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La disciplina giuridica
del personale delle
aziende speciali e delle
società controllate dagli
enti locali
Primo rapporto sul quadro normativo, gli
obiettivi, i limiti e le difficoltà della
progressiva “assimilazione” al regime del
personale dipendente dalle amministrazioni
pubbliche
Il Rapporto è stato elaborato da docenti e ricercatori dell’Università
Link Campus di Roma: Romano Benini, Mauro Boati, Emilio Rocchini,
Giuseppe Sigillò Massara, Maurizio Sorcioni.
INDICE
PREMESSA
5
RASSEGNA
8
I. L’OBBLIGO DI PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA PER IL
RECLUTAMENTO DI PERSONALE
Riferimenti normativi:
Riferimenti giurisprudenziali:
Riferimenti bibliografici:
II. I LIMITI ASSUNZIONALI
10
13
14
14
16
Riferimenti normativi:
Riferimenti giurisprudenziali:
Riferimenti bibliografici:
19
20
20
III. I TETTI RETRIBUTIVI
22
Riferimenti normativi:
Riferimenti giurisprudenziali:
Riferimenti bibliografici:
33
34
35
IV. GLI OBBLIGHI DI TRASPARENZA E PUBBLICITÀ
Riferimenti normativi:
APPROFONDIMENTI
36
43
44
AGENZIE PUBBLICHE TERRITORIALI E SOCIETÀ PARTECIPATE PER IL
LAVORO: UNA QUESTIONE APERTA
45
Premessa
di Giuseppe Sigillò Massara
A seguito delle le privatizzazioni degli enti pubblici economici e
delle aziende speciali, a partire dalla metà degli anni ’90, si è
assistito ad una incrementale diffusione di società commerciali
per lo svolgimento di funzioni amministrative e per la erogazione
di servizi pubblici controllate o partecipate dagli enti locali.
Il fenomeno, che in larga parte nasce dall’esigenza di
perseguire una maggiore efficienza nello svolgimento di funzioni e
servizi pubblici nella convinzione che essa possa essere garantita
per mezzo dell’utilizzo di strumenti di diritto privato, ha finito con
il rappresentare una delle modalità attraverso le quali i predetti
Enti hanno “reagito” alle strette economiche e finanziarie imposte
dall’amministrazione centrale. Alle predette società, infatti, sono
stati esternalizzati, oltreché servizi ed attività, i relativi oneri e il
personale addetto.
Sennonché, più di recente, da una parte, è emersa la necessità,
sempre più pressante anche di fronte all’opinione pubblica, di
reagire a fenomeni di “utilizzo disinvolto” di questi strumenti, che
hanno favorito fenomeni di clientelismo nelle assunzioni del
personale, generando sovraccosti non più governabili nelle società
controllate o partecipate. Dall’altra, poi, esigenze di contenimento
della spesa pubblica e di recupero della trasparenza della
medesima, hanno spinto il legislatore statale e, successivamente,
anche quello regionale ad intervenire, in particolare sulla
disciplina giuridica del personale dei predetti enti di diritto
privato.
Detta reazione ha investito, almeno inizialmente, il regime
giuridico delle attività delle partecipate, per mezzo
dell’imposizione di specifici obblighi pubblicistici in relazione alle
funzioni amministrative svolte (in via esemplificativa, in tema di
accesso agli atti e ai documenti amministrativi), sempre più
pregnanti sino a richiamare il rispetto dell’integrale disciplina
sull’attività amministrativa di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.
6
La disciplina giuridica del personale delle aziende speciali e delle società
controllate dagli enti locali
In un secondo momento, il percorso di “ri-pubblicizzazione” in
parola è stato esteso oltre ai profili inerenti l’attività svolta,
andando ad interessare anche i profili organizzativi società
partecipate e controllate e, precipuamente, quelli relativi alla
disciplina del personale dipendete e degli incarichi esterni.
Sebbene gli interventi del legislatore siano accumunati
dall’obiettivo di contenimento dei costi ed incremento della
trasparenza, ne è derivata una disciplina dei rapporti giuridici del
personale stratificata e frammentaria, spesso contraddittoria che
necessità di un arduo lavoro di esegesi e sistematizzazione anche
in riferimento al suo carattere “meticcio”, dove, da una parte,
l’assunzione e la gestione del rapporto di lavoro avviene
formalmente secondo le regole di diritto privato; mentre,
dall’altra parte, si assiste all’imposizione di vincoli e regole (in
tema regole di assunzione, compensi, risoluzione del rapporto per
limiti di età ecc.) proprie dell’impiego pubblico.
Di qui l’esigenza di un Osservatorio tendenzialmente
permanente, la cui finalità è quella di focalizzare innanzitutto
l’innovazione normativa, cercando di dare particolare attenzione,
oltreché alla disciplina nazionale, alle fonti regionali e locali,
nonché a quelle derivanti dall’autonomia privata collettiva, che
necessiterebbero di un controllo più capillare e tempestivo per non
fare gravare sulle autonomie ignoranze ed incertezze
paralizzanti.
Di qui, ancora, la volontà di produrre questo primo Rapporto
sintetico sul quadro normativo, gli obiettivi, i limiti e le difficoltà
della progressiva “assimilazione” al regime del personale
dipendente dalle amministrazioni pubbliche, che possa
rappresentare uno strumento qualificato di monitoraggio,
informazione e valutazione della legislazione, come detto, spesso
torrentizia, che riguarda il personale nelle società controllate e
partecipate degli enti locali, inizialmente, incentrato sull’esame3
della normativa nazionale e, successivamente, da estendere anche
alla legislazione regionale ed alle fonti locali e contrattual
collettive.
Il lavoro, concentrato sui principali aspetti della disciplina
giuridica del personale delle società anzidette, è articolato in due
sezioni: una prima – denominata Rassegna – che propone Schede
7
Premessa
sintetiche che affrontato i principali temi di specialità della
disciplina giuridica del rapporto di lavoro alle dipendenze delle
partecipate, corredando l’analisi per mezzo dell’indicazione delle
norme che incidono sulle tematiche affrontate, i richiami alle
principali pronunce giurisprudenziali in tema, e i riferimenti
bibliografici per futuri approfondimenti sulla materia.
La seconda sezione propone invece degli Approfondimenti,
ossia dei saggi di analisi e di sintesi degli interventi del legislatore,
sia in una prospettiva de jure condito che de jure condendo: si
tratta, dunque, di alcune considerazioni di sintesi che intendono
offrire un giudizio d’insieme sullo stato dell’arte della produzione
normativa in argomento in termini di coerenza rispetto al
sistema, nonché offrire possibili prospettive di sviluppo, anche
avuto riguardo al programma di Governo e alle sue specifiche
espressioni.
Rassegna
9
Premessa
I. L’obbligo di procedure ad evidenza pubblica
per il reclutamento di personale
La gestione delle risorse umane nelle società partecipate dagli
enti locali, sin dalle previsioni di cu all’art. 18, d.l. n. 112/2008, ha
subito una sorta di “complicazione” in relazione all’esigenza di
garanzia, da una parte, del contenimento dei costi di gestione; e,
dall’altra, di esigenze di trasparenza nelle procedure di selezione ed
assunzione del personale.
In passato, infatti, si riteneva pacificamente che i processi di
acquisizione delle risorse umane da parte delle società a
partecipazione pubblica fosse attività di organizzazione di stampo
privatistico e, dunque, rimessa alle “normali” regole del
collocamento privato1. Peraltro, già allora, la Corte costituzionale
affermava la compatibilità con la libertà di concorrenza di quelle
norme regionali che, in applicazione dell’art. 97 della Costituzione,
avevano imposto l’adozione di procedure ad evidenza pubblica per
il reclutamento del personale nelle società a capitale interamente
pubblico2.
Proprio l’esigenza di assicurare selezioni imparziali, trasparenti,
pubbliche ed ancorate a sistemi oggettivi e predeterminati, a
garanzia tanto dei soggetti partecipanti, quanto dell’utenza
destinataria dell’attività svolta dalla società3, l’art. 18, comma 1, d.l.
n. 112/2008 (successivamente integrato dall’art. 19, comma 1, d.l.
78/2009) ha imposto alle società a totale partecipazione pubblica
che gestiscono servizi pubblici locali (a rilevanza economica e non)
__________________
Consiglio di Stato, sez. VI, 20 gennaio 2009, n. 269.
Corte costituzionale 1 febbraio 2006, n. 29.
3 Consiglio di Stato, Sez. consultiva, parere 24 maggio 2010, n. 2415,
secondo cui per l’assunzione del personale rivestono una pregnante
valenza anche i principi costituzionali, fissati dagli artt. 97 e 98 della
Costituzione; con la conseguenza che per anche per le società a
partecipazione pubblica che erogano servizi di interesse generale si pone
l’esigenza di adottare procedure di assunzione idonee a selezionare,
secondo criteri di merito e di trasparenza, i soggetti chiamati allo
svolgimento dei compiti loro affidati.
1
2
11
Rassegna
l’adozione, per mezzo di propri provvedimenti, di criteri e modalità
per il reclutamento e per il conferimento di incarichi in linea con i
principi di cui all’art. 35, comma 3, d.lgs. n. 165/20014.
Per le altre società a partecipazione pubblica totale o di
controllo (es. società strumentali ex art. 13, d.l. n. 223/2006; società
miste che gestiscono servizi pubblici locali), il comma 2 dell’art. 18
in commento, invece, prevede l’obbligo di determinare criteri e
modalità di assunzione del personale che siano rispettosi dei
principi di trasparenza, imparzialità e pubblicità, seppur non
declinati nelle modalità previste per le pubbliche amministrazioni.
A ben vedere, dunque, la differenza tra gli enti di cui al primo e
al secondo comma dell’articolo 18 risiede nel fatto che mentre le
società interamente pubbliche di gestione dei servizi locali sono del
tutto assimilate alle pubbliche amministrazioni quanto all’obbligo
di rispettare la normativa in tema di reclutamento, tutti gli altri
organismi costituiti in forma privata e a partecipazione pubblica
(anche non totale, purché di controllo), individuati in via residuale,
sono assoggettati ai principi generali di trasparenza, pubblicità e
imparzialità, ma non alla specifica legislazione sul personale.
Le previsioni dettate dal legislatore nazionale fungono da criteri
direttivi anche per eventuali norme regionali sul tema5 e non
determinano una modifica della giurisdizione che spetta al giudice
ordinario anche per quanto riguarda l’espletamento delle
procedure concorsuali6.
Una analoga previsione era contenuta anche al successivo art. 23
bis, d.l. n. 112/2008, peraltro, creando una non irrilevante difficoltà
__________________
4 La norma è relativa alle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni e
stabilisce che tali procedure siano ispirate al principio della pubblicità
della selezione e delle modalità di svolgimento, in modo tale che sia
garantita, in particolare, l'imparzialità, l’economicità e la celerità della
selezione; l’adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a
verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in
relazione alla posizione da ricoprire; il rispetto delle pari opportunità tra
lavoratrici e lavoratori.
5 Corte costituzionale 3 marzo 2011, n. 68.
6 Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 17 aprile 2012, n. 282; Cass., sez.
un., 22 dicembre 2011, n. 28330.
12
L’obbligo di procedure ad evidenza pubblica per il reclutamento di
personale
di coordinamento con il precetto di cui al precedente art. 18; in
particolare si imponeva alle società in house e a quelle a
partecipazione mista che gestiscono servizi pubblici locali a
rilevanza economica, tra l’altro, l’obbligo di esperire procedure a
evidenza pubblica per l’assunzione di personale. L’operatività di
tale previsione, tuttavia, era stata posticipata ad uno specifico
regolamento di attuazione (d.P.R. n. 168/2010) che si era
preoccupato di risolvere l’apparente contrasto tra le due norme
imponendo anche alle società da ultimo evocate l’adozione di
criteri e modalità per il reclutamento del personale in linea con i
princìpi di cui all’art. 35, comma 3, d.lgs. 165/2001.
Il regolamento anzidetto, rectius le regole ivi previste erano
destinate a sopravvivere alla abrogazione dell’art. 23 bis, d.l. n.
