1. Utilizzazione della norma comunitaria come parametro

IDA NICOTRA GUERRERA
NORMA COMUNITARIA
COME PARAMETRO DI COSTITUZIONALITÀ
TRA MONISMO E DUALISMO r)
Sommario: 1. Utilizzazione della norma comunitaria come parametro interposto
nelle differenti fasi della giurisprudenza costituzionale. - 2. Presunta connessione tra
funzione di interposizione della fonte ‘esterna’ e accoglimento della teoria monista:
critica. - 3. Autonomia delle due problematiche e norma interposta come strumento
per l’acquisizione di valori nell’ordinamento statale.
1. Utilizzazione della norma comunitaria come parametro interposto nelle
differenti fasi della giurisprudenza costituzionale. - L’itinerario intrapreso dalla
Corte Costituzionale fin dal 1964(l) - quando per la prima volta fu chiamata a
pronunciarsi su una questione che riguardava la compatibilità di una norma
interna con il diritto comunitario - è stato, a dire il vero, non poco accidentato, ma ciò nonostante, fra incertezze e ripensamenti, ha condotto alla realizzazione di un equilibrato rapporto tra i due sistemi, che tenesse conto dell’obbligo imposto dall’art. 11 allo Stato di agevolare l’effettiva vigenza delle norme
della U.e. nell’ordinamento interno(x).
e) Relazione presentata al Convegno del ‘Gruppo di Pisa’, su I Parametri di costituzionalità nel giudizio suile leggi, Palermo 29-30 maggio 1998.
IC*
-
(l) La Corte italiana in quella occasione partendo dall’obbligo imposto al nostro ordinamento di rispettare il sistema dei Trattati comunitari, finì per accogliere l’idea secondo cui, essendo l’art. 11, norma meramente permissiva, «non attribuisce un particolare valore, nei confronti delle altre leggi, a quella esecutiva del Trattato*: così sent. n. 14/1964, in Giur. cast.,
1964, p. 129 SS., con note di M. Bon Valsassina e L. Paladin.
(3 Sulla evoluzione della giurisprudenza costituzionale a proposito della tematica considerata, si rinvia a G. Cocco, Una convivenza voluta ma sofferta: il rapporto tra diritto comunitario e diritto interno, in Riv. it. dir. puhbl. com., 1991, p. 642 SS.; ID., Riserva di ordinamento e kpeciaiità’del diritto comunitario, ivi, 1992, p. 767; A. RUGGERI, Continuo e discontinuo nella giurisprudenza costituzionale, a partire dalla sent. 170/1984, in tema di rapporti tra ordinamento interno e ordinamento comunitario: dalla ‘teoria’ della separazione alla prassi’ della integrazione intersistemica?, in Giur. cast., 1991, p. 1583 SS.; M. LUCMNI, La Costituzione italiana egli ostacoli alla integrazione europea, in Pol. dir., 1992, p. 565; A. CELOTTO, La prevalenza dei diritto comunitario sul diritto interno: orientamenti della Corte Costituzionale e spunti di teoria generale, ivi,
D I R I T T O P U B B L I C O , 1999
232
DIRITTO
PUBBLICO
s
Le vicende che hanno contraddistinto l’evoluzione della giurisprudenza
costituzionale in materia sono fin troppo note perché non risulti infruttuoso
darne dettagliata contezza in questa sede. È sufficiente, ai nostri fini, ricordare
le tappe fondamentali in tema di rapporti fra diritto interno e diritto comunitario, alla luce della awenuta o mancata utilizzazione del parametro interposto.
Risale al 1975 la prima sentenza con cui, dopo il rifiuto nell’esordio, la
Corte ammette la propria competenza a valutare una legge lesiva indirettamente dell’art. 11, ma confliggente in via immediata con il disposto degli artt.
189 e 177 del Trattato di RomaC). L’impostazione che in seguito e per un lasso di tempo abbastanza lungo, ha guidato i giudici della Consulta si rifà alla famosa pronuncia n. 170 del 1984(4) in cui - come è noto - venne espresso il
principio secondo il quale, in ipotesi di contrasto di una fonte interna con un
regolamento della Comunità la competenza è del giudice ordinario chiamato a
disapplicare la legge italiana incompatibile.
L’orientamento accoglieva sostanzialmente il punto di vista della Corte di
giustizia incentrato sulla realizzazione del principio di certezza del diritto?) e
di immediata applicazione della fonte comunitaria all’interno di tutto il territorio dell’Unione. Esso assumeva come presupposto ineludibile il principio secondo cui «le norme derivanti dagli atti normativi delle istituzioni comunitarie non possono costituire parametro nei giudizi di competenza della Corte
Costituzionale, poiché appartengono ad un ordinamento distinto, anche se coordinato rispetto a quello interna»(6). Sicché, dall’accoglimento della tesi della
1992, p. 4481 SS.; F. SORRE~O, La Costituzione italiana di fronte al processo di integrazione europea, in Quad. cast., 1993, p. 4481 SS.; nonché gli studi monografici di M. CARTABIA, Principi invio/ahi/i e integrazione europea, Milano, Giuffrè, 1995; F. DoNAn, Diritto comunitario e sindacato di costituzionalità, Milano, Giuffrè, 1995.
(3) Sent. 30 ottobre 1975, n. 232, in
p. 3239 SS.
Giar.
cast., 1975, p. 2211, con nota di F. Sorrentino,
v
(3 Sul punto, per tutti, A. RUGGERI , Comunità europee, Stato, Regioni dopo la sentenza n.
170/1984 della Corte Costituzionale sull’efficacia dei regolamenti comunitari, in Reg., 1985, p. 433
SS.
p) Cfr., G. GRECO, Rapporti tra ordinamento comunitavio e nazionale, in M.P. Cmn - G.
GRECO (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, Milano, Giuffrè, 1997, p. 404.
(6)
1984.
Così, sent. 21 aprile 1989, che riprende, nelle sue linee essenziali, la decisione del
T
NOTE E COMMENTI
233
separazione interordinamentale non sembrava, in un primo momento, residuare alcuno spazio per un intervento della Corte italiana al di fuori della salvaguardia del nucleo incomprimibile dei principi fondamentali e dei diritti
inalienabili della personao.
L’occasione per ridiscutere il netto abbandono del terreno comunitario
arriva nel 1993(*), a11or q uando, ritornati sull’argomento, i giudici della Consulta ripropongono nuovamente lo schema del parametro di costituzionalità
costituito dall’art. 11, siccome esso risulta integrato dal contenuto del regolamento comunitario. A differenza, tuttavia, che nelle più lontane decisioni(g) la
Corte radica la propria competenza, in questa occasione, in vista del medesimo obiettivo del giudice comunitario: rapida vigenza(‘O) delle norme europee
e certezza del diritto.
La delibera regionale infatti, ancorché non dotata di operatività, al tempo
del sindacato costituzionale costituisce il miglior banco di prova per la ‘tenuta’ della tecnica di interposizione, poiché il giudizio preventivo consente di
eliminare db origine un prowedimento anticomunitario. La Consulta ha avuto modo di precisare, nelle decisioni del ‘93 e ‘94, che l’instaurazione di un
giudizio in via principale, radicato sul parametro comunitario, si pone, invero, come ulteriore e coerente svolgimento delle precedenti pronunce volte a
dare soddisfazione al principio di prevalenza del diritto dell’Unione su quello
nazionale.
