CAPITOLO 32
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ATTACCO EPILETTICO NEGLI ADULTI
Michelle Kalinski
Con una incidenza nel corso della vita tra il 2% e il 5%, l’attacco epilettico è
un disturbo comune tra i pazienti che si recano presso i DEA, rappresentando
almeno l’1% delle visite totali erogate in tali sedi. Gli attacchi epilettici possono
presentarsi in differenti modi, tra cui singoli eventi isolati, crisi ricorrenti e lo
stato epilettico. Lo stato epilettico è stato definito in vari modi. La definizione più
completa contempla la presenza di un attacco epilettico sostenuto della durata di
30 minuti o di crisi ripetute senza ripristino di un normale stato mentale di base.
Tuttavia alcuni autori ritengono opportuno ridurre il criterio temporale a 5 minuti. L’incidenza dello stato epilettico cresce agli estremi opposti dell’età anagrafica,
e tale condizione interessa circa 50 individui su 100.000. Oltre il 25% dei casi di
stato epilettico si presentano con una alterazione dello stato mentale in assenza
di convulsioni, condizione questa denominata “stato epilettico non-convulsivo”.
Il monitoraggio EEG è necessario per formulare tale diagnosi. Il tasso di mortalità
per lo stato epilettico è compreso tra il 20% e il 25%.
I pazienti con attacchi epilettici cronici ricorrenti sono generalmente facilmente
gestiti all’interno dei DEA. Se una anamnesi approfondita e un accurato esame
obiettivo escludono una esacerbazione di una malattia che possa ridurre la soglia
epilettica così come portare a una significativa modificazione nel pattern cronico
degli attacchi epilettici, si evince come molti pazienti con attacchi epilettici ricorrenti non richiedono altro che (1) osservazione fino alla risoluzione dello stato post
ictale e al raggiungimento dello stato di base neurologico del paziente, (2) misurazione della concentrazione sierica (se disponibile) di eventuali anticonvulsivanti
che il paziente abbia assunto, per valutare se sia indicato aggiustarne la dose.
La valutazione di un attacco epilettico di nuova insorgenza è di grande interesse, in quanto molti processi patologici possono esserne la causa, con significative
morbilità o mortalità nel caso in cui non venga posta una pronta diagnosi. Anche
negli attacchi ricorrenti è importante considerare che nuove condizioni mediche
possono precipitare una attività epilettica. Una ricerca diretta a una causa sottostante è appropriata nei pazienti con un aumento dell’attività epilettica o con
sospetto clinico di un altro processo patologico (come suggerito da febbre, rilievo
di segni neurologici focali persistenti o di nuova insorgenza, respiro corto e così
via), e nei pazienti il cui stato mentale e le cui funzioni neurologiche tendono a
non normalizzarsi entro un’ora dalla prima valutazione.
La valutazione iniziale deve includere un controllo della pervietà delle vie aeree, della funzione respiratoria, di quella cardiocircolatoria, seguito da una accurata anamnesi e un esame fisico. Se è necessario un controllo della ventilazione,
non devono essere utilizzati farmaci depressori la funzione respiratoria a lunga
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durata d’azione senza un continuo monitoraggio EEG. Ai pazienti che presentano una crisi all’arrivo presso il DEA si dovrebbe immediatamente controllare la
glicemia, e somministrare destrosio per via parenterale, in caso venga riscontrata
ipoglicemia (si valuti il trattamento concomitante con tiamina 100 mg EV nei
pazienti idonei). Nel caso in cui il paziente sia ipoglicemico, e non si riesca a ottenere un accesso intravenoso, si dovrebbe somministrare 1 mg di glucagone per
via sottocutanea o intramuscolare. I test diagnostici e il successivo trattamento
devono essere mirati verso una causa identificabile dell’attacco epilettico che possa essere specificamente trattata. Nel caso in cui la meningite sia considerata una
causa probabile, si devono somministrare 10 mg di desametasone EV e antibiotici
appropriati (dopo aver eseguito rapidamente un esame emocolturale e prima della
puntura lombare se si prevede un ritardo nel prelevare liquido cerebrospinale).
Una TC urgente deve essere garantita ai pazienti con sospetto di una lesione strutturale intracranica. Numerose sostanze e tossine possono causare attacchi epilettici, per cui deve essere presa in considerazione la somministrazione di carbone
attivo e antidoti specifici.
Molti attacchi epilettici di natura non ipoglicemica cessano spontaneamente
o rispondono alla somministrazione di una benzodiazepina. Le opzioni possibili
includono:
1. lorazepam: da 0,05 a 0,1 mg/kg da somministrare da 1 a 2 mg/min, per un massimo di 10 mg EV o IM. L’azione anticonvulsivante dura diverse ore
2. diazepam: da 0,1 a 0,2 mg/kg a 5 mg/min EV. Il diazepam può essere somministrato anche IM con incrementi di 5 mg o per via rettale da 0,3 a 0,5 mg/kg
utilizzando la formulazione EV standard o un gel. L’azione anticonvulsivante
dura 20 minuti
3. midazolam: da 0,05 a 0,1 mg/kg EV o IM da 1 a 2 mg/min. Il midazolam può
essere somministrato anche per via intranasale. In caso di stato epilettico è
necessario un trattamento addizionale.
