote... pronto per l'autocrollo"
Come mi sia uscita una frase così, di
luglio... con quasi 40 gradi, non lo saprò
mai. Non lo saprò mai!
Ci devo far sopra una canzone... Non ci
sono mai canzoni sulla disperazione di
533
una donna "vecchia" abbandonata dal
marito o "col marito coglione"...(inventare
qualche strofa) o che parli della
menopausa...
(Consigli
sulla
menopausa,
proseguire,pillole cerotti. Continuare
insomma.)
No, solo canzone d'amore... o di sesso.
(Citarne qualcuna ridicola la devo trovare
perché non ascolto più la musica. Perché
non ascolto più la musica?)
(al pubblico) Non ho capito che mestiere
faccia la "turnante"... Non so chi sia... E'
che il diavolo fa le pentole e non i
coperchi. Sono andata a trovarlo, stava
fuori Italia per lavoro, dopo sua, più che
insistente richiesta via fax, 11 fogli, per
convincermi a raggiungerlo... (che, visti
gli avvenimenti del proseguo, mai capirò
il perché.) " Vieni ti prego, ti voglio
vedere stare con te amore vienivienivieni..
ecc. Vado. Tutto bene, sembravamo
persino felici...Qualche tensione trattenuta
tra le mie budelle quelle due o 5 volte,
(un ossessione? a quell'età lì, capita) che
534
spariva per telefonare... tanto da
procurarmi una fibrillazione acuta, due
medici nella notte, elettrocardiogramma,
per fortuna niente di grave tolto le
occhiaie il giorno dopo.
Per il resto, tutto bene, come ho detto,
sembravamo felici.
Come al solito, le cose più noiose le
faccio io, (forse m'ha fatto venire per
quello): prenotare gli aerei, fare le valigie,
pagare il conto... e col conto, mi
ammollano 5 fogli con la trascrizione
elettronica delle telefonate.
Do una
guardata ai 5 fogli 5 e mi siedo... Sono
molto emotiva... Sto per svenire.
Ma sì, lo so che ha la ragazza, lo so che le
telefona, ma non vi nascondo che fa una
certa impressione vedere nero su bianco,
per pagine e pagine ore 23 e 5 numero
telefonico mio.... ore 23 e 8 numero
telefonico della ragazza... ore 10 e 15 il
mio, ore 10 e 21 ... A me, sempre la
precedenza... eh... sono la moglie. e via
così per telefonate e telefonate... ore 5, e
27 numero della ragazza... Meno male che
535
non ha chiamato me, alle 5 e 20 che lo
ammazzavo. Perché la chiama alle 5 e
27?!! Poi ore 4 e 50... ma che cazzo di
lavoro fa?... Poi di colpo nessuna
telefonata al numero amato: per tre giorni
solo telefonate a me e tante, come sempre.
Ecco, l'aveva raggiunto.
Come in un film a doppia velocità mi sono
rivista tutta la mia vita e la sua, dell'ultimo
periodo attraverso quelle telefonate. Tutta
la nostra vita. Sono stata seduta una
ventina di minuti. Mi girava tutto. Mi
sentivo svenire. Come quella volta che
eravamo al mare... In quel periodo lui
stava "assolutamente" solo con me...
Eravamo sposati da poco... No, non
ridete... per almeno 20 anni mio marito
m'è stato fedelissimo.
Forse. E' negli ultimi 20 anni che... Vi
stavo dicendo del mare... io stavo a riva
con mio figlio che aveva come un 5 anni...
mio marito faceva il bagno, appena
appena un cento metri più in là, con la mia
migliore amica... un'amica vera. Ne
esistono sapete. Beh... ad un certo punto,
536
non so per quale effetto ottico... li ho visto
avvinghiati. Forse stavo avendo una
visione negativa mandatami dal diavolo o
dal Signore per mettermi alla prova... Non
so...
Sono svenuta. Veramente: svenuta!
Mi sono rispresa con le urla strazianti del
mio bambino "mamma mamma... aiuto la
mamma muore" e stavo proprio morendo
in quanto ero caduta in avanti con la testa
in acqua... che per quanto bassa sia, sull'
Adriatico, bastava per affogarmi: mi stavo
auto-affogando per amore.
Io voglio molto bene mio marito... anzi...
lo amo... Il disastro sta tutto qui: Che lo
amo ancora dopo 40 anni.
Mio figlio dice: "guarda che non è più
quello che hai conosciuto... sono passati
molti anni... Anche tu sei cambiata...
anche tu non sei più quella che lui ha
conosciuto. Tu sei innamorata di una
persona che non esiste più. Tu sei
innamorata di un ricordo." "No, io sono
innamorata di lui!" Lui, lo conoscete
tutti... lui è veramente extra, delicato,
537
spiritoso, ironico, di una intelligenza
superiore... canta, dipinge, scia... le ha
tutte... eclettico... geniale, anzi è un genio
riconosciuto... Per bene... Non si può dire
che sia bello... ma ha un gran fascino...
Ma oggi... in questa mattinata dove sono
decisa a dire "basta", penso che forse ha
ragione mio figlio: sono innamorata di un
ricordo Guardo mio marito... e di colpo lo
vedo com'è... non come l'ho "sempre"
visto... come è realmente.
Di colpo vedo le sue gambette corte...
Beh, le ha sempre avute corte, non è che
gli si siano accorciate con l'età... è che
quando era snello... non si notavano
tanto... le sue braccia... che impazzivo
quando mi abbracciava... Ma erano quelle
cose lì? Due braccettine senza tono
muscolare... da imprenditor-intellettual...
stomaco e ventre prominenete... un po' ...
(si esprime con un gesto) pettorali che..
insomma, un po' giù... Gli occhi così
intensi, neri come il carbon... che quando
si perdevano nei miei, mi facevano
tremare... svenire... ora li vedo sbiaditi...
538
quattro capelli in testa... la faccia stanca...
le guance... che se gira la testa di colpo...
vola via. Ciò nonostante c'è una parte di
me... che anche in questo momento, sente
una grande tenerezza per lui.
Maledizione, ma perché s'invecchia?
Dovrebbe farsi la plastica - penso...
dovrebbe farla.
Io l'ho fatta... mi sono tirata via di colpo
quei dieci anni che m'intristivano... è stato
quando lui si era fidanzato ufficialmente
con... Quando ho avuto la certezza che
mio marito faceva sul serio con una
ragazza di 37 anni... più giovane di lui,
che se ne andava in giro, che si faceva
vedere che frequentava gli amici comuni
che" attenti a non fare gaffe, che stassera
arriva la moglie" ho fatto il giro delle
farmacie di Milano... non che meditassi
chissà che... ero come in trance... una
bustina per volta, e Veronal e Veramon e
Gibalgina e Optalido... Le comperavo
così... senza determinazione... Non si sa
mai. Sempre meglio essere pronti
all'occorrenza... Per tre giorni ho girato
539
farmacie. Poi sono andata da lui e gli ho
detto che partivo. "Dove vai?..." "Non
so...." "Ma perché te ne vai... io ti amo...
tu conti più di tutti al mondo..." "Sì. Ciao"
Salita in macchina di colpo non mi è
venuto in mente neanche un posto dove
mi sarebbe piaciuto andare. Li ho fatti
passare tutti. Ho pensato anche all'estero
vado a Parigi... Londra... Bruxelles...
Dopo un'ora di riflessioni e giri turistici
col cervello, prendo tempo e vado in
ufficio. E' sabato pomeriggio. Non c'è
nessuno ne deve venire nessuno. Sì, nel
mio ufficio: 360 metro quadrati, 11 stanze.
Beh, a parte questo fatto, vado nel mio
ufficio.
Imprevisto! C'è mio nipote e un nostro
collaboratore: Walter. "Che fate qui?"
"Nulla... avevamo da chiudere una storia...
stavamo andandocene. E tu che fai?" "ho
da fare..." Loro se ne vanno. Mi sono
guardata intorno... Pensavo a lui, che
sicuramente aveva già telefonoato alla
ragazza del momento: si chiamava Maria,
o Stella, o... non mi ricordo più...:"è
540
partita puoi venire".
Tolgo dalla borsetta tutto quello che
ho,libretti degli assegni, chiavi di casa,
della cassaforte. Non mi viene da scrivere
niente. A chi dovrei chiedere perdono? E
perché? A mio figlio forse... Ma no, sta
crescendo, ha la sua vita... io non servo
più nemmeno a lui.
Forse ero un po' depressa (ride). Sentivo
che già non esistevo più, che ero già
morta. Senza interessi per niente e
nessuno. Brutta storia.
Casermona
popolare
di
trecento
appartamenti con nessuno dentro.
Ho tolto dal cartoncino...tutte le mie
pastiglie... ne ho fatto un bel mucchietto
davanti a me.
Ho preso una scodella, l'ho riempita
d'acqua ne ho messe tre o quattro in bocca
e giù a bere.
Su un foglietto ho annotato: 3 e giù a bere,
più 3.... e, fanno 6... più 3 e fanno nove...
Devo dire che si fa una gran fatica... ti si
impasta la bocca... non riesci a deglutire...
ti viene voglia di smettere... ancora 5...
541
Ma cosa sto facendo?! ancora tre... e 5...
Credo di essere arrivata a 50...Da un pò
non segnavo nulla sul foglietto... Chissà
perché mi era venuta questa idea del
segnare... forse per potermi regolare
quando stendermi.
Ora mi mi gira la testa... mi vado a
stendere... continuerò a prenderle da
stesa... Arrivo al divano... mi gira tutto...
bevo un po' d'acqua ancora... poi la
scodella mi cade... e non ci sono più...
"Che bellezza è finalmente finita... adesso
sì, che dormo!!" credo sia stato l'ultimo
pensiero.
Invece no.
Sento che mi sollevano di peso, mi
costringono a camminare... mi parlano,
gridano, io mi lascio andare non reagisco,
non voglio reagire "deve camminare non
fermarti! Falla camminare!" ma chi
parla?...Chiama il marito... telefona
all'ambulanza..."Quante ne hai prese
parla!" E' la voce di mia sorella... "Pensa a
tuo figlio, maledizione quante ne hai
prese?" chi è questo...mio marito... Ci
542
sono proprio tutti. Tutti uniti.
Una festa di famiglia.
"Sbrighiamoci... ha 21 pulsazioni...
portiamola via"
Chi
ha
parlato...
gli
infermieri
dell'autoambulanza. M'infilano in un
lenzuolo per trasportarmi... mi sento
urlare... e non so proprio forse la rabbia
mi faceva uscire il fiato o forse l'ho
sognato "voglio morire!!! Lasciatemi
maledetti voglio morire!!!" Per un anno
intiero non sono andata nel mio ufficio.
Morivo di vergogna. Non capita tutti i
giorni di essere trasportata per le scale
avvolta in un lenzuola perché la barella
non passa, tra gli sguardi degli inquilini
allibiti "una signora così per bene!...pensa
te!..." finire al Pronto soccorso seguita da
una decina di parenti mariti sorelle e la
gente che ti guarda e i medici gentili che ti
fanno iniezioni da ogni parte, una flebo
nel braccio... ti fanno bere un 700 litri
d'acqua con dentro non so che... "vomiti
signora coraggio" e tu che tiri su l'anima e
tutti sono contenti e non ti trattengono
543
perché sei persona conosciuta sì,
capiscono....ma certo lo scandalo, i
giornali... si figuri... e via che torni a casa
e dormi per un 5 giorni e quando ti svegli
sei così debole che non capisci se è bene
che ti sia andata bene, e se ti è andata bene
veramente.
Riprendi a vivere la tua bella vita di
merda... un po' imbarazzata... senza il
coraggio di guardare la gente negli occhi..
e tutti che ti trattano come una che è
matta... e non come una che ha bisogno
d'amore.
Ho sempre avuto un morboso bisogno
d'amore.
Da piccola, avevo un 5, 6 anni e per
attirare l'attenzione dei miei, ho rovesciato
qualche goccia d'inchiostro rosso nel mio
vasino della pipì. La mia mamma,
sconvolta... mio dio, s'è sviluppata a sei
anni!... No, no.. forse è un fatto renale,
chiama il dottore, chiama il dottore, tutti
gridavano, piangevano... e quando, felice
di tanta attenzione ho tirato fuori la
bottiglietta d'inchiosto rosso, hanno
544
capito... m'è arrivato un ceffone dalla mia
mamma, che ogni volta che sento l'odore
dell'inchiostro, mi tocco una guancia.
Meno male che hanno inventato le biro!
"La prossima volta mi andrà meglio." Ho
avuto addosso per anni la voglia di
ammazzarmi...
specialmente
quando
scoprivo un nuovo amore di mio marito.
Maledicevo la mia debolezza...la mia
incapacità di reazione, di prendere su,
come si dice, e andarmene. Stavo lì come
una lumacona... senza forza ne idee... a
crogiolarmi nelle mie disperazioni invece
di... che so, andarmene... ammazzarlo...
bruciarlo...
Cos'è?... non mi verrete a dire che voi
mai... mai neanche una volta avete
pensato o tentato di ammazzarvi.
E allora ho fatto il liftingh.
Il liftingh l'ha fatto, a parte le attrici,
anche quelle che minacciano querele se
qualcuno dice che hanno fatto la plastica,
anche Mastroianni... Manfredi... lo so di
certo... l'han fatta un sacco di uomini
politici... anche in America. Ieri sera
545
guardavo De Mita in televisione... e l'ho
trovato, nonostante le preoccupazioni...
ringiovanito... per me l'ha fatta anche lui.
Dovrebbero passarlo come servizio
sociale, il lifthing... sì, con la mutua... sai
quanta gente triste tornerebbe a ridere?
Conosco un medico che li fa a rate... che
una, ora che ha finito di pagarlo è già tutta
ricrollata e deve ricominciare da capo.
Tira su sederi, toglie le "borse" (accenna
gli occhi) la pappagorgia... ti tira su... ti
tira via tanta di quella pelle in più da
ricoprirci una poltrona. Ti ringiovanisce
anche le mani, se vuoi... tutta... che se
incontri la tua mamma, ti porta a fare la
prima comunione.
No, caro figlio mio, io lo amo il tuo papà,
altro che storie... "amo lui"... lo amo così
com'è. Che m'importa se è invecchiato...
anch'io sono invecchiata... Lui è i miei
ricordi, la mia vita... Sono i sentimenti che
contano... In quel famoso fax di 11 pagine
m'ha scritto: "non lasciarmi, le altre non
contano, conti solo tu, dobbiamo stare
insieme, è con te che sono stato al
546
mondo." Ho pianto. E' quello che mi dà,
che conta... Sì è vero... lavoro tanto per
lui... quando è a casa mi sembra di avere
intorno un bambino spastico...:"e dov'è
questo? e dov'è quello? Mi dai la gomma
grazie, vorrei un paio di calze... farei il
bagno ma solo tu sai dov'è il costume..."
Certo, è un segreto di famiglia!
Sempre svagato... distrattissimo. Solo
quando deve organizzarsi le storie con le
sue ragazze, diventa attento, memorizza
tutto, pare uno della CIA.
�Gentile, generoso, intelligente... ma devo
dire che in questi ultimi dieci anni è
diventato un po' più pesante dei primi
trenta... Se penso che da quarantanni sto
sempre con lo stesso uomo mi sento
prendere da un'ondata d'ira omicida. Ma
perché?! Colpa della mia mamma...
dell'educazione che mi ha dato... Del
CATTIVO ESEMPIO che m'ha dato:
fedele a suo marito come una suora di
clausura! (cambia tono) Non che io sia
stata fedele a mio marito come una
suora... Per la carità!
547
Ho avuto eccome le mie storie, ma non
abbastanza... e per fortuna che le ho
avute!, altrimenti adesso starei tutto il
giorno a sputarmi in faccia.
Però diciamo che vivevo malissimo i miei
tradimenti... le mie "trasgressioni".
Sensi di colpa da perdere sonno, appetito,
pianti
disperati
in
segretitudine...
singhiozzi tra le braccia di lui, del
tradente... "oddio cosa sto facendo?!..."
singhiozzi tra le braccia di lui, del tradito:
"Oddio che ho fatto!" "Micina amore
tesoro perché piangi?!"-"...non so... così...
per niente... sono una sciocca"-"Calmati
amore... non piangere micino mio... Mi
ami?"
Mi usciva tra i singhiozzi un urlo
strozzato. "Tanto!!!" "Non gridare così...
ti sente tutto il palazzo" Come soffrivo!
L'ho tradito, ma lui ha sempre occupato il
primo posto nella mia vita. Il primo! E
non l'ho mai fatto soffrire!
(Cambia tono) Sì, dovrebbe proprio farsi
la plastica... non tanto... una tiratina... No,
non per me... io lo amo così com'è... ma
548
per le ragazze... anche per non essere
scambiato per il padre. Se pensate che
sono cattiva non vi sbagliate... Lasciatemi
almeno essere cattiva. Lui va pazzo per le
ragazze... C'è chi va pazzo dei bomboloni,
lui... E' questo l'argomento del mio
bloccarlo in camera questa mattina. Le
ragazze. E lui lo sa e suda. Mi spiace farlo
stare male... ma.... non posso più
rimandare. (Prende il fiato) Devo
assolutamente parlare. (riprende il fiato)
Definire... (C.S.) Finire. Se no, scoppio.
"Ma via!... dopo 40 anni di matrimonio
stai ancora a rompere perché lui... Ma
lascialo tranquillo... lascia che si sfoghi...
tanto lui ti ama! Non se ne andrà mai da
te!"
Chi è che parla? Tutti quelli che conosco.
E' quel "non se ne andrà mai" che ora
m'ha messo in crisi. Un po' di tempo fa ho
chiesto al mio medico: "quando, gli
uomini smettono di fare all'amore?" "Hai
voglia, ragazza, (sono 40 anni che mi
chiama "ragazza": tu hai due età, quella
anagrafica e quella biologica, cara
549
"ragazza"...) hai voglia! Gli uomini fanno
l'amore fino a 80 anni!" E' orgoglioso.
"Fino a 80 anni???!!! Dunque, lui ne ha 66
e io dovrei andare avanti ancora per 14
anni così? No."
"Tu hai il fuoco di sant' Antonio nello
stomaco... per non dire nel ...." Non mi
piace mai essere volgare in momenti
così... anzi, mi disturbano molto quelle
donne che perdono il controllo... il senso
della misura, che danno fuori, che
spaccano oggetti in casa. Per la verità,
quando lui ha detto dopo che io gli ho
detto del fuoco di Sant'Antonio: "No,
guarda che ti sbagli..io..." e si stava
avviando alla porta per andarsene... ho
sentito nello stomaco una cosa proprio
brutta. L'istinto omicida che ognuno di noi
ha in fondo all'anima... Ma sì, che ce
l'avete anche voi! Dai... Proprio mai avete
pensato in un momento di disperazione
estrema... di esasperazione
estrema,
"adesso l'ammazzo"? Non importa chi: il
marito, il padre, la madre, il professore,
uno stronzo in un momento "no" che vi
550
sbava addosso un complimento troppo
pesante... o il capo ufficio... o una
ingiustizia... No, no... zitti, zitte!, non dite
niente. Ora, mentireste. E se invece non
mentite, e siete presi da una improvvisa
ondata di sincerità, mi mettete paura.
Stiamo calmi. Non vorrei che qualcuno si
alzasse e si mettesse ad urlare: "Sì!!!!!
l'ammazzo!!!" e via che salta addosso al
vicino, alla vicina di poltrona e lo o la
strozza, qui in mezzo a tutti. Zitti, calmi e
fermi. Continuiamo a mentire per ora,
l'ammazzere alla prima occasione.
E mi raccomando, non reprimetevi, fate le
cose per bene.
Rimandiamo: lo farete questa sera a casa
vostra.
"E' meglio che ti sieda immediatamente o
entro cinque minuti hai la casa distrutta....
rompo tutto il rompibile, vetri compresi e
forse rompo anche te."
Non ho alzato la voce. Ci conosciamo da
quarant'anni. Capisce che non sto
scherzando.
Lui torna a sedersi sul letto... si passa la
551
mano sulla faccia sempre più sudata... poi
si stende... asciugandosi il sudore...
"Ti stavo dicendo che vorrei che te ne
andassi. Il nostro, ormai è un sodalizio
infame... è ora di romperlo. "
"Oh, esagerata... perché infame... Io sto
bene con te..."
"Io no, io non sto bene con te. Sai come
mi sento "con te"? Agli arresti
domiciliari... da più di vent'anni.
Sono un detenuto in attesa di giudizio...
la sentenza che sto aspettando? Condanna
a morte." Lui fa un sospiro proprio di
quelli che straziano... pardon, che mi
straziavano. E sì... non era la prima volta
che dicevo una cosa così... Non che
l'abbia ripetuta tante volte... ma qualche
volta sì... Di solito a 'sto punto, mi
commuovevo talmente per quello che
stavo dicendo... che non riuscivo a
trattenere le lacrime... lui sospirava...
allungava una mano... "ma io ti amo!..." e
io giù a caragnare senza ritegno...
"sì...condannata a morte sono!" Mi usciva
costruita così la frase...non "sono
552
condannata a morte" ma "condannata a
morte sono!" Chissà perché... mi veniva di
dirlo
alla
meridionale.
(piange)
"condannata a morte sogno... voglio dire...
sono..." arrancando già col corpaccione
qualche millimetro verso di lui..., pronta
ad essere afferrata tra le braccia
incantatrici... "Amore ma perché dici
così... lo sai che ti amo... lo sai che conti
solo tu... lo sai che le altre sono solo...""No,
no...lasciami...lasciami...Voglio
morire!..." ma ero con la testa sulla sua
spalla e singhiozzavo rilassata... "Micina
mia... bambinona..." "Amore... non farmi
più soffrire...Ti amo tanto..." "Anch'io ti
amo..." E via che tutto ricominciava da
capo. No, non finiva con una scopata...
pardon, volevo dire... non facevamo
l'amore... Io e mio marito l'amore non lo
facciamo da 20 anni, per l'esattezza da 22
anni. Perché? Non lo so. Non saprei
proprio spiegare come ci si sia arrivati...
fatto è che ad un certo punto non ci siamo
più interessati sessualmente. Veramente
non so chi abbia incominciato... A
553
pensarci bene... forse lui. Il fatto è che era
scoppiata la "rivoluzione". Sì... sto
parlando del 68. Mamma mia è stato
veramente un Sessantotto per me! Una
gran confusione di pensieri idee ideologie
falsi ideali... e le manifestazioni e la
polizia e le botte e ragazzi che morivano e
le occupazioni e le canzoni... e i ragazzi
che morivano e gli operai che venivano
licenziati e il blocco dei cancelli alla Fiat
all'Alfa e l'amore libero e la liberazione
sessuale e i ragazzi che morivano... e le
ragazze di 16 anni col bidet fatto e le
mutande in mano pronte come il
Nescafé... e le galere e la polizia e le
ragazze... e le manifestazioni e le
occupazioni e i ragazzi pronti come il
Nescafè... e le manifestazioni e le... e
ragazzi che morivano... Scusate, mi sono
fatta prendere un po' la mano... è che mi è
difficile tenere il filo del discorso... Dove
eravamo... A sì... che io e lui non
facevamo più l'amore... Beh, ora che
importanza ha stabilire chi dei due s'è
stancato dell'altro o se ci siamo stancati
554
tutti e due... o se uno ha sofferto perché
l'altro s'è stancato... Non serve a nulla...
Fatto stà che: basta.
Abbiamo chiuso col sesso. Tra di noi.
L'abbiamo fatto con altri "sesso" e tutta la
pazzia sta proprio qui. Aver accettato che
l'"amore"
tra
noi
fosse
finito...
quell'"AMORE"... e continuare a vivere
insieme. Finisce sempre che uno dei due
paga un po' di più dell'altro. Purtroppo
sono stata io a pagare... e con gli interessi!
Attenzione, non è che mi stia piangendo
addosso. E' che per una donna è diverso.
Lo è veramente. Non abbiamo per niente,
i seni prominenti e i fianchi larghi.
Veramente ci sono sempre più ragazze
con il fisico da ragazzo... se ne vedono
sempre meno con i fianchi larghi... Chissà
perché...Chissà da che dipende questo
cambiamento di razza... forse è genetico.
Non so. Dunque dicevo che 'sto fatto di
fare l'amore con altri...
�Seppur umano il bisogno di avere
distrazioni, più che comprensibile... ma
negli ultimi 20 anni gli è scoppiata come
555
una pazzia. A poco per volta, sempre più
intrepido, deciso... spavaldo: innamorato
di un'altra, poi un'altra ecc. poi un'altra,
ecc. ma sempre con me. "Non ti lascerò
mai amore... Tu per me sei tutto... come
mia madre!" Non mi ha mai lasciata.
Forse una volta era sul punto di farlo... ma
poi... Dunque dicevo che 'sto fatto di fare
l'amore con altri... 'sta stronzata della
coppia aperta è stata proprio una
stronzata. Chi arriva alla coppia aperta
senza soffrire vuol dire che non ama più...
o che è stato educato in una certa maniera
in una famiglia speciale. Io non conosco
nessuno, dico nessuno, che abbia vissuto
questa esperienza senza morirci dentro.
Non sto facendo la tragica. Ho detto
"morirci". E' un fatto culturale da
centinaia di anni... forse un duemila... di
una certa educazione... ma vedo che anche
quelli che hanno 20 anni, non ci vivono
bene dentro a 'sta storia... soffrono come
cani sgozzati. Solo uno dei due,
naturalmente. Fingendo oltre tutto di stare
benissimo... poi si trovano con 4000
556
pastiglie di Veronal nello stomaco e hai
voglia a fare lavande gastriche, che poi si
sta malissimo. Si sta malissimo.
�
1)
BIOGRAFIA
FRANCATENTATIVO
Sto male di salute,ma mi sembra di stare
molto bene d'umore, mentre invece mio
figlio dice che tutte le malattie che io sono
riuscita(un vero primato!) ad accumulare
negli anni (che vanno dall'onicofagiamangiarsi le unghie-,tricotillomaniastrapparsi
capelli,attorciliarli stretti al
dito anulare e infine nasconderli sotto ai
mobili.Quando uno è in ansia,si strappa i
capelli ,se sola,si mangia le unghie in
presenza di altri.)E me l'ha dimostrato
enumerandomi tutto quello che ho avuto
negli ultimi due mesi a Boston."Oh,ma
come sono felice,rilassata!"Un bubbone
della grandezza di un mandarino nel seno
sinistro,proprio sopra a quello che
chiamiamo cuore,dolore ai reni con
perdita
di
sangue,lastre,calcoli
frantumati,tracce anche in vescica,dolori
muscolari alle gambe,crampi durante il
557
sonno,gamba sinistra,dopo immobilità di
qualche ora,non rehhe e duole."Cos'è,il
lazzaretto tutto di un colpo?"NO,è che il
tuo fisico si fifende come può.lanciandoti
campanelle d'allarme da una situazione
che tu vivi male.Fai l'elenco di tutte le
malattie che hai avuto negli ultimi anni,gli
interventi,malattie inimmaginabili ma ben
tangibili che vanno da una congiuntivite
che ti scoppia
oggi,inizio di una
commedia che non ti piace e che ti
sparisce il giorno dopo l'ultimo
spettacolo.Tu come un pappagallo
ripeti"sto
bene"e
sei
pure
convinta,invece"credi" di star bene,ma nel
tuo subconscio stai malissimo?Tutta la
colpa è del subconscio.Froid ha detto un
sacco
di
cose
relativammente
importanti,cose che anche altri avevano
detto,l'unica sua* scoperta essenziale per
la vita dell'uomo per la sua mente è 'sta
storia del subconscio.'Sta storia del
subconscio deve essere vera.Mi viene in
mente una tipa di Torino che lavora
all'Einaudi,si
chiama
Emilia,l'ho
558
conosciuta tanto tempo fa,mi raccontava
della sua vita,nel dibattersi nei problemi
col marito da cui si era separata,i figli,la
suocere,l'amante del marito,la moglie del
marito.Tutti
questi
problemi
le
procuravano
fenomeni
fisici
stregoneschi,reazioni sul suo corpo che
nessun medico aveva mai registrato su
alcun paziente.Che so,le lenti a contatto
che si gonfiavano a dismisura fino a
scoppiare,oppure che si bucherellavano
tutte. Robe mai viste,tanto che
l'assicurazione
si
rifiutava
di
rimborsargliele.Mio figlio ha certamente
ragione. "Tu devi sbatterti,riuscire a
scavare,a ricordare,a scoprire cosa hai
dentro realmente,quale fatto vicino o
lontano ti ha portato a questo malessere.
Devi
andare
indietro,
indietro
mamma."Mi sono presa un registratore e
via a parlare a ruota libera.Come premo il
tasto per la registrazione,non mi viene in
mente
niente.Cerco
di
ralassarmi.Vediamo..il primo trauma..per
me è stato un trauma e grosso.anche se
559
poi,ora,30 anni dopo,mi rendo conto di
aver guardato i fatti con ecessiva
enfasi.HO scambiato una storia del tutto
naturale per una mancanza d'amore.L'ho
vissuta malissimo.Ho cercato di parlarne
con lui,ma subito mi sono interrotta,
imbarazzata
dal
suo
imbarazzo.
Impreparata,incolta sul sesso:è la prima
cosa che ricordo in questa incursione nella
mia vita. Il mio rapporto con l'altro sesso è
statoo per moltissimi anni un rapporto "al
servizio";mai avuto stimoli sessuali,la
voglia di fare all'amore mi veniva se ci si
abbracciava e baciava...ma scivolavo nel
rapporto senza un grande desiderio di
sesso..ero portata ad assecondare il suo di
desiderio.Del
sesso,non
sapevo
nulla.quello che facevamo,era venuto da
solo,l'avevamo
scoperto
insieme.autodidatti.Ora,per fortuna è
diverso.I giovani sanno tutto.prima ancora
di avicinar si ad una donna.Mio figlio
aveva un 13 anni e già se ne stava con un
libro
di
anatomia
in
mano.(IMENE,vedevo
soltanto
un
560
orecchio).L'orgasmo,l'ho raggiunto molto
dopo che praticavo il sesso.Prima fingevo.
Non me ne sono mai fatta un problema.
PENSIERI:LA COPPIA
1) Riuscirò fino alla morte a tenere per me
che tu sei solo un uomo?Io cerco di capire
tutto... i tuoi bisogni... mi sforzo di non
dare maggior significato alle "cose" di
quanto in realtà non abbiano..di leggerle
per quello che sono: SESSO E
GRATIFICAZIONE ma non mi posso
impedire di soffrireper queste nostre due
vite così unite e così irreversibilmente
staccate. Due vite tronche,che vivono solo
se congiunte ma si logorano e muoiono
nella congiunzione.E' molto che sono
morta.E' il saperti distratto da altro che mi
ha tolto la vita.Senza di te non posso
vivere, ma quanto pago questo mio vitale
bisogno.Sono riuscita a superare tutto ciò
che ho subito.Mi credevo armai forte.ma il
dolore torna ogni volta come trentaanni
fa.Sto vivendo un disperata e allo stesso
tempo afettuosa solitudine.Gironzolo per
questo mondo come un ombra; pensieri
561
bui mi schiacciano. Brontola la mia
anima,il mio cuore,i miei sentimenti ti si
rivoltano contro,il mio orgoglio di essere
donna? Umiliato. E il non sentirmi
"nessuno". Non mi accontenta essere
"prima" nella tua vita..è nel mio sesso a
ridere che ti voglio tenere.Ti guardo
davanti
ad
una
ragazza
qualsiasi,trasformato,ti rappresenti,ti dai
un gra daffare,senza misura ne
controllo.Ed io sono condannata da me
stessa a starti a guardare,come tu,per tua
scelta sei condannato a vivere con me.Che
fare?
�Mogli dipendente comunale che trova i
soldi in tasca al marito e li butta dalla
finestra.
Inserire il discorso del grande mondo, o
no?
Il grosso della vita sta fuori.
Perché la gente lascia fare ai nostri
sgovernanti? Perché accettiamo tutto?
Chi sono i critici presenti allo spettacolo
'sta sera?
C'è Raboni del Corriere? NO?... Lo
562
sapevo. La differenza tra uomo e donna la
vedi anche da qui.
"indelicati" Borsellino o un altro è morto,
saltato per aria:
" come si sente signora? Sta male?"
Perché la signora non tira un calcio nei
coglioni? perché non gli salta addosso e lo
strangola ficcandogli le dita negli occhi?
Ognuno di noi vive nel seminterrato della
sua anima.
La televisione!!
Casalinghe che si spogliano (Colpogrosso)
come si muovono che livelli di volgarità
riescono a raggiungere. Non si fermano
più!
Il responsabile ultimo della situazione
tragica dove siamo arrivati, non è
Andreotti, ma sono le nostre insicurezze.
Serpente a sonagli.
Ridurre una persona a poltiglia
Perché la gente è così debole che uno può
manipolarla come vuole? Perché?
Papuasia: leggere origini e costumi.
Rapportso sessuale libero. I bambini sono
nel grembo della donna e si nutrono di
563
sperma. Ma che trovata!! Che civiltà.
Il maschio sceglie la femmina per la vita.
Il matrimonbio tra un maschio e una
femmina è indissolubile. Protezione
militare, non sessuale. Cucitura sesso
bambine, riaperto a 20 anni.
LA CHIACCHERATA O IL PROCESSO
1) T'ho umiliata? Quante volte? Qual'è
l'ultima volta? E il rispetto? Dove lo
metti? E noi come siamo? Come siamo?
Migliorate col tempo? Peggiorate. La vera
differenza tra un uomo e una donna,
credo, consista in questo: le donne
conservano un po' più dell'uomo, il senso
dell'onestà, (non tutte) della giustizia,
dell'integrità. Siamo soggetti morali, (non
tutte!) e a volte purtroppo solo moraliste.
All'uomo è stata inculcato, sempre con
quella prima fatale poppata, il piacere per
la lotta, la lotta con qualsiasi mezzo per
ottenere, raggiungere, impossessarsi del
POTERE. Il POTERE è comando, è forza,
denaro. FASCINO. BELLEZZA. Tutte
"QUALITA' ", privilegi, che ti derivano
dal potere. IL POTERE ti procura tutto ciò
564
che il POTERE PUO' PROCURARE.
Con il potere che ti balla intorno anche tu
ne vorresti un po'? No? Essere donne
continua ad essere difficile, e nel
cammino della vita (è con rammarico, che
sono costretta a riconoscerlo) ti senti con
un fatto che sicuramente, dopo il
turbamento che ti procura, ti lascia
amarezza e sconvolgimento addosso, cioè,
la scoperta, che le tue difficoltà di vita, di
sentimenti, le tue insicurezze, dipendono
sì da come è strutturata la società, dagli
uomini, da quello che ci si aspetta da te,
ecc. ecc. ma dipendono anche da altri
essere come te, anime del tuo stesso sesso.
Sì, amarezza e sconvolgimento. La donna
è troppo spesso, la maggior nemica della
donna. Nel lavoro e nella vita. Giovani o
vecchie che siano. Interrogate, provate ad
interrogare. Quasi tutte, fottute da un'altra.
Sì, c'entra anche lei, ma vero è che l'amore
l'uomo lo fa quasi sempre con una donna.
O giovane come te, o molto molto più
giovane di lui. E tu stai a guardare. Si fa
per dire. Naturalmente storie di questo
565
tipo si verificano quando il lui, è un vero
LUI. Se è giovane va benissimo, ma andrà
ancor più bene, se il LUI in discussione è
senza giovinezza, è adulto, è vecchino, è
vecchio. L'impegno, per la giovane in
questione, sarà minimo.
In tutti i sensi. Intendiamoci, può, anzi
dovrebbe essere pesantissimo, ma buone
prospettive, vuoi di vita, vuoi sociali,
artistiche possono allegerirlo assai, come
peso.E tu stai a gurardare. Hai una
conoscenza della storia... di quello che
passa, del senso di quello che sta
accadendo. TU SAI GIA' TUTTO.
PERCHE' E' IL RIPETERSI, del ripetersi,
del ripetersi. Aspetti... inutilmente. Cosa
aspetti?
Che succeda quello che tu non vorresti.
L'unico pensiero che ti deve dare un
minimo di... sì, che anche tu sei stata
giovane, e anche la giovane di oggi, con
fortuna, o senza fortuna, (a volte non basta
sposare uno scrittore importante per
scrivere un buon romanzo, vedi
MORAVIA; o darsi ad un pittore, sempre
566
importante, per dipingere un bel quadro
ecc. ecc. Come a dire che se hai doti, certo
con l'uomo di potere, puoi correre nella
carriere, ma se non hai nella testa le cose
giuste... dove corri?
Ti sembra di correre, ma non appena ti
fermerai per riprendere fiato, voltandoti
indietro, scoprirai di aver perso per strada
qualcosa che sarebbe stato più importante
tenere, e ben stretto.)
La giovane che oggi ti mette pesantemente
davanti alla tua età, alla tua realtà,
diventerà vecchia, esattamente come sei tu
ora.
E
questo
uomo,
che
tu
presuntuosamente hai creduto tuo,
guardalo: che non si vede per quello che è
realmente, abbarbicato ciecamente alle
sue illusioni.
�DALL'AUTOBIOGRAFIA
DI
FRANCA
RAME
di
prossima
pubblicazione: "Il nostro era un teatro
realmente e totalmente "all'improvviso"
che si basava su trame semplici e
stringate, Teatro Popolare appunto, nella
tradizione della Commedia dell'arte,
567
completamente opposto al teatro letterario
e naturalista messo in scena dalle grandi e
illustri compagnie che agivano nelle
grandi città e imitato in tutto il suo
negativo dalle piccole compagnie, come
la nostra, che agiva no in provincia. Il
nostro successo stava tutto in questa
differenza. Il nostro repertorio era
vastissimo: dalle più famose tragedie di
Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi,
alle commedie di autori moderni a quei
tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San
Secondo, alle comiche finali. Il tutto
senza aver mai studiato una parte a
memoria su di un copione. Nella mia
fimiglia non esistevano copioni di testi
teatrali veri e propri, ma una specie di
cannovacci e per molti testi non esisteva
nemmeno il cannovacccio. Ce li avevamo
nella testa da sempre. Eravamo bravi?
Non lo so. So solo che i teatri erano
sempre pieni, che si lavorava tutti i
giorni, si riposava solo il venerdì santo, e
il 2 dei morti, a novembre. O se c'era il
funerale di un personaggio importante del
568
paese: il prefetto, il sindaco, il dottore, il
prete il farmacista. E quando in un paese
avevamo fatto tutto il nostro repertorio,
(replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione,
"Il povero fornaretto di Venezia " e non
mi ricordo più quali altri drammoni
avessere successo) mio padre o mio zio,
si leggevano un romanzo, ci riunivano e
ci raccontavano a sommi capi l'intreccio,
distribuivano i ruoli, se i costumi adatti
non c'erano, si rimediavano, e via che il
giorno dopo si andava in scena. Sulle
quinte laterali, in bella calligrafia, la
scaletta dei punti chiave, il susseguirsi
degli avvenimenti.
�BIOGRAFIA PER ENCICLOPEDIA
TRECCANI SALA
DI CESENATICO 20 SETTEM. 1992
Franca Rame debutta in teatro a otto
giorni, tra le braccia di sua madre, nel
ruolo della figlia della Genoveffa del
Brabante. La sua è ultima ed una delle più
importanti famiglie di attori girovaghi.
Rappresentano, nell'Italia settentrionale,
un repertorio assai vasto.
569
Stralci dell'autobiografia di Franca Rame
di prossima pubblicazione:
"La mia famiglia è di origine lombarda,
nasce agli inizi del 600, con marionette e
burattini, (conoscevano entrambi le
tecniche assai diverse tra loro). Ho
debuttato ad 8 giorni in braccio alla mia
mamma. Nella mia famiglia era un fatto
naturale: appena nasceva un figlio lo si
metteva in palcoscenico. L'Accademia di
arte drammatica, l'ho fatta lì, con loro
(con mio padre, suo fratello le rispettive
mogli, i figli, gli scritturati).
�M'è cascato sulla testa il ciclone "fica"
Ad ogni grande emozione mi si scarioca
l'orologio.
�Su ogni individuo vengono commessi
degli omicidi, ai quali siamo impreparati.
Molta gente é già morta pur continuando a
parlare e ridere.
Io ne conosco. Specialmente donne.
Strepitiamo per le scortesie, le volgarità,
le ingiustizie che subiamo, ma non ci
accorgiamo di quello che facciamo subire
agli altri. Cerco sempre di riflettere prima
570
di muovermi, non mi basta più contare
fino a dieci... a volte conto fino a cento,
perché so con certezza che 'gli altri' sono
molto importanti. Tutti. L'errore di base
nella vita di molti (di noi donne,
specialmente) è di non saperci difendersi
dai sentimenti, dal farci travolgere, dallo
'sbatterci dentro tutto', in quello che si
ritiene essenziale per vivere: "l'amore".
L'amore ci vuole, ma a dosi ragionevoli,
controllabili. Dovrebbe essere proibito
dalla legge, farsi mangiare, dall'amore...
anche se è bello, perdersi, nell'amore.
Ebbene sì, sono romantica. L'ho capito
tardi. Ora, l'averlo capito... la saggezza
faticosamente acquisita negli anni, mi
serve
pochissimo.
La
metto
a
disposizione. Ho intenzione di aprire una
scuola per mogli. Io me ne intendo. Ho
vissuto momenti d'infelicità profonda,
totale. So cosa significhi il "non voler più
vivere, (contributo non indifferente l'ho
ricevuto dal dolore fisico continuo per
anni e anni, vedi braccio). Mi sono molto
criticata per questo. Ora è "passato". E' lì,
571
nei ricordi.
�Non che pensassi di Dario chissà che,
ma, ad un certo punto della nostra vita,
nelle storie di "ragazze", (per la verità,
sempre disponibili e pronte come il
Nescafè) non nascondo che trovarlo
uguale nella banalità di tanti "maschi",
m'ha deluso. Anche se mi sono più volte
chiesta: "ma perché dovrebbe essere
diverso? Forse perché lo è stato per 25
anni, diverso? Cosa pretendi, che "teoria e
pratica" vadano per tutta la vita insieme?
Anche i santi cadono in tentazione." E
così ho capito che il sesso, (per gli uomini
al primo posto culturalmente e
ideologicamente) il desiderio di "fare
sesso" nell'uomo permane per tutto l'arco
di una vita (ci sono novantenni neanche
tanto arzilli che davanti ad un bel sedere
non resistono ad allungare le mani). C'è
chi per il sesso, da via di testa, va in
galera, stupri... violenze su minori, incesti,
famiglie che saltano... figli di qua e di là.
Se Dario, che non ha mai violentato
nessuno, (anzi, deve stare attento a non
572
essere lui, violentato) non ha fatto figli
fuori casa, (almeno che io sappia) e che
non ha nemmeno 9O anni, sente il bisogno
d'avere storie con ragazze varie, non mi
tormenta più.
Non mi secco se va a farsi tagliare i
capelli, o dal dentista... Sono bisogni del
corpo... e (non voglio essere né volgare,
né banale) sicuramente anche del cuore...
bisogno di sentirsi qualcuno intorno con
cui fare "birichinate" (chiamiamole così.
Forse, (non ne ho mai parlato con lui)
credo contribuisca anche l'angoscia del
sentirsi invecchiare. Sì. E' giusto così.
Anche se un tempo, ho voluto morire.E sì,
ci sono passata anch'io. E poi tutto, poco
per volta, ti è chiaro. Ti è chiaro che hai
sbagliato. Tu. T'è parso di non essere più
essenziale per il tuo "lui" di non 'contare'
tanto, da voler sbattere via la vita. E'
pazzesco che in momenti così, non ti salti
agli occhi nulla che ti interessi. Non esiste
più nessuno. Ti senti più niente. Perché?
Chi c'è passato, mi capisce. E poi, eccomi
qua, calma.
573
La donna invecchiando (e ragazze,
succede a tutte d'invecchiare) si acquieta...
(è vero che qualcuna in menopausa dà via
di testa, ma è abbastanza insolito). Il
segreto è camminare dignitosamente con i
propri anni, rispettarsi. Non rincorrere le
illusioni... non perdere mai il senso del
ridicolo... e anche "comprendere". Molte
cose se ne vanno. Quello che rimane,
prepotente è il bisogno d'amore da parte di
tutti quelli a cui vuoi bene: i figli...
l'attenzione di chi ti sta vicino, bisogno di
carezze, di dormire abbracciati, di
svegliarsi la mattina e dirsi "ciao". Di
tenersi per mano, di ridere insieme o di
stare in silenzio, insieme, di lavorare
insieme. E tutto questo ce l'ho. E giuro,
non è poco! Rimpianti? Certo. Struggenti?
Un po', ma chi non ce li ha? Se guardo
indietro e do una sguardata a questo mare
di anni di vita... con Dario... se penso alle
tante persone che ho conosciuto... a mio
figlio, a Gaia ed Enrica... i loro figli... al
piacere di essere nonna di Mattea... mi
sento nello stomaco un qualcosa che mi fa
574
venire il magone dall'emozione.
Quante cose ho fatto! Quanta simpatia ho
sentito intorno a me e, sì, anche rispetto e
amore, l'amore di Dario e di tanta gente.
Ho avuto molto. Si può ritentare... in un
altra vita. Ci stai Dario?
�E così... s'è infiltrata tra i giovani il
concetto "amore libero"... nei giovani... e
anche ... in quelli meno giovani.
Tra gli animali, il leone ad esempio,
sceglie la femmina per la "vita", il loro
matrimonio, pur non essendo celebrato in
chiesa è indissolubile. Ma c'è assoluta
libertà nel rapporto sessuale... per tutti e
due... Quella del maschio per la femmina,
la "sua" femmina, è una protezione
militare, cioè difesa della vita, non
sessuale.
Quanti di voi vorrebbero essere un
leone?... una leonessa? (ruggito) Fuori la
verità! (ruggito).
Questo per gli animali...
In molti popoli primitivi, l'amore libero è
praticato da sempre. Il rapporto sessuale
libero! Come vorreste essere un primitivo,
575
lo sento!
Il più creativo in fatto d'amore libero fra
tutti, è il popolo della Papuasia.
Creatività... senza offesa... che non può
che essere femminile... Non so se ancora
oggi... ma in Papuasia l'hanno inventata
bella per fare sesso libero, e lì la donna è
padrona e il maschio in soggezione, c'è
addirittura la convinzione, che i bambini
siano nel grembo della donna dalla sua
nascita, voglio dire della donna, ma per
crescere... e di conseguenza, nascere,
devono essere nutriti... con sperma.
Vi immaginate la scena? Ogni volta che la
donna... la DONNA!, ha voglia di fare
l'amore urla:" il bambino ha fame!! Il
bambino ha fame!!" e via... tutti gli
uomini della tribù che corrono a nutrirlo...
"Adesso basta... ha mangiato abbastanza!
Via, andate via!" La cosa più bella, che
"il figlio" quando nasce non è figlio tuo e
tuo o tuo, non c'è paternità individuale,
ma collettiva: il figlio è di tutti!
Se Dio fosse stato della Papuasia il
paradiso terrestre l'Eva avesse impostato
576
il suo rapporto con Adamo come le donne
della Papuasia,
pensa te che
sconvolgimento! La storia del mondo
sarebbe cambiata,
così gli usi... i
costumi... Che civiltà.
�Mao -TZE _TUNG
Con "Le-nin le- nin le-nin...ah. . le-nin
ah.... Stalin. l'amore a quei tempi si
faceva così. Ma sì che lo conoscete mio
marito....
è quel tipi non tanto
alto...quattro capelli in testa... ventre
prominente...beh diciamo che gli batte sui
testicolo... le guance gli arrivano qui...
denti appena rifatti... disturbi alla
prostata...Beh, questo non si vede...ma si
sà. Ecco sì...propio quello lì.
1 IL SODALIZIO INFAME!
�Sto uscendo da un periodo di almeno 20
anni di coma profondo. Sì, avete capito
bene. Coma profondo - in piedi.- Si può?
Si può.
Guardatevi intorno. C'è un sacco di gente
che ha 'sta malattia, il "coma profondo in
piedi"...
Non li vedete? Nessuno di voi è in coma?
577
(Come a rispondere ad una domanda del
pubblico) Com'è il coma profondo in
piedi?
Io ho sempre camminato,
parlato,
mangiato, dormito - ma in coma - e
profondo Che so...parli con la gente, ma
non ci sei - non ti accorgi se c'è il sole o
piove - e se c'è il sole, non te ne importa
niente. Somatizzi tutto quello che ti
succede intorno, senza accorgertene...
Stai male da morire ma nessuno lo vede.
Sorridi, ma solo con la bocca, così:
(esegue) meccanicamente. Non c'è nulla
che ti emozioni o emozionerà, nulla che ti
squota, che ti interessi, né i figli, il
lavoro, le vacanze, il successo, l'amore.
Niente. Il tempo passa e niente cambia.
Non c'è niente, che ti spinga a fare niente.
Cammini, mangi, parli, dormi, ma non
ci sei.
Dormi sul tuo letto sospesa senza manco
toccarlo... tutta tesa.
Quando dormi pensi alla morte senza
accorgerti di pensarci. Una mattina ti
svegli e di colpo ti rendi conto che sì,
578
oggi, lo farai.
Ma andiamo con ordine.
"Come hai dormito..." mi fa..."Bene.... "
"Scendi a fare colazione?"... "No, non
subito... (si schiarirsi la voce) Ti devo
parlare.... Stiamo calmi però..."
"Lui" si siede sul letto passandosi una
mano sulla fronte.
Ogni qualvolta si affronta questo
argomento e lui "sa qual'è", in un secondo
è madido di sudore... ma proprio bagnato
fradicio. Mai vista una cosa così
repentina. Come girare un interruttore. Gli
prende un'emozione che gli parte... dal
profondo... diciamo della coscienza... sono
tutti i suoi sensi di colpa, che gli affiorano
insieme: BUM! ecco l'effetto "sauna"!
"Caro, vorrei che te ne andassi.... "
"Perché?!" Gli manca il fiato.
" Non mi va più di stare con te... Non
reggo più la vita che stiamo facendo.
Negli ultimi 20 anni sei sempre stato
innamorato. Sempre di un'altra... e mai la
stessa. E d'estate di più. Ed ora siamo in
pieno luglio!
579
Non sopporto "più" il tuo evidenziare,
senza volerlo per carità, ogni rapporto
con l'altro sesso con irrazionali movimenti
telefonici... senza misura... e sopratutto
senza tenere conto che ho occhi ed
orecchie. Va bene che stiamo insieme, ma
non stiamo più insieme... da 20 anni.
(al pubblico) Io e mio marito non
facciamo più l'amore... (A marito) Non mi
disturba più il tuo credere di essere
innamorato pazzo... perché so benissimo
che non sei innamorato di questa o di
quella,
ma che sei innamorato dei
vent'anni che non hai più. Mi disturbano
troppo... le scuse che tiri fuori per uscire a
telefonare... mi fanno imbestialire perché
sono un oltraggio alla mia intelligenza...:
"vado dal parrucchiere" - "ma è lunedì..."
"Ah sì?..." - pausa - "Ti andrebbe di
mangiare del pesce ?"-"Ho gli ossibuchi
pronti..."-"Ma m'è venuta voglia di un bel
pesce... vado a comprarlo... così mi
sgranchisco
anche
un
po'..."-"Sta
diluviando ..." "L'acqua fa bene... fa
diventare più alti"-"Guarda che a 68
580
anni...non si cresce più..." (al pubblico)
Non mi sta già più ascoltando...Una
toccatina alla tasca posteriore dei
pantaloni per essere certi che l'agendina
nera con i numeri dell'amore sia lì...
anche la tesserina della Sip... sì, c'è...
bene... "Torno subito... Vuoi qualcosa
cara?..." e tornava quasi subito... con
pesce per 30 persone... non s'è mai saputo
regolare con la spesa ... e 24 rose rosa del
"nostro" colore... e un bigliettino "Ti amo
cara, tanto tanto!!" Il bello è che è vero.
E' vero! Lui mi ama. Tanto tanto.
Qualche volta mi viene da pensare:
"Chissà cosa succederebbe se mi odiasse.
Mi trapanerebbe
i denti me li
strapperebbe ad uno ad uno senza
anestesia... le unghie.
Al marito: "Tu hai il fuoco di
Sant'Antonio nel ..."
Mi sono intelrrotta. Non mi piace mai
essere volgare in momenti così... anzi, mi
disturbano molto quelle donne che
perdono il controllo... il senso della
misura, che danno fuori, che spaccano
581
oggetti in casa. Per la verità, quando lui
ha detto dopo che io gli ho detto del fuoco
di Sant'Antonio: "No, guarda che ti
sbagli... io..." e si stava avviando alla
porta per andarsene... ho sentito nello
stomaco una cosa proprio brutta.
L'istinto omicida che ognuno di noi ha in
fondo all'anima... Ma sì, che ce l'avete
anche voi! Dai... Proprio mai avete
pensato in un momento di disperazione
estrema... di esasperazione
estrema,
"adesso l'ammazzo"? Non importa chi: il
marito, il padre, la madre, il professore,
uno stronzo in un momento "no" che vi
sbava addosso un complimento troppo
pesante... o il capo ufficio... o una
ingiustizia... No, no... zitti, zitte!, non
dite niente.