Se, infatti, lo strumento più idoneo a dare esecuzione agli obblighi imposti dall’art. 11 Cost. rispetto ad una norma già vigente è quello della sua ‘non
applicazione’ da parte del giudice comune, poiché, in tal modo, si evita un incidente di costituzionalità che ritarderebbe l’efficacia del precetto comunitario, con grave pregiudizio della chiarezza normativa, la questione presenta
(‘) L’orientamento è stato ribadito con sent. 21 aprile 1989, n. 232, in Giur. cmt., 1989,
p. 1001, con nota di M. CARTABIA, e di V. ANAGIOLINI in Riv. it. dir. pubbl. com., 1991, p. 515.
f) Sent. 115 del 1993 in Gìur. cast., 1993, p. 983, (con commento di A. A MBROSI , Nome
comunitarie direttamente applicabili e giudizio di costituzionalità in via principale, in Reg., 1993,
p. 1761 SS.), nonché sent. 10 novembre 1994, n. 384, in Giur. cast., p. 3449 SS.
0
In particolare, sent. n. 232 del 1975, cit., p. 221.
(‘9 Le maggiori critiche a quella pronuncia erano legate proprio alla circostanza che il
giudizio in via incidentaie introduceva lungaggini tali da far ritardare l’attuazione dei diritto
comunitario in Italia: sul punto, fra gli altri, G. DEMURO, La giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia dì applicazione dei regolamenti comunitari, in Giur. cast., 1987, p. 2387.
234
DIRITTO
PUBBLICO
f
connotati differenti per la competenza della giurisdizione costituzionale ai
sensi dell’art. 127 Cost. La circostanza che in sede di controllo in via d’azione
l’oggetto del giudizio è una disposizione di legge non ancora efficace muta secondo tale primo indirizzo - profondamente i termini del problema, in
quanto il rispetto del diritto comunitario awiene in modo ancor più efficace
con un meccanismo, quello dell’annullamento, che mira ad estirpare in radice
le norme che presentino disarmonie rispetto al diritto europeo(“). In questa
ultima ipotesi, trattandosi di una delibera legislativa ancora priva di operatività, non è prospettabile il rischio per l’applicazione della fonte comunitaria,
che verrebbe, viceversa, intralciata dalla sospensione del giudizio comune in
attesa della decisione della Corte.
Il ricorso alla utilizzazione dello schema della norma interposta, secondo
il ragionamento seguito nella decisione n. 384, dunque, pare scaturire non tanto dalla instaurazione del sindacato in via diretta quanto dal particolare atteggiarsi dell’impugnativa statale che incide su una legge non ancora dotata di
operatività. Sicché, in definitiva, il carattere preventivo del controllo pare costituire la condicio sine qua non perché l’organo di giustizia costituzionale si riappropri della prerogativa di invalidare una norma interna confliggente con
un regolamento comunitario.
Del resto, la Corte circoscrive chiaramente lo spazio del suo intervento
alla sola ipotesi succitata, awertendo che «non vale la reciproca@*), poiché
ove si profilasse un ricorso della Regione su legge statale, essa si troverebbe costretta ad arretrare la propria competenza a vantaggio di quella del giudice ordinario, conformemente alla linea inaugurata nel 1984. La legge statale, in
quanto ormai entrata in vigore, esorbiterebbe dall’oggetto del suo sindacato
qualora i motivi di impugnativa regionale fossero legati ad una discordanza
con il diritto comunitario.
(‘l) Ancor prima che la questione venisse affrontata dalla Consulta, in dottrina, in questo
senso, M. SICLARI, Le norme interposte’ nel giudizio di costituzionalità, Padova, Cedam, 1992, p.
91.
(‘3 Sent. n. 115 del 1993 in Giur. cast., 1993, p. 983; conformemente sent. n. 384 del 1994,
in Giur. cast., 1994, p. 3449 SS., con osservazioni di F. SORRENTINO, Una svolta apparente nel
Cammino comunitario’ della Corte: l’impugnativa statale delle leggi regionali per contrasto con il
diritto comunitario; F. BENTINESI,
Regolamenti comunitari e controllo preventivo delle leggi; F.
DONAI, 1 rapporti tra diritto interno e diritto comuniturio.
Problemi e prospettive alla luce di una
recente sentenza della Corte Costituzionale; P. GIANGASPERO, Giudizio in via d’azione su leggi regionali ed obblighi comunitari.
NOTE E COMMENTI
1
i
#
/
-*
235
Per essere più chiari la giurisprudenza degli anni ‘93-‘94, fondata sulla imprescindibilità del momento preventivo del controllo, ritiene che gli effetti di
una eventuale sentenza di illegittimità di legge regionale lesiva dei principi comunitari, intervenendo prima dell’operatività della stessa, sarebbero strumentali alla immediata osservanza del diritto della Comunità. In tal modo, circoscrivendo la propria competenza rispetto ad un precisa circostanza cronologita relativa alla instaurazione del giudizio, la Corte riduce lo spazio di utilizzazione del regolamento comunitario come parametro di costituzionalità.
Con la sent. n. 94 del 1995 la Consulta modifica ulteriormente il suo precedente orientamento, ammettendo questa volta, che in tutte le ipotesi di giudizio in via diretta(13) la dichiarazione di illegittimità della norma interna si
rende necessaria per ottemperare ai principi di certezza e di chiarezza normativa(i4). Se, infatti, spiegano i giudici, il contrasto tra norma italiana e norma
europea si manifesta nell’ambito di un giudizio instaurato in via diretta, non si
rinviene «alcun ostacolo processuale» in grado di precludere alla Corte la piena tutela del valore costituzionale della certezza del diritto e della chiarezza
del diritto(l5). Queste notazioni forniscono una ricognizione delle vicende peculiari che hanno caratterizzato il ruolo, nonché l’ambito di utilizzazione dello schema della norma interposta, al fine di verificare il rispetto del principio
di apertura, alla normativa dell’Unione, consacrato nell’art. 11 da parte della
legge italiana.
(13) Pertinenti, al riguardo, le osservazioni di A. RUGGEKI, Leggi regionali contrarie, cit., p.
487, incentrate sul carattere contraddittorio delle decisioni costituzionali nel punto in cui non
giungono ad una soluzione unitaria, ammettendo sempre il controllo di costituzionalità in via
principale, ovvero non ritenendolo mai possibile né rispetto alla legge regionale, né con riferimento alla fonte statale.
e
(‘3 La costituzionalizzazione del principio di certezza e chiarezza normativa è da qualche tempo oggetto di approfonditi studi, fra gli altri, F. SORRENTINO, Incertezza del diritto o mera oscwità della legge?, in Gito-. cast., 1986, p. 564; R. GVASTINI, La certezza de/ diritto cone principio di diritto positivo ?, in Reg., 1986, p. 1090; L. PEGORARO, Linguaggio e certezza deh legge nella giurisprudenza della Corte costituzion&e, Milano, Giuffrè, 1988; A. RUGGERI, La certezza del diritto allo specchio il gioco’ dei valori e le ‘logiche’ della giustizia costituzionale (a proposito dei conflitti diattribuzione originati da sentenze passate in giudicato), in Dir. SOC., 1993, p. 137; F. BEANCL+, Emergenza, interpretazione per valori e certezuI del diritto, in Giur. cast., 1993, p. 3028 SS.; G.
GUZZE~A, Spunti ed interrogativi in tema di processo costituzionale e certezza del diritto in una recente sentenza della Corte in materia comunitaria, in Giur. cast., 1995, p. 2138 SS.