112/2008, avvenuta in esito alla consultazione referendaria del 12
e 13 giugno 2011. Ed infatti, regolando nuovamente la materia (art
4, comma 17, d.l. n. 138/2011), il legislatore ha ribadito che le
società in house ed a partecipazione pubblica che gestiscono servizi
pubblici locali a rilevanza economica individuino con i propri
regolamenti, criteri e modalità di selezione ed assunzione del
personale rispettosi delle regole di pubblicità, imparzialità,
economicità e celerità delle procedure, secondo quanto stabilito
dall’art. 35, comma 3, d.lgs. n. 165/2001. Nelle more dell’adozione
dei predetti regolamenti, agli enti in parola è stata inibita
l’assunzione di personale e/o il conferimento di incarichi.
Neppure la più recente dichiarazione di incostituzionalità
dell’art. 4, d.l. 138/2011 operata dalla Corte costituzionale7 nel
presupposto che tale norma fosse largamente riproduttiva della
disciplina abrogata con il referendum del giugno 2011, pare aver
mutato la situazione.
Alle società affidatarie in house, infatti, si applica ora l’art. 3 bis,
inserito nel medesimo d.l. n. 138/2011 dalla legge di stabilità per il
2014. Tale norma, al comma 6, prescrive l’adozionedi criteri e
modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento
degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3
dell’articolo 35, d.lgs. 165/2001 (nonché dei vincoli assunzionali e
__________________
7
Corte costituzionale, 20 luglio 2012, n. 199.
13
Rassegna
di contenimento delle politiche retributive stabiliti dall’ente locale
controllante ai sensi dell’articolo 18, comma 2 bis, d.l. n. 118/2012,
su cui infra).
Tutte le norme di cui si è dato conto non trovano applicazione
alle società quotate in mercati regolamentati, nonché
indirettamente alle loro controllate; alle società controllate dalle
pubbliche amministrazioni che hanno effettuato la gara a doppio
oggetto per la scelta del socio operativo privato; a quelle che
gestiscono servizi liberalizzati della vendita del gas e della
produzione e vendita di energia elettrica.
Riferimenti normativi:

decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 - Disposizioni urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria
(GU n.147 del 25-6-2008 - Suppl. Ordinario n. 152); convertito con
modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (in SO n.196,
relativo alla G.U. 21/08/2008, n.195)
 decreto legge 1 luglio 2009, n. 78 - Provvedimenti anticrisi,
nonché proroga di termini (GU n.150 del 1-7-2009); convertito con
modificazioni dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (in SO n. 140,
relativo alla G.U. 04/08/2009, n. 179)
 decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010,
n. 168 - Regolamento in materia di servizi pubblici locali di
rilevanza economica, a norma dell'articolo 23-bis, comma 10, del
decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n.133 (GU n.239 del 12-10-2010)
 decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 - Ulteriori misure
urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo (GU
n.188 del 13-8-2011); convertito con modificazioni dalla legge 14
settembre 2011, n. 148 (in G.U. 16/09/2011, n. 216).
 decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 - Disposizioni urgenti
per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la
competitività (GU n.19 del 24-1-2012 - Suppl. Ordinario n. 18 );
convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27
 legge 27 dicembre 2013, n. 147 - Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di
stabilità 2014) (GU n.302 del 27-12-2013 - Suppl. Ordinario n. 87)
14
L’obbligo di procedure ad evidenza pubblica per il reclutamento di
personale
Riferimenti giurisprudenziali:









Corte costituzionale 1 febbraio 2006, n. 29
Corte costituzionale 3 marzo 2011, n. 68
Corte costituzionale 20 luglio 2012, n. 199
Corte costituzionale 23 luglio 2013, n. 227
Corte costituzionale 1 luglio 2013, n. 167
Consiglio di Stato, sez. VI, 20 gennaio 2009, n. 269
Cass., sez. un., 22 dicembre 2011, n. 28330
Tar Lazio, Roma, sez. III, 30 giugno 2008, n. 6333
Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 17 aprile 2012, n. 282
Riferimenti bibliografici:
BONURA H. (a cura di), Le partecipazioni locali. Limiti alle
assunzioni/detenzioni ed effetti su bilancio e personale, IFEL,
Roma, 2013
DE MICHELE A., I processi di pubblicizzazione delle società
partecipate dalle Regioni e dagli enti locali, in Istituzioni del
Federalismo. Quaderni, 2011, 69
LEPORE V., La normativa sui servizi pubblici locali dopo la sentenza
della
Corte
costituzionale
n.
199
del
2012,
in
http://www.amministrazioneincammino.luiss.it/, 2012
MORETTI F., Reclutamento di personale nelle società in house e
rispetto del patto di stabilità. annotazioni a margine della
sentenza della Corte costituzionale, 3 novembre 2010, n. 325, in
Appalti e Contratti, 2010, 12, 19
PIPERATA G., A proposito delle recenti disposizioni in materia di
personale delle società pubbliche: anatomia di una riforma e
patologia di un sistema, in Il Lavoro nelle pubbliche
amministrazioni, 2009, 629
RICCI G., In tema di reclutamento del personale delle società
partecipate, in Il Foro italiano, 2014, 1391
TESSAROLO C., Le assunzioni del personale da parte delle società a
partecipazione
pubblica,
in
http://www.dirittodeiservizipubblici.it/, 2008
15
Rassegna
VITALE C., Tipologie di società a partecipazione pubblica locale:
condizioni legislative legittimanti e pluralità di regimi giuridici, in
Istituzioni del Federalismo. Quaderni, 2011, 10
II. I limiti assunzionali
Anche le norme in materia di contenimento progressivo dei costi
del personale delle aziende pubbliche e partecipate hanno subito,
nel corso del tempo, un notevole rimaneggiamento, cui si sono
accompagnati interventi della magistratura contabile, dei Ministeri
competenti, nonché degli stessi enti locali controllanti.
I provvedimenti di cui si tratta originano dalla convinzione
secondo cui, specie attraverso l’utilizzo delle cd. società
strumentali, gli enti locali potessero eludere i vincoli in materia di
patto di stabilità interno, di assunzioni e di contrattualistica
pubblica, con evidenti effetti moltiplicatori della spesa pubblica1.
Sicché, a partire dal 2008, si era delineato un percorso (invero
piuttosto contorto), differenziato per le società strumentali e per
quelle erogatrici di servizi pubblici locali2, che avrebbe condotto, al
suo esito, per le prime, alla sottoposizione diretta (e delle aziende
speciali) alle regole di contenimento dei costi imposte agli enti
controllanti (art. 4, commi 9 e ss., d.l. n. 95/2012; art. 114, comma 5
bis, tuel); mentre, per le seconde, ad un contenimento dei costi
__________________
1 Delibera Corte dei conti 18 settembre 2008, n. 13; delibera Corte dei
conti 30 giugno 2010, n. 14; delibera Corte dei conti 6 giugno 2014 n. 15.
2 La differenza è bene evidenziata da Corte costituzionale 1° agosto
2008, n. 328, secondo cui alla distinzione tra attività amministrativa
(finale e strumentale) svolta in forma di impresa per conto di una pubblica
amministrazione e attività d’impresa rivolta al pubblico debba
corrispondere un diverso regime giuridico. Secondo la Corte, l’attività
svolta dalla pubblica amministrazione in forma di diritto privato, e più
precisamente con il modulo societario, va infatti distinta in due aree che
debbono restare ben separate: l’attività amministrativa di natura finale o
strumentale, che in quanto tale poggia o comunque può godere dei
privilegi della pubblica amministrazione; l’attività di impresa che, al di
fuori del caso della gestione di servizi pubblici, va svolta invece in regime
di concorrenza e di perfetta parità con le altre imprese, e senza alcuna
peculiarità che possa pregiudicare quest’ultima.
17
Rassegna
“mediato” da atti di indirizzo dell’ente controllante (artt. 18 e 23
bis3, d.l. n. 112/2008).
Sennonché, più di recente, si è assistito ad un processo di
deregulation della costruzione “barocca” di obblighi e divieti
imposti dal legislatore, ma che avevano condotto, invero, a risultati
scarsi e deludenti.
In particolare, relativamente alle disposizioni di contenimento
dei costi del personale, la legge di stabilità 2014 (art. 1, comma 559,
l. n. 147/2013), ha riscritto l’art. 18, comma 2 bis, d.l. n. 112/2008,
cancellando l'obbligo di assoggettare le società in house al patto di
stabilità interno, secondo modalità che avrebbero dovuto essere
definite con un apposito decreto ministeriale, che tuttavia non è
stato mai emanato.
In luogo di quei vincoli, invece, la legge di stabilità ha previsto,
da una parte, che «a decorrere dall'esercizio 2014 i soggetti di cui al
comma 550 [aziende speciali, istituzioni e società partecipate
dalle pubbliche amministrazioni locali, n.d.a.] a partecipazione
di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni
locali concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza
pubblica, perseguendo la sana gestione dei servizi secondo criteri
di economicità e di efficienza».
Dall’altra, poi, la medesima legge ha individuato differenti
modalità per far sì che gli organismi partecipati dagli enti locali
realizzino gli obiettivi di finanza pubblica (individuazione di
parametri standard di costi e rendimenti, misure di contrasto al
perpetrarsi di gestioni in perdita con l’obbligo per il soggetto
controllante di idonei accantonamenti e la predisposizione di piani
di risanamento o rientro dal debito, sanzioni a carico degli
amministratori).
Il nuovo indirizzo di incremento di discrezionalità – ma,
conseguentemente, anche di responsabilizzazione – degli enti locali
nella gestione dei propri organismi partecipati ha trovato, da
__________________
Quest’ultimo, peraltro, già oggetto di parziale dichiarazione di
incostituzionalità ad opera di Corte costituzionale 17 novembre 2010, n.
325, nella parte in cui prevedeva l'assoggettamento dei soggetti affidatari
diretti di servizi pubblici locali al patto di stabilità interno.
3
18
I limiti assunzionali
ultimo, una ulteriore conferma e sviluppo con l'art. 4, comma 12
bis, d.l. n. 66/2014, che ha provveduto ad una nuova riformulazione
del comma 2 bis dell’art. 18, d.l. n. 112/2008.
Tale disposizione, infatti, se da un lato conferma l’affermazione
di principio per cui «le aziende speciali, le istituzioni e le società a
partecipazione pubblica locale totale o di controllo si attengono al
principio di riduzione dei costi del personale, attraverso il
contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di
personale»; dall’altro lato espunge dalla norma l'assunto che
estendeva agli organismi partecipati l'applicazione delle norme che
contemplano divieti o limitazioni alle assunzioni di personale «in
relazione al regime previsto per l'amministrazione controllante».
Viene meno, pertanto, in primis la previsione contenuta all'art.
76, comma 7, dello stesso d.l. n. 112/2008, in base al quale è fatto
divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari
o superiore al 50% delle spese correnti di procedere ad assunzioni
di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia
contrattuale; mentre è consentito ai restanti enti di assumere
personale a tempo indeterminato nel limite del 40% della spesa
corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente.
Ne discende che le aziende speciali, le istituzioni e le società
partecipate sfuggono oggi al tetto di spesa del personale in
precedentemente imposto. In luogo dello stesso, tuttavia, il nuovo
testo del comma 2 bis dispone che il soggetto controllante definisca
per ciascun soggetto partecipato i criteri e le modalità di attuazione
del principio di contenimento dei costi del personale con propri
atto di indirizzo. In tale operazione, l’ente controllante dovrà
valutare anche le disposizioni che stabiliscono, a suo carico, divieti
o limitazioni alle assunzioni di personale4, nonché lo specifico
settore in cui opera l’organismo partecipato.
__________________
Si tratta, in particolare dei vincoli assunzionali imposti agli enti locali
dall’art. 3 comma 5 del D.L. 90/2014; in particolare: per il 2014 e 2015 le
Regioni e gli enti locali soggetti al Patto di stabilità potranno effettuare
assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite corrispondente
a una spesa pari a 60% di quella relativa al personale di ruolo cessato
nell’anno precedente; per gli anni 2016 e 2017 la suddetta percentuale è
4
19
Rassegna
A sua volta quest’ultimo sarà tenuto a conformarsi agli indirizzi
espressi dall’ente locale con proprio provvedimento che, nel caso
del contenimento degli oneri contrattuali, dovrà essere trasfuso e
recepito in sede di contrattazione di secondo livello.
