A
Alberto Bernardino Mariantoni
La memoria della realtà
Le leggi razziali fasciste del 
Prefazione di
Augusto Sinagra
Copyright © MMXIII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
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via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
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senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: giugno 
Indice

Prefazione
di Augusto Sinagra

Capitolo I
I fatti prima delle chiacchiere
.. I testi di quelle leggi,  – .. Sappiamo tutto su quelle leggi?, 
– .. Nulla nasce dal nulla,  – .. Il “razzismo” del Fascismo,  –
.. Interpretazioni a proposito di quelle Leggi, .

Capitolo II
Come mai, allora, le « Leggi razziali » fasciste?
.. Come mai, allora, le « Leggi razziali » fasciste?,  – .. La Guerra di Spagna (–),  – .. I motivi che spinsero Mussolini ad
interessarsi della Guerra di Spagna,  – .. L’inevitabile intervento
italiano,  – .. Il peso dei supporti militari e logistici internazionali, 
– .. Il fenomeno delle Brigate Internazionali,  – .. Gli Agenti del
Komintern,  – .. Che cosa erano e quante erano quelle Brigate, .

Capitolo III
Una parentesi per risituare l’intera problematica nel suo contesto
.. Gli antifascisti italiani in Spagna,  – ... La « Colonna Rosselli », 
– ... La « Centuria Gastone Sozzi »,  – ... Il « Gruppo Picelli »,  –
... Il « Batallón de la Muerte »,  – ... Il « Battaglione Garibaldi »,  –
.. La reale Battaglia di Gadalajara,  – .. Le forze repubblicane in
campo,  – .. Come andò realmente,  – .. La smobilitazione, .

Capitolo IV
Il fenomeno giudaita internazionale in Spagna
.. I Giudaiti,  – .. Quanti Giudaiti affluirono nella Penisola iberica?,  – .. I Giudaiti comunisti,  – .. I Giudaiti comunisti nella

La memoria della realtà

Guerra di Spagna,  – .. I piloti giudaiti internazionali dalla parte dei
repubblicani spagnoli., .

Capitolo V
Nomi, gradi e responsabilità militari dei Giudaiti delle Brigate
Internazionali
.. Il Comando generale delle B.I. di Albacete,  – .. XI Brigata
Internazionale,  – .. XII Brigata Internazionale,  – .. XIII Brigata Internazionale,  – .. XIV Brigata Internazionale,  – .. XV
Brigata Internazionale,  – .. Unità aggregate o associate alla XV
Brigata Internazionale,  – .. Artiglieria Brigatista ,  – .. Altre
Formazioni militari e paramilitari internazionali,  – .. Altri Giudaiti
brigatisti,  – .. I Giudaiti della Stampa internazionale in Spagna, 
– .. I traduttori e traduttrici delle B.I. ,  – .. I Giudaiti dei Servizi
medici e sanitari brigatisti,  – .. Qualche curiosità sui Giudaiti in
Spagna,  – .. I Giudaiti italiani, .

Capitolo VI
La reazione di Mussolini e del Governo di Roma
.. La reazione di Mussolini e del Governo di Roma,  – .. Le prove a proposito di quella reazione,  – .. Stalin, « l’anti–razzista » (la
reazione del capo del Kremlino nei confronti del medesimo fenomeno),  – .. L’altra « faccia » della medesima reazione,  – .. Una
retrospettiva storica istruttiva,  – .. Il sospetto di un « complotto
mondiale », .

Capitolo VII
Un eloquente « giro d’orizzonte » corredato da nomi, cariche e
responsabilità
.. I Giudaiti e la Rivoluzione bolscevica,  – .. I Giudaiti nell’apparato sovietico,  – .. Medesima constatazione fuori dell’URSS,  – Lega
di Spartakus,  – Movimento insurrezionale filo–bolscevico bavarese,  –
Repubblica Ungherese dei Consigli,  – Partito Comunista Austriaco, 
– Partito Comunista Tedesco,  – Partito Comunista Polacco,  – Partito
Comunista Ungherese,  – Partito Comunista Iugoslavo,  – Partito Comunista di Romania,  – Partito Comunista francese,  – Partito Comunista
Svizzero,  – Altri Partiti Comunisti europei,  – I due Partiti Comunisti
Statunitensi,  – .. Altri Partiti Comunisti e Socialisti nel mondo, .
Indice


Capitolo VIII
Ancora altri nomi e cognomi
.. I Giudaiti terroristi e killers politici,  – .. I Giudaiti nel “campo
capitalista”,  – .. Influenza giudaita in Germania e Austria (),  – .. La lobby giudaita internazionale contro la Germania, 
– .. La Stampa giudaita USA contro l’Italia,  – .. I Giudaiti nel
Governo e dintorni, in Francia,  – .. I Giudaiti nel Governo e
dintorni in Gran Bretagna,  – .. I Giudaiti in altri Paesi europei,  –
.. I Giudaiti in altri Paesi del mondo,  – .. I Giudaiti nel Governo
e dintorni negli Stati Uniti d’America,  – .. Per quanto riguardava
l’Italia, .

Capitolo IX
Quesiti e riflessioni
.. Come avrebbe reagito il lettore nel medesimo contesto?,  –
.. Avrebbe potuto essere altrimenti?,  – .. Dichiarazione sulla
razza,  – .. Analisi del testo di quella Dichiarazione,  – .. Rileggiamo i dettagli di quelle Leggi,  – ... Ebrei di cittadinanza italiana,  – ... Discriminazione fra gli ebrei di cittadinanza italiana,  –
.. Gli altri ebrei,  – .. Nonostante le sue “Leggi razziali”, come si
comportò il Regime fascista nei confronti dei Giudaiti?, .

Capitolo X
I campi italiani per i Giudaiti
.. -: I “lager” italiani per giudaiti,  – .. In casi simili o
comparabili: come si comportarono gli “altri”?,  – .. Israele, anche se nel  non esisteva ancora come Stato,  – .. Vediamo
come si comportarono i francesi,  – .. I responsabili del Governo
britannico: i campi di concentramento britannici per tedeschi, italiani
e giapponesi,  – .. I responsabili del Governo degli Stati Uniti d’America: i campi di concentramento USA per tedeschi, italiani e
giapponesi,  – .. I campi di concentramento USA per arabi, simpatizzanti dell’Asse e per i neutrali Aleut. Le Guantanamo e gli Abu Ghraib
dell’epoca,  – .. Per i cittadini del proprio Paese: come mai due
pesi e due misure?, .

Capitolo XI
I primi due errori dei fascisti con le loro “leggi razziali”
.. Il primo errore che i Fascisti commisero con le loro “Leggi razziali”,  – .. Come si comportò l’URSS, con una larga parte dei suoi
La memoria della realtà

cittadini?,  – .. Come si comportarono, in casi analoghi, i responsabili del Governo francese?,  – .. Come si comportarono, in casi
analoghi, i responsabili del Governo di Sua Maestà britannica?,  –
.. Come si comportò, in casi analoghi, il Presidente degli Stati Uniti
d’America?,  – .. Il secondo errore che i Fascisti commisero, .