La fenitoina può essere somministrata solo per via EV (adulti: 20 mg/kg a <50
mg/min). Le dosi di fosfenitoina (da 15 a 20 equivalenti di fenitoina per kg) sono
simili a quelle della fenitoina. La somministrazione è per via EV con dosaggio da
100 a 150 equivalenti di fenitoina sodica al minuto o per via IM. Se la crisi epilettica non si risolve con questo trattamento, si parla di stato epilettico refrattario. Le
opzioni terapeutiche includono:
1. alte dosi di fenitoina (24 mg/kg EV). Uno studio ha stabilito una riduzione del
38% per la terapia di pazienti della terza età. L’Epilepsy Foundation of America’s working group raccomanda la somministrazione di fenitoina fino a 30
mg/kg, in associazione al monitoraggio emodinamico, prima di somministrare
ulteriori farmaci
2. si può somministrare il fenobarbital (20 mg/kg EV da 60 a 100 mg/min). Il VA
Cooperative Study ha dimostrato una uguale efficacia alla fenitoina e alle benzodiazepine singolarmente o in associazione, nel risolvere lo stato epilettico.
Il fenobarbital EV a queste dosi e velocità di somministrazione determina una
profonda depressione respiratoria, per cui è necessaria una notevole capacità
nella gestione della ventilazione e delle funzioni respiratorie del paziente
3. l’infusione continua di barbiturici (fenobarbital e altri) è anch’essa efficace nel
sopprimere l’attività dei foci epilettici
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4. l’acido valproico (dose media da 10 a 15 mg/kg EV, massima dose 20 mg/kg
a una velocità di infusione di 20 mg/min) ha dimostrato di essere efficace in
ristretti studi europei. Non è ancora stato approvato per questo utilizzo negli
USA, e risulta controindicato in caso di disfunzioni epatiche
5. in piccoli studi il propofol (da 1 a 2 mg/kg EV seguiti da 2-10 mg/kg/ora in infusione) ha dimostrato di essere efficace nel 60% dei casi nello stato epilettico
refrattario
6. l’infusione continua di benzodiazepine è risultata efficace nella soppressione
degli attacchi epilettici fino all’80% dei casi.
BIBLIOGRAFIA
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IPOSSIA
Il controllo della ventilazione e della saturazione d’ossigeno deve essere effettuato
per ogni paziente che presenta una crisi epilettica. L’ipossia può essere una causa
dell’attacco epilettico, o può essere dovuta a una insufficienza ventilatoria conseguente all’attacco. La stabilizzazione della ventilazione e delle funzioni respiratorie deve costituire la priorità rispetto ai test complementari. Gli agenti paralizzanti
utilizzati per controllare la permeabilità delle vie aeree bloccano le attività motorie osservate in molti attacchi, senza sopprimere la sottostante attività epilettica a
livello cerebrale. In assenza di attività motoria gli assistenti potrebbero non riconoscere l’attività epilettica in corso. Occorre un monitoraggio EEG continuo per
i pazienti a rischio di attività epilettica in corso, quando vengano somministrati
agenti paralizzanti a lunga durata d’azione.
Vedi Capitolo 34, Dispnea.
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IPONATRIEMIA
L’iponatriemia può essere la causa di un attacco epilettico di nuova insorgenza
nel 5% dei pazienti senza una causa identificabile. La severità delle manifestazioni cliniche dovuta all’iponatriemia dipende dalla riduzione assoluta del sodio
sierico, e dalla rapidità con cui tale riduzione si è verificata. L’iponatriemia può
risultare a rischio per la vita del paziente, e richiede analisi di laboratorio per la
diagnosi.
Generalmente l’iponatriemia non è considerata una causa delle crisi epilettiche
fin quando i livelli di sodio sierico non scendano al di sotto dei 120 mEq/L. Gli
atleti che praticano “ultraendurance” rappresentano un gruppo di giovani adulti
in salute che possono avere una iponatriemia acuta come causa dei loro attacchi
epilettici durante una attività sportiva prolungata.
SINTOMI
• Letargia
• Confusione e agitazione
• Cefalea
• Nausea e vomito
• Crampi muscolari o spossatezza generalizzata
• Attacchi epilettici
SEGNI
• Alterazione dello stato di coscienza: agitazione, sonnolenza e coma
• Le crisi epilettiche solitamente sono generalizzate, e possono essere refrattarie
o ricorrenti
ITER DIAGNOSTICO
• Il livello di sodio sierico conferma la diagnosi di iponatriemia.
• La TC può essere indicata per escludere processi patologici a carico del SNC.