(‘3 V. sent. n. 94 del 1995 in Giur. cast., 1995, p. 790 SS.
236
DIRITTO
PUBBLICO
In estrema sintesi, la giurisprudenza costituzionale si può riassumere in
questi termini: il regolamento comunitario si atteggia come norma interposta
allorquando la Corte venga chiamata a valutare la legittimità di una legge in
sede di accesso diretto. Il venir meno di tale condizione preclude(16) la strada
alla pronuncia costituzionale e dunque alla introduzione della tecnica decisoria tramite l’interposizione. La posizione del giudice delle leggi si regge sul differente regime processuale(i3, cui soggiace il giudizio proposto in via d’azione
sulla considerazione che il controllo in via principale, a differenza di quello in
via incidentale, bene si coniuga con i valori di certezza e chiarezza normativa.
Su tale ultimo passaggio si gioca secondo la Consulta la possibilità di incardinare, mediante la riproposizione della norma interposta, un giudizio di
costituzionalità su legge eventualmente lesiva dell’art. 11. Soltanto il giudizio
in via principale ammette il ricorso alla interposizione quale criterio risolutore delle antinomie tra diritto italiano e diritto comunitario, tenendo ferma la
tesi che devolve alla giurisdizione ordinaria il «sindacato diffuso»(i8) di costituzionalità attraverso la non applicazione della legge interna.
A ben guardare, l’ultimo indirizzo della Corte, generalizzando l’ammissibilità del sindacato di legittimità in tutte le ipotesi di giudizi in via diretta, sortisce un effetto, forse non direttamente voluto, ma, tuttavia, di non trascurabile portata. L’apertura, pressoché assoluta, di dichiarazioni di illegittimità costituzionale della legge statale per violazione del principio che impone il rispetto del diritto comunitario. E cioè, secondo il ragionamento condotto nella
pronuncia del 1995, prospettabile una sequenza del tipo ‘art. 11 - regolamento
comunitario interposto - legge del Parlamento’, e non soltanto il differente
schema: ‘art. 11 - regolamento comunitario interposto - fonte regionale’, proposto nelle precedenti pronunce.
(16) In proposito, la Corte ha mantenuto ferma la posizione assunta nel 1984, ribadendo
nella decisione n. 94, sia pure implicitamente, come in sede di giudizi in via incidentale si pone
un ostacolo processuale (cioè la necessità di arrestare il processo in corso) sostanzialmente preclusivo di un sindacato di costituzionalità.
(‘3 Cfr., F. SORRENTINO, Una .vvolta apparente nel ‘cammino comunitario’ della Corte, cit.,
p. 3456 SS., cui aderisce M. CARTABLA, Corte costituzionale e norme comunitarie: ulteriori aspetti
problematici, in Giw. cast., 1995, p. 4131 (nota 3).
(‘4 In proposito, per tutti, F. SOKRENTINO, Le fonti dei divitto, in G. AEILATO - A. BARDEKA
(a cura di), Manuale di diritto pubblico, Bologna, Il Mulino, 1991, p. 191; G. RIZZA, in L. AKC~AI&ZONO : A. CARULLO - G. RIZZA, Istituzionidi diritto pubblico, Bologna, 1997, p. 122.
NOTE E COMMENTI
237
Di qui la possibilità di sottoporre al sindacato anche la legge ordinaria statale per interferenza con la fonte europea, analogamente a quanto avviene per
la legge regionale anticomunitaria. Mantenendo ferma la teoria della separazione(n)) fra i due ordinamenti la Corte, rende - unicamente nel giudizio in
via diretta - la legge statale sottoponibile alla censura di costituzionalità per
violazione della normativa comunitaria. In tal modo, con l’adozione del modello interposto - supera una discutibile differenza di disciplina tra fonte statale e fonte regionale, difficilmente giustificabile alla luce del fatto che I’impugnativa in via principale successiva non comporta alcuna forma di arresto,
come awiene con la sospensione della controversia di merito a seguito della
promozione della questione di costituzionalità, e dunque non impedisce l’immediata applicazione del diritto comunitario. L’utilizzazione del parametro di
costituzionalità ‘art. 11 - norme comunitarie se&executing’(al),
a prescindere
dall’oggetto del giudizio (fonte statale o fonte regionale), nasconde, invero, lo
svolgimento di una dinamica dei rapporti tra Stato e autonomie locali maggiormente consona rispetto alla sensibilità regionalistica manifestata, ormai da
qualche tempo, nel nostro ordinamento.
La Corte, con la decisione n. 94, trascende le argomentazioni addotte nella sentenza n. 384 secondo cui lo Stato è responsabile delle violazioni del diritto comunitario solo «quando tali violazioni derivino dall’esercizio della po-
(‘9 Cfr., sent. n. 94 del 1995, cit., p. 797; per una analisi della giurisprudenza costiruzionale sui rapporti tra i due ordinamenti, cfr. lo studio di F. DONATI, Diritto comunitario e sindacato di costituzionalità, Milano, Giuffrè, 1995, specialmente i capitoli 1” e IP, ma passim; nonché, in argomento, sia permesso rinviare al nostro Territorio e circolazione delle persone nell’ordinamento costituzionale, Milano, Giuffrè, 1995, p. 107 SS.
(*9 F. DONATI, 1 rapporti tra diritto interno e diritto comunitario, cit., p. 3476; E. GIANGiudizio in via d’azione su leggi regionali, cit., p. 3481; nonché A. RUGGEIU, Leggi regionali contrarie a norme comunitarie autoapplicative al bivio fra hon applicazione’ e Incostituzionalità’(d margine di Corte cast., n. 384/1994), in Riv. dir. pubbl. comun., 1995, p. 487; P.F. LoTITO, Nota a Corte Costituzionale, sentenza 10 novembre 1994, n. 384, ivi, p. 157; T. GROPPI , Le
norme comunitarie quale parametro nel giudizio (preventivo) di legittimità costituzionale delle delibere legislative regionali, in Reg., 1995, p. 931; G. GRECO , Rapporti tra ordinamento comunitario, cit., p. 421.
FRANCESCO ,
(21) Per la configurazione delle direttive comunitarie come norme interposte, A. CELOTL’incostituzionalità di norme regio& per violazione di direttive comunitarie: un’altra ipotesi
di intervento della Corte Costituzionale nel contrasto tra diritto comunitario e diritto interno, in
Giur. it., 1994, IV, c. 166.
TO ,
_-___- - __.. --- __ ~-
238
DIRITTO
--F----
PUBBLICO
testà legislativa della Regione»(22); con la conseguenza della necessaria ‘previa
estirpazione’ unicamente della delibera regionale.
Diversamente, con l’ultima decisione essa si erge a difesa dell’interesse statale di ottemperare agli obblighi comunitari, depurando il sistema da prowedimenti anticomunitari, anche nell’ipotesi in cui questi siano espressione di
potestà statale. Qualora, infatti, l’elusione dell’impegno di cui all’art. 11 scaturisca da un atto nazionale incompatibile, superata l’impostazione che si reggeva sul ‘difetto di giurisdizione’ della Corte, la norma viene espunta dall’ordinamento, e può anche subire la non applicazione in sede giudiziale(23). La ricostruzione fornita nella richiamata giurisprudenza, a parer di chi scrive, rappresenta il tentativo di oltrepassare il dato normativo incentrato, a proposito
del controllo diretto della legittimità delle leggi, su una posizione sicuramente
non pariordinata(24) delle Regioni rispetto allo Stato. Il differente atteggiarsi
del ricorso del Governo sulle delibere dei Consigli Regionali, promovibile solo prima(25) che la legge acquisti efficacia, rappresenta un indizio della posizione deteriore assegnata alla potestà legislativa regionale rispetto a quella statale(26). Da questa prospettazione si può sostenere che il parametro costituito
dal regolamento come ‘indice di non conformità’ al precetto costituzionale rispetto non esclusivamente alla fonte locale ma anche all’atto di provenienza
statale attenua in modo sensibile - sia pure in relazione al solo diritto comuni(*3
Così sent. n. 384 del 1994, in Giur. cast., 1994, p. 3451.