Capitolo XII
Cerchiamo di comprendere
.. La favola del “Giudaita = popolo, nazione e razza “a parte”,  –
.. Da dove scaturisce quella favola?,  – .. La trama di quella favola,  – .. Gli effettivi responsabili dell’origine, della diffusione e della
perpetuazione di quella favola,  – I Giudaiti medesimi,  – Un certo
numero di autori dell’Antichità classica,  – Il filosofo Giustino ed alcune
iniziali Comunità di Cristiani,  – I teorici dell’anti-giudaismo cristiano e
della “teologia della sostituzione”,  – .. La parte di responsabilità della
Chiesa Cattolica Apostolica Romana, come istituzione temporale, 
– .. La frazione di responsabilità dell’Islam, come religione e come
Comunità di credenti (Ummah),  – Islam come religione,  – Islam
come Comunità di credenti o Ummah,  – .. Il Re dei Franchi, Carlo
Magno, .

Capitolo XIII
Altri responsabili e complici della medesima favola
.. A chi sono imputabili altre frazioni di responsabilità?,  – .. Altri
responsabili ancora,  – .. La parte di responsabilità di certi antropologi giudaiti,  – .. Altri scampoli di responsabilità e di complicità,  – .. Gli Anti-giudaici ed Antisemti dell’allora impero zarista, 
– .. Che dire del Nabucco di Giuseppe Verdi?,  – .. Gli antisemiti francesi o di lingua francese o influenti in Francia,  – .. Gli
antisemiti, antigiudaici e giudeofobi italiani,  – .. I giudeofobi e
gli antisemiti tedeschi ed austriaci,  – .. Gli antisemiti di ispirazione religiosa,  – .. Gli antisemiti pangermanici,  – .. Gli
antisemiti arianisti e pagano-mistici,  – .. Gli antisemiti dell’Associazione Thule,  – .. Gli antisemiti d’orientamento razzista,  –
.. Le responsabilità degli Alleati della prima guerra mondiale,  –
.. Altri responsabili ancora,  – .. Altri responsabili e complici,  – .. Altre frazioni di responsabilità,  – .. Gli effettivi
“beneficiari” della favola che conosciamo, .
Indice


Capitolo XIV
Giudaiti = popolo, nazione e razza?
.. Che ne pensano alcune importanti personalità di questa tradizione,  – .. Che ci dice, in proposito, la tradizione religiosa e culturale
del Giudaismo?,  – .. Il terzo ed ultimo errore che i Fascisti commisero con le loro “Leggi razziali” del ,  – .. L’ha capito pure
Sofri, .

Conclusione
Prefazione
di Augusto Sinagra∗
È incontrovertibile storicamente e documentalmente che il Fascismo
fin dalle sue origini nel  con il “Manifesto” di Piazza San Sepolcro
e fino al  con la promulgazione delle sciagurate “leggi razziali”,
non fu mai in nessuna delle sue manifestazioni, delle sue iniziative e
delle sue dichiarazioni di principio, antisemita. Tutt’altro.
Come ricorda con puntualità documentale l’Autore di questo importante volume (che alle espressioni correnti “ebrei” o “israeliti” o
“giudei” preferisce usare l’espressione “giudaiti” per evidenziare il
legame con il “giudaismo” fondamentalmente religioso o culturale
o storico), « Il Novissimo Melzi » nella sua edizione del  così si
esprimeva: « Non esiste antisemitismo in Italia, e per il buon senso
tradizionale degli italiani e per l’azione che la maggioranza degli ebrei
praticanti ha svolto nell’ambito dei sentimenti nazionali ».
Ancor di più la fascistissima « Enciclopedia Italiana Treccani », diretta dal filosofo Giovanni Gentile, nel , alla voce “Ebrei” al sottotitolo
“Antropologia”, a p.  del volume XXIII, così si esprimeva: « Occorre
anzitutto affermare l’inesistenza di una pretesa razza o tipo ebraico,
cioè l’inesistenza di un insieme di caratteri corporei limitati al popolo
ebraico. Questo è costituito, in tutti i suoi diversi aggruppamenti, da
mescolanze di razze o elementi diversi fra loro, ma che sono gli stessi
elementi che contribuiscono alla formazione di altri gruppi etnici sia
europei, sia extraeuropei. Gli ebrei né costituiscono una razza, né
hanno caratteristiche proprie ».
È interessante ricordare che la redazione della voce “Ebrei” per
la « Enciclopedia Italiana Treccani » fu affidata da Giovanni Gentile
all’ebreo Giorgio Levi Della Vida (uno degli  professori universitari
che non vollero giurare fedeltà al Regime).
∗
Professore Ordinario di Diritto dell’Unione europea nella Facoltà di Scienze Politiche
nell’Università degli Studi “Sapienza” di Roma


Prefazione
L’Autore di questo volume ricorda, poi, quale fu la partecipazione
di molti ebrei nella costituzione dei « Fasci italiani di Combattimento »,
o che parteciparono alla Marcia su Roma, o che ricoprirono la carica
di Podestà anche di importanti municipalità; segnalando anche come
le stime di Renzo De Felice parlano di . ebrei risultanti iscritti nel
 al Partito Nazionale Fascista.
Così pure l’Autore ricorda quante personalità di rilievo delle Comunità ebraiche in Italia rivestirono cariche di particolare importanza
nel Regime.
Segue una pur sommaria elencazione — puntualmente documentata — di quali furono i provvedimenti del Fascismo in favore delle Comunità israelitiche in Italia e di quanta sintonia vi fosse tra il Governo
fascista e la complessiva Comunità israelitica in Italia.
Ciò detto, va precisato che una introduzione ad un volume non può
costituire semplicemente una anticipazione dei contenuti di questo.
Per altro aspetto, il lettore potrà constatare la fondatezza e la pertinenza di quanto esposto dall’Autore attraverso i numerosi richiami
documentali e storici.
Dopo la lunga e documentata esposizione delle emergenze, appunto, documentali e storiche (frutto dell’approfondita ricerca condotta
dall’Autore) che inconfutabilmente confermano come nessuna traccia di antisemitismo fosse presente nel Fascismo e nel pensiero di
Mussolini e dei Gerarchi del Regime, la questione fondamentale che
ancora oggi dopo molti decenni aspetta una risposta, è il perché della improvvisa ed improvvida emanazione in Italia, nell’ottobre del
, delle sventurate e sciagurate leggi razziali che costituiscono un
macigno sulla storia e sull’azione del Fascismo in Italia, prestandosi
peraltro come l’argomento più forte e più sicuro di condanna totale
del Fascismo, indipendentemente da quanto di buono — e fu molto
— esso avesse fatto in Italia e nel mondo nel contesto delle relazioni
internazionali (soprattutto per quel che riguarda le ripetute proposte
di Benito Mussolini di abolizione degli armamenti pesanti fino all’obiettivo finale del disarmo totale per scongiurare il pericolo di nuove
guerre).
È la risposta proposta dall’Autore alla detta questione fondamentale
che costituisce l’essenza stessa di questo volume fondandone la sua
straordinaria importanza sul piano della ricerca storica.
Anche se sul piano documentale e storico molte cose erano già
Prefazione