COMMENTI E CONSIDERAZIONI TERAPEUTICHE
Se è presente iponatriemia, è necessaria una accurata analisi per identificarne
la causa. Cause di iponatriemia includono ritenzione idrica (SIADH, scompenso
cardiaco congestizio, cirrosi ecc.) e perdita di sodio (tratto gastrointestinale, cute,
reni). Una grave iperglicemia e, a seconda dell’analisi utilizzata, ipertrigliceridemia e iperprotidemia causano una “pseudoiponatriemia” (la concentrazione
sodica misurata è bassa senza che ci sia una effettiva iponatriemia), che non provoca crisi epilettiche. Gli attacchi epilettici iponatriemici spesso risultano refrattari alla terapia con anticonvulsivanti standard, per cui la soppressione della crisi
richiede un supplemento di sodio. La somministrazione controllata di soluzione
ipertonica (3%) costituisce il trattamento di scelta. Una scrupolosa attenzione a
un eccessivo aumento della sodiemia è necessaria per prevenire la mielinolisi
pontina centrale e altre sindromi da demielinizzazione cerebrale.
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CAPITOLO
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IPERNATRIEMIA
L’ipernatriemia raramente costituisce la causa di attacchi epilettici di nuova insorgenza. I pazienti a rischio per ipernatriemia in genere sono individui debilitati
che non controllano il loro introito alimentare.
I pazienti con normali funzioni mentali e intatto meccanismo della sete hanno
una intensa risposta anche per piccoli incrementi del sodio sierico (3 mEq/L)
rispetto al livello basale. Questo provoca uno stimolo a bere e corregge i valori di
natriemia.
Gli attacchi epilettici solitamente sono generalizzati.
Vedi Capitolo 27, Alterazione dello stato di coscienza e coma.
IPOCALCEMIA
L’ipocalcemia costituisce la causa di attacchi epilettici di nuova insorgenza fino
al 4% di pazienti con cause identificabili. Molti di questi presentano altri segni
o fattori di rischio per ipocalcemia (pancreatici, insufficienza renale, ipoparatiroidismo conseguente a chirurgia tiroidea). Pazienti vigili senza segni o fattori
di rischio per ipocalcemia molto raramente presentano ipocalcemia come causa
dell’attacco epilettico.
SINTOMI
• Anoressia
• Nausea e vomito
• Stanchezza
• Parestesie (specialmente periorali)
• Spasmi muscolari
• Spossatezza generalizzata
SEGNI
• Tremore
• Spasmi muscolari
• Segno di Chvostek: battendo sul nervo facciale si determinano contrazioni dei
muscoli orali
• Segno di Trousseau: crampo del carpo indotto dal gonfiaggio del bracciale dello
sfigmomanometro tra le pressioni sistolica e diastolica per 3 minuti
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• Tetania e iperriflessia
• Alterazione dello stato di coscienza: delirio e allucinazioni
• Le crisi epilettiche solitamente sono generalizzate e possono essere refrattarie
o ricorrenti
ITER DIAGNOSTICO
• In pazienti con crisi epilettiche che presentano segni e sintomi o fattori di
rischio per ipocalcemia deve essere misurato il calcio ionizzato. Si parla di
ipocalcemia per valori di calcio ionizzato inferiori a 2,0 mEq/L. Tuttavia effetti gravi non si osservano fin quando il valore non scende al di sotto di 1,6
mEq/L.
• Devono essere misurati i valori di elettroliti, magnesio, fosforo, creatinina.
• ECG: un prolungamento del QT è caratteristico dell’ipocalcemia.
COMMENTI E CONSIDERAZIONI TERAPEUTICHE
I pazienti con attacchi epilettici da ipocalcemia richiedono il rimpiazzo del calcio
sierico con 10 ml di calcio gluconato al 10% somministrato lentamente (da 5 a
10 minuti) e ripetuto fin quando non venga corretta l’ipocalcemia e risolta la crisi
epilettica.
L’attività cardiaca dei pazienti dovrebbe essere monitorizzata durante l’infusione di calcio.
BIBLIOGRAFIA
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IPOMAGNESIEMIA
L’ipomagnesiemia rende conto di meno dell’1% delle crisi epilettiche di nuova
insorgenza, e viene generalmente osservata in pazienti che hanno molti altri fattori
di rischio per gli attacchi epilettici. È opinione comune che le crisi epilettiche associate a ipomagnesiemia siano di origine multifattoriale.
L’ipomagnesiemia sperimentalmente indotta negli uomini non ha causato l’insorgenza di crisi epilettiche.
Vedi Capitolo 27, Alterazione dello stato di coscienza e coma.
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UREMIA
Solo raramente l’insufficienza renale causa crisi epilettiche. Gli attacchi epilettici
in pazienti con insufficienza renale più spesso sono osservati come parte della
sindrome dello squilibrio da dialisi (cefalea, nausea, crampi muscolari, agitazione, delirio, convulsioni), che tipicamente si verifica subito prima o poco dopo
il termine di una dialisi rapida o una procedura di ultrafiltrazione. Gli attacchi
epilettici di solito rispondono bene alla terapia convenzionale. In molti casi la
posologia dei farmaci anticonvulsivanti deve essere corretta in relazione all’insufficienza renale.
Vedi Capitolo 27, Alterazione dello stato di coscienza e coma.
BIBLIOGRAFIA
Wijdicks EFM, Sharbrough FW: New-onset seizures in critically ill patients, Neurology
43:1042, 1993.
IPOGLICEMIA
Le crisi epilettiche ipoglicemiche generalmente insorgono in pazienti in terapia
per diabete mellito, e non si risolvono finché non venga corretta l’ipoglicemia.