(2J) Sembra concordare, sostanzialmente, sul punto, P. GIANGASPERO,
ne del diritto comunitario immediatamente applicabile, cit., p. 2389.
Note sull’utilizzazio-
(‘3 In questo senso, P. RIDOLA, Impugnativa diretta delle leggi statali e sindacato della
Corte Costituzionale, in Giur. cast., 1975, p. 3317.
(‘3 Sulle caratteristiche del controllo di costituzionalità a priori, utilizzato soprattutto
nell’ordinamento francese, cfr., G. ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, Bologna, Il Mulino,
1988, p. 170, il quale fa osservare come siffatto tipo di sindacato si rivolge essenzialmente al solo
legislatore, mirando a bloccare il procedimento di formazione di una legge difforme rispetto
alla Costituzione. Per una dettagliata analisi comparativa del giudizio preventivo nei diversi sistemi nazionali europei si segnala, MA. ALEGRE MARTJNES, Justicia constitucionai y contro/ preventivo, Universidad de Leòn, 1995, p. 81 SS.
(*“) In argomento, G. ZAGREBLESKY, La giustizia, cit., p. 237; ma v. anche le considerazioni
svolte da G. AZZANTI, Il controllo preventivo di legittimiA costituzionale nel disegno costituzionale e nella sua attuazione pratica, in Giur. cast., 1982, p. 796 SS.; V. ONDA, Igiudizi sulle leggi nei
rapporti tra Stato e Regione:proJìliprocessuali, in Reg., 1986, p. 997 SS.; P. CAVAL.ERI, L’evoluzione
dello stato regionale in Italia, Padova, Cedam, 1997, p. 236, 264.
,
NOTE E COMMENTI
239
tario - il divario esistente, nel sistema del sindacato costituzionale in via
d’azione(*‘), tra i due tipi di atti.
Lo schema argomentativo seguito nella sentenza del 1995, infatti, pare appropriato per giustificare il controllo di costituzionalità nell’ambito di un giudizio proposto in via principale.
Al riguardo, risulta, per molti versi, sorprendente il dato che i giudici costituzionali non abbiano espressamente richiamato - al fine di sostenere, in
ogni evenienza di accesso diretto, il controllo di costituzionalità - il precedente e consolidato indirizzo(*8) inerente al significato del regime delle preclusioni positivizzato, per i giudizi in via d’azione, nell’art. 127 e nella 1. cast. 1 del
1948(29) che avrebbe rafforzato la tesi del perseguimento della rapida applicazione dei diritto comunitario per mezzo del controllo di legittimità sulla legge
statale.
Infatti, esaminate da tale prospettiva, le differenti discipline dell’accesso
diretto da parte di Stato o Regioni presentano spiccate analogie: come per il
(9 Il quadro che era stato delineato nella bozza della Commissione per le riforme - che
come è noto è oramai naufragata - offriva, sul punto in questione, un nuovo modello di giudizio in via principale sulle leggi regionali. Più precisamente, l’art. 59 del progetto prevedeva un
tipo di sindacato sulla fonte regionale perfettamente simmetrico a quello previsto per la legge
statale. Infatti, la facoltà del Governo di promuovere la questione di legittimità, era esercitabile
entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge, con esclusione di ogni possibile intervento
della Corte che mirasse a bloccare l’entrata in vigore della delibera legislativa della Regione; in
proposito cfr., R. ROMOLI, La giustizia costituzionale nel progetto della Bicamerale, in Dir. pubbl., 1997, p. 847 SS. Per il sistema utilizzato in Francia, cfr., N. Z ANON, L’exception d’inconstitutionnalitè in Francia. Una riforma dificile, Torino, Giappichelli, 1990, p. 32, 33. Non pareva,
viceversa, residuare alcuno spazio, nel documento elaborato dalla Commissione D’Alema, per
una qualsiasi forma di controllo di tipo ‘previo’ né su fonti statali, né su fonti locali. Per la proposta di attribuire al Capo dello Stato la competenza a ricorrere dinanzi alla Corte costituzionale per denunciare, in sede di promulgazione, vizi della delibera legislativa approvata dalle Camere, cfr. A. SPADARO , La giustizia costituzionale italiana: cka originario limite a moderno ?trumento’ della democrazia pluralista. Cinque proposte, in R. BIN - C. P INELLI (a cura di), I soggetti del
pluralismo nella giurisprudenza costituzionale, Torino, Giappichelli 1996, p. 323, 324.
(2”) Il riferimento è alle decisioni 9 febbraio 1967, n. 15, in Giur. cast., 1967, p. 123 SS.; 16
luglio 1970, n. 140, in Giur. cast., 1970, p. 1619 SS.; 4 marzo 1971, n. 39, in Giur. cast., 1971, p.
182 SS., con nota di L. PALADIN, ivi, p. 189 SS.
(zq L’art. 2,1. cast. 9 febbraio 1948, n. 1, prevede che la Regione può promuovere l’azione di legittimità costituzionale nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto avente forza di legge dello Stato e nel termine di 60 giorni dalla pubblicazione della legge di
un’altra Regione.
240
DIRITTO
PUBBLICO
procedimento di impugnazione descritto nella previsione costituzionale l’effetto paralizzante scaturisce automaticamente dalla mancata proposizione del
ricorso da parte del Governo prima che la legge venga promulgata(30), la dettagliata indicazione dei termini contenuta nell’art. 2 della 1. cast. n. 1 del 1948
è preordinata ad escludere la tardiva richiesta regionale di un controllo sulla
legge statale o su quella di altra RegioneCI). Del resto, la Corte, senza esitazioni, ha attribuito al regime dei termini, relativi ai giudizi di sua competenza,
un significato tassativo da ricollegare a ragioni di carattere più propriamente
sostanziale. Spiegano i giudici costituzionali(32) che il legislatore Costituente
ha contemperato la necessità di dare un tempo congruo agli organi cui spetta
di adire il giudice delle leggi con l’esigenza di assicurare la celerità dei giudizi e
la sollecita rimozione di situazioni di illegittimità costituzionale. La ragione
della natura inderogabile dei termini risponde all’intento di evitare tardive impugnazioni, la cui conseguenza è la protrazione indefinita di situazioni di incertezzarj) sulla conformità di leggi a Costituzione, capace di mettere a repentaglio il principio della linearità dell’ordinamento e della chiarezza normativat4).
Ai fini della nostra indagine siffatte conclusioni paiono particolarmente
conducenti, laddove individuano la comune logica cui il giudizio in via d’azione nei due differenti modelli sembra aderire.
ESSO, proprio in quanto strettamente connesso alle strettoie processuali,
mira a perseguire la rapida definizione di controversie sulla legittimità della
legge. Tale profilo, che si coniuga con l’esigenza di consentire l’immediata applicazione del diritto comunitario, ritorna come elemento caratterizzante il
sindacato successivo.