Ora, mentireste.
E se
invece non mentite, e siete presi da una
improvvisa ondata di sincerità, mi mettete
paura. Stiamo calmi. Non vorrei che
qualcuno si alzasse e si mettesse ad urlare:
"Sì!!!!! l'ammazzo!!!" e via che salta
addosso al vicino, alla vicina di poltrona
e lo o la strozza, qui in mezzo a tutti.
582
Zitti, calmi e fermi.
Continuiamo a
mentire per ora, rimandiamo: lo farete
questa sera a casa vostra.
"E' meglio che ti sieda immediatamente o
entro cinque minuti hai la casa distrutta....
rompo tutto il rompibile, vetri compresi e
forse rompo anche te." Non ho alzato la
voce. Ci conosciamo da quarant 'anni.
Capisce che non sto scherzando. Lui torna
a sedersi sul letto... si passa la mano sulla
faccia sempre più sudata... poi rassegnato
si stende... "Ti stavo dicendo che vorrei
che te ne andassi. Il nostro, ormai è un
sodalizio infame... è ora di romperlo."
"Oh, esagerata... perché infame... Io sto
bene con te..."
"Io no, io non sto bene con te. Sai come
mi sento "con te"? Agli arresti
domiciliari... da più di vent'anni.
Un condannato a morte in attesa di essere
graziato. " Lui fa un sospiro proprio di
quelli che straziano... pardon, che mi
straziavano. E sì... non era la prima volta
che dicevo "adesso basta". Non che l'abbia
ripetuta tante volte... ma qualche volta sì...
583
Di solito a 'sto punto, mi commuovevo
talmente per quello che stavo dicendo...
che non riuscivo a trattenere le lacrime...
lui sospirava... allungava una mano... "ma
io ti amo!..." e io giù a caragnare senza
ritegno... "sì...condannata a morte sono!"
Mi usciva costruita così la frase...non
"sono condannata a morte" ma
"condannata a morte sono!" Chissà
perché... mi veniva di dirlo alla
meridionale.
(piange) "condannata a
morte sogno... voglio dire... sono..."
strisciando lentamente verso di lui
millimetro dopo millimetro..., pronta ad
essere afferrata tra le braccia incantatrici...
"Amore ma perché dici così... lo sai che ti
amo... lo sai che conti solo tu... lo sai che
le altre sono solo..." - "No, no...lasciami...
lasciami... Voglio morire!..." ma ero già
con la testa sulla sua spalla e singhiozzavo
rilassata... "Micina mia... bambinona..."
"Amore... non farmi più soffrire...Ti amo
tanto..." "Anch'io ti amo..." E via che tutto
ricominciava da capo. No, non finiva
con una scopata... Come state pensando.
584
Pardon, volevo dire... non facevamo
l'amore... Io e mio marito l'amore non lo
facciamo da 20 anni, per l'esattezza da 22
anni. Perché? Non lo so. Non saprei
proprio spiegare come ci si sia arrivati...
fatto è che ad un certo punto non ci siamo
più interessati sessualmente. Veramente
non so chi abbia incominciato... A
pensarci bene... forse lui. Il fatto è che era
scoppiata la "rivoluzione".
Sì... sto
parlando del 68. Mamma mia è stato
veramente un Sessantotto per me! Una
gran confusione di pensieri idee ideologie
falsi ideali... e le manifestazioni e la
polizia e le botte e ragazzi che morivano e
le occupazioni e le canzoni... e i ragazzi
che morivano e gli operai che venivano
licenziati e il blocco dei cancelli alla Fiat
all'Alfa e l'amore libero e la liberazione
sessuale e i ragazzi che morivano... e il
Vietnam e le ragazze di 16 anni col bidet
fatto e le mutande in mano pronte come il
Nescafé... e le galere e la polizia e le
ragazze... e le manifestazioni e le
occupazioni e i ragazzi pronti come il
585
Nescafè... e le manifestazioni e le... e
ragazzi che morivano... Scusate, mi sono
fatta prendere un po' la mano... è che mi è
difficile tenere il filo del discorso... Dove
eravamo... A sì... che io e lui non
facevamo più l'amore... Beh, ora che
importanza ha stabilire chi dei due s'è
stancato dell'altro o se ci siamo stancati
tutti e due... o se uno ha sofferto perché
l'altro s'è stancato... Non serve a nulla...
Fatto stà che: basta. Abbiamo sublimato il
rapporto. Abbiamo chiuso col sesso. Tra
di noi. L'abbiamo fatto con altri "sesso".
Tutta la pazzia sta proprio qui.
Aver
accettato che "l'amore" tra noi fosse
finito... quell'"AMORE"... e continuare a
vivere insieme. Finisce sempre che uno
dei due paga un po' di più dell'altro.
Purtroppo sono stata io a pagare... e con
gli interessi! Attenzione, non è che mi
stia piangendo addosso. E' che per una
donna è diverso. Lo è veramente. Non
abbiamo per niente, i seni prominenti e i
fianchi larghi. Veramente ci sono sempre
più ragazze con il fisico da ragazzo... se
586
ne vedono sempre meno con i fianchi
larghi... Chissà perché...Chissà da che
dipende questo cambiamento di razza...
forse è genetico.
Non so.
Dunque
dicevo che 'sto fatto di fare l'amore con
altri...
"Vedi caro"... io sono molto più creativa.
Mi muovo meglio... voglio dire... mi sono
"sempre" mossa, quando mi muovevo...
meglio di te. (QUI E' SALTATO UN
PEZZO) Ora sono immobile - qui ho dato
giù un po' con la voce, bassa intensa,
sofferta... ma attenti, soffrivo davvero immobile come un palazzone orribile...
pieno di stanze vuote... pronto per
"l'autocrollo"Come mi sia uscita una frase
così, di luglio... con quasi 40 gradi e il
95% d'umidità, non lo saprò mai. Ci
devo
far
sopra
una
canzone...
"Disperazione di una donna che sta
invecchiando" "Qui... nel palazzo vuoto
del mio cuore... ieri... ho avuto... una
caldana... tremenda... la prima!Oggi...
anche oggi... ancora caldana..
ancora
caldana... una caldana tremenda... è
587
finita.... è finita...è finita!Ero un fiore
così... rosa verde e lillàe poi... e poi... ho
scoperto che
vecchia e sola son.. perché... perché...ho
un marito coglion!"E' tutto da mettere in
discussione, si fa presto a dire marito
coglione... (insero codina- menopausapipistrelli,
Consigli sulla menopausa,
proseguire, pillole cerotti. Continuare
insomma.) Il diavolo fa le pentole e non i
coperchi.
Sono andata a trovarlo, stava fuori Italia
per lavoro, dopo sua, più che insistente
richiesta "via fax",
11 fogli,
per
convincermi a raggiungerlo... (che, visti
gli avvenimenti del proseguo, mai ne
capirò il perché.) che finiva con " Vieni ti
prego, ti voglio vedere stare con te amore
vienivienivieni." ecc. Vado. Tutto bene,
sembravamo persino felici.
Come al solito, le cose più noiose le
faccio io, (forse m'ha fatto venire per
quello): prenotare gli aerei,
fare le
valigie, pagare il conto... e col conto, mi
ammollano 5 fogli con la trascrizione
588
elettronica delle telefonate. Do una
guardata ai 5 fogli 5 e mi siedo... Sono
molto emotiva... Sto per svenire.
Ma sì, lo so che ha la ragazza, lo so che
le telefona, ma non vi nascondo che fa
una certa impressione vedere nero su
bianco, per pagine e pagine ore 23 e 5
numero telefonico mio....
ore 23 e 8
numero telefonico della ragazza... ore 10 e
15 il mio, ore 10 e 21 ... A me, sempre la
precedenza... eh... sono la moglie. e via
così per telefonate e telefonate... ore 5, e
27 numero della ragazza... Meno male che
non ha chiamato me, alle 5 e 20 che lo
ammazzavo. Perché la chiama alle 5 e
27?!! Poi ore 4 e 50... ma che cazzo di
lavoro fa?... Poi di colpo nessuna
telefonata al numero amato: per tre giorni
solo telefonate a me e tante, come
sempre.
Ecco, l'aveva raggiunto.
Come in un film a doppia velocità mi sono
rivista tutta la mia vita e la sua dell'ultimo
periodo attraverso quelle telefonate. E
anche tutta la nostra vita.
Sono stata
589
seduta una ventina di minuti. Mi girava
tutto. Mi sentivo svenire. Come quella
volta che eravamo al mare... In quel
periodo lui stava "assolutamente" "solo"
con me... Eravamo sposati da poco... No,
non ridete... per almeno 20 anni mio
marito m'è stato fedelissimo.
Forse.
��intelligente... ma devo dire che in
questi ultimi dieci anni è diventato un po'
più pesante dei primi trenta... Non si può
dire che sia bello... ma ha un gran
fascino... Ma oggi... in questa mattinata
dove sono decisa a dire "basta", penso
che forse ha ragione mio figlio: sono
innamorata di un ricordo.
Guardo mio marito... e di colpo lo vedo
com'è... non come l'ho "sempre" visto...
come è realmente.
LA CHIACCHERATA
arrivo
4/08/92
La mia idea sarebbe quella di farvi una
chiaccherata un pò scherzosa su quello
che sta succedendo oggi in Italia sugli
scandali, le ruberie, gli arresti in massa
590
come se mi trovassi a sconfinare in un
terreno che non è il mio. E perchè? Perche
sono una donna, per carità, lo so, i tempi
son cambiati, non siam più all'epoca in cui
si gridava alle donne che si azzardavano a
chiacchierare di politica: vai a far la calza.
Lo so che c'è stato il '68. L'emancipazione
femminile ci siamo liberate... in tutti i
sensi...Specie in quello sessuale, diciamo
perfino: cazzo! Ma sotto, sotto, a noi
femmine quando si tratta di andare sul
politico siamo bloccate..Ci rigurgita il
complesso del gineceo..Discorsi di
politica anche se scherzosi non sono
discorsi da donna. No, non sto
esagerando!
Fin quando se ne parlotta così in famiglia
o in treno, tanto per passare il tempo.."e
va beh, passi." Ma appena una donna sale
su una pedana, o un palco, dietro un
microfono allora senti subito mugugnare:
"Ma che vuole quella? Adesso ci tocca
sorbirci anche sta Femmina-Politicizzata.
Chi l'ha messa su? Di chi è l'amica?"
E questo, non dite no... E' un classico....In
591
ogni occasione spunta il tormentone: "Con
chi va a letto Quella? Con chi se la fa?" Se
una monta un gradino c'è sempre dietro il
maschio che regge, spinge!! E questo vale
tanto che tu femmina vada a mostrarti in
teatro, appari sullo schermo, nel mondo
della finanza o nella politica.
Ho sentito io un compagno del vecchio
PCI, mentre parlava la Jotti commentare: "
Si, si, è brava, preparata...E' pure una
simpatica signora, fine, ci ha pure dei bei
collettini di pizzo, ma io avrei voluto
vedere se non ci avesse avuto di dietro il
Palmiro...se arrivava al posto di presidente
della Camera...
"Ma cosa dici?" gli son saltata addosso
io.."Quando l'hanno eletta suo marito era
morto da almeno dieci anni!" "Si," fa lui
"ma vuoi mettere essere la vedova di un
Togliatti? Scherziamo? Palmiro è un
morto sacro dall'onda lunga!"
Beh, ad ogni modo. Vada come vada, io ci
provo lo stesso.
Come dicevo, vi parlerò di ladroneria e
politica. Quasi trent'anni fa con Dario
592
abbiamo allestito uno spettacolo che
aveva per titolo: SETTIMO RUBA UN
PO' MENO....Più attuale di così!! Allora
aveva il suono di una battuta a sfottò
IPERBOLICA. Con tutto che, alcuni
storici, se pur sottovoce assicurano si
rubacchiasse già allora! Forse con un pò
più di discrezione.
Ad ogni modo in quel tempo noi, come si
fa sempre nel TEATRO DI SATIRA,
andavamo giù un pò pesante. Si spingeva
fino all'impossibile con la fantasia!
Avavamo addirittura inventato che nel
Cimitero Comunale di Milano si
commerciava in cadaveri..si vendevano
loculi sottobanco e si speculava sulle
tombe..Nel nostro gioco al paradosso
avevamo inventato che, grazie a una
delibera infame, si stava sgomberando una
vasta area del Cimitero di Musocco per
farne un bel parco e così far crescere anzi
triplicare il valore dei terreni circostanti.
Ebbene oggi, l'avrete letto su tutti i
giornalei, l'hanno fatto davvero CI
HANNO
COPIATO..CI
HANNO
593
SPUDORATAMENTE
RUBATO
L'IDEA....E SENZA PAGARCI I
DIRITTI DI AUTORE! E sono andati
pure oltre! Hanno imposto tangenti con
tanto di pizzo su cadaveri per conceder
loro il diritto di sepoltura, hanno piazzato
tangenti sui funerali, tangenti sulle tombe
singole e comulative, hanno riciclato
vecchie lastre tombali rivendendole per
nuove...Hanno organizzato perfino il
reciclaggio
delle
nuove
corone
mortuarie..Non era ancora finito il
servizio funebre che appositi addetti
facevano sparire corbelle di gigli, cuscini
di rose, corone rimpinzate di garofani e
velocissimi trasportavano il tutto agli
appositi negozi di arredi funebri...Perchè
fossero rivendute ancora belle fresche per
il prossimo cadavere in transito. Spesso, le
medesime decorazioni floreali sono state
smontate e rimontate in altro ???????? per
adornare addobbi di matrimoni e
battesimi. Credo che al massimo dei
grottesco si sia arrivati nel momento in cui
???del Don Carlos alla Scala ci fu una
594
grande richiesta di fiori confezionati a
mazzi di varie misure da lanciare alla fine
dell'opera. La richiesta fu esorbitante e
improvvisa ma i procacciatori di plausi
floreali non si persero d'animo, montarono
corbelle e corone giunte fresche di ritorno
dai vari funerali.....
Così nel grande tripudio del finale
Verdiano, nella esclusionissima prima dei
VIP, si sono visti piovere dai palchi e da
tutto il loggione una quantità incredibile di
mazzi, mazzolini e mazzoloni mortuari...
addosso ai tenori, alla soprano ai
baritoni..che inchinandosi li raccoglievano
e li rigettavano festanti sulle teste dei
signori e delle signore plaudenti in platea.
Certamente i morti a Musocco e al
Monumentale
nelle loro tombe
strapagate, quella notte si son fatti delle
risate proprio da morire!
A proposito di teatri e di prime ho saputo
oggi con gran piacere che in settimana
verranno ripresi i lavori per portare a
termine il nuovo Grande Piccolo di
Milano..Era ora! Siamo in ritardo di due
595
anni! Avrete sicuramente letto delle
ruberie che ci sono state...Il progetto
iniziale era di qualche miliardo... senenson
gia spesi tre volte tanto. Ad un certo punto
si sono accorti che sotto ci passava la
metropolitana così ogni volta che
transitava un convoglio del Metrò, di
sopra..per il fracasso e i sobbalzi
bisognava smettere di recitare...accennare
una
piccola
danza
tanto
per
mimettizzare...e via da capo. Per attutire il
tutto al posto delle solite traversine rigide
hanno piazzato duemila traversine di
gomma...Così adesso quando ci passa
sopra il Metrò..i viaggiatori accusano
vibrazioni da ballo di S. Vito HOP, HOP!
E anche li si son fatti la cresta: Prezzi
maggiorati, Tangenti. Ad ogni modo è
certo che entro la fine dell'anno prossimo
ci sarà l'inaugurazione...e per il debutto è
stabilito che si andrà in scena con: "IL
BALLO DEI LADRI" di ?????A
proposito di tutti questi scandali,
dobbiamo confessare, anzi denunciare che
noi del teatro satirico abbiamo più di una
596
responsabilità; siamo colpevoli se non
altro di una certa incoscienza..Noi si sale
sul palcoscenico, e, pur di strappare
qualche risata in più esprimiamo giudizi o
sollecitazioni paradossali senza badare a
quello che possiamo causare. Nella nostra
superficialità ??? in battute spregiudicate
dicendoci: "Tanto è tutto solo per ridere
mica ci prenderanno sul serio!" E no,
invece spesso ci prendono proprio sul
serio...manco recitassimo il Vangelo!
Tanto per fare un esempio quattro anni fa,
con Dario, mettemmo su uno spettacolo
agile da recitare quasi improvvisato... a
base di provocazioni dirette sul pubblico.
Debuttammo, mi ricordo, al Festival
Nazionale dell'Unità di Bologna. C'era
ancora il vecchio P.C.I...e c'era ancora
Natta come segretario. Cominciammo con
una specie di elogio assurdo e sperticato
in favore del partito socialista....e lo
slogan che tirammo fuori era questo! Il
P.S.I. guadagna voti ad ogni elezione
perchè è più simpatico...ed è più simpatico
perchè è ??? I suoi dirigenti sono
597
spacciati, si danno un sacco di botte e
rubano a man bassa. Per di più sono
veramente vicini alla gente, sanno tutto
dei loro problemi più privati ??? ben dire
che conoscono le tasche dei cittadini come
fossero le loro. Poi ancora, bisogna
ammettere che sono ??? non cercano di
nascondere la mano come, fanno i
democristiani quando vengono sorpresi a
rubare "No, non è vero. Ma che s'è messo
in testa? Giuro che non ho toccato una
lira. Ho giurato sulla Santa salma di
Forlani."Al contrario tu sorprendi un
socialista con le mani nel sacco..."Ehi ma
tu rubi!" E lui "Si rubo! E allora!? Che ci
hai da dire?" Sono veramente degli
impuniti e e impunibili.Invece VOI
COMUNISTI, con sta storia delle mani
pulite storica propagata strombazzata su
tutti i manifesti in tutti i dibattiti, siete
negativi. Guarda qua: "Noi abbiamo le
mani pulite!" Beh, mi dispiace, è proprio
per questo che non date affidamento.
Perchè la gente pensa: "Quei socialisti
rubano...questo vuol dire che ci sanno
598
fare, sono spregiudicati, ma anche attivi,
creativi..è gente che sa rischiare....e alla
fine riesce pure a cascare sempre in
piedi... a non farsi sbattere in galera.
Ebbene se ci sanno fare per loro ci
sapranno fare anche per me quindi, io li
voto!Invece quando la gente pensa a Voi
Comunisti...così?? per ??? perfino
modesti...Esclama: Ma chi si fida di
quelli..una razza di moralisti romantici. A
parte che mi viene il sospetto che non
rubano solo perchè non sono cpaci...e
hanno paura....E' gente inaffidabile che
non potrà mai andare al governo..Figurati
cosa ce ne facciamo di un governo
di??..moralisti e pulitini. GENTE DI
GRINTA CI VUOLE!!
E poi aggiungevamo: spudoratamente
al??? a quei compagni attoniti del P.C.I.
Vlete divenire simpatici anche voi, avere
successo? E allora: rubate! Imparate a
rubare, e a truffare dentro e fuori delle
Istituzioni, ricattate gli imprenditori,
sgraffignate sugli appalti, sui progetti,
imponete il pizzo sulle costruzioni, sulle
599
sovvenzioni ministeriali, sugli asili nido e
sugli orfanotrofi...MANGIATE! Il vostro
nuovo slogan deve essere: "Appropiazione
indebita continuata e senza pietà. Basta
con le mani pulite!" "MANI ZOZZE E
ARRAFFATUTTO!"Un
attimo
di
perplessità e poi è scoppiato un grande
applauso. Festoso e compiaciuto.
Noi, avevamo scherzato, era logico.... ma
era logico solo per noi. Infatti è passato
qualche anno.....i comunisti si sono tolti la
falce e il martello di dosso..... si sono fatti
chiamare con un altro nome meno
segnativo,
segnativo e: ALLEGRIA! Li avete
visti!? Giù a rubare anche loro come
socialisti e democristiani di gran mestiere!
E tutto perchè noi li avevamo provocati,
incitati per gioco!
D'accordo......d'accordo. Non è soltanto a
causa del nostro incitamento, che si sono
buttati, all'??
Siamo ben consci che il fatto di essersi
buttati via di dosso quel simbolo austero
della falce d martello...così pregno di
valori: "Lotta di classe, solidarietà"
600
Il mito glorioso del sacrificio e dell'onestà
con tutti i trionfalismi della ??
proletaria.....
E come facevi a rubare tranquillo? Anche
i vecchi socialisti....fin quando con il
simbolo del libro aperto????? se pur in
piccolo avevano la falce e il martello????
E qual'è stato il vero, straordinario
cambiamento portato da Craxi nel partito
socialista? Quello, davvero rivoluzionario
di togliere la falce e martello dal simbolo
e piazzarci un garofano.....un fiore
culinario.
Coi chiodi di garofano si fanno stracotti,
la ribollita, ogni tipo di cacciagione
insomma un fiore simbolo del buon
appetito e della grande abbuffata così me
li ha spinti e incitati fino alla furfanteria
più smodata e inarrestabile. Fino allo
sbragamento totale! Fino alla perdita di
ogni ritegno. Li ha messi allo scoperto
completo.....tanto da trasformarsi in una
specie di tirasegno per giudici fanatici
della giustizia ad ogni costo. E il
paradosso è che questa operazione da
601
ammazzasette si chiamerà proprio "mani
pulite" per me l'hanno fatto apposta per
sfottere i compagni del vecchio P.C.I.! Vi
vantavate delle mani pulite? E allora
eccovele! In galera i vostri dirigenti...più
intraprendenti e moderni.
�INTERVISTA GENTe
siamo siatemati alla bellemeglio. Il
bambino ha pianto per quattro giorni di
fila. Per quanto spirito di adattamento
avessimo noi, non riuscivamo proprio a
comunicarlo a questo tipo appena nato che
non sapeva niente della vita. Comunque
faticavamo anche noi a cavarcela e per le
scomodità e per la mia totale inesperienza
"Piange? Avrà fame" Lo attaccavo al
seno, lui ciucciava un po' e poi di nuovo
"uhèèè uuuhèèèè!""Oddio,
forse è
ammalato!" Al quinto giorno decidiamo
di tornare in clinica e stabilirci lì.
Il
nostro ritorno è stato festeggiato dal
personale con brindisi e abbracci.
S'è
scoperto subito la causa degli uhè del
bambino: io avevo poco latte e lui aveva
fame.
602
Dopo aver nutrito il fantolino, ci hanno
sistemati in una bellissima camera
vicinissima alla sala parto.
Ci siamo
addormentati immediatamente tutti e tre
ed abbiamo dormito per almeno giorno
intiero, finalmente rilassati. Ci siamo
insriti molto bene in questa nostra insolita
vita, abitavamo lì e cercavamo casa.
Come vedevamo in carridoio davanti alla
porta della sala parto un padre in
angosciosa
attesa
Dario
subito
s'informava: "Sa è un parto cesareo!" E
Dario: "non si preoccupi, anche Franca ha
avuto un cesareo... Vero Franca?" e io "Sì,
sì... è una sciocchezza, vedrà" E quello si
calmava. E un altro: è messo di piedi"...
"Non si preoccupi, anche nostro figlio è
nato di piedi... e tutto è andato benissimo.
Vero Franca?" Solo quando un padre era
preoccupato perché la moglie stava
partorendo 2 gemelli siamo rimasti senza
parole. Tutti sapevano che avevamo un
figlio solo.
Ci siamo stati tre mesi in quella clinica.
Quanti padri e quante madri abbiamo
603
rinfrancato. Qualcuno ci viene ancora a
trovare con i figlio nato proprio in quei
giorni. Che benissimo! Finalmente
abbiamo trovato una casa in via Bruno
Buozzi e ci siamo trasferiti. Una casa
piccola con un terrazzo enorme.
Nel
palazzo vicino al nostro vivevano Roberto
Rossellini ed Ingrid Bergam al tempo
della loro "colpevole" passione. Avevamo
sempre
amici
fotografi
che
ci
scongiuravano di poter stare nel nostro
terrazzo per poter riprendere i due
importantissimi innamorati.
� ed ero sempre la vamp del cast, la
padrona di un night, qualche volta sola,
qualche volta con un amante delinquente.
Indossavo grepier, calze nere o abiti
talmente stretti che spesso me li cucivano
lettaralmente addosso al mattino e me li
scucivano la sera. Non potevo fare la
pipì, non potevo sedermi ed in più mi
sentivo frustata dalla testa ai piedi.
Ho avuto in quegli anni, due grandi
occasioni cinematografiche. Michelangeli
Antognoni e Luchino Visconti.
Per
604
"Cronaca di un amore" Antognoni aveva
scelto me. Io, allora, avevo un grande
complesso (complesso che in parte,
nonostante varie operazioni ho ancora
oggi): ero strabica - strabica, timida e
insicura. Nascondevo i miei occhi sotto a
degli occhialini lunghi, stretti e scuri.
"Lo so che sei strabica, ma per farti fare il
film, devo vedere i tuoi occhi.
Su...
coraggio, togliti gli occhiali". Me lo ha
chiesto almeno tre volte, paziente e
gentile. Beh, non ce l'ho fatta e la parte
la interpretò Lucia Bosé.
Visconti si era intestardito su di me, per
un ruolo in "senso". Io stavo in tournée
con Dario a Trieste. Telefonate sopra
telefonate.
E mi spiaceva lasciare la
compagnia, Dario e mi sentivo come
sempre insicura. "Sì, scendo, faccio il
provino poi magari mi dicono di no... " "No, ti prende a scatola chiusa gli
abbiamo portato tutte le bionde d'Italia,
non gliene va bene nessuna. Se vuoi ti
mandiamo il contratto. " Niente non me la
sono sentita, qualcosa mi ha bloccato.
605
Il ruolo è andato a Marcella Mariani
bruna,
fragile,
ex miss Italia,
completamente diversa da me. Visconti
aveva cambiato tipo.
Il giorno della prima del film a Bruxelles,
Marcella Mariani è partita in aereo per
quella città. Se io avessi interpretato quel
personaggio quasi sicuramente sarei stata
al suo posto. L'aereo è precipitato. Tutti
morti. Ecco cosa mi aveva bloccato. Il
mio sesto senso mi aveva salvato la vita,
come è capitato altre volte. Da quel
giorno, se qualcosa mi salta nel lavoro od
altro, penso che così doveva essere, il
negativo diventa positivo "doveva andare
così".
Nel '57 mi sembra vengo scritturata dal
Teatro Arlecchino a Roma,
per
interpretare un testo di Feydeau che
sembrava scritto per me: "Non andartene
in giro tutta nuda". Dario scrive per i
fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto
nulla, un atto unico "Gli imbianchini non
hanno ricordi" Ci prende gusto e ne scrive
altri.
A quel punto gli propongo di
606
ritornare a Milano e farci una compagnia
nostra.
Interpelliamo Paolo Grassi allora direttore
del Piccolo
�Nella sua vita c'è stato un altro grande
incidente vuole raccontare di Genova?
Dovevo tenere all'Italsider il mio
spettacolo "Tutta casa letto e chiesa".
Arrivai in città la sera prima. Prima di
entrare in albergo avevo visto nell'altro
lato della strada, una farmaci aperta.
Volevo lavarmi i capelli e così avvertii i
compagni che mi seguivano sempre,
allora,
Piero e Roberto: "Vado in
farmacia.
Torno subito" - "Aspetta ti
accompagnamo"
dissero
loro.
Dall'episodio di Milano non sono mai
uscita sola. "Ma no, vado da sola, torno
subito.
La farmacia illuminata e
splendente.
Io finalemnte libera mi
sentivo felice,
compravo saponette,
detergenti, oltre allo shampoo; mi pareva
di essere in vacanza. Con le mie compere
in mano uscii dalla farmacia e... mi
svegliai al Pronto soccorso dell'Ospedale
607
San Martino. Più tardi seppi che ero stata
travolta da un auto guidata da un uomo
angosciato e fuori di sé perché era appena
tornato dallo stesso ospedale, il San
Martino, in cui avevano ricoverato la
figlia anche lei vittima di un incidente
d'auto. Che jella!
Ho passato la prima notte, sulla barella
del pronto soccorso. Non c'erano posti
letto.
Ma tanto io non capivo nulla.
Ricordo assai vagamente la corsa
dell'autombulanza, e un gran dolore al
braccio sinistro ,
omero fratturato,
lamentavo un bruciore al gomito, più
avanti a tutto l'avambraccio, poi alla
mano. Mi hanno detto che era "causalgia"
cioé dolore urente, bruciante. Poi a poco a
poco (in due giorni) ho perso sensibilità
alle dita, alla mano tutta, al braccio.
Insomma paralisi. Un ematoma (toltomi
due mesi dopo dal Prof. Morelli, una
montagna di abilità e umanità che opera
all'ospedale di Legnano) strozzava i tre
nervi, ulnare, radiale e mediano. Dopo
tre giorni dal ricovero mi ingessarono. Tre
608
ore d'intervento assai difficile, eseguito
dal Prof. Roncalli.
Sono stata a piangere 24 ore su 24 per
mesi e mesi: antidoilorifici potenti e in
dosi massicce minacciavano di fare di me
una tossicodipendente. Più di una volta
ho pensato al suicidio. Mi hanno salvato
l'amore dei miei in particolare Dario
Iacopo mia sorella, gli amici... Mi salvò
il lavoro. Infatti dopo otto mesi
d'immobilità decisi di riprendere. Ora,
ho imparato a conviviere col dolore, mi
sono quasi abituata. Sono passati 14 anni.
IL SUO RAPPORTO CON LA RAI
Al di fuori del nostro teatro , per la RAI
ho fatto per pochissimo "La professione
della signora Warren" di Shaw con la
regia di Albertazzi e qualche altra
partecipazione
.
. Ora mi piacerebbe poter dare in TV lo
spettacolo di quest' anno "L' eroina " e "La
donna grassa" Molte madri ci hanno
portato i loro figli , mi hanno ringraziata
dicendomi: "Ha fatto più effetto a mio
figlio il suo spettacolo che cento discorsi
609
nostri" Per la donna grassa ho avuto degli
incontri magnifici con donne che si
identificavano col personaggio e ne
ricevevano forza oltre che gran
divertimento. Sono più che consapevole
dell' importanza
della televisione. Il
contatto diretto col pubblico in teatro è
insostituibile, ma in teatro raggiungi al
massimo centomila persone in un anno
mentre invece in televisione mal che vada
, in una sera ti vedono almeno due milioni
di persone . due volte ho provato sulla
mia pelle il potere del mezzo televisivo :
la prima é stata con Celentano,
la
seconda é una trasmissione della Carrà
dove dissi che mi separavo da Dario
mentre in ascolto c' erano 12/15mila
persone: sono cifre che fanno paura. Non
bastano dieci vite per una teatrante per
arrivare ad un così numeroso pubblico.
Quella volta, della Carrà, non avevo
assolutamente programmato di dire che
stavo lasciando Dario. Lei intervistandomi
scherzava dicendo: " Ma è vero che Dario
... . .
ma è vero che Dario... . ?"
610
alludendo alle numerose ragazze che
sempre gli girano intorno. Lei scherzava,
ma io , al quarto "ma è vero che" non ho
potuto fare a meno di rispondere: " Sì, è
vero, ma è anche vero che l'ho lasciato. "
Ho avuto subito la sensazione del clamore
che
avrebbe
suscitato
la
mia
dichiarazione.
Fuori dallo studio c'era
una giornalista, che stravolta mi ha
chiesto:" Ma è vero?!" E' scoppiato il
finimondo! Giornalisti mi davano la
caccia persino dall'estero.
Ho dovuto
cambiare albergo. Poi trovavo gente,
separata anche tre volte, che mi diceva: "
Ma tu non puoi!". Che assurdità! Perché
mai io non avrei dovuto potere?
E' PENTITA DI AVER FATTO
QUELL'ANNUNCIO IN DIRETTA?
No, non mi sono pentita, ero depressa,
avevo voglia di verità. La Carrà poi, è
stata molto simpatica: subito dopo la
trasmissione esplosiva, mi ha regalato un
servizio per la pìrima colazione con una
sola tazzina e tanti auguri. Poi quando
Dario ed io siamo tornati insieme
611
(praticamente quasi subito) mi ha inviato
anche l'altra. Gentile e spiritosa. L'unica
cosa di cui mi sono pentita è l'aver
sofferto tanto.
Ora, a distanza di anni, mi sono resa
conto che la storia forse non era tanto
importante come mi era sembrata, tantè
che è finita in nulla. Ma è difficile essere
sempre lucide e razionali.
A volte ci
riesco. Altre, no. Mi sono fatta una
grande esperienza in fatto di matrimonio,
convivenza, ragazze che vogliono tuo
marito a tutti i costi, pronte come il
NESCAFE', col bidè già fatto... . Potrei
aprire una scuola per mogli; mi piacerebbe
poter tenere le mie lezioni in una
trasmissione televisiva. Chissà quante
donne verrebbero a scuola! L'omportante
è capire l'uomo con cui stiamo, l'uomo
che amiamo, l'uomo al quale teniamo.
Capire che tipo di rapporto c'è tra noi.
Importante? Indispensabile? In questo
caso occorre riflessione profonda.
Decidere la strada da prendere che non
deve essere quella delle scenate e delle
612
tragedie. Se c'è casino in casa pensa che
liberazione andare dalla nuova fidanzata
fresca,
giovane e sempre allegra.
Dobbiamo capire anche che il nostro
commpagno sta invecchiando, come noi
del resto, (anche se noi donne siamo più
coscienti degli anni che passano,
accettiamo la maturità, la vecchiaia, per
cultura in modo diverso, con maggiore
consapevolezza, dignità) avere quindi
comprensione per i suoi "ultimi colpi". Fa
malinconia? Ci credo e mi dispiace, ma è
così. Anche questo è amore a 18 carati.
Invece se il rapporto non vale granché...
ebbene, lasciatelo andare e che vada a
morì ammazzato. Si fa per dire. Sto
ovviamente semplificando. L'interrogativo
è perché ragazze di 20 anni si mettano con
uno che ne ha trenta quaranta più di loro.
Naturalmente è sempre uno importante: il
grande pittore chirurgo attore cantante
regista scrittore ecc. Non si conoscono
storie d'amori travolgenti tra una ventenne
ed un pensionato dell'Imps. Sì, è vero, il
pensionato è molto meno affascinante.
613
Comunque, se un rapporto è importante,
ed il rapporto mio con Dariop lo è, è
inutile mettersi in mezzo, si diventa solo
strumento di divertimento e di piacere
dell'uomo. Un'altra volta al suo servizio.
Punto e basta.
�PARLIAMO DI ALCATRAZ
L'anno scorso ad Alcatraz c'è stato un
ragazzo particolrarmente difficile, non
parlava, sembrava che nemmeno sentisse,
non stava ritto in piedi doveva essere
addirittura imboccato, accudito da quattro
persono che si alternavano nelle 24 ore.
(Se non sapete come sono fatti i santi,
dovreste conoscere queste assistenti
sociali) Per tutto l'anno Adamo, questo è
il suo nome, stava in un istituto, istituto
che chiude in agosto!!L'Usl non sapeva
dove portarlo. Per un mese Jacopo l'ha
ospitato. Aveva messo materassi alle
pareti e a terra, gli si portava il pranzo in
camera, , insomma si cercava di stargli
vicino ed è stato per me un momento di
profonda emozione quando ho capito che
riconosceva la mia voce. Questo è il
614
lavoro di mio figlio, lavoro che porta
avanti con gioia e fatica, senza mettersi
fiori all'occhiello.
Ogni tanto penso che avrebbe potuto
scegliersi un'altra strada,
che so,
disegnare (è un bravo disegnatore satirico)
o scrivere ( scrive benissimo) insomma
fare un lavoro più vicino al nostro,
faticare di meno e forse avere maggiori
gratificazioni, ma lui è felice così. E noi
con lui.
***fino al '68, alla decisione, presa con
Dario di lasciare il teatro tradizionale e di
mettere a disposizione il nostro lavoro per
sollecitare una presa di coscienza.
La simpatia per la classe operaia non
bastava più.
La lezione ci veniva
direttamente dalle straordinarie lotte
operaie, dal nuovo impulso che tutti i
giovani stavano dando nelle scuole alla
lotta contro l'autoritarismo, l'ingiustizia
sociale, le spinte per un nuovo rapporto
con le classi sfruttate, per creare una
nuova cultura. Dovevamo smettere di fare
gli intellettuali che,
comodamente
615
sistemati dentro e sopra i propri privilegi
di casta, si degnano, bontà loro, di
trattare anche i problemi degli sfruttati.
Dovevamo
deciderci
a
metterci
interamente al loro servizio: diventare i
giullari degli sfruttati? Questo voleva dire
andare a recitare in strutture che fossero
gestite da loro, dalla classe operaia. Ecco
perché subito pensammo alle case del
popolo. Facemmo teatro nelle case del
popolo, nelle piazze, nei bocciodromi,
poi in una capanna di via Colletta a
Milano, alla famosa palazzina Liberty,
sempre a Milano, che ristrutturammo
completamente e che poi ci fu tolta.
�Sono stati anni di lotte dure,
manifestazioni, sindacato, licenziamenti,
Vietnam (vedi biografia), feste dell'Unita,
e i garofani rossi del P.C.I. ad ogni prima,
e Togliatti quando è venuto al Teatro
Eliseo 1962 e l'amicizia con Amendola e
sua moglie, e le migliaia di compagni che
si conoscevano, e gli spettacoli per le
fabbriche in occupazione... e ... e...(pezzo
manoscritto dietro la pagina numero 5
616
inserto 1 Cinzia)
�Ma il mio partito era lì, immobile,
senza niente vedere, capace solo di
sbraitare contro i gruppi che loro
chiamavano gruppazzi... di chiedere che
"si facesse luce" ad ogni atto criminale sul
quale la luce già brillava a denunziare con
evidenza il colpevole... in coda su tutto,
arrancante ed elefantiaco... pieno di case
del popolo svuotate di ogni ideologia...
senza più una biblioteca... dove
importante era "incassare" fare soldi.
� Il tutto con la persuasione che è inutile
sollecitare lo sviluppo di una cultura
proletaria, giacché non esiste né può
esistere. "Esiste una sola cultura, - dicono
quelli " che sanno ", - al di sopra delle
classi. La cultura è una, così come è una
la una e uno è il sole che splendono
indifferentemente per tutti quelli che se ne
vogliono e se ne sanno servire.
Facemmo teatro nelle case del popolo,
nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una
capanna di via Colletta a Milano, alla
famosa palazzina Liberty,
sempre a
617
Milano,
che
ristrutturammo
completamente e che poi ci fu tolta.
�Bene, se penso a quei momenti - lì - io
oggi - beh - non mi sembra possibile
averli vissuti. Oggi - che il coma è finito Io quella là? Io volevo morire. Che scema!
Non sono stata normale per anni. Zitta.
Non parlavo più. Zitta - anche se parlavo seria anche se ridevo. Senza amore per
niente. Per nessuno. Solo quel trascinarmi
nelle cose senza entusiasmo. Senza esserci
- fino "al fondo" di qualche mese fa.
Per giorni sono stata a pensare al modo
migliore per uccidermi. All'estero senza
documenti. Pastiglie; Macchina-benzina;
Overdose-eroina; vene tagliate-bagno;
Fon-bagno. Niente mi andava bene.
Volevo morire ma non trovavo nessun
mezzo che mi soddisfacesse.
Sfinita, dopo sette films visti in cinque
ore, mi sono presa un libro dei 20 che mi
ero portata appresso con un titolo assai
lontano da quello che mi sentivo addosso:
La coppia amorosa. La sfida delle
relazioni umane.
618
Le prime venticinque pagine le ho lette
senza fare attenzione ad una sola parola.
Come? Torna da capo. Rileggere. Pagina
50 e 100. E: E' finito. Da capo, subito.
Ma chi è questo? Che ha scritto ancora?
Comprare. Leggere. Rileggere.
Sbagliato. Tutto sbagliato. Ho sbagliato
tutto.
Da capo. Ricominciare da capo.
Chi sono? Come mi chiamo? Nome,
cognome, coniugata. Figli uno. Cosa
faccio? Da dove vengo dove voglio
andare.
Ricominciare.
A.E.I.U.O.
A.B.C.D.E.F.G...MAM...MA...mamma...p
apà..scuola. Chiesa. Dio. Comunismo.
Sole. Terra. Vento. Mare. Amore. IO. IO.
TE. Io e Te. IO e NOI. NOI. NOI.
A.E.I.O.U. IO. IO. NOI. AMORE. Nome.
Cognome. Sesso. IO
RACCONTACI IL TUO PRIMO
INCONTRO CON DARIO.
Le nostre strade s'incontrano ad un certo
punto delle nostre vite, ma partono da
punti assai diversi.
Io nasco da una famiglia d'attori
619
girovaghi, ed ho debuttato ad otto giorni,
ne il figlio della "Genoveffa di Brabante",
in braccio alla mia mammma. Via via che
crescevo, ho interpretato tutti i ruoli
possibili ed immaginabili maschili e
femminili, finche, dopo i vent'anni ho
lasciato la mia famiglia per seguire mia
sorella Pia che abitava a Milano in quel
tempo ed era prima attrice giovane con
Renzo Ricci. Il mio desiderio era di
riuscire a mia volta entrare in una
compagnia primaria. Un gran salto! Dario
invece,
studiava architettura al
politecnico, e per passione raccontava
favole grottesche agli amici, racconta
oggi,
racconta domani,
s'è trovato
scritturato nella compagnia di rivista,
"Franco Parenti sorelle Nava". Nella
stessa compagnia c'ero io. Il capocomico
era di Carlo Mezzadri, l'allora marito di
mia sorella Pia, che per strada ha lasciato
il mestiere d'attrice per aprire una sartoria
teatrale. Oggi Pia è una affermatissima
creatrice ed esecutrice di costumi teatrali.
E' arrivata fino a Las Vega con le sue
620
creazioni. Ha fatto una figlia, ha scritto
un libro sulla nostra famiglia, gioca a
poker, ama il tennis seguendolo sul
teleschermo, la musica classica, legge
molto, è curiosa, dimostra un vent'anni in
meno di quelli che ha, ma quello che più
conta, è che è generosa, spiritosa,
caustica, insomma è il personaggio più
divertente,
poliedrico che io abbia
intorno. Ci vogliamo molto bene.
Abitiamo nella stessa casa, ci capita
anche di litigare a volte, ma ci siamo
l'una per l'altra, sempre.
E' lì che io e Dario ci siamo incontrati. Lui
s'innamora subito di "questa sventola
dolcissima", così mi chiamava. Si prende
un imbesuimento di terzo grado.
S'innamora subito, ma se lo tiene per se.
Anzi non mi guarda per niente e se mi
guarda non mi vede: come fossi
trasparente! Com'è?! Seni tondi, gambe
lunghe, capelli biondi eccetera eccetara...
piena di ragazzi che mi giravano intorno e
lui , 'sto spillungone anche bruttino, (ora è
bellissimo!) niente. Non faceva una piega!
621
Non mi guardi? Ti castigo! Una sera, si
provava lo spettacolo al cinema Colosseo,
l'ho preso per le mani, l'ho messo contro
il muro, e gli ho dato un gran bacio, ma
proprio un bacio bacio! E mi sono
scoperta innamorata pazza. Il "da ridere" è
che tutto è successo per scommessa.
Siamo andati avanti per due anni tra baci e
litigi.... classico degli innamorati, fino al
giorno che ci siamo sposati: 24 giugno
1954 in Sant Ambrogio! Dario, metterà
una battuta, per il fatto di essersi sposato
in chiesa (lui,
quasi ateo-marxista)
addirittura nello spettacolo "Gli arcangeli
non giocano al flipper" : "Sposato in
chiesa per accontentare madre di lei molto
credente."
�Dopo la clamorosa rottura per
Canzonissima, la TV ci era proibita, ma
c'era sempre il teatro. Nel '63 ci fu il
nostro spettacolo su Colombo "Isabella,
tre caravelle e un cacciaballe", che
quest'anno verrà presentato per le
Colombiadi, in spagnolo a Valencia, con
la regia di Arturo Corso e anche trasmesso
622
dalla II rete in ottobre. L'anno dopo
"Settimo ruba un po' meno" e via via,
ogni anno uno spettacolo nuovo, di
successo, fino al '68, alla decisione,
presa con Dario di lasciare il teatro
tradizionale e di mettere a disposizione il
nostro lavoro per sollecitare una presa di
coscienza.
�Non ne parlo volentieri. Sono passati
quasi 20 anni, ma mi basta un niente per
ritrovarmici dentro di colpo. Nessuna
donna che abbia subito violenza sessuale,
potrà mai staccarsi completamente da quel
momento orribile.
Sono stata caricata su di un furgoncino da
tre individui e poi scaricata stravolta e
sanguinante vicino alla metropolitana di
via Dante. Non ho detto a nessuno quello
che mi era realmente accaduto. Nemmeno
a mio marito. L'umiliazione della violenza
sessuale, lo sfregio, era sopratutto per lui
e per mio figlio. No, me ne sono stata
zitta: più dignitose "le botte". Mi sono
tenuta tutto dentro, ma ho sbagliato. Il non
averne parlato con nessuno , l'essermi
623
tenuta tutto dentro (anche se tutti avevano
intuito quello che realmente mi era
successo) mi teneva in una continua
tensione. Un caro amico, il professor
MACACCARO, che mi era stato molto
vicino con gli avvocati in quei giorni così
pesanti, mi ha consigliato un' analista
donna, ma io non me la sono senita. Dopo
tre anni ho deciso di scrivere quanto mi
era successo... Senza una parola ho
passato i fogli a Dario. Li ha letti. Senza
una parola mi ha abbracciato. Finalmente
ce l'avevo fatta! Un nodo, il primo, si era
sciolto. Poi, in appoggio alla campagna
che si stava facendo in quegli anni per
l'approvazione di una legge contro la
violenza sessuale, ho deciso di portare
quanto avevo scritto in teatro. Andai di
colpo in scena, senza provarlo (non
riuscivo) e senza che nessuno della
compagnia lo sapesse. Solo Dario ed io ne
eravamo al corrente. All'ultimo momento,
invece di recitare "il risveglio" annunciai
un brano nuovo." Ho trovato questa
testimonianza su di un giornale e ve la
624
recito" Da quella sera ho replicato "lo
stupro" (questo è il titolo del brano)
almeno duemila volte. E via, anche il
secondo nodo si stava sciogliendo. Mio
figlio dice: "sei andata in analisi davanti a
migliaia di persone." Poi l'ho recitato
anche in Fantastico, quello di Celentano.
E' andata così. Gli atti di violenza sessuale
contro ragazze erano all'ordine del giorno.
Processi, stupri, violenze fisiche e morali
contro le donne. Sono sempre più
impegnata in questo campo. Propongo il
brano a Celentano. Accetta. Ci sono
resistenze da parte della prima rete, ma
lui ha un contratto di ferro. e alle 20, 30
finalmente mi comunicano che prenderò
parte alla trasmissione.. La voce è
circolata in sala stampa. Due giornaliste
vengono in delegazione e mi chiedono una
conferenza stampa dopo la trasmissione.
Va bene. Eseguo il brano, precisando
come sempre che è una testimonianza di
una donna che ho trovato su di un
giornale. Sono molto tesa. I fotografi non
stanno fermi un attimo. Per riuscire ad
625
arrivare alla fine mi devo concentrare
completamente. Ci sono dentro in pieno.
Soffro come allora. Rabbia, umiliazione,
terrore. Un brutto momento. Alla
conferenza stampa qualcuno accenna al
fatto che quella storia era la mia.( a suo
tempo ci fu gran chiasso e solidarietà sui
giornali) Ho negato molto decisa ma
egualmente qualcuno privo di sentimenti e
di rispetto me l'ha attribuita sui giornali
del giorno dopo. Per me è stato duro. Fin
che la gente non sapeva, diciamo, magari
qualcuno lo intuiva ma con me non ne
parlavano,
io
potevo
portare
quell'esperienza in teatro, ma da quando
si è saputo ho deciso di non farlo più.
Non avrei potuto, a parte che sarebbe
stato anche di cattivo gusto.
Sala 8 - 8 - 93
Non è per riprendere vecchi discorsi, ne
per recriminare, ma alla tua lettera devo
una risposta, per tutti e due. Parto
dicendoti subito che non sono in guerra
con te. Sono calma e tranquilla, come sai
626
dormo addirittura senza sonnifero, ed
erano anni che non succedeva. Ma come ti
dissi in una telefonata il giorno del mio
compleanno (che per almeno una decina
d'anni ho passato da sola - la prima volta è
stato per la storia con Maria, la maestra di
ginnastica che stava ad Alcatraz) la
situazione da marremotata com'è non può
più, col passar del tempo ristabilirsi
tranquilla, come è sempre successo. "Tra
un po' le passa.". Non più, alle stesse
condizioni.
Per pochi minuti mi occorre la tua
attenzione.
Fai
uno
sforzo,
ma
concedimela tutta. Vorrei che per una
volta le mie parole non ti passassero
davanti agli occhi, come sempre è capitato
in passato, ma che ti entrassero nel
cervello.
Il contenuto della tua lettera, come tu
stesso dici, è identico al contenuto di altre,
ripeti le stesse cose che mi dici da anni, e
senza offesa, ritengo le tue, lacrime da
coccodrillo. Io, con questa mia, cercherò
di fare un passo avanti, nell'ultimo
627
tentativo di raggiungere un accordo.
Tu: "Non ho mai smesso di volerti bene,
anzi di amarti come la persona più cara
importante insostituibile che io abbia mai
conosciuto"... "sei l'unica donna che conti
per me". Beh... per troppe volte mi hai
cancellata completamente, (e non sto
drammatizzando, ti assicuro) per crederci.
Il fatto che tu ti sia dato da fare nel lavoro
per aiutarmi, non è così importante per
me, dal momento che m'hai tolto l'essenza
del rapporto tra di noi, cioè l'amore. Non
parlo di quello fisico, anche se è
importatnte. E non mi giudicare ingrata.
Per le tue storie d'amore chiedi il perdono,
vuoi l'assoluzione.
Ti perdono, ma non posso cancellare 25
anni di solitudine e morte. (Non l'hai mai
provato, quindi non puoi sapere fin dove
può arrivare la disperazione. Meglio
sarebbe stato morire quando ci ho provato.
A tanto sono arrivata, ma tu non ne hai
tenuto conto: non sono per te importante
come dici, credimi). Peggio per me se non
sono stata capace di risolvere la mia vita
628
per il meglio. Non ti posso rimproverare
perché hai smesso d'amarmi.
Mi chiedi di aiutarti.Volentieri, ma a me,
chi mi aiuta?
Chiedi di aiurtarti a diventare migliore,
sereno e disteso. Devi trovarla dentro di te
la serenità, a 'sto punto io non ci posso
fare più niente.
Non ti chiedo di rinunciare alle tue storie,
(hai detto a Ja. che senza ragazze muori)
ma se vuoi continuare a stare con me devi
viverle con misura, per Dio, senza
conseguente perdita di testa e cadute
verticali,
condite
di
intollerabili
meschinità, perdita di stile, e il tutto sulle
mie spalle.
E c'è dell'altro: il non tenere conto che
faccio questo lavoro da una vita, (64 anni)
il farmi osservazioni (e nota bene, solo
quando siamo in pubblico. Il culmine l'hai
raggiunto con il Ruzzante) come ad una
principiante, m'è diventato insopportabile.
Non che io disdegni i tuoi suggerimenti, le
tue indicazioni per arroganza, no, è che
esigo siano intelligenti: non mi puoi
629
spiegare il significato di una battuta
traducendomela dal dialetto. E' una vita
che preparo la traduzione dei tuoi testa per
noi e per Einaudi e per Giunti. Sei ancora
lì, dopo 40 anni di lavoro insieme a non
aver capito che io, se non so la parte, non
parlo. Non sarebbe ora di smetterla di fare
il "regista" con me e non mettermi sempre
in inbarazzo?
Io ti porto rispetto e quindi lo pretendo per
me.
Questo è il punto a cui è arrivata la nostra
situazione.
Perché continui a vivere e a lavorare con
te, occorre che tarriviamo ad un accordo e
rispettarlo.
Se non ho la garanzia di non trovarmi mai
più in queste tristissime situazioni, donne,
lavoro, non ci sto. Se non te la senti di
darmi la certezza di poter invecchiare con
un po' di serenità, lascia perdere.
Non ci dividiamo (una separazione alla
nostra età... c'è anche il senso del
ridicolo... C'è anche Jacopo al quale non
intendo dare più malinconie e dolori)
630
continueremo a vivere insieme come
fanno tanti altri disperati. Sì, anche noi,
separati in casa! Siamo tanto moderni! Se
anni fa mi avessero fatto vedere il film di
questa nostra vita, non ci avrei proprio
creduto. Pazienza.
Non ho rancore alcuno nei tuoi confronti,
sono andata oltre...
Sappiami dire, tenendo presente che così
com'è, la storia, non m'interessa davvero
più.