Questi pazienti si presentano in stato epilettico fin quando la terapia non è intrapresa. Anche i pazienti con cirrosi, storia di alcolismo, sepsi e malnutrizione
sono predisposti a sviluppare l’ipoglicemia. Fino al 10% dei pazienti con ipoglicemia sviluppa crisi epilettiche come principale manifestazione del deficit
glucidico.
Un prelievo di sangue dal polpastrello costituisce un test glicemico rapido, sicuro ed economico, e dovrebbe essere eseguito in tutti i pazienti con alterato stato
di coscienza o crisi epilettiche.
Il trattamento degli attacchi epilettici su base ipoglicemica consiste nella somministrazione di destrosio (è necessario considerare la concomitante somministrazione di 100 mg di tiamina EV in pazienti appropriati), e anticonvulsivanti
non standard. Se non è disponibile un accesso venoso, può essere somministrato
1 mg di glucagone intramuscolo o sottocute, per aumentare temporaneamente il
valore della glicemia.
È richiesta una serie di esami accurati e una attenta ricerca delle cause dell’ipoglicemia.
Vedi Capitolo 27, Alterazione dello stato di coscienza e coma.
BIBLIOGRAFIA
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1ATTACCO EPILETTICO NEGLI ADULTI
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IPERGLICEMIA, CHETOACIDOSI DIABETICA E SINDROME
IPERGLICEMICA IPEROSMOLARE
Una lieve iperglicemia (glucosio <200 mg/dl) può insorgere dopo una crisi epilettica generalizzata. Tuttavia gli attacchi epilettici attribuibili all’iperglicemia
si verificano nel contesto di una grave iperglicemia e di anomalie metaboliche
multiple. Si ritiene che il meccanismo patogenetico coinvolga l’iperosmolalità.
L’iperglicemia costituisce fino al 4% delle crisi epilettiche di nuova insorgenza
nei pazienti con causa identificabile. La maggior parte dei pazienti con crisi epilettiche attribuibili all’iperglicemia presenta una anamnesi positiva per malattia
diabetica; tuttavia, due terzi dei pazienti con sindrome iperglicemica iperosmolare non ha una storia di diabete.
Le crisi epilettiche associate ad iperglicemia di frequente non rispondono alla
terapia anticonvulsivante, e spesso per la loro soppressione è necessaria la correzione delle anomalie metaboliche, inclusa una riduzione della glicemia. Le cause
sottostanti l’iperglicemia complicata (infezioni, infarto miocardio, ictus, mancata
compliance ecc.) devono essere attentamente studiate.
Vedi Capitolo 27, Alterazione dello stato di coscienza e coma.
BIBLIOGRAFIA
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CAPITOLO
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IPOTIROIDISMO
L’ipotiroidismo è una causa rara di attacchi epilettici negli adulti, e le crisi che
sono state riportate si verificano in caso di coma mixedematoso. I pazienti generalmente hanno una storia di ipotiroidismo e presentano altre manifestazioni di
coma da mixedema, sebbene gli attacchi epilettici possano costituirne la prima
manifestazione fino al 25% di pazienti. La mortalità per il coma mixedematoso è
maggiore del 50%.
Vedi Capitolo 27, Alterazione dello stato di coscienza e coma.
BIBLIOGRAFIA
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IPERTIROIDISMO
Le crisi epilettiche legate all’ipertiroidismo risultano associate alla tireotossicosi
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EMORRAGIA INTRACRANICA,, EMATOMI EPIDURALI E SUBDURALI
Le emorragie intracraniche costituiscono circa il 2% delle crisi epilettiche di nuova insorgenza, e gli ematomi subdurali costituiscono il tipo di emorragie più spesso associate alle crisi epilettiche. Le crisi possono essere focali o generalizzate,
mentre lo stato epilettico non è comune. Gli attacchi epilettici interessano fino al
15% dei pazienti con emorragie del parenchima lobare cerebrale (conseguenti a
tumori, malformazioni arterovenose, ipertensione, angiomi e così via), e il 70%
di questi pazienti ha crisi ricorrenti. I pazienti con importanti lesioni del capo
dovrebbero ricevere il più presto possibile una terapia profilattica con anticonvulsivanti, in quanto le crisi epilettiche potrebbero aggravare l’esito della lesione.
Vedi Capitolo 18, Cefalea.
BIBLIOGRAFIA
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EMORRAGIE SUBARACNOIDEE
Gli attacchi epilettici interessano dal 6% all’8% dei pazienti al momento dell’insorgenza di sanguinamento in seguito a emorragia subaracnoidea. Alcuni studi
hanno dimostrato che le crisi epilettiche costituiscono un fattore prognostico sfavorevole nel contesto di tali emorragie. Lo stato epilettico non-convulsivo coinvolge fino all’8% dei pazienti che presentano emorragia subaracnoidea con coma
di origine indeterminata o deterioramento neurologico.
Vedi Capitolo 18, Cefalea.