conosciute (anche se sottaciute da storici palesemente partigiani), mai
nessuno studio su tale fondamentale problema — se pur lo avesse
affrontato obiettivamente — si era posto il problema di dare risposta
alla domanda fondamentale: perché le cosiddette leggi razziali in
Italia?
La risposta a questa domanda non può essere quella proposta (o solo quella proposta) dal grande storico Renzo De Felice e da molti altri,
e che cioè l’emanazione in Italia delle leggi razziali fu la necessaria
conseguenza della alleanza dell’Italia fascista con la Germania nazista,
per rendere più coerente e integrata tale alleanza anche sul piano di
una comune politica razziale.
Tale risposta non è convincente sia perché il « Patto d’acciaio » è
successivo alla promulgazione delle leggi razziali e sia perché mancava
ancora un anno alla deflagrazione del secondo conflitto mondiale avvenuta il ° di settembre del  con l’invasione tedesca della Polonia
e la contestuale spartizione di questa (è bene ricordarlo agli smemorati) tra la Germania e l’Unione Sovietica; guerra deflagrata per gli
ottusi rifiuti opposti ad ogni soluzione possibile e pacifica di risolvere
la questione della Città di Danzica la cui popolazione era nella misura
del % tedesca e il rimanente % polacca.
La risposta ipotizzata da Renzo De Felice (come anche quella che
vorrebbe spiegare la introduzione delle leggi razziali come strumento
per ridurre, se non impedire, il “madamato” dei soldati italiani in
Africa, che appare incongruente poichè i provvedimenti legislativi del
 hanno riguardo solo agli ebrei e non anche ai nativi dell’Abissinia),
e quelle differenti, proposte da una interminabile sequela, precedente
e successiva, di falsi storici che di una consapevole e strumentale
rappresentazione degli eventi della storia hanno fatto uno strumento
di lotta politica partigiana, non trova fondamento anche e soprattutto
per un diverso ordine di considerazioni:
 la incomparabilità delle misure antiebraiche adottate in Germania e quelle adottate in Italia secondo la direttiva politica del
« discriminare, non perseguitare »: come disse Renzo De Felice,
l’Italia fascista è fuori dal cono d’ombra dell’Olocausto o da ogni
accusa di sterminio in qualsiasi forma degli ebrei;
 la applicazione indubitabilmente molto blanda di quelle pur
sciagurate leggi razziali, che comunque produssero sofferen-

Prefazione
za e indicibili sacrifici agli italiani appartenenti alle Comunità
ebraiche presenti in Italia;
 ma, soprattutto, per il fatto (anche questo assolutamente indubitabile se non si vuol seguire consapevolmente la via della falsità
storica) che — pur non togliendo nulla al contenuto inaccettabile di quelle misure legislative razziali– gli ebrei furono in
ogni luogo e in ogni momento, e non solo e non tanto gli ebrei
italiani, protetti dalle Autorità fasciste in Italia e all’estero;
 le leggi “razziali” italiane furono limitate da una serie di discriminanti eccettuative circa la loro applicazione, a seguito di una
specifica decisione del Gran Consiglio del Fascismo che, appunto, eccettuava da quelle leggi militari ebrei, ebrei resisi meritevoli
di avere contribuito alla causa fascista (“Sciarpa Littorio”, “ante
Marcia”, ecc.) e, tra l’altro, nello specifico ambito dell’istruzione,
i benemeriti della Scuola — oggi si direbbe benemeriti della
società civile —, ecc.
Non è senza utilità ricordare che l’ebreo Giorgio Fabre (già collaboratore di “Panorama”) nel suo volume « L’elenco » relativo al seguito
operativo che ebbero le sventurate leggi razziali italiane, ricorda che
gli ebrei proprietari di Case editrici furono privati di queste, ma ricorda
anche che i proprietari furono lautamente indennizzati senza badare
troppo alla attendibilità dei bilanci di tali Case editrici, predisposti
dai proprietari per ottenere il previsto indennizzo. Nello stesso senso
si esprime l’Autore ora citato, nel suo volume del  “Mussolini
razzista”.
È la storiografia di parte israeliana che conferma quanto ora detto.
Basterebbe leggere la requisitoria del Procuratore Generale di Tel
Aviv al processo contro Adolf Eichman nel , o quel bel libro di
Shelah Menachem significativamente intitolato: « Un debito di riconoscenza », e comunque scorrere tutta la letteratura storica israeliana
o di altri Autori ebrei di altri Paesi per trovare conferma di tale dato
inoppugnabile della verità.
È significativa l’espressione quasi plastica dello storico ebreo Léon
Poliakov il quale nei suoi studi parla di quel famoso “schermo” o
“scudo protettore” che immediatamente veniva calato a difesa degli
ebrei in ogni luogo dove giungevano le Forze Armate italiane il cui
primo provvedimento era quello della dichiarazione di inefficacia di
Prefazione

ogni decisione tedesca adottata in pregiudizio degli ebrei.
Lo stesso Giorgio Bocca, nel suo libro « Il filo nero », riferisce che in
Francia (dove lui era in servizio militare con il grado di Sottotenente, e
destinato ad un Fronte di guerra certamente più tranquillo che altrove,
se non “comodo”) quando le Forze Armate italiane iniziavano a ritirarsi dai territori occupati, avevano al seguito una quantità indicibile
di ebrei francesi che volontariamente seguivano i Militari italiani ben
sapendo che solo da essi avrebbero continuato ad avere protezione.
La storiografia di parte ebraica in argomento è sterminata e tutta
convergente nel confermare quale fu, al di là di quelle sciagurate leggi
razziali, l’azione dei Comandi fascisti in Italia o nei territori occupati
dalle Forze Armate italiane.
Varrebbe la pena rileggere anche quel che scrissero Rosa Paini (« I
sentieri della speranza »), Paul Johnson (« Storia degli ebrei »), Léon
Poliakov (« Il nazismo e lo sterminio degli ebrei »), Israel Kalk (« Gli
ebrei in Italia durante il Fascismo »), Salim Diamond (« Internment in
Italy »), Gorge L. Mosse (« Il razzismo in Europa »); o rileggere quel
che scrisse Padre Graham su “Civiltà Cattolica” del marzo  in
merito al Fascismo, Mussolini e gli ebrei. E così molti altri ancora.
Non si tratta, a questo riguardo, dei soli e nobilissimi episodi ascritti
alla grande sensibilità umana di un Giovanni Palatucci o di un Giorgio
Perlasca e con essi di tanti altri, ma si tratta di una linea politica e
operativa dettata dal Governo fascista italiano per difendere gli ebrei
dalla furia nazional–socialista.
La falsità della storiografia specialmente italiana, al contrario, parla,
tra l’altro, della Risiera di San Saba a Trieste come di un campo di
sterminio degli ebrei presenti in Italia, mentre lo stesso Primo Levi
che purtroppo ebbe a transitare dalla Risiera di San Saba, lo indica
e definisce tale e quale era, e cioè un campo di transito; storiografia
che addirittura si spinge a indicare come tale anche il Campo di
raccolta degli ebrei vicino Sibari nel sud della Calabria dove le Autorità
fasciste trasferivano gli ebrei dei Balcani per sottrarli ai tedeschi. E tale
“storiografia” non si arresta neanche dinanzi all’evidenza tutt’oggi
riscontrabile con i propri occhi quando nel detto Campo per gli ebrei
di Sibari si vede ancora la piccola Sinagoga, la Scuola e il giardino per
i bambini, l’infermeria, gli alloggiamenti per le famiglie, etc., etc.
Indubbiamente episodi isolati di collaborazionismo fascista con i
tedeschi ve ne furono, ma questo non intacca minimamente la posi-