Riassumendo: i limiti temporali per la instaurazione del processo costituzionale non modificano i punti salienti della questione, in quanto la perento(3T La questione è affrontata specificamente da C. MEZZAN~ITE,
pvetazione autentica e controlli statali, in Giur. cast., 1975, p. 1989 SS.
Leggi regionali di ìnter-
c’) Di quest’avviso, P. RmoLA, Impugnativa diretta delle leggi statali e sindacato della COTte costituzionale, in Gitir. cast., 1975, p. 3316.
C-?j Cfr., la decisione n. 15 del 1967, in Gitir. cast., 1967, p. 124.
(“) Concordemente, C. ~~EZZANO-ITE,
va diretta, cit., p. 3313.
Leggi regionali, cit., p. 1990; P. RIDOLA, Impugnati-
c4) Così, sent. Corte cast., 16 luglio 1970, n. 140, in Gitrr. cast., 1970, p. 1623.
NOTE E COMMENTI
241
rietà(35) dei termini soddisfa comunque la necessità di decisione tempestiva in
relazione a qualsiasi controversia insorta tra Stato e Regioni, anche di quelle
in cui è coinvolta una fonte comunitaria.
La disciplina del termine tassativamente prescritto costituisce un efficace
strumento al fine di ottenere la rapida vigenza del regolamento della Unione,
senza tuttavia, trascurare il profilo legato alla opportunità di eliminare in modo definitivo la norma interna con quella in contrasto. Non va, inoltre, trascurata la possibilità che offre l’alternativa ‘illegittimità - disapplicazione’ nell’ambito della complessa dinamica messa a punto per favorire l’adeguamento(36). A questo proposito l’utilizzabilità della norma interposta, legata alla
tempestiva proposizione del giudizio, giova alla eliminazione della previsione
confliggente con l’art. 11. Peraltro, la inutile decorrenza del tempo per impugnare, pur avendo l’effetto di consolidare la permanenza della disposizione
non sottoposta a controllo, non interferisce con l’obbligo del giudice comune
di disapplicare la stessa qualora riscontri la sua anticomunitarietà. L’effetto di
tale congegno comporta è che una legge ‘non impugnata’ in via d’azione acquista il sigillo di costituzionalità, essendo impedito un nuovo e ulteriore giudizio promosso in via incidentale attraverso l’impiego del parametro interposto. Ciò, tuttavia, non incide sulla competenza del giudice di disapplicare la
legge ‘costituzionale’(3’) lesiva del principio di adeguamento. L’organo decidente, anzi, è tenuto - nel sostanziale rispetto della regola che stabilisce la sottoposizione del giudice soltanto alla legge (costituzionale)(3s) - a disapplicare
una norma che sebbene sia ‘sfuggita’ alla declaratoria di incostituzionalità, costituisca lesione di un principio comunitario.
-i d
C5) Differente è la scelta seguita laddove (cfr., ad es., la Costituzione austriaca del 1920) il
giudizio in via principale costituisce l’unico strumento per il controllo di costituzionalità; in
quei sistemi viene mantenuta da parte del Governo federale o dei Lander la facoltà di adire il
giudice delle leggi ‘in ogni tempo’. Anche se, osserva P. RIDOLA, Imprrgnativa diretta, cit., p.
3317, la successiva modifica con la quale in Austria venne introdotto il giudizio in via incident‘ile non comportò la previsione di limiti temporali all’instaurazione del sindacato diretto.
(“‘) Sul punto, già, A. AMBROSI, Norme comunitarie, cit., p. 1770, cui aderisce, P. GLANGAPERO, Note sull’utilizzazione del diritto comunitario immediatamente applicabile, cit., p. 3491.
(‘3 Perplessità rispetto ad un sistema che ritiene contemporaneamente una legge disapplicabile valida e vigente sono state avanzate da G. GRECO, Rapporti tra ordinamento comunitario e
nazionale, cit., p. 408.
(‘9 Per tutti, G. ZAGREBELSKY,
La giustizia costituzionale, cit., p. 272.
l
242
DIRITTO
PUBBLICO
2. Presunta connessione tra funzione di interposizione della fonte ‘esterna’ e
accoglimento della teoria monista: critica. - La rinnovata visione del ruolo della
Corte nei rapporti tra ordinamento italiano e ordinamento della Comunità
impone talune considerazioni sul significato del regolamento comunitario come norma interposta. In particolare per le ripercussioni che esso sembra creare sulla antica questionefg) legata al rapporto tra i due ordinamenti, definibile
in termini di separazione ovvero in quelli di stretta integrazione. L’assertorietà con cui la giurisprudenza costituzionale(40) ha ritenuto che in sede di giudizio incidentale la competenza spetti in via esclusiva al giudice, tenuto alla disapplicazione, ha indotto parte della dottrina(41) a desumere da tale posizione
una linea che idealmente lega il ‘difetto di giurisdizione’ della Corte con la
teoria dualista( basata com’è noto sulla reciproca autonomia(43) dei sistemi
normativi. Simmetricamente, la conversione che ha portato la Consulta, dalla
decisione n. 115 del 1993, ad ammettere nuovamente il parametro interposto,
in sede di giudizi in via principale, ha accreditato la convinzione(44) che l’uso
della tecnica interpositiva si fondasse su un ribaltamento giurisprudenziale
propenso adesso a spiegare in termini monistici la relazione tra i due sistemi(45). Ancor più chiaramente, l’interrogativo è se l’impiego di un regolamento della Comunità come parametro interposto sia realmente la prova della
C4 Si segnala, al riguardo, la riflessione di F. DONATI, Diritto comunitario e sindacato,
cit., p. 45 ss.
(9 Sent. n. 115 del 1993 e sent. n. 384 del 1994, cit.
(4’) F. DONATI, I rapporti tra diritto interno e diritto comunitario, cit., p. 3476.
(43 Cfr., M. GIULLWO - T. SCOVAZZI
Milano, Giuffrè, 1991, p. 591, 560.
- T. TREVES, Diritto internazionale, parte generale,
(“‘) Principio affermato nelle pronunce della Corte cast. n. 183 del 1973 e n. 170 del 1984;
su tale ultima sentenza v. le osservazioni di G. G EMMA, Un’opportuna composizione di un dissidio, in Giur. cast., 1984,1, p. 1223. Sulla necessità di rivedere il modello dualista emerso da queste pronunce costituzionali, fra gli altri, G. DEMURO, La giurisprudenza, cit., p. 2373; F. DONATI,
Diritto comunitario, cit., p. 98 SS.
(“3 Così, G. GRECO, Rapporti tra ordinamento, cit., p. 408.
(45) In questi termini, A. MARZANATI, La Corte Costituzionale alla ricerca di nuovi spazi
nella composizione dei conflitti tra diritto e diritto comunitario, in Riv. it. dir. pubbl. com., 1995,
p. 161, la quale afferma che l’uso del regolamento comunitario come norma interposta e la conseguente dichiarazione di illegittimità della sentenza fanno Npensare ad un abbandono della teoria della separazione degli ordinamenti*.
NOTE E COMMENTI
F>
i
243
svolta verso l’immedesimazione interordinamentale. La stessa appartenenza(46)
della fonte, che si assume come parametro, ad un differente ordine giuridico
rappresenterebbe un’aporia nel sistema: non sarebbe possibile, esemplificando, che il parametro, per mezzo del quale si radica il giudizio costituzionale
non fosse riconducibile al medesimo sistema che contribuisce a definire(4’).