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ICTUS
L’ictus è una causa comune di crisi epilettiche di nuova insorgenza in pazienti di
età superiore ai 50 anni; fino al 20% delle crisi di nuova insorgenza in individui
più anziani può essere causato da ictus. Viceversa, l’attacco epilettico costituisce
la manifestazione iniziale di un ictus in meno del 7% dei pazienti. Attacchi epilettici ricorrenti sono conseguenza di ictus in circa un terzo dei pazienti.
Vedi Capitolo 44, Astenia e affaticamento.
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CAPITOLO
32
BIBLIOGRAFIA
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MENINGITI ED ENCEFALITI
Le infezioni del sistema nervoso centrale rendono conto fino al 4% delle crisi epilettiche di nuova insorgenza e fino al 14% dei casi di stato epilettico nei pazienti
con una causa identificabile. In seguito a una crisi generalizzata, molti pazienti
presentano un lieve e transitorio aumento del numero dei globuli bianchi nel liquido cerebrospinale (LCS). Nondimeno, se ci fossero dubbi, i pazienti con lieve pleocitosi del LCS dovrebbero essere trattati come se avessero una infezione del SNC.
Vedi Capitolo 18, Cefalea e Capitolo 27, Alterazione dello stato di coscienza e
coma.
BIBLIOGRAFIA
American College of Emergency Physicians: Clinical policy for the initial approach to patients presenting with a chief complaint of seizure who are not in status epilepticus, Ann
Emerg Med
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Working Group on Status Epilepticus: Treatment of convulsive status epilepticus, JAMA
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1ATTACCO EPILETTICO NEGLI ADULTI
ASCESSI CEREBRALI BATTERICI
In numerosi studi, gli ascessi cerebrali batterici costituiscono meno del 2% delle
crisi epilettiche di nuova insorgenza, sebbene fino al 50% dei pazienti con ascessi
cerebrali presenti attacchi epilettici nel corso della malattia. Al momento della
presentazione iniziale, gli ascessi cerebrali sono spesso misconosciuti a causa dell’assenza di segni fisici.
Vedi Capitolo 18, Cefalea.
BIBLIOGRAFIA
American College of Emergency Physicians: Clinical policy for the initial approach to patients presenting with a chief complaint of seizure who are not in status epilepticus, Ann
Emerg Med
d 29:706, 1997.
American College of Emergency Physicians, American Academy of Neurology, American
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Reinus WR, Wippold FJ, Erickson KK: Seizure patient selection for emergency computed
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Rosenblum ML, Mampalam TJ, Pons VG: Controversies in the management of brain abscesses, Clin Neurosurg 33:603, 1986.
TUMORI CEREBRALI
Vedi Capitolo 18, Cefalea.
TOSSICITÀ DA ANTIDEPRESSIVI CICLICI
Gli antidepressivi ciclici costituiscono la causa del 25% circa degli attacchi epilettici indotti da farmaci, e dal 20 al 30% dei pazienti con importante overdose
da antidepressivo ciclico sviluppa attacchi epilettici. Sebbene le crisi epilettiche
indotte da antidepressivo ciclico possono manifestarsi senza tossicità cardiaca, in
molti antidepressivi ciclici risultano forti cardiotossine, e i pazienti con crisi epilettiche frequentemente presentano una seria tossicità cardiovascolare. Il rischio
di morte è significativo.
Vedi Capitolo 37, Esposizione a sostanze tossiche. Approccio.
BIBLIOGRAFIA
Glaser J: Tricyclic antidepressant poisoning, Cleve Clin J Med
d 67:717, 2000.
Olson KR, Kearney TE, Dyer JE, et al: Seizures associated with poisoning and drug overdose,
Am J Emerg Med
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CAPITOLO
32
TOSSICITÀ DA ISONIAZIDE
La triade classica della neurotossicità acuta da isoniazide è costituita da coma,
acidosi metabolica e crisi epilettiche refrattarie. Si dovrebbe sospettare una tossicità da isoniazide in ogni paziente che presenti attacchi epilettici intrattabili
(tipicamente associati a una grave acidosi metabolica) non responsivi agli anticonvulsivanti standard. Ciò è vero in particolar modo per i pazienti appartenenti
a gruppi ad alto rischio, che hanno facile accesso all’isoniazide (per esempio,
pazienti affetti da AIDS, nuovi immigrati, americani nativi, pazienti defedati, e
pazienti tubercolotici o che vivono a contatto con individui affetti da tubercolosi).
In questi casi deve essere preso in considerazione il trattamento empirico con
piridossina (vedi dopo).
SINTOMI
• Anoressia
• Nausea e vomito
• Vertigini
• Temperatura elevata
• Alterazione dello stato di coscienza
• Farfugliamento
• Fotofobia e visione offuscata
• I sintomi generalmente si manifestano entro 2 ore dall’assunzione
SEGNI
• Iperpiressia, iperreflessia, tachipnea, tachicardia, ipotensione e alterazione
dello stato di coscienza sono comuni
• Nistagmo, midriasi, atassia e cianosi possono essere presenti
• Le crisi epilettiche di solito sono tonico-cloniche generalizzate
ITER DIAGNOSTICO
• La tossicità da isoniazide può essere difficile da diagnosticare e generalmente
viene identificata dopo che le crisi epilettiche resistenti a numerosi farmaci
vengono soppresse con la piridossina.