Prefazione
zione politica del Governo fascista in materia; e neppure del Governo
fascista della Repubblica Sociale Italiana.
Al contrario, sono numerosissimi gli episodi di segno opposto che
sarebbe qui impossibile elencare se pur parzialmente e che spesso
videro le Autorità fasciste, a cominciare dagli appartenenti alla Milizia
Volontaria per la Sicurezza Nazionale, e anche le Autorità fasciste repubblicane, giungere quasi al limite dello scontro armato con militari
tedeschi, a difesa degli ebrei.
Ricordo un episodio che mi è stato dato di vivere personalmente
alcuni anni fa: ero a Chieti in cerca di un albergo e ne trovai uno
a notte inoltrata; mi misi a chiacchierare con il portiere di notte il
quale mi disse di essere ebreo, gli chiesi allora come si erano trovati
in seguito alle leggi razziali e questi mi risposte testualmente: « Fino
a che c’erano i fascisti non abbiamo mai avuto alcun problema qui a
Chieti; i problemi li abbiamo avuti quando sono arrivati i tedeschi ».
Ne’ si può dire, per quanto prima esposto, che si trattava di iniziative di singoli Comandi militari o civili fascisti poiché la cosa sarebbe
impensabile e improponibile fuori da ogni autorizzazione o indicazione che fosse venuta dal Governo centrale. Ad un Rabbino che
ricordava il lodevole comportamento dei Comandi civili e militari
fascisti nei confronti degli ebrei ad una ben nota personalità politica
italiana, da questa fu risposto che si trattava di iniziative individuali,
ma il Rabbino replicò giustamente che senza il consenso del Governo
e il favore della popolazione, quelle azioni lodevoli non avrebbero
potuto essere realizzate.
In realtà non vi fu solo consenso, ma vi fu sempre, specialmente
durante i lunghi anni della guerra dal  al , una ben precisa
direttiva politica testimoniata emblematicamente da un episodio: Benito Mussolini pur di mandar via il Ministro tedesco Von Ribentrop
venuto a Roma per protestare per l’atteggiamento fascista di protezione degli ebrei, dette assicurazioni ingannevoli a Von Ribentrop e
contestualmente ordinò al Gen. Robotti di inventarsi qualsiasi ragione
o scusa ma di non consegnare ai tedeschi neanche un ebreo.
Ma, torniamo alla domanda centrale che costituisce la ragione di
questo volume preceduto da questa mia breve e sommaria introduzione: quale fu la ragione di questo repentino cambiamento della politica
governativa fascista nel  nei confronti degli ebrei?; atteggiamento
poi tenuto anche nel periodo della Repubblica Sociale Italiana inau-
Prefazione

gurato con il famoso « Manifesto di Verona » del  dove gli ebrei
vennero definiti come appartenenti a “razza nemica”.
Qui risiede il merito essenziale e straordinario di questo volume che
finalmente propone una risposta logica e coerente, e dunque più che
attendibile, e sul piano storico ampiamente motivata e documentata.
Si tratta della improvvisa percezione (in realtà, una constatazione)
della immotivata e incomprensibile ostilità dell’ebraismo mondiale
nei confronti del Regime fascista e dunque dei pericoli che l’ebraismo
mondiale rappresentava per la tenuta del Regime stesso oltre che per
la indipendenza politica dello Stato italiano.
Alberto B. Mariantoni individua questa improvvisa presa di coscienza e di conoscenza da parte del Regime fascista del pericolo mondiale
ebraico che generò le leggi razziali italiane del , nella sfortunata
battaglia di Guadalajara protrattasi per lunghi giorni dall’ al  marzo
del  al nord–est di Madrid nel corso della sanguinosa guerra civile
spagnola. Si trattò di una pesante sconfitta della III Divisione Camicie
Nere comandata dal Generale di Brigata Luigi Nuvolone.
L’Autore colloca opportunamente quanto avvenne a Guadalajara
nel più vasto contesto della guerra civile di Spagna. Noi vogliamo
ricordare, per doveroso inciso, che la sconfitta di Guadalajara fu riscattata dalla sfolgorante vittoria del Corpo Truppe Volontarie italiane a
Barcellona sulle rive di un altro fiume, l’Ebro.
Opportunamente vengono demistificati tutti i falsi della ancor oggi
corrente vulgata antifascista e antifranchista secondo la quale, per
seguire le fantasie romanzesche di Ernest Hemingway, tre Divisioni
italiane di cinquemila uomini l’una sarebbero state sconfitte dai soldati
“repubblicani”, inferiori per numero e per mezzi.
In particolare, dire, come fa qualche “storico”, che le Camicie Nere
della III Divisione italiana furono sconfitte dal solo “Battaglione Garibaldi” (composto in stragrande maggioranza di elementi comunisti),
più che una falsità storica è una colossale scemenza.
Tale favolesco racconto della battaglia di Guadalajara fu “veicolato”, per contrarietà al Fascismo, dai maggiori quotidiani statunitensi, francesi, inglesi e di altri Stati capitalisti, tutti rigorosamente e
puntualmente di proprietà di elementi ebrei.
Già ora si potrebbe dire, e concludere, che l’antisemitismo fascista
seguì l’antifascismo dell’ebraismo internazionale; un antifascismo, si
ripete, assolutamente ingiustificato, ingiustificabile e incomprensibile

