RISURREZIONE DEL SIGNORE Anno A Gv 20,1-18 Il racconto di risurrezione della tradizione giovannea presenta caratteristiche comuni ai sinottici ma molte altre risultano proprie; scompare l'annuncio dell'angelo alle donne e scompaiono anche le donne sostituite da Maria Maddalena e dall'insolita presenza al sepolcro di due discepoli: Pietro e il "discepolo che Gesù amava”1. Rimangono la collocazione temporale all'alba del primo giorno della settimana, la pietra rotolata via e l'apparizione del Risorto nei pressi del sepolcro. La narrazione si suddivide in tre scene: l'arrivo di Maria al sepolcro, quando era ancora buio, il suo sconcerto e la sua corsa ad avvertire i discepoli; l'arrivo di Pietro e dell'altro discepolo al sepolcro e la constatazione che ciò che era stato riferito da Maria corrispondeva a verità; la scena finale con l'apparizione di Gesù a Maria2e il messaggio da portare ai discepoli dove ad essere sottolineata è la condizione nuova, gloriosa, nella quale Cristo è entrato. Subito ad una prima lettura non può sfuggire l'insistenza su alcuni verbi sui quali l'evangelista ritorna costantemente quasi a voler richiamare l'attenzione del lettore. Il primo è il verbo vedere, uno dei più significativi nel linguaggio giovanneo 3.Nel nostro testo compare ben sette volte e appartiene a ciascuno dei tre personaggi che animano la scena. Maria vede la pietra rotolata via, vede gli angeli, vede Gesù che scambia per il giardiniere e il Risorto che annuncerà ai discepoli. Pietro vede le bende e il sudario che ancora conservano la forma del corpo che avvolgevano. Anche il discepolo vede la stessa cosa e l'evangelista lo ripete per ben due volte con due diversi epiloghi che andremo a vedere. Il secondo verbo è conoscere/sapere4; è usato tre volte: Maria non conosce il luogo dove hanno posto il corpo del Signore; i discepoli non conoscono la Scrittura circa la risurrezione di Gesù dai morti; di nuovo Maria non conosce Gesù che le parla e lo scambia per il custode del giardino. Il terzo verbo è presente solo una volta ma si trova in posizione centrale rispetto a tutta la narrazione ed è il cuore di tutto il racconto: credere. Appartiene al discepolo amato che "vide e credette". Questi tre verbi sono sintomatici di tre percorsi di fede, di tre diversi modi di rapportarsi al mistero pasquale. Essi caratterizzano l'azione di altrettanti personaggi che diventano tre esempi del credente. Maria è la prima a recarsi al sepolcro. L'evangelista annota che era talmente presto da essere buio5. Oltre ad essere una connotazione temporale l'aggettivo ci parla della situazione di grande sofferenza in cui si trova Questo discepolo compare solo a partire dall'ultima cena ed è descritto come colui che occupa un posto particolare nell'amore di Gesù e ne gode il favore. La tradizione lo identifica con l'apostolo Giovanni sotto la cui paternità è' posto il quarto vangelo. Ma questa figura, pur conservando il suo substrato storico, diventa il modello del discepolo credente che "arriva prima" a riconoscere il Signore (cfr. 21,7). Egli rappresenta il primato della fede e dell'amore anche sull'autorità rappresentata da Pietro. 1 Questo terzo momento viene omesso nella lettura liturgica e rimandato al martedì dell'ottava. Tuttavia per continuità e per una maggiore comprensione, è bene leggerla nella sua integrità. 2 Giovanni usa cinque diversi verbi che noi traduciamo con "vedere". Nonostante molti studiosi sostengano un uso particolare per ciascun verbo non è possibile affermarlo in modo univoco. Tuttavia è vero che Giovanni gioca molto con il verbo “vedere” che diventa veicolo del credere o del non credere. 4 Il verbo è il medesimo in tutte e tre le ricorrenze anche se tradotto con modalità diverse; indica capacità di comprensione e di conoscenza 3 Anche riguardo al tradimento di Giuda l’evangelista fornisce una connotazione temporale che rimanda anche ad una situazione spirituale quando annota che egli uscì ed “era notte” (cfr. Gv 13,30) 5 questa donna presente sotto la croce e attenta osservatrice degli eventi 6. Ella vede dei segni: la pietra rotolata via, gli angeli seduti all'interno del sepolcro e lo stesso Gesù. Ma questi segni non le parlano. Il suo è un vedere che non la mette in condizione di comprendere. Nella sua prima corsa affannata verso i discepoli ella non può portare altro che il suo sconcerto, il suo non capire e non sapere. Chiusa dentro i suoi orizzonti, avvolta nel buio di quel mattino