I limiti di cui sopra non operano per le aziende speciali e le
istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi,
scolastici e per l'infanzia, culturali e alla persona (ex IPAB) e per le
farmacie. Tali organismi sono tenuti solo a mantenere un livello dei
costi del personale coerente rispetto alla quantità di servizi erogati.
Per le aziende speciali cosiddette “multiservizi”, l’esclusione si
applica solo qualora l’incidenza del fatturato dei servizi esclusi sia
superiore al 50% del totale del valore della produzione.
Restano poi ovviamente escluse le società quotate su mercati
regolamentati e le loro controllate.
Riferimenti normativi:
 decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 - Testo unico
delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (GU n.227 del 28-92000 - Suppl. Ordinario n. 162)
 decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 - Disposizioni urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria
(GU n.147 del 25-6-2008 - Suppl. Ordinario n. 152); convertito con
modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (in SO n.196,
relativo alla G.U. 21/08/2008, n.195)
 decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 - Ulteriori misure
urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo (GU
n.188 del 13-8-2011); convertito con modificazioni dalla legge 14
settembre 2011, n. 148 (in G.U. 16/09/2011, n. 216).
 decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 - Disposizioni urgenti
per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la
__________________
fissata all’80%; dal 2018 in poi è fissata al 100%. A decorrere dal 2014 è
inoltre consentito il cumulo delle risorse destinate alle assunzioni per un
arco temporale non superiore a tre anni, nel rispetto della
programmazione del fabbisogno e di quella finanziaria e contabile.
20
I limiti assunzionali
competitività (GU n.19 del 24-1-2012 - Suppl. Ordinario n. 18 );
convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27
 decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 - Disposizioni urgenti per
la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai
cittadini (nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle
imprese del settore bancario) (GU n.156 del 6-7-2012 - Suppl.
Ordinario n. 141 ); convertito con modificazioni dalla legg 7 agosto
2012, n. 135 (in SO n. 173, relativo alla G.U. 14/8/2012, n. 189)
 legge 27 dicembre 2013, n. 147 - Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di
stabilità 2014) (GU n.302 del 27-12-2013 - Suppl. Ordinario n. 87)
 decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 - Misure urgenti per la
competitività e la giustizia sociale (GU n.95 del 24-4-2014);
convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 (in
G.U. 23/06/2014, n. 143).
Riferimenti giurisprudenziali:





Corte costituzionale 1° agosto 2008, n. 328
Corte costituzionale 17 novembre 2010, n. 325
Consiglio di Stato, sez. V, 12 giugno 2009, n. 3766
Consiglio di Stato, sez. V, 7 luglio 2009, n. 4346
Consiglio di Stato, sez. V, 5 marzo 2010 n. 1282
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partecipate: limiti assunzionali e di costo del lavoro, in Il giurista
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assunzioni/detenzioni ed effetti su bilancio e personale, IFEL,
Roma, 2013
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21
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partecipate dalle Regioni e dagli enti locali, in Istituzioni del
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Federalismo. Quaderni, 2011, 69
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Istituzioni del Federalismo. Quaderni, 2011, 10
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Partecipate”, Torino, 26 novembre 2014
III. I tetti retributivi
I primi interventi normativi sul contenimento dei costi per
i compensi riconosciuti ad amministratori e dirigenti di
Società pubbliche e a partecipazione pubblica risale al 2006.
III.a. Le società cd. in house e miste delle Regioni e degli enti
locali
Più precisamente, constatata la proliferazione delle società
cd. in house e miste degli enti locali e delle Regioni, la legge
finanziaria per il 20071 ha individuato alcuni tetti ai compensi
dei componenti degli organi di amministrazione e dei
presidenti di quelle società2.
La legge opera una distinzione tra società a totale
partecipazione di Comuni o Province, società a totale
partecipazione pubblica di una pluralità di enti locali e
società a partecipazione mista di enti locali e altri soggetti
pubblici e privati3.
Invero, una analoga regolamentazione restrittiva nei
compensi era estesa anche alle società di Regioni e Provincie
autonome; sennonché, la Corte costituzionale ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale di quella norma nel presupposto
che la stessa comprimesse illegittimamente l'autonomia
__________________
Art. 1, commi 725-728, l. n. 296/2006.
Nell’ottica di moralizzazione del fenomeno, il legislatore aveva
previsto disposizioni sulla incompatibilità per gli amministratori che sono
stati responsabili di perdite nella gestione delle società pubbliche. Quella
disciplina, peraltro, deve oggi ritenersi superata e completata dal disposto
del d.lgs. n. 39/2013.
3 Rispettivamente commi 725, 726 e 728. A chiarimento della
disciplina e con effetti estensivi anche per le società a partecipazione
indiretta è intervenuta la circolare ministeriale del 13 luglio 2007.
1
2
23
Rassegna
finanziaria dei predetti enti, esorbitando dal compito di
formulare i soli princípi fondamentali della materia4.
In ogni caso, per le società a totale partecipazione pubblica
di Comuni o Province, si è stabilito che il compenso spettante
agli amministratori ed al presidente fosse calcolato in
percentuale della indennità riconosciuta al rappresentante
del socio pubblico con la maggior quota di partecipazione o,
in caso di parità di quote, a quello di maggior importo tra le
indennità spettanti ai rappresentanti dei soci pubblici.
I limiti percentuali originari, di seguito, sono stati
ulteriormente ridotti ai sensi dei commi 12 e 13, dell’art. 61,
d.l. n. 112/2008, convertito in l. n. 133/2008. Di talché, dal 1°
gennaio 2009, i compensi attribuibili ai sensi dell’art. 2359
c.c. ai componenti dell’organo di amministrazione delle
società partecipate da Comuni o da Province sono stabiliti nel
loro limite massimo, per il presidente, al 70 per cento, e per i
componenti del consiglio di amministrazione, al 60 per cento
delle indennità spettanti, rispettivamente, al Sindaco e al
Presidente della Provincia, ai sensi dell'articolo 82 del tuel
(d.lgs. n. 267/2000).
Quanto alle società a partecipazione mista di enti locali e
di altri soggetti pubblici o privati, il comma 728 del citato art.
1, consente di elevare i compensi anzidetti in proporzione alla
partecipazione di soggetti differenti dagli enti locali (di 1
punto percentuale ogni 5 punti percentuali di partecipazione
di soggetti diversi dagli enti locali, nelle società nelle quali la
partecipazione di questi ultimi è pari o superiore al 50 per
cento del capitale; 2 punti percentuali ogni 5 punti
percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti
__________________
Corte Costituzionale, 20 maggio 2008, n. 159, in Giur. costituzionale
2008, 3, 1903, che dichiara l’illegittimità costituzionale del comma 730
dell’art. 1 in commento.
4
24
I tetti retributivi
locali, nelle società nelle quali la partecipazione di questi
ultimi è inferiore al 50 per cento del capitale).
Da ultimo, la legge finanziaria, rectius di stabilità per il
2015 ha stabilito che, a decorrere dal 2015, le aziende
speciali, le istituzioni e le società a partecipazione di
maggioranza, diretta
e indiretta,
delle
pubbliche
amministrazioni locali titolari di affidamento diretto da
parte di soggetti pubblici per una quota superiore all'80
per cento del valore della produzione, che nei tre esercizi
precedenti abbiano conseguito un risultato economico
negativo, procedono alla riduzione del 30 per cento del
compenso dei componenti degli organi di amministrazione.
Non solo. Si prevede che il conseguimento di un risultato
economico negativo per due anni consecutivi configuri ex
lege una ipotesi di revoca degli amministratori per giusta
causa, salvo che il risultato, ancorché negativo, sia coerente
con un piano di risanamento approvato dall'ente controllante.
Inoltre – dal 2017 – nel caso si riscontri un risultato negativo
di gestione per almeno per quattro dei cinque esercizi
precedenti, le anzidette società sono poste in liquidazione
entro sei mesi dalla data di approvazione del bilancio o
rendiconto relativo all'ultimo esercizio; tale previsione,
tuttavia non si applica alle aziende che svolgono servizi
pubblici locali.
Le norme summenzionate, poi, chiariscono che la
possibilità di stabilire compensi ulteriori rispetto a quelli
suindicati, sussiste solo con riferimento ad indennità di
risultato, le quali, comunque, possono essere attribuite solo
nell’ipotersi di produzione di utili e in ogni caso in misura non
superiore al doppio delle somme onnicomprensive
suindicate; coerentemente, infatti, la disciplina di legge
stabilisce espressamente che i limiti si riferiscono ad un
compenso onnicomprensivo tale da ricomprendere sia le
indennità definite all’atto della nomina o attribuite
25
Rassegna
dall’assemblea, che quelle assegnate per incarichi particolari
dal consiglio di amministrazione sentito il collegio sindacale.
III.b. I limiti “generali” ai compensi degli amministratori di
società pubbliche non quotate
La summenzionata disciplina, tutt’oggi in vigore per gli
enti locali5, era quindi completata da alcune limitazioni ai
compensi degli amministratori investiti di particolari cariche
di società non quotate in borsa partecipate dallo Stato (quale
che fosse l'entità della partecipazione statale) e di società
collegate o controllate dalle stesse6.
__________________
La Corte dei Conti sezione regionale di controllo per il Lazio, nel
parere formulato al Comune di Roma Capitale con deliberazione n.
18/2011 sulla vigenza delle limitazioni contenute nella Finanziaria 2007 o
sua eventuale abrogazione per effetto della Finanziaria 2008, è, infatti,
pervenuta alla «conclusione che la natura speciale della pregressa
normativa contenuta nella Finanziaria del 2007, esaltata dal suo carattere
di completezza, riguardante una serie di aspetti gestionali e di governance
delle società partecipate dagli enti locali – tanto da farne un vero e
proprio corpus di norme finalizzate, da un lato, al contenimento dei costi
delle autonomie locali, dall’altro, a contrastare la diffusione e il proliferare
del fenomeno societario presso i suddetti enti, formalmente mirato ad un
miglioramento dell’efficienza dei servizi pubblici locali, ma di fatto
pesantemente e negativamente incidente sugli equilibri di bilancio degli
enti medesimi – costituisca un ostacolo insormontabile alla sua
abrogazione implicita o anche soltanto alla sua ritenuta incompatibilità,
perché con essa contrastante, con la sopravvenuta normativa di cui alla
Finanziaria 2008». La Corte dei Conti, conseguentemente, ha ritenuto che
agli enti locali non si applichino i limiti di cui al successivo d.P.R. n.
195/2010.
6 Art. 1, comma 466, legge n. 296/2006, che stabiliva un tetto massimo
di 500.000 euro annui, cui poteva essere aggiunta una quota variabile non
superiore al 50 per cento della retribuzione fissa connessa al
raggiungimento di obiettivi annuali, oggettivi e specifici; e comma 593,
che imponeva un tetto alle retribuzioni dei titolari di qualsivoglia incarico
5
26
I tetti retributivi
Di tali disposizioni, peraltro, è rimasta in vigore solo la
previsione relativa agli amministratori di società non quotate
(e delle loro controllate e collegate) partecipate dal Ministero
dell’economia e delle finanze, per i quali si fa divieto di
pattuire trattamenti di fine mandato superiori ad una
annualità; mentre le altre previsioni sono state oggetto di
ripensamento nell’ambito della finanziaria per il 2008 (l. n.
244/2007) che, da un lato, ha previsto un assoggettamento
generalizzato al tetto retributivo e, dall'altro, ha precisato più
concretamente le fattispecie escluse7.
Quanto al primo profilo, la legge ha fissato il principio
generale in base al quale «il trattamento economico di
chiunque riceva a carico delle pubbliche finanze emolumenti
o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o
autonomo con pubbliche amministrazioni statali, agenzie, enti
pubblici anche economici, enti di ricerca, università, società
non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica
nonché le loro controllate non possa superare quello del
primo presidente della Corte di cassazione» (comma 44)8. Per
espressa previsione normativa, detto limite trova
applicazione, oltre che ai dirigenti, anche ai rapporti di lavoro
__________________
corrisposto da società a prevalente partecipazione pubblica, ancorandolo
al compenso del primo Presidente della Corte di cassazione. Tale ultima
previsione, peraltro, aveva sollevato numerosi dubbi interpretativi specie
in riferimento al proprio campo di applicazione.