Prefazione
se si considerano tutte le precedenti misure legislative fasciste in favore delle Comunità ebraiche presenti in Italia, oltreché gli eccellenti
rapporti con il Governo fascista italiano del complessivo Rabbinato
presente in Italia e, come si è ricordato in apertura, la molto consistente e convinta adesione al Fascismo di un numero impressionante di
ebrei e, tra questi, personalità di sicura e indiscussa eccellenza.
Pertanto, bisognerebbe forse chiedersi prima (e dare finalmente una
risposta) il perché dell’antifascismo ebraico, prima ancora del perchè
dell’antisemitismo fascista. Anche a quest’altra differente domanda
ancora ad oggi non si è data, non si è voluta dare e non si vuole dare
una risposta convincente. Anzi, tale aspetto volutamente viene tenuto
nascosto.
Ora occorre riprendere le fila della ricostruzione e della disamina
degli incontrovertibili e documentati fatti storici. È quella che ci offre
Alberto B. Mariantoni all’esito di questa sua approfondita e lunga
ricerca storica basata, si ripete, non su opinioni bensì su documenti e
circostanze non contestate e non contestabili.
Le conclusioni cui giunge l’Autore sono sconvolgenti, agghiaccianti,
anche perché danno la misura di come e quanto in tutti questi decenni
dal  ad oggi, sia stata nascosta la verità attraverso una copertura
totale da parte di una storiografia partigiana e di mezzi di informazione
non meno partigiani, che offendono la funzione propria dello storico
e della corretta informazione.
Ecco di che si tratta: l’Autore documenta in modo meticoloso non
solo quale fu sul piano quantitativo la partecipazione di ebrei alla guerra di Spagna dalla parte dei “rossi” repubblicani (comunisti, socialisti,
trotzkisti, anarchici, rivoluzionari di ogni genere e specie, ecc.), inquadrati nelle famose “Brigate internazionali”, ma indica anche con
precisione pari alla puntigliosità centinaia di loro nomi e cognomi, le
loro funzioni, i reparti di inquadramento, i loro compiti (se di combattimento o meno) e addirittura anche i loro pseudonimi, sottolineando
il fiancheggiamento costante delle dette Brigate internazionali ad opera dei più importanti e diffusi mezzi di comunicazione che, se non
tutti ma in larga misura in mano di ebrei, si scagliavano contro il
Fascismo italiano e — guarda caso! — non tanto e non direttamente
contro le Forze nazionaliste del Gen. Francisco Franco Bahamonde.
Di tali forze ebraiche inquadrate nelle Brigate internazionali, l’Autore ne indica le stime operate da diverse fonti: da un minimo di .
Prefazione

a un massimo di ..
Il secondo aspetto di assoluta rilevanza in questo volume di Alberto
B. Mariantoni concerne i luoghi di provenienza di detti ebrei: a parte
la Palestina allora sotto mandato britannico e gli ebrei già presenti in
Spagna e quelli già fuoriusciti dalla Germania nazista, si nota curiosamente come la maggior parte di essi provenissero dagli Stati Uniti, dal
Regno Unito di Gran Bretagna, dalla Francia, dal Belgio, dall’Unione
Sovietica e da altri Stati europei ed extraeuropei (come ad esempio
l’Australia).
Non sfugge all’attenzione che nella loro stragrande maggioranza questi ebrei componenti le “Brigate internazionali” provenivano
da Paesi capitalisti (a cominciare dagli Stati Uniti d’America), e dall’Unione Sovietica che già ben prima del  aveva iniziato la sua
azione di penetrazione in altri Stati, per la internazionalizzazione cioè
dell’ideologia marxista–leninista.
Tali circostanziati dati di fatto (non certamente opinioni) introducono la possibilità di dare una risposta alla domanda precedentemente
posta e cioè del perchè di questo coordinamento ebraico a livello
mondiale contro il Fascismo italiano che a quella data, come viene
pressochè unanimamente riconosciuto, manteneva eccellenti rapporti
non solo con le Comunità israelitiche presenti in Italia, ma anche con
gli organismi ebraici di coordinamento a livello internazionale.
Per proporre una risposta convincente a tale quesito che è da tempo, da troppo tempo eluso, occorre porre l’attenzione su uno specifico
dato di fatto prima già evidenziato: la provenienza in grandissimo numero di elementi ebraici dagli Stati capitalisti, con gli Stati Uniti in
testa, e dall’Unione Sovietica che non lesinarono aiuti di ogni genere
alle “Brigate internazionali”: dall’impressionante armamento — anche pesante — di cui esse disponevano, all’assistenza sanitaria, alla
logistica, ai rifornimenti, alle comunicazioni, alla stampa e ai generi
di sussistenza.
Tutti questi dati erano certamente ben conosciuti anche prima, a
parte l’aspetto della consistenza quantitativa e qualitativa della presenza
ebraica nelle “Brigate internazionali”.
Uno dei tanti meriti dell’Autore di questo volume è quello di avere
messo in collegamento logico tutti tali dati, e in modo coerente e
ragionevole tra di loro, per giungere alla conclusione della preordinata e concertata azione dell’ebraismo mondiale contro l’Italia fascista.

Prefazione
Aggiungerei contro l’Italia proletaria e fascista. E ciò per una ragione
ben precisa che costituisce risposta a quella domanda che pesa muta e silenziosa: l’attacco al Fascismo italiano non poteva venire che
congiuntamente dagli ambienti capitalistici e da ambienti comunisti,
gli uni e gli altri direttamente confliggenti con l’ideologia e l’azione
politica in campo sociale ed economico del Fascismo; oltre che per
una loro intrinseca e necessitata e per quanto innaturale alleanza: il
capitalismo ha bisogno del comunismo e il comunismo ha bisogno
del capitalismo perchè l’uno giustifica l’altro e l’uno, dunque, esiste in
quanto esiste l’altro.
Ecco, allora, in campo in Spagna in quella pur sanguinosa guerra
civile, accumunati gli uni agli altri, ebrei costituenti espressione del
capitalismo e della finanza internazionale ed ebrei espressione del comunismo sovietico e del comunismo internazionale (già organizzatosi
nel famigerato “Komintern”).
La conferma della fondatezza di tale risposta che si ricava da questa
straordinaria ricerca condotta da Alberto B. Mariantoni, è rappresentata da quella prima e imprescindibile imposizione che caratterizzò la
volgare resa senza condizioni dell’Italia al nemico anglo–americano
che, nel documento indicato come “armistizio breve” del  settembre  e nel documento indicato come “armistizio lungo” del 
settembre  (in realtà atti indicativi di una triste e vile resa senza
condizioni), imponevano all’Italia arresasi di cancellare ogni traccia di
Fascismo anche e soprattutto attraverso la cattura e l’eliminazione di
esponenti di quel Regime, che molto avevano meritato dalla Patria.
Tale imposizione è presente anche in quello che gli stolti o i vili
chiamano il « Trattato di pace » del  febbraio .
La stessa imposizione la si ritrova nella XII disposizione « transitoria
e finale » della Costituzione italiana del  nata, come è ovvio,
dall’antifascismo, dalla resistenza e dalla lotta partigiana!
Perché il divieto per il Fascismo e non il divieto anche per il Comunismo? Si risponde agevolmente da parte dei soliti falsari o stolti
che il Fascismo avrebbe conculcato le libertà individuali! È agevole
rispondere che, da un canto, una rivoluzione (e quella fascista lo fu)
non può instaurare il suo ordine chiedendo. . . permesso; d’altro canto,
è noto a tutti che alle libertà individuali del vecchio Stato liberale il
Fascismo antepose sul piano delle priorità i diritti sociali, economici
e del lavoro, oltre che la libertà della Nazione che è presupposto e
Prefazione