non riesce a scorgere quella novità di cui il Signore aveva già preannunciato l'avvento. Non servono gli angeli a sollevare il velo di oscurità che circonda il suo cuore, nonostante le loro vesti bianche. Non serve neppure Gesù stesso che le parla perché è troppo concentrata sul suo non sapere dove è il Signore. Aggrappata alla sua esperienza passata è incapace di scorgere la novità del mistero che, anche nel suo aspetto positivo (gli angeli, Gesù che le parla), resta sconcertante e irriconoscibile. Avrà bisogno della voce di Dio che la chiama ad un superamento di se stessa per poter infine conoscere dove è il Signore. Allora, si, diverrà messaggera del Risorto e portatrice dell'annuncio: ho visto il Signore. Anche Pietro dimostra la stessa incapacità di leggere i segni. Anche lui corre, entra nel sepolcro e vede le bende stese a fasciare un corpo che non c'è più. Ma è un segno, per quanto forte 7, che non porta alla fede. Il motivo di questa cecità che caratterizza sia Pietro sia Maria è detto al v. 9: non avevano ancora capito (letteralmente non sapevano) la scrittura secondo la quale Gesù doveva risorgere dai morti. Infine abbiamo il terzo protagonista della storia: il discepolo che Gesù amava. Anche lui vede quello che vede Pietro e per due volte: la prima dall'esterno 8, la seconda all'interno. Ed è solo in questa circostanza che l'evangelista annota che vide e credette. Egli solo è pronto a discernere in quelle bende non sciolte la traccia del Signore risorto. A cosa è dovuta questa sua capacità di intuizione? L'unica ragione che possiamo addurre è che si tratta del discepolo che Gesù amava. Gli esegeti parlano di una chiaroveggenza dell'amore che rende lo sguardo particolarmente attento nello scrutare e leggere i segni. Il discepolo amato dimostra più volte di avere un cuore illuminato capace di vedere e di conoscere la dove gli altri non vedono e non conoscono. Tuttavia non possiamo non notare che la sottolineatura del versetto nove, non avevano ancora conosciuto la Scrittura, comprende anche lui. In effetti suona strano 9ma se pensiamo all'episodio di Tommaso 10allora il senso si chiarifica. Il discepolo vede e crede ma sappiamo bene che il Risorto nel cenacolo dichiara beati quelli che pur non avendo visto crederanno. Il discepolo amato ebbe bisogno di vedere per credere e questa necessità di vedere si spiega col fatto che anche lui non aveva ancora capito le Scritture. Se le avesse conosciute non avrebbe avuto bisogno di vedere, perché la Scrittura11è essa stessa testimonianza della risurrezione. In questo modo l'evangelista afferma la fede del discepolo ma insieme la corregge constatando la presenza del non ancora. Maria e il discepolo giungono alla fede ma non è ancora la fede piena, quella ecclesiale, basata sulle Scritture e sulla testimonianza, ma ancora sul vedere. Si tratta di un itinerario di fede ancora all'inizio perché il discepolo è prigioniero di un non sapere che lo appesantisce e lo rende impreparato all'avvenimento 12.Questa Sia Marco che Matteo segnalano la sua presenza sotto la croce e come ella abbia osservato dove veniva posto il corpo di Gesù. Ella appare come una delle discepole più fedeli. 6 La posizione particolare in cui si trovano sia le bende sia il sudario, ovvero come se il corpo fosse ancora lì dentro, testimoniavano che non poteva essere stato trafugato. 8Giunge per primo al sepolcro, vede ma non entra. 7 Si è fatta più volte l'ipotesi che il versetto sia stato inserito in una redazione posteriore. Tuttavia esso è presente nella redazione finale e quindi deve essere letto in questo contesto. 10 Gv 20, 24-31 9 Giovanni insiste molto lungo il suo Vangelo su questa incapacità di capire la Scrittura in relazione alla persona e all'opera di Gesù. Cfr. 2,22 11 Esempi di questo non sapere sono disseminati in tutto il vangelo: a Cana il capotavola non sapeva la provenienza del vino; la samaritana non sapeva il dono di Dio né chi era colui che le chiedeva da bere; nell'ultima cena i discepoli non sanno dove Gesù stia andando. 12 sottolineatura dell'incomprensione e della difficoltà di credere evidenziano come l'uomo vecchio sia incapace di penetrare il mistero della risurrezione la sua novità inattesa e sorprendente. La beatitudine dell'uomo nuovo, che crede pur non avendo visto, deve attendere i doni messianici effusi dal Risorto nel cenacolo: lo Spirito santo che porta la pace e il perdono dei peccati. Questo è il traguardo del discepolo.