La sequenza sarebbe così schematizzabile: Modello monista - fonte esterna
(utilizzazione dell’atto esterno come parametro interposto) - giudizio di costituzionalità - invalidità della legge; Modello dualista - fonte esterna (impossibilità di utilizzare l’atto straniero come parametro) - disapplicazione.
A questo punto del ragionamento non pare inutile meditare su un punto,
domandandosi, innanzitutto, se la possibilità di discutere di norma interposta
dipenda sempre e comunque dal presupposto che la fonte collocata tra Costituzione e norma primaria sia espressione dello stesso ordinamento da cui le altre discendono. Qualora, infatti, l’esito fosse diverso, anche solo nel senso che
la produzione ‘esterna’ dell’atto non si pone come elemento di discrimine, tra
ciò che è norma interposta e ciò che rimane fuori da tale schema, si dovrebbe
desumere che anche nella nostra ipotesi occorre seguire il criterio generale,
ovvero trovare una ratio giustificativa sulla quale fondare una disciplina derogatoria.
L’esame di ipotesi che, secondo la dottrina più sensibile al tema, vanno
collocate entro la categoria della norma interposta, offre dati di un qualche interesse: è agevole notare, in primo luogo, come talune di esse non possano
esser annoverate tra le fonti di diritto interno. A proposito dei Patti Lateranensi si ritiene(4s), infatti, che costituiscano norma interposta alla cui stregua
valutare la conformità della legge interna rispetto al principio contenuto nell’art. 7 Cost. che impegna io Stato a rispettare gli accordi presi con la Chiesa
Cattolica. Non si dubita del fatto che i Patti del Laterano costituiscono un at(&)
Ancora, G. GKECO, Rapporti tra ordinamento, cit., p. 408.
(43 Queste sono le conclusioni del ragionamento condotto nella sentenza n. 170 che sulla
premessa secondo cui ordinamento interno e ordinamento comunitario sono «sistemi autonomi
e distinti, ancorché coordinatb
ha escluso di poter utilizzare la fonte della Comunità per radicare la propria competenza sul giudizio di legittimità delle leggi.
(9 C. LAVAGNA, Problemi di giustizia costituzionale sotto il profilo della manifesta infondatezza, Milano, Giuffrè, 1957; V. CRISAFULLI,
Lezioni di diritto costituzionale, vol. 11, Padova,
Cedam, 1984, p. 361; conformemente, M. SICLARI, Le ‘norme interposte’ nel giudizio di costituzionalità, cit., p. 32.
DIRITTO
244
PUBBLICO
to internazionale 0 parainternazionale(49) con il quale i soggetti contraenti disciplinano i loro reciproci rapporti. La natura extra-statale del Concordato,
del resto, è strettamente conseguenziale alla posizione di originarietà ed indipendenza(50) attribuita dalla nostra Costituzione all“ordine’
della Chiesa.
L’accordo pattizio, non appartenendo all’ordinamento italiano, non sarebbe
adatto, coerentemente alla premessa posta, a completare il parametro di costituzionalità per radicare un giudizio di legittimità. Ciò malgrado, non è stata
messa in dubbio l’idea(51) secondo cui una legge ordinaria derogatoria dei Patti, senza il previo accordo con la Chiesa, sarebbe contraria all’art. 7, ed anzi,
per ammissione della Corte(52) stessa, questi posseggono l’idoneità a completare il precetto costituzionale. Pur sostenendo la netta separazione tra ordinamento nazionale e ordinamento canonico, le pronunce n. 30, 31, e 32 del 1971
non escludono la competenza della Consulta al sindacato della legge, qualora
il raffronto debba esser compiuto attraverso le disposizioni del Concordato;
atto quest’ultimo «di per sé estraneo all’ordinamento giuridico dello Stato»,
poiché «formato da due soggetti di pari situazione sovrana e indipendente»(53).
Situazione analoga contraddistingue la posizione delle norme internazionali generalmente riconosciute(54) richiamate nel CO. 1 dell’art. 10, che, secondo la prevalente dottrinaC3, vanno pacificamente ascritte nella categoria delle
(‘4 Così, F.
cast., 1971, p. 407.
f”)
Cfr.
MODUGNO ,
P. BISCARETI?
DI
La Corte Costituzionale di fronte ai Patti Lateranensi, in Giuv.
RUFFIA,
Diritto costituzionale, Napoli, Jovene, 1981, p. 654 SS.
(“) La dottrina sul punto è unanime, per tutti, C. LAVAGNA, Problemi di giustizia costituzionale sotto il profilo della non manifesta infondatezza’, in ID ., Ricerche sul sistema normativo,
Milano, Giuffrè, 1984, 558; V. CRISAFLJLLI, Lezioni, cit., p, 361; M. SELARI, Le ‘norme interposte’,
cit., p. 23 SS . e 141; A. kZZORUSS0,
Manuale di istituzioni di diritto pubblico, Napoli, Jovene,
1997, p. 477.
(‘3 Sent. Corte cast. n. 169 del 1971, in Girrr. cast., 1971, p. 1784.
(53) Così, sent. n. 30 del 1971, in Giur. cast., cit., p. 153.
(54) In argomento, L. CONDORELLI,
Il ‘riconoscimento generale’ delle consuetudini internazionali nella Costituzione italiana, in Riv. dir. intern., 1979, p. 5 SS.
(55) In questo senso, A. PENSOVECCHIO
LI B ASSI , Diritto interno e diritto internazionale generale e sindacato di costituzionalità delle leggi, in Giur. sic., 1957, p. 29; A. LA P ERGOLA, L’art. 10,
primo comma, Cost. ed i controlli di costituzionalità, in Giur. it., 1962, IV, c. 777; ID., Adattamento automatico e norme internazionali in confitto con la Costituzione, in Giur. cast., 1963, p.
1512; A. CASSESE, L’art. 10 della Costituzione italtina e L’incostituzionalità di atti normativi con-
NOTE E COMMENTI
245
fonti interposte. 1 giudici della Consulta hanno, seppur implicitamente, riconosciuto la funzione di interposizione del diritto internazionale generale, lasciando percepire, in maniera, chiara, la possibilità di un controllo diretto a
depurare l’ordinamento da leggi contrarie ad esseC6).
Se i principi consuetudinari possono esser utilizzati come termini di raffronto(53 ai fini della valutazione di costituzionalità - malgrado la configurazione dualista tra i due sistemi rappresenti un punto fermo nella giurisprudenza della CorteC*) - ciò non può non comportare una rimeditazione più generale circa i caratteri della norma chiamata ad integrare la statuizione costituzionale. In altri termini, non pare possibile ritenere - attesa l’appartenenza di
tale fonte al sistema internazionale - che l’adeguatezza del parametro dipenda
dalla genesi della fonte, ben potendo, una norma non scritta «di applicazione
universale»(59)
contribuire a definire il circuito di norme al cui cospetto effettrari a nonne interne di aahttamento al diritto internazionale generale, in Riv. trim. dir. pubbi.,
1964, p. 350; A. CHIAPPETTI, Alcuni problemi di interpretazione dell’art. 10, 1’ comma, della costituzione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1968, p. 1415; P. GIOCOLI NACCI, Norme interposte e giudizio di
costituzionalità, in Giur. cast., 1982, p. 1880; A. D’AENA, Adattamento del diritto interno al diritto internazionale, in Enc. giur., vol. 1, Roma, 1st. Encicl. Ital., 1988, p. 7; G. D’ORAZIO, Lo
straniero nella costituzione italiana, Padova, Cedam, 1992, p. 132.