LA SINISTRA ARTISTI (!!!) E
INTELLETTUALE OGGI
Marcare la grande irriducibile differenza
di pochissimi, mi riferisco ai “celebri” e
il disimpegno qualunquista di tanti
“amici” di un tempo… cantanti autori,
intellettuali, giornalisti… tutti compagni,
che conquistata un po’ di fama e soldi
magari tanti tanti, cantando e piangendo
con convinzione sulle disgrazie degli
“oppressi” hanno blindato la loro vita,
“non sento, non vedo” e da lì guardano il
mondo e si proteggono avvolti nel muro di
Berlino dalle sue pulsioni.
631
quando nasce saccorso rosso? 1970
manca mia regia Carolina bruxelles
quando va in scena a Londra L’anarchico?
non riesco a leggere il dischetto di
Cesenatico
cenacolo brera
11 ottobre ‘62 RAI
Primo canale
“Canzonissima”
Dario scrive i testi, dirige con Vito
Molinari e presenta con Franca Rame la
popolarissima trasmissione legata alla
lotteria nazionale.
Gli sketches di Fo-Rame diventano un
caso nazionale, scatenando violente
polemiche. È la prima volta che si trattano
in televisione problemi legati alla vita
reale come le malattie professionali
dell’intera famiglia di una casellante, i
muratori che muoiono, precipitando dalle
impalcature ecc...
Per la prima volta in televisione si odono
pronuniciare parole come “mafia”,”morti
bianche”, “serrata” e “sciopero”.
632
Il successo popolare è incredibile. La
direzione della Rai, sotto la pressione dei
politici più reazionari, inizia a dimostrare
un certo nervosismo preoccupato e,
nonostante i testi siano già stati approvati
dal direttore generale dott. Puglesi,
iniziano a piovere tagli su tagli.
In particolare, uno sketch sulla mafia nel
quale una donna siciliana racconta in
modo apparentemente paradossale ad un
giornalista il susseguirsi di ammazzamenti
di sindacalisti, contadini ecc., genera un
finimondo. Malagodi, senatore liberale,
interviene alla commissione di vigilanza
sulla televisione del Parlamento italiano,
protestando perché: “Si insulta l'onore del
popolo siciliano sostenendo l'esistenza di
un'organizzazione criminale chiamata
mafia!”.
La coppia Fo, Rame riceve anche minacce
di morte scritte col sangue e la tipica bara
di legno in miniatura. La famiglia Fo (il
figlio di sette anni compreso) viene messa
sotto scorta dalla polizia.
633
Inizia un braccio di ferro con la Rai sulla
censura: poche ore prima che l’ottava
puntata vada in onda, la direzione Rai
comunica il taglio di tre skechs. Dario e
Franca ricordando che erano già stati
approvati dal Dott. Puglesi. Propongono
come soluzione la sosta di una settimana,
(adducendo come pretesto la forzata
sospensione causa malattia di Fo), per
avere il tempo di rimpiazzare i brani
censurati. Durante quest’incontro con due
alti dirigenti vengono velatamente
minacciati di denuncia per danni e anche
di probabile arresto. Con molta tensione,
con i loro avvocati attendono la decisione
RAI che arriva a 15 minuti dall’inizio
della trasmissione. O si va in onda con i
tagli o niente.
Decidono per il”NIENTE”.
Un’annunciatrice a inizio trasmissione
comunicherà il loro ritiro. All’uscita del
Palazzo della Fiera, migliaia sono le
persone che li attendono. Manifestazioni e
attestati di solidarietà sono espressi in
migliaia di telegrammi, lettere ecc. La Rai
634
tenta, ma non riesce a sostituire Fo e
Rame perché tutti gli attori italiani e
stranieri come Ive Montan e……………,
seguendo le indicazioni della SAI
(Sindacato-attori), rifiutano di prendere il
loro posto.
Cinque saranno i processi a loro carico,
una assoluzione, e quattro condanne con
richiesta di danni per miliardi che i Fo non
pagano.
Per 16 anni saranno totalmente esclusi sia
dai programmi Rai-TV che dalle
campagne pubblicitarie. Per 16 anni il
nome Fo-Rame non è mai stato
pronunciato. Ricordiamo che Radio e
televisione a quei tempi monopolio
esclusivo dello Stato democristiano.
Dicembre Parigi: Théatre de L'Est
Parisien “Mistero buffo” e "Tutta casa
letto e chiesa"
dicembre tournée di Franca in germania:
Francoforte
Volksschoschschule
di,
635
Deutsches Schauspielhaus di Bochum ed
Amburgo, con "Tutta casa letto e chiesa".
RAI 2 (20 puntate) “Buonasera con
Franca Rame” di e con Fo 1981 - Gli Accademici dell'Università di
Danimarca assegnano a Dario Fo il
Premio Sonning (Il Nobel danese), premio
che Dario dedicherà a Franca.
DATA ‘81 Teatro Odeon Milano: “Tutta
casa letto…” nuova edizione, e tournée.
Franca scrive “Lo stupro” e “Una madre”
(problema torture detenuti politici) due
monologhi che saranno inseriti in vari
spettacoli.
PUBBLICAZIONI
Einaudi vol I: “Gli arcangeli non giocano
a flipper”-”Aveva due pistole con gli
occhi bianchi e neri”- “Chi ruba un piede
è fortunato in amore”
1997 Torino
Collana: Struzzi
Einaudi vol II: “Isabella, tre caravelle e un
cacciaballe” - “Settimo ruba un po’ meno”
636
- “La colpa è sempre del diavolo” 1983
Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol III: “Grande pantomima con
bandiere e pupazzi piccoli e medi”
“L’operaio conosce trecento parole, il
padrone mille, per questo lui è il padrone”
“Legami pure che tanto io spacco tutto lo
stesso” 1997 Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol IV: “Vorrei morire anche
stasera se dovessi pensare che non è
servito a niente” “Tutti uniti! Tutti
insieme! Ma scusa quello non è il
padrone?” “Fedayn” 1997 Torino Collana:
Struzzi
Einaudi vol V: “Mistero buffo” “Ci
ragiono e canto” 1997 Torino Collana:
Struzzi
Einaudi vol VI: “La Marcolfa” “Gli
imbianchini non hanno ricordi” “I tre
bravi” “Non tutti i ladri vengono per
nuocere” “Un morto da vendere” “I
cadaveri si spediscono e le donne si
spogliano” “L’uomo nudo e l’uomo in
frak” “Canzoni e ballate” 1997 Torino
Collana: Struzzi
637
Einaudi vol VII: “Morte accidentale di un
anarchico” La signora è da buttare” 1997
Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol VIII: “Venticinque monologhi
per una donna di Dario Fo e Franca
Rame” 1997 Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol IX: “Coppia aperta, quasi
spalancata” di Dario Fo e Franca Rame e
altre quattordici commedie 1997 Torino
Collana: Struzzi
Einaudi vol X: “Il Papa e la Strega” e altre
commedie 1997 Torino Collana: Struzzi
Einaudi vol XI: “Storia vera di Pietro
d’Angera, che alla crociata non c’era”
“L’opera dello sghignazzo” “Quasi per
caso una donna: Elisabetta” 1997 Torino
Collana: Struzzi
Einaudi vol XII: “Non si paga! Non si
paga!” “La marijuana della mamma è la
più bella” “Dio li fa e poi li accoppa” “Il
braccato” “Zitti! Stiamo precipitando!”
“Mamma! I sanculotti!” 1998 Torino
Collana: Struzzi
638
Einaudi vol XIII: “L’eroina” “Grasso è
bello!” “Sesso? Grazie, tanto per gradire”
1998 Torino Collana: Struzzi
Einaudi: “Mistero Buffo” 1997 Torino
Collana: tascabile Stile libero (con video)
Einaudi: “Manuale minimo dell’attore”
1997 Torino Collana: tascabile Stile libero
Einaudi: “Marino libero! Marino è
innocente!” 1998 Torino Collana:
tascabile Stile libero
Einaudi: “Il diavolo con le zinne” 1998
Torino Collana: Collezione di teatro
Einaudi: “La signora è da buttare” 1977
Torino Collana: Collezione di teatro
Einaudi: “Morte accidentale di un
anarchico” 1982 Torino Collana: Nuovi
Coralli
Einaudi: “Lu Santo Jullàre Françesco”
1999 Torino
Collana: Stile libero
(Cofanetto video-libro)
Einaudi: “Gli arcangeli non giocano a
flipper” “Aveva due pistole con gli occhi
bianchi e neri” “Chi ruba un piede è
fortunato in amore” “Isabella, tre caravelle
e un cacciaballe” “Setttimo: ruba un po’
639
meno” “La colpa è sempre del diavolo”
1966 Torino
Ed Kaos: “Parliamo di donne” 1992
Milano
Ed Kaos: “Fabulazzo” 1997 Milano
Ed Panini: “La vera storia di Ravenna”
1999 Modena
Ed Il Girasole: “La fine del mondo” 1990
Valverde (CT)
Ed Garzanti: “Teatro comico di Dario Fo”
1962 Milano
Ed Giunti: “Johan Padan alla descoverta
de le Americhe” 1992 Prato
Ed Garzanti: “Non tutti i ladri vengono
per nuocere” 1971 Milano
Ed La Comune: “Parti femminili” “Una
giornata qualunque” “Una coppia aperta”
1987 Milano
Ed La Comune: “Il ratto della Francesca”
1986 Milano
Ed La Comune: “Fabulazzo osceno” 1982
Sesto San Giovanni (MI)
Ed La Comune: “Storia vera di Piero
d’Angera, che alla crociata non c’era”
1981 Milano
640
Ed La Comune: “Storia della tigre e altre
storie” 1980 Milano
Ed La Comune: “L’opera dello
sghignazzo” 1982 Milano
Ed La Comune: “Clacson, trombette e
pernacchi” 1981 Milano
Ed La Comune: “Titta casa, letto e chiesa”
1981 Milano
Ed La Comune: “Non si paga! Non si
paga!” 1974 Milano
Ed Bertani (La Comune): “Tutta casa,
letto e chiesa” 1978 Verona
Ed Bertani (La Comune): “La marijuana
della mamma è la più bella” 1976 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Non basta una
bandiera, dietro ci vuole un popolo e
davanti ci vuole un partito” 1973 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Morte
accidentale di un anarchico” 1972 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Il Fanfani
rapito” 1975 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Ma scusa,
quello non è il padrone?” 1972 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Pum, pum! chi
è? La polizia!” 1973 Verona
641
Ed Bertani (La Comune): “La Giullarata”
1975 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Ci ragiono e
canto 1” 1972 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Ci ragiono e
canto 2” 1972 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Ci ragiono e
canto 3” 1973 Verona
Ed Bertani: “Ballate e canzoni” 1974
Verona
Ed Bertani (La Comune): “Mistero Buffo”
1977 Verona
Ed Bertani (La Comune): “Mistero Buffo”
1973 Verona
Ed Sapere (La Comune): “Morte e
resurrezione di un pupazzo” 1971 VareseMilano
Ed Mondadori: “Gli imbianchini non
hanno ricordi” 1977 Milano
Ed Nuova Scena: “L’operaio conosce
trecento parole, il padrone mille, per
questo lui è il padrone” 1969 Cremona
Ed Mazzotta: Il teatro politico di Dario Fo
“Mistero Buffo” “Isabella, tre caravelle e
un cacciaballe” Franca Rame: da
642
“Isabella” a “Parliamo di donne” “La sigla
televisiva” 1977 Milano
Ed Mazzotta: Il teatro politico di Dario Fo
“Compagni senza censura: “Mistero
Buffo” “Legami pure che tanto io spacco
tutto lo stesso” “L’operaio conosce
trecento parole, il padrone mille, per
questo lui è il padrone” “Isabella, tre
caravelle e un cacciaballe” “Pum! Pum!
Chi è? La polizia” 1° Volume 1977
Milano
Ed Mazzotta: Il teatro politico di Dario Fo
“Compagni senza censura: “Tutti uniti!
Tutti insieme! Ma scusa quello non è il
padrone?” “Vorrei morire anche stasera se
dovessi pensare che non è servito a
niente” “Morte accidentale di un
anarchico” “Fedayn” 2° volume 1977
Milano
Ed Ridotto (Mensile di teatro): “Quasi per
caso una donna: Elisabetta” 1984 Roma
Ed Ridotto (Mensile di teatro): “Dio li fa e
poi li accoppa” 1986 Roma
Sipario (Mensile di teatro): “Settimo: ruba
un po’ meno 2” 1992 Milano
643
Fra gennaio e maggio 2000 diverse città
italiane ospitano la mostra degli arazzi per
ricordare le “stragi di Stato”
Ma la donna avrà compiuto per intero la
sua “missione” quando riuscirà a
riprendersi il posto che le spetta: il
governo totale del Paese, la conquista
della dignità e del rispetto per tutte.
E perché mai ciò dovrebbe accadere?
Perché noi, picchiamocelo bene in testa
donne, a martellate, siamo esseri
superiori.
Sì avete capito bene. Superiori!
Chiediamo agli uomini le “pari
opportunuta”, senza renderci conto che
dovremmo essere noi a doverle concedere
a loro.
Non sono impazzita ne mi sono montata la
testa. Noi siamo in grado di far
“miracoli”, e non è il miracolo di arrivare
a fine mese. Ma un grande vero miracolo.
644
Gli uomini possono essere i più potenti
del mondo, muovere eserciti, bombardare,
massacrare migliai di innocenti, torturare,
ma solo noi, noi donne, abbiamo la
possibiltà di fare qualcosa a cui loro, con
tutta la loro boria, non potranno mai
arrivare: CREARE UNA VITA.
E se non è un miracolo questo…
Il movimento femminista ha il
grandissimo merito di aver sconfitto
l’oscurantismo padrone (il termine esatto
sarebbe imperante, ma mi fa schifo) del
nostro Paese che ci voleva ad occhi bassi
“onorate” di essere sfruttate, picchiate a
sangue dal buon padre, dal buon marito,
violentate in famiglia e fuori, relegate,
sottomesse, silenziose.
Abbiamo vinto battaglie straordinarie,
(scusate questi due termini insopportabili,
ma non me ne vengono altri) assai costose
645
per l’impegno assoluto, il sacrificio e la
totale dedizione,
ALTRA STESURA CHE HO
SCARTATO.
Alcatraz 8 agosto 2004
Una luna esagerata. Settembre. Da fuori
viene un’aria ancora tiepida. Guardo il
cielo e le sue stelle. Tante e non mi danno
nulla. Il giorno è lontano. Non ho sonno.
Gli occhi mi bruciano, ma non ho sonno.
Sono rientrata da poco. Ho recitato un po’
distratta, col pensiero in questra
cameretta. Mi appoggio meglio alla
poltrona. Ho posato in grembo il
detergente per il trucco. I clinex. Inizio a
struccarmi con sospiri lunghi. Di quelli
che ti sconquassano l’anima. Non avrei
voluto mai vivere questo momento.
La guardo. Lei è lì che sta faticando per
morire.
Un rantolo costante da giorni ci segue in
ogni stanza.
La sua mano che tengo più che posso nella
mia, è tiepida, se non fosse per quel
respiro strozzato che le esce e le labbra
646
spaccate per l’arsura potrebbe sembrare
una
bellissima
anziana
signora
addormentata.
Sì, mamma, ora te le inumidisco. Da una
tazza prendo la garza intinta nell’acqua,
delicatamente gliela passo sulle labbra.
Sulle gengive. Qualche goccia sulla
lingua. Mi sembra che ne succhi un po.
Chissà.
Sono qui, mamma. Sono qui, dammi la
mano.
La casa dorme. Anche l’infermiera della
notte, riposa.
In questi lunghi solitari silenziosi
momenti il pensiero fa salti qua e là nella
nostra vita.
La mia famiglia.
Non ho conosciuto nessun nonno e da
piccola invidiavo le bambine che li
avevano.
Cerco di immaginare mia madre tra i suoi.
Il padre ingegnere del comune di Bobbio,
o forse solo geometra, la madre casalinga.
Undici figli: sette femmine quattro
647
maschi. Poveri come l’acqua, dignitosi, di
una certa classe sociale, ma troppe bocche
da sfamare e da far studiare. Maschi e
femmine non potevano mai uscire tutti
insieme: mancavano le scarpe.
L’Emilia, la mia mamma, a 17 anni
diventa maestra. Per quei tempi era già
tanto. La mandano a insegnare in una
scuola sperduta in montagna. Viene
ospitata da un giovane cugino prete. Il
povero pretino si innamora perdutamente
di lei. Per quanto cercasse aiuto nel
Signore un bel momento, bruttissimo per
la giovane cattolica, fervente e praticante
Emilia, le palesa il suo perdimento. Tenta
pure di baciarla. Vola un ceffone sul
faccino pallido dell’impunito e quasi
soffocando
per
l’indignazione,
l’integerrima maestrina, se ne torna a casa
che era già scuro. E c’era pure la neve.
Questo avvenimento è rimasto nella testa
di mia madre, indelebile. Fotografia mai
ingiallita.
Credo sia stato l’unico momento
“vergognoso” come lei lo definisce, della
648
sua vita. “Ma mamma, quel povero
pretino, in quel paesino sperduto in
momtagna… potevi anche darglielo un
bacino…” le dicevo ridendo. “Mai. Si
vergogni!” Chissà da quanto è morto.
“All’inferno, sarà certamente all’inferno!”
A 85 anni, e non era la prima volta a
Cesenatico, chiede di confessarsi. Dario,
in bicicletta va a chiamare il prete. Lo
vedevamo tutte le estati, sempre a
confessare mammà. Aperto, intelligente,
un buon cristiano. Li lasciavamo soli.
Parlottavano per una mezz’oretta. Lei,
seduta, compunta, seria, con gli occhi
bassi come se provasse vergogna. Lui la
rincuorava con la bocca piena di biscotti.
Li spiavo dalla finestra sciogliendomi di
tenerezza.
Quando usciva gli chiedevo: “Ha vistio
che peccati tremendi ha fatto la mia
mamma? E’ sempre quello eh… il povero
pretino… e il ceffone…” Lui se ne andava
ridendo intascando l’offerta per la chiesa.
In bicicletta.
649
Di mio padre si innamora poco dopo la
storia del pretino.
Me la immagino. La vedo giovane,
bellissima. E quando dico bellissima
voglio proprio dire "bellissima" senza un
ombra di aiuto. (Nessuno di noi, quattro
figli, pur assomigliandole, s'è avvicinato a
tanto).
Arriva il principe azzurro.
Mio
padre
Domenico
Rame:
"marionettista girovago" con il suo carro,
il fratello Tommaso, la sorella Stella, il
padre Pio, grande estimatore di Garibaldi
tanto da portare una barba come la sua.
L'unico ritratto in nostro possesso lo
raffigura vestito e somigliante all'eroe! A
quel tempo, in un paesotto come Bobbio,
l’arrivo delle marionette era certamente
un evento.
Si conoscono a carnevale ad un gran ballo,
le sette sorelle Baldini con costumi
d’epoca cuciti da loro stesse, folgoravano,
sotto lo sguardo attento di tutta la famiglia
i maschi presenti. Lui… il mio papà …
“Era bellissimo! Aveva un costume
650
azzurro… M’ha invitato a ballare sette
volte. E mi stringeva anche!” cinguettava
mia madre illuminata dal ricordo.
Fulminati.
Lui, finita la stagione in quel di Bobbio, se
ne va. Lei sicuramente piangeva.
Dopo un anno di lettere d’amore il
Domenico torna. Si sposano con grande
scandalo della famiglia e del paese. E sì,
perché tutte le altre sorelle erano fidanzate
con professori, giudici, impiegati di banca.
Lei no: il marionettista, col suo carro e
senza fissa dimora. Altro che scandalo.
Bellissima, giovane, innamorata, cerca
con tutte le sue forze di adeguarsi alla
nuova vita, tanto diversa da quella che
aveva condotto sino a quel giorno.
Aiuta la famiglia come può.
Non sa manovrare le marionette, ma si
ingegna a cucire vestiti, e rinnnova tutto il
vestiario delle pupazzi di legno.
E’ molto orgogliosa di quello che fa. Più
avanti, dirà qualche battuta.
Con l'avvento del cinema (1920) i due
fratelli intuiscono che "il teatro delle
651
marionette" sarà presto messo in crisi,
schiacciato da questo nuovo magico
mezzo di spettacolo. Decidono un
cambiamento radicale (con grande dolore
del nonno Pio): “Entreremo in scena noi,
al posto delle marionette, reciteremo noi i
nostri spettacoli". Così mio padre con
l’Emilia, la zia Stella, lo zio Tommaso
con la moglie Maria, si sostituiscono ai
pupazzi di legno, vere e proprie sculture,
tre delle quali sono esposte al Museo della
Scala di Milano. Debuttano nel teatro di"
persona", recitano loro stessi
i testi, i
personaggi
che avevano fino allora
interpretato muovendo e doppiando le
marionette, e lei, la mia mamma, diventa
la prima attrice della compagnia.
Un'attrice che di giorno tirava su i figli, li
aiutava a studiare, si occupava della casa,
e come una più che provetta casalinga (a
tutti gli effetti) teneva l'amministrazione
della compagnia come fosse quella di un
normale menage familiare. E alla sera,
via!… e Giulietta e Tosca, e la Suora
Bianca, e la Fantina dei Miserabili, tutti
652
ruoli che via via, abbiamo interpretato
anche noi figlie e le cugine Ines e Lucia.
Mi vedo a percorrere l'apprendistato dei
teatranti interpretando tutti i ruoli che
crescendo erano adatti alla mia età,
maschili o femminili che fossero. Il
vantaggio della compagnia di mio padre
rispetto alle altre compagnie di giro, (così
si chiamavano le piccole compagnie di
provincia) è l'invenzione di impiegare tutti
i trucchi scenici del teatro magico delle
marionette, nel "teatro di persona":
montagne che si spaccano in quattro a
vista, palazzi che crollano, un treno che
appare piccolissimo lassù, nella montagna
e che man mano che scende s'ingrandisce
fino ad entrare in scena con il muso della
locomotiva a grandezza quasi naturale.
Mari in tempesta, nubi che solcano
minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente
che vola, scene in tulle in proscenio, che
illuminate a dovere ti facevano vedere
come il paradiso. Insomma tutti gli
espedienti tecnici dell'antico teatro
seicentesco dei Bibbiena, che viveva
653
ancora, dentro la scenotecnica delle
marionette. Soltanto che in quel teatro
tutto era stato miniaturizzato, si trattava
adesso di eseguire una operazione da
Gulliver alla rovescia: da minuto che era,
ingrandire ogni oggetto, aggeggio,
marchingegno fino a renderlo simile alla
realtà.
In questa nuova veste la compagnia di mio
padre realizza un successo insperato. Si
lavora tutte le sere, 363 giorni l’anno. Si
riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei
morti, a novembre. O se c'era il funerale
di un defunto importante del paese: il
prefetto, il podestà, il dottore, il prete il
farmacista. La domenica, la compagnia si
divideva in due e si faceva doppio
spettacolo, pomeriggio se sera.
Mio padre, il capo, con il ruolo di primo
attore, manager P.r., lo zio Tommaso nel
ruolo dell'antagonista o del comicobrillante a secondo dei testi e di
drammaturgo-poeta di compagnia; le
mogli, i figli, gli attori scritturati, i
dilettanti, gli amici componevano la nostra
654
compagnia. Giravamo cittadine, paesotti e
paesini del nord Italia su di una corriera
che chiamavamo "Balorda" a causa del
comportamento bizzarro che aveva, che
più che al suo cattivo carattere andava
attribuito agli anni. In certi paesi nei quali
ad una certa ora del giorno si passava, nei
turnichè particolarmente ripidi, c'erano
sempre dei ragazzi che ci aspettavano. Ci
spingevano fra tante risate, poi la sera ci
raggiungevano ed entravano a godersi lo
spettacolo gratis. "Siamo quelli che
abbiamo spinto." "Passate".
Mio padre, amava la Balorda, e zingarone
com'era, gioiva tutto nel vedersela
rilucente di colori sgargianti. Mia madre,
la maestrina-cattolica-di buonafamiglia
ogni volta che lui le cambiava colore:
"non sposeremo mai le nostre figlie!"
lamentava col pianto in gola. "Hai ragione
Milietta… domani le cambio colore". E
l'indomani
quando
"Emilietta"
si
affacciava in cortile, ecco la Balorda
ridipinta… d'argento!
Si ritirava bisbigliando ormai rassegnata:
655
"Non sposeremo mai le nostre figlie!"
Cos’è?… m’ha stretto la mano?…
Trattengo il fiato. Giro appena la lampada
del comiodino. No, mi è solo parso… Ma
forse… Che debbo mai aspettarmi, in che
spero? Ha 88 anni, è in coma profondo da
oltre 20 giorni.
Fuori è ancora buio. Guardo l’ora. E’
passato poco tempo. Com’è che la mente
ti porta davanti agli occhi storie di una
vita in un attimo?
Finisce la guerra. Bombardamenti non ne
avevamo avuti. Qualche bomba sulla
fabbrica di aerei: la Macchi, alla periferia
di Varese, a Masnago. Masnago…
Ricordo una notte che stava tornando a
casa dopo lo spettacolo e veniamo fermati,
sia noi che tutti quelli che passavano per
quella strada dopo di noi, da un gruppo di
fascisti e S.S. Ci hanno fatto entrare in un
cortile, (era quello dove abitava uno dei
nostri dilettanti, chiamato "Luigino-cassada morto”, perchè suo padre le fabbricava)
656
dove siamo stati per ore bloccati. Solo
all'alba ci hanno lasciati andare. Non è
stato per niente drammatico, per noi
giovani. Dopo poco la serietà degli adulti
l’abbiamo buttata dietro le spalle. L'aria,
era di festa. La mamma del Luigino-cassada-morto, ci aveva offerto qualcosa da
mangiare. Si parlava, si rideva, nonostante
i tedeschi e i fascisti con i loro mitra, giù
nel cortile. “E’ arrivata altra gente…
stanno fermando tutti.” Cominciamo ad
avere sonno, si parla e si ride di meno. Si
sà, i giovani trovano sempre la maniera di
di superare le tensioni. Sarebbe però
questa strana notte finita in tragedia se
quell'alba avesse portato la notizia di una
missione tedesca andata male. Ci
avrebbero fucilati tutti. L'abbiamo saputo
qualche giorno dopo.
L'abbiamo scampata.
Altre volte, capitava che ci fermassero dei
partigiani. Non dicevano
"siamo
partigiani" ma erano in borghese con i
mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio?"
Ci strigevamo e li facevamo salire e via
657
che si riprendeva a cantare. Più avanti, a
volte capitava d'incontrare un picchetto di
fascisti che ci fermavano, non chiedevano
i documenti. Ci conoscevano. Avevamo
un permesso speciale per il coprifuoco.
"Buona sera signor Rame. Com'è andata?"
"Benissimo!" "Buona notte”. Ce ne
andavamo riprendendo a cantare col fiato
che si strozzava in gola.
“Come va?” “Bene, dorme…” Non mi
veniva di dire COMA. Dario mi dà un
bacio. “Va a dormire, ci sto io.” “Non ho
sonno…” Come se ne va mi mettevo a
piangere. Che momento orribile.
Appoggio la testa. Poi mi rimetto dritta.
Ho paura di addormentarmi.
"E' ora che Franca incominci a recitare,
ormai è grande”. Avevo 3 anni." E’ mia
madre che parla. Me la ricordo mentre mi
insegnava la parte: "bocca a bocca", così
si diceva a casa mia, mot-a mot, parola
per parola. Aveva deciso (era sempre lei
che prendeva le decisioni importanti in
658
famiglia) che avrei fatto un angiolino di
supporto all'angelo vero, che veniva
interpretato da mia sorella Pia in "La
passione del Signore" atto V, orto dei
Getzemani. "Pentiti Giuda traditore che
per trenta monete d'argento hai venduto il
tuo Signore! Pentiti! Pentiti!” recitava Pia
e io dovevo ripetere gridando subito dopo
la stessa battuta: “Pentiti! Pentiti! Giuda
traditore che per trenta monete d'argento
ha venduto il suo Signore!”
Non era una gran parte, non ci devo aver
messo molto ad impararla. "Ripeti!"e
ancora e ancora "ripeti" diceva la
mamma, paziente mentre pelava le patate
per il minestrone. "Ripeti!"
Mia madre per i suoi figli era
ambiziosissima.
Per l'occasione mi aveva cucito un
bellissimo abito bianco da angelo, con due
grandi ali bianche e oro appoggiate sulle
spalle. Seppur credente non andava mai
in chiesa ma aveva il famoso cugino prete.
Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli
erano vestiti così! Mio padre, ormai
659
entrato nel gioco,
mi fabbricò una
coroncina di lampadine con una pila
infilata nelle mutandine, e me la mise in
testa.
E' ora d'andare in scena e tutti: "Ma che
bell'angiolino! Ma che bel vestito!" La
mia mamma faceva andare la coda e io, lì
pronta con le mie ali e le lampadine in
testa. Non mi avevano fatto fare nessuna
prova. Sapevo solo che ad un certo punto
avrei dovuto seguire mia sorella Pia
nell'entrata in scena ed ad un segnale della
mia mamma sistemata in quinta avrei
dovuto gridare "pentiti-pentiti…". Il
guaio, l'imprevisto che più imprevisto di
così non si poteva immaginare fu che il
personaggio di Giuda era interpretato da
mio zio Tommaso, un uomo che avevo
sempre visto calmo, sorridente, che mi
raccontava storie bellissime, mi regalava
un sacco di divertimenti, al quale volevo
molto bene e vedermelo lì, proprio vicino
vicino, con una parruccaccia nera in
testa… gli occhi che lanciavano saette tra
un minaccioso tuonar e lampeggiar, che
660
disperato gridava: "possano i corvi
divorarmi le budella, le
aquile
strapparmi gli occhi!" e altri animali che
non ricordo "mi divorino un pezzetto alla
volta ad incominciare dalla lingua", mi
fece un terribile effetto. Mamma mia che
spavento! Cosa stava capitando?! Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo. Ma
quello che mi buttò completamente fuori,
fu il vedere mia sorella, solitamente
rispettosa ed educata, che per nulla
intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i
colori! Una sfuriata in piena regola che
trascinava il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera. "Ma cosa
sta capitando? Perchè lo zio Tommaso fa
così?" Il groppo che mi sentivo in gola
stava per scoppiare. Mia madre dalla
quinta mi faceva gesti più che perentori, le
sue labbra ripetevano pentiti pentiti. Giuro
che avrei potuto parlare, ma non me la
sentivo proprio di rincarare la dose. No, io
no, allo zio Tommaso non dico proprio un
bel niente! Non so cosa gli sia capitato,
poverino. Forse è impazzito. Anzi. A
661
piccoli passi, camminando come pensavo
camminassero
gli
angeli,
seppur
spaventatina, gli sono andata vicino, lui
era in ginocchio e gridava più che mai,
proprio fuori di testa. Dio che paura!
Senza dire una parola mi sono arrampicata
al suo collo e l'ho abbracciato,
tempestandogli la faccia di baci. Insomma
cercavo, con i mezzi che avevo a
disposizione, di calmarlo e piangevo nel
silenzio che era calato in palcoscenico. Pia
era
ammutolita. In quinta mia madre faceva
segnali che non prospettavano niente di
buono. Lo zio-Giuda si blocca per non
più di cinque secondi, lo giuro. E poi con
voce profonda (intanto con la mano
solleticava la mia e con gli occhi mi
rideva per tranquillizzarmi) dice: “Dio,
sei grande! A questo orrendo peccatore
mandi il conforto... un piccolo angelo…
mi tendi la mano… No, no, non me lo
merito!” e , dal momento che lo spettacolo
doveva pur terminare, taglia corto
“M'impicco! Dov’è l’albero più alto?
662
M’impicco!!” Deve usare un po' di forza
per liberarsi da me che proprio non ne
voglio sapere di lasciarlo andare ad
impiccarsi. Cosa vuol dire impiccarsi?
Non lo sapevo ma ero certa fosse una cosa
brutta. "L'albero più alto… dov'è l'albero
più alto… Lasciami andare angiolino…
Lasciami.." e con un urlo agghiacciante
esce di scena. Mia sorella (l'unica volta
nella sua vita, credo) non sapendo più che
fare, camminando anche lei sulle punte,
immediatamente lo segue. Grande
applauso.
Tutti mi chiamano in quinta con grandi
cenni. Non so se la paura d'essere
sgridata o il "senso del dovere" che
maledizione da che sono nata è lì, a
infastidirmi la coscienza, fatto si è che
dopo
un
attimo
di
silenzio,
raddrizzandomi la coroncina di lampadine
che nel trambusta stava per cadermi, con
voce chiara e mesta, quel tanto che serve
dico “S'impicca! Non s'è pentito… Giuda
traditore che per trenta monete d'argento
ha venduto il suo Signore… Non s'è
663
pentito!" e via che esco.
Ce l'avevo fatta: l'avevo detta tutta!
Da allora in poi, "La passione del
Signore" ha sempre avuto due angiolini,
con il più piccolo che abbraccia Giuda a
mostrare la grandezza di Dio.
E tutti giù a piangere.
“Signora, vada a dormire, è mattina.” E’
l’infermiera del turno di giorno. Mi corico
vestita. “Mi raccomando, mi chiami se…”
E’ ora di pranzo. Tutta la famiglia riunita.
La mia testa è divisa in due pensieri fissi:
lo spettacolo all 15 al Teatro Odeon, mia
madre in agonia.
So che andiamo a pochi. Lo sento.
L’infermiera arriva da laggiù. Senza
complimenti mi chiede: “Ha un fulard?”
Domanda bizzarra. Non capisco. Mi fa un
gesto veloce che dal mento va alla testa.
Mi occorre qualche secondo per afferrare
il senso della sua richiesta.
Corro da mia madre.
Nulla è cabiato. Me la guardo per un po’.
664
Da anni mi son sempre detta: Lei deve
morire con la sua mano nella mia. Ma ora,
sprofondata in questo sonno senza
coscienza, non servo a nulla. Mi strazio e
basta. Ci siamo quasi. Un lungo bacio. Ho
finito le lacrime.
“I vestiti…. Datemi i vestiti.” Dico a
fatica. Mi vesto sul pianerottolo, mentre
viene chiamato l’ascensore. “Vuoi proprio
andare a lavorare?” “Sì Dario, tornerò in
tempo.”
Arrivo a teatro, mi trucco, mi vesto.
Silenzio assoluto intorno a me. Vado in
scena. Faccio fatica a non scoppiare a
piangere a quel grande applauso che mi
accoglie.
Via che vado. “Tutta casa, letto e chiesa”.
Monologo comico. Le risate arrivano, gli
applausi anche. Tutto normale. Guardo in
quinta di quando in quando. Solitamente
mio fratello Enrico, è lì. Non c’è.
Intervallo. Non chiedo. Nessuno parla.
Secondo tempo. Vado avanti a macchina.
Giro la chiavetta della professione. Mio
665
fratello non si vede. Tiro fino in fondo.
Come si chiude il sipario, mi sento male.
Mi portano in camerino. La gente batte le
mani. Ma chi ce la fa ad uscire a
ringraziare? Chiudono il sipario di ferro.
Gli applausi continuano. La gente non sa e
non capisce cosa stia succedendo. Arriva
ungram silenzio a un tratto. Mi sono
rispresa. Sento Roberto Anselmino, il
direttore di scena che parla: “Scusate ma
Franca non può uscire. E’ morta sua
madre. L’ho saputo così.
Quando sono uscita davanti all’ingresso
degli attori, c’era tutto il pubblico, più di
mille persone ad aspettarmi. Tutte lì, in un
silenzio che non dimenticherò mai.
E’ il 4 ottobre. San FRANCESCO.
Medico per il certificato di morte.
Telefonate. Gente. Amici. E io che parlo,
parlo ad alta voce. Ma proprio alta. Non
so perché.
La notte, il giorno del funerale ho
continuato il tragitto nella mia vita con la
666
mia famiglia. Era un modo come un altro
per averla ancora con me.
PREFAZIONE LIBRO
V Alcatraz
Prefazione a
SETTE UNIVERSI DI PASSIONE.
Turbata, corro indietro velocemente lungo
la mia vita: rabbia, paura angoscia,
commozione, furore, amore, solitudine,
felicità piccole e grandi... inaspettate,
attese, così i dolori, ma in questa gamma
di sentimenti, sensazioni, quello che sto
provando ora, non c'e. Che mi sta
capitando?
Una voce maschile educata al telefono, mi
propone con grande gentilezza
la
prefazione a un libro. Ne parla entusiasta.
Sto attraversando un momento nero. Non
ne ho voglia alcuna. E’ una vita che per
amore o educazione leggo testi di altri.
Non so come uscirne. “Grazie… ma non
posso prometterle niente, mi mandi pure
le bozze… le farò avere una risposta.”
667
Riattacco certa di un mio prossimo
educatissimo
“No
spiacente,
ma
proprio...”
Quando m’arriva il testo, lo sbatto nella
borsona che mi accompagna sempre.
Mi trovo da Jacopo, mio figlio.
Un verde intorno pazzesco col quale non
ho filig alcuno. La mattina mi sveglio e
devo fare molti sforzi per superare la
voglia di tirarmi il lenzuola sulla faccia e
non muovermi più.
Estate bizzarra. Tempo mutevole. Ora
piovere. Magnifico! Il cielo scuro, di
mattina presto è in sintonia con il mio
umore.
Che fare? Mi ritorna in mente il libro. Di
malavoglia lo prendo.
"Sette universi di passione" di Aida
Stoppa.
Universi di passione! Ha detto niente
questa.
Dio, come mi sento antipatica, negativa..
Il titolo non mi sollecita.
Senza interesse leggo il sommario:
668
Ipazia e la rete d’oro.
Teodora e i potere.
Teresa e il castello interiore. Emily e la
solitudine.
Isadora e lo spirito della danza.
Frida e la passione dell’immagine.
Scorro quanto dovrebbe finire in controcopertina.
Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita
"menata" femminista social-politica,
scritta dalla solita intellettuale per altre
intellettuali, quasi tutte saccenti, esibenti,
compiaciute dello loro sfoggiar "cultura",
usanti un linguaggio da casta per "quella"
casta, senza la minima preoccupazione di
essere capite (mi riferisco agli anni 70) da
chi avevala necessità urgente di “capire”.
Tutte protese a correre sgomitando per
essere lì, pronte a “brancarsi" il posto di
comando.
Contare.
Dirigere.
Liderscippare.
Vestite di finta umiltà e sorellanza. E in
nome della sorellanza alla prima
occasione confermavano quello che da
669
anni andavo constatando e dicendo frutto
di storie e storie e storie di donne di ogni
età, cioè: “la peggior nemica della donna è
proprio la donna”.
Fra queste sette donne mi scelgo il nome
che mi suona meglio. Teresa. Pagina…
E chi sarà mai sta Teresa con il suo
castello interiore?
Parto a leggere indifferente e diffidente.
Oh bella, guarda chi si vede: Teresa
d’Avila. Mi era stato proprosta anni fa dal
prof. Marotti, docente di storia del teatro
alla Sapienza di Roma, di portare questo
fantastico personaggio in scena. Me l’ero
studiato bene. Letto libri su libri. Poi non
se ne è fatto niente.
Mi fa effetto ritrovarmela sotto gli occhi
dopo tanto tempo.
Qualche pagina e poi smetto, mi dico.
E invece no, qualche pagina e ci sono
dentro. M'ha coinvolto la chiave di
scrittura. Sono biografie ma l’autrice
interpreta il personaggio in prima persona,
entra nella sua vita. Lo scalda, lo fa
670
splendere.
Con chiarezza colta, in quanto
conoscenza, né facile né semplicistica.
Ti fa rivivere la vita, le scelte, le fatiche,
la crescita, il dolore, la presa di coscienza,
la creatività, la modestia, il peso del
valore di un personaggio-donna.
Passioni,
amori
da
sconquasso,
insicurezze, dubbi, certezze, dignità e
dignità e dignità e scelte e scelte e dignità
e scelte e dolore e dolore, e dignità e
amore amore… per una donna, un
uomo… per Dio.
Il “personaggio” è lì, davanti ai tuoi occhi.
Ti entra nel cuore, nella testa. Lo vedi, lo
senti, tutto, asciutto e pieno.
Come ha fatto Aida ad entrarci dentro con
tanta leggerezza, meticolosità, delicatezza,
umiltà, forza e, fragilità? Pure poetica quel
tanto che non disturba.
E’ una magnifica scrittura, priva di
elucubrazioni intellettualistiche, come può
apparire ad un primo momento, senza
fronzoli, compiacimeti, con una grande
sintesi. Non una parola in più.
671
Di ogni donna che interpreta, ti offre le
più remote sensazioni, scopri che è entrata
in ognuna di esse scandagliandole nel
profondo.
La storia di queste donne è conosciuta, ma
la fotografia dell’anima e del cervello che
ti regala la signorina Stoppa, non l’avevo
mai trovata da nessun altra parte. Limite
mio, certamente.
Storie di donne.
Sette donne importanti, passate in questo
mondo in tempi diversi:
La “favola”di Ipazia di Alessandria, dove
i fatti e personaggi si vestono di fantasia.
Siamo nell’anno 370 di Cristo.
Ipazia, la “donna” dai tratti umani con la
passione per la filosofia e la scienza, “la
cultura della ragione e della libertà di
pensiero”.
“La brama di dominio, l’invidia per la mia
fama, lo sdegno per aver spezzato, donna,
il riserbo e il silenzio, scatenarono (…) i
nemici contro di me. (…) Mi strapparono
dal carro, lacerarono le mie vesti,
672
trascinarono per i capelli il mio corpo
ignudo (…) irruppero nel tempio e qui
fecero strazio di me (…) davanti all’altare
del mite Gesù.” (…) “Il mio assassinio è
stato il prezzo pagato dall’amore per il
sapere e dalla libertà di pensiero ai mostri
dell’odio e dell’intolleranza.”
Tutto chiaro?
Teodora di Bisanzio che da “postribola” e
strega si fa “piissima Augusta”,
“femminista ante litteram”, illuminata
ispiratrice di leggi, in tempi bui, a favore
delle donne schiacciate.
Teresa d’Avila: i pensieri della
giovinezza. “Avvertivo in me prepotente il
bisogno d’amare e di essere amata”
“Amavo l’amore e dell’amore il clima
fantastico, avventuroso” e poi, più avanti
nella vita: “Lentamente ma tenacemente
l’idea di consacrarmi a Dio si insinuò e
consolidò nel mio cuore: Dio, l’invisibile
evidente.” Teresa sfida i rigori
dell’Inquisizione, sorretta dalla fede
incrollabile; offre la sua esistenza
fondando monasteri, riconducendo la
673
regola alla primitiva purezza. E siamo
intorno 1540!
Teresa, una rara e vera cristiana, fra i
molti cattolici che ho conosciuto.
Emily Dickinson, la voce più alta della
poesia americana del ‘900, sopravvive alla
soltudine, all’“immane dolore del dio
perduto” rifugiandosi nella poesia. “La
mia vita fu una storia tutta interiore, scarsa
di eventi esterni e fatti concreti, ricca di
intimi segreti, oscuri palpiti, enigmi
visioni rivelazioni folgoranti.”
Emily, Emily…
“La solitudine che m’imposi fu il silenzio
che la resistenza del reale opponeva alla
mia esigenza di assoluto. Sarei stata sola
senza la mia solitudine.” “… la mia vita
precipitava giù da un angoscioso
parapetto. Se non avessi visto il sole, avrei
potuto accettare l’ombra. Ma la notte
rende più deserto il deserto.” “Mio unico,
vero, immortale amore fu la poesia.”
Vi basta?
Isadora Duncan, sacerdotessa della danza,
libera espressione del corpo e dell’anima.
674
Isadora che rifiuta le nozze col
ricchissimo Singer e sposa Esenin,
“raffinatissimo barbaro”, poeta “di fuoco e
di tenebre”, Isadora che danza al Bolscjoi
l’ “internazionale”, davanti a Lenin,
avvolta nella bandiera rossa, e suscita il
delirio.
Mamma mia che storia! Peccato non
essere stata lei.
Apollonie Sabatier. ‘800. “Parigi dona a
chi vi dimora una magica linfa, lo
scintillio della vita (…) ogni evento si
accende di gaiezza e di languore, sensi
preziosi e segreti, gioie improvvise e rare,
vizi delizie e seduzioni proibite, brama di
assidersi sul trono di miraggio e realtà
d’amore.”
Affascinata dalla passione epistolare di un
adoratore misterioso che si rivela dopo
cinque anni…
Baudelaire, come se
niente fosse: “fisionomia tenebrosa,
enigmatica, lo sguardo febbrile dei grandi
occhi lucenti (…) Lo sguardo è lo
675
strumento del mondo interiore: affascina,
seduce, fulmina, nel momento stesso in
cui si esprime.”
Apollonie brucia sull’altare dell’amore
una notte di passione e ne decreta la fine:
“Egli voleva amarmi, non avermi”.
Osservo la scultura di Clésinger che la
ritrae. C’è proprio tutta lei, la sua
personalità, in tanta dura bellezza.
Frida Kahlo: “Messico d’oro, d’argento e
di rame!”, nasce nel 1907. Di luglio. Vita
segnata da eventi implacabili, come un
terribile incidente che la costringe in
carrozzina e l’affligge “… con ben 33
interventi, cocaina e morfina contro il
dolore: un calvario che durò per tutta la
vita”. Trova salvezza nella sua pittura che
consegna all’umanità come diario intimo:
sentimento, dolore, testimonianza.
E poi l’impegno politico: “con la mia arte
volevo essere d’aiuto alla diffusione
dell’idea socialista. Tra le mie nature
morte c’erano “nature vive”, inserivo
676
bandiere, colombe della pace e messaggi
politici”. A differenza di Apollonie non
ama Parigi “… era falsa e artificiosa, un
gioco di apparenze, un pianeta “altro”; mi
sottraevo più che potev o alle merdose
feste borghesi. I surrealisti erano troppo
intellettuali e teorici, posatori parolai e
lunatici”.
Ama forsennatamente tutto: dolore e vita.
Del tradimento di suo marito Diego con la
sorella dice: “… ero pietra, sangue e
sudore mortale. (…) L’ira, lo sdegno, la
gelosia, l’orgoglio, il disgusto, il
disprezzo, lo strazio ruppero gli argini:
Tu, Diego assassino! Tu, Giuda! Tu, con
quella coda, quel pendaglio, quel cazzo
ballerino che ti trovi davanti!…”
Nessun commento.
“Amai, amai, amai… Ma solo Diego era il
nome dell’amore”. E ancora: “Non ho mai
dipinto sogni. Ho dipinto la mia realtà.”
E ancora: “Fino all’ultimo amai la vita e
desiderai la morte. Nulla è peggiore del
677
nulla. “Viva la vida” e insieme addio a
questo fottutissimo mondo dove spero di
non tornare mai più.
Leggere, conoscere, approfondire, passare
il tempo con loro, con la loro forza, la loro
caparbietà,
persistenza,
lucidità,
intelligenza, sapere. Donne che sono
riuscite ad emergere dallo sterminato
femminile sommerso in un mondo al
maschile, che sono riuscite a reagire,
combattere, rifiutare, mi costringe dopo
aver letto sino all’utima parola
a
ragionarmi addosso.
Il mio "dentro" s'é messo in movimento e
non riesco a bloccarlo.
Mi sento come se queste signore abbiano
espresso pensieri miei, situazioni mie;
insicurezze, certezze, domande, scelte
mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le
sento discoste da me, lontano, in alto,
irraggiungibili. Sono confusa. Confusa, a
disagio,
turbata,
scombussolata.
Meravigliata. Di colpo mi sento come se
non avessi mai pensato.
678
Non ho visto, non ho notato, non ho
desiderato.
Mi sento addosso il peso di non essermi
mai sentita in lizza con nessuno, non
perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma
perché ero certa di non avere i numeri, le
capacità per poter gareggiare. Mi sembra
di essere passata tra le cose senza
emozione. Sono certa di non aver mai
voluto con forza, qualcosa per me.
M’hai messo addosso il terremoto cara
Aida. Penso e ripenso…
Oh tu guarda… non piove più. Vado a far
due passi. Ma sì… sorrido.
Che dirre ancora? Leggetelo, donne e
uomini.
caselle della vicenda umana sette figure
femminili di grande spessore psicologico,
sociale, artistico; sette personalità, come si
dice, “forti” che, fuori della deriva
esistenziale, hanno costruito in proprio la
loro vita, rispondendo solo alla singolarità
679
della carica interiore, imperativa ed
appagante. Donne la cui forza risalta
nell’essere riuscite, tutte, a realizzare
integralmente se stesse.
Mi viene una frase che se la leggessi
scritta da qualche parte la giudicherei
“letteraria” fastidiosa anche un po’ fasulla.
Ma me la sento proporio addosso: già
arresa, prima di essere vinta.
Mi vergogno a un tratto.
Mi sento come se in questa mia frenetica
vita non avessi vissuto. Mi sento inutile,
banale, vuota. Vedo un libro rilegato con
nelle pagine bianche solo il numero in
calce. I giorni della mia vita :27.375 , 75
anni.
Quanti!
"Tu fai questo, tu questo e tu questa e tu...
e via che il giorno dopo si andava in scena
e se mancava un costume, un abito, la
mamma con qualche aiuto lo cuciva.
Pensieri su un libro letto
680
Turbata, con una gran voglia di piangere.
Corro indietro velocemente lungo la mia
vita: rabbia, paura angoscia, commozione,
meraviglia, furore, amore, solitudine,
felicita piccole e grandi... inaspettate,
inaudite, così i dolori, ma in questa
gamma di sentimenti, sensazioni, quello
che sto provando ora, non c'e.
Rossella (tra le moltissime donne
incontrate è un'amica che non ho perso per
strada) m'ha regalato un libro "Le lettere
del mio nome" di Grazia Livi, "é
importante, leggilo".
Il titolo cosi ermetico non mi sollecita.
Leggo
in
contro-copertina
la
presentazione dell'editore: "Il tema
appasionato di questo romanzo-saggio é il
divenire della donna". Mi blocco. Oddio,
ci risiamo. La solita "menata" femminista
social-politica,
scritta
dalla
solita
intellettuale per altre intellettuali, quasi
tutte saccenti, esibenti, compiaciute dello
sfoggiar "cultura", usanti un linguaggio da
casta per "quella" casta, senza la minima
preoccupazione di essere capite da chi
681
aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la
donna cercava di crescere e di "liberarsi")
la necessità urgente di capire, protese a
correre una più dell'altra per essere lì,
pronte a brancarsi" il primo posto,
dirigere, liderscippare, un po' arroganti o
troppo offensivamente accondiscendenti,
che gridavano "siamo sorelle" e in nome
della sorellanza alla prima occasione ti
fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e
conosciuto molte donne troppo simili
all'uomo nel loro modo di essere, parlo
delle intellettuali, che esprimevano
comportamenti che ho sempre rifiutato.
Parto a leggere indifferente e diffidente.
Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E
invece no, qualche pagina e ci sono
dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non
lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non
me li ricordo, di molti non li ho mai
saputi.
M'ha tirato dentro la chiarezza, né facile
né semplicistica, seppur colta con cui ti
racconta la vita, le scelte, le fatiche, la
crescita di un personaggio-donna come te
682
lo ripropone tutto, secca e piena, leggera,
meticolosa, delicata, mai invadente, umile,
poetica quel tanto che non disturba. E’ una
magnifica scrittura, priva di elucubrazioni
intellettualistiche, priva di fronzoli, con
una gran sintesi.
Di ogni donna di cui parla, ti presenta le
più remote sensazioni. Ogni personaggio è
da lei scandagliato nel profondo, c'è tutto
quello che hanno detto gli altri e quello
che ne hanno scritto, i sentimenti, i dolori,
le insicurezze, le certezze e molto altro
che ora non mi riesce di esprimere.
Poche pagine e te ne dà l'essenza.
Ecco Simone De Beauvoir.
Non mi é mai stata completamente
simpatica. A volte m'é capitato di
giudicare qualche sua scelta, egoista. Il
suo evidente essere una intellettuale
aristocratica m'e l'ha sempre allontanata.
In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di
chiavi nella toppa ce la siamo trovata
davanti: borsa della spesa in mano,
fazzoletto in testa .Ha lanciato un "pas
fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.
683
Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e
questa chi é?". Sartre, come un bambino
scoperto a rubare la marmellata, spegne la
sigaretta o il sigaro, non ricordo,
"Simon…", ha mormorato. Ah, era lei!
Dario meno, ma io ci sono rimasta un po'
male. Forse credevo che il fatto di essere
una donna mi desse il diritto ad un saluto.
Ma ora, la Simon, del ragionato-Livi é una
donna che finalmente capisco e ammiro.
Altre biografie di donne. Leggere,
conoscere, approfondire, passare il tempo
con loro, con la loro forza, la loro
caparbietà
persistenza,
lucidità,
intelligenza, sapere. Donne che sono
riuscite ad emergere dallo sterminato
femminile sommerso, in un modo al
maschile, mi costringe ad interrompere la
lettura e a ragionarmi addosso.
Il mio "dentro" s'é messo in movimento e
non riesco a bloccarlo.
Mi sento come se queste signore abbiano
espresso pensieri miei, situazioni mie;
insicurezze, certezze, domande, scelte
mie. Mi sento "loro", e allo steso tempo le
684
sento discoste da me, lontano, in alto,
irraggiungibili. Sono confusa. Confusa, a
disagio, turbata, scombussolata. Di colpo
mi sento come se non avessi mai pensato.