• Tipici reperti di laboratorio sono glicosuria, iperglicemia e acidosi metabolica
con gap anionico (pH 7,05).
• Si devono controllare i valori di elettroliti, glucosio, magnesio e calcio per
identificare eventuali altre cause di epilessia, finché non risulti chiaro dall’anamnesi il ruolo eziologico dell’isoniazide.
• Devono essere controllati l’ECG e i livelli di paracetamolo e aspirina per accertarne una ingestione se si sospetta una overdose intenzionale.
• È necessario misurare gli enzimi epatici per accertare una tossicità da isoniazide.
COMMENTI E CONSIDERAZIONI TERAPEUTICHE
Tutti i pazienti dovrebbero essere ricoverati in un’area di controllo e monitoraggio.
L’ingestione tra 80 e 150 mg/kg generalmente determina severe crisi epilettiche ed
elevata mortalità. La piridossina (vitamina B6) rappresenta l’antidoto specifico in
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1ATTACCO EPILETTICO NEGLI ADULTI
caso di neurotossicità da ingestione di isoniazide e può essere somministrata in
dose di 1 g per ogni grammo di isoniazide ingerito, o in regime di dosi da 5 g
ripetute, nel caso in cui la quantità assunta sia sconosciuta. Fino a un terzo degli
ospedali non ha abbastanza piridossina in stock per trattare una singola overdose
da isoniazide.
Poiché molti pazienti diventano sintomatici e le condizioni precipitano entro
2 ore dall’assunzione, il trattamento deve essere rapido e aggressivo. È necessaria
una somministrazione immediata di carbone attivo associata o meno a una depurazione (per esempio, lavanda). L’alcalinizzazione viene utilizzata per correggere
una grave acidosi. L’emodialisi rimuove l’isoniazide, ma di solito non si rende
necessaria, in quanto la piridossina è un antidoto sicuro ed efficace per la tossicità
da isoniazide.
BIBLIOGRAFIA
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TOSSICITÀ DA TEOFILLINA
Sebbene l’uso della teofillina stia diminuendo da quando altre terapie sono state
riconosciute più efficaci per la cura dell’asma e dell’enfisema, rimane una importante causa di attacchi epilettici indotti da farmaci. A causa di una stretta finestra
terapeutica della sostanza in questione, e delle numerose interazioni con altri farmaci, la tossicità da teofillina risulta comune. L’incidenza di tossicità segnalata tra
le persone che assumono teofillina è del 20%. La tossicità da teofillina può essere
acuta, con fasi di acuzie su base cronica, o cronica. Le crisi epilettiche sono più
comuni in caso di tossicità cronica. Le crisi epilettiche associate a teofillina possono essere prolungate e fatali. È stato riportato un tasso di mortalità del 60%.
SINTOMI
• Gastrointestinali: anoressia, nausea, vomito e dolore addominale
• Tremore
• Ansia o agitazione
• Palpitazioni
• I sintomi di una grave intossicazione cronica sono spesso lievi e aspecifici e
possono portare a una mancata diagnosi
SEGNI
• Agitazione, confusione e tremore sono comuni e frequentemente precedono le
crisi epilettiche
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CAPITOLO
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• Le crisi epilettiche possono essere focali o generalizzate; spesso sono refrattarie e si accompagnano a un rischio molto elevato di morbilità e mortalità. Gli
attacchi epilettici possono manifestarsi senza concomitante tossicità gastrointestinale o cardiaca
• Tachicardia, aritmie cardiache, ipotensione e iperventilazione sono altri segni
comuni di tossicità
ITER DIAGNOSTICO
• Nelle intossicazioni acute la gravità della tossicità tende a essere correlata al
massimo livello sierico. Tuttavia tali livelli ematici risultano meno predittivi
nelle fasi di esposizione acuta su base cronica e nelle esposizioni croniche.
• Gli attacchi epilettici possono manifestarsi per livelli sierici terapeutici di teofillina.
• Poiché la teofillina ha numerose formulazioni a rilascio prolungato e interazioni farmacologiche, i livelli sierici hanno una utilità limitata per orientare il
trattamento e la terapia iniziali.
• I livelli sierici misurati a distanza di 2 ore dimostrano se sia stato raggiunto il
livello di picco.
• Devono essere controllati gli elettroliti, la glicemia e l’equilibrio acido-base,
poiché spesso questi pazienti sono acidosici, ipokalemici e ipoglicemici. Tutte
queste alterazioni devono essere corrette, in quanto possono aggravare i segni
di tossicità da teofillina.
• È utile valutare i valori di calcio basale, PT/PTT, piastrine ed emocromo nel
caso in cui sia necessaria la rimozione dei farmaci dall’organismo.
COMMENTI E CONSIDERAZIONI TERAPEUTICHE
Per tutti i pazienti con sospetta tossicità da teofillina sono necessari un accesso
venoso e il monitoraggio delle condizioni cliniche. La teofillina viene efficientemente eliminata con emoperfusione mediante carbone attivo. Ogni attacco epilettico o evento cardiaco associato a tossicità da teofillina dovrebbe suggerire l’inizio
dell’emoperfusione. La teofillina è eliminata un po’ meno efficacemente mediante
emodialisi, che costituisce una alternativa accettabile nel caso in cui l’emoperfusione non sia disponibile.