C6) Cfr., in particolare, sent. 22 dicembre 1961, n. 67, in Giur. cast., 1961, p. 1251, (con
nota di A. BERNARDN, L’art. 10 della Costituzione e i poteri dello Stato della bandiera sulle navi in
mare libero), in cui è scritto: & ammissibile la questione incidentale di legittimità costituzionale di disposizioni legislative per contrasto con norme di diritto internazionale generalmente riconosciute (art. 10) anche non esplicitamente indicate, ma che possono desumersi per implicito
dal contesto dell’ordinamento di rinviom; nonché sent. 4 luglio 1963, n. 135, in Riv. dir. interri.,
1963, p. 456 SS.
(‘3 Così, C. LAVAGNA, Problemi di giustizia costituzionale, cit., p. 558; A. PIZZORUSSO, Lezioni di diritto costituzionale, Roma, 1978, p. 585; ID., Otituzioni, cit., p. 477; sostanzialmente
dello stesso avviso, nella dottrina internazionalistica, M. MLELE, La costituzione italiana e il dirirto internazionale, Milano, Giuffrè, 1951, p. 72; T. PERASSI, La Costituzione italiana e l’ordinamento internazionale, Milano, Giuffrè, 1952, p. 35 SS.; G. Bosco, Lezioni di diritto internazionale, Milano, Giuffrè, 1992, p. 304; M. GIULJANO - T. SCOVAZZI - T. TREVES, Diritto internazionale,
cit., p. 552.
(5y Cfr. sent. 18 aprile 1967, in Giur. cast., 1967, p. 308 (con nota di M. CHIAVARIO, La
compatibilità del bis in idem previsto dall’art. Il comma primo con il ‘diritto internazionale generalmente riconosciuto) e dello stesso tenore, sent. 8 aprile 1976, n. 69, in Giur. cast., 1976, p. 436.
(5y L’espressione è utilizzata da G. BARILE , Costituzione e rinvio mobile al diritto internazionale, in U. LEANZA (a cura di), Costituzione dello Stato e norme internazionali, Milano, Giuffrè, 1988, p. 101.
DIRITTO
246
PUBBLICO
tuare il controllo. La fonte di provenienza extra statale deve intendersi atto interposto qualora venga richiamata da previsioni costituzionali quale requisito
di validità(60) di leggi o atti pariordinati.
Né possono nutrirsi perplessità per quanto concerne l’adeguatezza a fungere da parametro(61) delle norme e dei trattati internazionali espressamente
contemplati in Costituzione a proposito della condizione giuridica dello straniero. Al riguardo, l’obbligo imposto al legislatore di conformarsi al contenuto(“*) del trattato internazionale deriva proprio dalla capacità di quest’ultimo a
costituire termine di raffronto nel giudizio sulle leggi. Ciò si regge sul dato che
l’art. 10 pone una riserva di legge rinforzata(63), in virtù della quale, appunto,
il Parlamento è tenuto a conformare la legge sul trattamento del non cittadino
a consuetudini ed accordi internazionali.
t
3. Autonomia delle due problematiche e norma interposta come strumento per
l’acquisizione di valori nell’ordinamento statale. - Ora, risulta acciarato che per
ogni ipotesi succitata l’origine della norma è esterna al nostro ordinamento;
ciò nondimeno essa, costituendo parte integrante del parametro(63, rappresenta un necessario presupposto per promuovere il giudizio sulle leggi. Per proseguire nel ragionamento(65) si dovrebbe poter sostenere che, in tutti i casi in cui
f9 V. CRISAPULLI,
Lezioni, cit., p. 360.
(61) Di quest’avviso, V. CRISAFULLI, Lezioni, cit., p. 361.
(‘3 Esattamente, M. M~zz.rorr~, Lezioni di diritto costituzionale, parte 11, Milano, Giuffrè,
1993, p. 153, che fa osservare come le leggi contrastanti con i trattati concernenti la condizione
dello straniero sono incostituzionali, poiché siffatte convenzioni rientrano fra quelle Je cui
norme di esecuzione non possono essere oggetto di deroga o di abrogazione da parte del legislatore>>.
(63) M. MAZZIOTTT,
Lezioni, cit. p. 153; G. BARILE, Costituzione e tinvio, cit., p. 118.
(64) Sulla sottoponibilità delle norme interposte al controllo di costituzionalità alla stregua del parametro costituito dai ‘principi supremi’ dell’ordinamento, per tutti, M. SICLARI, La
‘normd interposta’, cit., p. 142; nonché sent. n. 30 del 1971, cit.; n. 48 del 1979 in Giur. cast.,
1979, p. 373; n. 170 del 1984, cit. In dottrina, al riguardo, M. ~~ANETTI, Iprincipi costituzionali
comeprincipisupremi, in Giur. cast., 1983, 1, p. 1130 SS.
(65) La sent. n. 170 dice espressamente che poiché le norme comunitarie arimangono
estranee al sistema delle fonti interne (...) esse non possono, a rigor di logica, essere valutate secondo gli schemi predisposti per la soluzione dei conflitti tra le norme del nostro ordinamen-
.
NOTE E COMMENTI
247
la fonte estranea venga utilizzata come parametro, la Corte, attribuendosi la
competenza a dichiarare l’invalidità della disposizione statale, accetta per implicito la teoria della unitaria configurazione tra ordinamenti. Arrivare ad una
simile conclusione pare una forzatura anche in relazione al fatto che le sue decisioni(66) - in linea con una certa cultura costituzionalista(63, distante da una
tradizione degli studi di diritto internazionale che, sul punto, ha accolto la
dottrina kelseniana(@) - sono state, in prevalenza, nel senso di leggere i rapporti tra ordinamenti da una visuale dualista (o meglio pluralista)(69). Ma se
(66) Oltre alla decisione del 1984, in cui si riafferma l’idea che ordinamento interno e ordinamento comunitario si pongono come sistemi autonomi, cfr., a proposito del rapporto tra
principi costituzionali e norme concordatarie, sent. nn. 30,31, 32 del 1 marzo 1971, in Giur. cost., 1971, p. 156 SS., con commento di A.C. JEMOLO, Primo confronto della Costituzione col Concordato davanti alla Corte Costituzionale, in Riv. dir. proc., 1971. La prima di tali pronunce, in
particolare, ha riconosciuto che i tribunali ecclesiastici, non sono tenuti ad osservare la norma-
tiva italiana relativa all’esercizio della funzione giurisdizionale, in quanto appartenenti ad un
diverso
ordinamento.
(“3 Scriveva, testualmente, S. ROMANO, Corso di diritto costituzionale, Padova, Cedam,
p. 83, *In verità, lo Stato è, per definizione un ordinamento giuridico originario o sovrano: su di esso quindi gli ordinamenti di altre Comunità, anche se lo Stato ne faccia parte, no’
possono aver mai efficacia immediata e diretta. Il principio fondamentale che presiede alle loro
La teoria ‘dualista’ costituisce
relazioni è quello della reciproca indipendenza o separazionem.
(per F. SORRE~O, Le fonti, cit., p. 185) la premessa per affrontare la problematica relativa all’adattamento al diritto internazionale del diritto interno; cfr., anche, G. RIZZA, in L. ARCIIUCONO - A. CARULLO - G. RIZZA, Istituzioni di diritto pubblico, cit., p. 25 e 115. L’elaborazione della tesi dualistica nel diritto internazionale si deve, soprattutto, a V. TRIEPEL, Diritto internazionale e diritto interno, Torino, 1913; ANZILLOT~, Corso di diritto internazionale, Roma, 1928.