condizione di effettive libertà individuali.
Se non bastassero queste risposte, si potrebbe più facilmente far
osservare che ancor più il Comunismo conculcò le libertà individuali
operando anche, e sistematicamente, in esecuzione di un ben preciso
disegno politico, sterminii di massa, e specificamente di ebrei.
Come dunque spiegare questa solo apparente incongruenza? Ripetiamo ancora: il comunismo e il capitalismo sono necessari l’uno
all’altro, e questo spiega l’innaturale compresenza nelle “Brigate internazionali” di quei numerosi ebrei provenienti in particolar modo dai
Paesi capitalisti e dall’Unione Sovietica.
Le riflessioni che precedono devono condurre ad evidenziare un’altra verità che da sempre, dalla fine della seconda guerra mondiale, è
politicamente scorretta se non addirittura un crimine pronunciarla:
agli anglo–americani e ai comunisti sovietici degli ebrei interessava
ben poco; interessava la difesa delle rispettive ideologie e dei relativi
sottintesi interessi economici.
Non interessava ai comunisti sovietici che, come detto, non esitarono a sterminare gli ebrei in larga misura, fino alla morte del dittatore
Stalin nel  (dopo la sua morte furono trovati i piani operativi
per procedere nei confronti degli ebrei così come era stato fatto nei
confronti dei kulaki, e cioè lo sterminio totale); non interessava evidentemente agli anglo–americani che non pensarono e non fecero
quel che chiunque avrebbe pensato e fatto e cioè bombardare le linee
di comunicazione stradali e ferroviarie tedesche che conducevano
ai campi di concentramento e di sterminio nazisti in Germania e in
Polonia per impedire le deportazioni soprattutto degli ebrei, potendo
almeno contenere le dimensioni dell’immane Olocausto che ne seguì.
Basterebbe ricordare solo due agghiaccianti episodi: la nave di profughi ebrei fuggiti da Amburgo alla quale fu impedito di raggiungere
le coste statunitensi sotto minaccia della Marina Militare U.S.A. di aprire il fuoco affondandola; e l’altra nave, anch’essa carica di profughi
ebrei, alla quale nel  e dunque pur dopo la fine delle ostilità, gli
inglesi impedirono di raggiungere le coste della Palestina.
E tutto questo mentre in Italia, per ordine di Mussolini, e già
prima dell’inizio della guerra, venivano spalancate le frontiere alle
famiglie ebraiche in fuga dalla Germania, dall’Austria e dai Paesi sotto
occupazione tedesca.
Gli inglesi, per parte loro, non usarono solo le parole, ma la vio-

Prefazione
lenza contro gli israeliti. Rosa Paini (storica ebrea, Il cammino della
speranza) riferisce che nel ’ un folto nucleo di famiglie fuggito da
Bratislava, imbarcato sul piroscafo Pendeho, composto da  profughi
cechi e slovacchi, dopo aver navigato sul Danubio giunse nel Mar
Nero. Qui, e precisamente a Sulina, salì a bordo il console britannico
e informò i malcapitati che il suo governo li considerava immigranti illegali: di conseguenza, se si fossero avvicinati alle coste della Palestina,
sarebbero stati silurati. Dovettero quindi ripartire e, superati diversi
incidenti, giunsero all’isola disabitata di Camillanissi dove non c’era
nemmeno acqua. Sbarcati, assistettero impotenti all’affondamento
del battello. Dopo cinque giorni di sofferenze sopraggiunse una nave
della Croce Rossa Italiana che imbarcò i profughi per trasferirli a Rodi,
dove rimasero alcuni mesi e quindi imbarcati e trasferiti in Italia.
Fra i tanti vale la pena di ricordare un altro dramma: nel febbraio
del  lo Struma, una nave di profughi proveniente dalla Romania, si
vide rifiutare dagli inglesi il permesso di sbarcare e, respinta anche dai
turchi, affondò nel Mar Nero: settecentosettanta persone annegarono
(Paul Johnson, Storia degli ebrei, p. ).
Lo storico israelita Léon Poliakov (Il nazismo e lo sterminio degli
ebrei, p. ) accusa apertamente il governo britannico ricordando che
qualche convoglio clandestino, formato con l’aiuto di Eichmann, tentò
di discendere il Danubio su barche, mirando alla Palestina, ma le
autorità inglesi rifiutarono il passaggio di questi viaggiatori perchè
sprovvisti di visto: Così si assiste al paradosso che la Gestapo spinge gli ebrei
verso il luogo della salvezza, mentre il governo democratico di Sua Maestà
britannica ne preclude l’accesso alle future vittime dei forni crematori.
Quanto agli Stati Uniti d’America, l’esperto di sondaggi Elmo Roper osservò: Gli Stati Uniti avrebbero certamente potuto accogliere un gran
numero di profughi ebrei. Invece, durante il periodo bellico, ne furono ammessi soltanto  mila, il % del numero concesso secondo la legge delle quote.
La ragione di questo fatto era l’ostilità dell’opinione pubblica. Tutti i gruppi
patriottici, dall’American Legion ai Veterans of Foreign Wars, invocavano un
divieto totale all’immigrazione. Ci fu più antisemitismo durante il periodo
della guerra che in qualsiasi altro della storia americana [. . . ]. Negli anni
–, ad esempio, tutte le sinagoghe di Washington Heights, New York,
furono profanate.
Il Neue Zürcher Zeitung il  gennaio  ha pubblicato una lettera
a firma di Susi Weill che, fra l’altro, ha scritto: I miei genitori avevano
Prefazione

