il drenaggio linfatico manuale

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IL RUOLO ATTUALE DEL DRENAGGIO LINFATICO MANUALE
Dr. Domenico Corda
Responsabile Scientifico Nazionale per la Linfologia della S.I.F(Società Italiana di Flebologia)
Segretario della Sezione di Studio e Terapia dell'Edema della S.I.M.F.E.R.(Società Italiana di
Medicina Fisica e Riabilitazione)
Docente di Fisioterapia Decongestiva Manuale Combinata
Per decenni in Italia, spesso a torto, la cura del linfedema è stata identificata con il solo drenaggio
linfatico manuale. Varie tecniche e metodiche sono state sviluppate da quando a fine 800
Winiwarter aveva messo a punto una prima rudimentale tecnica di drenaggio linfatico manuale.
Emile Vodder, negli anni ’30, fu il primo a standardizzare una sua metodica. In quegli anni però le
scarse tecnologie scientifiche e diagnostiche a disposizione hanno impedito un ulteriore sviluppo di
tale metodica, priva quindi di conferme scientifico-strumentali. Il Prof. M. Foldi in Germania,
partendo dal metodo Vodder, sviluppò una tecnica particolarmente studiata e adattata ai pazienti
portatori di flebolinfedema e di linfedema in particolare. Dal canto suo il Prof. A. Leduc in Belgio
mise a punto una metodica caratterizzata da manualità completamente diverse da quelle tedesche e
ne studiò gli effetti sul riassorbimento linfatico e sul trasporto linfatico utilizzando la
linfoscintigrafia. Questa tecnica diagnostica permetteva, e permette tuttora, di studiare le varie fasi
dell’avanzamento della linfa anche durante il trattamento con drenaggio linfatico manuale, ad es.
negli arti inferiori, dal piede fino alle stazioni linfonodali inguinali. Con la linfoscintigrafia si sono
evidenziati gli effetti del drenaggio linfatico manuale sul passaggio della linfa attraverso gli
spartiacque linfatici regionali, studiati anche dal Prof. J. Casley Smith; il superamento di queste
barriere, ritenute fino allora insuperabili, si può ottenere mediante l’applicazione di manualità
specifiche, messe a punto in maniera del tutto particolare da M. Foldi. I lavori di Leduc, Foldi,
Casley Smith e Ferrandes non lasciano dubbi sul fatto che il drenaggio linfatico manuale agisca
sulle strutture linfatiche favorendone il riassorbimento e la progressione della linfa. I lavori di
Leduc, supportati anche da un gran numero di autopsie effettuate su cadaveri umani, dimostrano
chiaramente che mediante il drenaggio linfatico manuale si riesce a portare la linfa da un territorio
linfatico ad un altro limitrofo, ad es. da un arto inferiore all’ascella omolaterale, superando gli
spartiacque linfatici di adiacenti territori anatomo-funzionali (nell’esempio attraverso la via axilloinguinale) e facendo progredire, per così dire, controcorrente e contro il flusso fisiologico, la linfa.
Considerata quindi la validità funzionale del drenaggio linfatico manuale, dimostrata anche con
tecniche strumentali riconosciute, standardizzate, ripetibili e quindi valide (linfoscintigrafia,
ecografia ad alta risoluzione, etc.) resta da considerare se da sola questa tecnica risulta sufficiente
terapia per l’edema e per il linfedema in particolare. Negli anni 1999- 2001, nel nostro Centro,
avviammo uno studio sul trattamento di pazienti portatori di linfedema dal 3° al 5° stadio, secondo
la stadiazione clinica di Brunner. Questi pazienti sono stati trattati prima con solo drenaggio
linfatico manuale (come da prescrizione medica), quindi con fisioterapia decongestiva manuale
combinata (terapia in linea con la più conosciuta fisioterapia decongestiva complessa di Foldi),
dopo nostra attenta valutazione e prescrizione. I dati dello studio li abbiamo comunicati in
occasione del Congresso Nazionale Simfer del 2001 e del Congresso Mondiale di Linfologia dello
stesso anno. Tra tutti i pazienti reclutati, quelli con stadio clinico IV che avevano accettato di
sottoporsi dopo il ciclo di drenaggio linfatico manuale ad un ulteriore ciclo di trattamento
combinato, effettuato manu medica dallo stesso fisiatra, sono stati circa una trentina. Pur non
essendo un numero in assoluto molto elevato, pur tuttavia hanno rappresentato un numero
sufficiente di casi essendo stati trattati in maniera continuata sempre dallo stesso medico, con gli
stessi materiali e nella stessa sede; essa rappresenta quindi una statistica che si riferisce ad una
metodica effettuata sempre e solo dallo stesso operatore, il Dr. D. Corda, che durante il trattamento