1933,
(6y La tesi monista - come è noto - elaborata da H. KELSEN, Il problema della sovranità
(1920), Milano, Giuffrè, 1989, trad. it. di A. Carrino, p. 180 SS., è seguita da G. Bosco, Lezioni
di diritto internazionale, cit., p. 302. Anche chi, tra i cultori del diritto internazionale (v., ad es.,
M. GIULIANO - T. SCOVAZZI - T. TREVES, Dititto internazionale, cit., 542 SS.), accetta l’impostazione dualista, ribadisce, la supremazia del diritto internazionale su quello dei singoli Stati. Conf.
T. PERASSI, Lezioni di diritto internazionale, vol. 11, Padova, Cedam, 1961, p. 8; L.M. BEMWOGLIO, Diritto internazionale pubblico, in Nss. D.I., vol. V, Torino, Utet, 1968, p. 925, ove si sostiene che, comunque si intenda spiegare il rapporto tra ordinamenti, non si può negare l’obbligo dello Stato di sottoporsi #all’autorità della Comunità internazionale e, pertanto, l’autonomia
delle sue funzioni giuridiche interne incontra un limite effettivo nella dinamica delle procedure
di garanzia~~
che garantiscono la realizzazione dei precetti sul piano del sistema internazionale.
(@) V. M. GIULIANO - T. SCOVAZZ~ - T. TREVES, Diritto internazionale, cit., 540; da ultimo
la Corte ribadisce la tesi dualista con la decisione del 30 dicembre 1997, n. 443, in Giur. cast.,
1997, p. 3912, con nota di C. PINELLI , Adeguamento al diritto comunitario e interpretazione costi-
DIRITI’O
248
PUBBLICO
l’orientamento della Corte è rimasto legato all’idea di netta separazione tra
sistemi giuridici, anche laddove essa si è servita della norma esterna come termine di raffronto per il controllo di conformità della legge, ne consegue che le
due tematiche si pongono su piani differenti. Con altre parole, non pare possibile risolvere con una semplice equazione il collegamento tra norma parametro (art. 10, CO. 1; 10, CO. 2; 11, 7, CO. 2) - giudizio di costituzionalità - accoglimento della tesi monista.
A parer nostro le problematiche, sebbene contigue, vanno tenute distinte,
non potendosi dedurre dall’uso della norma esterna come interposta l’accettazione incondizionata della ricostruzione unitaria tra sistemi. Prima di trarre le
implicazioni di quanto si è appena sostenuto, è opportuno sgomberare il campo da un possibile equivoco: il nostro convincimento è che la scelta a favore
di un sindacato di costituzionalità, qualora questo nasca anche sull’esistenza di
atto ‘estraneo’, lascia inalterata la soluzione a proposito dell’opzione integrazione-divisione fra ordinamenti, avendo già avuto altrovero) modo di dimostrare l’esistenza di forti indizi nella Costituzione del 1948 a favore di un impianto tendenzialmente monista.
L’opzione verso una generalizzata ammissione del giudizio di costituzionalità, nelle ipotesi in cui sia la fonte comunitaria a frapporsi tra art. 11 e legge
nazionale, promosso anche in via incidentale, non sembra necessariamente
comportare un cambiamento nella ricostruzione dei rapporti tra i due ordinamenti, ma semmai agevola l’affermarsi di un nuovo modo di risolvere siffatte
relazioni(“). Invero, in un significativo passaggio della sentenza n. 94 del 1995
la Corte ribadisce l’orientamento secondo cui *entro un contesto nel quale le
fonti normative della Comunità Europea e quelle dei singoli Stati non sono
ancora integrate in un solo sistema, la non applicabilità della norma interna a
favore di quella comunitaria (...) comporta che l’eventuale contrasto della disposizione interna rispetto a un precetto comunitario non possa autorizzare,
tuzionale, e di G. GUZZRA, Libertà di &-colazione delle merci, principio di uguaglianza e asserita
separazione tra ordinamento comunitario ed interno.
(‘7 Al riguardo, sia ancora consentito il richiamo al nostro, Territorio e circolazione delle
persone, cit., p. 183 SS.
(‘3 Sulla inadeguatezza della classica bipartizione per chiarire i rapporti tra ordinamenti,
G. DEMURO, La giurisprudenza della Corte Costituzionale, cit., p. 2383; S. BARTOLE, La funzione
normativa: accentramento e decentramento, in Il mercato unico europeo. Pubblico e privato nell’Europa degli anni ‘90, Milano, Giuffrè, 1991, p. 357.
NOTE E COMMENTI
249
nell’ambito di una controversia di fronte al giudice nazionale, a validamente
sollevare una questione di costituzionalità (...)B. Come si comprende chiaramente il giudice delle leggi sottolinea nuovamente il legame tra teoria della separazione e intervento della Corte su giudizi sorti in via incidentale, ritenendo
che in simili casi mancherebbe il dovuto requisito della rilevanza, proprio in
quanto la fonte italiana non va applicata. Questa argomentazione, tuttavia, risulta poco lineare laddove sostenere per implicito che l’uso del precetto comunitario come norma interposta presuppone l’accoglimento del ‘monismo’ rende poco agevole comprendere l’odierno duplice orientamento della Consulta.
La coesistenza in materia di due differenti sistemi: disapplicazione per le
questioni sorte in via incidentale, illegittimità per quelle attivate in via principale, lascerebbe irrisolta la scelta tra integrazione-separazione. Invero, per cogliere il significato della norma-parametro si impone una mutamento di prospettiva. La tecnica di interposizione va coniugata, in questo caso, con l’esigenza di ‘superare la netta contrapposizione tra le due teorie, ammettendo
che in ogni ipotesi in cui il Costituente ha ritenuto di dover richiamare fatti o
atti di provenienza esterna lo ha fatto con la consapevolezza che l’ancoraggio
a taluni valoriC*) (p ace, sicurezza, riconoscimento dei diritti all’uomo, ecc.)
richiede l’apertura alla pluralità di ordinamenti esterni, nell’intendimento di
avviare tra il nostro e gli altri un necessario collegamento. In tali occasioni ed
in vista dei principi di cui è portatrice, la norma sovranazionale è ritenuta dalla stessa Costituzione - eccezionalmente idonea a chiarire la portata della
previsione da cui viene introdotta e, quindi, a fungere da termine di riferimento per accertare la validità di disposizioni primarie, a prescindere dal regime processuale prescelto (accesso diretto o giudizio in incidentale).
Così, essa costituisce un anello di congiunzione tra ordinamenti, agevolando il controllo di conformità della legge rispetto all’atto, come logico svolgimento dell’aggancio tra fonte esterna e norma costituzionale(‘3).
ita
(‘3 In proposito, G. BARILE , Costituzione e rinvio, cit., p. 97 SS.; ed eventualmente, 1. NIContributo alla condizione di ex cittadino (Za un caso di disposizione della quota
di legittima), in Dir. SOC., 1995, p. 250.
COTRA GUERREXA,
!llE
Iti,
me
Tel-
(“) La posizione di fonti che, ancorché, non costituzionalizzate, presentano profili di
marcata differenza da quelle ordinarie, costituiscono un sintomo dell’affievolimento del ruolo
di supremazia assoluta della Costituzione, qualora «siano in gioco problemi di rapporto attinenti ad una sfera più comprensiva di quella puramente nazionale., G. ZAGREBELSKY, La giustizia,
cit., p. 121.