Non ho visto, non ho notato, non ho
desiderato.
Mi sento addosso il peso di non essermi
mai sentita in lizza con nessuno, non
perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma
perché ero certa di non avere i numeri, le
capacità per poter gareggiare. Mi sembra
di essere passata tra le cose senza
emozione. Sono certa di non aver mai
voluto con forza, qualcosa per me.
Mi viene una frase che se la leggessi
scritta da qualche parte la giudicherei
“letteraria” anche un po’ fasulla. Ma me la
sento proporio addosso: già arresa, prima
di essere vinta.
Mi vergogno a un tratto.
Mi sento come se in questa mia frenetica
vita non avessi vissuto. Mi sento inutile,
banale, vuota. Vedo un libro rilegato con
nelle pagine bianche solo il numero in
calce. I giorni della mia vita :27.375 , 75
685
anni.
Quanti!
Appresso, non mi sento nessun bagaglio.
Possibile?
A 'sto punto mi hai scombussolata, cara
Grazia Livi.
Possibile? E' così.
Sento l'esigenza di esprimermi, di
puntualizzarmi, di cercarmi. Oh mio dio,
cos'è, sto cercando me stessa?… Il mio
io?…
Ci ho tanto ironizzato sopra nei nostri
spettacoli... No, non cerco “me stessa” Mi
urge però qualcosa di concreto. Devo
fissare qualche punto.
Me ne sto a guardare fuori dalla finestra
con il cervello completamente vuoto,
come se per tutti questi numerosi anni,
non avessi vissuto, lavorato incontrato
gente, parlato, riso, fatto all'amore,
pianto. Niente. Non mi viene niente. Ho la
testa pressata da pensieri confusi, suoni,
rumori, parole, facce, e fra tanto disordine
non riesco a trovare la parola giusta, il
ricordo giusto che mi dia modo di iniziare
686
con un minimo di coerenza. Forse potrei
partire dalla prima grande emozione che
ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita;
sono arrivati i "liberatori". Li avevamo
visti sui camions il pomeriggio, intorno
per Varese. Erano arrivati anche nella mia
strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette.
Arrossisco al pensiero di essermi buttata
con gli altri per tentare di raccogliere
qualcosa. La sera, nel cortile di casa mia,
gran festa. Un giradischi, e ballare e
ridere. Poi guardo su, verso la finestra
buia del primo piano: casa mia. Più che
vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta
guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo
tormento: mio fratello deportato in campo
di concentramento in Germania, non dà
notizie da oltre due anni. In un attimo le
sono vicina vergognandomi della mia
allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi
dopo vedo lei che grida, grida seduta su di
un gradino della scala di casa nostra ,
perché le gambe non la reggono. Si stringe
addosso il figlio, pallido, magro,
687
impolverato che si é fatto centinaia di
chilometri a piedi. Quel gridare intenso
che esprimeva gioia, l'ho sentito identico
molto anni dopo (1973) in circostanza ben
diversa, per dolore e drammaticità.
Ancora seduta, su di una sedia ora, con la
testa buttata all'indietro, grida senza
controllo, come allora, dopo che ha
indovinato più dalla mia faccia che dalle
mie reticenti parole che mia sorella Lina
era morta.
Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo
(che non ho terminato) di Varese, con i
fascisti che entrano in classe. In silenzio
ci guardano a una a una. Poi mi chiamano,
dicono proprio il mio nome, e mi portano
nello studio del preside. Non so di che
colore fosse la mia faccia, ma avevo
paura che tutti potessero sentire il battito
del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a
"Villa triste."Villa triste era una villetta
all'inizio della strada che portava alla mia
scuola, dove, era risaputo, venivano
interrogati e torturati i partigiani. Ma io
688
non non c'entravo niente con quelli, non
avevo fatto niente. "Stai tranquilla, mi
dicevo, stai tranquilla". Poi di colpo, alla
prima domanda ho capito tutto. E il cuore
a
battere
più
forte.
"Forse
muoio"."Conosci Enrico Mazzucchetti?
"Si", "Dov'é?""Non lo so". Enrico, detto
Bubi, era il mio amore dei quindici anni:
il primo."Non lo vedo da un po'", sapevo
che era andato nei partigiani, ma qualche
giorno prima l'avevo visto, era venuto
sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio,
che era successo? "Allora?".
Erano minacciosi."Non lo vedo più, ci
siamo lasciati da un sacco di tempo." Lì,
nello studio del preside mi hanno frugato
in tasca . La mia aria innocente li aveva
convinti. Poi mi hanno lasciata andare.
Non ricordo altro. Mi sono ritrovata in
classe con la testa staccata dal corpo e le
mani sudate."Sei una incosciente, sei una
disgraziata. Se lo venisse a sapere tuo
padre ti ammazza e farebbe bene. E con il
cuore mi accarezzavo il biglietto piegato
in quattro che avevo stracciato prima di
689
passare davanti a "villa triste", dopo
essermelo imparato a memoria due giorni
prima andando a scuola e aver riferito il
contenuto a chi di dovere. Incoscienza, più
che coscienza politica.
184 I GIORNALI
Nei primi 18 anni della mia vita, non ho
mai letto un giornale. E questo che
c'entra? Nulla. Sto cercando di tirar fuori
fatti lontani, che disordinatamente
affiorano nel mio cervello vuoto,
Non ho mai letto i giornali. Lo dico con
meraviglia. Possibile? In casa mia c'erano,
la mia era una famiglia socialista quando
esserlo costava qualche cosa. Si pagava,
senza ricevere nulla in cambio: con quella
tessera in tasca allora carriera o posti di
comando, non ne ricevevi.
I giornali c'erano, li toccavo quando li
raccoglievo da terra dopo che mio padre li
aveva letti per buttarli. (Incredibile quanto
mio marito assomigli a mio padre: anche
lui, dopo averli letti, li butta a terra!) Li
raccoglievo ma sono sicura di non averne
690
mai aperto uno fino ad un certo giorno,
cioè quando sono andata a sbattere con la
mia bicicletta addosso ad una Topolino (in
realtà gli ho sfiorato un parafango). La
reazione del "guidante" è stata terribile e
immediata da fuori di testa. "Ecco chi
rovina l'Italia!""No, guardi io.."-"Silenzio!
Voi giovani che delegate. Delegate e non
leggete i giornali!". Allibita, senza parole.
E’ pazzo?
Ma da quel giorno dei giornali leggo tutto,
dalle inserzioni agli annunci mortuari.
Grazie isterico signore della Topolino.
Grazie.
Allora,
sovvenzioni
ministeriali
regionali-provinciali o comunali, non ce
ne erano, quindi giocando sui soldi tuoi, ti
dovevi sbrigare eccome.
L'unico posto, luogo dove io mi senta a
mio agio è il palcoscenico. No, non per
via: ama la polvere del palcoscenico. No.
Sono allergica alla polvere, alle banalità,
alla rettorica. Sto bene in palcoscenico
691
perchè è casa mia. In qualsiasi città mi
trovi, quando mi trovo lì, sono a casa.
Entrando nella hall di un teatro, non m'è
mai capitato di dovere chiedere "scusi,
dov'è
il
palcoscenico?"Conosco
automaticamente la strada, dove sono i
camerini, il gabinetto."Ma ci sei già stata
qui?""No, è la prima volta""Non ti
credo""Sì, forse ci sono già stata" taglio
corto. Sto bene nei camerini, anche se
squallidi. No, non li addobbo con sete
colorate. L'ho fatto qualche volta
cent’anni fa, senza accorgermi andavo
dietro all'onda, voglio dire alle usanze
degli attori... Poi ho scoperto che non mi
ci trovavo con QUEGLI addobbi intorno,
non sentivo il bisogno di ricostruirmi il
"salotto"di casa mia, anche se il camerino
era un cesso. E DIO sa quanti "cessi"
trovano nei teatri e nei cinema di casa
nostra. L'unica cosa alla quale non
rinuncio è la luce. "Lino!! (è il tecnico
delle luci) La luce"! Lino arriva e mi
piazza certi 5OO da accecare. Io ci sto
bene. Riscaldano anche.
692
La luce e il mio baule. Mi piacce il mio
baule. E' un classico baule armadio
d'attori, verde fuori a fiorellini dentro. Ci
sono i cassetti e nei cassetti di tutto: golf,
libri, fogli, macchina da scrivere,
pennarelli, lettere e cianferi d'ogni genere.
Il primo baule della mia vita l'ho
comperato a rate nel 51, non appena
arrivava in compagnia primaria. Dentro
non c'era quasi niente, ma quel
sacramento, che si apre all'impiedi
dividendosi in due e diventa un armadio,
con tanto di targhetta in metallo con il mio
nome, mi dava una gran sicurezza. Per la
verità era una sicurezza del tutto speciale:
la sicurezza di avere anch'io il
baule come tutti gli altri. Credo che quella
sia stata l'unica sicurezza di quegli anni e
per molti anni dopo. Credo anche di essere
la persona più insicura
che io conosca.
Il mio baule, il camerino, il palcoscenico:
sono una signora!
Non mi considero un'attrice. Sono "anche
693
" un'attrice. In casa mia ho imparato tutto
quello che può servire per poter fare
questo lavoro: attrice, elettricista, fonico,
costumista, trovarobe, direttore di scena,
servo di scena, piazzare le luci, suggerire,
sarta, vendere i biglietti,
truccare,
pettinare, ballare, cantare (sono un po'
troppo timida, seppur molto intonata! Me
l'ha detto Giovanna Marini, e se lo dice
lei...).
Organizzare
una
tirnée,
l'amministratore, fare un borderò, (ora è
però diventato difficilissimo). I miei
avevano addirittura una propria tipografia
dove si stampavano i manifestini,
insomma i volantini di adesso. Avevamo
centinaia di scene belissime, dipinte da un
pittore della Scala, Lualdi che veniva a
passare le sue vacanze da noi, ogni tanto,
le rinfrescavamo tutti insieme. Ogni
giorno cambiavamo piazza, (dico piazza
per dire "paese”, non recitavamo in piazza
ma in locali chiusi, teatri, cinema, oratori,
quindi ogni giorno si dovevano montare
scene e luci. Anche i nostri costumi erano
belli. Figuriamoci! Mio padre, tramite
694
l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal
Teatro della Scala. E se per un nuovo testo
mancava qualche costume, ce lo facevamo
in quattro e quattrotto.
Doppio rileggere e buttare
v FRANCA
Mia madre, maestra
diciottenne, figlia dell'ingegnere del
comune dove risiedeva(Bobbio) e di una
casalinga si era innamorata di questo
"girovago marionettista"che un giorno era
passato di lì, e con grande scandalo dalla
famiglia-(povera come l'acqua, ma di una
classe sociale superiore a quella di mio
padre)e del paese se l'era sposato.Mia
madre, era bellissima e quando dico
bellissima
voglio
proprio
dire"bellissima"senza artificio alcuno.
Nessuno di noi, quattro figli, pur
assomigliandole,
s'è
avvicinato
a
tanto;Bellissima, giovane, innamorata,
aiuta Domenico (il marito)e Tommaso
(fratello del marito e Stella, (sorella del
marito)in tutto quello che può. Cerca con
tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova
695
vita, tanto diversa da quella che aveva
condotto sino a quel giorno. Non sa
manovrare le marionette, ma si ingegna a
vestirle.Poi, più avanti, dirà qualche
battuta.Con l'avvento del cinema (1920)) i
due fratelli intuiscono che "il teatro delle
marionette" sarà presto messo in crisi,
subissato, da questo nuovo fantastico
mezzo di spettacolo. Decidono un
cambiamento radicale(con grande dolore
del nonno Pio, un amate di Garibaldi,
l'unico ritratto in nostro possesso lo
raffigura
vestito
e
somigliante
all'eroe!)"Entreremo in scena noi, al posto
delle marionette, reciteremo noi inostri
spettacoli"Così mio padre con la propria
famiglia aggiunta alla famiglia di mio zio
Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di
legno, vere e proprie sculture, tre delle
quali sono esposte al Museo del teatro
della Scala di Milano.E quando
inizieranno a recitare di" persona", a
portare loro stessi in palcoscenico i testi, i
personaggi
che avevano fino allora
interpretato muovendo e doppiando
696
pupazzi di legno, lei, la mia mamma ,
diventa
la
prima
attrice
della
compagnia.Un'attrice che di giorno tirava
su i figli, li faceva studiare, si occupava
della casa, e come una più che provetta
casalinga( a tutti gli effetti)teneva
l'amministrazione della compagnia come
fosse quella di un normale menage
familiare, si occupava dei costumi, aveva
imparato pure a cucire, e alla sera, via!, E
Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la
Fantina dei Miserabili, tutti ruoli che via
via, abbiamo interpretato anche noi figlie
e le cugine Ines e Lucia.Percorro così
l'apprendistato dei teatranti interpretando
via via che cresco, tutti i ruoli maschili e
femminili adatti alla mia età.Il vantaggio
della compagnia di mio padre rispetto alle
altre compagnie di giro, (così si
chiamavano le piccole compagnie di
provincia) è l'invenzione di impiegare tutti
i trucchi scenici del teatro magico delle
marionette,
nel
"teatro
di
persona"":montagne che si spaccano in
quattro a vista, palazzi che crollano, un
697
treno che appariva piccolissimo lassù
nella montagna e che man mano che
scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in
scena con il muso della locomotiva a
grandezza naturale.Mari in tempesta, nubi
che solcavano minacciose il cielo tra
lampi e tuoni, gente che volava.scene in
tulle in proscenio, che illuminate a dovere
ti facevano vedere come era il
paradiso.Insomma tutti gli espedienti
tecnici dell'antico teatro seicentesco dei
Bibbiena, che viveva ancora, dentro la
scenotecnica delle marionette.soltanto che
in quel teatro tutto era stato
miniaturizzato, si trattava adesso di
eseguire una operazione da Gulliver alla
rovescia:da minuto che era ingrandire
ogni oggetto, aggeggio, marchingegno
fino a renderlo identico alla realtà.In
questa nuova veste"il teatro di persona" la
compagnia di mio padre realizza un
successo insperato.Si lavora come sempre
a tempo pieno.Mio padre , il capo, con il
ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio
Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del
698
comico-brillante a secondo dei testi e di
drammaturgo-poeta
di
compagnia;le
mogli, i figli, gli attori scritturati;i
dilettanti gli amici componevano la nostra
compagnia.Giravamo cittadine, paesotti e
paesini del nord Italia su di una corriera
che chiamavamo "Balorda" a causa del
comportamento bizzarro che aveva, che
più che al suo cattivo carattere andava
attribuito agli anni. In certi paesi nei quali
ad una certa ora del giorno si passava, nei
turnichè particolarmente ripidi, c'erano
sempre dei ragazzi che ci aspettavano.Ci
spingevano fra tante risate, poi la sera ci
raggiungevano ed entravano a godersi lo
spettacolo gratis."Siamo quelli che
abbiamo spinto." "Passate".Mio padre,
amava la Balorda , e zingarone com'era,
gioiva tutto nel vedersela rilucente di
colori sgargianti. Mia madre, ogni volta
che lui le cambiava colore:"non
sposeremo mai le nostre figlie !" "Hai
ragione Milietta..domani le cambio
colore"E l'indomani quando "Emilietta" si
affacciava in cortile, ecco la Balorda
699
ridipinta:d'argento!"Non sposeremo mai le
nostre figlie!"Arriva la guerra, finisce la
guerra. Bombardamenti non ne avevamo
avuti. Qualche bomba sulla fabbrica di
aerei:la Macchi, lontana dal centro, alla
periferia di Varese, a Masnago.Ricordo a
proposito di questo paese, una sera che si
tornava a casa dopo lo spettacolo veniamo
fermati, sia noi che tutti quelli che
passavano per quella strada dopo di noi,
da un gruppo di fascisti e S.S.Ci hanno
fatto entrare in un cortile, (era quello dove
abitava uno dei nostri dilettanti,
chiamato"Luigino cassa da morto, perchè
suo padre le fabbricava) dove siamo stati
per ore bloccati.Solo all'alba ci hanno
lasciati andare.Non è stato per niente
drammatico.L'aria, nonostante i tedeschi
era di festa a causa della inconsuetudine
dell'avvenimento.Si sà, i giovani trovano
sempre la maniera di di superare le
tensioni. Sarebbe però, tanta allegria finita
in tragedia se quell'alba avesse portato la
notizia di una missione tedesca andata
male.Ci avrebbero fucilati tutti. l'abbiamo
700
saputo qualche giorno dopo.Per fortuna
l'abbiamo scampata.Altre volte, capitava
che ci fermassero dei partigiani.Non
dicevano "siamo partigiani" ma erano in
borghese con i mitra "Signor Rame, ci dà
un passaggio?" Li facevamo salire. Più
avanti capitava d'incontrare
picchetti
fascisti
che ci fermavano. Ci
conoscevano.Avevamo
un
permesso
speciale per il coprifuoco."Buona sera
signor Rame,
.Com'è andata?""Benissimo!"-"Buona notte. 5046
Una chiaccherata con ...
Ancora una volta eccomi qui, con la penna
in mano, (si
fa per dire visto che sono al computer), ad
occuparmi
Dario: cognome Fo.
Dario Fo oltre ad essere un pittore,
scrittore, regista, attore, individuo ,pieno
di humor, di generosità, per carità anche
di egoismi come tutti, di umiltà come
pochi , ricco di fantasia, astratto come
nessuno, sempre mezzo metro sopra al
701
mondo tanto che qualche volta sono
costretta a tirarlo per la giacca, pardon per
il pullover, per farlo scendere in terra, e
mi spiace; dicevo, oltre essere tutto questo
e non so che altro, è anche mio marito.
Ci siamo sposati quarant'anni fa, in chiesa.
Il fatto straordinario per lui ateo, di essersi
sposato in chiesa,l'ha messo addirittura in
una commedia:"Gli arcangeli non giocano
al flipper": "... sposato in chiesa per
accontentare madre di lei molto credente".
Eravamo emozionati tutti e due, quel
giorno lì in Sant'Ambrogio a Milano tra
parenti-giornalisti-amici-fans-curiosi-e
tanto riso addosso che chissà che bel
risotto avrei potuto fare- e io che
piangevo-e il Dario "Nanina (mi chiamava
così) non piangere..."- e poi fa cadere la
vera e tutti a cercarla-e quando l'ha trovata
me la voleva infilare a forza nel dito
sbagliato che è dovuto intervenire il
vescovo che ci stava sposando ad aiutarloe tutti i confetti che mi sono mangiata- e
lo spettacolo alla sera lui al Piccolo Teatro
col "Dito nell'occhio" e io in televisione in
702
una trasmissione di Marcello Marchesi di
cui non mi ricordo il titolo.
Sì eravamo proprio emozionati!
Una emozione che ci siamo tenuti
appresso per tutta la nostra vita.
"Ti amo. Non posso stare senza di te -m'ha
scritto Dario in un Fax (per quanto astratto
s'è adeguato ai tempi) dall'Operà di Parigi
dove si trovava per la regia del "Barbiere
di Siviglia" in aprile di quest'anno - al
mondo ci sono stato con te. Tu sei tutta la
mia vita."
Dopo quarant'anni di matrimonio, (Dio
che spavento! O no?) che non ci siamo
accoltellati nemmeno una volta, una frase
così, che so sincera, (anche se come ogni
maschio italiano e non, che si rispetti, non
disdegna "il superfluo indispensabile",
come lo chiama lui, cioè "risate",
chiamiamole così, fuori casa) una frase
così dicevo "nero su bianco", che fa una
moglie? Può forse rifiutare a un amico
editore due parole di presentazione ad una
libro su suo marito che ha voluto lei? Eh
no, non può.
703
E' buffa la storia di come è nato questo
libro: Domenico Rodari, il mio amico
editore, mi contatta per una mia biografia.
Sì, proprio mia, sulla mia vita ecc. (In
genere odio gli eccetera, ma parlando di
me, mi stanno bene).
"La tua è una storia anomala, sei nata in
teatro, reciti da quando avevi otto giorni,
hai vissuto con un uomo così, e così, e
così, hai avuto anche un tragitto politico
del tutto particolare in anni assai difficili
per il nostro paese, hai da raccontare
"perché" hai organizzato, portato avanti
per tanti anni il Soccorso rosso ai detenuti
politici in Italia e all'estero... il sostegno
"concreto", lasciando tutto l'incasso delle
serate agli operai in occupazione,(*) gli
spettacoli nelle fabbriche, i testi politici,
come sono nati, il perché, da "Morte
accidentale di un anarchico" al "Il Fanfani
rapito", "La marjuana della mamma è la
più bella", "Non si paga! Non si paga!" (Ma quando tira il fiato- pensavo) - "Tutta
casa letto e chiesa". Insomma devi
raccontare tutto quello che ti è successo, la
704
repressione che avete subito, tu in
particolare l'hai pagato molto caro il tuo
far politica, le bombe che vi hanno messo
in Palazzina e in casa, i personaggi che hai
conosciuto da Sartre in giù... Sei un pezzo
di memoria storica (sì, ha detto proprio
così! Me ne hanno dette tante, ma
memoria storica mai!) Hai il dovere,
parlando della tua vita, del vostro lavoro
di far conoscere sopratutto ai giovani una
pagina di un periodo buio della nostra
storia, di cui non parla più nessuno.
Scrivi! Scrivi! Scrivi!"
Era paonazzo!
E Dario a fargli eco: "Sì, bravo Domenico,
insisti! Devi convincerla! Io non ci sono
riuscito. Deve scrivere! Ha un sacco di
cose da raccontare." E poi a me: "Franca
sei una lazzarona!!" (Dario mi fa ridere
spesso e non perché sia un attore comico.
"Lazzarona!"Mi si può dire di tutto, ma
lazzarona no. Lavoro quelle 1O-16 ore
giornaliere, anche d'estate e se non ho
spettacolo anche di più).
Se mi avrete seguita sin qui, avrete notato
705
l'abbondante uso di virgole, virgolette,
puntini, punti esclamativi, parentesi,
interrogativi.
Stravedo
per
la
punteggiatura.
C'é chi è goloso di gelati, chi di tramonti,
amore, viaggi, passerine intese come
sesso, canzoni, malinconie, disperazione,
denaro, egoismo, cattiverie, superficialità,
miserabilità (vi piace questo termine? Ve
lo regalo.) di tutti i tipi, leadership,
tangenti, arroganza, potere... io sono
golosa di punteggiatura. (Orizzonti
limitati?). La punteggiatura dà il tono di
voce al pensiero scritto. Come rende
l'umore del momento, un bel punto
esclamativo non lo rende certamente un
misero punto. M'è sempre piaciuto il
punto esclamativo. Nelle elementari lo
mettevo ovunque, a volte anche ad inizio
di frase come gli spagnoli, loro ci mettono
pure l'interrogativo.
A parte gli scherzi questa mia della
punteggiature è una deformazione
professionale. Il fatto è che vedo tutto
quello che leggo, in chiave di copione
706
teatrale (tanto che sarei tentata di
propormi come "punteggiatrice" a Pansa e
Bocca, due tra i giornalisti che amo e
ammiro di più, per rendere i loro articoli
ancora più efficaci). La "decifrazione" di
ogni scritto di Dario, da mettere in "bella
copia" o per i giornali o per le prove di
una nuova commedia, la correzione delle
bozze per l'edizioni dei testi, è tutta "roba
mia".
Riecco che salta fuori la mia mania di
sbattermi giù con tutte le mie insicurezze.
Non ci credete che sia insicura? È così.
Sono timida e insicura e
in fondo
all'anima ho la certezza di essere niente.
(Lo so che state pensando che anche voi,
in certi momenti vi sentite come me. Lo
so. O no?) Per fortuna Dario è convinto
del contrario, altrimenti mi sarei già
uccisa. Parlo seriamente.
Ora mi ridimensiono. Via, non solo il "a
cura" di un testo è a mio carico, ma anche
la discussione sulla validità o meno di una
scena, quando addirittura non è dell'intera
l'opera. Quando nasce un nuovo testo vivo
707
momenti di grande tensione. D. mi legge
tutto quello che scrive pagina dopo
pagina. Se ne sta anche per venti ore al
giorno attaccato ad un testo, a battere a
macchina (ha superato la "Olivetti lettera
21" è passato all' Olivetti elettronica!,
sempre macchina da scrivere, però, mai
computer) con un accanimento, che dopo
tanti anni mi meraviglia sempre,
dimenticandosi persino di mangiare. La
notte nel letto, non dorme, pensa così
intensamente, che fa rumore. Giuro!
Tant'è che da almeno trent'anni dormo con
i tappi.
Ad ogni commedia che scrive gli si
imbianchiscono un po' di più i capelli, ed
è proprio duro per me certe volte dovergli
dire:" Sì, è molto interessante, ma mi
sembra un po' letteraria...", " è un po'
lunga... taglierei qui e qui...".
D'altro canto non posso permettermi di
cavarmela con un complimento come
potrebbe fare uno qualsiasi che ci passa
vicino. I testi che lui scrive dobbiamo poi
metterli in scena insieme, quindi non
708
posso mentire. Posso sbagliare nel mio
giudizio ma, senza presunzione, è capitato
raramente.
Mi sono conquistata la sua fiducia dopo
"Aveva due pistole con gli occhi bianchi e
neri" del 61, andato in scena al Teatro
Odeon di Milano. La chiave della
commedia era buona, ma non "volava",
c'erano lungaggini sopratutto nel secondo
tempo che, come si dice in gergo, si
sedeva. "Mi sembra che ci sia qualcosa
che non funzioni... io taglierei qui, e qui e
qui... qui, invece stringerei... e qui..."
accenno timidamente col copione in mano
e i tagli che proponevo ben evidenziati.
Era la prima volta che mi permettevo di
esprimere un giudizio su un testo, ero
molto imbarazzata e agitata. "Puoi avere
ragione, ma io aspetto di provarlo sul
pubblico" mi risponde cortese ma fermo,
Dario.
Bene, lui è un Ariete, e gli Arieti sono
testardi e io ero troppo giovane per
insistere, per impormi.
La serata è andata bene ma gli applausi
709
erano di stima, simpatia, solidarietà... non
c'era l'entusiasmo di sempre.
Dopo la prima D. è venuto nel mio
camerino: "Domani si prova alle due,
facciamo i tuoi tagli". Da quel giorno
devo fare molta attenzione ad esprimere
un giudizio su quello che scrive, se non ci
ho "ragionato" sopra. Capace che si blocca
e lascia perdere, come è capitato.
Mille complimenti non servono se non
sono confermati da me. Ogni mia parola
ha un grosso peso per lui. Si fida del mio
"rezo occhio" come dice lui,per tutto
quello che è teatro.
Devo dire che l'essere diventata così
importante per lui mi ripaga delle mille e
mille ore spese attorno al suo lavoro.
(Questo che segue si può tagliare, che ne
dici? Taglerei. oppure si può aggiungere a
**. Sappiami dire.)che ha molte "isole"
collegate l'una all'altra da un locomotore
sempre in movimento: io. Quali sono le
isole? Quelle dove risiedono i 18 agenti
che si occupano della diffusione dei nostri
testi all'estero, i traduttori. Quanti sono?
710
Non lo so. A volte lo stesso testo viene
tradotto da più persone.
Il fatto è che questo mestiere lo faccio da
tutta la vita, 63 anni, è il "mio mestiere" e
lo conosco.
Come lavora Dario? Ha uno studio? Sì, ha
uno studio, ma non ci sta mai... lavora
davanti alla televisione (capace che la
tiene anche accesa) seduto su di un
divano, scomodissimo, ma lui sta bene
così. Forse il disagio lo stimola. Chissà.
Una prima stesura la "butta giù" (non
trovo un termine più aggraziato che renda
l'idea) a mano dove gli capita. In un
giorno fortunato su un bel foglio nuovo,
tutto bianco, dipende dal "fato" altrimenti
può anche essere uno di quei cartoncini
grigi che si trovano nelle camicie nuove
da uomo che io conservo perché li trovo
bellissimi.
Questo però succedeva fino a qualche
anno fa, ora usa i quadernoni di Alcatraz,
la "libera Università che ha messo in piedi
nostro figlio Jacopo. Per me è una festa!
Non devo più rincorrere pezzetti di carta
711
seminati per la casa.
Dove eravamo rimasti? Ah sì: "Sei una
lazzarona"e poi ha anche aggiunto
"vergognati!".
Forse hanno ragione loro, mi son detta,
pensando che anche mio figlio Jacopo da
anni mi ripete la stessa cosa, anzi, di più:
"Mamma tu non hai bisogno di un testo
teatrale, se tu vai in scena e racconti la tua
vita tieni la gente inchiodata alla
poltrona... li fai piangere e ridere...
Mamma, tu sei riuscita a far ridere
parlando di menopausa!"
"Mi avete convinta..."
Qualche giorno dopo ho detto a
Domenico:"Intanto che raccolgo le idee
per la mia biografia, perché non ti guardi
tutto quello che Dario ha scritto, le
interviste che ha fatto... Ho tutto in
archivio. E' un lavoro che piacerebbe fare
a me, ma non ho tempo, c'è un sacco di
materiale, sarebbe interessante fare una
scelta e riunirlo in un libro. Che ne
pensi?" Non ha fatto una piega...
"Sì... possiamo vedere... ma a me interessi
712
tu..."
Era imbarazzato. Se avesse potuto dirmi
di no subito senza far la figura del
maleducato, l'avrebbe fatto. Gli l'ho letto
negli occhi.
Io sono un dolcissimo Cancro (ma com'è
che oggi mi viene di parlare così bene di
me?) dolce ma tenace, purché non ci sia io
di mezzo.
Così l'ho invitato nel mio ufficio, 11
stanze 11, di cui 5 di archivio, (Dario ci è
entrato la prima volta un anno dopo che
l'avevo comperato perchè c'erano stati i
ladri e io non ero a Milano) Cosa
archivio?
Tutto! (Ditemi voi se qui
il punto
esclamativo non è indispensabile).
La stanza dei manifesti è la numero uno:
tutti i manifesti delle nostre turné in Italia
e all' estero e quelli delle molte compagnie
che sono andate in scena con i nostri testi,
nei vari paesi del mondo. Sono in
bell'ordine in certi contenitoroni e
speriamo che il pavimento regga.
Stanza numero due : manoscritti di testi,
713
chiavi teatrali, testi scritti ma mai
rappresentati, articoli, appunti, prima
stesura dattiloscritta di copioni, le
correzioni che via via sono state portate
alle varie scene durante le repliche, testi
stampati da noi (**) o da altri in Italia, la
rassegna stampa in ordine di data dal 51
ad oggi, (i primi 10 anni me li sono
incollata tutti da sola), le fotografie di tutti
gli spettacoli, le tesi di laurea sul nostro
lavoro.
Poi c'è la stanza numero tre: dischi,
cassette audio e video, le registrazioni
originali delle musiche per i vari
spettacoli, documentazione filmata di
spettacoli, manifestazioni, dibattiti, riprese
televisive ecc., Nella stanza numero
quattro ho collocato la sezione estero: i
dattiloscritti che ci inviano da oltre 57
Paesi per il benestare alla traduzione, le
edizioni di libri stampati in quasi tutte le
lingue, la corrispondenza con gli agenti, i
traduttori, i contratti, le fotografie degli
spettacoli andati in scena (chiedere dati a
Walter e Daniela quante messinscene sono
714
state fatte e altri dati che possono
interessare).
Nella n.5 la corrispondenza di 43 anni di
vita. Non quella tra me e Dario, quella la
tengo in cassaforte. Quando scriverò la
mia biografia le pubblicherò tutte.
Scoprirete un Dario inedito, che nessuno
conosce. Lui, che non ha firmato più di
cinque assegni in tutta la sua vita, che non
sa il costo del pane, ne dov'è la chiave
della cassaforte, tanto che ogni volta che
parto mi tocca lasciare una lettera: "caro
Dario, in caso di morte e se me ne andassi
in Patagonia per non tornare più, può
capitare, sappi che la nostra banca è... che
ci abbiamo pure una cassetta di sicurezza
la cui chiave ce l'ha il nostro notaio ecc.
ecc. , lui dicevo, appena sposati, quando
era in turné e io a casa a fare il bambino
tra un conato di vomito e l'altro, ricevevo
ogni giorno una lettera, (mi piaceva molto,
ora mi scrive molto raramente e solo in
momenti "gravi" della nostra vita) dove,
dopo le parole d'amore mi dava un
rendiconto dettagliato degno di un
715
ragioniere, di tutto quello che spendeva:
albergo £... cappuccino e brioche £...
giornali £.... Giuro che non ho mai capito
perché.
Davvero
bizzarro
ed
inimmaginabile questo Dario, no?
Mi rendo conto che divago in
continuazione. E' che un pensiero chiama
l'altro e m' è venuta addosso una gran
voglia di parlare.
Vi stavo dicendo che ho portato il
Domenico nel mio ufficio, tra le cose della
mia vita, gli ho mostrato tutto quello che
ho archiviato poi gli ho piazzato sul
tavolone della stanza dove lavoro,
contenitori vari strazzeppi di interviste e
manoscritti:"Dacci una guardata... magari
qualcosa t'interessa..." gli ho detto.
Mi sono seduta dietro la mia scrivania che
sembravo proprio una business-woman e
l'ho lasciato nel suo brodo.
Ora il libro, anzi il librone "storicoantologico" interviste e scritti di Dario, è
pronto, la mia biografia chissà quando lo
sarà.
E io qui a fare una chiaccherata con voi
716
per introdurvi a 400 pagine di "chiacchere
di Dario Fo". Qui ancora una volta a
spendere il mio tempo per il mio
maritaccio.
In uno atto unico intitolato "La donna
grassa" il personaggio da me interpretato,
una donna strabordante di ciccia e
disperazione, una "sfigata" come tante,
sfiancata dalle delusioni, dai fallimenti,
dal rapporto col marito (di cui s'è
finalmente
liberata),
dandosi
una
"sguardata" ( non è bello, ma rende l'idea)
alle spalle, parla di sè in questi termini:
"Ho sbagliato tutto nella mia vita...Tutto!
Colpa della mia mamma... Perbene...
Com'era perbeeeene la mia mamma! Una
santa! Guai a parlare di sesso, il sesso in
casa mia non esisteva... eravamo fatti
come le bambole.. il didietro si chiamava
"sedere", il davanti, "sedere davanti". E
quando sentivo dire "vai a dar via il
sedere", non sapevo mai se fosse il
didietro o il davanti. Mi ha insegnato tutte
cose sbagliate la mia mamma. La più
grave? Accettare tutto quello che mi
717
arrivava da mio marito senza ribellarmi
mai... Sì, urlate, scenate.. "Va via!!!" Che
è pericolosissimo dire "va via!"... perché:
vanno! Lì, a dedicargli tutta la vita!
Insomma ad essere una incrocio tra una
pecora e una gallina... Magari,
avanguardia politica... fuori casa. Magari,
femminista convinta, fuori casa... Tutta
teoria e niente pratica. Una gallina di città!
Cocococodè! Ne conoscete anche voi no?
Cococococodè!! (Grande applauso delle
donne in platea) Quando ci siamo sposati
mio marito era un fisico nucleare, anch'io
ero una fisica nucleare... lavorava lui,
lavoravo io... poi sono arrivati i figli... Ho
smesso di lavorare. Quando i figli saranno
un po' cresciuti riprenderò, mi dicevo. Ma
poi... non so com'è, non ce l'ho fatta. A
poco a poco, senza accorgermene ho
cominciato a lavoravo per lui... l'aiutavo
nelle ricerche, gli battevo a macchina i
saggi da pubblicare, i discorsi per le
conferenze, i congressi... ai quali lui
andava sempre accompagnato dalla sua
"assistente"... Insomma facevo quello che
718
ogni moglie fa, sempre pensando:"Tra un
po' riprendo..." invece non sono mai
riuscita a "schiodarmi" da lui, dalla casa...
dai figli.
Nel frattempo mio marito è diventato
sempre più importante, così importante da
essere anche proposto per il Nobel... (lo
sapevate che Dario è stato proposto per il
Nobel? Questo lo sto dicendo a voi, non lo
dicevo in scena) A poco a poco è
diventato un monumento. I monumenti
però hanno bisogno di un piedestallo su
cui posarsi per stare in piedi... bene, sono
4O anni che vivo così:" (mi piegavo in
due, testa in avanti tra gli applausi delle
donne in platea che si riconoscevano in
quella signora, che raccontava una storia
un po' esasperata certo, ma per mille versi
simile a quella di tante donne, simile alla
loro... alla mia.
Yes! Franca, l'ultima schiava bianca.
Ho scherzato un po' sulla nostra vita e ora
non so come fare per dirvi due parole
seriamente.
Ci provo.
719
Rileggendo questa raccolta realizzate in
quarant'anni da professionisti, d'interviste,
scritti, registrazioni d'interventi tenuti da
D. in Italia e all'estero, vedo passare la
nostra vita. Il lavoro sotterraneo di tanti
anni che mi sono sobbarcata per scelta,
oggi, con l'uscita di questo libro,
parzialmente premia la mia anima
d'archivista, la mia dedizione. Che sia
amore?
La vita con un uomo così impegnativo,
anche se qualche volta m'ha fatto gridare non ne posso più!- è stata una buona vita...
coerente nel bene e nel male. Raramente
banale, piena di tensione, di ansie vissute
mano nella mano, di lotte anche dure
fianco a fianco e di emozioni...
quell'emozione di cui vi parlavo all'inizio
e che certamente ci resterà incollata
addosso anche nei prossimi quarant'anni.
Questo, e solo questo, è quello che conta.
Franca
Forse ho parlato un po' troppo anche di
me. Ma "noi" come dice D. "siamo stati al
720
mondo insieme".
* (potete mettere come nota redazionale)
"oltre 1 miliardo degli anno 70
** Ho messo in piedi dal 75 una
piccolissima casa editrice, pubblico quasi
unicamente i testi che mettiamo in scena,
nella quale svolgo tutte le mansioni (che
io sia una centralizzatrice? Ma no...) che
vanno dell'aggiornamento del copione
rispetto all'ultima rappresentazione in
computer, corredarlo delle didascalie e
foto e documentazione, consegnarlo alla
tipografia scegliendo carta caratteri
impaginazione, correggere le prime bozze,
le seconde, decidere la copertina, se sono
fortunata Dario mi dà una mano per la
scelta del colore e il disegno da metterci
sopra (quello lo fa subito!). Quando esce il
libro, lo guarda e dice "bello!" Credo che
non abbia mai sfogliato una delle nostre
edizioni. Questo non significa che non
gliene importi niente. Anzi,gli fa molto
721
piacere vederli ben allineati sul nostro
banco di vendita durante gli spettacoli. "Li
h fatti Franca" dice e dentro c'è anche
orgoglio per me. (Che piacere mi fa!!) Ma
se fosse per lui non avremmo nulla in
archivio, nulla stampato, nessun tipo di
registrazione. E' fatto così. Non ha
interesse per il suo "passato prossimo".
Dopo tanti anni di vita in comune, ma
sopratutto di lavoro in comune, dopo mille
arrabbiature per tanta indifferenza verso le
sue "cose", sono arrivata alla conclusione
di aver vissuto con l'uomo meno
ambizioso della terra. Un testo gli
interessa quando nasce, crearlo, costruirlo,
muoverlo. E quando è passato, è passato.
722
La punteggiatura serve per dare le
intonazione
Se devo essere sincera, non ne posso
proprio più. Sono che
oppure fogli usati da una sola parte che io
conservo per appunti, colpa della mia
mamma che m'ha insegnato l'economia.
Non ad essere economa, proprio
"l'economia".
e il buché di gigli che una "amica" m'ha
messo
in mano un secondo prima
d'entrare in chiesa che così io ho dovuto
tenerlo che se avessi potuto me lo sarei
mangiato in quanto tutti, meno mia madre
sapevano che con D. facevo l'amore da
due anni- le
nostre mamme che
piangevano-
723
Conosco: i ritmi, i tempi, la sintesi,
l'economia, il tutto indispensabile
che ce l'ha uguale il direttore dell'Operà
di Parigi IRSCH, che però io l'ho avuta un
nove anni prima di lui, (ne ho una in ogni
stanza occupata dai miei collaboratori)
perchè mio nipote Galeazzo le vende e
questa faceva parte di uno stock che ho
pagato due lire forse me le ha regalate e
che invece lui chissà quanto l'avrà
pagata(!) che sembravo proprio una
business-woman
Anche con "Gli arcangeli" l'anno prima,
(stagione 59-60) abbiamo avuto grane con
i censori, che pur avendo avuto il testo un
mesi prima del debutto, pretendevano di
imporci dei tagli il giorno dell'anteprima.
Come avremmo potuto farcela? Ci siamo
rifiutati di portare modifiche al copione.
Così ogni sera venivano due poliziotti in
724
palcoscenico constatavano seguendo lo
spettacolo che non rispettavamo i tagli,
stendevano il loro bel verbale: abbiamo
totalizzato in 9 mesi di turné,
duecentocinquanta denunce. Un bel
record. Poi però, non è successo niente.
725
IL PADRE MORTO: IL GIORNO DEL
FUNERALE
ricordo le morti di Lina e Enrico
Cercavo il coraggio di toccarlo. Volevo
dargli un bacio. Non avevo mai osato farlo
in tutta la mia vita. Per pudore. Per
timidezza. Ho allungato una mano,
incerta, per arrivare alla sua.Quando l'ho
sentita sotto le dita, ho avuto l'impulso di
ritirarla. No, è tuo padre, pìoi non o verai
più.Ho vinto la repulsione e sono rimasta
lì, padrona, sulla sua mano di marmo: ho
toccato la morte. Ci ho preso confidenza.
poi un bacio lieve su una guancia e
finalmente ho pianto seduta vicino a lui.
Quante cose mi sono venute in mente, fatti
dimenticati nella memoria.
Con mia sorella Lina è stato diverso ero
adulta: 40 anni. Mi sono occupata di ogni
cosa, dalle coroni di fiori alla scelta della
bara: raso bianco trapuntato. E ricevere gli
amici, i conoscenti, e parlare.
Anche in quel caso, le sono rimasta
726
vicina, da sola. La guardavo. Triste da
viva, incazzata da morta per via di una
vita vissuta con un marito ignorante e
rozzo che l'aveva spesso umiliata. La sua
vita senza gioie mi passava innanzi. E al
dolore per la sua perdita mi cresceva
dentro la rabbia di non essere riuscita a
strapparla da una inutile condizione di
sottomissione, di abbozzare, di non
coraggio.
Di quando in quando il commento banale
di qualcuno che entrava: "pare che
sorrida". Macché imbecille, è il freddo che
le tira la faccia. Negli ultimi anni non ha
mai sorriso.
E' stato lì che ho giurato a me stessa che
nessuno m'avrebbe vista da morta.
Di mio fratello ho visto solo la bara già
chiusa in partenza per l'Italia da N.Y.
Che bizzarria questa di mio fratello di
venirle a morire tanto lontano da casa.
Lui, che da vivo non avrebbe mai
disturbato nessuno, da morto s'è trovato al
centro di una difficoltà dietro l'altra.
Dario e io stavamo effettuando una turné
727
negli Stati Uniti. Il debutto a N.Y. era
importante, parenti e amici erano tutti lì
per farci festa. La sera prima avevamo
cenato insieme. "Domani andiamo a
vedere...." fa a Pia, ci vediamo alle sei.
Arrivano le sei, le sei e trenta... niente.
Enrico non si vede. Telefoniamo all'Hotel.
"Siete dei parenti?" - "Sì." - "E' morto."
E' uno scherzo? No, era morto davvero.
Nel sonno. Una cameriera l'ha trovato.
Dario, con un giornalista si precipita
all'hotel.
Io non potevo accompagnarli: avevo lo
spettacolo dopo un ora. Non ho recitato
molto bene quella sera. Ho anche
maledetto questo lavoro.
IL 68
Nell'autunno del 68 decidiamo di
abbandonare il circuito teatrale
tradizionale, ufficiale e mettere a
disposizione il nostro lavoro, la nostra vita
(e non sto enfatizzando) con un impegno
diretto di quella parte di pubblico che
normalmente viene ignorata dal teatro
728
ufficiale: operai, casalinghe, studenti,
contadini. Pubblico che solo in questi
ultimi anni viene intruppato e portato con
pulman nei teatri del centro, organizzati
da Cral e Sindacato. Riprendendo la
tradizione di mio padre portiamo il nostro
teatro in piccoli centri, nei quartieri
periferici, nelle fabbriche occupate, nei
palazzetti dello sport. Insomma,
decidiamo di metterci a disposizione della
classe alla quale sentivamo di appartenere.
il promletariato. Detto oggi, così, a
distanza di anni suona un po'
tromboneggiante, allora no. Suonava
bene. Otteniamo una risposta
straordinaria: una folla di giovani,
studenti, operai ragazze, donne sono ogni
sera presenti. In qualsiasi posto si svolga
lo spettacolo i locali sono gremiti
all'inverosimile. Nei palazzetti dello sport,
ci abbiamo messo anche 12 mila persone.
Che testi recitavamo? Il quotidiano. La
vita della gente, le difficoltà. Il materiale
lo trovavamo a iosa. Erano tempi brutti.
Gli incasi spesso vanno a fabbriche in
729
occupazione, che grazie alla
sopravvivenza cjhe gli è garantita dagli
spettacoli, in certi casi, come per la
Sampas di Milano, tengono duro e alla
fine vincono la sentenza col padrone.
(ricevute fabbriche).
Quando Dario mi ha proposto di lasciare
le strutture tradizionali e di portare il
nostro teatro per "boschi" non mi diceva
niente di nuovo, per tanto l'avevop fatto
con mio padre.
Turbata, con una gran voglia di piangere.
Corro indietro velocemente lungo la mia
730
vita: rabbia, paura angoscia, commozione,
meraviglia, furore, amore, solitudine,
felicita piccole e grandi... inaspettate,
inaudite, così i dolori, ma in questa
gamma di sentimenti, sensazioni, quello
che sto provando ora, non c'e.
Rossella (tra le moltissime donne
incontrate è un'amica che non ho perso per
strada) m'ha regalato un libro "Le lettere
del mio nome" di Grazia Livi, "é
importante, leggilo".
Il titolo cosi ermetico non mi sollecita.
Leggo
in
contro-copertina
la
presentazione dell'editore: "Il tema
appasionato di questo romanzo-saggio é il
divenire della donna". Mi blocco. Oddio,
ci risiamo. La solita "menata" femminista
socialpolitica,
scritta
dalla
solita
intellettuale per altre intellettuali, quasi
tutte saccenti, esibenti, compiaciute dello
sfoggiar "cultura", usanti un linguaggio da
casta per "quella" casta, senza la minima
preoccupazione di essere capite da chi
aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la
donna cercava di crescere e di "liberarsi")
731
la necessità urgente di capire, protese a
correre una più dell'altra per essere lì,
pronte a brancarsi" il primo posto,
dirigere, liderscippare un po' arroganti o
troppo offensivamente accondiscendenti,
che gridavano "siamo sorelle" e in nome
della sorellanza alla prima occasione ti
fregavano. Esagero?
Sì.
Ma ho visto e conosciuto molte donne
troppo simili all'uomo nel loro modo di
essere, parlo delle intellettuali, che
esprimevano comportamenti che ho
sempre rifiutato.
Parto a leggere indifferente e diffidente.
Qualche pagina e poi smetto, mi dico. E
invece no, qualche pagina e ci sono
dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non
lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non
me li ricordo, di molti non li ho nemmeno
saputi.
M'ha tirato dentro la chiarezza, ne facile
ne semplicistica, seppur colta con cui ti
racconta la vita, le scelte, le fatiche la
crescita di un personaggio-donna, come te
732
lo ripropone tutto, secca e piena, leggera,
meticolosa delicata, mai invadente, umile,
poetica quel tanto che non disturba, è una
magnifica scrittura, priva di elucubrazioni
intellettualistiche, priva di fronzoli, con
una gran sintesi.
Di ogni donna di cui parla, ti presenta le
più remote sensazioni, ogni personaggio è
da lei scandagliare nel profondo, c'è tutto
quello che hanno detto gli altri e quello
che ne hanno scritto, i sentimenti, i dolori,
le insicurezze, le certezze e molto altro
che ora non mi riesce di esprimere. Poche
pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De
Beauvoir.NON
mi
é
mai
stata
completamente simpatica.A volte m'é
capitato di giudicare qualche sua scelta
egoista.Il suo evidente essere una
intellettuale aristocratica m'e l'ha sempre
allontanata.In casa di Sartre a Parigi, dopo
un girar di chiavi nella toppa ce la siamo
trovata davanti:borsa della spesa in mano,
fazzoletto in testa .Ha lanciato un"pas
fumée" a Sartre e si é ritirata in
cucina.Dario ed io ci siamo guardati
733
interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come
un bambino scoperto a rubare la
marmellata, ha spento la sigaretta o il
sigaro, non ricordo, "Simon..", ha
mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io
ci sono rimasta un po' male.forse credevo
che il fatto di essere una donna mi desse il
diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del
ragionato-Livi é una donna che capisco e
ammiro di più.Altre biografie di donne.
Leggere, conoscere, approfondire, passare
il tempo con loro, con la loro forza, la loro
caparbietà
persistenza,
lucidità,
intelligenza, sapere, donne che sono
riuscite ad emergere dallo sterminato
femminile sommerso, in un modo al
maschile, mi costringe ad interrompere la
lettura e a ragionarmi addosso.Il mio
"dentro"s'é messo in movimento e non
riesco a bloccarlo.Mi sento come se
queste signore abbiano espresso, pensieri
miei, situazioni mie;
insicurezze,
certezze, domande, scelte mie. Mi sento
"loro", e allo steso tempo le sento
discoste da me, lontano, in alto,
734
irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a
disagio, turbata, scombussolate. Di colpo
mi sento come se non
avessi mai
pensato.Non ho visto, non ho notato, non
ho desiderato.Mi sento addosso il peso di
non essermi mai sentita in lizza con
nessuno, non perché mancasse la gara,
figuriamoci!, ma perché ero certa di non
averne i numeri, le capacità per poter
partecipare. Mi sembra di essere passata
tra le cose senza emozione.Sono certa di
non aver mai voluto con forza, qualcosa
per me .Già arresa, prima di essere
vinta.Mi sento come se in questa mia
frenetica vita non avessi vissuto.Mi sento
inutile, banale, vuota come un libro
rilegato con nelle pagine bianche solo il
numero in calce.I giorni della mia vita
:22.630 , sessantadue anni. Quanti!
Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto
mi hai scombussolata, cara Grazia
Livi.Possibile? E' così.Sento l'esigenza di
esprimermi,
di
puntualizzarmi,
di
cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando
me stessa?..Il mio io?..Ci ho tanto
735
ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma
ora qualcosa di concreto mi urge.Devo
fissare qualche punto.
Me ne sto a guardare fuori dalla finestra
con il cervello completamente vuoto,
come se per tutti questi anni, e sono tanti,
non avessi
vissuto, lavorato incontrato
gente, parlato, riso, fatto all'amore,
pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la
testa pressata da pensieri confusi, suoni,
rumori, parole, facce, e fra tanto disordine
non riesco a trovare la parola giusta, il
ricordo giusto che mi dia modo di iniziare
con un minimo di coerenza.Forse potrei
partire dalla prima grande emozione che
ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita;
sono arrivati i "liberatori".Li avevamo
visti sui camions il pomeriggio, intorno
per la città.Erano arrivati anche nella mia
strada. Ci buttavano cioccolato e
sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi
buttata con gli altri per tentare di
raccogliere qualcosa.La sera, nel cortile di
casa mia, gran festa.Un giradischi, e
736
ballare e ridere. Poi guardo su, verso la
finestra buia del primo piano, casa mia.
Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì,
ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri,
il suo tormento:mio fratello deportato in
campo di concentramento in Germania,
non dà notizie da oltre due anni.In un
attimo le sono vicina vergognandomi della
mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due
mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta
su di un gradino della scala di casa nostra
, perché le gambe non la reggono.Si
stringe addosso il figlio, pallido, magro,
impolverato che si é fatto centinaia di
chilometri a piedi.Quel gridare intenso che
esprimeva gioia, l'ho sentito identico
molto anni dopo(1973) in circostanza ben
diversa
,
per
dolore
e
drammaticità.Ancora seduta, su di una
sedia ora, con la testa buttata all' indietro,
grida senza controllo, come allora, dopo
che ha indovinato più dalla mia faccia che
dalle mie reticenti parole che mia sorella
Lina era morta.
Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo
737
( che non ho terminato) di Varese, con i
fascisti che entrano in classe, in silenzio
ci guardano a una a una. Poi mi chiamano,
dicono proprio il mio nome, e mi portano
nello studio del preside. Non so di che
colore fosse la mia faccia, ma ma avevo
paure che tutti potessero sentire il battito
del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a
"Villa triste.."Villa triste era una villetta
all'inizio della strada che portava alla mia
scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano ,
venivano interrogati e torturati i partigiani.
Ma io, non sapevo niente, non c'entravo
niente con loro, non avevo fatto
niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai
tranquilla"Poi di colpo, alla prima
domanda ho capito tutto.E il cuore a
battere più forte."Forse muoio"."Conosci
Enrico
Mazzucchetti?