7 Art. 3, commi 43-53.
8 Restano però esclusi dal limite i compensi alle attività di natura
professionale e ai contratti d'opera aventi ad oggetto una prestazione
artistica o professionale che consenta di competere sul mercato in
condizioni di effettiva concorrenza, per i quali la rigorosa applicazione di
un tetto retributivo verrebbe ad alterare il normale esplicarsi del
confronto aziendale, ponendo la società a prevalente partecipazione
pubblica in una situazione di sfavore.
27
Rassegna
autonomo ed ai contratti di collaborazione coordinata e
continuativa, nonché agli amministratori (purché non
investiti di particolari cariche ex art. 2359, c.c.), ai presidenti
ed ai componenti degli organi di controllo delle società
pubbliche o partecipate.
Il predetto limite, più di recente, è stato ulteriormente
ridotto ai sensi dell’art. 13, d.l. n. 66/2014, secondo il quale, a
far data dal 1° maggio 2014, il limite massimo retributivo
riferito al primo presidente della Corte di cassazione è fissato
in misura fissa ed è pari a 240.000 euro annui al lordo dei
contributi previdenziali ed assistenziali e degli oneri fiscali a
carico del dipendente. Sono peraltro, fatti salvi gli eventuali
limiti retributivi in vigore al 30 aprile 2014 determinati per
effetto di apposite disposizioni legislative, regolamentari e
statutarie, inferiori all’anzidetto importo.
Quanto al secondo profilo, quello relativo alle fattispecie
escluse dall'applicazione della norma o comunque soggette a
una differente disciplina, il legislatore ha ritenuto che ogni
qual volta si fossero presentate motivate esigenze di carattere
eccezionale, per un periodo di tempo comunque non
superiore a tre anni, l’amministrazione potesse derogare al
principio generale individuato poc’anzi9.
__________________
Il regolamento di attuazione (d.P.R. n. 195/2010) ha precisato che
per esigenze di carattere eccezionale si devono intendere quelle derivanti
da eventi imprevedibili cui non possa farsi fronte con l’attività dei
dipendenti o dei consulenti e che richiedano una prestazione lavorativa
straordinaria in termini tanto qualitativi che quantitativi. Accanto a tale
deroga generale, poi, sono individuate ulteriori ipotesi di non applicazione
dei limiti con riferimento, in particolare, alle posizioni di più elevato
livello di responsabilità nelle amministrazioni statali, ai dirigenti della
Banca d'Italia e delle altre autorità indipendenti, ai contratti stipulati sino
al 28 settembre 2007.
9
28
I tetti retributivi
La disciplina descritta, tuttavia, ha subito un notevole
ritardo nella propria implementazione. L’art. 4 quater, d.l. n.
97/2008 (convertito in l. n. 129/2008), infatti, ha differito
l’efficacia della disposizione de qua – così come di tutte le
norme di dettaglio disciplinanti i limiti ai compensi erogati
dagli enti pubblici o caratterizzati da partecipazione di
capitali pubblici – all’entrata in vigore di un apposito decreto
del Presidente della Repubblica. Tale regolamento, infine, è
stato adottato con d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 195, che ha fissato
– all’art. 7 – la decorrenza del limite di cui si discute solo con
riferimento ai contratti stipulati o rinnovati e agli incarichi
conferiti dopo l’entrata in vigore del d.P.R. stesso, avvenuta in
data 10 dicembre 2010, vale a dire con un ritardo di oltre 24
mesi rispetto il termine iniziale.
Rispetto alla disciplina di legge, il regolamento ha
ulteriormente temperato i tetti massimi stabilendo che, ai fini
della verifica del rispetto del limite ai compensi, per i
lavoratori subordinati non siano computati il corrispettivo
globale percepito per il rapporto di lavoro con la società;
l’eventuale trattamento pensionistico liquidato dal
competente ente previdenziale; la parte del compenso che il
soggetto interessato sia obbligato a versare ai fondi.
L’esclusione dell’assoggettamento del limite di cui all’art. 3,
comma 44, della finanziaria per il 2008, inoltre, opera anche
in relazione ai compensi determinati ai sensi dell'articolo
2389, comma 3, c.c., previsti in favore degli amministratori
delle società non quotate a totale o prevalente partecipazione
pubblica e le loro controllate investiti di particolari cariche
(art. 4, comma 3, d.P.R. n. 195/2010).
Il panorama normativo sin qui descritto, poi, ha trovato
ulteriore «complicazione» ad opera dell’art. 6, comma 6, d.l. n.
78/2010 (convertito in l. n. 122/2010), che ha disposto una
nuova riduzione dei compensi degli organi di
amministrazione e controllo per le società partecipate
possedute direttamente o indirettamente in misura totalitaria
29
Rassegna
dalle pubbliche amministrazioni10; e quindi degli artt. 23 bis e
23 ter del d.l. n. 201/2011 (convertito in n. 214/2011)11,
ripetutamente modificati per renderli via via più stringenti.
La versione attualmente in vigore dell’art. 23 bis
surrichiamato – la cui formulazione è ascrivibile alle novelle
operate dall'art. 23, d.l. n. 216/2011 (convertito in l. n.
14/2012), dall'art. 2, comma 20 quater, lett. b, d.l. n. 95/2012
(convertito in l. n. 135/2012) e dall’art. 84 bis, d.l. n. 69/2013
(convertito in l. n. n. 98/2013) – prevede anzitutto che le
società non quotate direttamente controllate dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze ai sensi dell’art. 2359, comma 1,
n. 1, c.c., siano classificate per fasce sulla base di indicatori
quali/quantitativi, cui corrisponderà un compenso massimo
al quale i consigli di amministrazione devono fare riferimento
per la determinazione degli emolumenti da corrispondere agli
amministratori ai sensi dell’articolo 2389, comma 3, c.c.12.
__________________
In particolare, la summenzionata disposizione ha previsto che il
compenso di cui all’art. 2389, comma 1, c.c., dei componenti degli organi di
amministrazione e di quelli di controllo sia ridotto del 10 per cento. Tale
previsione, che si applica a decorrere dalla prima scadenza del consiglio o
del collegio successiva alla data di entrata in vigore del decreto, non trova
però applicazione ai compensi attribuiti agli amministratori delegati a
norma del comma 3 del citato art. 2389, c.c.
11 La versione originale delle norme prevedeva non aveva conseguenze
immediate sui rapporto, in quanto la loro entrata in vigore era
subordinata ad una ulteriore regolamentazione di dettaglio.
12 Lungamente “latitante”, il decreto è stato infine emanato nel
dicembre 2013 (d.m. 24 dicembre 2013, n. 166), e prevede che l’importo
massimo complessivo, comprensivo della quota variabile, degli
emolumenti da corrispondere ai sensi dell’art. 2389, comma 3, c.c., sia
determinato in una misura compresa tra il 100% ed il 50% del
trattamento economico del Primo Presidente della Corte di cassazione, a
seconda della “complessità” della società misurata sulla base di alcuni
indicatori (valore della produzione; investimenti; numero di dipendenti).
10
30
I tetti retributivi
Peraltro, e con specifico riferimento agli amministratori
investiti di particolari cariche, il consiglio di amministrazione
può includere una componente variabile che «non può
risultare inferiore al 30 per cento della componente fissa»,
comunque correlata al grado di raggiungimento degli obiettivi
annuali, oggettivi e specifici, preventivamente determinati
dallo stesso consiglio di amministrazione.
In ogni caso, la determinazione dei compensi spettanti agli
amministratori delegati e non doveva tener conto del limite
massimo individuato nel trattamento economico del primo
Presidente della Corte di cassazione (comma 5 bis), che, come
già accennato, è stato ulteriormente ridotto a 240.000 euro
annui al lordo dei contributi previdenziali ed assistenziali e
degli oneri fiscali a carico del lavoratore13. Si tratta di un
limite comprensivo anche della parte variabile del compenso
– in vigore solo per i contratti stipulati e gli incarichi attribuiti
dal 15 agosto 2012, data di entrata in vigore della legge di
conversione del d.l. n. 95/2012 – che pare aver assunto
valenza generale, tanto da trovare applicazione nei confronti
di chiunque riceva compensi direttamente o indirettamente a
carico di una pubblica amministrazione o comunque
riconducibili alle finanze pubbliche14.
Invero, la formulazione letterale molto ampia del comma 5
bis ha suscitato più di una incertezza circa il suo ambito di
applicazione e sul coordinamento tra quella previsione ed i
precedenti vincoli sui compensi degli amministratori di cui ai
primi quattro commi dello stesso art. 23 bis in commento. La
__________________
Art. 13, d.l. n. 66/2014, convertito in l. n. 95/2014. Tale nuovo limite
trova applicazione a decorrere dal 1° maggio 2014.
14 Non essendo stato riproposto il temperamento di cui al d.P.R. n.
195/2010, il massimale indicato deve ritenersi comprensivo sia della
retribuzione annua lorda che degli eventuali compensi variabili aggiuntivi.
13
31
Rassegna
questione, però, pare risolta dal parere reso dal Consiglio di
Stato l’11 febbraio 2013, che ha ritenuto, da un parte che, per
le società non quotate il Ministero dell’Economia e delle
Finanze sia ancora tenuto ad applicare il sistema delle fasce
già descritto, ma che, dall’altra, tale sistema debba comunque
tener conto del limite “assoluto” di cui al comma 5 bis15.
Tale indirizzo, da ultimo, è stato recepito dal Ministro
dell'Economia e delle Finanze, che, per mezzo della direttiva
al Dipartimento del Tesoro del 24 giugno 201316, ha
individuato sui criteri e le modalità di nomina dei componenti
degli organi di amministrazione e sulle politiche per la
remunerazione dei vertici aziendali delle società controllate,
stabilendo, in particolare, che i compensi massimi per gli
amministratori con deleghe saranno definiti secondo il
sistema delle fasce, nel rispetto, però del limite della
retribuzione spettante al Primo Presidente della Corte di
cassazione.
III.c. Le società quotate: cenni
Il complesso sistema ora descritto trova applicazione nei
confronti delle società non quotate partecipate direttamente
dal ministero dell’Economia e delle Finanze, nonché dalle
pubbliche amministrazioni.
__________________
In definitiva, il Consiglio di Stato ritiene che il criterio ispiratore del
sistema delle fasce previsto dal primo comma dell’articolo 23 bis sia volto
a calibrare quanto più possibile il compenso alla «reale consistenza della
struttura societaria amministrata, quale indicatore del carico di impegni e
responsabilità gravanti sugli amministratori, oltre che del livello di
competenze necessarie per l’assunzione e l’espletamento dei compiti
gestori».
16 Che integra la precedente (ma sostanzialmente già “allineata”)
direttiva del 24 aprile 2013.
15
32
I tetti retributivi
In merito, occorre rammentare che l’art. 34, comma 38, d.l.
n. 179/2012 (convertito in l. n. 221/2012), con disposizione
di interpretazione autentica ha chiarito che per “società
quotate” – escluse dalla disciplina della limitazione ai
compensi – si intendono le società emittenti strumenti
finanziari in un mercato regolamentato17.
Peraltro, seppur con una previsione “una tantum”18, anche
queste ultime non sono rimaste esenti da specifiche norme
volte al contenimento degli oneri pubblici per compensi. Ed
infatti, l’art. 84 bis, d.l. n. 69/2013 (convertito in l. n.
98/2013), ha stabilito, una riduzione del 25 per cento rispetto
al compenso deliberato per il precedente mandato per gli
amministratori delegati ed il presidente delle società
direttamente o indirettamente controllate dalle pubbliche
amministrazioni che emettono strumenti finanziari in mercati
__________________
Resterebbe, però, da chiarire se l’esenzione della disciplina limitativa
dei compensi si applichi alle società non quotate controllate da società
quotate a loro volta controllate da pubbliche amministrazioni. La
questione può essere risolta in un’ottica di sistema, osservando che tutte
le regolamentazioni dei trattamenti economici dell’executive management
delle società pubbliche sono sempre state limitate alle sole società non
quotate ed alle loro controllate; mentre per gli enti emittenti azioni in
mercati regolamentati si è ritenuto preferibile affidare le politiche di
remunerazione agli strumenti previsti dalle normative settoriali ed ai
controlli del mercato. Se questo è stato, dunque, l’approccio del
legislatore, pare coerente che le società non quotate controllate da società
quotate (pur a partecipazione pubblica) siano “a cascata” sottratte alla
limiti legali.