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manuale effettuava contemporaneamente e quotidianamente valutazioni cliniche accurate. Le
tabelle dei risultati sono state pubblicate in Europa Medicophysica, Giornale Ufficiale della
Federazione Europea e della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitazione, (Vol. 37, Suppl. 1,
n°3 - Sept. 2001). Ogni paziente ha rappresentato in questo studio il caso ed il controllo di se stesso,
eliminando in questo modo tutti gli eventuali bias legati al campionamento di due gruppi differenti
di pazienti; è impossibile, infatti, creare due gruppi omogenei di pazienti portatori di linfedema, dal
momento che le variabili cliniche sono tantissime e impossibili da controllare: eziopatogenesi del
linfedema, primario o secondario, tempo di esordio, grado evolutivo della fibrosi, episodi
linfangitici in anamnesi, differente intervento chirurgico di resezione e di linfoadenectomia per i
linfedemi secondari oncologici, presenza di eventuali vie collaterali ed anastomotiche, etc.etc. In
breve, in termini di riduzione del volume degli arti, i risultati ottenuti mediante il ciclo di
trattamento con solo drenaggio linfatico manuale erano completamente privi di significatività
statistica rispetto ai risultati ottenuti mediante il ciclo di trattamento con fisioterapia decongestiva
manuale
combinata.
Basandoci sulla nostra esperienza ci sentiamo quindi di consigliare cicli di solo drenaggio linfatico
manuale esclusivamente per i linfedemi negli stadi più iniziali (stadio I), sempre in associazione al
tutore elastocontenitivo e sempre all’interno di un progetto riabilitativo personalizzato, appropriato
e costantemente aggiornato. Ciononostante, bisogna affermare che il drenaggio linfatico manuale
resta un pilastro fondamentale della terapia manuale combinata. Nella preparazione delle stazioni
linfonodali (quando presenti), nella preparazione e nell’apertura degli spartiacque linfatici regionali,
nel convogliamento della linfa dalla radice dell’arto (dove solitamente viene concentrata dal
bendaggio) al territorio limitrofo libero da edema, il drenaggio linfatico manuale trova ancora oggi
le sue indicazioni più importanti nel trattamento del linfedema, soprattutto quando questo è
caratterizzato dall’assenza importante di flusso linfatico a livello della stazione linfoghiandolare
territorio-competente.
Ribadita l’importanza e le indicazioni del drenaggio linfatico manuale, va pure detto che vanno
smentite alcune regole inerenti l’applicazione dello stesso, ritenute fino ad oggi fondamentali per
non dire assolute. La frequenza delle manualità, il numero dei passaggi manuali, il ritmo, la
pressione superficiale di soli 5-10 mmHg, non vanno più considerate come regole assolute. Queste
regole, in effetti, sono valide quando si tratta un sistema linfatico normale, perfettamente
funzionante. In un linfedema di 3°- 4° o 5° stadio, con un grado avanzato di fibrosi, il sistema
linfatico non può essere trattato come se fosse normale, soprattutto quando proprio le alterazioni di
esso sono causa dell’edema (linfedema meccanico, secondo Foldi). Tutto il trattamento manuale, e
quindi anche il drenaggio linfatico manuale, deve essere personalizzato con riferimento alle
condizioni cliniche dei tessuti colpiti dall’edema. L’unica guida nel nostro lavoro sono le nostre
mani. La valutazione clinica ispettiva e soprattutto la valutazione palpatoria, effettuata da mani
esperte che quotidianamente entrano in contatto con i tessuti dei pazienti, è l’unica in grado di
guidare
direzioni,
pressioni,
frequenza
e
tipologia
di
manualità.
Resterebbe da considerare, infine, quale tecnica, tra quelle proposte da Vodder, Foldi, Leduc,
Casley Smith etc, sarebbe la migliore per il trattamento del paziente con linfedema. Conoscendole
tutte, e utilizzandole comunemente e contemporaneamente in uno stesso paziente, resta difficile
preferirne una sola, anche perché da tutte si possono trarre utili ausili nelle situazioni più disparate
e complicate. Ai nostri allievi quindi, nei corsi di riabilitazione flebolinfologica, trasmettiamo tutta
la nostra esperienza che esula dal rigido schematismo di una tecnica ben definita. Detto questo è
doveroso ricordare che anche alcune delle manualità del massaggio più tradizionale, effettuate
sempre in senso drenante e senza sfregamento della cute, si rendono spesso utili in pazienti con
linfedema
laddove
esistano
placche
fibrotiche
più
resistenti.
Bibliografia
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