"Si",
"Dov'é?""Non lo so".Enrico, detto Bubi,
era il mio amore dei quindici anni: il
primo."non lo vedo da un po'", sapevo che
era andato nei partigiani, ma qualche
giorno prima l'avevo visto, era venuto
sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio,
738
che
era
successo?"Allora?"Erano
minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo
lasciati da un sacco di tempo."Lì, nello
studio del preside mi hanno frugato in
tasca . La mia aria innocente li aveva
convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non
ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe
con la testa staccata dal corpo e le mani
sudate."Sei una incosciente, sei una
disgraziata.Se lo viene a sapere tuo padre
ti ammazza e fa bene.E con il cuore mi
accarezzavo il biglietto piegato in quattro
che avevo stracciato prima di passare
davanti a "villa triste", dopo essermelo
imparato a memoria la mattina andando a
scuola.Incoscienza, più che coscienza
politica.
I GIORNALI
Nei primi 18 anni della mia vita, non ho
mai letto un giornale.E questo che
c'entra?Nulla.Sto cercando di tirar fuori
fatti lontani, che disordinatamente
affiorano al mio cervello vuoto
Non ho mai letto i giornali.Lo dico con
meraviglia.Possibile?In casa mia c'erano,
739
la mia era una famiglia socialista quando
esserlo costava qualche cosa.Si pagava,
senza ricevere nulla in cambio:con quella
tessera in tasca allora carriera o posti di
comando, non ne ricevevi.I giornali
c'erano, li toccavo quando li raccoglievo
da terra dopo che mio padre li aveva
letti.(incredibile quanto mio marito
assomigli a mio padre:anche lui, li butta
per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono
sicura di non averne mai aperto uno fino
ad un certo giorno.cioè quando sono
andata a sbattere con la mia bicicletta
addosso ad una Topolino (in realtà gli ho
sfiorato un parafango).La reazione del
"guidante" è terribile e immediata e
assolutamente fuori posto/"Ecco chi
rovina
l'Italia!""No,
guardi
io..""Silenzio!Voi
giovani
che
delegate.Delegate e non leggete i
giornali!".Allibita, senza parole.E' da quel
giorno che dei giornali leggo tutto..dalle
inserzioni agli annunci mortuari.Grazie
isterico signore della topolino.Grazie.
Forse ora posso correre all'inizio della mia
740
vita.
1932_ "E' ora che Franca incominci a
recitare."è mia madre che parla. La prima
parte che ho imparato a memoria, me l'ha
insegnata lei, "bocca a bocca", così si
diceva a casa mia, mot- a mot, parola per
parola. Non sapevo leggere .Avevo tre
anni.. Aveva deciso (era sempre lei che
prendeva le decisioni importanti in
famiglia) che avrei fatto un angiolino di
supporto all'angelo vero, che veniva
recitato da mia sorella Pia in "la passione
del
Signore"atto V, orto dei
Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che
per trenta monete d'argento hai venduto il
tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo
gridare di quando in quando. La parte non
era lunga.. non ci devo aver messo molto
ad impararla. "Ripeti!"e ancora e
ancora."ripeti" diceva la mia mamma
paziente mentre pelava le patate per il
minestrone."Ripeti!"Mia madre per i suoi
figli era ambiziosissima .Per l'occasione
mi aveva cucito un bellissimo abito bianco
da angelo, con due grandi ali bianche e
741
oro appoggiate sulle spalle. seppur
credente non andava mai in chiesa ma
aveva uno zio prete.Lei, lo sapeva
benissimo che gli angeli erano vestiti così!
Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi
mise in testa una coroncina di lampadine
.E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che
bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia
mamma faceva andare la coda.Non avevo
fatto nessuna prova.Sapevo solo che ad un
certo punto avrei dovuto seguire mia
sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un
segnale della mia mamma sistemata in
quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda
"e quel che segue.Il guaio, l'imprevisto
che più imprevisto di così non si poteva
immaginare fu che il personaggio di
Giuda era interpretato
da mio zio
Tommaso, un uomo che avevo sempre
visto calmo,
sorridente,
che mi
raccontava storie bellissime, mi regalava
un sacco di divertimenti, al quale volevo
molto bene e vedermelo lì, proprio vicino
vicino, con una parruccaccia nera in
testa..gli occhi che lanciavano saette tra
742
un tuonar e lampeggiar minaccioso , che
disperato gridava:"possano i corvi
divorarmi le budella
, le
aquile
strapparmi gli occhi !" e altri animali che
non ricordo "mi divorino un pezzetto alla
volta ad incominciare dalla lingua" , mi
fece un terribile effetto.Mamma mia che
spavento! Cosa stava capitando?!Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma
quello che mi buttò completamente fuori,
fu il vedere mia sorella , solitamente
rispettosa ed educata, che per nulla
intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i
colori!Una sfuriata in piena regola e che
trascinavano il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera."Ma cosa
sta capitando?Perchè lo zio Tommaso fa
così?" Il groppo che mi sentivo in gola
stava per scoppiare;Mia madre dalla
quinta mi faceva gesti più che
perentori.Giuro che avrei potuto parlare,
ma non me la sentivo proprio di rincarare
la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non
dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli
sia capitato.Forse è impazzito." Anzi.A
743
piccoli passi, camminando come pensavo
camminassero
gli
angeli,
seppur
spaventatina, gli sono andata vicino, lui
era in ginocchio e gridava più che mai.Dio
che paura!Senza dire una parola mi sono
arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato,
tempestandogli la faccia di baci.Insomma
cercavo con i mezzi che avevo a
disposizione, di calmarlo e piangevo nel
silenzio che era calato in palcoscenico.Pia
s'è
ammutolita. In quinta mia madre faceva
segnali che non prospettavano niente di
buono..Lo zio-Giuda si blocca per non più
di tre secondi, lo giuro.e poi con voce
profonda (intanto con la mano mi
solleticava la mia e con gli occhi mi
rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei
grande!A
QUEST'ORRENDO
PECCATORE
MANDI
IL
CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi
la mano..No, no, non me lo merito!-e , dal
momento che lo spettacolo doveva pur
terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve
usare un po' di forza per liberarsi da me
744
che proprio non ne voglio sapere di
lasciarlo andare.Grida:"L'albero
più
alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami
andare angiolino..Lasciami.." e con un
urlo agghiacciante esce di scena.Mia
sorella(l'unica volta nella sua vita ,
credo)non sapendo più che fare,
camminando anche lei sulle punte,
immediatamente
lo
segue.Grande
applauso.Tutti mi chiamano in quinta con
grandi cenni.Non so se la paura d'essere
sgridata o il "senso del dovere" che
maledizione da che sono nata è lì, a
spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto
si è che dopo un attimo di silenzio con
voce chiara e mesta quel tanto che serve
dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda
traditore che per trenta monete d'argento
ha venduto il suo Signore..Non s'è
pentito!" e via che esco..Ce l'avevo
fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi,
"la passione del Signore" ha sempre avuto
due
angiolini, con il più piccolo che abbraccia
Giuda a mostrare la grandezza di Dio.E
745
tutti giù a piangere.
A 5 anni:"gli spazzacamini della valle
d'Aosta.Com'è che succedeva? Come
arrivavo la prima volta in scena con un
personaggio che non avevo mai
interpretato prima? Non me lo ricordo, ma
so con certezza di non aver mai provato
prima di un nuovo spettacolo.La parte
come sempre fino a che ho
4 imparato a leggere, me la insegnava la
mia
mamma,
la
imparavo
velocissimamente , era come se la sapessi
già.Anzi, la sapevo già.Quante volte mi
ero addormentata nella cassa dei costumi,
o nella bara di Giulietta quella del Romeo,
o in qualsiasi altro posto che mi
permettesse di addormentarmi, mentre i
miei recitavano una sera dopo l'altra?"Gli
spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il
protagonista, figlio di una povera ma
bella incintata e poi abbandonata dal
figlio del conte..vengo, a causa della
miseria in cui nascono quasi sempre
quelle
incintate
dai
"contini",
NONOSTANTE LA TENERA età
746
affidato ad un "mercante di carne
umana"!, un delinquente che specula sui
bambini che gli vengono
affidati,
mandandoli spesso a morire nel tentativo
di pulire, in quanto smilzi e denutriti
(quanto piangeva la gente!) la cappa di un
camino.E' quando, la mia mamma che per
fortuna era venuta a trovarmi a Torino col
mio nonno sennò chissà come avrebbe
mai fatto a tornarsene a casa, crede che il
suo Gino sia morto nella cappa del
camino "Oh che tremendo dolore!" e via
che Impazzisce. La ragazza in questione
era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che
quel giorno lì in quanto ammalato, era
stato sostituito nel lavoro da un
compagno, certo Carletto, che muore al
suo posto. (Mai essere generosi!) Questa è
per Gino una giornata davvero fortunata.Il
vecchio conte è schiattato nel frattempo,
ed il contino, vale a dire il suo papà,
decide in quanto sempre innamorato della
mia mamma, di riparare al malfatto e di
sposarla.Ci sono un po' di problemi per far
rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma
747
alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime e
singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica
finale per non mandare a casa la gente con
il magone.
Il nostro era un teatro realmente e
totalmente "all'improvviso" che si basava
su trame semplici e stringate, TEATRO
POPOLARE appunto, nella tradizione
della COMMEDIA DELL'ARTE ,
completamente opposto al teatro letterario
e naturalista messo in scena dalle grandi e
illustri compagnie che agivano nelle
grandi città e imitato in tutto il suo
negativo dalle piccole compagnie , come
la nostra , che agiva no in provincia.Il
nostro successo stava tutto in questa
differenza.Il
nostro
repertorio
era
vastissimo: dalle più famose tragedie di
Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi,
alle commedie di autori moderni a quei
tempi (Niccodemi, Giacosa, Rosso di
San Secondo, alle comiche finali. Il tutto
senza aver mai studiato una parte a
memoria su di un copione. Non esistevano
copioni di testi teatrali veri e propri, ma
748
una specie di canovacci e per molti testi
non esisteva nemmeno il canovaccio. Ce li
avevamo nella testa da sempre. Eravamo
bravi?Non lo so.So solo che i teatri eran(
sempre pieni, che si lavorava tutti i giorni,
si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei
morti, a novembre.O se c'era il funerale di
un defunto importante del paese:il
prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il
farmacista.E quando in un paese avevamo
fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6
sere la Giulietta, 6 la passione, "il povero
fornaretto di Venezia e non mi ricordo più
quali
altri
drammoni
avessero
successo)mio padre o mio zio, si
leggevano un romanzo, ci riunivano e ce
lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo
e tu questo., .e via che il giorno dopo si
andava in scena. Sulle quinte laterali, in
bella calligrafia, la scaletta dei punti
chiave, il susseguirsi degli avvenimenti.
"L'assassino del corriere di Lione"
.Scena PRIMA:
la ragazza s'incontra col padre, che non
aveva mai conosciuto , partito povero ,
749
tanti anni addietro, torna ricco, riempie la
ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire
nulla per lui, anzi solo repulsione.
Manifestare
freddezza
e
imbarazzo.Ricordarsi che la madre è
morta.
Scena seconda:un uomo(lo stesso attore
che interpreta il personaggio del padre)
languisce in una cella, è un innocente
caduto in un errore giudiziario
terribile.Accenni all'assassinio di un
corriere a Lione.Accenni alla moglie
morta e alla piccola bimba lasciate al
paese.Saranno ancora vive?
Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono
premiato con la libertà e l'onore restituito
mentre il cattivo (fratello gemello del
buono), smascherato da una collana rubata
al corriere di Lione, sarà punito con la
forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della
madre morta.
Comica finale.Non c'è personaggio nel
repertorio della mia famiglia che a
secondo
dell'età
non
abbia
interpretato.Neonati(8 giorni in braccio
750
alla mia mamma-in la Genoveffa di
Brabante), bambini o bambine, ragazzini
signorine, giovanotti, suore, cortigiane,
prostitute.Una volta ho fatto persino, il
cuciniere Dracco. La storia nel ricordo, mi
fa ancora ridere.Ero cresciuta e la
Genoveffa(che dio la maledica, quanto ho
odiato sta noiosa!) ora la facevo
io.Giovane e bella moglie del re alla
guerra, sola nella raggia viene insidiata da
Golo, un primo ministro della situazione,
che lei respinge furente e offesa. La donna
giovane donna decide di inviare una
missiva al marito tramite il cuciniero
Dracco:l'unico che a corte le sia rimasto
fedele. per avvertirlo del tradimento del
suo braccio destro."Torna o mio dolce
sposo, torna! che quel maialone del Golo
vuole fare con me, proprio quella cosa là!"
Golo che è sempre lì a origliare , scopre
tutto e zak!, pugnala il poveraccio e
manda a dire al re che Genoveffa è
incinta del cuciniero."Ti ha tradito o mio
re, che vergogna con un cuciniero!"Il re ci
casca, fuori dalla grazia di dio "un
751
cuciniero no!"ordina il taglio della testa
della la fedifraga e anche del bambino
nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE
POI TUTTO , COME SEMPRE,
FINISCE IN GLORIA ) Arriviamo sulla
piazza e ci rendiamo conto che ci manca
l'attore che avrebbe dovuto interpretare il
ruoli del cuciniero .D'accordo, sono due
parole che si possono anche tagliare, ma
fisicamente deve essere in scena.Ci
ragioniamo sopra un attimo per vedere
come risolvere. Bene.Ci siamo.Facciamo
così.Al momento cruciale, vado alla
quinta di destra.Il perfido Golo mi spia
dalla quinta di sinistra. Parlo, guardando
fuori scena con il cuciniere che non c'è,
fingo di consegnargli il messaggio e poi,
affranta, esco. Velocissimi mi mettono
sulle spalle un mantellaccio con capuccio,
che mi copre dalla testa ai piedi.Rientro in
scena con la missiva bene in evidenza in
mano, faccio qualche passo come se ora io
parlassi a Genoveffa, Golo si precipita su
di me"muori, spione di un cuciniero!E via
che mi pugnala.Cado morta.Golo mi
752
trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla
parte opposta da cui sono entrata. Mi
tolgono il mantello, mi raddrizzo la
parrucca bionda dalle lunghe trecce,
corro velocissima dall'altra parte.Rientro
in scena e vedo Golo che pulisce il
pugnale assassino nel mantellaccio che
indossavo fino ad un secondo fa."L'avete
ucciso!Assassino!!"Ansimo un pò, per via
della corsa, ma sono perfettamente in
parte e nessuno s'è accorto di niente.Noi
eravamo in grado di andare in scena senza
prova alcuna, con un testo nuovo allestito
di sana pianta.Arrivavamo ad esempio in
una piazza nel giorno in cui in paese si
festeggiava la santa patrona, ebbene,
debuttavamo con la storia di quella santa
sulla quale mio padre e mio zio avevano
giorni prima letto e ascoltato dalla gente,
vita morte e miracoli.Avevano riunito la
compagnia, raccontato a sommi capi
l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi
adatti non c'erano si rimediavano, e via
che si debuttava.Senza prove.Se si
confronta con i 90 o addirittura i 180
753
giorni di prova delle compagnie di
oggi..Ma certo che allora, sovvenzioni
ministeriali o regionali o provinciali o
comunali,
non ce ne erano, quindi
giocando sui soldi tuoi, ti dovevi sbrigare
eccome. L'unico posto, luogo dove io mi
senta a mio agio è il palcoscenico.No, non
per
via:ama
la
polvere
del
palcoscenico.No.Sono
allergica
alla
polvere, alle banalità, alla rettorica.Sto
bene in palcoscenico perchè è casa mia.In
qualsiasi città mi trovi, quando sono in
teatro sono a casa.Entrando nella hall di
un teatro, non m'è mai capitato di dovere
chiedere"scusi,
dov'è
il
palcoscenico?"Conosco automaticamente
la strada, dove sono i camerini, il
gabinetto."Ma ci sei già stata qui?""No, è
la prima volta""Non ti credo""Sì, forse ci
sono già stata".Sto bene nei camerini,
anche se squallidi.No, non li addobbo con
sete
colorate.L'ho
fatto
qualche
volta..senza accorgermi andavo dietro
all'onda, voglio dire alle usanze degli
attori..ma erano 100 anni fa.Poi ho
754
scoperto che non mi ci trovavo con
QUEGLI addobbi intorno, non sentivo il
bisogno di ricostruirmi il "salotto"di casa
mia, anche se il camerino era un cesso.E
DIO sa quanti camerini "cesso" trovano
gli attori nei teatri e nei cinema di casa
nostra.L'unica cosa alla quale non
rinuncio è la luce."Lino!!(è il tecnico delle
luci) La luce"Lino arriva e mi piazza certi
5OO da accecare.Io ci sto bene. La luce e
il mio baule, ora i miei bauli..Mi
piacciono i miei bauli.E' un classico baule
armadio d'attori, verde fuori a fiorellini
l'interno.Ci sono i cassetti e nei cassetti di
tutto:golf, libri, fogli, macchina da
scrivere-computer, pennarelli, lettere e
cianferi d'ogni genere.Il primo baule della
mia vita l'ho comperato a rate nel 51, non
appena
arrivava
in
compagnia
primaria.Dentro non c'era quasi niente, ma
quel sacramento , che si apre all'impiedi
dividendosi in due e diventa un armadio,
con cassetti e reparto per i cappotti, con
tanto di targhetta in metallo con il mio
nome, mi dava una gran sicurezza.Per la
755
verità era una sicurezza del tutto
speciale:la sicurezza di avere anch'io il
baule come tutti gli altri.Credo che quella
sia stata l'unica sicurezza di quegli anni e
per molti anni dopo.Credo anche di essere
la persona più insicura che io conosca.Il
mio baule, il suo contenuto, il camerino il
palcoscenico:sono a casa. Io non mi
considero un'attrice.Sono "anche "
un'attrice.In casa mia ho imparato tutto
quello che può servire per poter fare
questo lavoro:attrice, elettricista, fonico,
costumista, trovarobe, direttore di scena,
servo di scena, piazzare le
luci,
suggerire,
sarta, vendere i biglietti,
truccare, pettinare, ballare, cantare (sono
un po' troppo timida, seppur molto
intonata!Me l'ha detto 10 -14 Giovanna
Marini, e se lo dice lei..)la ricerca delle
piazza l'amministratore, fare un borderò,
(ora è però diventato difficilissimo)I miei
avevano addirittura una propria tipografia
dove si stampavano i manifestini,
insomma i volantini di adesso.Avevamo
centinaia di scene belissime, dipinte da un
756
pittore della Scala, Lualdi che veniva a
passare le sue vacanze da noi, ogni tanto,
le rinfrescavamo tutti insieme.Ogni giorno
cambiavamo piazza, (dico piazza per dire
"paese, non recitavamo in piazza ma in
locali chiusi, teatri, cinema, oratori, quindi
ogni giorno si dovevano montare scene e
luci.Anche i nostri costumi erano
belli.Figuriamoci!Mio padre, tramite
l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal
Teatro della Scala.E se per un nuovo testo
mancava qualche costume, ce lo facevamo
in quattro e quattrotto.Mia madre, maestra
diciottenne, figlia dell'ingegnere del
comune dove risiedeva(Bobbio) e di una
casalinga si era innamorata di questo
"girovago marionettista"che un giorno era
passato di lì, e con grande scandalo dalla
famiglia-(povera come l'acqua, ma di una
classe sociale superiore a quella di mio
padre)e del paese se l'era sposato.Mia
madre, era bellissima e quando dico
bellissima
voglio
proprio
dire"bellissima"senza artificio alcuno.
Nessuno di noi, quattro figli, pur
757
assomigliandole,
s'è
avvicinato
a
tanto;Bellissima, giovane, innamorata,
aiuta Domenico (il marito)e Tommaso
(fratello del marito e Stella, (sorella del
marito)in tutto quello che può .Cerca con
tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova
vita, tanto diversa da quella che aveva
condotto sino a quel giorno.Non sa
manovrare le marionette, ma si ingegna a
vestirle.Poi, più avanti, dirà qualche
battuta.Con l'avvento del cinema (1920)) i
due fratelli intuiscono che "il teatro delle
marionette" sarà presto messo in crisi,
subissato, da questo nuovo fantastico
mezzo di spettacolo. Decidono un
cambiamento radicale(con grande dolore
del nonno Pio, un amate di Garibaldi,
l'unico ritratto in nostro possesso lo
raffigura
vestito
e
somigliante
all'eroe!)"Entreremo in scena noi, al posto
delle marionette, reciteremo noi inostri
spettacoli"Così mio padre con la propria
famiglia aggiunta alla famiglia di mio zio
Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di
legno, vere e proprie sculture, tre delle
758
quali sono esposte al Museo del teatro
della Scala di Milano.E quando
inizieranno a recitare di" persona", a
portare loro stessi in palcoscenico i testi, i
personaggi
che avevano fino allora
interpretato muovendo e doppiando
pupazzi di legno, lei, la mia mamma ,
diventa
la
prima
attrice
della
compagnia.Un'attrice che di giorno tirava
su i figli, li faceva studiare, si occupava
della casa, e come una più che provetta
casalinga( a tutti gli effetti)teneva
l'amministrazione della compagnia come
fosse quella di un normale menage
familiare, si occupava dei costumi, aveva
imparato pure a cucire, e alla sera, via!, E
Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la
Fantina dei Miserabili, tutti ruoli che via
via, abbiamo interpretato anche noi figlie
e le cugine Ines e Lucia.Percorro così
l'apprendistato dei teatranti interpretando
via via che cresco, tutti i ruoli maschili e
femminili adatti alla mia età.Il vantaggio
della compagnia di mio padre rispetto alle
altre compagnie di giro, (così si
759
chiamavano le piccole compagnie di
provincia) è l'invenzione di impiegare tutti
i trucchi scenici del teatro magico delle
marionette,
nel
"teatro
di
persona"":montagne che si spaccano in
quattro a vista, palazzi che crollano, un
treno che appariva piccolissimo lassù
nella montagna e che man mano che
scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in
scena con il muso della locomotiva a
grandezza naturale.Mari in tempesta, nubi
che solcavano minacciose il cielo tra
lampi e tuoni, gente che volava.scene in
tulle in proscenio, che illuminate a dovere
ti facevano vedere come era il
paradiso.Insomma tutti gli espedienti
tecnici dell'antico teatro seicentesco dei
Bibbiena, che viveva ancora, dentro la
scenotecnica delle marionette.soltanto che
in quel teatro tutto era stato
miniaturizzato, si trattava adesso di
eseguire una operazione da Gulliver alla
rovescia:da minuto che era ingrandire
ogni oggetto, aggeggio, marchingegno
fino a renderlo identico alla realtà.In
760
questa nuova veste"il teatro di persona" la
compagnia di mio padre realizza un
successo insperato.Si lavora come sempre
a tempo pieno.Mio padre , il capo, con il
ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio
Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del
comico-brillante a secondo dei testi e di
drammaturgo-poeta
di
compagnia;le
mogli, i figli, gli attori scritturati;i
dilettanti gli amici componevano la nostra
compagnia.Giravamo cittadine, paesotti e
paesini del nord Italia su di una corriera
che chiamavamo "Balorda" a causa del
comportamento bizzarro che aveva, che
più che al suo cattivo carattere andava
attribuito agli anni. In certi paesi nei quali
ad una certa ora del giorno si passava, nei
turnichè particolarmente ripidi, c'erano
sempre dei ragazzi che ci aspettavano.Ci
spingevano fra tante risate, poi la sera ci
raggiungevano ed entravano a godersi lo
spettacolo gratis."Siamo quelli che
abbiamo spinto." "Passate".Mio padre,
amava la Balorda , e zingarone com'era,
gioiva tutto nel vedersela rilucente di
761
colori sgargianti. Mia madre, ogni volta
che lui le cambiava colore:"non
sposeremo mai le nostre figlie !" "Hai
ragione Milietta..domani le cambio
colore"E l'indomani quando "Emilietta" si
affacciava in cortile, ecco la Balorda
ridipinta:d'argento!"Non sposeremo mai le
nostre figlie!"Arriva la guerra, finisce la
guerra.Bombardamenti non ne avevamo
avuti.Qualche bomba sulla fabbrica di
aerei:la Macchi, lontana dal centro, alla
periferia di Varese, a Masnago.Ricordo a
proposito di questo paese, una sera che si
tornava a casa dopo lo spettacolo veniamo
fermati, sia noi che tutti quelli che
passavano per quella strada dopo di noi,
da un gruppo di fascisti e S.S.Ci hanno
fatto entrare in un cortile, (era quello dove
abitava uno dei nostri dilettanti,
chiamato"Luigino cassa da morto, perchè
suo padre le fabbricava) dove siamo stati
per ore bloccati.Solo all'alba ci hanno
lasciati andare.Non è stato per niente
drammatico.L'aria, nonostante i tedeschi
era di festa a causa della inconsuetudine
762
dell'avvenimento.Si sà, i giovani trovano
sempre la maniera di di superare le
tensioni. Sarebbe però, tanta allegria finita
in tragedia se quell'alba avesse portato la
notizia di una missione tedesca andata
male.Ci avrebbero fucilati tutti. l'abbiamo
saputo qualche giorno dopo.Per fortuna
l'abbiamo scampata.Altre volte, capitava
che ci fermassero dei partigiani.Non
dicevano "siamo partigiani" ma erano in
borghese con i mitra "Signor Rame, ci dà
un passaggio?" Li facevamo salire.Più
avanti capitava d'incontrare
picchetti
fascisti
che ci fermavano. Ci
conoscevano.Avevamo
un
permesso
speciale per il coprifuoco."Buona sera
signor
Rame,.Com'è
andata?"
"Benissimo!" "buona notte."Ce ne
andavamo;nonostante il
FINE
763
GENTE:
FRANCA, TORNIAMO INDIETRO DI
40 ANNI, RACCONTACI IL TUO
PRIMO INCONTRO CON DARIO.
Le nostre strade s'incontrano ad un certo
punto delle nostre vite, ma partono da
punti assai diversi.
Io nasco da una famiglia d'attori
girovaghi, ed ho debuttato ad otto giorni,
ne il figlio della "Genoveffa di Brabante",
in braccio alla mia mammma. Via via che
crescevo, ho interpretato tutti i ruoli
possibili ed immaginabili maschili e
femminili, finche, dopo i vent'anni ho
lasciato la mia famiglia per seguire mia
sorella Pia che abitava a Milano in quel
tempo ed era prima attrice giovane con
Renzo Ricci. Il mio desiderio era di
riuscire a mia volta entrare in una
compagnia primaria. Un gran salto! Dario
invece,
studiava architettura al
politecnico, e per passione raccontava
favole grottesche agli amici, racconta
oggi,
racconta domani,
s'è trovato
764
scritturato nella compagnia di rivista,
"Franco Parenti sorelle Nava". Nella
stessa compagnia c'ero io. Il capocomico
era di Carlo Mezzadri, l'allora marito di
mia sorella Pia, che per strada ha lasciato
il mestiere d'attrice per aprire una sartoria
teatrale. Oggi Pia è una affermatissima
creatrice ed esecutrice di costumi teatrali.
E' arrivata fino a Las Vega con le sue
creazioni. Ha fatto una figlia, ha scritto
un libro sulla nostra famiglia, gioca a
poker, ama il tennis seguendolo sul
teleschermo, la musica classica, legge
molto, è curiosa, dimostra un vent'anni in
meno di quelli che ha, ma quello che più
conta, è che è generosa, spiritosa,
caustica, insomma è il personaggio più
divertente,
poliedrico che io abbia
intorno. Ci vogliamo molto bene.
Abitiamo nella stessa casa, ci capita
anche di litigare a volte, ma ci siamo
l'una per l'altra, sempre.
E' lì che io e Dario ci siamo incontrati. Lui
s'innamora subito di "questa sventola
dolcissima", così mi chiamava. Si prende
765
un imbesuimento di terzo grado.
S'innamora subito, ma se lo tiene per se.
Anzi non mi guarda per niente e se mi
guarda non mi vede: come fossi
trasparente! Com'è?! Seni tondi, gambe
lunghe, capelli biondi eccetera eccetara...
piena di ragazzi che mi giravano intorno e
lui , 'sto spillungone anche bruttino, (ora
è bellissimo!) niente. Non faceva una
piega! Non mi guardi? Ti castigo! Una
sera, si provava lo spettacolo al cinema
Colosseo, l'ho preso per le mani, l'ho
messo contro il muro, e gli ho dato un
gran bacio, ma proprio un bacio bacio! E
mi sono scoperta innamorata pazza. Il "da
ridere" è che tutto è successo per
scommessa. Siamo andati avanti per due
anni tra baci e litigi.... classico degli
innamorati, fino al giorno che ci siamo
sposati: 24 giugno 1954 in Sant
Ambrogio! Dario, metterà una battuta,
per il fatto di essersi sposato in chiesa (lui,
quasi ateo-marxista) addirittura
nello
spettacolo "Gli arcangeli non giocano al
flipper" : "Sposato in chiesa per
766
accontentare madre di lei molto credente."
SALTO
SALTO
FOTOCOPIARE
PAGINE
siamo siatemati alla bellemeglio. Il
bambino ha pianto per quattro giorni di
fila. Per quanto spirito di adattamento
avessimo noi, non riuscivamo proprio a
comunicarlo a questo tipo appena nato che
non sapeva niente della vita. Comunque
faticavamo anche noi a cavarcela e per le
scomodità e per la mia totale inesperienza
"Piange? Avrà fame" Lo attaccavo al
seno, lui ciucciava un po' e poi di nuovo
"uhèèè uuuhèèèè!""Oddio,
forse è
ammalato!" Al quinto giorno decidiamo
di tornare in clinica e stabilirci lì. Il nostro
ritorno è stato festeggiato dal personale
con brindisi e abbracci. S'è scoperto subito
la causa degli uhè del bambino: io avevo
poco latte e lui aveva fame.
Dopo aver nutrito il fantolino, ci hanno
sistemati in una bellissima camera
vicinissima alla sala parto. Ci siamo
addormentati immediatamente tutti e tre
767
ed abbiamo dormito per almeno giorno
intiero, finalmente rilassati. Ci siamo
insriti molto bene in questa nostra insolita
vita, abitavamo lì e cercavamo casa.
Come vedevamo in carridoio davanti alla
porta della sala parto un padre in
angosciosa
attesa
Dario
subito
s'informava: "Sa è un parto cesareo!" E
Dario: "non si preoccupi, anche Franca ha
avuto un cesareo...Vero Franca?" e io "Sì,
sì... è una sciocchezza, vedrà" E quello si
calmava. E un altro: è messo di piedi"...
"Non si preoccupi, anche nostro figlio è
nato di piedi...e tutto è andato benissimo.
Vero Franca?" Solo quando un padre era
preoccupato perché la moglie stava
partorendo 2 gemelli siamo rimasti senza
parole. Tutti sapevano che avevamo un
figlio solo.
Ci siamo stati tre mesi in quella clinica.
Quanti padtri e quante madri abbiamo
rinfrancato. Qualcuno ci viene ancora a
trovare con i figlio nato proprio in quei
giorni. Che benissimo!
Finalmente abbiamo trovato una casa in
768
via Bruno Buozzi e ci siamo trasferiti.
Una casa piccola con un terrazzo enorme.
Nel palazzo vicino al nostro vivevano
Roberto Rossellini ed Ingrid Bergam al
tempo della loro "colpevole" passione.
Avevamo sempre amici fotografi che ci
scongiuravano di poter stare nel nostro
terrazzo per poter riprendere i due
importantissimi innamorati.
ed ero sempre la vamp del casta, la
padrona di un night, qualche volta sola,
qualche volta con un amante delinquente.
Indossavo grepier, calze nere o abiti
talmente stretti che spesso me li cucivano
lettaralmente addosso al mattino e me li
scucivano la sera. Non potevo fare la pipì,
non potevo sedermi ed in più mi sentivo
frustata dalla testa ai piedi.
Ho avuto in quegli anni, due grandi
occasioni cinematografiche. Michelangeli
Antognoni e Luchino Visconti. Per
"Cronaca di un amore" Antognoni aveva
scelto me. Io, allora, avevo un grande
complesso (complesso che in parte,
769
nonostante varie operazioni ho ancora
oggi): ero strabica - strabica, timida e
insicura. Nascondevo i miei occhi sotto a
degli occhialini lunghi, stretti e scuri. "Lo
so che sei strabica, ma per farti fare il
film, devo vedere i tuoi occhi. Su...
coraggio, togliti gli occhiali". Me lo ha
chiesto almeno tre volte, paziente e
gentile. Beh, non ce l'ho fatta e la parte la
interpretò Lucia Bosé.
Visconti si era intestardito su di me, per
un ruolo in "senso". Io stavo in tournée
con Dario a Trieste. Telefonate sopra
telefonate. E mi spiaceva lasciare la
compagnia, Dario e mi sentivo come
sempre insicura. "Sì, scendo, faccio il
provino poi magari mi dicono di no..." "No, ti prende a scatola chiusa gli
abbiamo portato tutte le bionde d'Italia,
non gliene va bene nessuna. Se vuoi ti
mandiamo il contratto." Niente non me la
sono sentita, qualcosa mi ha bloccato.
Il ruolo è andato a Marcella Mariani
bruna,
fragile,
ex miss Italia,
completamente diversa da me. Visconti
770
aveva cambiato tipo.
Il giorno della prima del film a Bruxelles,
Marcella Mariani è partita in aereo per
quella città. Se io avessi interpretato quel
personaggio quasi sicuramente sarei stata
al suo posto. L'aereo è precipitato. Tutti
morti. Ecco cosa mi aveva bloccato. Il
mio sesto senso mi aveva salvato la vita,
come è capitato altre volte.Da quel giorno,
se qualcosa mi salta nel lavoro od altro,
penso che così doveva essere, il negativo
diventa positivo "doveva andare così".
Nel '57 mi sembra vengo scritturata dal
Teatro Arlecchino a Roma,
per
interpretare un testo di Feydeau che
sembrava scritto per me: "Non andartene
in giro tutta nuda". Dario scrive per i
fratelli Bonos, che poi non ne hanno fatto
nulla, un atto unico "Gli imbianchini non
hanno ricordi" Ci prende gusto e ne scrive
altri. A quel punto gli propongo di
ritornare a Milano e farci una compagnia
nostra.
Interpelliamo Paolo Grassi allora direttore
del Piccolo
771
Dopo
la
clamorosa
rottura
per
Canzonissima, la TV ci era proibita, ma
c'era sempre il teatro. Nel '63 ci fu il
nostro spettacolo su Colombo "Isabella,
tre caravelle e un cacciaballe",
che
quest'anno verrà presentato per le
Colombiadi, in spagnolo a Valencia, con
la regia di Arturo Corso e anche trasmesso
dalla II rete in ottobre. L'anno dopo
"Settimo ruba un po' meno" e via via,
ogni anno uno spettacolo nuovo, di
successo, fino al '68, alla decisione,
presa con Dario di lasciare il teatro
tradizionale e di mettere a disposizione il
nostro lavoro per sollecitare una presa di
coscienza.
La simpatia per la classe operaia non
bastava più. La lezione ci veniva
direttamente dalle straordinarie lotte
operaie, dal nuovo impulso che tutti i
giovani stavano dando nelle scuole alla
lotta contro l'autoritarismo, l'ingiustizia
sociale, le spinte per un nuovo rapporto
con le classi sfruttate, per creare una
772
nuova cultura. Dovevamo smettere di fare
gli intellettuali che,
comodamente
sistemati dentro e sopra i propri privilegi
di casta, si degnano, bontà loro, di
trattare anche i problemi degli sfruttati.
Dovevamo
deciderci
a
metterci
interamente al loro servizio: diventare i
giullari degli sfruttati? Questo voleva dire
andare a recitare in strutture che fossero
gestite da loro, dalla classe operaia. Ecco
perché subito pensammo alle case del
popolo.
Facemmo teatro nelle case del popolo,
nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una
capanna di via Colletta a Milano, alla
famosa palazzina Liberty,
sempre a
Milano,
che
ristrutturammo
completamente e che poi ci fu tolta.Nel
'73 ci fu anche un episodio terribile nella
sua vita. Vuole parlarne?
Non ne parlo volentieri. Sono passati
quasi 20 anni, ma mi basta un niente per
ritrovarmici dentro di colpo. Nessuna
donna che abbia subito violenza sessuale,
773
potrà mai staccarsi completamente da quel
momento orribile.
Sono stata caricata su di un furgoncino da
tre individui e poi scaricata stravolta e
sanguinante vicino alla metropolitana di
via Dante. Non ho detto a nessuno quello
che mi era realmente accaduto. Nemmeno
a mio marito. L'umiliazione della violenza
sessuale, lo sfregio, era sopratutto per lui
e per mio figlio. No, me ne sono stata
zitta: più dignitose "le botte". Mi sono
tenuta tutto dentro, ma ho sbagliato. Il
non averne parlato con nessuno ,
l'essermi tenuta tutto dentro (anche se tutti
avevano intuito quello che realmente mi
era successo) mi teneva in una continua
tensione. Un caro amico, il professor
MACACCARO, che mi era stato molto
vicino con gli avvocati in quei giorni così
pesanti, mi ha consigliato un' analista
donna, ma io non me la sono senita. Dopo
tre anni ho deciso di scrivere quanto mi
era successo... Senza una parola ho
passato i fogli a Dario. Li ha letti. Senza
una parola mi ha abbracciato. Finalmente
774
ce l'avevo fatta! Un nodo, il primo, si era
sciolto. Poi, in appoggio alla campagna
che si stava facendo in quegli anni per
l'approvazione di una legge contro la
violenza sessuale, ho deciso di portare
quanto avevo scritto in teatro. Andai di
colpo in scena, senza provarlo (non
riuscivo) e senza che nessuno della
compagnia lo sapesse. Solo Dario ed io ne
eravamo al corrente. All'ultimo momento,
invece di recitare "il risveglio" annunciai
un brano nuovo." Ho trovato questa
testimonianza su di un giornale e ve la
recito" Da quella sera ho replicato "lo
stupro" (questo è il titolo del brano)
almeno duemila volte. E via, anche il
secondo nodo si stava sciogliendo. Mio
figlio dice: "sei andata in analisi davanti a
migliaia di persone." Poi l'ho recitato
anche in Fantastico, quello di Celentano.
E' andata così. Gli atti di violenza sessuale
contro ragazze erano all'ordine del giorno.
Processi, stupri, violenze fisiche e
morali contro le donne. Sono sempre più
impegnata in questo campo. Propongo il
775
brano a Celentano. Accetta. Ci sono
resistenze da parte della prima rete, ma
lui ha un contratto di ferro. e alle 20, 30
finalmente mi comunicano che prenderò
parte alla trasmissione.. La voce è
circolata in sala stampa. Due giornaliste
vengono in delegazione e mi chiedono una
conferenza stampa dopo la trasmissione.
Va bene. Eseguo il brano, precisando
come sempre che è una testimonianza di
una donna che ho trovato su di un
giornale. Sono molto tesa. I fotografi non
stanno fermi un attimo. Per riuscire ad
arrivare alla fine mi devo concentrare
completamente. Ci sono dentro in pieno.
Soffro come allora. Rabbia, umiliazione,
terrore. Un brutto momento. Alla
conferenza stampa qualcuno accenna al
fatto che quella storia era la mia.( a suo
tempo ci fu gran chiasso e solidarietà sui
giornali) Ho negato molto decisa ma
egualmente qualcuno privo di sentimenti e
di rispetto me l'ha attribuita sui giornali
del giorno dopo. Per me è stato duro. Fin
che la gente non sapeva, diciamo, magari
776
qualcuno lo intuiva ma con me non ne
parlavano,
io
potevo
portare
quell'esperienza in teatro, ma da quando
si è saputo ho deciso di non farlo più.
Non avrei potuto, a parte che sarebbe
stato anche di cattivo gusto.
in fondo a questo testo c'è un pezzetto
l'inizio che ho estrapolato a DONNE
777
NOTE PER BIOGRAFIA -1Turbata, con una gran voglia di piangere.
Corro indietro velocemente lungo la mia
vita: rabbia, paura angoscia, commozione
meraviviglia, furore, amore, solitudine,
felicita piccole e grandi, inaspetate,
inaudite, cosiì i dolori, ma in questa
gamma di sentimenti, sensazione, quello
che sto provando ora, non c'e. Rossella
(tra le moltissime donne incontrate ' e
un'amica che non ho perso per strada)
m'ha regalato un libro"Le lettere del mio
nome"di Grazia LIVI, "é imporTANTE ,
leggilo".Il titolo cosi ermetico non mi
sollecita. Leggo in contro-copertina la
presentazione
dell'editore:Il
tema
appasionato di questo romanzo-saggio é il
divenire della donna. Mi blocco. Oddio,
ci risiamo.La solita "menata" femminista
socialsocoplogopolitica,
scritta dalla
solita intellettuale per altre intellettuali,
quasi tutte saccenti, asibento con
sfoogio"cultura", usanti un linguaggio da
casta per "quella" casta , senza la minima
778
preoccupazione di 2 2 essere capite da chi
aveva (sto parlandodegli anni 70 in cui la
donna cercava di crescere e di
"liberArsi")la necessità urgente di capire,
protese a correre una più dell'altra per
essere lì, pronte a brancarsi" il primo
posto, dirigere, liderscippare un po'
arroganti o troppo accondiscendenti, che
gridavano "siamo sorelle" e in nome della
sorellanza alla prima occasione ti
fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e
conosciuto molte donne troppo simili
all'uono nel loro modo di essere,
insomma, tutto quello che ho sempre
rifiutato.Parto a leggere indifferente e
diffidente.Qualche pagina e poi smetto, mi
dico. E invece no, qualche pagina e ci
sono dentro. Ma questa chi é? La
conosco? Non lo so. Conosco tanta gente,
ma i nomi non me li ricordo, di molti non
li nemmeno saputi.M'ha tirato dentro la
chiarezza ne facile ne semplecistica
concui ti racconta la vita, le scelte, le
fatiche la crescita di un personaggio
donna, come te lo ripropone tutto, secca e
779
piena, leggera, meticolosa delicata, mai
invadente, umile, poetica quel tanto che
non disturba, è una magnifica scrittura,
priva di elucubrazioni intellettualistiche,
priva di fronzoli, con una gran sintesi.Di
ogni donna di cui parla, ti presenta le piu
remote sensaziuioni, ogni personaggio é
da lei scandagfliato nel profondo, c'e tutto
quello che hanno detto gli altri e quello
che no hanno scritto, i sentimenti, i dolori,
le insicurezze, le certesze e molto altro
che ora non mi riesce di esprilere. Poche
pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De
Beauvoir.NON
Mì
é
mai
stata
completamente simpatica.A volte m'é
capitato di giudicare qualche sua scelta
egoista.Il suo evidente essere una
intellettuale aristocrarica m'e l'ha sempre
allontanata.In casa di Sartre a Parigi, dopo
un girar di chiavi nella toppa ce la siamo
trovata davanti:borsa della spesa in mano,
fazzolette in testa .Ha lanciato un"pas
fumée" a Sartre e si é ritirata in
cucina.Dario ed io ci siamo guardati
interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come
780
un bambino scoperto a rubare la
marmellata, ha spento la sigaretta o il
sigaro, non ricordo, "Simon..", ha
mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io
ci sono rimasta un po' male.forse credevo
che il fatto di essere una donna mi desse il
diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del
ragionato-Livi é una donna che capisco e
ammiro di più.Altre biografie di donne.
Leggere, conoscere, approfondire, passare
il tempo con loro, con la loro forza, la loro
caparbietà
persistenza,
lucidita,
intelligenza, sapere, donne che sono
riuscite ad emergere dallo sterminato
femminile sommerso, in un modo al
maschile, mi costringe ad interrompere la
lettura e a ragionarmi addoso.Il mio
"dentro"s'é messo in movimento e non
riesco a bloccarlo.Mi sento come se
queste signore abbiano espresso, pensieri
miei, situazioni mie;
insicurezze,
certezze, domande, scelte mie. Mi sento
"loro", e allo steso tempo le sento
discoste da me, lontano, in alto,
irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a
781
disagio, turbata, sconbussolata. Di colpo
mi sento come se non
avessi mai
pensato.Non ho visto, non ho notato, non
ho desiderato.Mi sento addoso il peso di
non essermi mai sentita in lizza con
nessuno, non perché mancasse la gara,
figuriamoci!, ma perché ero certa di non
avererne i numeri, le capacità per poter
participare. Mi sembra di essere passata
tra le cose senza emozione.Sono certa di
non aver mai voluto con forza, qualcosa
per me .Gia arresa, prima di essere
vinta.Mi sento come se in questa mia
frenetica vita non avessi vissuto.Mi sento
inutile, banale, vuota come un libro
rilegato con nelle pagine bianche solo il
numero in calce.I giorni della mia vita
:22.630 , sessantadue anni. Quanti!
Appresso, nessun bagaglio. A 'sto punto
mi hai scombussolata, cara Grazia
Livi.Possibilie? E' così.Sento l'esigenza di
esprimermi,
di
puntualizzarmi,
di
cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando
me stessa?..Il mio io?..Ci ho tanto
ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma
782
ora qualcosa di concreto mi urge.Devo
fissare qualche punto.
Me ne sto a guardare fuori dalla finestra
con il cervello completamente vuoto,
come se per tutti questi anni, e sono tanti,
non avessi
vissuto, lavorato incontrato
gente, parlato, riso, fatto all'amore,
pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la
testa pressata da pensieri confusi, suoni,
rumori, parole, facce, e fra tanto disordine
non riesco a trovare la parola giusta, il
ricordo giusto che mi dia modo di iniziare
con un minimo di coerenza.Forse potrei
partire dalla prima grande emozione che
ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita;
sono arrivati i "liberatori".Li avevamo
visti sui camions il pomeriggio, intorno
per la città.Erano arrivati anche nella mia
strada. Ci buttavano cioccolato e
sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi
buttata con gli altri per tentare di
raccogliere qualcosa.La sera, nel cortile di
casa mia, gran festa.Un giradischi, e
ballare e ridere. Poi guardo su, verso la
783
finestra buia del primo piano, casa mia.
Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì,
ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri,
il suo tormento:mio fratello deportato in
campo di concentramento in Germania,
non dà notizie da oltre due anni.In un
attimo le sono vicina vergognandomi della
mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due
mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta
su di un gradino della scala di casa nostra
, perché le gambe non la reggono.Si
stringe addosso il figlio, pallido, magro,
impolverato che si é fatto centinaia di
chilometri a piedi.Quel gridare intenso che
esprimeva gioia, l'ho sentito identico
molto anni dopo(1973) in circostanza ben
divera , per dolore e drammaticità.Ancora
seduta, su di una sedia ora, con la testa
buttata all' indietro, grida senza controllo,
come allora, dopo che ha indovinato più
dalla mia faccia che dalle mie reticenti
parole che mia sorella Lina era morta.
Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo
( che non ho terminato) di Varese, con i
fascisti che entrano in classe, in silenzio
784
ci guardano a una a una. Poi mi chiamano,
dicono proprio il mio nome, e mi portano
nello studio del preside. Non so di che
colore fosse la mia faccia, ma ma avevo
paure che tutti potessero sentire il battito
del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a
"Villa triste.."Villa triste era una villetta
all'inizio della strada che portava alla mia
scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano ,
venivano interrogati e torturati i partigiani.
Ma io, non sapevo niente, non c'entravo
niente con loro, non avevo fatto
niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai
tranquilla"Poi di colpo, alla prima
domanda ho capito tutto.E il cuore a
battere più forte."Forse muoio"."Conosci
Enrico
Mazzucchetti?
"Si",
"Dov'é?""Non lo so".Enrico, detto Bubi,
era il mio amore dei quindici anni: il
primo."non lo vedo da un po'", sapevo che
era andato nei partigiani, ma qualche
giorno prima l'avevo visto, era venuto
sotta casa mia a darmi dei baci. Dio mio,
che
era
successo?"Allora?"Erano
minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo
785
lasciati da un sacco di tempo."Lì, nello
studio del preside mi hanno frugato in
tasca . La mia aria innocente li aveva
convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non
ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe
con la testa staccata dal corpo e le mani
sudate."Sei una incosciente, sei una
disgraziata.Se lo viene a sapere tuo padre
ti ammazza e fa bene.E con il cuore mi
accarezzavo il biglietto piegato in quattro
che avevo stracciato prima di passare
davanti a "villa triste", dopo essermelo
imparato a memoria la mattina andando a
scuola.Incoscienza, più che coscienza
politica.
I GIORNALI
Nei primi 18 anni della mia vita, non ho
mai letto un giornale.E questo che
c'entra?Nulla.Sto cercando di tirar fuori
fatti lontani, che disordinatamente
affiorano al mio cervello vuoto
Non ho mai letto i giornali.Lo dico con
meraviglia.Possibile?In casa mia c'erano,
la mia era una famiglia socialista quando
esserlo costava qualche cosa.Si pagava,
786
senza ricevere nulla in cambio:con quella
tessera in tasca allora carriera o posti di
comando, non ne ricevevi.I giornali
c'erano, li toccavo quando li raccoglievo
da terra dopo che mio padre li aveva
letti.(incredibile quanto mio marito
assomigli amio padre:anche lui, li butta
per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono
sicura di non averne mai aperto uno fino
ad un certo giorno.cioè quando sono
andata a sbattere con la mia bicicletta
addosso ad una Topolino (in realtà gli ho
sfiorato un parafango).La reazione del
"guidante" è terribile e immediata e
assolutamente fuori posto/"Ecco chi
rovina
l'Italia!""No,
guardi
io..""Silenzio!Voi
giovani
che
delegate.Delegate e non leggete i
giornali!".Allibita, senza parole.E' da qul
giorno che dei giornali leggo tutto..dalle
inserzioni agli annunci mortuari.Grazie
isterico signore della topolino.Grazie.
Forse ora posso correre all'inizio della mia
vita.
1932_ "E' ora che Franca incominci a
787
recitare."è mia madre che parla. La prima
parte che ho imparato a memoria, me l'ha
insegnata lei, "bocca a bocca", così si
diceva a casa mia, mot- a mot, parola per
parola. Non sapevo leggere .Avevo tre
anni.. Aveva deciso (era sempre lei che
prendeva le decisioni importanti in
famiglia) che avrei fatto un angiolino di
supporto all'angelo vero, che veniva
recitato da mia sorella Pia in "la passione
del
Signore"atto V, orto dei
Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che
per trenta monete d'argento hai venduto il
tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo
gridare di quando in quando. La parte non
era lunga.. non ci devo aver messo molto
ad impararla. "Ripeti!"e ancora e
ancora."ripeti" diceva la mia mamma
paziente mentre pelava le patate per il
minestrone."Ripeti!"Mia madre per i suoi
figli era ambiziosissima .Per l'occasione
mi aveva cucito un bellissimo abito bianco
da angelo, con due grandi ali bianche e
oro appoggiate sulle spalle. seppur
credente non andava mai in chiesa ma
788
aveva uno zio prete.Lei, lo sapeva
benissimo che gli angeli erano vestiti così!
Mio padre, ormai entrato nel gioco, mi
mise in testa una coroncina di lampadine
.E' ora d'andare in scena e tutti:"ma che
bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia
mamma faceva andare la coda.Non avevo
fatto nessuna prova.Sapevo solo che ad un
certo punto avrei dovuto seguire mia
sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un
segnale della mia mamma sistemata in
quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda
"e quel che segue.Il guaio, l'imprevisto
che più imprevisto di così non si poteva
immaginare fu che il personaggio di
Giuda era interpretato
da mio zio
Tommaso, un uomo che avevo sempre
visto calmo,
sorridente,
che mi
raccontava storie bellissime, mi regalava
un sacco di divertimenti, al quale volevo
molto bene e vedermelo lì, proprio vicino
vicino, con una parruccaccia nera in
testa..gli occhi che lanciavano saette tra
un tuonar e lampeggiar minaccioso , che
disperato gridava:"possano i corvi
789
divorarmi le budella
, le
aquile
strapparmi gli occhi !" e altri animali che
non ricordo "mi divorino un pezzetto alla
volta ad incominciare dalla lingua" , mi
fece un terribile effetto.Mamma mia che
spavento! Cosa stava capitando?!Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma
quello che mi buttò completamente fuori,
fu il vedere mia sorella , solitamente
rispettosa ed educata, che per nulla
intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i
colori!Una sfuriata in piena regola e che
trascinavano il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera."Ma cosa
13sta capitando?Perchè lo zio Tommaso
fa così?" Il groppo che mi sentivo in gola
stava per scoppiare;Mia madre dalla
quinta mi faceva gesti più che
perentoi.Giuro che avrei potuto parlare,
ma non me la sentivo proprio di rincarare
la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non
dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli
sia capitato.Forse è impazzito." Anzi.A
piccoli passi, camminando come pensavo
camminassero
gli
angeli,
seppur
790
spaventatina, gli sono andata vicino, lui
era in ginocchio e gridava più che mai.Dio
che paura!Senza dire una parola mi sono
arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato,
tempestandogli la faccia di baci.Insomma
cercavo con i mezzi che avevo a
disposizione, di calmarlo e piangevo nel
silenzio che era calato in palcoscenico.Pia
s'è
ammutolita. In quinta mia madre faceva
segnali che non prespettavano niente di
buono..Lo zio-Giuda si blocca per non più
di tre secondi, lo giuro.e poi con voce
profonda (intanto con la mano mi
solleticava la mia e con gli occhi mi
rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei
grande!A
QUEST'ORRENDO
14
14PECCATORE
MANDI
IL
CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi
la mano..No, no, non me lo merito!-e , dal
momento che lo spettacolo doveva pur
terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve
usare un po' di forza per liberarsi da me
che proprio non ne voglio sapere di
lasciarlo andare.Grida:"L'albero
più
791
alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami
andare angiolino..Lasciami.." e con un
urlo agghiacciante esce di scena.Mia
sorella(l'unica volta nella sua vita ,
credo)non sapendo più che fare,
camminando anche lei sulle punte,
immediatamente
lo
segue.Grande
applauso.Tutti mi chiamano in quinta con
grandi cenni.Non so se la paura d'essere
sgridata o il "senso del dovere" che
maledizione da che sono nata è lì, a
spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto
si è che dopo un attimo di silenzio con
voce chiara e mesta quel tanto che serve
dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda
traditore che per trenta monete d'argento
ha venduto il suo Signore..Non s'è
pentito!" e via che esco..Ce l'avevo
fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in poi,
"la passione del Signore" ha sempre avuto
due
angiolini, con il più piccolo che abbraccia
Giuda a mostrare la grandezza di Dio.E
tutti giù a piangere.