Per una tossicità meno grave, il carbone attivo in multidose è il trattamento di
scelta.
Il fattore predittivo di una tossicità grave varia in base al tipo di intossicazione:
il fattore predittivo migliore nell’intossicazione acuta è il picco del livello sierico,
mentre per l’intossicazione cronica il fattore predittivo principale è l’età superiore
ai 60 anni.
Le benzodiazepine e il fenobarbital sono i farmaci di scelta per il trattamento
delle crisi epilettiche indotte da teofillina, che comunque possono risultare di
difficile controllo.
BIBLIOGRAFIA
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Olson KR, Kearney TE, Dyer JE, et al: Seizures associated with poisoning and drug overdose,
Am J Emerg Med
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1ATTACCO EPILETTICO NEGLI ADULTI
CRISI EPILETTICHE INDOTTE DA STIMOLANTI
Gli stimolanti (che includono cocaina, amfetamine, 3,4-metilene-diossimetamfetamina [MDMA, ecstasy], fenciclidina ed efedrina) rendono conto del 30% circa
delle crisi epilettiche indotte da sostanze varie. Così come gli stimolanti, per uso
illecito o su prescrizione, tendono a diventare sempre di più largo uso, allo stesso modo la frequenza degli attacchi epilettici associati all’assunzione di queste
sostanze continua ad aumentare. Gli stimolanti sono in grado di determinare attacchi epilettici brevi e autolimitanti più facilmente rispetto alle altre sostanze.
La cocaina costituisce lo stimolante più comunemente associato allo sviluppo di
questi attacchi. Le intossicazioni da amfetamine e altri stimolanti si presentano
con caratteristiche simili a quelle prodotte dalla cocaina. Altre forme di neurotossicità indotta da cocaina includono emorragie subaracnoidee, infarti cerebrali,
vasculiti, TIA e delirio tossico. Molte di queste forme possono essere complicate
da attacchi epilettici (per esempio, emorragie subaracnoidee), per cui si rende
necessaria una attenta analisi.
Vedi Capitolo 37, Esposizione a sostanze tossiche. Approccio.
BIBLIOGRAFIA
Choy-Kwong M, Lipton RB: Seizures in hospitalized cocaine users, Neurology
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ALCOL E CRISI EPILETTICHE
L’abuso alcolico aumenta il rischio individuale di avere un attacco epilettico, e
fino al 10% delle persone con sindrome da astinenza presenta crisi epilettiche. Le
crisi epilettiche conseguenti a crisi d’astinenza da alcol solitamente insorgono da
6 a 48 ore dopo la cessazione dell’assunzione. Sebbene le crisi epilettiche siano
tipicamente associate a una evidente sindrome da astinenza, alcuni pazienti con
questo tipo di crisi presenta qualche altro segno o sintomo della crisi d’astinenza.
L’abuso alcolico e la crisi d’astinenza sono frequentemente associati a traumi concomitanti e altri sottostanti problemi medici. Per tale motivo, il primo episodio di
crisi epilettica da astinenza richiede una analisi completa e scrupolosa, associata
a indagini radiologiche.
Vedi Capitolo 27, Alterazione dello stato di coscienza e coma.
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CAPITOLO
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SINTOMI
• Tremore, cefalea, alterazione dello stato di coscienza, allucinazioni e crisi epilettiche sono i più comuni sintomi della crisi d’astinenza da alcol, a livello del SNC
• Nausea e vomito sono comuni
SEGNI
• I pazienti con crisi epilettiche indotte da crisi d’astinenza tipicamente presentano altri segni della crisi d’astinenza da alcol, come tachicardia, alterazione
dello stato di coscienza e tremori
• Molti pazienti mostrano segni di sofferenza epatica cronica
ITER DIAGNOSTICO
• In caso di primo episodio di crisi epilettica in un alcolista è necessario uno studio completo. Questo deve includere gli esami di laboratorio e le indagini radiologiche, in quanto gli alcolisti presentano numerose condizioni di comorbilità.
COMMENTI E CONSIDERAZIONI TERAPEUTICHE
Le crisi epilettiche generalmente possono essere controllate con somministrazione
endovenosa di benzodiazepine. C’è anche una importante evidenza che supporta
la somministrazione di benzodiazepine (lorazepam in particolare) in pazienti che
non presentano un attacco epilettico in corso, in quanto tale trattamento ha dimostrato di ridurre gli attacchi epilettici ricorrenti legati all’abuso alcolico. L’uso di
fenitoina per via endovenosa risulta relativamente inefficace nel trattamento delle
crisi epilettiche alcol-relate o nelle crisi epilettiche legate all’astinenza.