18 È previsto, infatti, che le riduzioni di cui trattasi operino solo in
relazione ai compensi determinati in occasione del primo rinnovo dei
consigli di amministrazione successivo al 21 agosto 2013, ovvero, qualora
si sia già provveduto ai rinnovi, ai compensi ancora da determinare (anche
in via definitiva); e sempreché non si sia già operata “spontaneamente”
una riduzione dei compensi dell’amministratore delegato e del presidente
in misura non inferiore al 25 per cento.
17
33
Rassegna
regolamentati differenti dalle azioni. Per le società quotate
che emettono titoli azionari, si prevede una analoga
riduzione;
tuttavia,
il
decurtamento
non
opera
automaticamente, ma si prevede che lo stesso debba essere
contenuto in una apposita proposta (da avanzare in sede di
rinnovo dei consigli di amministrazione) che sia condivisa
con l’azionista di controllo pubblico e sottoposta
all’approvazione dell’assemblea degli azionisti.
Riferimenti normativi:
 legge 27 dicembre 2006, n. 296 - Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2007) (GU n.299 del 27-12-2006 - Suppl. Ordinario n.
244)
 legge 24 dicembre 2007, n. 244 - Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2008) (GU n.300 del 28-12-2007 - Suppl. Ordinario n.
285)
 decreto legge 3 giugno 2008, n. 97- Disposizioni urgenti in
materia di monitoraggio e trasparenza dei meccanismi di
allocazione della spesa pubblica, nonché in materia fiscale e di
proroga di termini (GU n.128 del 3-6-2008); convertito con
modificazioni dalla legge 2 agosto 2008, n. 129 (in G.U.
02/08/2008, n.180)
 decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 - Disposizioni urgenti
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria
(GU n.147 del 25-6-2008 - Suppl. Ordinario n. 152); convertito con
modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (in SO n.196,
relativo alla G.U. 21/08/2008, n.195)
 decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n.
195 - Regolamento recante determinazione dei limiti massimi del
trattamento economico onnicomprensivo a carico della finanza
pubblica per i rapporti di lavoro dipendente o autonomo (GU n.276
del 25-11-2010)
34
I tetti retributivi
 decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 - Disposizioni urgenti
per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici (GU
n.284 del 6-12-2011 - Suppl. Ordinario n. 251); convertito con
modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 (in SO n. 276,
relativo alla G.U. 27/12/2011, n. 300)
 decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216 - Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative (G.U. 29/12/2011, n.302);
convertito con modificazioni dalla legg 24 febbraio 2012, n. 14 (in
S.O. n. 36, relativo alla G.U. 27/02/2012, n. 48)
 decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 - Disposizioni urgenti per
la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai
cittadini (nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle
imprese del settore bancario) (GU n.156 del 6-7-2012 - Suppl.
Ordinario n. 141); convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto
2012, n. 135 (in SO n. 173, relativo alla G.U. 14/8/2012, n. 189)
 decreto legge 21 giugno 2013, n. 69 - Disposizioni urgenti
per il rilancio dell'economia (GU n.144 del 21-6-2013 - Suppl.
Ordinario n. 50); convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto
2013, n. 98 (in S.O. n. 63, relativo alla G.U. 20/08/2013, n. 194)
 decreto 24 dicembre 2013, n. 166 - Regolamento relativo ai
compensi per gli amministratori con deleghe delle società
controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi
dell'ex articolo 23-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201,
convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.
214(GU n.63 del 17-3-2014)
 legge 27 dicembre 2013, n. 147 - Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di
stabilità 2014) (GU n.302 del 27-12-2013 - Suppl. Ordinario n. 87)
 decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 - Misure urgenti per la
competitività e la giustizia sociale (GU n.95 del 24-4-2014 ) convertito con modificazioni dalla legge 23 giugno 2014, n. 89 (in
G.U. 23/06/2014, n. 143)
Riferimenti giurisprudenziali:


Corte Costituzionale, 20 maggio 2008, n. 159
Consiglio di Stato, ad. gen., 11 febbraio 2013, n. 13649
35
Rassegna
Riferimenti bibliografici:
BASSI G., Novità e qualche ripensamento per le società degli enti
locali. Commento alla legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria
2008), in Appalti e Contratti, 2008, 56
BIANCHINI R., I compensi degli amministratori di società partecipate
da enti locali (brevi note in ordine all'art. 6, co 6, del d.l. n.
78/2010), in Giustizia amministrativa, 2010, 113;
CIVETTA E., I vincoli e gli obblighi imposti alle società partecipate:
"excursus" normativo, in La Finanza Locale, 2010, 7;
CUTILLO G., FONTANA F. (a cura di), Manuale di executive
compensation e corporate governance, Milano, 2012;
MANASSERO L., Il costo del personale nelle società in house. Vincoli
ed incertezze, in http://www.dirittodeiservizipubblici.it/, 26
aprile 2013
MORETTI F., Società partecipate: il cumulo delle cariche degli
amministratori non comporta la cumulabilità dei compensi.
dall'ordinamento civilistico alla "spending review", in Appalti e
Contratti, 2012, 65;
TESSAROLO C., Gli amministratori delle società partecipate dagli
enti locali: compensi, numero (le disposizioni della legge
finanziaria 2007), in http://www.dirittodeiservizipubblici.it/,
2007
IV. Gli obblighi di trasparenza e pubblicità
Il tema degli obblighi di pubblicità e di trasparenza è uno
degli aspetti centrali della disciplina delle società partecipate
e l’evoluzione del relativo quadro normativo può essere
descritta attraverso tre momenti. In primo luogo la legge
Finanziaria del 2007, attraverso la serie di disposizioni che
vanno dal comma 725 al comma 736 dell’articolo 1 e
successivamente attraverso la disposizioni della legge 190 del
2012 per la prevenzione dell’illegalità nella Pubblica
Amministrazione ed infine il decreto legislativo n.33 del 2013
che stabilisce gli obblighi di pubblicità e di trasparenza da
parte delle Pubbliche Amministrazioni. L’impianto normativo
di queste disposizioni va a delineare le caratteristiche
dell’intervento relativo agli obblighi di pubblicità e di
trasparenza. Per considerare questo tema è quindi opportuno
valutare la combinazione tra queste disposizioni.
IV.a. La legge finanziaria del 2007
Le disposizioni previste dai commi che vanno dal 725 al
736 del primo articolo stabiliscono le seguenti indicazioni,
che riguardano aspetti amministrativi, relativi alla disciplina
dei consigli di amministrazione ed obblighi relativi alla
pubblicità e trasparenza.
1. Nelle società a totale partecipazione di comuni o
province, il compenso lordo annuale, attribuito al presidente
e ai componenti del consiglio di amministrazione, non può
essere superiore per il presidente all'80 per cento e per i
componenti al 70 per cento delle indennità spettanti,
rispettivamente, al sindaco e al presidente della provincia.
Resta ferma la possibilità' di prevedere indennità di risultato
solo nel caso di produzione di utili ed in misura ragionevole e
proporzionata.
37
Rassegna
2. Il numero complessivo di componenti del consiglio di
amministrazione delle società partecipate totalmente anche
in via indiretta da enti locali, non può essere superiore a tre,
ovvero a cinque per le società con capitale, interamente
versato, determinato da un successivo decreto
3. Nelle società miste il numero massimo di componenti
del consiglio di amministrazione designati dai soci pubblici
locali comprendendo nel numero anche quelli eventualmente
designati dalle regioni non può essere superiore a cinque.
4. Non può essere nominato amministratore di ente,
istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale
capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni
precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso in perdita tre
esercizi consecutivi.
5. Queste disposizioni non si applicano alle società a
partecipazione degli enti locali che siano quotate in borsa.
Si riferisce nello specifico ai temi della pubblicità e
trasparenza quanto previsto dal successivo come 735 che
recita testualmente come segue:
“Gli incarichi di amministratore delle società di cui ai
commi da 725 a 734 del presente articolo conferiti da soci
pubblici e i relativi compensi sono pubblicati nell' albo e nel
sito informatico dei soci pubblici a cura del responsabile
individuato da ciascun ente. La pubblicità è soggetta ad
aggiornamento semestrale. La violazione dell'obbligo di
pubblicazione è punita con la sanzione amministrativa
pecuniaria fino a 10.000 euro, irrogata dal prefetto nella cui
circoscrizione ha sede la società. La stessa sanzione si applica
agli amministratori societari che non comunicano ai soci
pubblici il proprio incarico ed il relativo compenso entro
trenta giorni dal conferimento ovvero, per le indennità di
risultato di cui al comma 725, entro trenta giorni dal
percepimento.”
Si tratta quindi di un insieme di norme di coordinamento
gestionale ed amministrativo che stabiliscono, tra gli altri
aspetti, di pubblicità e trasparenza degli amministratori delle
38
Gli obblighi di trasparenza e pubblicità
società partecipate dagli enti locali. Si tratta degli obblighi di
comunicazione non solo degli incarichi, ma anche dei
compensi e delle indennità di risultato.
IV.b. La legge 190 del 2012 per la prevenzione dell’illegalità’
nella pubblica amministrazione
La legge 190 del 2012 costituisce un provvedimento
importante nel processo di riforma della Pubblica
Amministrazione italiana, che ha una ricaduta precisa ed
importante anche per quanto riguarda il tema degli obblighi
di trasparenza e di legalità. Il tema della corruzione nella
Pubblica Amministrazione costituisce un elemento
importante rispetto all’efficacia ed alla capacità di Governo e
l’Italia è in questo senso un paese sotto osservazione sia da
parte dell’OCSE che dell’Unione Europea. La legge stabilisce,
tra l’altro:
 L’istituzione di una Autorità anticorruzione, che
assorbe le funzioni della precedente Commissione per la
valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni
pubbliche;
 L’attribuzione al Dipartimento della Funzione Pubblica
di precise responsabilità in merito alla prevenzione ed alla
lotta contro la corruzione e l’illegalità;
 Le indicazioni del Dipartimento della Funzione
Pubblica, che deve definire un piano nazionale anticorruzione
e stabilire la rotazione dei dirigenti pubblici che operano in
settori fortemente esposti alla corruzione;
 L’indicazione da parte delle Amministrazioni tra i
dirigenti un responsabile anticorruzione;
 Il deferimento ad arbitri delle controversie relative ai
contratti pubblici relativi all’affidamento di lavori, servizi,
forniture o progettazione.
Diverse le disposizioni relative alla trasparenza : che viene
definita come componente dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti sociali e civili di cui
all’articolo 117 della Costituzione. A questo scopo si stabilisce
39
Rassegna
che la trasparenza : “ Viene assicurata mediante la
pubblicazione, nei siti web istituzionali delle pubbliche
amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti
amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità,
completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle
disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio
e di protezione dei dati personali. Nei siti web istituzionali
delle amministrazioni pubbliche sono pubblicati anche i
relativi bilanci e conti consuntivi, nonché i costi unitari di
realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei
servizi erogati ai cittadini”.
Secondo le disposizioni previste, le pubbliche
amministrazioni assicurano i livelli essenziali con particolare
riferimento ai procedimenti di:
a) autorizzazione o concessione;
b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori,
forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di
selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo
12 aprile 2006, n.163;
c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi,
sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi
economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e
privati;
d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale
e progressioni di carriera.
Le Amministrazioni pubbliche sono inoltre tenute a
mettere a disposizione un indirizzo di mail a cui i cittadini
possono indirizzare le richieste di informazioni e di
chiarimenti sui provvedimenti e sui bandi. In ogni caso le
stazioni appaltanti sono tenute a pubblicare nei propri siti
web istituzionali: la struttura proponente; l'oggetto del
bando; l'elenco degli operatori invitati a presentare offerte;
l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione; i tempi di
completamento dell'opera, servizio o fornitura; l'importo
delle somme liquidate.