A 5 anni:"gli spazzacamini della valle
792
d'Aosta.Com'è che succedeva? Come
arrivavo la prima volta in scena con un
personaggio che non avevo mai
interpretato prima? Non me lo ricordo, ma
so con certezza di non aver mai provato
prima di un nuovo spettacolo.La parte
come sempre fino a che ho
4 imparato a leggere, me la insegnava la
mia
mamma,
la
imparavo
velocissimamente , era come se la sapessi
già.Anzi, la sapevo già.Quante volte mi
ero addormentata nella cassa dei costumi,
o nella bara di Giulietta quella del Romeo,
o in qualsiasi altro posto che mi
permettesse di addormentarmi, mentre i
miei recitavano una sera dopo l'altra?"Gli
spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il
protagonista, figlio di una povera ma
bella incintata e poi abbandonata dal
figlio del conte..vengo, a causa della
miseria in cui nascono quasi sempre
quelle
incintate
dai
"contini",
NONOSTANTE LA TENERA ETà
affidato ad un "mercante di carne
umana"!, un delinquente che specula sui
793
bambini che gli vengono
affidati,
mandandoli spesso a morire nel tentativo
di pulire, in quanto smilzi e denutriti
(quanto piangeva la gente!) la cappa di un
camino.E' quando, la mia mamma che per
fortuna era venuta a trovarmi a Torino col
mio nonno sennò chissaà come avrebbe
mai fatto a tornarsene a casa, crede che il
suo Gino sia morto nella cappa del
camino "Oh che tremendo dolore!" e via
che Impazzisce. La ragazza in questione
era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che
quel giorno lì in quanto ammalato, era
stato sotituito nel lavoro da un compagno,
certo Carletto, che muore al suo posto.
(Mai essere generosi!) Questa è per Gino
una giornata davvero fortunata.Il vecchio
conte è schiattato nel frattempo, ed il
contino, vale a dire il suo papà, decide in
quanto sempre innamorato della mia
mamma, di riparare al malfatto e di
sposarla.Ci sono un po' di problemi per far
rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma
alla fine tutto finisce in gloria tra lacrime e
singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica
794
finale per non mandare a casa la gente con
il magone.
Il nostro era un teatro realmente e
totalmente "all'improvviso" che si basava
su trame semplici e stringate, TEATRO
POPOLARE appunto, nella tradizione
della COMMEDIA DELL'ARTE ,
completamente opposto al teatro letterario
e naturalista messo in scena dalle grandi e
illustri compagnie che agivano nelle
grandi città e imitato in tutto il suo
negativo dalle piccole compagnie , come
la nostra , che agiva no in provincia.Il
nostro successo stava tutto in questa
differenzenza.Il nostro repertorio era
vastissimo: dalle più famose tragedie di
Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi,
alle commedie di autori moderni a quei
tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San
Secondo, alle comiche finali. Il tutto
senza aver mai studiato una parte a
memoria su di un copione. Non esistevano
copioni di testi teatrali veri e propri, ma
una specie di cannovacci e per molti testi
non esisteva nemmeno il cannovacccio.
795
Ce li avevamo nella testa da sempre.
Eravamo bravi?Non lo so.So solo che i
teatri eran( sempre pieni, che si lavorava
tutti i giorni, si riposava solo il venerdì
santo, e il 2 dei morti, a novembre.O se
c'era il funerale di un defunto importante
del paese:il prefetto, il sindaco, il dottore,
il prete il farmacista.E quando in un paese
avevamo fatto tutto il nostro repertorio,
(replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione,
"il povero fornaretto di venezia e non mi
ricordo più quali altri drammoni avessere
successo)mio padre o mio zio, si
leggevano un romanzo, ci riunivano e ce
lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo
e tu questo., .e via che il giorno dopo si
andava in scena. Sulle quinte laterali, in
bella calligrafia, la scaletta dei punti
chiave, il susseguirsi degli avvenimenti.
"L'assassino del corriere di Lione"
.Scena PRIMA:
la ragazza s'incontra col padre, che non
aveva mai conosciuto , partito povero ,
tanti anni addietro, torna ricco, riempie la
ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire
796
nulla per lui, anzi solo repulsione.
Manifestare
freddezza
e
imbarazzo.Ricordarsi che la madre è
morta.
Scena seconda:un uomo(lo stesso attore
che interpreta il personaggio delpadre)
languisce in una cella, è un innocente
caduto in un errore giudiziario
terribile.Accenni all'assassinio di un
corriere a Lione.Acceni alla moglie morta
e alla piccola bimba lasciate al
paese.Saranno ancora vive?
Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono
premiato con la libertà e l'onore restituito
mentre il cattivo (fratello gemello del
buono), smascherato da una collana rubata
al corriere di Lione, sarà punito con la
forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della
madre morta.
Comica finale.Non c'è pesonaggio nel
repertorio della mia famiglia che a
secondo
dell'età
non
abbia
interpretato.Neonati(8 giorni in braccio
alla mia mamma-in la Genoveffa di
Brabante),
797
NOTE PER BIOGRAFIA -1Turbata, con una gran voglia di piangere.
Corro indietro velocemente lungo la mia
vita:
rabbia,
paura,
angoscia,
commozione, meraviglia, furore, amore,
solitudine,
felicita piccole e grandi,
inaspettate, inaudite, così i dolori, ma in
questa gamma di sentimenti, sensazione,
quello che sto provando ora, non c'e.
Rossella (tra le moltissime donne
incontrate ' e un'amica che non ho perso
per strada) m'ha regalato un libro"Le
lettere del mio nome"di Grazia LIVI, "é
imporTANTE , leggilo". Il titolo cosi
ermetico non mi sollecita.
Leggo in
contro-copertina
la
presentazione
dell'editore:Il tema appasionato di questo
romanzo-saggio é il divenire della donna.
Mi blocco. Oddio, ci risiamo. La solita
"menata"
femminista
socialsocioplogopolitica,
scritta dalla
solita intellettuale per altre intellettuali,
quasi tutte saccenti,
asibento con
798
sfogio"cultura", usanti un linguaggio da
casta per "quella" casta , senza la minima
preoccupazione di essere capite da chi
aveva (sto parlando degli anni 70 in cui la
donna cercava di crescere e di
"liberArsi")la necessità urgente di capire,
protese a correre una più dell'altra per
essere lì, pronte a brancarsi" il primo
posto, dirigere, liderscippare un po'
arroganti o troppo accondiscendenti, che
gridavano "siamo sorelle" e in nome della
sorellanza alla prima occasione ti
fregavano. Esagero? Sì. Ma ho visto e
conosciuto molte donne troppo simili
all'uomo nel loro modo di essere,
insomma, tutto quello che ho sempre
rifiutato. Parto a leggere indifferente e
diffidente. Qualche pagina e poi smetto,
mi dico. E invece no, qualche pagina e ci
sono dentro.
Ma questa chi é? La
conosco? Non lo so.
Conosco tanta
gente, ma i nomi non me li ricordo, di
molti non li nemmeno saputi. M'ha tirato
dentro la chiarezza ne facile ne
semplicistica con cui ti racconta la vita, le
799
scelte, le fatiche la crescita di un
personaggio donna, come te lo ripropone
tutto, secca e piena, leggera, meticolosa
delicata, mai invadente, umile, poetica
quel tanto che non disturba, è una
magnifica scrittura, priva di elucubrazioni
intellettualistiche, priva di fronzoli, con
una gran sintesi. Di ogni donna di cui
parla, ti presenta le più remote sensazioni,
ogni personaggio é da lei scandagliato nel
profondo, c'e tutto quello che hanno detto
gli altri e quello che no hanno scritto, i
sentimenti, i dolori, le insicurezze, le
certezze e molto altro che ora non mi
riesce di esprimere. Poche pagine te ne
dà l'essenza. Ecco Simone De Beauvoir.
NON mi é mai stata completamente
simpatica.
A volte m'é capitato di
giudicare qualche sua scelta egoista. Il
suo evidente essere una intellettuale
aristocrarica m'e l'ha sempre allontanata.
In casa di Sartre a Parigi, dopo un girar di
chiavi nella toppa ce la siamo trovata
davanti:borsa della spesa in mano,
fazzoletto in testa . Ha lanciato un"pas
800
fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.
Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e
questa chi é?" Sartre, come un bambino
scoperto a rubare la marmellata, ha
spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo,
"Simon. . ", ha mormorato. Ah, era lei!
Dario meno, ma io ci 4 4 sono rimasta un
po' male. forse credevo che il fatto di
essere una donna mi desse il diritto ad un
saluto. Ma ora, la Simon, del ragionatoLivi é una donna che capisco e ammiro di
più. Altre biografie di donne. Leggere,
conoscere,
approfondire,
passare il
tempo con loro, con la loro forza, la loro
caparbietà
persistenza,
lucidità,
intelligenza, sapere, donne che sono
riuscite ad emergere dallo sterminato
femminile sommerso, in un modo al
maschile, mi costringe ad interrompere la
lettura e a ragionarmi addosso. Il mio
"dentro"s'é messo in movimento e non
riesco a bloccarlo. Mi sento come se
queste signore abbiano espresso, pensieri
miei, situazioni mie;
insicurezze,
certezze, domande, scelte mie. Mi sento
801
"loro", e allo steso tempo le sento
discoste da me,
lontano,
in alto,
irraggiungibili. Sono confusa. Confusa, a
disagio, sconbussolata.
Di colpo mi
sento come se non avessi mai pensato.
Non ho visto, non ho notato, non ho
desiderato. Mi sento addosso il peso di
non essermi mai sentita in 5 lizza con
nessuno, non perché mancasse la gara,
figuriamoci!, ma perché ero certa di non
averne i numeri, le capacità per poter
partecipare. Mi sembra di essere passata
tra le cose senza emozione. Sono certa di
non aver mai voluto con forza, qualcosa
per me. Già arresa, prima di essere vinta.
Mi sento come se in questa mia frenetica
vita non avessi vissuto. Mi sento inutile,
banale, vuota come un libro rilegato con
nelle pagine bianche solo il numero in
calce. I giorni della mia vita: 22.630,
sessantadue anni. Quanti! Appresso,
nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai
scombussolata,
cara Grazia Livi.
Possibilie? E' così. Sento l'esigenza di
esprimermi,
di puntualizzarmi,
di
802
cercarmi. Oh mio dio,
cos'è,
'sto
cercando me stessa? Il mio io? Ci ho tanto
ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma
ora qualcosa di concreto mi urge. Devo
fissare qualche punto.
Me ne sto a guardare fuori dalla finestra
con il cervello completamente vuoto,
come se per tutti questi anni, e sono
davvero tanti,
non avessi vissuto,
lavorato, incontrato gente, parlato, riso,
fatto all'amore, pianto. Niente. Non mi
viene niente. Ho la testa pressata da
pensieri confusi, suoni, rumori, parole,
facce, e fra tanto disordine non riesco a
trovare la parola giusta, il ricordo giusto
che mi dia modo di iniziare con un
minimo di coerenza. Forse potrei partire
dalla prima grande emozione che ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita;
sono arrivati i "liberatori". Li avevamo
visti sui camions il pomeriggio, intorno
per la città. Erano arrivati anche nella mia
strada.
Ci buttavano cioccolato e
sigarette.
Arrossisco al pensiero di
essermi buttata con gli altri per tentare di
803
raccogliere qualcosa. La sera, nel cortile
di casa mia, gran festa. Un giradischi, e
ballare e ridere. Poi guardo su, verso la
finestra buia del primo piano, casa mia.
Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì,
ci sta guardando.
Conosco i suoi
pensieri, il suo tormento:mio fratello
deportato in campo di concentramento in
Germania, non dà notizie da oltre due
anni.
In un attimo le sono vicina
vergognandomi della mia allegria. Mi
strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo
lei che grida, grida seduta su di un gradino
della scala di casa nostra , perché le
gambe non la reggono. Si stringe addosso
il figlio, pallido, magro, impolverato che
si é fatto centinaia di chilometri a piedi.
Quel gridare intenso che esprimeva gioia,
l'ho sentito identico molto anni
dopo(1973) in circostanza ben diversa ,
per dolore e drammaticità. Ancora seduta,
su di una sedia ora, con la testa buttata all'
indietro, grida senza controllo, come
allora, dopo che ha indovinato più dalla
mia faccia che dalle mie reticenti parole
804
che mia sorella Lina era morta.
Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo
( che non ho terminato) di Varese, con i
fascisti che entrano in classe, in silenzio
ci guardano a una a una.
Poi mi
chiamano, dicono proprio il mio nome, e
mi portano nello studio del preside. Non
so di che colore fosse la mia faccia, ma
ma avevo paure che tutti potessero sentire
il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi
portano a "Villa 8 triste. . "Villa triste era
una villetta all'inizio della strada che
portava alla mia scuola, dove, ( tutti in
città lo sapevano , venivano interrogati e
torturati i partigiani. Ma io, non sapevo
niente, non c'entravo niente con loro, non
avevo fatto niente. "Stai tranquilla, mi
dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla
prima domanda ho capito tutto. E il cuore
a battere più forte.
"Forse muoio".
"Conosci Enrico Mazzucchetti?
"Si",
"Dov'é?""Non lo so". Enrico, detto Bubi,
era il mio amore dei quindici anni: il
primo. "non lo vedo da un po'", sapevo
che era andato nei partigiani, ma qualche
805
giorno prima l'avevo visto, era venuto
sotto casa mia a darmi dei baci. Dio mio,
che
era
successo?"Allora?"Erano
minacciosi. "Non lo vedo più, ci siamo
lasciati da un sacco di tempo. "Lì, nello
studio del preside mi hanno frugato in
tasca . La mia aria innocente li aveva
convinti. Poi mi hanno lasciata andare.
Non ricordo altro. Mi sono ritrovata in
classe con la testa staccata dal corpo e le
mani sudate. "Sei una incosciente, sei una
disgraziata. Se lo viene a sapere tuo padre
ti ammazza e fa bene. E con il cuore mi
accarezzavo il biglietto piegato in 9 9 9 9
9 quattro che avevo stracciato prima di
passare davanti a "villa triste", dopo
essermelo imparato a memoria la mattina
andando a scuola. Incoscienza, più che
coscienza politica.
Una chiaccherata con ...
Ancora una volta eccomi qui, con la penna in mano, (si
fa per dire visto che sono al computer), ad occuparmi
Dario: cognome Fo.
Dario Fo oltre ad essere un pittore, scrittore, regista, attore, individuo ,pieno di humor, di ge
per carità anche di egoismi come tutti, di umiltà come pochi , ricco di fantasia, astra
nessuno, sempre mezzo metro sopra al mondo tanto che qualche volta sono costretta a tirar
giacca, pardon per il pullover, per farlo scendere in terra, e mi spiace; dicevo, oltre essere tut
806
e non so che altro, è anche mio marito.
Ci siamo sposati quarant'anni fa, in chiesa. Il fatto straordinario per lui ateo, di essersi sp
chiesa,l'ha messo addirittura in una commedia:"Gli arcangeli non giocano al flipper": "... s
chiesa per accontentare madre di lei molto credente".
Eravamo emozionati tutti e due, quel giorno lì in Sant'Ambrogio a Milano tra parenti-gi
amici-fans-curiosi-e tanto riso addosso che chissà che bel risotto avrei potuto fare- e io che p
e il Dario "Nanina (mi chiamava così) non piangere..."- e poi fa cadere la vera e tutti a c
quando l'ha trovata me la voleva infilare a forza nel dito sbagliato che è dovuto intervenire il
che ci stava sposando ad aiutarlo- e tutti i confetti che mi sono mangiata- e lo spettacolo all
al Piccolo Teatro col "Dito nell'occhio" e io in televisione in una trasmissione di Marcello
di cui non mi ricordo il titolo.
Sì eravamo proprio emozionati!
Una emozione che ci siamo tenuti appresso per tutta la nostra vita.
"Ti amo. Non posso stare senza di te -m'ha scritto Dario in un Fax (per quanto astratto s'è ad
tempi) dall'Operà di Parigi dove si trovava per la regia del "Barbiere di Siviglia" in
quest'anno - al mondo ci sono stato con te. Tu sei tutta la mia vita."
Dopo quarant'anni di matrimonio, (Dio che spavento! O no?) che non ci siamo accoltellati n
una volta, una frase così, che so sincera, (anche se come ogni maschio italiano e non, che s
non disdegna "il superfluo indispensabile", come lo chiama lui, cioè "risate", chiamiamole c
casa) una frase così dicevo "nero su bianco", che fa una moglie? Può forse rifiutare a u
editore due parole di presentazione ad una libro su suo marito che ha voluto lei? Eh no, non p
E' buffa la storia di come è nato questo libro: Domenico Rodari, il mio amico editore, mi con
una mia biografia.
Sì, proprio mia, sulla mia vita ecc. (In genere odio gli eccetera, ma parlando di me, mi stanno
"La tua è una storia anomala, sei nata in teatro, reciti da quando avevi otto giorni, hai vissut
uomo così, e così, e così, hai avuto anche un tragitto politico del tutto particolare in a
difficili per il nostro paese, hai da raccontare "perché" hai organizzato, portato avanti per tan
Soccorso rosso ai detenuti politici in Italia e all'estero... il sostegno "concreto", lascian
l'incasso delle serate agli operai in occupazione,(*) gli spettacoli nelle fabbriche, i testi polit
sono nati, il perché, da "Morte accidentale di un anarchico" al "Il Fanfani rapito", "La marju
mamma è la più bella", "Non si paga! Non si paga!" - (Ma quando tira il fiato- pensavo) - "T
letto e chiesa". Insomma devi raccontare tutto quello che ti è successo, la repressione c
subito, tu in particolare l'hai pagato molto caro il tuo far politica, le bombe che vi hanno
Palazzina e in casa, i personaggi che hai conosciuto da Sartre in giù... Sei un pezzo di
storica (sì, ha detto proprio così! Me ne hanno dette tante, ma memoria storica mai!) Hai i
parlando della tua vita, del vostro lavoro di far conoscere sopratutto ai giovani una pagi
periodo buio della nostra storia, di cui non parla più nessuno. Scrivi! Scrivi! Scrivi!"
Era paonazzo!
E Dario a fargli eco: "Sì, bravo Domenico, insisti! Devi convincerla! Io non ci sono riusci
scrivere! Ha un sacco di cose da raccontare." E poi a me: "Franca sei una lazzarona!!" (Da
ridere spesso e non perché sia un attore comico. "Lazzarona!"Mi si può dire di tutto, ma l
no. Lavoro quelle 1O-16 ore giornaliere, anche d'estate e se non ho spettacolo anche di più).
Se mi avrete seguita sin qui, avrete notato l'abbondante uso di virgole, virgolette, punti
esclamativi, parentesi, interrogativi. Stravedo per la punteggiatura.
807
C'é chi è goloso di gelati, chi di tramonti, amore, viaggi, passerine intese come sesso,
malinconie, disperazione, denaro, egoismo, cattiverie, superficialità, miserabilità (vi piac
termine? Ve lo regalo.) di tutti i tipi, leadership, tangenti, arroganza, potere... io sono g
punteggiatura. (Orizzonti limitati?). La punteggiatura dà il tono di voce al pensiero scritto. Com
l'umore del momento, un bel punto esclamativo non lo rende certamente un misero punto. M'
piaciuto il punto esclamativo. Nelle elementari lo mettevo ovunque, a volte anche ad inizio di fr
gli spagnoli, loro ci mettono pure l'interrogativo.
A parte gli scherzi questa mia della punteggiature è una deformazione professionale. Il fa
vedo tutto quello che leggo, in chiave di copione teatrale (tanto che sarei tentata di propor
"punteggiatrice" a Pansa e Bocca, due tra i giornalisti che amo e ammiro di più, per rende
articoli ancora più efficaci). La "decifrazione" di ogni scritto di Dario, da mettere in "bella
per i giornali o per le prove di una nuova commedia, la correzione delle bozze per l'edizioni
è tutta "roba mia".
Riecco che salta fuori la mia mania di sbattermi giù con tutte le mie insicurezze. Non ci cre
sia insicura? È così. Sono timida e insicura e in fondo all'anima ho la certezza di essere ni
so che state pensando che anche voi, in certi momenti vi sentite come me. Lo so. O no?) Pe
Dario è convinto del contrario, altrimenti mi sarei già uccisa. Parlo seriamente.
Ora mi ridimensiono. Via, non solo il "a cura" di un testo è a mio carico, ma anche la dis
sulla validità o meno di una scena, quando addirittura non è dell'intera l'opera. Quando
nuovo testo vivo momenti di grande tensione. D. mi legge tutto quello che scrive pagina dop
Se ne sta anche per venti ore al giorno attaccato ad un testo, a battere a macchina (ha su
"Olivetti lettera 21" è passato all' Olivetti elettronica!, sempre macchina da scrivere, p
computer) con un accanimento, che dopo tanti anni mi meraviglia sempre, dimenticandosi p
mangiare. La notte nel letto, non dorme, pensa così intensamente, che fa rumore. Giuro! T
da almeno trent'anni dormo con i tappi.
Ad ogni commedia che scrive gli si imbianchiscono un po' di più i capelli, ed è proprio dur
certe volte dovergli dire:" Sì, è molto interessante, ma mi sembra un po' letteraria...", "
lunga... taglierei qui e qui...".
D'altro canto non posso permettermi di cavarmela con un complimento come potrebbe
qualsiasi che ci passa vicino. I testi che lui scrive dobbiamo poi metterli in scena insieme, qu
posso mentire. Posso sbagliare nel mio giudizio ma, senza presunzione, è capitato raramente.
Mi sono conquistata la sua fiducia dopo "Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri
andato in scena al Teatro Odeon di Milano. La chiave della commedia era buona, ma non
c'erano lungaggini sopratutto nel secondo tempo che, come si dice in gergo, si sedeva. "M
che ci sia qualcosa che non funzioni... io taglierei qui, e qui e qui... qui, invece stringerei...
accenno timidamente col copione in mano e i tagli che proponevo ben evidenziati. Era la pri
che mi permettevo di esprimere un giudizio su un testo, ero molto imbarazzata e agitata. "P
ragione, ma io aspetto di provarlo sul pubblico" mi risponde cortese ma fermo, Dario.
Bene, lui è un Ariete, e gli Arieti sono testardi e io ero troppo giovane per insistere, per impo
La serata è andata bene ma gli applausi erano di stima, simpatia, solidarietà... non c'era l'en
di sempre.
Dopo la prima D. è venuto nel mio camerino: "Domani si prova alle due, facciamo i tuoi t
quel giorno devo fare molta attenzione ad esprimere un giudizio su quello che scrive, se n
"ragionato" sopra. Capace che si blocca e lascia perdere, come è capitato.
808
Mille complimenti non servono se non sono confermati da me. Ogni mia parola ha un gro
per lui. Si fida del mio "rezo occhio" come dice lui,per tutto quello che è teatro.
Devo dire che l'essere diventata così importante per lui mi ripaga delle mille e mille ore spes
al suo lavoro. (Questo che segue si può tagliare, che ne dici? Taglerei. oppure si può ag
a **. Sappiami dire.)che ha molte "isole" collegate l'una all'altra da un locomotore se
movimento: io. Quali sono le isole? Quelle dove risiedono i 18 agenti che si occupa
diffusione dei nostri testi all'estero, i traduttori. Quanti sono? Non lo so. A volte lo ste
viene tradotto da più persone.
Il fatto è che questo mestiere lo faccio da tutta la vita, 63 anni, è il "mio mestiere" e lo conos
Come lavora Dario? Ha uno studio? Sì, ha uno studio, ma non ci sta mai... lavora dav
televisione (capace che la tiene anche accesa) seduto su di un divano, scomodissimo, ma lui
così. Forse il disagio lo stimola. Chissà. Una prima stesura la "butta giù" (non trovo un ter
aggraziato che renda l'idea) a mano dove gli capita. In un giorno fortunato su un bel fogli
tutto bianco, dipende dal "fato" altrimenti può anche essere uno di quei cartoncini grigi che s
nelle camicie nuove da uomo che io conservo perché li trovo bellissimi.
Questo però succedeva fino a qualche anno fa, ora usa i quadernoni di Alcatraz, la "libera U
che ha messo in piedi nostro figlio Jacopo. Per me è una festa! Non devo più rincorrere p
carta seminati per la casa.
Dove eravamo rimasti? Ah sì: "Sei una lazzarona"e poi ha anche aggiunto "vergognati!".
Forse hanno ragione loro, mi son detta, pensando che anche mio figlio Jacopo da anni mi
stessa cosa, anzi, di più: "Mamma tu non hai bisogno di un testo teatrale, se tu vai in scena e
la tua vita tieni la gente inchiodata alla poltrona... li fai piangere e ridere... Mamma, tu sei
far ridere parlando di menopausa!"
"Mi avete convinta..."
Qualche giorno dopo ho detto a Domenico:"Intanto che raccolgo le idee per la mia biografi
non ti guardi tutto quello che Dario ha scritto, le interviste che ha fatto... Ho tutto in archiv
lavoro che piacerebbe fare a me, ma non ho tempo, c'è un sacco di materiale, sarebbe int
fare una scelta e riunirlo in un libro. Che ne pensi?" Non ha fatto una piega...
"Sì... possiamo vedere... ma a me interessi tu..."
Era imbarazzato. Se avesse potuto dirmi di no subito senza far la figura del maleducato,
fatto. Gli l'ho letto negli occhi.
Io sono un dolcissimo Cancro (ma com'è che oggi mi viene di parlare così bene di me?)
tenace, purché non ci sia io di mezzo.
Così l'ho invitato nel mio ufficio, 11 stanze 11, di cui 5 di archivio, (Dario ci è entrato la pri
un anno dopo che l'avevo comperato perchè c'erano stati i ladri e io non ero a Milano) Cosa a
Tutto! (Ditemi voi se qui il punto esclamativo non è indispensabile).
La stanza dei manifesti è la numero uno: tutti i manifesti delle nostre turné in Italia e all'
quelli delle molte compagnie che sono andate in scena con i nostri testi, nei vari paesi de
Sono in bell'ordine in certi contenitoroni e speriamo che il pavimento regga.
Stanza numero due : manoscritti di testi, chiavi teatrali, testi scritti ma mai rappresentati
appunti, prima stesura dattiloscritta di copioni, le correzioni che via via sono state portate a
scene durante le repliche, testi stampati da noi (**) o da altri in Italia, la rassegna stampa in
data dal 51 ad oggi, (i primi 10 anni me li sono incollata tutti da sola), le fotografie di
spettacoli, le tesi di laurea sul nostro lavoro.
809
Poi c'è la stanza numero tre: dischi, cassette audio e video, le registrazioni originali delle mu
i vari spettacoli, documentazione filmata di spettacoli, manifestazioni, dibattiti, riprese t
ecc., Nella stanza numero quattro ho collocato la sezione estero: i dattiloscritti che ci inviano
57 Paesi per il benestare alla traduzione, le edizioni di libri stampati in quasi tutte le l
corrispondenza con gli agenti, i traduttori, i contratti, le fotografie degli spettacoli andati
(chiedere dati a Walter e Daniela quante messinscene sono state fatte e altri dati che
interessare).
Nella n.5 la corrispondenza di 43 anni di vita. Non quella tra me e Dario, quella la
cassaforte. Quando scriverò la mia biografia le pubblicherò tutte. Scoprirete un Dario ine
nessuno conosce. Lui, che non ha firmato più di cinque assegni in tutta la sua vita, che non s
del pane, ne dov'è la chiave della cassaforte, tanto che ogni volta che parto mi tocca lasc
lettera: "caro Dario, in caso di morte e se me ne andassi in Patagonia per non tornare
capitare, sappi che la nostra banca è... che ci abbiamo pure una cassetta di sicurezza la cui c
l'ha il nostro notaio ecc. ecc. , lui dicevo, appena sposati, quando era in turné e io a casa
bambino tra un conato di vomito e l'altro, ricevevo ogni giorno una lettera, (mi piaceva molt
scrive molto raramente e solo in momenti "gravi" della nostra vita) dove, dopo le parole d'a
dava un rendiconto dettagliato degno di un ragioniere, di tutto quello che spendeva: alb
cappuccino e brioche £... giornali £.... Giuro che non ho mai capito perché. Davvero biz
inimmaginabile questo Dario, no?
Mi rendo conto che divago in continuazione. E' che un pensiero chiama l'altro e m' è venuta
una gran voglia di parlare.
Vi stavo dicendo che ho portato il Domenico nel mio ufficio, tra le cose della mia vit
mostrato tutto quello che ho archiviato poi gli ho piazzato sul tavolone della stanza dov
contenitori vari strazzeppi di interviste e manoscritti:"Dacci una guardata... magari
t'interessa..." gli ho detto.
Mi sono seduta dietro la mia scrivania che sembravo proprio una business-woman e l'ho las
suo brodo.
Ora il libro, anzi il librone "storico-antologico" interviste e scritti di Dario, è pronto, la mia
chissà quando lo sarà.
E io qui a fare una chiaccherata con voi per introdurvi a 400 pagine di "chiacchere di Dario
ancora una volta a spendere il mio tempo per il mio maritaccio.
In uno atto unico intitolato "La donna grassa" il personaggio da me interpretato, un
strabordante di ciccia e disperazione, una "sfigata" come tante, sfiancata dalle delus
fallimenti, dal rapporto col marito (di cui s'è finalmente liberata), dandosi una "sguardata"
bello, ma rende l'idea) alle spalle, parla di sè in questi termini: "Ho sbagliato tutto n
vita...Tutto! Colpa della mia mamma... Perbene... Com'era perbeeeene la mia mamma! U
Guai a parlare di sesso, il sesso in casa mia non esisteva... eravamo fatti come le bambole.. i
si chiamava "sedere", il davanti, "sedere davanti". E quando sentivo dire "vai a dar via il sed
sapevo mai se fosse il didietro o il davanti. Mi ha insegnato tutte cose sbagliate la mia ma
più grave? Accettare tutto quello che mi arrivava da mio marito senza ribellarmi mai... S
scenate.. "Va via!!!" Che è pericolosissimo dire "va via!"... perché: vanno! Lì, a dedicargl
vita! Insomma ad essere una incrocio tra una pecora e una gallina... Magari, avanguardia p
fuori casa. Magari, femminista convinta, fuori casa... Tutta teoria e niente pratica. Una g
città! Cocococodè! Ne conoscete anche voi no? Cococococodè!! (Grande applauso delle
810
platea) Quando ci siamo sposati mio marito era un fisico nucleare, anch'io ero una fisica n
lavorava lui, lavoravo io... poi sono arrivati i figli... Ho smesso di lavorare. Quando i figli sa
po' cresciuti riprenderò, mi dicevo. Ma poi... non so com'è, non ce l'ho fatta. A poco a poc
accorgermene ho cominciato a lavoravo per lui... l'aiutavo nelle ricerche, gli battevo a m
saggi da pubblicare, i discorsi per le conferenze, i congressi... ai quali lui andava
accompagnato dalla sua "assistente"... Insomma facevo quello che ogni moglie fa,
pensando:"Tra un po' riprendo..." invece non sono mai riuscita a "schiodarmi" da lui, dalla c
figli.
Nel frattempo mio marito è diventato sempre più importante, così importante da esse
proposto per il Nobel... (lo sapevate che Dario è stato proposto per il Nobel? Questo lo sto d
voi, non lo dicevo in scena) A poco a poco è diventato un monumento. I monumenti pe
bisogno di un piedestallo su cui posarsi per stare in piedi... bene, sono 4O anni che vivo c
piegavo in due, testa in avanti tra gli applausi delle donne in platea che si riconoscevano
signora, che raccontava una storia un po' esasperata certo, ma per mille versi simile a quella
donne, simile alla loro... alla mia.
Yes! Franca, l'ultima schiava bianca.
Ho scherzato un po' sulla nostra vita e ora non so come fare per dirvi due parole seriamente.
Ci provo.
Rileggendo questa raccolta realizzate in quarant'anni da professionisti, d'interviste
registrazioni d'interventi tenuti da D. in Italia e all'estero, vedo passare la nostra vita.
sotterraneo di tanti anni che mi sono sobbarcata per scelta, oggi, con l'uscita di ques
parzialmente premia la mia anima d'archivista, la mia dedizione. Che sia amore?
La vita con un uomo così impegnativo, anche se qualche volta m'ha fatto gridare -non ne po
è stata una buona vita... coerente nel bene e nel male. Raramente banale, piena di tensione
vissute mano nella mano, di lotte anche dure fianco a fianco e di emozioni... quell'emozione
parlavo all'inizio e che certamente ci resterà incollata addosso anche nei prossimi quarant'ann
Questo, e solo questo, è quello che conta.
Franca
Forse ho parlato un po' troppo anche di me. Ma "noi" come dice D. "siamo stati al mondo ins
* (potete mettere come nota redazionale) "oltre 1 miliardo degli anno 70
** Ho messo in piedi dal 75 una piccolissima casa editrice, pubblico quasi unicamente i
mettiamo in scena, nella quale svolgo tutte le mansioni (che io sia una centralizzatrice? Ma n
vanno dell'aggiornamento del copione rispetto all'ultima rappresentazione in computer, c
delle didascalie e foto e documentazione, consegnarlo alla tipografia scegliendo carta
impaginazione, correggere le prime bozze, le seconde, decidere la copertina, se sono fortun
mi dà una mano per la scelta del colore e il disegno da metterci sopra (quello lo fa subito!)
esce il libro, lo guarda e dice "bello!" Credo che non abbia mai sfogliato una delle nostre
Questo non significa che non gliene importi niente. Anzi,gli fa molto piacere vederli ben all
nostro banco di vendita durante gli spettacoli. "Li h fatti Franca" dice e dentro c'è anche org
me. (Che piacere mi fa!!) Ma se fosse per lui non avremmo nulla in archivio, nulla stampato
811
tipo di registrazione. E' fatto così. Non ha interesse per il suo "passato prossimo". Dopo tan
vita in comune, ma sopratutto di lavoro in comune, dopo mille arrabbiature per tanta ind
verso le sue "cose", sono arrivata alla conclusione di aver vissuto con l'uomo meno ambizi
terra. Un testo gli interessa quando nasce, crearlo, costruirlo, muoverlo. E quando è p
passato.
812
La punteggiatura serve per dare le intonazione
Se devo essere sincera, non ne posso proprio più. Sono che
oppure fogli usati da una sola parte che io conservo per appunti, colpa della mia mamma
insegnato l'economia. Non ad essere economa, proprio "l'economia".
e il buché di gigli che una "amica" m'ha messo in mano un secondo prima d'entrare in ch
così io ho dovuto tenerlo che se avessi potuto me lo sarei mangiato in quanto tutti, meno m
sapevano che con D. facevo l'amore da due anni- le nostre mamme che piangevano-
Conosco: i ritmi, i tempi, la sintesi, l'economia, il tutto indispensabile
che ce l'ha uguale il direttore dell'Operà di Parigi IRSCH, che però io l'ho avuta un nove an
di lui, (ne ho una in ogni stanza occupata dai miei collaboratori) perchè mio nipote Galeazzo
e questa faceva parte di uno stock che ho pagato due lire forse me le ha regalate e che in
chissà quanto l'avrà pagata(!) che sembravo proprio una business-woman
Anche con "Gli arcangeli" l'anno prima, (stagione 59-60) abbiamo avuto grane con i censori
avendo avuto il testo un mesi prima del debutto, pretendevano di imporci dei tagli
dell'anteprima. Come avremmo potuto farcela? Ci siamo rifiutati di portare modifiche al
Così ogni sera venivano due poliziotti in palcoscenico constatavano seguendo lo spettacolo
rispettavamo i tagli, stendevano il loro bel verbale: abbiamo totalizzato in 9 mesi
duecentocinquanta denunce. Un bel record. Poi però, non è successo niente.
813
Intervista con Franca Rame su
“Lo stupro” (1975) –
19/10/2004
Il monologo “Lo stupro” l’hai
scritto a due anni dall’aggressione
che hai subito, poi l’hai tenuto nel
cassetto fino al 1979 un momento
in cui il movimento femminista e
tutte le donne si “spingevano”, per
ottenere una legge “sensata” sullo
stupro contro la violenza sessuale.
Poi, a sorpresa nel 1987, hai reso
pubblico il fatto di averla subita tu
la violenza...
814
FR: Di questa tragedia subìta da
migliai, che dico, milioni di donne,
non sono mai riuscita a parlarne
con nessuno, nemmeno con Dario.
Meglio le botte e le torture
piuttosto di un fatto così umiliante.
Tutti, medici, avvocati arrivati in
casa nostra, immediatamente dopo
il mio rientro, avevano intuito, ma
rispettavano il mio silenzio.
Tacevo, ma stavo male, molto
male. Ero sempre spaventata, da
quel giorno non sono più uscire da
sola. Bastava un nonnulla perché
mi scattasse una crisi… che so…
un accendino che mi scatta sotto al
naso, una sigaretta accesa che mi
815
sfiora… ho un ricordo orribile di
quel periodo.
Un mio carissimo amico, prof.
Maccaccaro, mi consigliava di
andare da uno psicanalista. Aveva
intuito tutto, me lo fece capire, con
grande delicatezza, “devi tirar fuori
tutto
quello
che
stai
comprimendo… ti fa male…
lasciati aiutare.” “No, non me la
sento”.
ma io non ne volevo saperne… non
mi sentivo di parlarne, provavo
vergogna. Quando è successo, ero
una donna adulta, avevo un figlio
grande, meglio, come ho già detto,
botte e torture Più dignitoso. Le
816
donne mi possono capire. Forse
anche gli uomini.
Un giorno, in treno, ho buttato giù
quello che era successo, di getto, su
dei fogli di un’agenda. Poi con
molto
imbarazzo
consegno
l’agenda a Dario. Ecco, solo in quel
momento ha “saputo” con certezza
quello che mi era successo.
Ricordo la sua faccia sconvolta, il
groppo in gola, lo sforzo per non
piangere… mi stringeva e lo
sentivo trematre in tutto il corpo.
Indimnticabile. Non ne abbiamo
mai parlato. Non potevo.
817
QUI PUOI
DOMANDA
INSERIRE
UNA
Da anni le donne, sia in parlamento
che fuori, si mobilitavano per “una
legge umana” contro la violenza
sessuale. In quegli anni, 70, ogni
giorno veniva denunciato dai media
uno stupro. Una mia cara amica,
“compagna di ferro”, una delle
mamme
del centro sociale
Leoncavallo, l’unica oltre a Dario
che avesse letto il mio pezzo, mi
ripeteva: “Devi portarlo in scena,
devi, devi…è una denuncia
importante, può servire, specie ai
818
ragazzi…”.C’erano tanti stupri – è
un fenomeno che va a “ondate”
Aveva ragione.
Mi sono decisa.
In quel periodo ero in scena con
“Tutta casa, letto e chiesa”. Con
Dario decidiamo di inserirlo nello
spettacolo.
Provavamo,
al
pomeriggio, soli in palcoscenico.
Provavamo… tentavo di provare…
ma dopo poche battute scoppiavo a
piangere.
Una sera, così, senza avvertire
nessuno della compagnia, ho
anunciato al pubblico: “Ho trovato
su di un giornale, la testimonianza
di una donna che racconta, minuto
819
per minuto, la violenza sessuale da
lei subita… mi sembra importante
portarvela ecc. ecc..
Il cuore mi batteva forte. L’ho
recitato, a soggetto. Non mi era
difficile improvvisare su qualcosa
che mi era così addoso. Che mi
pesava sul cuore.
E’ stato molto duro, sia quella sera
che durante le oltre mille repliche.
Mi ci è voluto parecchio tempo
prima di riuscire a recitarlo senza
troppa sofferenza.
Era un periodo pazzesco e quindi
importante rappresentarlo portarlo
in teatro, meglio sarebbe stato fare
arrivare il problema al grande
820
pubblico televisivo. Ma non
speravo proprio di riuscirci.
Chiamai Claudia Mori, la moglie di
Celentano, che in quel priodo era il
mattatore di una trasmissione su
RAI1 vista da un minimo di 15
milioni di persone, “Fantastico” e
le dissi che sarebbe stato
importante inserire “lo stupro”
nella trasmissione. bisognava fare
qualcosa e le presentai il mio
monologo. Mi richiamarono poco
dopo: “OK, vai in onda
dicendomi che sarebbe andato in
onda dopodomani, sabato sera.
821
La RAI tentò di bloccarlo: “In
prima serata un argomnto del
genere?! Non è possibile.”
Per fortuna Celentano aveva un
contratto di ferro e poteva: “No,
non lo taglio. Se mi censurate
faccio saltare la trasmissione”.
fare quello che voleva.
Comunque, io ho aspettato fino
Alle 8,50 non sapevo ancora se
sarei andata in onda o no. Poi
finalmente è arrivato l’OK. e
all’ultimo minuto sono andata in
scena. Il giorno dopo i giornali
erano pieni di articoli in merito, chi
ne parlava bene, chi “fuori dalla
grazie di dio”: un vespaio assurdo
822
perché era andata in onda su RAI1
“testimonianza di uno stupro
vissuto
in
prima
persona,
rappresentazione in un orario in cui
potevano esserci dei bambini a
guardare. il quale io ho dichiarato
di aver subito di persona la
violenza.
NON avevo ancora
DETTO DI AVERLO SUBITO
IO, ne stampa ne TELEVISINE.
DOPO,ne ho parlato MOLTO
DOPO…
Nelle
numerose
interviste,
risposi, che occorre parlare,
spiegare l’orrore della violenza
sessuale ai maschi, educarli sin
da piccoli. Nel mio monologo,
823
poi, non c’è nulla di volgare… è
terribile, questo sì, ma porto il
problema senza compiacimento
alcuno. E’ certamente duro, ma è
la raltà.
Nel prologo ti distanzi sempre dai
fatti...
FR: Sì, perché sarebbe assai più
pesante per me, recitare quel brano
sapendo che la gente sa che è la
mia storia. Molti tra il pubblico, mi
riconosce nei fatti alcuni possono
anche sapere che è la mia storia,
ma i giovani no. Ed io posso
mettermi a gambe divaricate, anche
824
se solo per pochi minuti, senza
imbarazzo eccessivo. larghe Sto
recitando la storia di un’altra, non
la mia...
Il prologo lo adatti alla situazione
del momento o rimane sempre
molto fedele all’edizione stampata
dove denunci le violenze fatte dal
sistema giudiziario alle vittime di
violenza sessuale?
FR:
Come
sai
io
recito
all’improvviso, per cui il prologo
non è mai esattamente uguale alla
versione stampata ma si incentra
basa sempre sulla ulteriori violenze
825
cui una donna vittima di stupro,
deve sottostare per tentare di
ottenere,
giustizia.
Seguo
ovviamente anche la cronaca. Se
c’ è un episodio eclatante, come lo
stupro della donna di cinquant’anni
di Cologno Monzese, violentata e
picchiata a sangue, per strada da un
ragazzo giovane, che ha voluto
parlare con me subito dopo, faccio
riferimento anche a lei, la sera
stessa
dello
spettacolo.
all’attualità.a fatti recentemente
avvenuti. Mi ero molto enozionata
a
quell’incontro,
tanto
che
immediatamente ho scritto la sua
storia, vera tragedia, piena di
826
violenza
bruta,
rabbia
e
umiliazione… e perché no, anche
follia. E’ stato molto emozionante
per me, recitarlo con lei in platea,
anonima tra il pubblico.
un
monologo direttamente ispirato ai
fatti.
Tu hai continuato a rappresentare il
monologo “Lo stupro” anche dopo
la ratificazione della nuova legge
sulla violenza sessuale del 1996.
Come mai?
FR: Sì, l’ho integrato nello
spettacolo Sesso? Grazie, tanto per
gradire, di cui è il monologo finale,
827
perché è un
argomento che
riguarda il sesso, ma nella sua
eccezione più orrenda. e di cui la
gente dovrebbe essere al corrente.
L’ho recito ancora oggi, bisogna
parlare di violenza sessuale, ieri
come oggi. Parlare, parlare, senza
mai stancarsi.
Per scopi pedagogici, quindi...
FR: Sì, lo ripropongo per adulti e
soprattutto per i giovani. Non sai
quanti giovani, giovanisimi mi
hanno detto, scritto, di essere stati
sul punto di compiere quella
violenza e che si sono bloccati
828
ricordandosi di quello che avevano
visto da me...
Avere questo impatto sul pubblico
mi
rende
felice.
Una
rappresentazione
importante,
quindi. Il silenzio che cade in
platea durante questo monologo è
impressionante… tanto più che ti
arriva dopo due ore di risate.
Gli uomini, giovani e vecchi, in
sala ammutoliscono, a volte le
donne svengonno, donne che hanno
subìto violenza e se la sono tenuta
tutta per loro. Capita anche che
tante altre vengano a trovarmi in
camerino per raccontarmi le loro
esperienze, sempre dure, sempre
829
drammatiche,
sempre
indimenticabili. Per molte era la
prima volta che ne parlavano.
Anche per questo ho continuato a
recitarlo.
Cosa hai pensato quando si è avuta
la conferma che lo Stato era
coinvolto nel tuo stupro (1998)?
FR: Noi lo sapevamo da sempre. È
stato comunque terribile avere
certezze di questo tipo a distanza i
30 anni.
Non vorrei sembrare troppo
drammatica, ma credimi, è un tipo
di cicatrice che non si rimargina
830
mai. Sono passati cent’anni e
ancora... Scusami, non riesco a
parlare. Non passa mai... Quando
sono “uscite” queste notizie non
hanno fatto che confermare un
sospetto che avevamo da anni. Io
non sono una persona che fa tutti i
giorni la stessa cosa, quindi
avrebbero dovuto appostarsi sotto
casa mia per chissà quanto tempo.
Invece loro sono andati a colpo
sicuro, sapevano che sarei uscita
quella sera – infatti dopo trovarono,
in casa nostra, delle spolette,
cimici,
per le intercettazioni
telefoniche. Inoltre, mi hanno
sequestrata proprio vicino alla
831
caserma dei Carabinieri... In quegli
anni eravamo sotto stretto controllo
per via della scelta politica che
avevamo fatto e degli spettacoli
che scrivevamo, in quei giorni era
in scena Pum, pum chi e’? La
polizia!, e per l’attività che portavo
avanti con i detenuti politici e
comuni : Soccorso Rosso.
E lo Stato cosa ha fatto? Ricordo
che Dario ha spedito una lettera al
presidente
della
repubblica
Scalfaro...
FR: Sì, Dario ha scritto una lettera
ma non solo per me, riguardava
832
tutti i “misteri” dello Stato italiano.
Da parte del Quirinale, silenzio. I
giornalisti continuavano a chiedere
notizie su un eventuale risposta.
Uscirono
articoli
che
commentavano il silenzio del
Presidente. E allora successe una
cosa comica: una mattina arrivò a
casa nostra il direttore Delle Poste
di Milano, con la risposta del
Presidente. Per un disguido la
lettera era rimasta bloccata, ecco la
ragione del ritardo.
Ci furono comunque molte
dimostrazioni di solidarietà, sia nel
99 come nel 73. I muri delle città di
tutta Italia vennero letteralmente
833
coperti da grandi manifesti, dove si
denunciava la violenza fascsta da
me subita, firmato da quasi tutta la
sinistra. Ci fu tantissima gente che
venne al Palalido a Milano alla
manifestazione popolare indetta da
“la Comune” ma io non riuscivo a
parlarne... [a voce spezzata]
Scusami...
Franca, cosa pensi della legge del
1996?
FR: Meglio di niente! Era dovuta,
anche se non è perfetta. La
violenza sessuale è finalmente
diventata un crimine contro la
834
persona e non più un reato contro
la morale. Forse in un futuro
diverso da questo che stiamo
vivendo si potrà migliorare...
Eppure ci sono delle contraddizioni
lampanti, come la possibilità di
accorpare la pena per il reato di
violenza sessuale a quella per i
sequestri, nei casi gravi, e sentenze
come quella della ragazza il cui
stupro non è stato riconosciuto
perché, secondo i giudici, sarebbe
stato impossibile usarle violenza in
quanto indossava i jeans.
835
FR: C’è necessità impellente di
cambiare la mentalità, la testa della
gente, degli uomini soprattutto.
Si arriverà mai al momento in cui
le donne potranno rivolgersi alla
legge senza il timore di venire
nuovamente violentate?
Lo strupro non è un reato che viene
denunciato facilmente, proprio
perché è difficile ammettere e
accettare che sia avvenuto sulla
propria persona. Bisogna creare le
condizioni, anche psicologiche, per
cui una donna possa non aver paura
né di parlarne in famiglia, né alle
alle autorità. Una donna deve
836
essere sicura di venir tutelata dalla
giustizia e non processata.
Sui media si parla solo dei casi
eclatanti… ma quanti stupri
vengono perpetrati in silenzio?
Abbiamo paura. E questo non fa
che diminuire il numero delle
denunce e quindi falsare anche i
dati statistici che riguardano questo
crimine, perché di crimine si tratta.
Una donna violentata, ripeto, porta
con sé una ferita che non si
rimargina
mai...
anche
se
l’accantoni nel più remoto angolo
del cervello, ogni tanto, per un
nonnulla salta fuori… È fragile...
Lo sarà sempre...
837
Quando ti hanno chiesto di una
possibile punizione hai suggerito
un marchio in fronte, in modo
che lo sapessero tutti...
FR: Sì, credo sia la punizione più
giusta. Devono portarsi in giro la
loro vergogna… o farsi crescere la
frangetta.
perché non hai modo di sapere chi
è la persona che hai di fronte. Non
sto parlando del mio caso, lì lo
sapevo benissimo, parlo in genete.
Non sai di chi fidarti. Se un uomo
ha già violentato sarebbe un bene
saperlo... per proteggersi.
838
Cosa ne pensi della proposta di
Calderoli, della castrazione fisica
dello stupratore – un po’
vecchiotta in quanto del 2002...
FR: Mah, Calderoli ne tira fuori
tante... Non c’è bisogno di arrivare
a tanto. E’ un discorso culturale.
Cultura non è solo sapere quando è
nato Garibaldi. bisogna parlare ai
bambini… spiegare il sesso, la
sessualità. informare
maggiore
educazione sessuale nelle scuole,
che spieghi cosa sia il sesso, la
sessualità, la differenza tra i due
sessi, e affini la sensibilità dei
839
giovani. Inculcare nei loro cervelli
il concetto del RISPETTO, sia
verso le cose, le persone, e le
donne. Ci sono state molte scuole
in Italia dove ho recitato “lo
stupro”… il dibattito alla fine,
dopo alcuni minuti di silenzio, si è
sempre
scatenato…
Giovani,
maschi e femmine uno contro
l’altra per le mille sopraffazioni
quotidiane… alla fine lasciavo tutti
quanti, pieni di buoni propositi.
Esperienza molto interessante.
Nel passato avevi interpretato il
ruolo di una donna, staffetta
partigiana della Resistenza, che
840
viene torturata e stuprata durante
un interrogatorio da parte dei
tedeschi e fascisti. ti ha aiutato a
scrivere il tuo pezzo?
FR: Quello era un fatto politico,
come il mio. E’ un pezzo
magnifico,
una
testimonianza
storica che ho raccolto direttamente
dall’interessata. Ci sono delle
similitudini, ma quando ho scritto
questa mia memoria, non m’è
venuto in mente.
Ti ha aiutata a trovare la chiave?
841
Dario Fo parla di stupro nel
Mistero buffo, in Rosa fresca e
aulentissima, e nel grammelot
dell’Avvocato inglese.
FR: Sì, ma sono precedenti alla mia
storia...
Certo, ma ha continuato a
rappresentarli. Lo ha fatto con una
certa “veemenza”?
FR: No, veemenza no. Certo con
molta convinzione… anche se i
pezzi sono un comico grottesco, c’è
sempre in lui una sofferenza
riguardo a questo argomento.
842
Dario e mio figlio Jacopo, quando
recito “lo stupro” escono dalla sala.