BIBLIOGRAFIA
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AIDS
La diagnosi di HIV deve essere considerata in ogni paziente con una crisi epilettica di nuova insorgenza. Processi patologici a carico del SNC sono osservati
in molti pazienti affetti da AIDS nel corso della malattia. Dal 10% al 20% di tali
pazienti presentano manifestazioni patologiche del SNC come espressione inizia-
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1ATTACCO EPILETTICO NEGLI ADULTI
le della malattia. Il 50% dei pazienti affetti da AIDS e con crisi epilettiche non
presenta specifiche lesioni del SNC identificabili, e l’attacco epilettico si ritiene
venga causato dall’infezione da HIV. Cause secondarie delle crisi epilettiche includono la toxoplasmosi, le meningiti criptococciche, le encefaliti erpetiche, la
sifilide, il linfoma e la tubercolosi. La toxoplasmosi è la più comune infezione
opportunistica che causa attacchi epilettici in pazienti affetti da AIDS.
Vedi Capitolo 19, Pazienti affetti da HIV/AIDS. Approccio.
SINTOMI
• Crisi epilettiche, alterazione dello stato di coscienza, cefalea e neuropatie sono
i sintomi neurologici più comuni in pazienti HIV-positivi
SEGNI
• L’obiettività può variare da normale a notevolmente alterata, ma i pazienti con
crisi epilettiche AIDS-relate spesso presentano altri segni di AIDS (sete, deperimento, lesioni da sarcoma di Kaposi e così via)
• Molti pazienti, con una infezione secondaria del SNC come causa della crisi
epilettica, all’esame presentano deficit neurologici focali
ITER DIAGNOSTICO
• TC del cranio con o senza mezzo di contrasto (o RM se disponibile).
• Se la TC del cranio risulta normale è necessaria una puntura lombare. Il liquido
deve essere inviato sia per i test di routine che per VDRL, AFB, inchiostro di
china, antigeni criptococcici, herpes PCR, colture fungine e colture virali. Le
pressioni di apertura e chiusura sono cruciali in quanto possono rappresentare
le uniche alterazioni in caso di meningiti criptococciche precoci. Si devono
misurare i titoli anticorpali per coccidioidomicosi e toxoplasmosi, e i valori
degli antigeni di toxoplasma e criptococco.
COMMENTI E CONSIDERAZIONI TERAPEUTICHE
Poiché le infezioni frequentemente provocano crisi epilettiche, la terapia iniziale
è volta alla correzione della condizione patologica sottostante. Gli attacchi epilettici in genere possono essere controllati con somministrazione EV di benzodiazepine. L’uso di fenitoina per via EV è utile in caso di crisi prolungate, ricorrenti o
refrattarie.
BIBLIOGRAFIA
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CAPITOLO
32
ATTACCHI EPILETTICI LEGATI A ECLAMPSIA E GRAVIDANZA
La causa più comune di attacchi epilettici durante la gravidanza è l’epilessia idiopatica. Circa lo 0,5% delle donne in età fertile è affetta da epilessia. Dal 20%
al 40% delle donne presenta un aumento della frequenza delle crisi durante la
gravidanza. Meno del 15% delle donne in cui si è verificata la prima crisi durante il periodo gestazionale sviluppa attacchi durante la gravidanza; le restanti
presentano epilessia idiopatica. Sebbene debbano essere considerate anche altre
condizioni, l’eclampsia è la più frequente causa di attacchi epilettici in pazienti
gravide che presentano una crisi di nuova insorgenza nel 3° trimeste di gravidanza o nel 1° post partum. L’eclampsia è rara nei Paesi occidentali (incidenza <1%),
ma è associata a un tasso di mortalità materna del 10%. La caratteristica della
pre-eclampsia, che è più comune, è una (relativa) ipertensione con proteinuria
o edema. I fattori di rischio per eclampsia includono l’ipertensione cronica, la
nulliparità, una familiarità per eclampsia, gravidanze multiple, mola idatiforme,
diabete, età giovani o avanzate e idropi fetali. Le crisi epilettiche precedenti il 3°
trimestre o successive alle 48 ore dal parto molto meno probabilmente sono dovute ad eclampsia. Le crisi epilettiche in donne gravide possono anche derivare
dalle stesse condizioni riscontrate nelle non gravide.
COMMENTI E CONSIDERAZIONI TERAPEUTICHE
Si deve sospettare l’eclampsia in tutte le donne gravide che hanno crisi epilettiche e che hanno superato la 20a settimana di gestazione. Deve essere richiesta
immediatamente una consulenza ostetrica in quanto l’aborto costituisce la terapia
definitiva.
Sono indicati un controllo aggressivo della crisi epilettica con magnesio (4 g
EV in 10-20 min, seguiti da infusione a 2 g/ora) e le misure standard, come la somministrazione di benzodiazepine (se necessaria). Quando venga somministrato il
magnesio, è necessario il monitoraggio dei riflessi tendinei profondi, in quanto la
perdita dei riflessi in genere precede l’arresto respiratorio provocato dall’ipermagnesiemia. L’antidoto per l’ipermagnesiemia è costituito da 10-20 ml di soluzione
di calcio gluconato al 10% da somministrare EV. L’ipertensione spesso viene inizialmente trattata con idralazina (da 5 a 10 mg EV, che possono essere ripetuti) o
labetalolo.
Vedi nel Capitolo 20, Ipertensione, Eclampsia e pre-eclampsia.
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COLPO DI CALORE
Vedi Capitolo 15, Febbre (temperatura corporea elevata).
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