tentato invano di emigrare in America, ed oggi è un fatto stabilito che le
rappresentanze diplomatiche americane in Europa avevano ricevuto l’ordine
di respingere tali domande.
Quando fu necessario anche il governo americano usò la forza,
come conferma Franco Monaco (p.): Allorchè a un piroscafo carico di
ebrei, partito da Amburgo, fu vietato l’attracco a New York, quei fuggiaschi
vennero accolti in Italia e poi dislocati in varie zone della Francia, della
Dalmazia e della Grecia. Ha scritto Daniele Vicini su L’Indipendente
del  luglio : Ebrei e comunisti sciamano verso il Brennero, frontiera
che possono varcare senza visto a differenza di altre (americana, sovietica,
ecc.) apparentemente più congeniali alle loro esigenze. Dello stesso parere
è Klaus Voigt che in Rifugio precario osserva quanto fosse strana la
dittatura fascista. Infatti scrisse: Fino all’entrata in guerra dell’Italia non
risulta neppure un caso di condanna o allontanamento di un emigrante
per attività politica [. . . ]. Eppure dal , la Germania è il principale
alleato e quegli emigranti sono suoi nemici. Polizia e Carabinieri ricevevano
disposizioni dal Duce, chiare ed essenziali, anzi ridotte ad una sola parola:
Sorvegliare. Non arrestare.
Mentre, in generale, i governi filofascisti dell’Europa asservita non opponevano che fiacca resistenza all’attuazione di una rete sistematica di
deportazioni, i capi del fascismo italiani manifestarono in questo campo
un atteggiamento ben diverso. Ovunque penetrassero le truppe italiane, uno
schermo protettore si levava di fronte agli ebrei [. . . ]. Un aperto conflitto
si determinò tra Roma e Berlino a proposito del problema ebraico [. . . ]. È
significativo il fatto che i tedeschi non sollevarono mai il problema degli ebrei
in Italia. Certamente temevano di urtare la suscettibilità italiana [. . . ]. Appena giunte sui luoghi di loro giurisdizione, le autorità italiane annullavano
le disposizioni decretate contro gli ebrei [. . . ] (Léon Poliakov, Il nazismo e
lo sterminio degli ebrei, pp. –).
Poliakov scrive ancora: Mentre i Prefetti (francesi) ordinavano arresti
e internamenti, allestivano convogli per la Gestapo, le autorità militari
italiane, a dispetto delle minacce, ordinavano l’annullamento di tali ordini.
Tra le autorità d’occupazione tedesche e il governo di Berlino, tra il Governo
di Berlino e il Governo di Roma, tra le autorità di Vichy e i generali italiani
vi era un continuo scambio di note nervose e impazienti. La Germania
chiedeva all’Italia di agire nello spirito delle disposizioni tedesche. L’Italia
rifiutava e resisteva.
Non solo, ma il governo italiano ottenne che gli ebrei italiani resi-

Prefazione
denti nelle zone occupate dall’esercito tedesco fossero esentati dall’obbligo di mostrare la stella gialla. Lo stesso accadeva nella Legazione
di Bruxelles. Addirittura, secondo quanto scrive Martelli, che include
un documento nel quale descrive come il Consolato italiano di Bruxelles esigeva che venissero esentati dall’imporre la stella gialla e dai
lavori forzati, anche gli ebrei greci perchè le truppe italiane occupavano parte del territorio greco. Questo, evidentemente era troppo,
infatti un ordine del Conte Blanco Lanza d’Ajeta, del Ministero degli
Affari Esteri di Roma, con un telegramma datato agosto , imponeva di sospendere tutte le iniziative prese in merito ai cittadini ebrei greci.
(http://motlc.wiesenthal.com).
Lo stesso docente dell’Università ebraica di Gerusalemme, George
L. Mosse, nel suo libro Il razzismo in Europa, a p.  ha scritto: Il
principale alleato della Germania, l’Italia fascista, sabotò la politica ebraica
nazista nei territori sotto il suo controllo. Le leggi razziali introdotte da
Mussolini nel  impedivano agli ebrei di svolgere molte attività e si tentò
anche di raccogliere gli ebrei in squadre di lavoro forzato; ma mentre in
Germania Hitler restringeva sempre più il numero di coloro che potevano
sottrarsi alla legge, in Italia avveniva il contrario: le eccezioni furono legioni.
Come abbiamo già detto, era stato Mussolini stesso a enunciare il principio
« discriminare non perseguire ». Tuttavia, l’esercito italiano si spinse anche
più in là, indubbiamente con il tacito consenso di Mussolini [. . . ]. Ovunque,
nell’Europa occupata dai nazisti, le ambasciate italiane protessero gli ebrei
in grado di chiedere e ottenere la nazionalità italiana. Le deportazioni degli
ebrei cominciarono solo dopo la caduta di Mussolini, quando i tedeschi
occuparono l’Italia.
Come ancora giustamente ha osservato Filippo Giannini essi fuggivano in Italia non nei Paesi “democratici” perché, come detto, era
vietato l’ingresso agli ebrei in tali Paesi. Fuggivano in Italia, ripetiamo,
dove pur c’erano le « infami leggi razziali ». Ma perché in Italia? Certo
non per andare incontro alla morte ma per la semplice ragione che il
Regime fascista, come disse Renzo De Felice (giova ancora ricordarlo),
era ed è fuori dal cono d’ombra dell’Olocausto e in nessun modo la
politica italiana in materia è rapportabile alla politica nazista.
Ed è bene precisare come ciò avveniva ben prima dell’inizio della
seconda guerra mondiale e anche già prima della infausta introduzione in Italia delle leggi razziali, che seguirono le drastiche misure
antiebraiche introdotte nella Germania nazista.
Prefazione

Ancora un’altra domanda richiede finalmente una risposta chiara e
convincente: come si comportarono gli altri Stati nei confronti degli
ebrei o, in generale, nei confronti della questione ebraica?
Anche a questo riguardo l’Autore offre una risposta ampia, dettagliata e documentata attraverso un’analisi puntuale dei provvedimenti
adottati in materia di internamento in appositi campi di concentramento di ebrei, zingari e anche oppositori del Regime nazional–socialista e,
quel che è più grave, di cittadini degli Stati dell’Asse (italiani, tedeschi,
austriaci e giapponesi, o semplicemente di origine italiana, tedesca,
austriaca o giapponese); e ciò a far data dal . Si trattò di migliaia
e migliaia di persone sottoposte indistintamente ad ogni genere di
vessazioni e di patimenti a prescindere da ogni loro responsabilità e
a prescindere anche dalla circostanza che molti di essi già da tempo
(e da prima già i loro ascendenti) avevano acquisito la cittadinanza di
tali Stati nei quali erano perfettamente integrati, per essere, come dice
l’Autore, “democraticamente internati”.
Si tratta dei provvedimenti legislativi e di polizia adottati dal Governo francese, dal Governo britannico e da quello degli Stati Uniti
d’America.
E senza parlare, tra l’altro, delle centinaia di migliaia di prigionieri di guerra tedeschi fatti poi premeditatamente morire di fame e
maltrattamenti per ordine del Generale Eisenhower. Nulla di rapportabile neppure minimamente al trattamento che fu riservato agli
ebrei presenti in Italia in base alle sciagurate leggi « per la difesa della
razza ». Per non ricordare ancora la protezione che questi sistematicamente (ed ovviamente per disposizione governativa) ricevevano dalle
Autorità fasciste.
A quanto precede dovrebbe essere aggiunta un’analisi e una trattazione interamente dedicata a quale fu il comportamento delle Autorità
dell’Unione Sovietica nei confronti anche dei soli sospettati non tanto
di opposizione politica ma di pur minima divergenza dalle idee e dal
sistema del Regime comunista.
In Unione Sovietica non furono emanate specifiche leggi razziali in
pregiudizio degli ebrei, ma è ormai un dato acquisito della conoscenza
storica (che neppure gli storici di parte possono più negare) quante
migliaia di ebrei furono sterminati nel periodo del terrore “staliniano”;
a questi vanno aggiunti, tra i tanti altri casi ed a titolo di tragico
esempio, i componenti dell’Esercito di Liberazione Nazionale Russo