Jacopo Fo ha scritto un articolo
recentemente nel quale parla di
come tu ti sia “guarita” le ferite con
la rappresentazione di questo
pezzo...
FR: Sì, Jacopo mi dice sempre:
“Mamma sei stata fortisima, sei
andata in analisi davati a mille
persone per sera.”
una specie di terapia, ma lo è solo per gli altri. Aiuta gli altri. Non si guarisce...
NUOVA PRESENTAZIONE 7 Novembre 2000
Ancora una volta eccomi qui, con la penna in mano (si fa per dire, visto che
sono al computer), a occuparmi di Dario: cognome Fo.
Dario Fo, oltre a essere pittore, scrittore, regista, attore, individuo pieno di
humour, di generosità, per carità anche di egoismi come tutti, di umiltà come
pochi, ricco di fantasia, astratto come nessuno, sempre mezzo metro sopra al
mondo, tanto che qualche volta sono costretta a tirarlo per la giacca, pardon
per il pullover, per farlo scendere a terra (e mi spiace), dicevo, oltre a essere
tutto questo e non so che altro, è anche mio marito.
843
Ci siamo sposati quarantacinque anni fa, in San Ambrogio. Il fatto
straordinario, per lui ateo, di essersi sposato in una basilica, l’ha messo
addirittura in una commedia, Gli arcangeli non giocano a flipper: “Sposato in
chiesa, per accontentare madre di lei molto credente”.
Oltre che il ruolo di moglie - condizione spesso alquanto mortificante - il mio
compito nella compagnia non si è mai limitato solo a quello di attrice o
capocomica. Fin dall’inizio mi è capitata sulle spalle una funzione davvero
greve di “contrappuntista”, cioè proprio il contrario del cantare all’unisono:
“Che bravo, stupendo! Sei un genio!”. No, a me è toccata l’altra canzone: “Mi
spiace, non ci siamo. La chiave non regge, i ruoli sono approssimativi, i
personaggi non affascinano. Il tema è svolto in modo non credibile e
soprattutto poco graffiante. Manca di sarcasmo negli affondi politici!”
Provate voi ad affrontare un disgraziato che ha messo giù un testo,
lavorandoci sopra per un mese, giorno e notte, disegnando addirittura le
scene, uno per uno tutti i costumi e l’attrezzeria necessaria... viene a
leggertelo e tu gli vai a dare una mazzata del genere!
Sì, questo è stato per quarantacinque anni il mio ruolo. Ed è straordinario che
non mi abbia mai tirato una coltellata in pieno petto o cosparsa di benzina,
quindi… OPLA’, un bel falò della rompiscatole!
Dario riconosce che io sia l’unica persona con questo coraggio, cioè di
sparare la verità in modo anche spietato. In questa maniera - ripete - l’ho
salvato un sacco di volte dal trovarsi sul palcoscenico con una commedia che
franava come una torre di sabbia costruita dai bambini in riva al mare. Per
me, esagera.
In un saggio sulla scrittura teatrale Dario racconta che, al momento di
leggermi un progetto di testo, si sente sempre come il ragazzino all’esame di
maturità: gli sudano le mani, gli manca il respiro e gli escono dalla gola strani
toni in falsetto. A mia volta, conoscendo lo stato d’animo in cui si sente
precipitare al momento “dell’esame”, io cerco di inventarmi giudizi positivi,
addirittura entusiasti... ma lui mi guarda subito con un sorriso molto triste:
“Non ho bisogno di adulazione, quando ci troveremo davanti ad un pubblico
attonito, senza una reazione, non potrò certo dire: «Che vi succede? Come è
possibile? A Franca piaceva molto!»”
Ed è con questo stesso spirito - di collaborazione critica, di controllo e di
attenzione nei confronti del pubblico - che è nato questo volume del Teatro
di Dario (…e anche un po’ mio. Ecco perché la seconda parte è tutta al
femminile).
Le commedie che qui abbiamo raccolto (oltre mille pagine: che faticata!)
sono, secondo noi, le più rappresentative dei diversi momenti - teatrali,
storici, politici - del nostro lavoro daGLI anni 50 a oggi. Lavoro che
inevitabilmente è cambiato e cambia, si trasforma a seconda del tempo, degli
spettatori, dell’ambiente culturale e sociale in cui avviene la messa in scena.
844
I lettori troveranno così, ad esempio per Mistero Buffo, anche alcune
presentazioni che sono state scritte in occasione dei successivi allestimenti
(oltre cinquemila).
Ma con ciò, naturalmente, non voglio giurare che questa sia l’edizione
“definitiva” del nostro teatro. Perché domani andremo nuovamente in scena,
con Coppia Aperta o con Françesco, e, sicuramente, qualche cosa cambierà...
Franca Rame
Milano, novembre 2000
845
VERSIONE VECCHIA (PAOLO COLLO)
Nella presentazione al volume Pupazzi con rabbia e sentimento.
La vita e l’arte di Dario +Fo e Franca Rame, edito da Scheiwiller nel 1998, avevo
scritto: “In questi ultimi anni, molto è cambiato anche per il mio
ruolo nella critica e nella discussione dei testi che Dario propone.
Inizialmente, portavo, molto timidamente, le mie osservazioni e
lui replicava: ‘Aspetto il pubblico, forse hai ragione, ma
aspettiamo di recitarlo sul palcoscenico’. Poi, dopo la verifica col
pubblico, di solito doveva ammettere: ‘Porco Giuda, hai
ragione!’ Perchè succede così? Credo che sia per il fatto che io
sono nata in teatro e quindi il senso del taglio teatrale, l’intuire il
giusto ritmo di una scena, lo stringere un pezzo, mi sono naturali
come bere o mangiare. Nel teatro di Dario io ho avuto, da sempre
e sempre di più, un ruolo di collaborazione, di controllo critico”.
Ed è con questo stesso spirito - di collaborazione, di controllo e
di attenzione nei confronti del pubblico - che è nato il presente
volume dei Capolavori
di Dario (e anche un po’ miei). Le
commedie che qui abbiamo raccolto sono, secondo noi, le più
rappresentative dei diversi momenti - teatrali, storici, politici del nostro lavoro dal 1959 a oggi. Lavoro che inevitabilmente è
cambiato, cambia e si trasforma, a seconda del tempo, degli
spettatori, dell’ambiente culturale e sociale in cui avviene la
messa in scena. I lettori troveranno così, ad esempio per Mistero
Buffo, anche le diverse presentazioni che sono state scritte in
occasione dei successivi allestimenti.
Ma con ciò, naturalmente, non voglio giurare che questa sia
l’edizione “definitiva” del nostro teatro. Perchè domani andremo
846
nuovamente in scena, con l’Anarchico
o con Francesco, e,
sicuramente, qualche cosa cambierà...
Milano, novembre 2000
Franca Rame
P.S.: un grazie a Roberto Cerati e a Silvia Varale
Una chiaccherata con ...
Ancora una volta eccomi qui, con la penna in mano, (si
fa per dire visto che sono al computer), ad occuparmi
Dario: cognome Fo.
Dario Fo oltre ad essere un pittore, scrittore, regista, attore, individuo ,pieno di humor, di ge
per carità anche di egoismi come tutti, di umiltà come pochi , ricco di fantasia, astra
nessuno, sempre mezzo metro sopra al mondo tanto che qualche volta sono costretta a tirar
giacca, pardon per il pullover, per farlo scendere in terra, e mi spiace; dicevo, oltre essere tut
e non so che altro, è anche mio marito.
Ci siamo sposati quarant'anni fa, in chiesa. Il fatto straordinario per lui ateo, di essersi sp
chiesa,l'ha messo addirittura in una commedia:"Gli arcangeli non giocano al flipper": "... s
chiesa per accontentare madre di lei molto credente".
Eravamo emozionati tutti e due, quel giorno lì in Sant'Ambrogio a Milano tra parenti-gi
amici-fans-curiosi-e tanto riso addosso che chissà che bel risotto avrei potuto fare- e io che p
e il Dario "Nanina (mi chiamava così) non piangere..."- e poi fa cadere la vera e tutti a c
quando l'ha trovata me la voleva infilare a forza nel dito sbagliato che è dovuto intervenire il
che ci stava sposando ad aiutarlo- e tutti i confetti che mi sono mangiata- e lo spettacolo all
al Piccolo Teatro col "Dito nell'occhio" e io in televisione in una trasmissione di Marcello
di cui non mi ricordo il titolo.
Sì eravamo proprio emozionati!
Una emozione che ci siamo tenuti appresso per tutta la nostra vita.
"Ti amo. Non posso stare senza di te -m'ha scritto Dario in un Fax (per quanto astratto s'è ad
tempi) dall'Operà di Parigi dove si trovava per la regia del "Barbiere di Siviglia" in
quest'anno - al mondo ci sono stato con te. Tu sei tutta la mia vita."
Dopo quarant'anni di matrimonio, (Dio che spavento! O no?) che non ci siamo accoltellati n
una volta, una frase così, che so sincera, (anche se come ogni maschio italiano e non, che s
non disdegna "il superfluo indispensabile", come lo chiama lui, cioè "risate", chiamiamole c
casa) una frase così dicevo "nero su bianco", che fa una moglie? Può forse rifiutare a u
editore due parole di presentazione ad una libro su suo marito che ha voluto lei? Eh no, non p
847
E' buffa la storia di come è nato questo libro: Domenico Rodari, il mio amico editore, mi con
una mia biografia.
Sì, proprio mia, sulla mia vita ecc. (In genere odio gli eccetera, ma parlando di me, mi stanno
"La tua è una storia anomala, sei nata in teatro, reciti da quando avevi otto giorni, hai vissut
uomo così, e così, e così, hai avuto anche un tragitto politico del tutto particolare in a
difficili per il nostro paese, hai da raccontare "perché" hai organizzato, portato avanti per tan
Soccorso rosso ai detenuti politici in Italia e all'estero... il sostegno "concreto", lascian
l'incasso delle serate agli operai in occupazione,(*) gli spettacoli nelle fabbriche, i testi polit
sono nati, il perché, da "Morte accidentale di un anarchico" al "Il Fanfani rapito", "La marju
mamma è la più bella", "Non si paga! Non si paga!" - (Ma quando tira il fiato- pensavo) - "T
letto e chiesa". Insomma devi raccontare tutto quello che ti è successo, la repressione c
subito, tu in particolare l'hai pagato molto caro il tuo far politica, le bombe che vi hanno
Palazzina e in casa, i personaggi che hai conosciuto da Sartre in giù... Sei un pezzo di
storica (sì, ha detto proprio così! Me ne hanno dette tante, ma memoria storica mai!) Hai i
parlando della tua vita, del vostro lavoro di far conoscere sopratutto ai giovani una pagi
periodo buio della nostra storia, di cui non parla più nessuno. Scrivi! Scrivi! Scrivi!"
Era paonazzo!
E Dario a fargli eco: "Sì, bravo Domenico, insisti! Devi convincerla! Io non ci sono riusci
scrivere! Ha un sacco di cose da raccontare." E poi a me: "Franca sei una lazzarona!!" (Da
ridere spesso e non perché sia un attore comico. "Lazzarona!"Mi si può dire di tutto, ma l
no. Lavoro quelle 1O-16 ore giornaliere, anche d'estate e se non ho spettacolo anche di più).
Se mi avrete seguita sin qui, avrete notato l'abbondante uso di virgole, virgolette, punti
esclamativi, parentesi, interrogativi. Stravedo per la punteggiatura.
C'é chi è goloso di gelati, chi di tramonti, amore, viaggi, passerine intese come sesso,
malinconie, disperazione, denaro, egoismo, cattiverie, superficialità, miserabilità (vi piac
termine? Ve lo regalo.) di tutti i tipi, leadership, tangenti, arroganza, potere... io sono g
punteggiatura. (Orizzonti limitati?). La punteggiatura dà il tono di voce al pensiero scritto. Com
l'umore del momento, un bel punto esclamativo non lo rende certamente un misero punto. M'
piaciuto il punto esclamativo. Nelle elementari lo mettevo ovunque, a volte anche ad inizio di fr
gli spagnoli, loro ci mettono pure l'interrogativo.
A parte gli scherzi questa mia della punteggiature è una deformazione professionale. Il fa
vedo tutto quello che leggo, in chiave di copione teatrale (tanto che sarei tentata di propor
"punteggiatrice" a Pansa e Bocca, due tra i giornalisti che amo e ammiro di più, per rende
articoli ancora più efficaci). La "decifrazione" di ogni scritto di Dario, da mettere in "bella
per i giornali o per le prove di una nuova commedia, la correzione delle bozze per l'edizioni
è tutta "roba mia".
Riecco che salta fuori la mia mania di sbattermi giù con tutte le mie insicurezze. Non ci cre
sia insicura? È così. Sono timida e insicura e in fondo all'anima ho la certezza di essere ni
so che state pensando che anche voi, in certi momenti vi sentite come me. Lo so. O no?) Pe
Dario è convinto del contrario, altrimenti mi sarei già uccisa. Parlo seriamente.
Ora mi ridimensiono. Via, non solo il "a cura" di un testo è a mio carico, ma anche la dis
sulla validità o meno di una scena, quando addirittura non è dell'intera l'opera. Quando
nuovo testo vivo momenti di grande tensione. D. mi legge tutto quello che scrive pagina dop
Se ne sta anche per venti ore al giorno attaccato ad un testo, a battere a macchina (ha su
848
"Olivetti lettera 21" è passato all' Olivetti elettronica!, sempre macchina da scrivere, p
computer) con un accanimento, che dopo tanti anni mi meraviglia sempre, dimenticandosi p
mangiare. La notte nel letto, non dorme, pensa così intensamente, che fa rumore. Giuro! T
da almeno trent'anni dormo con i tappi.
Ad ogni commedia che scrive gli si imbianchiscono un po' di più i capelli, ed è proprio dur
certe volte dovergli dire:" Sì, è molto interessante, ma mi sembra un po' letteraria...", "
lunga... taglierei qui e qui...".
D'altro canto non posso permettermi di cavarmela con un complimento come potrebbe
qualsiasi che ci passa vicino. I testi che lui scrive dobbiamo poi metterli in scena insieme, qu
posso mentire. Posso sbagliare nel mio giudizio ma, senza presunzione, è capitato raramente.
Mi sono conquistata la sua fiducia dopo "Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri
andato in scena al Teatro Odeon di Milano. La chiave della commedia era buona, ma non
c'erano lungaggini sopratutto nel secondo tempo che, come si dice in gergo, si sedeva. "M
che ci sia qualcosa che non funzioni... io taglierei qui, e qui e qui... qui, invece stringerei...
accenno timidamente col copione in mano e i tagli che proponevo ben evidenziati. Era la pri
che mi permettevo di esprimere un giudizio su un testo, ero molto imbarazzata e agitata. "P
ragione, ma io aspetto di provarlo sul pubblico" mi risponde cortese ma fermo, Dario.
Bene, lui è un Ariete, e gli Arieti sono testardi e io ero troppo giovane per insistere, per impo
La serata è andata bene ma gli applausi erano di stima, simpatia, solidarietà... non c'era l'en
di sempre.
Dopo la prima D. è venuto nel mio camerino: "Domani si prova alle due, facciamo i tuoi t
quel giorno devo fare molta attenzione ad esprimere un giudizio su quello che scrive, se n
"ragionato" sopra. Capace che si blocca e lascia perdere, come è capitato.
Mille complimenti non servono se non sono confermati da me. Ogni mia parola ha un gro
per lui. Si fida del mio "rezo occhio" come dice lui,per tutto quello che è teatro.
Devo dire che l'essere diventata così importante per lui mi ripaga delle mille e mille ore spes
al suo lavoro. (Questo che segue si può tagliare, che ne dici? Taglerei. oppure si può ag
a **. Sappiami dire.)che ha molte "isole" collegate l'una all'altra da un locomotore se
movimento: io. Quali sono le isole? Quelle dove risiedono i 18 agenti che si occupa
diffusione dei nostri testi all'estero, i traduttori. Quanti sono? Non lo so. A volte lo ste
viene tradotto da più persone.
Il fatto è che questo mestiere lo faccio da tutta la vita, 63 anni, è il "mio mestiere" e lo conos
Come lavora Dario? Ha uno studio? Sì, ha uno studio, ma non ci sta mai... lavora dav
televisione (capace che la tiene anche accesa) seduto su di un divano, scomodissimo, ma lui
così. Forse il disagio lo stimola. Chissà. Una prima stesura la "butta giù" (non trovo un ter
aggraziato che renda l'idea) a mano dove gli capita. In un giorno fortunato su un bel fogli
tutto bianco, dipende dal "fato" altrimenti può anche essere uno di quei cartoncini grigi che s
nelle camicie nuove da uomo che io conservo perché li trovo bellissimi.
Questo però succedeva fino a qualche anno fa, ora usa i quadernoni di Alcatraz, la "libera U
che ha messo in piedi nostro figlio Jacopo. Per me è una festa! Non devo più rincorrere p
carta seminati per la casa.
Dove eravamo rimasti? Ah sì: "Sei una lazzarona"e poi ha anche aggiunto "vergognati!".
Forse hanno ragione loro, mi son detta, pensando che anche mio figlio Jacopo da anni mi
stessa cosa, anzi, di più: "Mamma tu non hai bisogno di un testo teatrale, se tu vai in scena e
849
la tua vita tieni la gente inchiodata alla poltrona... li fai piangere e ridere... Mamma, tu sei
far ridere parlando di menopausa!"
"Mi avete convinta..."
Qualche giorno dopo ho detto a Domenico:"Intanto che raccolgo le idee per la mia biografi
non ti guardi tutto quello che Dario ha scritto, le interviste che ha fatto... Ho tutto in archiv
lavoro che piacerebbe fare a me, ma non ho tempo, c'è un sacco di materiale, sarebbe int
fare una scelta e riunirlo in un libro. Che ne pensi?" Non ha fatto una piega...
"Sì... possiamo vedere... ma a me interessi tu..."
Era imbarazzato. Se avesse potuto dirmi di no subito senza far la figura del maleducato,
fatto. Gli l'ho letto negli occhi.
Io sono un dolcissimo Cancro (ma com'è che oggi mi viene di parlare così bene di me?)
tenace, purché non ci sia io di mezzo.
Così l'ho invitato nel mio ufficio, 11 stanze 11, di cui 5 di archivio, (Dario ci è entrato la pri
un anno dopo che l'avevo comperato perchè c'erano stati i ladri e io non ero a Milano) Cosa a
Tutto! (Ditemi voi se qui il punto esclamativo non è indispensabile).
La stanza dei manifesti è la numero uno: tutti i manifesti delle nostre turné in Italia e all'
quelli delle molte compagnie che sono andate in scena con i nostri testi, nei vari paesi de
Sono in bell'ordine in certi contenitoroni e speriamo che il pavimento regga.
Stanza numero due : manoscritti di testi, chiavi teatrali, testi scritti ma mai rappresentati
appunti, prima stesura dattiloscritta di copioni, le correzioni che via via sono state portate a
scene durante le repliche, testi stampati da noi (**) o da altri in Italia, la rassegna stampa in
data dal 51 ad oggi, (i primi 10 anni me li sono incollata tutti da sola), le fotografie di
spettacoli, le tesi di laurea sul nostro lavoro.
Poi c'è la stanza numero tre: dischi, cassette audio e video, le registrazioni originali delle mu
i vari spettacoli, documentazione filmata di spettacoli, manifestazioni, dibattiti, riprese t
ecc., Nella stanza numero quattro ho collocato la sezione estero: i dattiloscritti che ci inviano
57 Paesi per il benestare alla traduzione, le edizioni di libri stampati in quasi tutte le l
corrispondenza con gli agenti, i traduttori, i contratti, le fotografie degli spettacoli andati
(chiedere dati a Walter e Daniela quante messinscene sono state fatte e altri dati che
interessare).
Nella n.5 la corrispondenza di 43 anni di vita. Non quella tra me e Dario, quella la
cassaforte. Quando scriverò la mia biografia le pubblicherò tutte. Scoprirete un Dario ine
nessuno conosce. Lui, che non ha firmato più di cinque assegni in tutta la sua vita, che non s
del pane, ne dov'è la chiave della cassaforte, tanto che ogni volta che parto mi tocca lasc
lettera: "caro Dario, in caso di morte e se me ne andassi in Patagonia per non tornare
capitare, sappi che la nostra banca è... che ci abbiamo pure una cassetta di sicurezza la cui c
l'ha il nostro notaio ecc. ecc. , lui dicevo, appena sposati, quando era in turné e io a casa
bambino tra un conato di vomito e l'altro, ricevevo ogni giorno una lettera, (mi piaceva molt
scrive molto raramente e solo in momenti "gravi" della nostra vita) dove, dopo le parole d'a
dava un rendiconto dettagliato degno di un ragioniere, di tutto quello che spendeva: alb
cappuccino e brioche £... giornali £.... Giuro che non ho mai capito perché. Davvero biz
inimmaginabile questo Dario, no?
Mi rendo conto che divago in continuazione. E' che un pensiero chiama l'altro e m' è venuta
una gran voglia di parlare.
850
Vi stavo dicendo che ho portato il Domenico nel mio ufficio, tra le cose della mia vit
mostrato tutto quello che ho archiviato poi gli ho piazzato sul tavolone della stanza dov
contenitori vari strazzeppi di interviste e manoscritti:"Dacci una guardata... magari
t'interessa..." gli ho detto.
Mi sono seduta dietro la mia scrivania che sembravo proprio una business-woman e l'ho las
suo brodo.
Ora il libro, anzi il librone "storico-antologico" interviste e scritti di Dario, è pronto, la mia
chissà quando lo sarà.
E io qui a fare una chiaccherata con voi per introdurvi a 400 pagine di "chiacchere di Dario
ancora una volta a spendere il mio tempo per il mio maritaccio.
In uno atto unico intitolato "La donna grassa" il personaggio da me interpretato, un
strabordante di ciccia e disperazione, una "sfigata" come tante, sfiancata dalle delus
fallimenti, dal rapporto col marito (di cui s'è finalmente liberata), dandosi una "sguardata"
bello, ma rende l'idea) alle spalle, parla di sè in questi termini: "Ho sbagliato tutto n
vita...Tutto! Colpa della mia mamma... Perbene... Com'era perbeeeene la mia mamma! U
Guai a parlare di sesso, il sesso in casa mia non esisteva... eravamo fatti come le bambole.. i
si chiamava "sedere", il davanti, "sedere davanti". E quando sentivo dire "vai a dar via il sed
sapevo mai se fosse il didietro o il davanti. Mi ha insegnato tutte cose sbagliate la mia ma
più grave? Accettare tutto quello che mi arrivava da mio marito senza ribellarmi mai... S
scenate.. "Va via!!!" Che è pericolosissimo dire "va via!"... perché: vanno! Lì, a dedicargl
vita! Insomma ad essere una incrocio tra una pecora e una gallina... Magari, avanguardia p
fuori casa. Magari, femminista convinta, fuori casa... Tutta teoria e niente pratica. Una g
città! Cocococodè! Ne conoscete anche voi no? Cococococodè!! (Grande applauso delle
platea) Quando ci siamo sposati mio marito era un fisico nucleare, anch'io ero una fisica n
lavorava lui, lavoravo io... poi sono arrivati i figli... Ho smesso di lavorare. Quando i figli sa
po' cresciuti riprenderò, mi dicevo. Ma poi... non so com'è, non ce l'ho fatta. A poco a poc
accorgermene ho cominciato a lavoravo per lui... l'aiutavo nelle ricerche, gli battevo a m
saggi da pubblicare, i discorsi per le conferenze, i congressi... ai quali lui andava
accompagnato dalla sua "assistente"... Insomma facevo quello che ogni moglie fa,
pensando:"Tra un po' riprendo..." invece non sono mai riuscita a "schiodarmi" da lui, dalla c
figli.
Nel frattempo mio marito è diventato sempre più importante, così importante da esse
proposto per il Nobel... (lo sapevate che Dario è stato proposto per il Nobel? Questo lo sto d
voi, non lo dicevo in scena) A poco a poco è diventato un monumento. I monumenti pe
bisogno di un piedestallo su cui posarsi per stare in piedi... bene, sono 4O anni che vivo c
piegavo in due, testa in avanti tra gli applausi delle donne in platea che si riconoscevano
signora, che raccontava una storia un po' esasperata certo, ma per mille versi simile a quella
donne, simile alla loro... alla mia.
Yes! Franca, l'ultima schiava bianca.
Ho scherzato un po' sulla nostra vita e ora non so come fare per dirvi due parole seriamente.
Ci provo.
Rileggendo questa raccolta realizzate in quarant'anni da professionisti, d'interviste
registrazioni d'interventi tenuti da D. in Italia e all'estero, vedo passare la nostra vita.
sotterraneo di tanti anni che mi sono sobbarcata per scelta, oggi, con l'uscita di ques
851
parzialmente premia la mia anima d'archivista, la mia dedizione. Che sia amore?
La vita con un uomo così impegnativo, anche se qualche volta m'ha fatto gridare -non ne po
è stata una buona vita... coerente nel bene e nel male. Raramente banale, piena di tensione
vissute mano nella mano, di lotte anche dure fianco a fianco e di emozioni... quell'emozione
parlavo all'inizio e che certamente ci resterà incollata addosso anche nei prossimi quarant'ann
Questo, e solo questo, è quello che conta.
Franca
Forse ho parlato un po' troppo anche di me. Ma "noi" come dice D. "siamo stati al mondo ins
* (potete mettere come nota redazionale) "oltre 1 miliardo degli anno 70
** Ho messo in piedi dal 75 una piccolissima casa editrice, pubblico quasi unicamente i
mettiamo in scena, nella quale svolgo tutte le mansioni (che io sia una centralizzatrice? Ma n
vanno dell'aggiornamento del copione rispetto all'ultima rappresentazione in computer, c
delle didascalie e foto e documentazione, consegnarlo alla tipografia scegliendo carta
impaginazione, correggere le prime bozze, le seconde, decidere la copertina, se sono fortun
mi dà una mano per la scelta del colore e il disegno da metterci sopra (quello lo fa subito!)
esce il libro, lo guarda e dice "bello!" Credo che non abbia mai sfogliato una delle nostre
Questo non significa che non gliene importi niente. Anzi,gli fa molto piacere vederli ben all
nostro banco di vendita durante gli spettacoli. "Li h fatti Franca" dice e dentro c'è anche org
me. (Che piacere mi fa!!) Ma se fosse per lui non avremmo nulla in archivio, nulla stampato
tipo di registrazione. E' fatto così. Non ha interesse per il suo "passato prossimo". Dopo tan
vita in comune, ma sopratutto di lavoro in comune, dopo mille arrabbiature per tanta ind
verso le sue "cose", sono arrivata alla conclusione di aver vissuto con l'uomo meno ambizi
terra. Un testo gli interessa quando nasce, crearlo, costruirlo, muoverlo. E quando è p
passato.
852
La punteggiatura serve per dare le intonazione
Se devo essere sincera, non ne posso proprio più. Sono che
oppure fogli usati da una sola parte che io conservo per appunti, colpa della mia mamma
insegnato l'economia. Non ad essere economa, proprio "l'economia".
e il buché di gigli che una "amica" m'ha messo in mano un secondo prima d'entrare in ch
così io ho dovuto tenerlo che se avessi potuto me lo sarei mangiato in quanto tutti, meno m
sapevano che con D. facevo l'amore da due anni- le nostre mamme che piangevano-
Conosco: i ritmi, i tempi, la sintesi, l'economia, il tutto indispensabile
che ce l'ha uguale il direttore dell'Operà di Parigi IRSCH, che però io l'ho avuta un nove an
di lui, (ne ho una in ogni stanza occupata dai miei collaboratori) perchè mio nipote Galeazzo
e questa faceva parte di uno stock che ho pagato due lire forse me le ha regalate e che in
chissà quanto l'avrà pagata(!) che sembravo proprio una business-woman
Anche con "Gli arcangeli" l'anno prima, (stagione 59-60) abbiamo avuto grane con i censori
avendo avuto il testo un mesi prima del debutto, pretendevano di imporci dei tagli
dell'anteprima. Come avremmo potuto farcela? Ci siamo rifiutati di portare modifiche al
Così ogni sera venivano due poliziotti in palcoscenico constatavano seguendo lo spettacolo
rispettavamo i tagli, stendevano il loro bel verbale: abbiamo totalizzato in 9 mesi
duecentocinquanta denunce. Un bel record. Poi però, non è successo niente.
853
IL PADRE MORTO: IL GIORNO DEL FUNERALE
ricordo le morti di Lina e Enrico
Cercavo il coraggio di toccarlo. Volevo dargli un bacio. Non avevo
mai osato farlo in tutta la mia vita. Per pudore. Per timidezza. Ho
allungato una mano, incerta, per arrivare alla sua.Quando l'ho sentita
sotto le dita, ho avuto l'impulso di ritirarla. No, è tuo padre, pìoi non
o verai più.Ho vinto la repulsione e sono rimasta lì, padrona, sulla sua
mano di marmo: ho toccato la morte. Ci ho preso confidenza. poi un
bacio lieve su una guancia e finalmente ho pianto seduta vicino a lui.
Quante cose mi sono venute in mente, fatti dimenticati nella
memoria.
Con mia sorella Lina è stato diverso ero adulta: 40 anni. Mi sono
occupata di ogni cosa, dalle coroni di fiori alla scelta della bara: raso
bianco trapuntato. E ricevere gli amici, i conoscenti, e parlare.
Anche in quel caso, le sono rimasta vicina, da sola. La guardavo.
Triste da viva, incazzata da morta per via di una vita vissuta con un
marito ignorante e rozzo che l'aveva spesso umiliata. La sua vita
senza gioie mi passava innanzi. E al dolore per la sua perdita mi
cresceva dentro la rabbia di non essere riuscita a strapparla da una
inutile condizione di sottomissione, di abbozzare, di non coraggio.
Di quando in quando il commento banale di qualcuno che entrava:
"pare che sorrida". Macché imbecille, è il freddo che le tira la faccia.
Negli ultimi anni non ha mai sorriso.
E' stato lì che ho giurato a me stessa che nessuno m'avrebbe vista da
morta.
Di mio fratello ho visto solo la bara già chiusa in partenza per l'Italia
da N.Y.
Che bizzarria questa di mio fratello di venirle a morire tanto lontano
da casa. Lui, che da vivo non avrebbe mai disturbato nessuno, da
morto s'è trovato al centro di una difficoltà dietro l'altra.
Dario e io stavamo effettuando una turné negli Stati Uniti. Il debutto
a N.Y. era importante, parenti e amici erano tutti lì per farci festa. La
854
sera prima avevamo cenato insieme. "Domani andiamo a vedere...."
fa a Pia, ci vediamo alle sei. Arrivano le sei, le sei e trenta... niente.
Enrico non si vede. Telefoniamo all'Hotel. "Siete dei parenti?" - "Sì."
- "E' morto." E' uno scherzo? No, era morto davvero. Nel sonno. Una
cameriera l'ha trovato. Dario, con un giornalista si precipita all'hotel.
Io non potevo accompagnarli: avevo lo spettacolo dopo un ora. Non
ho recitato molto bene quella sera. Ho anche maledetto questo lavoro.
IL 68
Nell'autunno del 68 decidiamo di abbandonare il circuito teatrale
tradizionale, ufficiale e mettere a disposizione il nostro lavoro, la
nostra vita (e non sto enfatizzando) con un impegno diretto di quella
parte di pubblico che normalmente viene ignorata dal teatro ufficiale:
operai, casalinghe, studenti, contadini. Pubblico che solo in questi
ultimi anni viene intruppato e portato con pulman nei teatri del
centro, organizzati da Cral e Sindacato. Riprendendo la tradizione di
mio padre portiamo il nostro teatro in piccoli centri, nei quartieri
periferici, nelle fabbriche occupate, nei palazzetti dello sport.
Insomma, decidiamo di metterci a disposizione della classe alla quale
sentivamo di appartenere. il promletariato. Detto oggi, così, a
distanza di anni suona un po' tromboneggiante, allora no. Suonava
bene. Otteniamo una risposta straordinaria: una folla di giovani,
studenti, operai ragazze, donne sono ogni sera presenti. In qualsiasi
posto si svolga lo spettacolo i locali sono gremiti all'inverosimile. Nei
palazzetti dello sport, ci abbiamo messo anche 12 mila persone.
Che testi recitavamo? Il quotidiano. La vita della gente, le difficoltà.
Il materiale lo trovavamo a iosa. Erano tempi brutti. Gli incasi spesso
vanno a fabbriche in occupazione, che grazie alla sopravvivenza cjhe
gli è garantita dagli spettacoli, in certi casi, come per la Sampas di
Milano, tengono duro e alla fine vincono la sentenza col padrone.
(ricevute fabbriche).
Quando Dario mi ha proposto di lasciare le strutture tradizionali e di
portare il nostro teatro per "boschi" non mi diceva niente di nuovo,
per tanto l'avevop fatto con mio padre.
855
Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente
lungo la mia vita: rabbia, paura angoscia, commozione, meraviglia,
furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi... inaspettate,
inaudite, così i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazioni,
quello che sto provando ora, non c'e.
Rossella (tra le moltissime donne incontrate è un'amica che non ho
perso per strada) m'ha regalato un libro "Le lettere del mio nome" di
Grazia Livi, "é importante, leggilo".
Il titolo cosi ermetico non mi sollecita.
Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore: "Il tema
appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna". Mi
blocco. Oddio,
ci risiamo. La solita "menata" femminista
socialpolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali,
quasi tutte saccenti, esibenti, compiaciute dello sfoggiar "cultura",
usanti un linguaggio da casta per "quella" casta, senza la minima
preoccupazione di essere capite da chi aveva (sto parlando degli anni
70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberarsi") la necessità
urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì,
pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po'
arroganti o troppo offensivamente accondiscendenti, che gridavano
"siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti
fregavano. Esagero?
856
Sì.
Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uomo nel loro
modo di essere, parlo delle intellettuali, che esprimevano
comportamenti che ho sempre rifiutato.
Parto a leggere indifferente e diffidente. Qualche pagina e poi smetto,
mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi
é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i nomi non me li
ricordo, di molti non li ho nemmeno saputi.
M'ha tirato dentro la chiarezza, ne facile ne semplicistica, seppur
colta con cui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche la crescita di un
personaggio-donna, come te lo ripropone tutto, secca e piena,
leggera, meticolosa delicata, mai invadente, umile, poetica quel tanto
che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni
intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi.
Di ogni donna di cui parla, ti presenta le più remote sensazioni, ogni
personaggio è da lei scandagliare nel profondo, c'è tutto quello che
hanno detto gli altri e quello che ne hanno scritto, i sentimenti, i
dolori, le insicurezze, le certezze e molto altro che ora non mi riesce
di esprimere. Poche pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De
Beauvoir.NON mi é mai stata completamente simpatica.A volte m'é
capitato di giudicare qualche sua scelta egoista.Il suo evidente essere
una intellettuale aristocratica m'e l'ha sempre allontanata.In casa di
Sartre a Parigi, dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata
davanti:borsa della spesa in mano, fazzoletto in testa .Ha lanciato
un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.Dario ed io ci siamo
guardati interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come un bambino
scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro,
non ricordo, "Simon..", ha mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io
ci sono rimasta un po' male.forse credevo che il fatto di essere una
donna mi desse il diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del
ragionato-Livi é una donna che capisco e ammiro di più.Altre
biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il
tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza,
lucidità, intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere
857
dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi
costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addosso.Il mio
"dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo.Mi sento
come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni
mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e
allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto,
irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a disagio, turbata,
scombussolate. Di colpo mi sento come se non avessi mai
pensato.Non ho visto, non ho notato, non ho desiderato.Mi sento
addosso il peso di non essermi mai sentita in lizza con nessuno, non
perché mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non
averne i numeri, le capacità per poter partecipare. Mi sembra di
essere passata tra le cose senza emozione.Sono certa di non aver mai
voluto con forza, qualcosa per me .Già arresa, prima di essere
vinta.Mi sento come se in questa mia frenetica vita non avessi
vissuto.Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con
nelle pagine bianche solo il numero in calce.I giorni della mia vita
:22.630 , sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun bagaglio. A
'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi.Possibile? E'
così.Sento l'esigenza di esprimermi, di puntualizzarmi, di
cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando me stessa?..Il mio io?..Ci ho
tanto ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma ora qualcosa di
concreto mi urge.Devo fissare qualche punto.
Me ne sto
a guardare fuori dalla finestra con il cervello
completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono tanti, non
avessi
vissuto, lavorato incontrato gente, parlato, riso, fatto
all'amore, pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la testa pressata da
pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra tanto disordine
non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia
modo di iniziare con un minimo di coerenza.Forse potrei partire dalla
prima grande emozione che ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori".Li
avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città.Erano
arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e
858
sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per
tentare di raccogliere qualcosa.La sera, nel cortile di casa mia, gran
festa.Un giradischi, e ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra
buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia
madre é lì, ci sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo
tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in
Germania, non dà notizie da oltre due anni.In un attimo le sono
vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due
mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della
scala di casa nostra , perché le gambe non la reggono.Si stringe
addosso il figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto centinaia
di chilometri a piedi.Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho
sentito identico molto anni dopo(1973) in circostanza ben diversa ,
per dolore e drammaticità.Ancora seduta, su di una sedia ora, con la
testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo
che ha indovinato più dalla mia faccia che dalle mie reticenti parole
che mia sorella Lina era morta.
Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non ho terminato) di
Varese, con i fascisti che entrano in classe, in silenzio ci guardano a
una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi
portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia
faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del
mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa triste.."Villa triste era
una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, (
tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i partigiani.
Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro, non avevo
fatto niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo,
alla prima domanda ho capito tutto.E il cuore a battere più
forte."Forse muoio"."Conosci Enrico Mazzucchetti?
"Si",
"Dov'é?""Non lo so".Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei
quindici anni: il primo."non lo vedo da un po'", sapevo che era andato
nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotta
casa mia a darmi dei baci. Dio mio, che era successo?"Allora?"Erano
minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo lasciati da un sacco di
859
tempo."Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia
aria innocente li aveva convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non
ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata dal
corpo e le mani sudate."Sei una incosciente, sei una disgraziata.Se lo
viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa bene.E con il cuore mi
accarezzavo il biglietto piegato in quattro che avevo stracciato prima
di passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a
memoria la mattina andando a scuola.Incoscienza, più che coscienza
politica.
I GIORNALI
Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai letto un giornale.E
questo che c'entra?Nulla.Sto cercando di tirar fuori fatti lontani, che
disordinatamente affiorano al mio cervello vuoto
Non ho mai letto i giornali.Lo dico con meraviglia.Possibile?In casa
mia c'erano, la mia era una famiglia socialista quando esserlo costava
qualche cosa.Si pagava, senza ricevere nulla in cambio:con quella
tessera in tasca allora carriera o posti di comando, non ne ricevevi.I
giornali c'erano, li toccavo quando li raccoglievo da terra dopo che
mio padre li aveva letti.(incredibile quanto mio marito assomigli a
mio padre:anche lui, li butta per terra!)per riporli o buttarli, ma io
sono sicura di non averne mai aperto uno fino ad un certo giorno.cioè
quando sono andata a sbattere con la mia bicicletta addosso ad una
Topolino (in realtà gli ho sfiorato un parafango).La reazione del
"guidante" è terribile e immediata e assolutamente fuori posto/"Ecco
chi rovina l'Italia!""No, guardi io..""Silenzio!Voi giovani che
delegate.Delegate e non leggete i giornali!".Allibita, senza parole.E'
da quel giorno che dei giornali leggo tutto..dalle inserzioni agli
annunci mortuari.Grazie isterico signore della topolino.Grazie.
Forse ora posso correre all'inizio della mia vita.
1932_ "E' ora che Franca incominci a recitare."è mia madre che
parla. La prima parte che ho imparato a memoria, me l'ha insegnata
lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot- a mot, parola per
parola. Non sapevo leggere .Avevo tre anni.. Aveva deciso (era
sempre lei che prendeva le decisioni importanti in famiglia) che
860
avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva
recitato da mia sorella Pia in "la passione del Signore"atto V, orto
dei Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che per trenta monete
d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo gridare
di quando in quando. La parte non era lunga.. non ci devo aver messo
molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e ancora."ripeti" diceva la mia
mamma
paziente mentre pelava le patate per il
minestrone."Ripeti!"Mia madre per i suoi figli era ambiziosissima
.Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da angelo,
con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle. seppur
credente non andava mai in chiesa ma aveva uno zio prete.Lei, lo
sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre, ormai
entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine .E' ora
d'andare in scena e tutti:"ma che bell'angiolino!Ma che bel vestito!"
La mia mamma faceva andare la coda.Non avevo fatto nessuna
prova.Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia
sorella Pia nell'entrata in scena ed ad un segnale della mia mamma
sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda "e quel che
segue.Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva
immaginare fu che il personaggio di Giuda era interpretato da mio
zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo, sorridente,
che mi raccontava storie
bellissime, mi regalava un sacco di
divertimenti, al quale volevo molto bene e vedermelo lì, proprio
vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa..gli occhi che
lanciavano saette tra un tuonar e lampeggiar minaccioso , che
disperato gridava:"possano i corvi divorarmi le budella , le aquile
strapparmi gli occhi !" e altri animali che non ricordo "mi divorino un
pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua" , mi fece un terribile
effetto.Mamma mia che spavento! Cosa stava capitando?!Ero
stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma quello che mi buttò
completamente fuori, fu il vedere mia sorella , solitamente rispettosa
ed educata, che per nulla intimorita gli e ne stava dicendo di tutti i
colori!Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro
povero zio in una disperazione sempre più nera."Ma cosa sta
861
capitando?Perchè lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che mi sentivo
in gola stava per scoppiare;Mia madre dalla quinta mi faceva gesti
più che perentori.Giuro che avrei potuto parlare, ma non me la
sentivo proprio di rincarare la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non
dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli sia capitato.Forse è
impazzito." Anzi.A piccoli passi, camminando come pensavo
camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino,
lui era in ginocchio e gridava più che mai.Dio che paura!Senza dire
una parola mi sono arrampicata al suo collo e l'ho abbracciato,
tempestandogli la faccia di baci.Insomma cercavo con i mezzi che
avevo a disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era
calato in palcoscenico.Pia s'è
ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non
prospettavano niente di buono..Lo zio-Giuda si blocca per non più di
tre secondi, lo giuro.e poi con voce profonda (intanto con la mano mi
solleticava la mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi)
dice:"Dio, sei grande!A QUEST'ORRENDO PECCATORE MANDI
IL CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi la mano..No, no, non
me lo merito!-e , dal momento che lo spettacolo doveva pur
terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve usare un po' di forza per
liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo
andare.Grida:"L'albero
più alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami
andare angiolino..Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce di
scena.Mia sorella(l'unica volta nella sua vita , credo)non sapendo più
che fare, camminando anche lei sulle punte, immediatamente lo
segue.Grande applauso.Tutti mi chiamano in quinta con grandi
cenni.Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere"
che maledizione da che sono nata è lì, a spingermi( a pigiarmi ) la
coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e
mesta quel tanto che serve dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda
traditore che per trenta monete d'argento ha venduto il suo
Signore..Non s'è pentito!" e via che esco..Ce l'avevo fatta:l'avevo
detta tutta! Da allora in poi, "la passione del Signore" ha sempre
avuto due
862
angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la
grandezza di Dio.E tutti giù a piangere.
A 5 anni:"gli spazzacamini della valle d'Aosta.Com'è che succedeva?
Come arrivavo la prima volta in scena con un personaggio che non
avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con certezza
di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo.La parte come
sempre fino a che ho
4 imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo
velocissimamente , era come se la sapessi già.Anzi, la sapevo
già.Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella
bara di Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi
permettesse di addormentarmi, mentre i miei recitavano una sera
dopo l'altra?"Gli spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il
protagonista, figlio di una povera ma bella incintata e poi
abbandonata dal figlio del conte..vengo, a causa della miseria in cui
nascono quasi sempre
quelle incintate dai "contini",
NONOSTANTE LA TENERA età affidato ad un "mercante di carne
umana"!, un delinquente che specula sui bambini che gli vengono
affidati, mandandoli spesso a morire nel tentativo di pulire, in quanto
smilzi e denutriti (quanto piangeva la gente!) la cappa di un
camino.E' quando, la mia mamma che per fortuna era venuta a
trovarmi a Torino col mio nonno sennò chissà come avrebbe mai
fatto a tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia morto nella cappa
del camino "Oh che tremendo dolore!" e via che Impazzisce. La
ragazza in questione era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che quel
giorno lì in quanto ammalato, era stato sostituito nel lavoro da un
compagno, certo Carletto, che muore al suo posto. (Mai essere
generosi!) Questa è per Gino una giornata davvero fortunata.Il
vecchio conte è schiattato nel frattempo, ed il contino, vale a dire il
suo papà, decide in quanto sempre innamorato della mia mamma, di
riparare al malfatto e di sposarla.Ci sono un po' di problemi per far
rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma alla fine tutto finisce in
gloria tra lacrime e singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica finale
per non mandare a casa la gente con il magone.
863
Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si
basava su trame semplici e stringate, TEATRO POPOLARE
appunto, nella tradizione della COMMEDIA DELL'ARTE ,
completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in
scena dalle grandi e illustri compagnie che agivano nelle grandi città
e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie , come la
nostra , che agiva no in provincia.Il nostro successo stava tutto in
questa differenza.Il nostro repertorio era vastissimo: dalle più famose
tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie
di autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacosa, Rosso di San
Secondo, alle comiche finali. Il tutto senza aver mai studiato una
parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi
teatrali veri e propri, ma una specie di canovacci e per molti testi non
esisteva nemmeno il canovaccio. Ce li avevamo nella testa da
sempre. Eravamo bravi?Non lo so.So solo che i teatri eran( sempre
pieni, che si lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e
il 2 dei morti, a novembre.O se c'era il funerale di un defunto
importante del paese:il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il
farmacista.E quando in un paese avevamo fatto tutto il nostro
repertorio, (replicato 6 sere la Giulietta, 6 la passione, "il povero
fornaretto di Venezia e non mi ricordo più quali altri drammoni
avessero successo)mio padre o mio zio, si leggevano un romanzo, ci
riunivano e ce lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo e tu questo.,
.e via che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in
bella calligrafia, la scaletta dei punti chiave, il susseguirsi degli
avvenimenti.
"L'assassino del corriere di Lione" .Scena PRIMA:
la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto , partito
povero , tanti anni addietro, torna ricco, riempie la ragazza di doni,
ma lei non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo repulsione.
Manifestare freddezza e imbarazzo.Ricordarsi che la madre è morta.
Scena seconda:un uomo(lo stesso attore che interpreta il personaggio
del padre) languisce in una cella, è un innocente caduto in un errore
giudiziario terribile.Accenni all'assassinio di un corriere a
864
Lione.Accenni alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al
paese.Saranno ancora vive?
Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono premiato con la libertà e
l'onore restituito mentre il cattivo (fratello gemello del buono),
smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito
con la forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta.
Comica finale.Non c'è personaggio nel repertorio della mia famiglia
che a secondo dell'età non abbia interpretato.Neonati(8 giorni in
braccio alla mia mamma-in la Genoveffa di Brabante), bambini o
bambine, ragazzini signorine, giovanotti, suore, cortigiane,
prostitute.Una volta ho fatto persino, il cuciniere Dracco. La storia
nel ricordo, mi fa ancora ridere.Ero cresciuta e la Genoveffa(che dio
la maledica, quanto ho odiato sta noiosa!) ora la facevo io.Giovane e
bella moglie del re alla guerra, sola nella raggia viene insidiata da
Golo, un primo ministro della situazione, che lei respinge furente e
offesa. La donna giovane donna decide di inviare una missiva al
marito tramite il cuciniero Dracco:l'unico che a corte le sia rimasto
fedele. per avvertirlo del tradimento del suo braccio destro."Torna o
mio dolce sposo, torna! che quel maialone del Golo vuole fare con
me, proprio quella cosa là!" Golo che è sempre lì a origliare ,
scopre tutto e zak!, pugnala il poveraccio e manda a dire al re che
Genoveffa è incinta del cuciniero."Ti ha tradito o mio re, che
vergogna con un cuciniero!"Il re ci casca, fuori dalla grazia di dio
"un cuciniero no!"ordina il taglio della testa della la fedifraga e
anche del bambino nato nel frattempo. (TRANQUILLI CHE POI
TUTTO , COME SEMPRE, FINISCE IN GLORIA ) Arriviamo
sulla piazza e ci rendiamo conto che ci manca l'attore che avrebbe
dovuto interpretare il ruoli del cuciniero .D'accordo, sono due parole
che si possono anche tagliare, ma fisicamente deve essere in scena.Ci
ragioniamo sopra un attimo per vedere come risolvere. Bene.Ci
siamo.Facciamo
così.Al momento cruciale, vado alla quinta di
destra.Il perfido Golo mi spia dalla quinta di sinistra. Parlo,
guardando fuori scena con il cuciniere che non c'è, fingo di
consegnargli il messaggio e poi, affranta, esco. Velocissimi mi
865
mettono sulle spalle un mantellaccio con capuccio, che mi copre dalla
testa ai piedi.Rientro in scena con la missiva bene in evidenza in
mano, faccio qualche passo come se ora io parlassi a Genoveffa,
Golo si precipita su di me"muori, spione di un cuciniero!E via che mi
pugnala.Cado morta.Golo mi trascina fuori scena a sinistra, cioè dalla
parte opposta da cui sono entrata. Mi tolgono il mantello, mi
raddrizzo la parrucca bionda dalle lunghe trecce, corro velocissima
dall'altra parte.Rientro in scena e vedo Golo che pulisce il pugnale
assassino nel mantellaccio che indossavo fino ad un secondo
fa."L'avete ucciso!Assassino!!"Ansimo un pò, per via della corsa,
ma sono perfettamente in parte e nessuno s'è accorto di niente.Noi
eravamo in grado di andare in scena senza prova alcuna, con un testo
nuovo allestito di sana pianta.Arrivavamo ad esempio in una piazza
nel giorno in cui in paese si festeggiava la santa patrona, ebbene,
debuttavamo con la storia di quella santa sulla quale mio padre e mio
zio avevano giorni prima letto e ascoltato dalla gente, vita morte e
miracoli.Avevano riunito la compagnia, raccontato a sommi capi
l'intreccio, distribuiti i ruoli se i costumi adatti non c'erano si
rimediavano, e via che si debuttava.Senza prove.Se si confronta con
i 90 o addirittura i 180 giorni di prova delle compagnie di oggi..Ma
certo che allora, sovvenzioni ministeriali o regionali o provinciali o
comunali, non ce ne erano, quindi giocando sui soldi tuoi, ti dovevi
sbrigare eccome. L'unico posto, luogo dove io mi senta a mio agio è
il palcoscenico.No, non per via:ama la polvere
del
palcoscenico.No.Sono allergica alla polvere, alle banalità, alla
rettorica.Sto bene in palcoscenico perchè è casa mia.In qualsiasi città
mi trovi, quando sono in teatro sono a casa.Entrando nella hall di un
teatro, non m'è mai capitato di dovere chiedere"scusi, dov'è il
palcoscenico?"Conosco automaticamente la strada, dove sono i
camerini, il gabinetto."Ma ci sei già stata qui?""No, è la prima
volta""Non ti credo""Sì, forse
ci sono già stata".Sto bene nei
camerini, anche se squallidi.No, non li addobbo con sete
colorate.L'ho fatto qualche volta..senza accorgermi andavo dietro
all'onda, voglio dire alle usanze degli attori..ma erano 100 anni fa.Poi
866
ho scoperto che non mi ci trovavo con QUEGLI addobbi intorno,
non sentivo il bisogno di ricostruirmi il "salotto"di casa mia, anche se
il camerino era un cesso.E DIO sa quanti camerini "cesso" trovano gli
attori nei teatri e nei cinema di casa nostra.L'unica cosa alla quale non
rinuncio è la luce."Lino!!(è il tecnico delle luci) La luce"Lino arriva e
mi piazza certi 5OO da accecare.Io ci sto bene. La luce e il mio
baule, ora i miei bauli..Mi piacciono i miei bauli.E' un classico baule
armadio d'attori, verde fuori a fiorellini l'interno.Ci sono i cassetti e
nei cassetti di tutto:golf, libri, fogli, macchina da scrivere-computer,
pennarelli, lettere e cianferi d'ogni genere.Il primo baule della mia
vita l'ho comperato a rate nel 51, non appena arrivava in compagnia
primaria.Dentro non c'era quasi niente, ma quel sacramento , che si
apre all'impiedi dividendosi in due e diventa un armadio, con cassetti
e reparto per i cappotti, con tanto di targhetta in metallo con il mio
nome, mi dava una gran sicurezza.Per la verità era una sicurezza del
tutto speciale:la sicurezza di avere anch'io il baule come tutti gli
altri.Credo che quella sia stata l'unica sicurezza di quegli anni e per
molti anni dopo.Credo anche di essere la persona più insicura che io
conosca.Il mio baule, il suo contenuto, il camerino il
palcoscenico:sono a casa. Io non mi considero un'attrice.Sono "anche
" un'attrice.In casa mia ho imparato tutto quello che può servire per
poter fare questo lavoro:attrice, elettricista, fonico, costumista,
trovarobe, direttore di scena, servo di scena, piazzare le
luci,
suggerire, sarta, vendere i biglietti, truccare, pettinare, ballare,
cantare (sono un po' troppo timida, seppur molto intonata!Me l'ha
detto 10 -14 Giovanna Marini, e se lo dice lei..)la ricerca delle piazza
l'amministratore, fare un borderò, (ora è però diventato
difficilissimo)I miei avevano addirittura una propria tipografia dove
si stampavano i manifestini, insomma i volantini di adesso.Avevamo
centinaia di scene belissime, dipinte da un pittore della Scala, Lualdi
che veniva a passare le sue vacanze da noi, ogni tanto, le
rinfrescavamo tutti insieme.Ogni giorno cambiavamo piazza, (dico
piazza per dire "paese, non recitavamo in piazza ma in locali chiusi,
teatri, cinema, oratori, quindi ogni giorno si dovevano montare scene
867
e luci.Anche i nostri costumi erano belli.Figuriamoci!Mio padre,
tramite l'amico Lualdi, li comperava in blocco dal Teatro della
Scala.E se per un nuovo testo mancava qualche costume, ce lo
facevamo in quattro e quattrotto.Mia madre, maestra diciottenne,
figlia dell'ingegnere del comune dove risiedeva(Bobbio) e di una
casalinga si era innamorata di questo "girovago marionettista"che un
giorno era passato di lì, e con grande scandalo dalla famiglia-(povera
come l'acqua, ma di una classe sociale superiore a quella di mio
padre)e del paese se l'era sposato.Mia madre, era bellissima e quando
dico bellissima voglio proprio dire"bellissima"senza artificio alcuno.