40
Gli obblighi di trasparenza e pubblicità
Si stabilisce poi che in un successivo decreto legislativo si
intervenga sugli aspetti relativi alla pubblicità attraverso
disposizioni che prevedano :
a) obblighi di pubblicità a carico delle amministrazioni
pubbliche;
b) previsione di forme di pubblicità sia in ordine all'uso
delle risorse pubbliche sia in ordine allo svolgimento e ai
risultati delle funzioni amministrative;
c) precisazione degli obblighi di pubblicità di dati relativi
ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque
di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale,
regionale e locale;
d) ampliamento delle ipotesi di pubblicità, mediante
pubblicazione nei siti web istituzionali, di informazioni
relative ai titolari degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche
amministrazioni sia con riferimento a quelli che comportano
funzioni di amministrazione e gestione, sia con riferimento
agli incarichi di responsabilità degli uffici di diretta
collaborazione;
e) definizione di categorie di informazioni che le
amministrazioni devono pubblicare e delle modalità di
elaborazione dei relativi formati;
f) obbligo di pubblicare tutti gli atti, i documenti e le
informazioni di cui al presente comma anche in formato
elettronico elaborabile e in formati di dati aperti;
g) individuazione, anche mediante integrazione e
coordinamento della disciplina vigente, della durata e dei
termini di aggiornamento per ciascuna pubblicazione
obbligatoria;
h) individuazione, anche mediante revisione e integrazione
della disciplina vigente, delle responsabilità e delle sanzioni
per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli
obblighi di pubblicazione.
Le disposizioni relative alla trasparenza precisate nella
legge 190 del 2012 sono le più varie : dalla comunicazione
degli incarichi dei dipendenti pubblici, alla previsione di un
41
Rassegna
vero e proprio Codice di comportamento, alle disposizioni
anticorruzione nelle commissioni di valutazione degli
incarichi o bandi, dalla disciplina relativa all’attribuzione di
incarichi dirigenziali alla tutela del dipendente pubblico che
segnala illeciti. La normativa definisce quindi un impianto
complessivo di disposizioni anticorruzione che interviene con
norme precise sulla trasparenza e sulla pubblicità, sia
attraverso la pubblicazione delle decisioni sul web che con
norme che stabiliscono le modalità di conferimento degli
incarichi da parte dei dipendenti pubblici ed intervengono
sulla disciplina del personale.
IV.c. Il decreto legislativo sugli obblighi di pubblicita’ e
trasparenza
In attuazione quindi delle linee guida e dei principi della
legge 190 del 2012, è stato poi emanato il richiamato decreto
legislativo n.33 del 2013.
Le disposizioni specifiche attualmente in vigore trovano
riferimento in questo decreto legislativo. Questi i principi
chiave e le relative disposizioni.
Il decreto attua alcuni aspetti della normativa quadro
anticorruzione definita dalla legge 190 attraverso :
 interventi per la prevenzione della corruzione;
 attivazione di forme di controllo sociale;
 promozione del miglioramento delle performances;
 migliorare il rendiconto (accountability) dei
dipendenti pubblici;
 avvio di strumenti di partecipazione e raccordo tra
cittadini e Pubblica Amministrazione.
Rispetto alla trasparenza il decreto:
 stabilisce il riordino degli obblighi di pubblicazione;
 uniforma gli obblighi di pubblicazione da parte di tutte
le pubbliche amministrazioni;
 definisce i ruoli, le responsabilità ed i processi in capo
alle amministrazioni pubbliche ed agli organi di controllo;
 introduce l’istituto dell’accesso civico.
42
Gli obblighi di trasparenza e pubblicità
Con la “bussola della trasparenza” si stabilisce una
strumentazione web disponibile sia per le amministrazioni
pubbliche che per i cittadini, con lo scopo di rendere più
aperti i servizi ai cittadini e le relative informazioni digitali. Si
tratta di uno strumento pubblico, aperto e con tecnologia
open data, con cui si monitora l’adesione di ogni
amministrazione pubblica agli obblighi di pubblicazione e di
trasparenza sui siti istituzionali . Il sito consente anche la
definizione di statistiche e l’accesso ad informazioni utili ai
cittadini ed all’informazione di servizio pubblico. Questo
portale web ha avuto fin dalla sua istituzione un notevole
afflusso.
L’accesso civico è il nuovo diritto per la trasparenza
pubblica previsto dal decreto legislativo n. 33 all’articolo 5: è
il diritto di ogni cittadino a richiedere i documenti, le
informazioni ed i dati che sono oggetto di pubblicazione
obbligatoria sui siti istituzionali e che non sono stati ancora
pubblicati. In questo modo i cittadini possono avere
conoscenza dell’interno patrimonio informativo delle
pubbliche amministrazioni ed aumenta il controllo anti
corruzione e la promozione dell’efficienza. Il decreto n.33 è
stato denominato “ decreto trasparenza” ed interviene quindi
sui seguenti aspetti, posti in elenco, in attuazione dei principi
considerati :
 pubblicità e diritto alla conoscibilità;
 limiti alla trasparenza;
 accesso civico;
 qualità delle informazioni;
 dati aperti e riutilizzo;
 decorrenza e durata dell’obbligo di pubblicazione;
 accesso alle informazioni pubblicate sui siti;
 programma triennale per la trasparenza;
 obblighi di pubblicazione;
 disposizioni per la vigilanza.
43
Rassegna
Riferimenti normativi:
 legge 27 dicembre 2006, n. 296 - Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2007) (GU n.299 del 27-12-2006 - Suppl. Ordinario n.
244)
 legge 6 novembre 2012, n. 190 - Disposizioni per la
prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalita' nella
pubblica amministrazione (GU n.265 del 13-11-2012)
 d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33 - Riordino della disciplina
riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di
informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni (GU n.80 del
5-4-2013)
Approfondimenti
di Romano Benini, con la collaborazione di Marcello Cadeddu ed
Oliviero Bisaccia
Agenzie pubbliche territoriali e società
partecipate per il lavoro: una questione aperta
SOMMARIO: 1. L’evoluzione del quadro normativo e funzionale. – 2. Le
questioni da affrontare. – 3. Capitale Lavoro S.p.A. – 3.1. La natura
giuridica e funzionale. – 3.2 Il modello organizzativo. – 3.3 Disciplina
del personale di Capitale Lavoro. – 4. Agenzia regionale per il lavoro
della regione Sardegna: storia e struttura. – 4.1 Prima del 2005. – 4.2
La Legge regionale n. 20 del 2005. – 4.3. La situazione attuale
1. L’evoluzione del quadro normativo e funzionale
In questi mesi il processo di riforma delle politiche del
lavoro si incontra necessariamente con l’intervento di
riordino costituzionale ed istituzionale, da un lato, e con il
processo di ridefinizione del ruolo e della funzione delle
società partecipate pubbliche. Si tratta di una fase delicata ed
importante, che va valutata con attenzione, quantomeno da
due punti di vista :
 La definizione di un assetto di governance delle
politiche pubbliche sul territorio in grado di risultare efficace
nel sostegno allo sviluppo ed al lavoro;
 La promozione di un ruolo chiaro e trasparente degli
enti strumentali , agenzie tecniche e società partecipate che
concorrono all’attivazione verso il lavoro e la formazione dei
disoccupati.
L’assetto del Titolo V della Costituzione ha permesso negli
anni la definizione di sistemi regionali e provinciali che hanno
promosso in modo diverso e sulla base di distinti modelli
funzionali ed organizzativi sia le politiche attive che i servizi
per l’impiego. Questo ha portato da un lato all’attribuzione di
regole di funzionamento del mercato del lavoro in parte
diverse, soprattutto nella promozione dell’attivazione al
lavoro e nel ruolo dei servizi pubblici e privati accreditati, e
dall’altro alla gestione dei servizi per l’impiego e per
46
Agenzie pubbliche territoriali e società partecipate per il lavoro: una
questione aperta
l’attivazione attraverso diverse modalità di intervento
pubblico.
Oltre alla funzione dei centri per l’impiego, uffici
territoriali attribuiti alle Province dalla riforma del
decentramento del 1997, con il dlgs 469 /1997, molte
province hanno costituito società partecipate ed enti
strumentali per la promozione delle politiche attive del
lavoro. Si è trattato di una scelta che ha portato in alcune
province a scelte di varia natura attraverso :
a) Società partecipate costituite con altri enti locali
b) Società partecipate costituite con organizzazioni
sindacali e di impresa;
c) Enti strumentali;
d) Società partecipate con la Camera di Commercio.
Con l’accreditamento dei servizi privati reso possibile dalla
riforma Biagi e dal decreto n.276 del 2003 la Regione
Lombardia ha avviato il processo di accreditamento, che ha
portato alcune province ad accreditare i centri per l’impiego o
a costituire società partecipate per l’accreditamento alla
erogazione di interventi formativi, di reimpiego o di
intermediazione.
Si tratta di un processo che si è realizzato in tempi e modi
diversi, che ha prodotto diverse modalità di intervento e
pratiche, che si traducono oggi in un quadro disarticolato e
che va ricondotto ad unità.
La combinazione delle riforme avviate o riprese dal
Governo Renzi si trova oggi ad affrontare questi temi da
diversi punti di vista, nella ricerca di un coordinamento delle
disposizioni e delle regole e nel tentativo di definire un
quadro unitario di intervento. L’operazione è complessa per
la pluralità delle decisioni e dei modelli adottati e potrà
essere completata solo a riforma costituzionale compiuta.
Tuttavia la questione del ruolo delle società partecipate
pubbliche e della relativa disciplina del personale coinvolge
tutti i livelli istituzionali, nella attuazione di quanto previsto
dal Jobs Act per quanto riguarda:
47
Approfondimenti
a) La costituzione dell’agenzia nazionale;
b) La costituzione e la definizione delle funzioni delle
strutture regionali;
c) Il mantenimento o meno delle agenzie presenti nelle
città metropolitane ed in area vasta rese necessarie dalla
legislazione concorrente.
2. Le questioni da affrontare
Questo quadro di riferimento pone quindi l’attenzione ad
alcuni snodi che il processo di riforma deve andare ad
affrontare, alcuni dei quali non sono del tutto chiariti dalle
disposizioni attuali e che il legislatore dovrà necessariamente
affrontare. La combinazione tra i diversi interventi di riforma
ha aperto alcune problematiche, che riguardano anche la
natura e la disciplina del rapporto di lavoro delle società
partecipate e dei servizi pubblici.
La regolazione della funzione delle agenzie e società
partecipate per la promozione delle politiche attive e della
formazione in un quadro unitario dovrebbe essere la
premessa degli interventi e non la ricaduta od una
conseguenza collaterale delle misure di riforma.
Queste alcune delle principali questioni che vanno
affrontate:
 Il personale dei centri per l’impiego: nel trasferimento
ad altri livelli istituzionali delle funzioni a lungo attribuite alle
province esistono questioni di diverso genere, dalla natura
del contratto all’ammontare dello stipendio, fino alla
questione relativa al mantenimento del contratto del pubblico
impiego in agenzie strumentali o strutture regionali che
hanno contratti di diritto privato come inquadramento
contrattuale di riferimento;
 Il personale delle agenzie provinciali accreditate: in un
modello di creazione di un sistema di accreditamento
nazionale possono venire meno i presupposti per il
mantenimento di agenzie accreditate da parte delle province
o dei comuni e la necessità di un loro trasferimento presso
48
Agenzie pubbliche territoriali e società partecipate per il lavoro: una
questione aperta
strutture regionali, con conseguenti problemi per il
personale;
 Il personale delle strutture regionali e la natura delle
strutture : se le agenzie erano preesistenti alla riforma esiste
il problema del doppio regime dei dipendenti, con contratto
privato di solito per gli enti strumentali o società partecipate
e di diritto pubblico per il personale proveniente da altre
istituzioni o dai centri per l’impiego;
 Il personale dell’agenzia nazionale : il Governo deve
scegliere tra un ente pubblico di natura ministeriale, meno
flessibile nell’erogazione degli interventi, od un ente pubblico
economico con contratto di diritto privato, meno in grado di
operare come parte dell’amministrazione pubblica;
 Il personale transitato nell’agenzia nazionale: l’Agenzia
nazionale si trova ad assorbire personale di un ente pubblico
di ricerca, qual’è ISFOL, con contratto pubblico e di un ente
pubblico strumentale come Italialavoro, con contratto di
natura privatistica. Si tratta di due opzioni non facilmente
integrabili.
In ogni caso le scelte relative all’inquadramento del
personale non possono prescindere, anzi dovrebbero
derivare , da una chiara definizione della mission degli enti in
questione, nella erogazione dei servizi preposti e nello
svolgimento delle funzioni indicate dal Jobs Act. La
conseguenza
relativa
alla
natura
dell’ente
e
dell’inquadramento del personale dovrebbe essere legata e
rispondere alle esigenze di efficacia, trasparenza e legalità
dell’intervento.