Prefazione
(di fede anticomunista), del Gen. Andrej Vlassov che dai britannici
furono consegnati ai sovietici pur nella piena consapevolezza che essi
sarebbero stati sterminati, come infatti avvenne.
Anche una riflessione molto superficiale fa apparire con estrema
chiarezza che se furono commessi crimini che mai furono concepiti dalla più perversa mente umana, questi furono posti in essere,
oltre che dal Governo tedesco, anche dai Governi francese, inglese,
statunitense e, soprattutto, della Russia sovietica.
Parlare, dunque, delle “leggi razziali” fasciste fuori dal contesto
storico e fuori dalla considerazione delle loro finalità politiche e non
intrinsecamente razziali, e senza per di più tentare una qualsivoglia
comparazione con quello che fecero i Governi degli Stati capitalisti e
il Governo comunista della Russia sovietica, oltre ad essere sommamente ingiusto è ancor più storicamente fuorviante e politicamente
inaccettabile.
Come si può pensare di giustificare le ignominie commesse da
questi Stati in nome di asserite necessità politiche e non considerare, viceversa, le ancor più gravi necessità politiche dell’Italia fascista
che, si ripete, nonostante le infauste leggi razziali, difese gli ebrei
dallo sterminio attraverso quello che il ricordato Poliakov chiamò
efficacemente lo “scudo protettore”?
Prende così maggiore significato e contenuto quel principio informatore delle leggi razziali fasciste — comunque inaccettabile — del
« discriminare non perseguitare ».
Disse Claude Ferrere, a proposito dell’uccisione di Benito Mussolini e dell’animalesco ludibrio di Piazzale Loreto, che « Alcuni italiani
si sono vendicati di un Capo troppo grande per loro, le cui stesse benemerenze apparivano troppo gravose. E tutti i governanti d’Europa,
anche se non osarono approvare apertamente, gioirono in segreto. Dinanzi a quell’uomo erano afflitti da un complesso di inferiorità insopportabile, come era accaduto tempo prima con Napoleone. Duemila
anni prima per le stesse ragioni era stato ucciso Giulio Cesare ».
Quel che interessava era colpire l’Italia fascista e tutto ciò che il
Fascismo comportava in termini di politica sociale ed economica: il
superamento della lotta di classe, la partecipazione degli operai alla
gestione e agli utili di impresa, la promozione in generale della classe
operaia (per questo prima ho parlato di « Italia proletaria e fascista »),
la funzione sociale dell’impresa e la funzione sociale della proprietà
Prefazione

privata. Come dire un pugno nello stomaco, in un momento solo, al
capitalismo e al comunismo.
Ha scritto Rutilio Sermonti (L’Italia nel XX Secolo), La risposta poteva
essere una sola: perchè esse — (USA, Francia, Gran Bretagna) — volevano
un generale conflitto europeo quale unica risorsa per liberarsi della Germania
— formidabile concorrente economico — e, soprattutto, dell’Italia.
Come è stato scritto da Enrico Eindrich, « Sarà la storia a dire se
Mussolini fu un avventuriero o uno statista o se le sue idee circa la
necessità della collaborazione, anziché della rovinosa lotta di classe,
siano ciarpame o, invece, segni fecondi di vita e di civiltà ».
E bisogna pur aggiungere che la tragedia dell’Olocausto riscosse
ben poca reazione presso gli ambienti ebraici della finanza internazionale allocati principalmente negli Stati Uniti d’America e in Gran
Bretagna.
Che altro senso poteva avere combattere la presenza fascista nella
guerra di Spagna, di quell’Italia fascista che manteneva eccellenti
rapporti con le Comunità ebraiche in Italia; di quell’Italia fascista che,
come pure si è ricordato, fu realizzata con il concorso e l’adesione al
Fascismo di un numero incredibile di ebrei e di esponenti di assoluto
rilievo delle Comunità ebraiche? Esponenti ebrei che nel Fascismo
ricoprirono cariche assolutamente di vertice.
Dunque, il Fascismo italiano, come si è accennato prima, prese
improvvisa, anche se forse non chiara percezione dell’azione politica
che contro di essa muoveva l’ebraismo internazionale, in occasione
della sfortunata battaglia di Guadalajara. E ne avvertì il pericolo.
Osserva acutamente Alberto B. Mariantoni che il Regime fascista
fu tanto sorpreso quanto impaurito del pericolo che si manifestava e,
dunque, reagì con quelle disgraziate leggi razziali del .
Non ci sembra azzardato dire che la pur indiretta responsabilità
politica e morale di quelle leggi va ascritta anche agli ambienti e ai
responsabili dell’ebraismo internazionale.
Certo, con maggiore riflessione e maggiore senso politico, il Regime fascista, come ancora acutamente osserva l’Autore, avrebbe potuto
reagire diversamente sia dal punto di vista formale che dal punto di
vista sostanziale: avrebbe potuto chiamare quelle leggi in altro modo
come, ad esempio, leggi per la difesa dello Stato o leggi a presidio della
sicurezza nazionale o leggi a difesa del Regime; sul piano sostanziale,
non rivolgendo quelle sciagurate leggi ad una finalità di discriminazio-

Prefazione
ne razziale che è sempre e comunque intrinsecamente inaccettabile e
ingiusta, ma ad una finalità politica colpendo non in modo indiscriminato la presenza ebraica in Italia nel suo complesso, ma colpendo
anche in modo severo chi, appartenente o meno a quella Comunità,
avesse concorso a porre in pericolo lo Stato e il Regime partecipando
in qualsiasi modo al conseguimento dell’obiettivo pregiudizialmente
e ingiustamente antifascista dell’ebraismo internazionale.
Un’ultima riflessione indicativa della straordinaria importanza di
questo volume che evidenzia la rara capacità di analisi del suo Autore:
questi, infatti, osserva (e argomentando con logica stringente), che
proprio quelle sciagurate leggi razziali contribuirono ad indurre il
convincimento (ora sedimentato nell’opinione pubblica internazionale) della esistenza di un popolo, di una nazione e di una razza ebraica
che costituiva e costituisce l’obiettivo finalistico dell’ebraismo internazionale sotto il profilo delle conseguenze giustificatorie delle sue
rivendicazioni politiche e territoriali.
Ed è da questo convincimento che nasce lo Stato di Israele che
orami costituisce una realtà politica con la quale ci si deve confrontare
nel gioco delle relazioni internazionali.