Nessuno di noi, quattro figli, pur assomigliandole, s'è avvicinato a
tanto;Bellissima, giovane, innamorata, aiuta Domenico (il marito)e
Tommaso (fratello del marito e Stella, (sorella del marito)in tutto
quello che può .Cerca con tutte le sue forze di adeguarsi alla nuova
vita, tanto diversa da quella che aveva condotto sino a quel
giorno.Non sa manovrare le marionette, ma si ingegna a vestirle.Poi,
più avanti, dirà qualche battuta.Con l'avvento del cinema (1920)) i
due fratelli intuiscono che "il teatro delle marionette" sarà presto
messo in crisi, subissato, da questo nuovo fantastico mezzo di
spettacolo. Decidono un cambiamento radicale(con grande dolore del
nonno Pio, un amate di Garibaldi, l'unico ritratto in nostro possesso
lo raffigura vestito e somigliante all'eroe!)"Entreremo in scena noi, al
posto delle marionette, reciteremo noi inostri spettacoli"Così mio
padre con la propria famiglia aggiunta alla famiglia di mio zio
Tommaso si sostituiscono ai pupazzi di legno, vere e proprie sculture,
tre delle quali sono esposte al Museo del teatro della Scala di
Milano.E quando inizieranno a recitare di" persona", a portare loro
stessi in palcoscenico i testi, i personaggi che avevano fino allora
interpretato muovendo e doppiando pupazzi di legno, lei, la mia
mamma , diventa la prima attrice della compagnia.Un'attrice che di
giorno tirava su i figli, li faceva studiare, si occupava della casa, e
come una più che provetta casalinga( a tutti gli effetti)teneva
l'amministrazione della compagnia come fosse quella di un normale
menage familiare, si occupava dei costumi, aveva imparato pure a
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cucire, e alla sera, via!, E Giulietta e Tosca, e la Suora Bianca, e la
Fantina dei Miserabili, tutti ruoli che via via, abbiamo interpretato
anche noi figlie e le cugine Ines e Lucia.Percorro così l'apprendistato
dei teatranti interpretando via via che cresco, tutti i ruoli maschili e
femminili adatti alla mia età.Il vantaggio della compagnia di mio
padre rispetto alle altre compagnie di giro, (così si chiamavano le
piccole compagnie di provincia) è l'invenzione di impiegare tutti i
trucchi scenici del teatro magico delle marionette, nel "teatro di
persona"":montagne che si spaccano in quattro a vista, palazzi che
crollano, un treno che appariva piccolissimo lassù nella montagna e
che man mano che scendeva s'ingrandiva fino ad entrare in scena
con il muso della locomotiva a grandezza naturale.Mari in tempesta,
nubi che solcavano minacciose il cielo tra lampi e tuoni, gente che
volava.scene in tulle in proscenio, che illuminate a dovere ti facevano
vedere come era il paradiso.Insomma tutti gli espedienti tecnici
dell'antico teatro seicentesco dei Bibbiena, che viveva ancora, dentro
la scenotecnica delle marionette.soltanto che in quel teatro tutto era
stato miniaturizzato, si trattava adesso di eseguire una operazione da
Gulliver alla rovescia:da minuto che era ingrandire ogni oggetto,
aggeggio, marchingegno fino a renderlo identico alla realtà.In questa
nuova veste"il teatro di persona" la compagnia di mio padre realizza
un successo insperato.Si lavora come sempre a tempo pieno.Mio
padre , il capo, con il ruolo di primo attore, manager P.r., lo zio
Tommaso nel ruolo dell'antagonista, del comico-brillante a secondo
dei testi e di drammaturgo-poeta di compagnia;le mogli, i figli, gli
attori scritturati;i dilettanti gli amici componevano la nostra
compagnia.Giravamo cittadine, paesotti e paesini del nord Italia su di
una corriera che chiamavamo "Balorda" a causa del comportamento
bizzarro che aveva, che più che al suo cattivo carattere andava
attribuito agli anni. In certi paesi nei quali ad una certa ora del giorno
si passava, nei turnichè particolarmente ripidi, c'erano sempre dei
ragazzi che ci aspettavano.Ci spingevano fra tante risate, poi la sera
ci raggiungevano ed entravano a godersi lo spettacolo gratis."Siamo
quelli che abbiamo spinto." "Passate".Mio padre, amava la Balorda ,
869
e zingarone com'era, gioiva tutto nel vedersela rilucente di colori
sgargianti. Mia madre, ogni volta che lui le cambiava colore:"non
sposeremo mai le nostre figlie !" "Hai ragione Milietta..domani le
cambio colore"E l'indomani quando "Emilietta" si affacciava in
cortile, ecco la Balorda ridipinta:d'argento!"Non sposeremo mai le
nostre figlie!"Arriva la guerra, finisce la guerra.Bombardamenti non
ne avevamo avuti.Qualche bomba sulla fabbrica di aerei:la Macchi,
lontana dal centro, alla periferia di Varese, a Masnago.Ricordo a
proposito di questo paese, una sera che si tornava a casa dopo lo
spettacolo veniamo fermati, sia noi che tutti quelli che passavano per
quella strada dopo di noi, da un gruppo di fascisti e S.S.Ci hanno
fatto entrare in un cortile, (era quello dove abitava uno dei nostri
dilettanti, chiamato"Luigino cassa da morto, perchè suo padre le
fabbricava) dove siamo stati per ore bloccati.Solo all'alba ci hanno
lasciati andare.Non è stato per niente drammatico.L'aria, nonostante i
tedeschi era di festa a causa della inconsuetudine dell'avvenimento.Si
sà, i giovani trovano sempre la maniera di di superare le tensioni.
Sarebbe però, tanta allegria finita in tragedia se quell'alba avesse
portato la notizia di una missione tedesca andata male.Ci avrebbero
fucilati tutti. l'abbiamo saputo qualche giorno dopo.Per fortuna
l'abbiamo scampata.Altre volte, capitava che ci fermassero dei
partigiani.Non dicevano "siamo partigiani" ma erano in borghese con
i mitra "Signor Rame, ci dà un passaggio?" Li facevamo salire.Più
avanti capitava d'incontrare picchetti fascisti che ci fermavano. Ci
conoscevano.Avevamo
un
permesso
speciale
per
il
coprifuoco."Buona sera signor Rame,.Com'è andata?" "Benissimo!"
"buona notte."Ce ne andavamo;nonostante il
FINE
870
GENTE:
FRANCA, TORNIAMO INDIETRO DI 40 ANNI, RACCONTACI IL TUO PRIMO INCONTRO
CON DARIO.
Le nostre strade s'incontrano ad un certo punto delle nostre vite, ma partono da punti assai diversi.
Io nasco da una famiglia d'attori girovaghi, ed ho debuttato ad otto giorni, ne il figlio della "Genoveffa
di Brabante", in braccio alla mia mammma. Via via che crescevo, ho interpretato tutti i ruoli possibili
ed immaginabili maschili e femminili, finche, dopo i vent'anni ho lasciato la mia famiglia per seguire
mia sorella Pia che abitava a Milano in quel tempo ed era prima attrice giovane con Renzo Ricci. Il mio
desiderio era di riuscire a mia volta entrare in una compagnia primaria. Un gran salto! Dario invece,
studiava architettura al politecnico, e per passione raccontava favole grottesche agli amici, racconta
oggi, racconta domani, s'è trovato scritturato nella compagnia di rivista, "Franco Parenti sorelle Nava".
Nella stessa compagnia c'ero io. Il capocomico era di Carlo Mezzadri, l'allora marito di mia sorella Pia,
che per strada ha lasciato il mestiere d'attrice per aprire una sartoria teatrale. Oggi Pia è una
affermatissima creatrice ed esecutrice di costumi teatrali. E' arrivata fino a Las Vega con le sue
creazioni. Ha fatto una figlia, ha scritto un libro sulla nostra famiglia, gioca a poker, ama il tennis
seguendolo sul teleschermo, la musica classica, legge molto, è curiosa, dimostra un vent'anni in meno
di quelli che ha, ma quello che più conta, è che è generosa, spiritosa, caustica, insomma è il
personaggio più divertente, poliedrico che io abbia intorno. Ci vogliamo molto bene. Abitiamo nella
stessa casa, ci capita anche di litigare a volte, ma ci siamo l'una per l'altra, sempre.
E' lì che io e Dario ci siamo incontrati. Lui s'innamora subito di "questa sventola dolcissima", così mi
chiamava. Si prende un imbesuimento di terzo grado. S'innamora subito, ma se lo tiene per se. Anzi non
mi guarda per niente e se mi guarda non mi vede: come fossi trasparente! Com'è?! Seni tondi, gambe
lunghe, capelli biondi eccetera eccetara... piena di ragazzi che mi giravano intorno e lui , 'sto
spillungone anche bruttino, (ora è bellissimo!) niente. Non faceva una piega! Non mi guardi? Ti
castigo! Una sera, si provava lo spettacolo al cinema Colosseo, l'ho preso per le mani, l'ho messo
contro il muro, e gli ho dato un gran bacio, ma proprio un bacio bacio! E mi sono scoperta innamorata
pazza. Il "da ridere" è che tutto è successo per scommessa. Siamo andati avanti per due anni tra baci e
litigi.... classico degli innamorati, fino al giorno che ci siamo sposati: 24 giugno 1954 in Sant
Ambrogio! Dario, metterà una battuta, per il fatto di essersi sposato in chiesa (lui, quasi ateo-marxista)
addirittura nello spettacolo "Gli arcangeli non giocano al flipper" : "Sposato in chiesa per accontentare
madre di lei molto credente."
SALTO SALTO FOTOCOPIARE PAGINE
siamo siatemati alla bellemeglio. Il bambino ha pianto per quattro giorni di fila. Per quanto spirito di
adattamento avessimo noi, non riuscivamo proprio a comunicarlo a questo tipo appena nato che non
sapeva niente della vita. Comunque faticavamo anche noi a cavarcela e per le scomodità e per la mia
totale inesperienza "Piange? Avrà fame" Lo attaccavo al seno, lui ciucciava un po' e poi di nuovo
"uhèèè uuuhèèèè!""Oddio, forse è ammalato!" Al quinto giorno decidiamo di tornare in clinica e
stabilirci lì. Il nostro ritorno è stato festeggiato dal personale con brindisi e abbracci. S'è scoperto subito
la causa degli uhè del bambino: io avevo poco latte e lui aveva fame.
Dopo aver nutrito il fantolino, ci hanno sistemati in una bellissima camera vicinissima alla sala parto. Ci
siamo addormentati immediatamente tutti e tre ed abbiamo dormito per almeno giorno intiero,
finalmente rilassati. Ci siamo insriti molto bene in questa nostra insolita vita, abitavamo lì e cercavamo
casa. Come vedevamo in carridoio davanti alla porta della sala parto un padre in angosciosa attesa Dario
subito s'informava: "Sa è un parto cesareo!" E Dario: "non si preoccupi, anche Franca ha avuto un
cesareo...Vero Franca?" e io "Sì, sì... è una sciocchezza, vedrà" E quello si calmava. E un altro: è messo
di piedi"... "Non si preoccupi, anche nostro figlio è nato di piedi...e tutto è andato benissimo. Vero
Franca?" Solo quando un padre era preoccupato perché la moglie stava partorendo 2 gemelli siamo
rimasti senza parole. Tutti sapevano che avevamo un figlio solo.
Ci siamo stati tre mesi in quella clinica. Quanti padtri e quante madri abbiamo rinfrancato. Qualcuno ci
871
viene ancora a trovare con i figlio nato proprio in quei giorni. Che benissimo!
Finalmente abbiamo trovato una casa in via Bruno Buozzi e ci siamo trasferiti. Una casa piccola con un
terrazzo enorme. Nel palazzo vicino al nostro vivevano Roberto Rossellini ed Ingrid Bergam al tempo
della loro "colpevole" passione. Avevamo sempre amici fotografi che ci scongiuravano di poter stare nel
nostro terrazzo per poter riprendere i due importantissimi innamorati.
ed ero sempre la vamp del casta, la padrona di un night, qualche volta sola, qualche volta con un
amante delinquente. Indossavo grepier, calze nere o abiti talmente stretti che spesso me li cucivano
lettaralmente addosso al mattino e me li scucivano la sera. Non potevo fare la pipì, non potevo sedermi
ed in più mi sentivo frustata dalla testa ai piedi.
Ho avuto in quegli anni, due grandi occasioni cinematografiche. Michelangeli Antognoni e Luchino
Visconti. Per "Cronaca di un amore" Antognoni aveva scelto me. Io, allora, avevo un grande
complesso (complesso che in parte, nonostante varie operazioni ho ancora oggi): ero strabica - strabica,
timida e insicura. Nascondevo i miei occhi sotto a degli occhialini lunghi, stretti e scuri. "Lo so che sei
strabica, ma per farti fare il film, devo vedere i tuoi occhi. Su... coraggio, togliti gli occhiali". Me lo ha
chiesto almeno tre volte, paziente e gentile. Beh, non ce l'ho fatta e la parte la interpretò Lucia Bosé.
Visconti si era intestardito su di me, per un ruolo in "senso". Io stavo in tournée con Dario a Trieste.
Telefonate sopra telefonate. E mi spiaceva lasciare la compagnia, Dario e mi sentivo come sempre
insicura. "Sì, scendo, faccio il provino poi magari mi dicono di no..." - "No, ti prende a scatola chiusa
gli abbiamo portato tutte le bionde d'Italia, non gliene va bene nessuna. Se vuoi ti mandiamo il
contratto." Niente non me la sono sentita, qualcosa mi ha bloccato.
Il ruolo è andato a Marcella Mariani bruna, fragile, ex miss Italia, completamente diversa da me.
Visconti aveva cambiato tipo.
Il giorno della prima del film a Bruxelles, Marcella Mariani è partita in aereo per quella città. Se io
avessi interpretato quel personaggio quasi sicuramente sarei stata al suo posto. L'aereo è precipitato.
Tutti morti. Ecco cosa mi aveva bloccato. Il mio sesto senso mi aveva salvato la vita, come è capitato
altre volte.Da quel giorno, se qualcosa mi salta nel lavoro od altro, penso che così doveva essere, il
negativo diventa positivo "doveva andare così".
Nel '57 mi sembra vengo scritturata dal Teatro Arlecchino a Roma, per interpretare un testo di Feydeau
che sembrava scritto per me: "Non andartene in giro tutta nuda". Dario scrive per i fratelli Bonos, che
poi non ne hanno fatto nulla, un atto unico "Gli imbianchini non hanno ricordi" Ci prende gusto e ne
scrive altri. A quel punto gli propongo di ritornare a Milano e farci una compagnia nostra.
Interpelliamo Paolo Grassi allora direttore del Piccolo
Dopo la clamorosa rottura per Canzonissima, la TV ci era proibita, ma c'era sempre il teatro. Nel '63 ci
fu il nostro spettacolo su Colombo "Isabella, tre caravelle e un cacciaballe", che quest'anno verrà
presentato per le Colombiadi, in spagnolo a Valencia, con la regia di Arturo Corso e anche trasmesso
dalla II rete in ottobre. L'anno dopo "Settimo ruba un po' meno" e via via, ogni anno uno spettacolo
nuovo, di successo, fino al '68, alla decisione, presa con Dario di lasciare il teatro tradizionale e di
mettere a disposizione il nostro lavoro per sollecitare una presa di coscienza.
La simpatia per la classe operaia non bastava più. La lezione ci veniva direttamente dalle straordinarie
lotte operaie, dal nuovo impulso che tutti i giovani stavano dando nelle scuole alla lotta contro
l'autoritarismo, l'ingiustizia sociale, le spinte per un nuovo rapporto con le classi sfruttate, per creare
una nuova cultura. Dovevamo smettere di fare gli intellettuali che, comodamente sistemati dentro e
sopra i propri privilegi di casta, si degnano, bontà loro, di trattare anche i problemi degli sfruttati.
Dovevamo deciderci a metterci interamente al loro servizio: diventare i giullari degli sfruttati? Questo
voleva dire andare a recitare in strutture che fossero gestite da loro, dalla classe operaia. Ecco perché
subito pensammo alle case del popolo.
Facemmo teatro nelle case del popolo, nelle piazze, nei bocciodromi, poi in una capanna di via
Colletta a Milano, alla famosa palazzina Liberty, sempre a Milano, che ristrutturammo completamente
e che poi ci fu tolta.Nel '73 ci fu anche un episodio terribile nella sua vita. Vuole parlarne?
872
Non ne parlo volentieri. Sono passati quasi 20 anni, ma mi basta un niente per ritrovarmici dentro di
colpo. Nessuna donna che abbia subito violenza sessuale, potrà mai staccarsi completamente da quel
momento orribile.
Sono stata caricata su di un furgoncino da tre individui e poi scaricata stravolta e sanguinante vicino
alla metropolitana di via Dante. Non ho detto a nessuno quello che mi era realmente accaduto.
Nemmeno a mio marito. L'umiliazione della violenza sessuale, lo sfregio, era sopratutto per lui e per
mio figlio. No, me ne sono stata zitta: più dignitose "le botte". Mi sono tenuta tutto dentro, ma ho
sbagliato. Il non averne parlato con nessuno , l'essermi tenuta tutto dentro (anche se tutti avevano
intuito quello che realmente mi era successo) mi teneva in una continua tensione. Un caro amico, il
professor MACACCARO, che mi era stato molto vicino con gli avvocati in quei giorni così pesanti,
mi ha consigliato un' analista donna, ma io non me la sono senita. Dopo tre anni ho deciso di scrivere
quanto mi era successo... Senza una parola ho passato i fogli a Dario. Li ha letti. Senza una parola mi ha
abbracciato. Finalmente ce l'avevo fatta! Un nodo, il primo, si era sciolto. Poi, in appoggio alla
campagna che si stava facendo in quegli anni per l'approvazione di una legge contro la violenza
sessuale, ho deciso di portare quanto avevo scritto in teatro. Andai di colpo in scena, senza provarlo
(non riuscivo) e senza che nessuno della compagnia lo sapesse. Solo Dario ed io ne eravamo al corrente.
All'ultimo momento, invece di recitare "il risveglio" annunciai un brano nuovo." Ho trovato questa
testimonianza su di un giornale e ve la recito" Da quella sera ho replicato "lo stupro" (questo è il titolo
del brano) almeno duemila volte. E via, anche il secondo nodo si stava sciogliendo. Mio figlio dice: "sei
andata in analisi davanti a migliaia di persone." Poi l'ho recitato anche in Fantastico, quello di
Celentano. E' andata così. Gli atti di violenza sessuale contro ragazze erano all'ordine del giorno.
Processi, stupri, violenze fisiche e morali contro le donne. Sono sempre più impegnata in questo
campo. Propongo il brano a Celentano. Accetta. Ci sono resistenze da parte della prima rete, ma lui ha
un contratto di ferro. e alle 20, 30 finalmente mi comunicano che prenderò parte alla trasmissione.. La
voce è circolata in sala stampa. Due giornaliste vengono in delegazione e mi chiedono una conferenza
stampa dopo la trasmissione. Va bene. Eseguo il brano, precisando come sempre che è una
testimonianza di una donna che ho trovato su di un giornale. Sono molto tesa. I fotografi non stanno
fermi un attimo. Per riuscire ad arrivare alla fine mi devo concentrare completamente. Ci sono dentro in
pieno. Soffro come allora. Rabbia, umiliazione, terrore. Un brutto momento. Alla conferenza stampa
qualcuno accenna al fatto che quella storia era la mia.( a suo tempo ci fu gran chiasso e solidarietà sui
giornali) Ho negato molto decisa ma egualmente qualcuno privo di sentimenti e di rispetto me l'ha
attribuita sui giornali del giorno dopo. Per me è stato duro. Fin che la gente non sapeva, diciamo,
magari qualcuno lo intuiva ma con me non ne parlavano, io potevo portare quell'esperienza in teatro,
ma da quando si è saputo ho deciso di non farlo più. Non avrei potuto, a parte che sarebbe stato anche
di cattivo gusto.
in fondo a questo testo c'è un pezzetto l'inizio che ho estrapolato a DONNE
873
NOTE PER BIOGRAFIA -1Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente lungo la mia vita: rabbia, paura
angoscia, commozione meraviviglia, furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi, inaspetate,
inaudite, cosiì i dolori, ma in questa gamma di sentimenti, sensazione, quello che sto provando ora, non
c'e. Rossella (tra le moltissime donne incontrate ' e un'amica che non ho perso per strada) m'ha regalato
un libro"Le lettere del mio nome"di Grazia LIVI, "é imporTANTE , leggilo".Il titolo cosi ermetico non
mi sollecita. Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore:Il tema appasionato di questo
romanzo-saggio é il divenire della donna. Mi blocco. Oddio, ci risiamo.La solita "menata" femminista
socialsocoplogopolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre intellettuali, quasi tutte saccenti,
asibento con sfoogio"cultura", usanti un linguaggio da casta per "quella" casta , senza la minima
preoccupazione di 2 2 essere capite da chi aveva (sto parlandodegli anni 70 in cui la donna cercava di
crescere e di "liberArsi")la necessità urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì,
pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po' arroganti o troppo accondiscendenti,
che gridavano "siamo sorelle" e in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero? Sì.
Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uono nel loro modo di essere, insomma, tutto
quello che ho sempre rifiutato.Parto a leggere indifferente e diffidente.Qualche pagina e poi smetto, mi
dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco
tanta gente, ma i nomi non me li ricordo, di molti non li nemmeno saputi.M'ha tirato dentro la
chiarezza ne facile ne semplecistica concui ti racconta la vita, le scelte, le fatiche la crescita di un
personaggio donna, come te lo ripropone tutto, secca e piena, leggera, meticolosa delicata, mai
invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una magnifica scrittura, priva di elucubrazioni
intellettualistiche, priva di fronzoli, con una gran sintesi.Di ogni donna di cui parla, ti presenta le piu
remote sensaziuioni, ogni personaggio é da lei scandagfliato nel profondo, c'e tutto quello che hanno
detto gli altri e quello che no hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certesze e molto altro
che ora non mi riesce di esprilere. Poche pagine te ne dà l'essenza.Ecco Simone De Beauvoir.NON Mì é
mai stata completamente simpatica.A volte m'é capitato di giudicare qualche sua scelta egoista.Il suo
evidente essere una intellettuale aristocrarica m'e l'ha sempre allontanata.In casa di Sartre a Parigi, dopo
un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa della spesa in mano, fazzolette in testa
.Ha lanciato un"pas fumée" a Sartre e si é ritirata in cucina.Dario ed io ci siamo guardati interdetti, "e
questa chi é?" Sartre, come un bambino scoperto a rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il
sigaro, non ricordo, "Simon..", ha mormorato.Ah, era lei! Dario meno, ma io ci sono rimasta un po'
male.forse credevo che il fatto di essere una donna mi desse il diritto ad un saluto.Ma ora, la Simon, del
ragionato-Livi é una donna che capisco e ammiro di più.Altre biografie di donne. Leggere, conoscere,
approfondire, passare il tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza, lucidita,
intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere dallo sterminato femminile sommerso, in un
modo al maschile, mi costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addoso.Il mio "dentro"s'é
messo in movimento e non riesco a bloccarlo.Mi sento come se queste signore abbiano espresso,
pensieri miei, situazioni mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e allo steso
tempo le sento discoste da me, lontano, in alto, irraggiungibili. Sono confusa.Confusa, a disagio,
turbata, sconbussolata. Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato.Non ho visto, non ho notato,
non ho desiderato.Mi sento addoso il peso di non essermi mai sentita in lizza con nessuno, non perché
mancasse la gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non avererne i numeri, le capacità per poter
participare. Mi sembra di essere passata tra le cose senza emozione.Sono certa di non aver mai voluto
con forza, qualcosa per me .Gia arresa, prima di essere vinta.Mi sento come se in questa mia frenetica
vita non avessi vissuto.Mi sento inutile, banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche
solo il numero in calce.I giorni della mia vita :22.630 , sessantadue anni. Quanti! Appresso, nessun
bagaglio. A 'sto punto mi hai scombussolata, cara Grazia Livi.Possibilie? E' così.Sento l'esigenza di
esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi.Oh mio dio, cos'è, sto cercando me stessa?..Il mio io?..Ci ho
tanto ironizzato sopra nei nostri spettacoli...Ma ora qualcosa di concreto mi urge.Devo fissare qualche
punto.
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Me ne sto a guardare fuori dalla finestra con il cervello completamente vuoto, come se per tutti questi
anni, e sono tanti, non avessi
vissuto, lavorato incontrato gente, parlato, riso, fatto all'amore,
pianto.Niente.Non mi viene niente.Ho la testa pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce,
e fra tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto che mi dia modo di iniziare
con un minimo di coerenza.Forse potrei partire dalla prima grande emozione che ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori".Li avevamo visti sui camions il
pomeriggio, intorno per la città.Erano arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e
sigarette.Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di raccogliere qualcosa.La
sera, nel cortile di casa mia, gran festa.Un giradischi, e ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra
buia del primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci sta guardando. Conosco i
suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello deportato in campo di concentramento in Germania, non dà
notizie da oltre due anni.In un attimo le sono vicina vergognandomi della mia allegria. Mi strigo forte a
lei. E due mesi dopo vedo lei che grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché
le gambe non la reggono.Si stringe addosso il figlio, pallido, magro, impolverato che si é fatto centinaia
di chilometri a piedi.Quel gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni
dopo(1973) in circostanza ben divera , per dolore e drammaticità.Ancora seduta, su di una ssedia ora,
con la testa buttata all' indietro, grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla mia
faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era morta.
Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non ho terminato) di Varese, con i fascisti che entrano
in classe, in silenzio ci guardano a una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi
portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia faccia, ma ma avevo paure che tutti
potessero sentire il battito del mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa triste.."Villa triste era una
villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola, dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano
interrogati e torturati i partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro, non avevo
fatto niente."Stai tranquilla, mi dicevo, stai tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito
tutto.E il cuore a battere più forte."Forse muoio"."Conosci Enrico Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo
so".Enrico, detto Bubi, era il mio amore dei quindici anni: il primo."non lo vedo da un po'", sapevo che
era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo visto, era venuto sotta casa mia a darmi dei
baci. Dio mio, che era successo?"Allora?"Erano minacciosi."Non lo vedo più, ci siamo lasciati da un
sacco di tempo."Lì, nello studio del preside mi hanno frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva
convinti.Poi mi hanno lasciata andare.Non ricordo altro.Mi sono ritrovata in classe con la testa staccata
dal corpo e le mani sudate."Sei una incosciente, sei una disgraziata.Se lo viene a sapere tuo padre ti
ammazza e fa bene.E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in quattro che avevo stracciato
prima di passare davanti a "villa triste", dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a
scuola.Incoscienza, più che coscienza politica.
I GIORNALI
Nei primi 18 anni della mia vita, non ho mai letto un giornale.E questo che c'entra?Nulla.Sto cercando di
tirar fuori fatti lontani, che disordinatamente affiorano al mio cervello vuoto
Non ho mai letto i giornali.Lo dico con meraviglia.Possibile?In casa mia c'erano, la mia era una famiglia
socialista quando esserlo costava qualche cosa.Si pagava, senza ricevere nulla in cambio:con quella
tessera in tasca allora carriera o posti di comando, non ne ricevevi.I giornali c'erano, li toccavo quando
li raccoglievo da terra dopo che mio padre li aveva letti.(incredibile quanto mio marito assomigli amio
padre:anche lui, li butta per terra!)per riporli o buttarli, ma io sono sicura di non averne mai aperto uno
fino ad un certo giorno.cioè quando sono andata a sbattere con la mia bicicletta addosso ad una Topolino
(in realtà gli ho sfiorato un parafango).La reazione del "guidante" è terribile e immediata e
assolutamente fuori posto/"Ecco chi rovina l'Italia!""No, guardi io..""Silenzio!Voi giovani che
delegate.Delegate e non leggete i giornali!".Allibita, senza parole.E' da qul giorno che dei giornali leggo
tutto..dalle inserzioni agli annunci mortuari.Grazie isterico signore della topolino.Grazie.
Forse ora posso correre all'inizio della mia vita.
1932_ "E' ora che Franca incominci a recitare."è mia madre che parla. La prima parte che ho imparato a
memoria, me l'ha insegnata lei, "bocca a bocca", così si diceva a casa mia, mot- a mot, parola per
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parola. Non sapevo leggere .Avevo tre anni.. Aveva deciso (era sempre lei che prendeva le decisioni
importanti in famiglia) che avrei fatto un angiolino di supporto all'angelo vero, che veniva recitato da
mia sorella Pia in "la passione del Signore"atto V, orto dei Gezzemani.."Pentiti Giuda traditore che per
trenta monete d'argento hai venduto il tuo Signore! Pentiti !pentiti! "dovevo gridare di quando in
quando. La parte non era lunga.. non ci devo aver messo molto ad impararla. "Ripeti!"e ancora e
ancora."ripeti" diceva la mia mamma paziente mentre pelava le patate per il minestrone."Ripeti!"Mia
madre per i suoi figli era ambiziosissima .Per l'occasione mi aveva cucito un bellissimo abito bianco da
angelo, con due grandi ali bianche e oro appoggiate sulle spalle. seppur credente non andava mai in
chiesa ma aveva uno zio prete.Lei, lo sapeva benissimo che gli angeli erano vestiti così! Mio padre,
ormai entrato nel gioco, mi mise in testa una coroncina di lampadine .E' ora d'andare in scena e
tutti:"ma che bell'angiolino!Ma che bel vestito!" La mia mamma faceva andare la coda.Non avevo fatto
nessuna prova.Sapevo solo che ad un certo punto avrei dovuto seguire mia sorella Pia nell'entrata in
scena ed ad un segnale della mia mamma sistemata in quinta avrei dovuto gridare "pentiti Giuda "e quel
che segue.Il guaio, l'imprevisto che più imprevisto di così non si poteva immaginare fu che il
personaggio di Giuda era interpretato da mio zio Tommaso, un uomo che avevo sempre visto calmo,
sorridente, che mi raccontava storie bellissime, mi regalava un sacco di divertimenti, al quale volevo
molto bene e vedermelo lì, proprio vicino vicino, con una parruccaccia nera in testa..gli occhi che
lanciavano saette tra un tuonar e lampeggiar minaccioso , che disperato gridava:"possano i corvi
divorarmi le budella , le aquile strapparmi gli occhi !" e altri animali che non ricordo "mi divorino un
pezzetto alla volta ad incominciare dalla lingua" , mi fece un terribile effetto.Mamma mia che spavento!
Cosa stava capitando?!Ero stravolta, me lo ricordo benissimo.Ma quello che mi buttò completamente
fuori, fu il vedere mia sorella , solitamente rispettosa ed educata, che per nulla intimorita gli e ne stava
dicendo di tutti i colori!Una sfuriata in piena regola e che trascinavano il nostro povero zio in una
disperazione sempre più nera."Ma cosa 13sta capitando?Perchè lo zio Tommaso fa così?" Il groppo che
mi sentivo in gola stava per scoppiare;Mia madre dalla quinta mi faceva gesti più che perentoi.Giuro che
avrei potuto parlare, ma non me la sentivo proprio di rincarare la dose.No, io no, allo zio Tommaso .non
dico proprio un bel niente.!Non so cosa gli sia capitato.Forse è impazzito." Anzi.A piccoli passi,
camminando come pensavo camminassero gli angeli, seppur spaventatina, gli sono andata vicino, lui era
in ginocchio e gridava più che mai.Dio che paura!Senza dire una parola mi sono arrampicata al suo collo
e l'ho abbracciato, tempestandogli la faccia di baci.Insomma cercavo con i mezzi che avevo a
disposizione, di calmarlo e piangevo nel silenzio che era calato in palcoscenico.Pia s'è
ammutolita. In quinta mia madre faceva segnali che non prespettavano niente di buono..Lo zio-Giuda si
blocca per non più di tre secondi, lo giuro.e poi con voce profonda (intanto con la mano mi solleticava la
mia e con gli occhi mi rideva per tranquillizzarmi) dice:"Dio, sei grande!A QUEST'ORRENDO 14
14PECCATORE MANDI IL CONFORTO..un piccolo angelo..mi tendi la mano..No, no, non me lo
merito!-e , dal momento che lo spettacolo doveva pur terminare, taglia corto-M'impicco!".Deve usare un
po' di forza per liberarsi da me che proprio non ne voglio sapere di lasciarlo andare.Grida:"L'albero
più alto..dov'è l'albero più alto..Lasciami andare angiolino..Lasciami.." e con un urlo agghiacciante esce
di scena.Mia sorella(l'unica volta nella sua vita , credo)non sapendo più che fare, camminando anche lei
sulle punte, immediatamente lo segue.Grande applauso.Tutti mi chiamano in quinta con grandi
cenni.Non so se la paura d'essere sgridata o il "senso del dovere" che maledizione da che sono nata è lì,
a spingermi( a pigiarmi ) la coscienza, fatto si è che dopo un attimo di silenzio con voce chiara e mesta
quel tanto che serve dico"S'impicca! Non s'è pentito..Giuda traditore che per trenta monete d'argento ha
venduto il suo Signore..Non s'è pentito!" e via che esco..Ce l'avevo fatta:l'avevo detta tutta! Da allora in
poi, "la passione del Signore" ha sempre avuto due
angiolini, con il più piccolo che abbraccia Giuda a mostrare la grandezza di Dio.E tutti giù a piangere.
A 5 anni:"gli spazzacamini della valle d'Aosta.Com'è che succedeva? Come arrivavo la prima volta in
scena con un personaggio che non avevo mai interpretato prima? Non me lo ricordo, ma so con
certezza di non aver mai provato prima di un nuovo spettacolo.La parte come sempre fino a che ho
4 imparato a leggere, me la insegnava la mia mamma, la imparavo velocissimamente , era come se la
sapessi già.Anzi, la sapevo già.Quante volte mi ero addormentata nella cassa dei costumi, o nella bara di
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Giulietta quella del Romeo, o in qualsiasi altro posto che mi permettesse di addormentarmi, mentre i
miei recitavano una sera dopo l'altra?"Gli spazzacamini" un drammone.Gino, (io, )il protagonista, figlio
di una povera ma bella incintata e poi abbandonata dal figlio del conte..vengo, a causa della miseria in
cui nascono quasi sempre quelle incintate dai "contini", NONOSTANTE LA TENERA ETà affidato ad
un "mercante di carne umana"!, un delinquente che specula sui bambini che gli vengono affidati,
mandandoli spesso a morire nel tentativo di pulire, in quanto smilzi e denutriti (quanto piangeva la
gente!) la cappa di un camino.E' quando, la mia mamma che per fortuna era venuta a trovarmi a Torino
col mio nonno sennò chissaà come avrebbe mai fatto a tornarsene a casa, crede che il suo Gino sia
morto nella cappa del camino "Oh che tremendo dolore!" e via che Impazzisce. La ragazza in questione
era proprio sfigata.Ma il suo GIno, che quel giorno lì in quanto ammalato, era stato sotituito nel lavoro
da un compagno, certo Carletto, che muore al suo posto. (Mai essere generosi!) Questa è per Gino una
giornata davvero fortunata.Il vecchio conte è schiattato nel frattempo, ed il contino, vale a dire il suo
papà, decide in quanto sempre innamorato della mia mamma, di riparare al malfatto e di sposarla.Ci
sono un po' di problemi per far rinsavire la povera ma onesta sfigata, ma alla fine tutto finisce in gloria
tra lacrime e singhiozzi e applausi.5 atti, con la comica finale per non mandare a casa la gente con il
magone.
Il nostro era un teatro realmente e totalmente "all'improvviso" che si basava su trame semplici e
stringate, TEATRO POPOLARE appunto, nella tradizione della COMMEDIA DELL'ARTE ,
completamente opposto al teatro letterario e naturalista messo in scena dalle grandi e illustri compagnie
che agivano nelle grandi città e imitato in tutto il suo negativo dalle piccole compagnie , come la nostra
, che agiva no in provincia.Il nostro successo stava tutto in questa differenzenza.Il nostro repertorio era
vastissimo: dalle più famose tragedie di Shakespeare ai drammmoni ottocenteschi, alle commedie di
autori moderni a quei tempi (Niccodemi, Giacos, Rosso di San Secondo, alle comiche finali. Il tutto
senza aver mai studiato una parte a memoria su di un copione. Non esistevano copioni di testi teatrali
veri e propri, ma una specie di cannovacci e per molti testi non esisteva nemmeno il cannovacccio. Ce li
avevamo nella testa da sempre. Eravamo bravi?Non lo so.So solo che i teatri eran( sempre pieni, che si
lavorava tutti i giorni, si riposava solo il venerdì santo, e il 2 dei morti, a novembre.O se c'era il funerale
di un defunto importante del paese:il prefetto, il sindaco, il dottore, il prete il farmacista.E quando in un
paese avevamo fatto tutto il nostro repertorio, (replicato 6 sere la Giulitta, 6 la passione, "il povero
fornaretto di venezia e non mi ricordo più quali altri drammoni avessere successo)mio padre o mio zio,
si leggevano un romanzo, ci riunivano e ce lo raccontavano."Tu fai questo, tu questo e tu questo., .e via
che il giorno dopo si andava in scena. Sulle quinte laterali, in bella calligrafia, la scaletta dei punti
chiave, il susseguirsi degli avvenimenti.
"L'assassino del corriere di Lione" .Scena PRIMA:
la ragazza s'incontra col padre, che non aveva mai conosciuto , partito povero , tanti anni addietro, torna
ricco, riempie la ragazza di doni, ma lei non riesce a sentire nulla per lui, anzi solo repulsione.
Manifestare freddezza e imbarazzo.Ricordarsi che la madre è morta.
Scena seconda:un uomo(lo stesso attore che interpreta il personaggio delpadre) languisce in una cella, è
un innocente caduto in un errore giudiziario terribile.Accenni all'assassinio di un corriere a Lione.Acceni
alla moglie morta e alla piccola bimba lasciate al paese.Saranno ancora vive?
Solo nel V atto tutto si risolverà:il buono premiato con la libertà e l'onore restituito mentre il cattivo
(fratello gemello del buono), smascherato da una collana rubata al corriere di Lione, sarà punito con la
forca.Gaudio e felicità. Ricordarsi della madre morta.
Comica finale.Non c'è pesonaggio nel repertorio della mia famiglia che a secondo dell'età non abbia
interpretato.Neonati(8 giorni in braccio alla mia mamma-in la Genoveffa di Brabante),
NOTE
PER BIOGRAFIA -1Turbata, con una gran voglia di piangere. Corro indietro velocemente
lungo la mia vita: rabbia, paura, angoscia, commozione, meraviglia,
furore, amore, solitudine, felicita piccole e grandi, inaspettate,
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inaudite, così i dolori, ma in questa gamma di sentimenti,
sensazione, quello che sto provando ora, non c'e. Rossella (tra le
moltissime donne incontrate ' e un'amica che non ho perso per strada)
m'ha regalato un libro"Le lettere del mio nome"di Grazia LIVI, "é
imporTANTE , leggilo". Il titolo cosi ermetico non mi sollecita.
Leggo in contro-copertina la presentazione dell'editore:Il tema
appasionato di questo romanzo-saggio é il divenire della donna. Mi
blocco.
Oddio, ci risiamo. La solita "menata" femminista
socialsocioplogopolitica, scritta dalla solita intellettuale per altre
intellettuali, quasi tutte saccenti, asibento con sfogio"cultura", usanti
un linguaggio da casta per "quella" casta , senza la minima
preoccupazione di essere capite da chi aveva (sto parlando degli anni
70 in cui la donna cercava di crescere e di "liberArsi")la necessità
urgente di capire, protese a correre una più dell'altra per essere lì,
pronte a brancarsi" il primo posto, dirigere, liderscippare un po'
arroganti o troppo accondiscendenti, che gridavano "siamo sorelle" e
in nome della sorellanza alla prima occasione ti fregavano. Esagero?
Sì. Ma ho visto e conosciuto molte donne troppo simili all'uomo nel
loro modo di essere, insomma, tutto quello che ho sempre rifiutato.
Parto a leggere indifferente e diffidente. Qualche pagina e poi
smetto, mi dico. E invece no, qualche pagina e ci sono dentro. Ma
questa chi é? La conosco? Non lo so. Conosco tanta gente, ma i
nomi non me li ricordo, di molti non li nemmeno saputi. M'ha tirato
dentro la chiarezza ne facile ne semplicistica con cui ti racconta la
vita, le scelte, le fatiche la crescita di un personaggio donna, come te
lo ripropone tutto, secca e piena, leggera, meticolosa delicata, mai
invadente, umile, poetica quel tanto che non disturba, è una
magnifica scrittura, priva di elucubrazioni intellettualistiche, priva di
fronzoli, con una gran sintesi. Di ogni donna di cui parla, ti presenta
le più remote sensazioni, ogni personaggio é da lei scandagliato nel
profondo, c'e tutto quello che hanno detto gli altri e quello che no
hanno scritto, i sentimenti, i dolori, le insicurezze, le certezze e
molto altro che ora non mi riesce di esprimere. Poche pagine te ne
dà l'essenza. Ecco Simone De Beauvoir. NON mi é mai stata
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completamente simpatica. A volte m'é capitato di giudicare qualche
sua scelta egoista.
Il suo evidente essere una intellettuale
aristocrarica m'e l'ha sempre allontanata. In casa di Sartre a Parigi,
dopo un girar di chiavi nella toppa ce la siamo trovata davanti:borsa
della spesa in mano, fazzoletto in testa . Ha lanciato un"pas fumée" a
Sartre e si é ritirata in cucina. Dario ed io ci siamo guardati
interdetti, "e questa chi é?" Sartre, come un bambino scoperto a
rubare la marmellata, ha spento la sigaretta o il sigaro, non ricordo,
"Simon. . ", ha mormorato. Ah, era lei! Dario meno, ma io ci 4 4
sono rimasta un po' male. forse credevo che il fatto di essere una
donna mi desse il diritto ad un saluto. Ma ora, la Simon, del
ragionato-Livi é una donna che capisco e ammiro di più. Altre
biografie di donne. Leggere, conoscere, approfondire, passare il
tempo con loro, con la loro forza, la loro caparbietà persistenza,
lucidità, intelligenza, sapere, donne che sono riuscite ad emergere
dallo sterminato femminile sommerso, in un modo al maschile, mi
costringe ad interrompere la lettura e a ragionarmi addosso. Il mio
"dentro"s'é messo in movimento e non riesco a bloccarlo. Mi sento
come se queste signore abbiano espresso, pensieri miei, situazioni
mie; insicurezze, certezze, domande, scelte mie. Mi sento "loro", e
allo steso tempo le sento discoste da me, lontano, in alto,
irraggiungibili. Sono confusa. Confusa, a disagio, sconbussolata.
Di colpo mi sento come se non avessi mai pensato. Non ho visto,
non ho notato, non ho desiderato. Mi sento addosso il peso di non
essermi mai sentita in 5 lizza con nessuno, non perché mancasse la
gara, figuriamoci!, ma perché ero certa di non averne i numeri, le
capacità per poter partecipare. Mi sembra di essere passata tra le
cose senza emozione. Sono certa di non aver mai voluto con forza,
qualcosa per me. Già arresa, prima di essere vinta. Mi sento come se
in questa mia frenetica vita non avessi vissuto. Mi sento inutile,
banale, vuota come un libro rilegato con nelle pagine bianche solo il
numero in calce. I giorni della mia vita: 22.630, sessantadue anni.
Quanti! Appresso,
nessun bagaglio. A 'sto punto mi hai
scombussolata, cara Grazia Livi. Possibilie? E' così. Sento l'esigenza
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di esprimermi, di puntualizzarmi, di cercarmi. Oh mio dio, cos'è,
'sto cercando me stessa? Il mio io? Ci ho tanto ironizzato sopra nei
nostri spettacoli...Ma ora qualcosa di concreto mi urge. Devo fissare
qualche punto.
Me ne sto
a guardare fuori dalla finestra con il cervello
completamente vuoto, come se per tutti questi anni, e sono davvero
tanti, non avessi vissuto, lavorato, incontrato gente, parlato, riso,
fatto all'amore, pianto. Niente. Non mi viene niente. Ho la testa
pressata da pensieri confusi, suoni, rumori, parole, facce, e fra
tanto disordine non riesco a trovare la parola giusta, il ricordo giusto
che mi dia modo di iniziare con un minimo di coerenza. Forse potrei
partire dalla prima grande emozione che ricordo.
25 settembre 1945. La guerra é finita; sono arrivati i "liberatori". Li
avevamo visti sui camions il pomeriggio, intorno per la città. Erano
arrivati anche nella mia strada. Ci buttavano cioccolato e sigarette.
Arrossisco al pensiero di essermi buttata con gli altri per tentare di
raccogliere qualcosa. La sera, nel cortile di casa mia, gran festa. Un
giradischi, e ballare e ridere. Poi guardo su, verso la finestra buia del
primo piano, casa mia. Più che vederla, l'intuisco: mia madre é lì, ci
sta guardando. Conosco i suoi pensieri, il suo tormento:mio fratello
deportato in campo di concentramento in Germania, non dà notizie
da oltre due anni. In un attimo le sono vicina vergognandomi della
mia allegria. Mi strigo forte a lei. E due mesi dopo vedo lei che
grida, grida seduta su di un gradino della scala di casa nostra , perché
le gambe non la reggono. Si stringe addosso il figlio, pallido, magro,
impolverato che si é fatto centinaia di chilometri a piedi. Quel
gridare intenso che esprimeva gioia, l'ho sentito identico molto anni
dopo(1973) in circostanza ben diversa , per dolore e drammaticità.
Ancora seduta, su di una sedia ora, con la testa buttata all' indietro,
grida senza controllo, come allora, dopo che ha indovinato più dalla
mia faccia che dalle mie reticenti parole che mia sorella Lina era
morta.
Mi vedo a 15 anni ad un banco del Liceo ( che non ho terminato) di
Varese, con i fascisti che entrano in classe, in silenzio ci guardano a
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una a una. Poi mi chiamano, dicono proprio il mio nome, e mi
portano nello studio del preside. Non so di che colore fosse la mia
faccia, ma ma avevo paure che tutti potessero sentire il battito del
mio cuore. Pensavo, ora mi portano a "Villa 8 triste. . "Villa triste
era una villetta all'inizio della strada che portava alla mia scuola,
dove, ( tutti in città lo sapevano , venivano interrogati e torturati i
partigiani. Ma io, non sapevo niente, non c'entravo niente con loro,
non avevo fatto niente.
"Stai tranquilla, mi dicevo,
stai
tranquilla"Poi di colpo, alla prima domanda ho capito tutto. E il
cuore a battere più forte. "Forse muoio". "Conosci Enrico
Mazzucchetti? "Si", "Dov'é?""Non lo so". Enrico, detto Bubi, era il
mio amore dei quindici anni: il primo. "non lo vedo da un po'",
sapevo che era andato nei partigiani, ma qualche giorno prima l'avevo
visto, era venuto sotto casa mia a darmi dei baci. Dio mio, che era
successo?"Allora?"Erano minacciosi. "Non lo vedo più, ci siamo
lasciati da un sacco di tempo. "Lì, nello studio del preside mi hanno
frugato in tasca . La mia aria innocente li aveva convinti. Poi mi
hanno lasciata andare. Non ricordo altro. Mi sono ritrovata in classe
con la testa staccata dal corpo e le mani sudate. "Sei una incosciente,
sei una disgraziata. Se lo viene a sapere tuo padre ti ammazza e fa
bene. E con il cuore mi accarezzavo il biglietto piegato in 9 9 9 9 9
quattro che avevo stracciato prima di passare davanti a "villa triste",
dopo essermelo imparato a memoria la mattina andando a scuola.
Incoscienza, più che coscienza politica.
Voglia di giustizia
di dario fo
Lattera al presidente della repubblica scalfaro
Proprio in questi giorni è uscita la storia di come si è organizzata la
violenza a Franca. Sapevamo che era una cosa che aveva dei precedenti
e delle progressioni orribili, ma il fatto di venire a sapere che i
carabinieri della Pastrengo avevano ordinato e organizzato questo atto
criminale, quelli che dovrebbero proteggerci, che sono pagati per
difenderci... che si scoprono criminali fino in fondo... e c’erano loro, i
DC al governo, e loro hanno coperto, loro sapevano e hanno taciuto.
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Questa è una cosa che mi indigna e chiederò al capo dello Stato in
persona di rispondere di questa situazione. Come può andare all’estero
con la bandiera di una nazione che si porta appresso la vergogna. Da
una parte ci sono carabinieri che si fanno ammazzare per difendere il
cittadino, che soffrono delle situazioni incredibili, che vengono
trucidati... e dall’altra parte questi gruppi speciali, finanziati, tenuti in
piedi addirittura dalla CIA... e uno va all’estero e dice: “Rappresento
l’Italia!”. Con tutte le stragi ancora da risolvere, con milioni di persone
che hanno sofferto direttamente o indirettamente, con centinaia, migliaia
di morti, fatti saltare per aria per poter gestire in un modo infame il
potere, per terrorizzare la gente. C’era una storia che io ho letto con
grande attenzione quando ero ragazzo. Era “La magnanimità di Tito” ed
è nelle “Decadi” di Livio raccontata.
Tito stava partendo per la guerra nell’oriente, dove adesso c’è la
Romania, per conquistarla. Sta per partire con tutto il suo esercito, ma
una donna riesce a varcare il confine di allontanamento, si aggrappa alle
briglie del cavallo dell’Imperatore e gli dice: “Tu non puoi andartene. Io
chiedo giustizia!” - “Perché?” - “Io ho subito violenza e non soddisfatti
mi hanno ucciso il marito!” - “Ma io sto partendo per la guerra... Ci
sono i giudici, ti sei rivolta a loro?” - “Sì, ma non possono intervenire,
sono anni ormai che aspetto, perché sono proprio quelli che ti stanno
vicino, le tue guardie migliori, che hanno fatto violenza a me e mio
marito! Tu non puoi partire così!”.
Tito scende da cavallo e dice: “Hai ragione come posso presentarmi io
ai popoli e dire: io porto la cività, io porto la giustizia, un nuovo
mondo... se nella mia casa rimangono impuniti dei crimini così
spaventosi. Io devo andare con la pulizia negli occhi; quando porto la
bandiera della mia terra se ci sono morti impuniti, i cadaveri di costoro
girano intorno alle mia bandiera. E girano anche nel nostro cervello,
nelle nostre coscienze. Non posso parlare con orgoglio della mia terra,
ma solo con vergogna!”
Scende, inquisisce, trova i colpevoli, li punisce e poi sale a cavallo.
Questa è la magnificenza di Tito, e io chiederò al nostro presidente:
“Scendi da cavallo prima di andare intorno e cerca davvero se ti riesce
di fare la giustizia che da anni si sta aspettando e non soltanto per
quanto riguarda Franca ma per centinaia, migliaia di città che sono state
colpite, treni saltati per aria, massacri che determinano la paura della
gente e soprattutto il distacco totale che i giovani hanno per la propria
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storia, perché i giovani cosa possono leggere e studiare della propria
storia quando si trovano soltanto ingiustizie, coperture, vergogne e
capiscono che c’è l’infamità del vendere la giustizia in ogni momento?!
Non era uno sfogo, volevo soltanto evitare di mettere una pietra come se
non sapessi e comunicarvi questo risentimento che è un risentimento da
italiano non da persona che privatamente ha avuto un torto violento che
mi ha ferito e continua a essere una ferita sanguinante per me e per
Franca.