Queste scelte possono essere favorire da una attenta
valutazione delle caratteristiche funzionali, organizzative e
relative al personale delle società partecipate e degli enti
strumentali per il lavoro attualmente operative sul piano
nazionale. Di seguito si presentano due modelli di assoluto
rilievo:
l’agenzia strumentale in house della Provincia di Roma, ora
Città metropolitana;
49
Approfondimenti
l’ente strumentale della Regione Sardegna, che è chiamato
ad assorbire il personale dei centri per l’impiego delle
Province.
3. Capitale Lavoro S.p.A.
3.1 La natura giuridica e funzionale
Il modello organizzativo societario di diritto comune si è
diffuso nel corso degli ultimi 20 anni in diversi settori
dell’amministrazione centrale e locale, soppiantando aziende
ed enti pubblici, anche economici. Varie leggi hanno previsto
numerose privatizzazioni in senso giuridico (c.d. formali o
tecniche), cioè trasformazioni di enti pubblici in forme
organizzative tipiche del diritto privato, soprattutto in società
per azioni ed in fondazioni. In particolare, sono stati
trasformati in s.p.a. i principali enti pubblici economici (IRI,
ENI, INA, ENEL). Obiettivo ultimo dell’operazione di
privatizzazione era quello della cessione ai privati delle
imprese in questione attraverso la dismissione delle azioni,
ovvero la privatizzazione in senso giuridico (c.d. sostanziale).
La Commissione europea introdusse il concetto di “ in
house providing” nel Libro bianco del 1998, in riferimento al
settore degli appalti, definendo gestione "in house" l’insieme
delle attività alla cui esecuzione la pubblica amministrazione
provvede con mezzi propri tramite “una struttura
commerciale che di fatto è un’emanazione della medesima
amministrazione”, adempiendo in questo modo alla forniture
di servizi di interesse pubblico senza far ricorso ad entità
esterne. In tale documento, successivo al Libro Verde sulla
stessa materia presentato nel 1996, la Commissione definisce
gli in house contracts come “contratti aggiudicati all’interno
della pubblica amministrazione, ad esempio tra
un’amministrazione centrale e le amministrazioni locali
ovvero tra un’amministrazione ed una società da questa
interamente controllata”.
50
Agenzie pubbliche territoriali e società partecipate per il lavoro: una
questione aperta
Il concetto di “in house providing” costituisce quindi un
modello organizzativo utilizzato dall’ente pubblico
per la gestione diretta di servizi pubblici, ovvero per lo
svolgimento esternalizzato di proprie funzioni, in deroga alle
regole generali del Diritto comunitario che tutelano la libera
concorrenza, anche nel caso di servizi prestati dalle Pubbliche
amministrazioni.
Su questo punto la Corte di Giustizia ha sottoposto il
modello “in house” alla condizione che "l’ente eserciti sulla
società in house un controllo analogo a quello esercitato sui
propri servizi e che questa società realizzi la parte più
importante della propria attività per I'ente o gli enti pubblici
che la controllano"1.
In seguito la Giurisprudenza Comunitaria si è occupata
dell’argomento2 fino ad individuare, in particolare, tre
presupposti
che, qualora cumulativamente presenti,
giustificano la sottrazione di un servizio all'ambito di
operatività delle regole dell'evidenza pubblica:
1. la sussistenza della partecipazione pubblica totalitaria;
2. la circostanza che I'affidamento abbia luogo in favore
di soggetti sottoposti al "controllo analogo a quello esercitato
sui servizi" dell'ente;
3. il fatto che il destinatario dell'affidamento diretto
svolga la parte più importante della propria attività in favore
dell’amministrazione o delle amministrazioni che lo
controllano.
Appare evidente che i tre presupposti sono inscindibili e
che la loro compresenza consente di realizzare una forma
organizzativa valida che mutua regole del Diritto civile, cui si
__________________
Sentenza Tekal – 18/11/99
Sentenza 11/01/2005 n. C 26/2003 ‐ Stadt Halle, sentenza
21/07/2005 n. C 231/2003 ‐ Consorzio Azienda Metano‐Coname,
sentenza 19/04/2007 n. C 295/2005 ‐ Tragsa, e altre Carbotermo, Parking
Brixen.
1
2
51
Approfondimenti
aggiungono sempre nuovi e più incisivi strumenti introdotti
dal legislatore.
In sostanza, l’in house providing evidenzia un modello di
organizzazione in cui la pubblica amministrazione provvede
al perseguimento dell’interesse pubblico o alle risorse ad essa
necessarie mediante lo svolgimento di un’attività interna.
Questo modello è contrapposto al modello di outsourcing (o
contracting out) in cui, invece, l’amministrazione si rivolge al
privato
esternalizzando
l’esercizio
dell’attività
amministrativa ovvero la produzione ed il reperimento delle
risorse necessarie al suo svolgimento.
La società in house providing Capitale Lavoro S.p.A. viene
fondata nel 2002 dalla Provincia di Roma in partenariato con
il Formez, con compiti di supporto nelle attività relative alla
gestione dei Servizi per l’Impiego e della Formazione
professionale.
Nel corso degli anni successivi l’Ente Provincia di Roma
amplia gli ambiti di intervento della Società e in coerenza con
le nuove norme sulle società in house a capitale interamente
pubblico, acquisisce le quote detenute dal Formez,
divenendone unico azionista.
Inoltre a seguito di quanto previsto dalla spending review
in ambito di riordino ed efficentamento delle società
partecipate, nel 2014 procede alla fusione per
incorporazione3 della Società Provincia Attiva, anch’essa
partecipata della Provincia di Roma. Operazione questa resa
possibile dalla corretta gestione delle risorse da parte di
Capitale Lavoro S.p.A.
Il processo di riordino delle società partecipate dalla
Provincia di Roma termina a fine 2014 con l’assorbimento da
parte
di
Capitale Lavoro S.p.A. dei
lavoratori
__________________
3 delibera n° 6 del Commissario Straordinario alla Provincia di Roma
del 17 gennaio 2014
52
Agenzie pubbliche territoriali e società partecipate per il lavoro: una
questione aperta
precedentemente impiegati presso la ASP Scarl (Agenzia
Sviluppo Provincia per le Colline Romane) attualmente in fase
di liquidazione.
Dal 1 gennaio 2015 a seguito del riordino degli Enti Locali
Capitale Lavoro S.p.A. è la società unipersonale della Città
Metropolitana di Roma Capitale.
In
ambito
funzionale
La
Società
supporta
l’Amministrazione della Città Metropolitana di Roma Capitale
nell’innovazione e potenziamento dei servizi offerti alla
cittadinanza fornendo assistenza tecnico specialistica nei
seguenti ambiti:
 Lavoro (Centri per l’Impiego – Porta Futuro – Your
First Eures Job)
 Formazione professionale (Albo docenti CPFP – Scuola
del Cinema – Scuola delle Energie4)
 Nuove tecnologie (Provincia WI-FI - Progetto ALI
“Alleanza Locale per l'Innovazione”)
 Sociale (Scuola del Sociale)
 Ambiente (Banca Dati Ambientale – Efficentamento
Energetico)
 Formazione del personale della Città Metropolitana di
Roma Capitale
3.2 Il modello organizzativo
La teoria delle strutture organizzative, si sviluppa
tendenzialmente su due modelli che sono Il modello
gerarchico funzionale ed il modello a matrice.
Il primo, quello gerarchico funzionale, è caratterizzato da
una struttura di tipo meccanicistico
con una forte
segmentazione orizzontale dei processi e delle funzioni, che lo
rende poco idoneo per una Società che necessita di costante
flessibilità nell’attuazione dei processi di fornitura dei servizi.
__________________
4
In partenariato con ENEA
53
Approfondimenti
Il secondo, modello a matrice, pur non sostituendo
totalmente quello gerarchico funzionale, propone una
struttura alternativa adatta a conciliare ed ottimizzare alcuni
elementi che hanno, in molti casi, incrinato la competitività
dei sistemi di impresa tradizionali.
Capitale Lavoro S.p.A. ha adottato la struttura a matrice,
apportando alcune “varianti” in grado di renderla funzionale
al core-business proprio dell’Azienda.
La struttura organizzativa di Capitale Lavoro S.p.A. a
seguito delle due recenti acquisizioni (Provincia Attiva ed
ASP) ha subito un processo di
revisione teso
all’armonizzazione dei processi produttivi provenienti da tre
distinte realtà societarie.
Per raggiungere questo non facile obiettivo si è scelto di
non applicare pedissequamente la struttura a matrice, ma si è
adeguato il modello a quelle che sono le esigenze proprie
della Società, esaltando soprattutto il principio di
trasversalità dei processi che si estrinseca nella creazione di
piattaforme affidate ad un leader che partendo dalla fase zero
è responsabile del risultato finale. La restante struttura
organizzativa è stata distribuita in co-location, nelle
piattaforme o strutture di prodotto/processo che apportano
le competenze specialistiche occorrenti.
La peculiarità del modello è rappresentata dalla regola
della doppia relazione organizzativa in capo a molte risorse
umane che sono disposte in co-location. Queste si relazionano
con la struttura organizzativa madre a cui appartengono, che
ha il compito di alimentare, coordinare e massimizzare il
know how specialistico di cui è posta a presidio; la relazione
in rapporto alla co-location con il leader della piattaforma è
improntata alla massima collaborazione dalla fase zero al
risultato finale dell’output, garantendo al sistema
professionale il proprio contributo disciplinare (conoscenza e
capacità).
Al modello a matrice si riconoscono vantaggi in termini di
“time to market” per lo sviluppo prodotto/processo,
54
Agenzie pubbliche territoriali e società partecipate per il lavoro: una
questione aperta
integrazione e bilanciamento di vincoli e di obiettivi
funzionali e di specialità.
I punti di debolezza risiedono spesso nel fatto che tale
struttura sviluppa un eccesso di fabbisogni non sempre
sostenibili e mobilitabili nell’economia delle mansioni
presenti in azienda.
Quest’ultimo è il vero gap da superare in Capitale Lavoro,
creando funzioni pluriprofessionali, attraverso percorsi di
aggiornamento e formazione.
Di seguito si mostra la struttura centrale della Società, che
racchiude il nucleo direzionale e le funzioni di sviluppo e di
produzione.
3.3. Disciplina del personale di Capitale Lavoro
55
Approfondimenti
Capitale Lavoro S.p.A. vista la sua natura di società
operante nel settore dei servizi applica il CCNL del Terziario
della Distribuzione e dei Servizi, cui si si aggiunge il Contratto
Integrativo Aziendale stipulato nel febbraio 2010 che
garantisce trattamenti di miglior favore in diversi ambiti
(malattia, infortunio, anticipazioni del TFR, permessi e
congedi retribuiti, diritto allo studio, formazione finanziata,
ecc.).
4. Agenzia regionale per il lavoro della regione Sardegna :
storia e struttura
4.1. Prima del 2005
L’attuale Agenzia regionale per il lavoro nasce nel
dicembre 2005, con la Legge regionale n. 20 sulle
fondamenta5 di una fra le prime Agenzie per l’impiego
istituite in Italia, l’Agenzia regionale del lavoro della
Sardegna, costituita nel 1988.6
L’Agenzia regionale del lavoro nasce con una struttura
organizzativa leggera e come istituzione di confine tra il
sistema politico-amministrativo e quello economico sociale.
Per questa ragione l’Agenzia non ha in origine personale
proprio a tempo indeterminato, ma solo dipendenti assegnati
temporaneamente dall’amministrazione regionale, consulenti
o con contratti a tempo determinato.7 Inoltre, è dotata di una
sorta di consiglio di amministrazione definito “Comitato del
lavoro”, presieduto dall’Assessore regionale del lavoro e
composto da rappresentanti delle parti sociali (i tre sindacati
maggiormente rappresentativi e tre rappresentanti delle
associazioni datoriali e cooperative), dal consigliere di parità
__________________
Legge regionale 5 dicembre 2005, articolo 15, comma 6
Legge regionale 24 ottobre 1988, artt. 25-44
7 Ibid., art. 43
5
6
56
Agenzie pubbliche territoriali e società partecipate per il lavoro: una
questione aperta
e da tre direttori generali (il direttore dell’Agenzia, il direttore
dell’Ufficio regionale del lavoro e il direttore del Centro
regionale di programmazione). L’Agenzia nasceva come
strumento di attuazione delle politiche del lavoro regionali,
ma aperta alle “contaminazioni” derivanti dal suo status di
struttura tra pubblica amministrazione e sistema privato.
La legge prevedeva anche la struttura dell’Agenzia,
organizzata in quattro settori: Amministrativo contabile,
Osservatorio del mercato del lavoro, Studi e ricerche e
ispettivo. Dal momento che tale struttura era fissata per legge
poteva essere modificato esclusivamente con norma.
Di fatto, l’Agenzia ebbe il suo core business nell’istruttoria
ed erogazione degli incentivi alle imprese per l’assunzione di
lavoratori8 e in quell’attività concentrò principalmente i
propri sforzi. A fine
1998 questa competenza passò
dall’Agenzia all’Assessorato del lavoro, inaugurando così un
periodo in cui le funzioni – escluse quelle di produrre
periodicamente un rapporto sul mercato del lavoro curato
dall’Osservatorio – non furono chiarissime.
Nel 2001, con un cambio di direzione, l’Agenzia iniziò a
lavorare per progetti, sia predisponendone di propri e
diffondendoli sul territorio, come il progetto “Giovani e
Lavoro”, sia sviluppando progettualità con l’utilizzo di fondi
comunitari, un progetto sul programma Adapt dedicato al
lavoro verde e soprattutto il progetto EDA, finanziato con
l’art. 6 – azioni innovative del Fondo sociale europeo.
Quest’ultimo
progetto,
realizzato
con
un’ampia
collaborazione regionale (oltre all’Agenzia, soggetto capofila,
l’agenzia tecnica In.Sar., le quattro province “storiche” – allora
le uniche istituite – della Sardegna, i centri studi delle
Università di Cagliari e Sassari, CRENoS e CSRI), che
__________________
8
Ibid., art. 7
57
Approfondimenti
elaborarono anche una proposta per i nuovi servizi per
l’impiego in Sardegna.
Il rilancio delle attività dell’Agenzia si scontrava con la
precarietà delle risorse umane disponibili, tant’è che nel
20029 fu approvata la norma che stabilizzò il primo nucleo di
dipendenti (ne seguiranno altre), alcuni dei quali prestavano
servizio, di proroga in proroga, dai primi anni ‘90. Pur
disponendo di personale proprio a tempo indeterminato,
l’Agenzia però non poteva bandire che concorsi per contratti
a termine, in ossequio della legge istitutiva.
L’Agenzia quindi promosse in quel periodo diversi
progetti, iniziò le attività di orientamento, utilizzando anche
strumenti di inserimento professionale come il tirocinio
extracurriculare, in anticipo rispetto all’istituzione dei servizi
per l’impiego e partecipò a diversi progetti a finanziamento
nazionale e comunitario. Tutto questo mantenendo la stessa
struttura organizzativa prevista nel 1988, ma forzando
nell’organizzazione per progetto. Per far fronte alla necessità
di personale (l’Agenzia poteva disporre di 33 funzionari, di
cui 19 a tempo indeterminato), l’Agenzia utilizzò diversi
espedienti: concorsi per l’assunzione a termine di personale
già impegnato in un progetto di volontariato internazionale
(con un rovesciamento di senso rispetto a come tale attività è
immaginata10, personale dei Monopoli di stato transitati nel
Ministero delle Finanze.
__________________
Legge regionale 8 luglio 2002 n. 11, art. 3
Infatti, se generalmente per volontariato internazionale si intende la
partecipazione a progetti da realizzare in paesi cosiddetti “poveri”, nel
caso in questione il paese “povero” che doveva beneficiare dei volontari fu
la Sardegna e l’obiettivo fissato fu quello dell’animazione economica
internazionale dell’economia isolana. Per questa ragione fu selezionata
una dozzina di giovani laureate che frequentarono sei mesi di formazione
in Sardegna e poi furono inviate per altri sei mesi nelle Camere di
Commercio italiane di Lisbona, Madrid, Londra e Ginevra.
9
10
58
Agenzie pubbliche territoriali e società partecipate per il lavoro: una
questione aperta
4.2. La Legge regionale n. 20 del 2005
Il 5 dicembre 2005 il Consiglio regionale, costituito qualche
mese prima, approva una nuova legge organica sulle politiche
attive del lavoro e istituisce il sistema dei servizi per il lavoro,
fino ad allora avviato in via sperimentale con i fondi del Fse,
sul Programma operativo regionale 2000-2006.
La legge interviene sostanzialmente sull’Agenzia,
trasformandola in Agenzia regionale per il lavoro, organismo
tecnico della regione e
modificandone la struttura:
spariscono i vecchi organi, il Comitato del lavoro e l’Ufficio di
presidenza del Comitato del lavori, per indicarne di nuovi, il
Direttore e il Collegio dei revisori dei conti. All’Agenzia è
riconosciuta personalità giuridica pubblica e autonomia
organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile e
personale proprio.
Il personale dell’Agenzia è equiparato dal punto di vista
economico e giuridico a quello dell’Amministrazione
regionale (anche se solo successivamente11 sarà formalmente
inserito nel comparto contrattuale regionale e gli sarà
applicata la legislazione regionale in materia di personale).
L’Agenzia, pur mantenendo un pluralità di funzioni, è
anche “soggetto istituzionale, attore necessario dei servizi
pubblici per il lavoro”.12 In verità, non è mai stato definito in
modo preciso il ruolo dell’Agenzia all’interno della
governance tecnico politica del sistema pubblico dei servizi
per il lavoro e quindi tra Regione e Province (chi ha
competenze i materia di politiche attive e servizi per il lavoro
e chi ne ha le funzioni di erogazione) e tra struttura quali
l’Assessorato, i Centri servizi per il lavoro (così si chiamano in
Sardegna i Centri per l’impiego) e Agenzia regionale per il
__________________
11
12
Legge regionale 4 agosto 2011, n. 16
Legge regionale n.20/2005 cit., art. 4, comma 2
59
Approfondimenti
lavoro. Questa situazione si dovette anche alla particolare
condizione contrattuale degli operatori dei servizi
specialistici, retribuiti per lungo tempo con fondi FSE.
In ogni caso l’Agenzia si ritaglia uno spazio sia per quanto
attiene la progettazione comunitaria (l’Agenzia partecipa a
numerosi progetti sia come soggetto capofila, sia come
soggetto partner), sia in programmi di ampio respiro e
considerevoli finanziamenti (il Programma Master and Back),
sia per quanto riguarda l’utilizzo di alcuni strumenti di
inserimento lavorativo, in particolare il tirocinio formativo e
di orientamento. L’Agenzia inoltre facilità la mobilità
territoriale dei giovani lavoratori con il centro MOVE e la
cultura d’impresa con il progetto Imprendiamoci.
4.3. La situazione attuale
Oggi l’Agenzia è in una fase di grande trasformazione e
dopo anni di “ambiguità” della propria missione organizzativa
pare definirsi meglio quello che sarà il suo compito
principale: la gestione dei servizi per il lavoro all’interno di un
processo di regionalizzazione delle competenze.
La Sardegna è stata fra le prime regioni ad affrontare
questo tema anche per motivi contingenti: la sistemazione di
qualche centinaia di lavoratori, già impegnati nei Centri
servizi per il lavoro e nei CeSIL (centri per l’inserimento
lavorativo di soggetti svantaggiati, in capo a comuni e unioni
dei comuni) per i quali per anni si è cercata una soluzione
lavorativa.
La necessità di garantire i servizi specialistici,
dall’orientamento all’incontro fra domanda e offerta di lavoro,
del sistema pubblico ha portato il legislatore a indicare
l’Agenzia quale “datore di lavoro” di questi operatori, pur
60
Agenzie pubbliche territoriali e società partecipate per il lavoro: una
questione aperta
mantenendo immutate le sedi di servizio (a parte
un’eccezione nella provincia di Sassari).13
Questo “espediente” ha costretto il legislatore a elaborare
un principio che potrebbe poi essere, in embrione, quello che
potrà sviluppare l’Agenzia per il lavoro futura, ovvero quella
direttamente impegnata nella riorganizzazione e gestione dei
Centri servizi per il lavoro sul territorio e nell’erogazione
delle non poche misure che prevedono il diretto
coinvolgimento dei servizi per il lavoro. Il legislatore
regionale infatti prevede fra i compiti dell’Agenzia quello di
collaborare per garantire l’integrazione fra servizi per il
lavoro e politiche del lavoro “nel rispetto delle attribuzioni
spettanti alle Province e alla Commissione regionale per i
servizi e le politiche del lavoro.14 La Regione Sardegna però,
attraverso un referendum, il 6 maggio 2012 ha abolito le
province di nuova istituzione15, con effetto anche su quelle
storiche, tant’è che oggi si sta discutendo di una legge
organica di riordino delle autonomie locali in Sardegna.
Mancando le province è necessario quindi individuare sia un
nuovo ambito territoriale di competenza dei servizi per il
lavoro (e qui il dibattito nazionale sulle criticità del livello
provinciale è stato arricchito dai risultati del Programma
Garanzia Giovani), sia il o i nuovi soggetti.
L’Agenzia, per raggiungere l’obiettivo di integrare servizi e
politiche del lavoro può “territorializzarsi dinamicamente”
presso le sedi operative dei Centri servizi per il lavoro16 e può
“anche a integrazione della loro operatività”, d’intesa con le
Province e in collaborazione con i CSL svolgere attività di
__________________
Legge regionale 8 febbraio 2013 n. 3, art. 5
L.R. n. 20/2005 cit., art. 15, comma 2
15 Province di Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e OlbiaTempio
16 L.R. n. 20/2005 cit., art. 15, comma 2 bis, introdotto dalla Legge
regionale 26 luglio 2013, n. 17
13
14
61
Approfondimenti
competenza dei CSL17. Dal punto di vista normativo quindi la
regionalizzazione dei servizi per il lavoro, anche se con alcuni
limiti, di fatto è prevista: l’Agenzia infatti può svolgere con
proprie strutture attività di competenza provinciale in
materia di servizi per il lavoro. Naturalmente, l’esperienza
insegna che senza una definizione precisa della governance
sarà difficile (se non impossibile) svolgere queste funzioni
con l’efficacia necessaria per gestire i nuovi servizi per il
lavoro, quelli che dovranno supportare l’approccio proattivo
dell’offerta di lavoro a cui sta dando grande impulso l’UE. A
ben vedere, lo stesso programma Garanzia Giovani integra
servizi e politiche del lavoro e introduce principi di gestione
per obiettivi, tempi certi di realizzazione e “condizionalità”
del beneficio. La norma regionale fissa la dotazione organica
dell’Agenzia in 480 unità18, ad oggi l’Agenzia ha in carico 398
dipendenti, a cui si applica il contratto collettivo regionale del
lavoro, 91 sono a tempo indeterminato e 307 sono a tempo
determinato e distribuiti sul territorio, comandati presso le
Province, i Comuni e le Associazioni dei comuni (lavoratori
CSL, CeSIL e Agenzie di sviluppo).
Ultimo elemento, ma non irrilevante, l’Agenzia ha un’unica
posizione dirigenziale, quella del direttore generale. Il resto è
personale non dirigenziale. La struttura organizzativa, di
fatto, è rimasta quella della L.R. n. 33/88, ovvero di due livelli,
direttore generale e settori. Manca quindi il livello
dipartimentale o come sono definiti nell’articolazione
organizzative regionale, dei servizi.
La nuova proposta organizzativa dell’Agenzia prevede
almeno quattro servizi, due di supporto e due tecnici
(progetti comunitari/progettazione politiche del lavoro e
Servizi per il lavoro).
__________________
17
18
Ibid. Art. 15, comma 2 ter
Legge regionale 20 dicembre 2013 n. 38, art. 1, comma 4
62
Agenzie pubbliche territoriali e società partecipate per il lavoro: una
questione aperta
Riferimenti bibliografici
Capitale Lavoro S.p.A. ORGANIZZAZIONE – MODELLO
ORGANIZZATIVO
–
ORGANIGRAMMA
www.capitalelavoro.it
Chiantera G., Pettinato D., Il modello organizzativo dell’in
house providing, in http://www.altalex.com/, 7 luglio 2007
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti
Contabili, Aspetti regolamentari delle società "in house", in
www.cndcec.it/MediaContentResource.ashx?